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Manlio Izzo
QUANDO LE PIETRE PARLANO...


di Peppe D'Urzo

Anche le pietre, provviste di un’anima, hanno parlato e raccontato, nel corso del tempo, le loro storie e vicende. Lo hanno fatto attraverso i ricordi di chi è stato a contatto diretto e le ha artisticamente ed artigianalmente lavorate con amorevole passione. Sono stati i tagliapietre, gli scavatori, gli scalpellini, ecc.., i cosiddetti “muntagnari”. In tempi passati ne erano in molti che lavoravano nell’estesa cava di pietre di "Villa Inglese" alla periferia della nostra città. Questi “stone-workers” inseriti in una cultura lavorativa colonica-agricola della zona esterna cittadina, a differenza di quella civiltà marinara, marittima e “corallaia” del centro di Torre, portano ancora i segni della loro dura attività che li ha visti protagonisti in diretto rapporto con lastroni, blocchetti, colonne, trabeazioni, ecc., riuscendo ad estrarre la loro cupa e profonda voce.
Fra essi vogliamo rendere ossequioso omaggio a Manlio Izzo, il quale nel 1940 a nove anni iniziò a lavorare come scalpellino nel luogo cavo di Villa Inglese, imparando le prime “note musicali” di ghiaia e pietre. E’ nato a Torre del Greco il 01.07.1931 (stirpe “I russulilli”, dai capelli rossi) da Ciro, piccolo imprenditore e concessionario di lavorazione di pietra lavica a Villa Inglese sin dal 1900, e da Maria Marrazzo, casalinga. Otto i figli (due femmine e sei maschi) di cui Gennaro, Antonio e Felice deceduti.
Famiglia originaria della zona di Leopardi e precisamente, di via Nuova Trecase. Manlio, dopo le scuole elementari in via Campanariello, inizia a lavorare per vocazione, seguendo le orme paterne. Diviene col tempo un esperto cavatore e scalpellino, specializzandosi in vari rami, fino alla pensione avvenuta nel 1987 per problemi di udito.
Tra il 1968 e 1975 lo troviamo in Germania a lavorare in una fabbrica siderurgica a Esailer; vivrà a Lankerbe in provincia di Duren (Renania, sulla Roer, fra Aquisgrana e Colonia, centro industriale; aspramente contesa fra anglo-americani e tedeschi nelle operazioni militari dell’inverno 1944/45). Ritornerà a Torre ove farà il muratore sino a dieci anni fa. Servizio militare in Marina dal settembre ’51 a novembre ’53; reclutamento a Taranto, poi imbarcato sul C/T “Sagittario” con base La Spezia. Si unirà in matrimonio con Rosa Miele, purtroppo deceduta nel marzo del 2000.
Figli: due femmine: Maria e Caterina, e due maschi: Ciro e Salvatore, quest’ultimo detto “Salvatore ‘u tedesco”, bravo calciatore nel ruolo di portiere; ha giocato in squadre locali (prima categoria).
Nel 1966 salvò un operaio che stava scavando sotto la montagna, e, per recuperare uno scarpone che si era perso, non si toglieva da sotto il pericolo; a questo punto Manlio, con notevole prontezza, forza d’animo e scatto repentino, lo afferrò da dietro e lo tirò via da morte sicura… Incidenti sul lavoro, a volte mortali, accadevano sia per negligenza che per destino. Spesso capitavano infortuni agli occhi causati dalle schegge che schizzavano all’impazzata dalle pietre. L’attività a Villa Inglese era abbastanza varia, grazie al lavoro di centinaia di operai. Si producevano basole, architravi in piperno, decori lavici, balconi in pietra lavica, ecc.
I cavatori scavavano sotto la montagna; ne uscivano blocchi che a seconda della forma venivano lavorati in vari modi ed usi. Spesso la rimanenza della lavorazione, la cosiddetta pietraccia veniva trasportata sui vagoni dei treni nella vicina ferrovia di Santa Maria La Bruna, che partivano pieni di basole e altre pietre laviche per uso edilizio. La pietra veniva selezionata; quella buona era adibita a lavori di pregio per oggetti cimiteriali, tombe, sarcofaghi, nicchie, decori e pezzi d’opera. La nostra pietra lavica è arrivata un po' dovunque nel mondo; ne è piena Napoli e la stessa Torre del Greco fino al 1960; poi con l’avvento del bitume asfaltante si è persa una grande tradizione.
Attrezzi usati per la lavorazione: mazzole di ferro dal peso di 6 o 7 kg. Sino a quelle di 1,5 kg. Gli operai cavatori iniziavano dalle ore 7,00 del mattino alle ore 16,30. Il fronte della roccia veniva prima ripulito alla base, così da scavarla; si estraevano grandi massi che, dopo, erano trattati per la lavorazione. Lo stato dei luoghi in via Campanariello che da via Nazionale per oltre 2 km arriva al mare, fa da limite per due montagne scavate dalle mani dell’uomo. Si possono ben osservare a occhio nudo sbalzi di 15 mt. di altezza di montagna scavata ed un grosso “buco” che arriva sino al mare (lava del 1794). Un lavoro immane di oltre due secoli fino al 1960 che ha visto uno scavo di migliaia di metri cubi di pietra lavica. Queste notizie ci sono state gentilmente elargite da Giovanni Russo (in arte “Ranesi”), nipote dell’Izzo e collaboratore del quindicinale “La Torre”.
Il nostro Manlio, 76 anni ben portati, nonno di sette nipoti (ed un pronipote di sette anni), giustamente definito un “homme de pierre” ha ben scolpiti nella mente alcuni ricordi dell’ultima guerra mondiale che imperversò anche nella periferia della nostra città, ove postazioni e

 

         

Le foto: Manlio Izzo (della stirpe “I russulilli”) in età più giovanile; al presente; due immagini attuali della cava di villa Inglese anno 2005.           

fortini antiaerei cercavano di difendersi dagli attacchi di bombardieri anglo-americani.
Durante i bombardamenti la gente trovava rifugio negli alvei e nelle grotte montagnose. I tedeschi erano accampati sopra la cava di Villa Inglese per una estensione di 600 mt. circa. Manlio, che era in buoni rapporti con essi, i quali, prima dell’armistizio dell’8 settembre ’43, erano confidenziali e rispettosi della gente del posto, era solito andare a comprare un po' di frutta in cambio di qualche soldino o un po' di quello che era riuscito a reperire.  Una volta, mentre ritornava al loro campo con la frutta comprata, si avvicinò a dei soldati intenti a mitragliare un aereo americano sceso a bassa quota. Uno dei militari intento al fuoco, appena lo vide lo spaventò, e dopo averlo spinto più in là, gli fece capire di scappare e mettersi subito in salvo. Dopo i concitati momenti della “resa” italiana alle preponderanti forze anglo americane, da una postazione antiaerea italiana, i nostri soldati di notte scapparono… saputa la notizia una cinquantina di persone del luogo vi si recarono in cerca di viveri e cibo. Nel mentre la gente si dava da fare arrivò uno stormo di aerei. Caddero alcune bombe; una di esse non scoppiò, andando a finire nel terreno, causandovi una grossa buca.
Nonostante ciò, Manlio che era presente fu sommerso dal terreno che si era rivoltato… Durante i rastrellamenti dei militari germanici, egli col fratello Antonio si trovò nelle pinete sopra Villa Inglese alla ricerca di qualche prodotto della terra da mangiare. Fu trovata una pigna, da cui attingere i pinoli. Furono sorpresi da due soldati del terzo Reich i quali puntarono loro addosso i mitra ed in tedesco fecero loro capire di venire da loro. I giovani scapparono, nonostante una raffica di mitra che fortunatamente non li colse. Poi, nella mattinata del 01.10.1943 arrivarono gli alleati, i cosiddetti “liberatori”; essi erano fermi ai confini con Torre Annunziata nei pressi del “Palazzone”. Nei giorni precedenti un autoblinda tedesca in via Nazionale angolo via Campanariello (di fronte “u vico 'i Trento”) fermò l’avanzata del grosso delle truppe, provenienti da Salerno. La blindo si ritirò, ma i bombardamenti aerei continuavano inutilmente. Alcuni anziani cittadini torresi della zona periferica si recarono fin sotto i carri armati alleati. Parlarono con un Ufficiale che sapeva un po' di italiano, dicendo che la strada era libera e si poteva proseguire senza alcun pericolo. Così i torresi precedettero il grosso delle truppe.
I carri ed i camion spesso si fermavano per telegrafare circa quanto stava accadendo.
Non ci fu alcun intoppo e così avvenne il loro passaggio da Leopardi in città; la gente era felice, finalmente si ritornò a vivere con i materiali aiuti dei nuovi arrivati. Essi, però, fatte le dovute esclusioni, non si comportarono bene con la popolazione; molti soldati, specialmente quelli di colore, quando si ubriacavano, molestavano le nostre donne e ragazze.
Qualcuno tenne le proprie figlie chiuse in casa senza farle uscire. Il dopoguerra comportò anche questi incresciosi episodi.