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Mimì Aurilia

di Peppe D'Urzo   

Aprendo il diario della storia locale, ci imbattiamo nella narrazione della vita di un nostro concittadino, una cara e degna persona. Legata alle tradizioni della sua terra, dall'aspetto tranquillo, dai modi amichevoli e sempre con un sorriso sulle labbra: si tratta del ben voluto e cortese Domenico Aurilia, simpaticamente ricordato come "Mimì", nato a Torre del Greco nel 1922 e deceduto nel 1996. Il padre Giuseppe (1884-1973) era guardia daziaria, spesso di servizio presso il Consorzio Ittico comunale in via Fronte del Porto. Era denominato "'A cummenione"; la madre Giovanna era una brava casalinga ed un'esperta sarta.
Da giovane Mimì trovò lavoro nella "Mignaghi", fabbrica di siluri alla periferia di Napoli, che chiuse i battenti a causa dei bombardanti aerei. Fu poi assunto nei cantieri della "Naval Meccanica". Fu chiamato a servire la Patria e, nonostante fosse coniugato e avesse una figlia, dovette prestare servizio militare in Marina. Destinazione Siracusa, dove imbarcò sulla "Andrea Doria"(corazzata).
Passarono 18 mesi ed ebbe l'esonero per la nascita di un'altra figlia. Nell'immediato dopoguerra, lavorò in una fabbrica di Napoli la "Sigma Grane Paking", rimanendovi per venticinque anni. Gli ultimi anni lavorativi li trascorse alla Regione in qualità di istruttore per i corsisti. Grosso appassionato e tifoso della Turris: i suoi "teatri" preferiti furono il mitico campo "Fienga" ed il vetusto stadio comunale "Amerigo Liquori"; fu tra i primi frequentatori della sede della Polisportiva Turris al Corso V. Emanuele (attuale libreria "Alfabeta", civico nuovo 134).
Così appare nella foto sulla tessera n. 8 del Circolo polisportivo "Turris", Torre del Greco, stagione calcistica 1949150. Si prodigò fattivamente con i dirigenti della squadra corallina, in special modo con il maresciallo Sorrentino che, con notevole tempismo ed abilità, riuscì a reclutare molti militari-giocatori, portandoli ad indossare la maglia rosso-corallo.
Erano i tempi definiti "pionieristici" del calcio glorioso in cui, per quello che si poteva, si dava una mano con un notevole spirito di sacrificio, il tutto per onorare i colori sociali ed il vessillo cittadino. La Turris era una bandiera e dovunque giocava era un'attrazione, calamitando numerosi spettatori che affollavano i campi della regione e non solo. E sul palcoscenico dei ricordi passano, ad uno ad uno, tutti i calciatori che furono artefici di epiche annate. Il buon Mimì ha sempre seguito la Turris, si è recato al campo fino alla stagione calcistica 1980/81 (retrocessione in serie C2). Negli ultimi tempi lo si incontrava spesso in Villa Comunale, dove si intratteneva ben volentieri nella sede dei Combattenti e Reduci, e gli argomenti in discussione riguardavano sempre Ia Turris con i suoi alti e bassi.
Il fratello Giovanni, classe 1919, militare in Marina in qualità di sommergibilista-silurista morì durante la seconda guerra mondiale. Recatosi a Taranto, imbarcò sul sommergibile "Romolo" di recente costruzione. Qualche giorno dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, l'unità italiana in navigazione da Taranto a Napoli fu attaccata da aerei alleati con bombe che ne causarono l'affondamento. Giovanni fu dichiarato disperso. 
Un altro fratello, Raffaele (pensionato), ha lavorato nel silurificio a Baia (zona di Pozzuoli) durante la guerra.


 

In seguito dipendente della ditta "coralli e cammei" di Bartolomeo Mazza in via Nazionale, per quasi 38 anni. Esperto in pietre dure, anch'egli appassionato della Turris. Negli anni cinquanta è stato dirigente accompagnatore delle squadre giovanili, unitamente ad altri fra cui Mimì Buonincontro classe 1925, pensionato, affabile e simpaticone.
Erano sempre gli indimenticabili anni cinquanta.
Dall'unione con Lucia Corrado (1925, vivente e casalinga da sempre) sono nati Giovanna, Carmela (professoressa di lettere in quel di Roma), Elisa, Giuseppe (dipendente della Circumvesuviana, grande cuore corallino) e Rosaria.
La figlia Carmela così vuol ricordare la nitida immagine del padre (da "Tutto e'... - anno 5, n. 34): "Fra i tanti cittadini, più o meno illustri, di una città come Torre del Greco che sta conoscendo per vari motivi, un lento ed inesorabile esodo, pur rimanendo ricchissima e rispettosissima delle proprie tradizioni, che si sono distinti per l'amore ostinato per la terra natia, non si può non ricordare Domenico Aurilia, uomo esemplare nelle virtù, nella buona fede; nell'attaccamento pervicace a Torre dei Greco ed a tutto ciò che la rappresenta, e quindi alla "sua" Turris. I figli e la moglie, infatti, ricordano come i suoi buoni e cattivi umori fossero sempre legati alle sorti della squadra corallina.
Era intenditore di calcio come pochi, in tempi in cui amare il calcio significava ancora aver fede in qualcosa che ti faceva sognare per superare, magari, i confini dei proprio piccolo mondo. Dietro a quel pallone ruotavano i suoi sogni, quando questi "tornavano" indietro, ad aspettarlo c'era sempre e soltanto la Turris. Negli ultimi anni, quando le sorti dell'amata squadra cittadina seguivano le inesorabili leggi del mercato calcistico di oggi, dominato essenzialmente dal denaro, trovava sempre una parola per giustificare gli errori corallini. A poco a poco, tuttavia, non si presentò più sugli spalti, ormai incapace di seguire con il cuore di sempre le inevitabili emozioni che ancora oggi un campo di calcio sa dare.
E nel ricordo di questo suo amore, il figlio Giuseppe, il fratello Raffaele, i nipoti, tutti legatissimi ai colori sociali, si augurano che la nostra cittadina ritrovi sempre attorno ai suoi uomini migliori la forra di portare avanti la sua identità che è unica al mondo, affinché non si perda nel particolarismo e nella miope difesa degli interessi personali la vera forza della nostra città, la creatività e la laboriosità dei s
uoi concittadini, l'inesauribile vena artistica, e l'amore per la Turris."