Luciano
Cardone, cocchiere e guardia giurata
di Peppe D'Urzo
I ricordi continuano ad "affacciarsi" sulla nostra città e da una
panoramica-flash viene fotografata e commemorata la figura di Luciano
Cardone (1906-19S5), da Antonio (nato a Portici, sarto) e da Antonietta
Montella (nata a Portici, fruttivendola negli anni '50 in via Falanga).
Originario della strada Falanga (di fronte a donna Emilia 'a panettera),
da giovane imparò il mestiere di cocchiere.
Era bravo a condurre cavalli per funerali, in special modo il "tiro ad
otto" (da ricordare i cavalli olandesi, detti "ballerini" e quelli di
colore scuro abbelliti con ornamenti vari). Dipendente di don Ciro Ascione, titolare di carri, carrozze e cavalli alla prima traversa S.
Noto, ricordato, da sempre come "'u vico 'dde carrozze". Breve fu il
periodo sotto le armi al distretto militare di Nola poi congedato. Trovò
lavoro, poi, come guardia giurata, abbandonando l'appellativo di "Luciano
'u schiattamuorto" per i suoi trascorsi "funerei", presso l'Istituto di
vigilanza "La Partenope" a Napoli.
Prestò servizio a San Giovanni a Teduccio nei depositi di raffinerie. Fra le tante esperienze lavorative
gli capitò un incidente mentre
rincorreva dei ladri: nell'inciampare gli cadde la pistola d'ordinanza,
da cui partì accidentalmente un colpo che andò a conficcarsi alla gamba,
procurandogli una seria ferita in un polpaccio. Ebbe le cure del caso e
fu ricoverato. Grazie ad una vincita al lotto con un terno secco: 3 - 20
- 90 sulla ruota di Napoli (a detta del figlio Pasquale,
questi "fortunati" numeri non sono più usciti dal lontano 1931 sulla
ruota della città partenopea), convolò a nozze con Carmela Palomba,
dalla quale ebbe dodici figli (sei maschi e sei femmine), tutti sposati,
tranne il single Pasquale. I nipoti ed i pronipoti non si contano, sono
dislocati un po' dovunque, anche all'estero.
Durante la II guerra mondiale al buon Luciano accadde di trovarsi in
quel 13 settembre 1943 dalle parti dell'ospedale attiguo alla chiesa di
S. Maria del Popolo, durante quella terribile incursione aerea che
arrecò distruzione e morte. Si era recato in quella zona a casa di un
defunto (lavorava per don Ciro Ascione) per gli ultimi "dettagli";
improvvisamente vennero giù tante di quelle bombe, molti i morti e
feriti. Riuscì miracolosamente a salvarsi. Poi vennero gli alleati che,
dopo averci liberato dagli invasori tedeschi, portarono un po' di
sollievo alla popolazione. Erano i tempi delle "congrue" mance dei
soldati americani elargiti ai ragazzi e scugnizzi, per trastulli e
"particolari" divertimenti (le famose signorine "Fick-fick).
In questo periodo dovette vedersela con alcuni militari alleati
(probabilmente ubriachi) che lo aggredirono "rint 'u vico 'dde
carrozze"
con brutte intenzioni. Fu sottratto agli aggressori dal figlio Pasquale
e da altre persone che accorsero in aiuto.
Compagno di scuola e nella vita di Alberto Mennella (buonanima), capo
ufficio del Protocollo ed Archivio del Comune di Torre del Greco. Una
colonna portante della struttura comunale.
Il figlio Pasquale (classe
1937) è stato un bravo calciatore. Ha iniziato come centromediano
(ricoprendo, in seguito, vari ruoli) nell'Avanguardia Avanti, poi
Leoncini e Falchi rossi. Ha partecipato ad un torneo dei bar allo stadio
"A. Liquori", giocando nel bar "Santa Lucia".
Poi allenatore di squadre giovanili locali, fra cui la Libertas Torre,
prendendosi belle soddisfazioni e vari encomi. Alla fine degli anni '50
quando era un giovane di belle speranze calcistiche, ricevette diversi
complimenti per il suo modo pratico di giocare da mister Carubbi e da
alcuni calciatori della Turris fra cui Santamaria, Ciliento e altri. |
Bravo elettricista (il fratello Ciro è idraulico ed elettricista).
Marittimo per "scelta" forzata con la "Società Costa Line". Ha navigato per
venti anni circa su navi passeggeri, attualmente pensionato. Grande
appassionato di calcio, ama l'Inter, il Napoli e la Turris. Estimatore del
"mago" Helenio Herrera. Della Turris ricorda una famosa gara contro la Bagnolese,
finita 3 a 1 per i corallini (stagione 50/51, spareggio per la 'C').
Impossibilitato a recarsi allostadio del Vomero, attese gli sportivi e i tifosi della Turris, fuori la
sede al corso V. Emanuele, per farsi raccontare le fasi della
partita. Amico di famiglia del dottor Francesco Paolo Di Donna (urologo),
appassionato di basket, sempre in gamba e scattante, e del fratello Salvatore
(deceduto), detto "Tore Facchetti".
La madre del medico, ad ogni San Pasquale gli dedicava una bella torta.
Anche le memorie di Pasquale vanno alla guerra, l'ultima terribile che
coinvolse anche Torre del Greco. Ricorda il ricovero sottostante scuola
elementare in via V. Veneto (intitolata, poi, a Giovanni Mazza), vari
bombardamenti aerei sulla città. i rastrellamenti dei soldati tedeschi alla
fine del settembre '43, gli alleati ed il periodo post bellico con "freddo
e fame". La gente indossava ai piedi le famose "scroccole",
fac-simili di scarpe costruite a mano e ricoperte da tela dura; esse erano
fabbricate da un vecchio ciabattino dalla parte di Cupa San Pietro.
Due suoi zii furono presi dai tedeschi. Il primo, Domenico Palomba (al presente risiede a Trieste),
riuscì a scappare da un camion (pieno di prigionieri torresi), saltando giù
in via Piscopia. Il secondo, Ciro Palomba, fu catturato e "scovato"
da un
pozzo presso un fabbricato in via Piscopia di fronte all'ex forno dei Mennella, unitamente ad altri sventurati.
Fu deportato in Germania, ove fortunatamente non se la passò tanto male.
Preso in simpatia da una famiglia tedesca, presso cui lavorata, evitò la
dura e triste prigionia nei lager. Fece ritorno a casa dopo la fine della
guerra.
Pasquale lo incontri spesso a "Capo Torre", luogo di intrattenimento abituale per discutere di calcio e altro. E' un sito sacro
a molti torresi. Amico di Gigino Serbante, Gigino Visciano ("'U biondo"), Nino Magliulo ("l'interista") ed altri.
Le foto mostrano Luciano in divisa da guardia
giurata (19 agosto 1958) e Pasquale da allenatore
della Libertas Torre (Juniores, anno 1963). |