Giuseppe
Ferraioli
e la guerra nel deserto
di Peppe D'Urzo
Altri ricordi di guerra "rispolverati" dalle intricate spire del tempo.
A raccontarceli, come se fosse ieri, è un gagliardo "giovanotto" della
classe del 1913: Giuseppe Ferraioli, affettuosamente chiamato "Don
Peppe", nativo di Torre del Greco da Gaetano, marittimo e Anna Cira Pontillo, casalinga. Da giovane lavorava come pittore-decoratore e gli
piaceva andare in bicicletta, correndo in varie gare dilettantistiche.
Militare in esercito, gli inizi li trascorre a Vittorio Veneto (Car) poi
a Moggio Udinese, Udine, Pordenone, Casarza (Pordenone), Treviso e
Belluno. Farà parte del 72° Fanteria, aggregato al 355° Mitraglieri
Alpini.
Il 16 settembre 1939 si unisce in matrimonio con Carmela Di Donna
(1920). Richiamato sotto le armi, dalla Sicilia (rovine di Selinute,
sito archeologico del tempio di Apollo sulla costa sud-occidentale
dell'isola), viene inviato in Africa settentrionale a combattere una
guerra nel deserto contro l'Inghilterra.
Su questo fronte, la guerra aveva un senso accessibile a tutti perché
era la guerra dei poveri contro i ricchi, dei diseredati contro i
plutocrati. Ed era una guerra chiara, combattuta sotto il sole ardente
del Mediterraneo. Mentre si partiva per la terra africana, in Italia si
cantavano, oltre ai ritornelli inneggianti all'uomo-Dio, "Ta-pum" dal
reggimento Pasubio e gli alpini: "Quel mazzolin di fiori"; il repertorio
cinematografico comprendeva i film "Un mare di guai", "Sei matti a
bordo", "Finisce sempre cosi" (con Vittorio De Sica). ecc. Migliaia di
fidanzate, madri, padri, amici, spose, figli soldati e generali che
costituivano un universo di sentimenti erano tutti uniti e confusi nello
stesso sacco delle Regie Poste.
In Patria le sigarette coi prezzi leggermente ritoccati che si
fumavano erano le Nazionali, le più diffuse, le Eva per le signore-bene,
le Macedonia-extra, le Giuba, le Studio, le Orientali, le Serraglio, le
Moresca, Indigene e Popolari ed inoltre le Mentola, per chi aveva
problemi d'alito.
Il nostro mitragliere si trova a combattere in questo scenario che ha
ben poco da offrire: è quello del deserto infuocato, di quel "gran mare
di sabbia" senza appigli, senza riferimenti; solo qualche cisterna qua e
là: la monotonia fatta di sabbia, e la sabbia intrisa di silenzio. In
questa solitudine la guerra si esprimerà nella sua forma più pura: nella
mobilità. Finché si è sulla costa, tutto va bene, ma appena ci si
allontana, allora sono guai: la siccità e quei terribili, improvvisi
freddi notturni sono causa di facili malattie intestinali. Poi, il
"ghibli", o vento del deserto. Spira dall'interno verso la costa:
violento, insidioso, molesto, arroventa la temperatura portandola oltre
49 gradi all'ombra, produce forte evaporazione, siccità ed un minuscolo
pulviscolo che è causa di malattie agli occhi.
Le notti sono lunghe, fredde e maestose, la luna splendente in mezzo al
cielo rende più atroce la solitudine e qualche volta più insopportabile
il silenzio, rotto soltanto dal rumore delle vipere e degli scorpioni
che si muovono tra la sabbia e le rocce: nel deserto sono loro gli unici
viventi che la guerra avrà come spettatori. Le forze armate italiane
ormai allo stremo, battono in ritirata. Gli uomini con gli occhi
arrossati, le barbe lunghe ed il volto grigio fanno il possibile per
tirare avanti: di notte il tormento dei pidocchi si fa insostenibile.
Nessuno si lava più da settimane per risparmiare l'acqua che si è fatta
più rara del platino.
Giuseppe fu preso e fatto prigioniero dagli americani a Biserta (città e
porto della Tunisia allo sbocco del canale che mette in comunicazione il
lago di Biserta e il Mar Mediterraneo). Fu imbarcato, unitamente ad
altri prigionieri italiani su di una nave diretta negli Usa. Dopo poche
miglia, l'unità affondò, probabilmente a causa di qualche mina vagante;
tutti salvi e recuperati.
Ferraioli peregrinò per vari paesi in campi di
prigionia: Tunisi, Algeri, San Josè di Bar, S. Clement, Cassar Said,
Casablanca, Boria.
Fra i tanti lavori da internato, ebbe il compito di riconoscere e
numerare le salme dei soldati britannici (ed alleati) deceduti. Grazie
ai suoi trascorsi di bravo decoratore, inoltre, scriveva i loro nomi
sulle croci nei vari cimiteri di guerra. |
Le
foto mostrano Giuseppe Ferraioli in divisa da militare a Moggio Udinese
(anno 1940) ed il figlio Gaetano, pittore autodidatta
Fu liberato nel 1945 e dal Marocco fu condotto in Italia sulla nave
francese "Ville d'Orangee"
(acquistata, in seguito, dalla società di navigazione italiana "Grimaldi",
trasformata in "Venezuela" ed adibita al trasporto passeggeri) che arrivò
nel porto di Napoli. Da qui dovette "scontare" altri nove mesi a Torre
Annunziata nella zona della marina ricordata come "'Abbascia
l'Uncino". Venne congedato, poi, a Padova. Riportò alcune ferite in
azioni belliche di cui porta ancora i segni, non riconosciute ai fini pensionistici. Croce di
ferro al merito di guerra. Marittimo (cameriere) pensionato dal 1971.
Giuseppe Ferraioli risiede in via Cappuccini. È grande amico di Aniello Ferraiuolo, detto "Don Aniello
'dda carne 'i cavallo" (titolare di una
macelleria specializzata da oltre 50 anni nella vendita di carne di cavallo
al corso Avezzana, dove in precedenza v'era una salumeria, gestita da un
certo "Fonzo 'a quacchiana" e poi un deposito di carboni, alias "gravuni").
Don Peppe trascorre parte del suo tempo in questa storica macelleria (che
prossimamente chiuderà i battenti) e nella falegnameria dei Ferraioli sempre
a corso Avezzana e a Capo Torre. Tifoso della Turris, ha seguito le sorti
della compagine corallina fino a qualche tempo fa.
Giuseppe ha avuto sei figli: Gaetano (classe 1939), ex marittimo; da giovane
si dilettava a dipingere gli Altari per la classica festa in via Cappuccini.
Pittore artista autodidatta, le sue tele esprimono il colore mediterraneo
della tradizione pittorica napoletana dei maestri dell'Ottocento. E' un
artista che esprime una mediata revocazione di figure e di nature morte, di
verdeggianti paesaggi, sfondi marini, segni di un ritorno ai vecchi valori
di una Napoli del romanticismo. Le sue opere figurano esposte nelle maggiori
gallerie d'Arte. Sono tanti i premi e i riconoscimenti in varie mostre e
collettive, è iscritto all'Anaoc (Associazione Nazionale Artisti Operatori
Culturali).
Domenico, invece è ferroviere, Maria è casalinga, Giovanni è marittimo con la
società "Caremar" ed ex calciatore (terzino fluidificante destro) della
mitica Libertas di Torre del Greco del tuttofare Isidoro Sorrentino.
Vincenzo, poi, è dipendente del Comune di Torre del Greco (Ufficio sport),
dirigente della società di pallavolo femminile "Brava Torre", ex difensore
nelle file del De Nicola e Libertas, poi vari tornei fra amici, mentre Irma
è casalinga.
Una vita dedicata al lavoro e alla famiglia, quella di Giuseppe Ferraioli,
molto legato ai figli dei quali è solito affermare: "Per crescere ed educare
i tigli, si devono fare sacrifici... ".
Dei giovani d'oggi che vivono fra i
tanti agi, ammonisce: "'A legna se cunserva 'a stagione pe' l'inverno." Sagge
e meditate parole. |