Il maestro incisore
Michele Scala
di Peppe D'Urzo
Di Michele Scala, sotto il profilo artistico, ci sono state scritte
svariate "notes" e "details" che lo hanno reso famoso nella città dove è
nato e oltre confine; illustri critici dalle altrettanti penne gli hanno
dedicato importanti recensioni in segno della sua grandezza. Figlio di
una città rivierasca che dal mare attinge forza e lavoro; tanti quelli
che hanno vissuto e vivono per il mare, molti dei quali lontano dagli
affetti familiari.
Nato in via S. Giuseppe alle Paludi n. 40 il 25.03.1926 da una modesta
famiglia di pescatori; in questa storica zona quasi tutte le famiglie
vivevano delle risorse del mare; vivevano in beata compagnia dal "buon"
vicinato; le origini familiari ed i luoghi natii costituiscono un intimo
orgoglio con un pizzico di vanteria per il nostro maestro incisore. Il
padre Antonio (detto: "Tatonno 'i Chiavone") spesso con la barca
raggiungeva altri lidi (in special modo laziali), unitamente al fratello
Salvatore (detto: "'A spusulella"); si coniugò con Rosa Borriello
(sorella di Ciro Borriello Giggiano, mitico vice brigadiere dei Vigili
urbani di Torre del Greco, 1901/ 1997); nacquero sette figli.
Michele sin da ragazzino ebbe una passionale attrazione per il mare;
dopo le scuole elementari alla "Nazario Sauro", frequentò un corso
serale presso la scuola del corallo,"Principessa Maria di
Piemonte"(attuale Istituto statale d'Arte) in piazza L. Palomba; i suoi
primi insegnanti furono Giovanni Scognamiglio (detto: "Mastu
Chiavariello") e Vincenzo Noto (incisione). Cominciò subito a farsi
apprezzare e la sua bravura fu premiata collaborando ad un lavoro di una
certa importanza: una culla intarsiata di oro, madreperla, corallo e
avorio data in regalo al principe ereditario Umberto II per la nascita
della figlia, e, alla realizzazione di un cassettino di ebano, inciso
con delfini d'avorio e con stemma dei Savoia; in tale cassettino veniva
custodita la bandiera di combattimento del sommergibile della Marina
militare italiana: "Corallo".
Continuò gli studi, specializzandosi nell'incisione dei cammei.
diplomandosi con pieno merito, cominciò a lavorare con un certo Pietro
Brasilè in un laboratorio in via Roma. A 18 anni circa era occupato come
aggiustatore meccanico alla base navale di Napoli, assistendo a molti
bombardamenti sia a Napoli che a Torre, mentre era impegnato ad una
riparazione (con altri operai) per un cannone su di un sommergibile
italiano, nel cielo comparvero numerosi bombardieri anglo/americani che
gettarono grappoli di bombe, fu costretto ad immergersi con il natante e
dileguarsi nei fondali.
I suoi ricordi circa l'ultima guerra, che coinvolse anche la nostra
città, non sono dei migliori. La guerra è sinonimo di fame, distruzione
e sbandamenti; ha sempre condannato qualsiasi atto di violenza; i
cosiddetti liberatori e vincitori, tra cui marocchini, sudafricani,
ecc., non sempre si sono ben comportati con la popolazione afflitta dai
tanti "mali" della guerra. Prima di questo nefasto evento, ha ben
scolpito nella mente il periodo scolastico: le scarpe di legno (le
famose "scroccone"), la disciplina, la severità dei maestri, il rispetto
altrui, le dottrine di regime, la mensa economica e tutto ciò che
primeggiava allora.
Fu preso dai Tedeschi e condotto a palazzo Pellecchia (attuale proprietà comunale) in via Nazionale n. 237 (ex 239)
durante i tristi e caotici giorni dopo la resa incondizionata, 8 settembre
1943, del governo italiano consegnatosi agli alleati, riuscì,
approfittando di un momento di confusione per la conta dei prigionieri,
a scappare dall'esèdra (interna al fabbricato) nelle terre che
conducevano verso il distante mare; un suo amico, Oreste Tondelli
fuggì, invece, da S. Maria Capua Vetere. Arrivarono poi i "liberators";
una pattuglia motorizzata di anglo/americani si trovò a |
passare dalle parti dell'attuale via A. De Gasperi (allora formata da piccole stradine
e sentieri di campagna) e chiese a Michele ed
altri coetanei quanti Tedeschi fossero nascosti nella torre di Bassano, ove
era appostata una batteria antiaerea; i soldati germanici si arresero e
furono fatti prigionieri.
Il buon Michele prestò servizio militare in Marina nel 1946, matricola n.
18734; era imbarcato sull' "Orione" (avviso scorta). Oltre al diploma di
incisore, ha frequentato l'Accademia abilitandosi all'insegnamento del
segno; altre passioni sono la scultura, la pittura ed il restauro di opere
d'arte; ha lavorato per molti anni da Apa.
Felicemente coniugato; ha sei
figli (di cui Antonio ha un negozio di cornici al Corso V. Emanuele n. 157) e diciassette nipotini, che sono la sua gioia infinita; è solito raccogliersi
nella sua "fucina" in via D. Colamarino n. 53 (ex convento attiguo alla
chiesa di S. Michele) per qualche lavoretto artistico, in compagnia di
qualche amico, con cui scambiare quattro chiacchiere. Della sua città serba
un ottimo ricordo, le sue giovanili reminiscenze vanno ai luoghi ove è nato,
di parapetto ("putturata") in parapetto trapelavano notizie delle famiglie
della zona che vivevano in sintonia ed in piacevole aggregazione: il
rispetto di allora era quasi sacro, l'oggi lo preoccupa un po'; ognuno pensa
a sé ed i timori sono tanti...
Gli si gonfia il cuore di gioia quando parla dell'arte dell'incisione (che è
nata nel periodo borbonico), definendola: "Una delicata lettura eseguita in
superficie, uno schizzo, un disegno..:"; e aggiunge che bisogna essere bravi
a sfruttare tutti i particolari (dopo aver eliminato il superfluo) utili
all'opera, e a correggere, con paziente maestria, gli errori commessi. Quest'arte di scavare le linee trovava la sua applicazione sulle pietre
dure, su cui si eseguivano lavori tipo: tondo, a rilievo; poi in modo
naturale comparve la conchiglia (mollusco di sostanza organica (conchilina),
impregnata di carbonato di calcio che negli strati più interni forma la
madreperla) che si pesca a Cuba,
Florida e Venezuela ed è importata in tutto il mondo. Le specie più
raffinate sono le cornolie e le sardoniche. Molte le mostre a cui il nostro
artista ha partecipato (più di cento) e tanti i premi e le soddisfazioni; a Montecarlo cenò col principe Ranieri, intrattenendosi a parlare di coralli e
cammei. Le sue meravigliose opere di mini scultura su cammei (famosissimo il
volto di J. Kennedy) sono famose un po' dovunque. Altri suoi eccellenti
colleghi di mestiere sono: Garofalo, Francesco Scala, A. Scala, Donato Frulio, Vincenzo Cirillo, Pasquale Ingenito, Carlo Parlati (incisione su
corallo), Alessio Sorrentino, Marcello Ripa ed altri.
Li considera illustri torresi, maestri di quest'arte; il presente non è
roseo in quanto il settore attraversa, un po' di crisi; i suoi crucci sono la
mancanza di "veri" insegnanti (maestri) alla scuola d'arte (ove gli orafi
sono bravi) ed il freddo livore di molti torresi verso chi è impegnato nel
mondo della cultura e dell' arte. |