"Gennaro 'u pittore"
di Peppe D'Urzo
Un altro personaggio sulla scena della vita. Gennaro Liguoro è un figlio
di Torre del Greco che ne ha viste di tutti i colori, vivendo
momenti tragici e situazioni drammatiche fra Grecia e Jugoslavia, Russia
e Italia. Un uomo che ha sempre rilevato una forte ironia e vivacità.
Ebbe i suoi natali nella nostra città nel 1922, ove vi ha chiuso gli
occhi per sempre tra una sbigottita costernazione nel 1998, da Gennaro
(detto "'U pallone", bravo e stimato disegnatore e decoratore, per
passatempo era solito costruire dei grandi palloni di cartavelina, che
incollava l'un l'altro con l'aiuto dei figli) e da Maria Carmela Langella, casalinga, cattolica. Dalla loro unione nacquero otto figli.
Gennaro prestò servizio militare in Marina come cannoniere. Da Ancona e
Venezia approdò in quel di Lero, possedimento delle isole italiane
dell'Egeo nel 1942.
Qui viene impiegato in una postazione antiaerea a difesa degli attacchi
delle fortezze volanti inglesi: dopo la fatidica data dell'8 settembre
'43, in cui tanti pensarono che "armistizio" era sinonimo di "cessate"
le azioni di guerra, gli Italiani divennero "nemici" degli ex camerati
tedeschi, il cui Comando chiese loro di arrendersi e deporre le armi, ma
ciò non avvenne.
Seguirono aspri combattimenti e qualche soldato
italiano riuscì anche a scappare su barche via mare.
Fra questi un certo Raffaele Lombardo, detto: "fitiello", classe 1921,
marò/cuoco presso la batteria Sant'Arcangelo, poco distante da quella
denominata Montecristo, dove si trovava il nostro Gennaro. Il presidio
italiano, ormai allo stremo, si arrese il 16 novembre 1943. Tutti gli
italiani (e molti inglesi che accorsero nei lunghi combattimenti, in
special modo con appoggi aerei, in ausilio delle forze italiane) furono
fatti prigionieri per essere inviati nei campi di prigionia distaccati
in vari territori, occupati, dalla svastica (a differenza di
Cefalonia, isola greca nel mar Ionio, di fronte al golfo di Patrasso, in
cui i tedeschi si abbandonarono ad una vera e propria caccia all'uomo e
non meno di 5.000 uomini furono fucilati tra il 22 e il 25 ottobre 1943).
Primo campo prigionia fu Bor (serbocroato: Srbija), in Serbia.
Qui il giovane Liguoro, unitamente ad altri torresi (Francesco Tesoriero, "Ciccio",
Aniello Formisano, un certo Noto, ecc.), lavorava in una immensa cava di
pietre, un lavoro massacrante al di là delle umane possibilità. Il
materiale di risulta, inoltre, costituito da pietre di varie dimensioni
doveva essere caricato su carrelli (da parte di altri prigionieri) e
spinti su binari. In otto ore dovevano riempirsi trenta carrelli. Spesso
ciò non accadeva e si aggiungevano altri 30.
Parecchi, non sopportando l'inumana fatica, morivano tra atroci
sofferenze, entravano nella cava più di cento prigionieri (di varie
nazionalità; molti erano gli ebrei tedeschi), e ne uscivano
settanta-ottanta. Il tutto avveniva sotto il terrorizzante controllo dei
tedeschi e dei collaborazionisti serbi. Spesso i partigiani slavi, con
agguati vari, attaccavano i derelitti internati, li spogliavano e,
malmenandoli, li rinviavano nel lager. Il secondo campo di prigionia
fu Rostovsul Don (russo: Rostov-na-Donu, città e porto fluviale della
Russia meridionale sul Don, non lontano da mar d'Azov).
Quando i "tovarich" russi arrivarono nel campo di Bor, i prigionieri
tutti, convinti della raggiunta e sospirata libertà, accolsero
i "liberatori" con festanti manifestazioni, ma fu una terribile
delusione. I sovietici, dopo un viaggio di circa quattro mesi,
condussero i prigionieri a Rostov |
sul Don. La sopravvivenza divenne
ancora più difficile, il cibo scarseggiava e la fame era tremenda, le
malattie tante ed i pidocchi aumentavano a dismisura.
Il freddo, poi, divenne insopportabile, il brioso Gennaro, non
fumando, scambiava la propria porzione di tabacco, con una fetta
di pane (di circa 100 grammi) con altri sfortunati prigionieri. Riuscì a sopravvivere,
aiutandosi, anche con vari lavoretti (pitturazione e decorazione) a casa di
qualche autorità russa. Arrivò la liberazione, questa volta vera
liberazione. Arrivò in Italia, dopo un lunghissimo viaggio, a novembre del
1945.
Da Bolzano a Roma, nella capitale, insieme con altri reduci, fu
portato a far visita a Umberto, regnante d'Italia, (figlio dell'ex Re
Vittorio Emanuele III) e dal papa Pio XII (Eugenio Pacelli, 1876/1958), di
fronte al quale mostrò la pagnotta di pane che aveva ricevuto dai russi per
il viaggio in patria, al che Sua Santità, rivolto alle autorità italiane
presenti, disse loro: "Aiutateli!". Rivide la città natia, il giorno dopo.
Abile pittore (imbianchino, parati e affini), grosso personaggio della Torre
del Greco che non c'è più, giocherellone dalla facile barzelletta, ben
riusciva a sdrammatizzare gli eventi della vita; buon giocatore di biliardo, frequentava la sala interna del bar Di Rosa e l'ex Circolo degli Amici;
grosso appassionato e tifoso della squadra "corallina", si senti male
durante una gara interna della Turris sulla tribuna del vetusto "A. Liguori"
nel 1980; era di casa nelle sedi della Polisportiva Turris; buon
conoscitore e "fans" di films ed attori americani.
Di lui, tutti serbano un
ottimo scordo, e, quando arrivava "Ncap a Torre", era sempre una festa;
amò con passione paterna le figlie Lucia e Carmela ed il figlio Peppe che
vive a Seattle (Washington).
Un omaggevole ricordo va anche agli altri, fratelli: Luigi (1914/1941);
studente universitario, iscritto al G.U.F impiegato al Comune di Torre del
Greco, addetto al rilascio delle "tessere annonarie"; Antonio (1916/1993),
militare in Marina, campagna di Spagna, richiamato; capo squadra imbianchini
dell'Ufficio tecnico comunale, gran simpaticone e
dallo scherzo facile;
Giuseppe (1920/1941), deceduto a bordo del sommergibile "Salpa" della Marina
Militare Italiana, a largo di Tobruck (Libia) a seguito di affondamento;
Raffaele, il più grande, trasferitosi in America nel 1922; Salvatore bravo
incisore (deceduto).
Spesso il coriaceo "pittore" era solito, soffermandosi
sulle vicende del secondo conflitto mondiale che lo ha visto protagonista
"dal vivo", affermare, a mo' di ferma condanna: "In guerra non c'è religione,
in guerra assassini di quà, assassini di là... è una cosa terribile! La
guerra è l 'animale più brutto del mondo... tu non sei niente!" |