Gennaro Vicidomino
di Peppe D'Urzo
Gennaro Vicidomino, detto scherzosamente "Nasone", figlio di Giuseppe detto "'U turchiciello",
personaggio molto noto di un tempo che fu (ex dipendente
dell'azienda tranviaria in qualità di operaio aggangia-carrozze in quei
mitici binari, ricordati come "'i chiostre", successivamente al Comune di
Torre del Greco, settore N. U.), e di Carmela Caiazzo, casalinga. Il
cognome Vicidomino è di origine napoletana. A Gennaro, originario di
corso Umberto I (vicino la chiesa del Rosario), gli faranno compagnia un
altro fratello e quattro sorelle. Frequenta le scuole elementari in via
Teatro. In quel periodo si indossava la divisa da "balilla", e, come
il regime imponeva, partecipò a varie sfilate e saggi ginnici. Fra i
capo-squadra di quel tempo ricorda Antonio Di Giacomo (ex titolare di
"King Edward" al corso V. Emanuele, attualmente gestito da un figlio;
1924/1998).
Si dedica all'arte dei cammei, lavorando presso il laboratorio di
Gennaro Merlino al I vico Trotti. Dopo i primi bombardamenti aerei sulla
nostra città, durante la II guerra mondiale, si trasferisce, "sfollando"
nel piccolo comune di Aiola nel beneventano (attuali abitanti 7470; a
270 mt.s.m.); anche qui, purtroppo, si ebbero altri bombardamenti;
nel 1944 vi ritornò, scappando di casa, per capricciosa bizzarria, con
un cugino, recandosi presso l'abitazione di una zia; poi fu ripreso in
un convento di questo piccolo centro beneventano dalla madre,
accompagnata dai Regi Carabinieri, e fece ritorno a Torre.
Venne il mesto ed infelice periodo dei rastrellamenti in città da parte
dei soldati germanici, dopo l'armistizio dell' 8 settembre 143; nella
casa di Gennaro (al I vico Trotti) si trovava una botola che immetteva
in un vano sotterraneo, in cui si nascosero i suoi familiari ed altre
persone. Egli, innocente undicenne, ma scaltro come un adulto, faceva la
"vedetta" e dava la voce a coloro che, nascosti, trepidavano in attesa
di migliori eventi; a ciò si aggiungevano le continue fughe nei ricoveri
antiaerei.
In via Piscopia angolo I vico Trotti (attuale palazzo ristrutturato al
civico 22) in data 24 aprile 1944 ci fu un violento bombardamento aereo, da parte tedesca, ove trovarono la morte Colantonio Concetta (madre di
Vincenzo Sorrentino, detto "'U paratore") e le figliolette Anna Maria e
Iolanda. Gennaro, nella circostanza, si trovava in casa; il botto
dell'esplosione fu tremendo; dopo aver, piano piano, aperta la porta
d'ingresso, fu avvolto da un enorme polverone, ma riuscì a trovare le
scale, da cui scese insieme alla madre ed agli altri componenti
familiari.
Nel corso di un'altra incursione aerea, si trovava con un fratello ed un
cugino nei pressi della vecchia stazione della Circumvesuviana in zona
Cappuccini, vicino la chiesa della SS. Annunziata; si era qui recato per
raccogliere le more (frutti del gelso), quando, improvvisamente, aerei
americani in ricognizione a bassa quota, mitragliarono i tre poveretti,
presi probabilmente per soldati tedeschi. Gli eventi della guerra si
susseguirono; il grosso delle troppe dei militari del Terzo Reich,
cominciò a battere in ritirata. Di notte, carri armati ed autoblindo
contraddistinti dalla svastica si diressero verso Napoli, per poi,
proseguire per il fronte di Cassino. Prima di questi eventi, si era
recato ad Ercolano (ex Resina) nella villa ''Favorita" (coi soldati
italiani in fuga, ognuno diretto verso i luoghi natii), ove, rovistando
tra le cose abbandonate, trovò una sella che portò via; corse a gambe
levate, nonostante i tedeschi gli sparassero contro; ma gli andò bene e
la sella fu, in seguito, venduta a Torre. Spesso si recava, inoltre,
presso l'ex fabbrica di conserve alimentari "Turris", adibita a caserma
("Gravinara"), attigua alla stazione della Ferrovia dello Stato,
ove si distribuiva un po' di cibo...; ci fu anche una moria di gatti,
che all'occorrenza divennero commestibili. Arrivarono le forze
interalleate; gli "Yenkees", i "Tommies" e gli altri reparti militari,
visti come "liberatori" transitarono per le nostre strade cittadine,
portando un po' di sollievo.
Gennaro si attivò alla meglio, e, per esigenze di sopravvivenza e di portare
qualcosa a casa, come fecero in tanti, venne in possesso di alcune
coperte di lana, le cosiddette "mandulelle", da cui si fecero
cappotti; si diede alla vendita delle sigarette americane; quelle
indimenticabili sigarette del tipo "Camel", "Lucky Strike", "Old Gold",
"Chesterfield", "Raleigh", ecc. rischiando di essere preso dalla "MP"(Military
Police) che effettuava varie ronde in città; in special modo a piazza S.
Croce.
Cosi facendo, superò quei miseri momenti di assoluta necessità. Era il
tempo della "AM LIRE" e del "black market", in cui tutti si
arrangiavano. Fu talmente indovinato il ritornello di "Tamuriata nera" in cui si
cantava "Caramelle mammà, sigarette papà, biscuits bambini, duie dollari
'i signorine..." Si istituirono altri "business" con gli alleati che
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Le
foto: Gennaro Vicidomino a 17 anni (1949); sessantenne (1992) ed il padre
Giuseppe (opera di Mazzella Giuseppe ("Magiuse"), nipote
davano una mano alla popolazione con pane bianco, farina, burro, ecc...;
i ragazzi si esibirono come "sciuscià" (lustrascarpe), il trastullo non
mancò di certo; "Hey, Joe...signorine ...fick, fick?", e così via.
Il nostro giovane Gennaro, vittima di una terribile guerra, coinvolto
dagli eventi del momento e costretto a darsi da fare per rimediare il
necessario, si trovò in quel di Bellavista (Portici) con amici in una
villa, momentaneamente disabitata; nel mentre era dentro si udì aprire
la porta; vi entrò un Ufficiale americano in stato di
ubriachezza che si adagiò su di un letto, piombando in un profondo e ronfante sonno. La villa fu
"silenziosamente" ripulita.
Del padre Giuseppe, ricorda che era soldato presso la "batteria" antiaerea
(attuale "Punta Quattro Venti") in Ercolano; ogni volta che veniva a casa,
portava pagnottelle di pane; vi scappò unitamente ad altri militi italiani,
dopo l'armistizio dell'8 settembre '43.
Militare in Marina con la qualifica
di marò, nel 1952; fu destinato a Taranto, Roma e La Maddalena (SS), ove
effettuò molti turni di guardia alla tomba di Giuseppe Garibaldi
(1807/1882), conoscendone, la figlia donna Clelia.
Effettuò 28 lunghi mesi di naia. Incisore di cammei (testine) da oltre 55
anni con la parentesi di marittimo (fuochista-ingrassatore) con la società
"Italia"; pensionato artigiano dal 1996. Coniugato nel 1955 con Colomba
Ermenegildo ebbe sette figli (quattro femmine e tre maschi) e nove splendidi
nipoti. Tifoso della Turris, dai mitici tempi del campo "Fienga" allo
spareggio col Sorrento per la serie C (giugno 1969) e del Napoli, con
servizio di controlleria allo stadio (settore distinti) nella stagione
1991/92.
Un altro indelebile ricordo lo porta dentro di sé; era il
23.11.1980, si trovava nel circoletto di un certo "Daviduccio" in via
Cappuccini, quando all'improvviso la terra tremò; era il terremoto che colpì
l'Irpinia e risuonò fin dalle nostre parti. Nel tentativo di guadagnare
l'uscita, nella confusione e nel panico del momento, fu spinto alle spalle
da un vecchio ed inciampò in una sedia che lo fece cadere; la caduta bloccò
per un poco la gente che dal circolo voleva uscire; il tutto si superò senza
altri incidenti. Provò una terrificante e spaventevole sensazione di
morte; nella circostanza perirono tre persone in fuga da un fabbricato
ivi esistente; una in un'autovettura e due sotto i calcinacci; da allora, Gennaro, quando avverte un tremolio o una leggera scossa di terremoto, e
sperando che non se ne verifichino altre, afferma: "La guerra è stata fame,
freddo e pidocchi".
Semplici deduzioni su cui intimamente riflettere. |