Girolamo Sabino,
alias "Jimi'"
di Peppe D'Urzo
Lo potremmo definire un Pierino d'epoca per la sua indomita, irrequieta
e viva indole ed animato temperamento. La briosa natura morale e
personalità le ha avute sin da ragazzo, un ragazzo vispo ed espansivo
che una ne pensava e mille ne faceva. Era la "croce" di sua
madre che, poverina, fra tribolazioni, ansie ed afflizioni, non riusciva
a tenerlo a bada, nonostante i tanti "mazziatoni" che gli elargiva;
spesso chiedeva l'ausilio di un suo fratello, il brigadiere dei vigili
urbani Pasquale Sorrentino, un uomo inflessibile e ligio alla
disciplina, il quale usava la cintura dei pantaloni per ammorbidirlo e
portarlo sulla retta via...; ma scarsi erano i risultati. Lui, non
incline alla sottomissione ed un ribelle per natura, continuava in modo
spontaneo ad "esibirsi" in marachelle e bricconate.
Quel lui porta il nome di Girolamo Santino, in arte "Jimi" (un anglofilo
o statunitense appellativo trasformatosi nel corso del tempo) ed è nato
il 04.12.1931 a Torre del Greco, da Nicola (ragioniere) e da Vincenza
Sorrentino (casalinga). Suo nonno aveva un ufficio di assicurazioni
(contratti di lavoro per commercianti ed affini) in via Santa Brigida in
quel di Napoli; con lui lavoravano quattro figli, fra cui Nicola che
sposò Vincenza, conosciuta a Torre, da cui ebbe sette figli (cinque
femmine e due maschi).
Girolamo, originario di via Gradoni e Cancelli, effettuò le scuole
elementari alla "N. Sauro" e per le esigenze del regime indossò la
divisa da Balilla ed avanguardista con alcune adunate e sfilate in villa
comunale; proseguì all'Avviamento in v.le Castelluccio, il cui preside
era il sac. Vzo Grillo ed il segretario Carlo Sallustio, padre di
Salvatore, detto: "rabbuino". Stava giocando una volta, appena dodicenne
all'interno della villa comunale, uno di quei giochi innocenti ("Barre a farzulette"), quando improvvisamente, perdendo l'equilibrio cadde dal
muro, precipitando per circa dieci metri nella sottostante via di
Madonna del Principio ("'a scesa 'i Sant'Anna"); il duro cranio subì
gravi ferite con sangue grondante; gli atterriti compagni di gioco,
credendolo quasi morto, scapparono per la paura. Riuscì, da solo, a
fermare il tram per recarsi in ospedale, allora attiguo alla Chiesa di
Santa Maria del Popolo (sezione degli Incurabili di Napoli) al c.so V
Emanuele. Qui il medico di turno, il dr. Accardo, su insistente
pertinacia dello zio, il brg. Sorrentino, gli praticò 25 punti di
sutura, sperando nel buon Dio. Dopo varie medicazioni e riposi forzati,
l'indocile giovincello cominciò a star meglio e guarire del tutto.
Quel 13 settembre del 1943 doveva recarsi al pronto soccorso per
controllarlo, ma non ci andò...; la sorte gli fu amica perché in quella
dolce e bella mattinata settembrina, ci fu un terribile bombardamento
aereo, iniziato dal "Gran caffè Palumbo", villa comunale e proseguito
fino ad Ercolano e Portici, che causò morti e rovine fra gli abitanti.
Fu un inutile "raid" aereo da parte di bombardieri americani a caccia
dei tedeschi in ritirata. Egli ricorda il ricovero antiaereo nel
sottostante palazzo ove viveva con la famiglia. Il padre Nicola, durante
i rastrellamenti dei soldati tedeschi, rimase nascosto in soffitta ("suppigno"),
con altre persone della zona, nel vecchio fabbricato ove abitava, fino
al sospirato ed ardentemente atteso arrivo degli alleati; quest'ultimi
li vide transitare per p.zza S. Croce fra due ali di folla gaudente.
Si cominciò a star meglio e a mettere qualcosa sotto i denti (pane,
carne in scatola, biscotti, latte in polvere, ecc.).
Il nostro vispo e pieno di vita "Jimi" a 16 anni comincia a lavorare in
casa come orefice; in seguito farà il commerciante di corallo.
Dipendente dell'hotel "Majestic" a Sant'Agnello (NA) come economo; ad
Abbiategrasso (MI) in una fabbrica ("Siltal") di elettrodomestici per
cinque sei anni; marittimo (reparto camera) su navi passeggere della
società "Grimaldi" su varie linee marittime, e della società "Tirrenia".
Riprese col dovuto impegno e professionalità, l'attività di commerciante
di corallo, comprandolo in Sardegna, facendolo lavorare e venderlo in
quasi tutto il suolo italico. Al presente, ogni tanto, si reca in Grecia
da qualche cliente, in particolare nell'isola di Corfù (greco Kèrkyra).
Da un po' di tempo è in pensione. Conserva sempre un bel aspetto;
allegro e giovanile, elegante e un fisico asciutto da ex atleta; capello
bianco ben curato; simpaticone e giocherellone ("mattezziuso")
dai facili sfottò. |
Coniugato con Cira Sorrentino; due figli (un maschio ed
una femmina) e due nipoti. Da giovane è stato un buon giocatore di
calcio nel ruolo di mezzala destra col numero otto.
Iniziò nei boys della Turris del tuttofare ed allenatore Angelo Vermillo
(simpaticamente chiamato "'a 'mbriachella"), maresciallo di Marina.
Durante il servizio militare in esercito (Fanteria) il suo Comandante lo
portò all'Arezzo in serie C (stagione calcistica: 1951/52).
Fece diciotto
mesi di Naja; C.A.R. ad Arezzo e a S. Maria Novella in Firenze, con mansioni
di ronda nella stazione ferroviaria. Ogni mese veniva a casa per cinque
giorni in licenza premio, in quanto giocava con la maglia aretina. Effettuò,
inoltre, un provino con la Salernitana ove rimase per poco tempo. Tifoso
della Turris sin dai tempi in cui andava al campo "Fienga" con la
carrozzella che partiva da piazza L. Palomba, fino agli anni della C/ 1 e
C/2.
Appassionato della pesca a canna da terra e sulla barca, in genere
andava fuori Torre per la pesca delle marmore, esibendosi in lanci di 80/90
metri circa.
Andava a mare al "Laghetto" e, a volte, buttava giù dai binari ferroviari,
delle pietre, per scherzare un po', all'indirizzo dei gay che beatamente
facevano il bagno e prendevano il sole. Un fuggi fuggi dalle mille risate. Ecco lo spaccato di vita di Girolamo Santino, alias "jimi", una persona
cordialissima ed affabile. Folkloristico a volte, quando si trova con gli
amici, il suo modo canzonatorio di proporsi. Amico degli amici che sanno di
poter scherzare con uno come lui che, spesso, preso dal suo focoso e gioioso
carattere, sciorina "bad words" all'indirizzo di chicchessia.
È la sua classica maniera di vivere, così senza veli alla luce del sole; non
lo cambi per niente al mondo; gli sfottò ed i "mali servizi" sono stati
parte della sua vita. Ha avuto tante di quelle botte da quella santa di sua
madre e dallo zio Pasquale, degna persona e per bene, ma ha sempre fatto
quello che gli andava di fare. Quando, poi, indossa il cappello alla "Borsalino"
a falde larghe, sembra un divo Holliwudiano.
Tra una chiacchierata e un
caffè all'esterno del bar/pasticceria "Olimpiade" in via V. Veneto, in più
di una occasione mi ha riferito che la sua vita è stata un'avventura,
intrisa di innocenti atti ed episodi sconsiderati e a volte irresponsabili,
quelle burle che chiamiamo "mattizzie", ben interpretate sul palcoscenico
della vita, da tanti torresi, e lui ne è stato un vero protagonista. |