L'ex macello comunale
di Peppe D'Urzo
Gli antichi romani lo chiamavano "Macellum" (mercato della carne).
Di qui la definizione odierna di macello, con la funzione però di
struttura adibita alla macellazione di animali destinati alla
alimentazione. Il
vecchio edificio confinante con gli ex Molini meridionali Marzoli ed il
mitico ristorante "Chiarina a mmare" attualmente è un presidio
dell'Azienda Sanitaria con ufficio veterinario e relativa unità
operativa (controllo, vigilanza...).
Tra i sanitari, responsabili succedutisi nel tempo si ricordano: il dr.
Angelo Albergamo (ex colonnello medico in Cavalleria durante la Prima
Guerra Mondiale, nato a Ferrara e poi veterinario condotto), dr.
Salvatore Palomba, il dr. Ludovico Abbagnale (attuale). Tra i custodi un
certo "Mniello" e Vincenzo Gaglione (detto "Vicienzo 'ddo Maciello";
1905-1974; che aveva lavorato anche in un bar in piazza Luigi Palomba,
specializzato in granite, e fu combattente nella Seconda Guerra
Mondiale, imbarcato in qualità di fuochista sulla nave ospedale
"Gradisca" subì un affondamento su di un'altra unità italiana e fu
recuperato dopo cinque o sei giorni in mare) e, al presente, il figlio
Luigi ("Giggino") il quale, ereditando gli insegnamenti del padre,
continua con disponibilità e passione ad espletare i compiti di
guardiano di ciò che è rimasto del vecchio mattatoio che emana sempre
suggestione ed attrazione.
Sugli scogli sottostanti il muro di cinta
della struttura sanitaria (da cui sporgono tratti di lava vesuviana
levigati dal mare) fu consumato il 7 giugno 1906 l'orrendo omicidio di
Gennaro Cuocolo, crivellato da 47 pugnalate, noto alla polizia come
ricettatore e usuraio (il processo fu svolto a Viterbo dal marzo 1911
all'8 luglio 1912).
La zona è stata teatro di combattimenti durante l'ultimo conflitto
mondiale. Nei pressi dello "scoglio francese" e dello "scoglio
lungo" era ubicato un fortino di soldati italiani, che dopo l'8
settembre 1943 si sbandarono e si dettero alla fuga, e sulla terraferma
(odierno albergo-ristorante "Quattro Venti") c'era una postazione
antiaerea. Molte bombe e forse qualche aereo anglo-americano caddero
nelle acque antistanti. In seguito gli alleati costruirono una discarica
(detta "'u scivolo degli americani", ricettacolo di rottami di ferro e
cose varie, che arrivava al mare.
Al di sotto c'era pure la "griglia", il cui liquame portava alla vasca
di decantazione (depuratore); da segnalare inoltre la grotta |
naturale, divenuta abituale dimora, fino a qualche tempo fa, di un certo
"Michele
'u scemo", affezionato del luogo.
La macellazione avveniva due giorni alla settimana (mercoledì e
venerdì). Gli animali (o pezzi) bovini, suini... anticamente arrivavano
al macello a piedi, provenienti dalle campagne di fuori città. Poi vennero sui famosi
"carrettoni" trainati da due cavalli, con l'aggiunta a volte dei "valanzini"
(asini detti bilancini), guidati da un certo "Papele", da "Catiello" (di
Pompei), Ferdinando e padre (di Nola) ed altri.
I pezzi, dopo essere "passati" attraverso percorsi obbligati, sostavano
nella stalla per ventiquattrore, e legati poi a paletti con anelli tondi
(detti "catinielli"); dopo la selezione in 4 parti (una quinta era formata
da fegato, cuore, polmoni, trippa) avveniva l'ispezione dei sanitari. Il
trasporto carni avveniva grazie ad una Cooperativa Trasporti (Pres. V.
Lombardi e poi S. Speranza) e la distribuzione, oltre che sul territorio,
anche in altre città della provincia. Ditte private, inoltre, raccoglievano
le ossa. Da menzionare che durante gli scarichi, alcuni animali eludevano e
forzavano la sorveglianza degli addetti ai lavori, riuscendo a scappare
all'impazzata: un "pezzo" si rifugiò nei Molini, un'altro finì nel locale di
vendita di giornali di "Michele Paparuozzo" in via Roma; un toro uscito di
senno finì la sua folle corsa nel bar "Filippiello" in piazza Luigi Palomba.
Un'altra bestia, scappando via mare, arrivò sui binari e fu travolta dal
treno in territorio di Ercolano.
Inoltre il canile comunale ha funzionato sino al 1986 (famoso un
accalappiacani detto "Ciccillo 'u cciracane") ed il macello ha smesso la
propria attività nel 90/91.
Passando per via Calastro n. 26 diamogli uno
sguardo e ricordiamolo come un luogo che appartiene alla storia della nostra
città e che ha dato lavoro a tanti. |