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'A Malatella,
dal mobile al restauro


di Peppe D'Urzo
   

"'A malatella" è un atavico e tradizionale soprannome appartenente alla famiglia Esposito Langella (i Langella erano di nobile discendenza). Raimondo (1883-1980) e Vincenzo (1898-1967) hanno ereditato questo appellativo, consegnandolo poi, ai discendenti. Si narra che la madre fosse un po' malaticcia, da cui "malatella". I due avevano un locale di falegnameria in zona "'Ncopp' 'a Nunziata" (via Cappuccini n. 44). Erano abilissimi costruttori di mobili che vendevano ad una vasta clientela. Entrambi servirono la Patria nella grande guerra del  '15/18.
Successivamente si divisero. Raimondo dopo aver lavorato a Torre Annunziata presso Varlese (importante falegnameria), nell'immediato dopo-guerra aprì un locale per l'artistica lavorazione del legno, in Vico dirimpetto al Rosario 15. In un interrato al piano terra, al cui interno (di antica fabbricazione) v'era anche l'abitazione, nella quale viveva con la moglie, Agnese Izzo (1896-1986) ed i figli.
Si cominciarono a creare le prime camere da letto, e poi, man mano altri mobili. Questi, prima di essere venduti ai clienti, dovevano essere pesati sulla "bascuglia" presso il Dazio in piazza L. Palomba.
l mobilieri pagavano una tassa ed i mobili erano "timbrati" col sigillo del Comune di Torre del Greco. L'attività s'incrementò grazie anche al costante lavoro dei figli: Giuseppe (Peppe, classe 1931) e Franco (Franchino, classe 1934). Un altro negozio fu aperto invia XX Settembre,10 e fungeva da esposizione, in special modo durante la tradizionale Festa dei 4 Altari.
Si ricordano le incursioni aeree dell'ultima guerra mondiale.
La gente della zona era solita recarsi nel ricovero di Michele Marcianò (detto, Salvatore), famosa personalità d'epoca (1895-1982), coniugato con Maria Montefusco (1913), titolare di una salumeria (attuale falegnameria di Ciro Consolato) con annessa abitazione alla via XX Settembre 44. Al di sotto era ubicata una grata che fungeva da rifugio antiaereo. Un altro ricovero si trovava di fronte al civico 35 (era un tunnel). Raimondo non si recava mai al rifugio, preferiva morire in casa. Ci furono anche rastrellamenti da parte dei soldati tedeschi. Il figlio Vittorio, militare in Esercito (guastatore), ferito in Africa Settentrionale (ricoverato in ospedale a Napoli con postumi e disturbi psichici), fu preso dai tedeschi in piazza Luigi Palomba, ma riuscì a scappare.
Raimondo e il Figlio Giuseppe tornavano da Torre Annunziata con una cesta di pane, alla vista dei tedeschi fuggirono per le campagne. l militari spararono, ma i due riuscirono a farla franca. Poi, finalmente gli Alleati che portarono un po' di sollievo. Il buon Raimondo, persona seria, elegante nel vestire, amico degli altri storici falegnami torresi, da considerare veri artisti del legno, bravo nel costruire anche ferri per il mestiere, amante dello stile rococò, tramandato agli esperti figli falegnami, amico della "buona" bottiglia di vino, amava due cose: il lavoro e la famiglia.
Il figlio Peppe (pensionato) rimpiange i bei tempi di una volta quando "'U masto" era rispettato e i ragazzi di bottega imparavano il mestiere con dedizione ed umiltà.


Le tre foto mostrano Raimondo all'esterno del locale di "vico dirimpetto al Rosario" con ragazzi di bottega, Vncenzo e Raimondo

Il tutto non riscontrabile oggidì. Franchino (pensionato) tifoso della Turris, oltre alle doti di falegname, tiene a precisare che da oltre 50 anni è uno dei fedeli portatori del carro dell'Immacolata  (esclusi i due anni dì militare). Il figlio Sergio, dal vivace e "pazzariello" carattere, è un "malatone" della Turris.  Altri lavoratori che hanno frequentato e frequentano la "fucina" in via XX Settembre, sono "Mast'Antonio" (Carlo Velotti), restauratore di vecchia data, Costantino Faro, pensionato col pallino del restauro e profondo conoscitore dei segreti del legname, Giuseppe Bianco, aiutante falegname, appartenente alla stirpe dei "Cacapietro" (ex salumeria in via Diego Colamarino, attuale "Lingerie Cuccurullo"), Raffaele Giovine titolare di ex salumeria al Corso Vittorio Emanuele, 222 e Mastu Peppe (Giuseppe Brancaccio, fratello del compianto Raffaele), operaio della ditta G. Colare (altro famoso falegname).
Vincenzo, durante la prima guerra del '15-'18 era attendente ad un colonnello. Durante il servizio militare si esibì in una importante opera d'arte in legno ("'A meccia a nido di rondine") che gli valse una meritata premiazione. Degna tranquilla persona durante il secondo conflitto mondiale dalla propria abitazione in via Cappuccini n. 47 era solito recarsi nel ricovero antiaereo di "Sparaglione" (fabbricato di proprietà Gentile). Il suo mondo erano la casa, il locale ("'A puteca") ed il ricovero.
Dall'unione con Carmela Molfesi (1913/1979), da Pasquale e Raffaella Ricevuto (detta "'A procidana"), sono nati: Franco, pensionato delle Ferrovie dello Stato, Pasquale (deceduto), Giacomo (detto "Giacumino 'u Presidente"), mobiliere con negozio (frequentato da vari amici, amanti del gioco di carte napoletane) in via Roma, 98, Rosa, Pasquale, ospedaliero, Raffaella e Giovanni, impiegato all'INPS.