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Dagli ex molini all'Inps

di Peppe D'Urzo
 

Sigismondo, un nome dal "royal sound", una nobile etichetta che ha accompagnato la terrena esistenza di un vero gentiluomo, felicemente vissuto nella nostra città. Sigismondo Serdonio era nato a Salerno il 28 marzo 1914 da Vito, nativo di Marsala, (barbiere, agente di P.S. e mugnaio presso gli ex Molini Meridionali Marzoli) e da Luigia Balestrieri (originaria di Cosenza, casalinga).
Originario di via Fontana, a soli quindici anni comincia a lavorare ed applica la sua prima "marchetta" (versamento) nel marzo del 1929, come allievo mugnaio degli ex Molini, gestiti allora, dopo la morte di Pietro Marzoli, dai figli l'avvocato Franco e l'ingegnere Gianni. Nel 1934 viene chiamato alle armi, servizio di leva nella Regia Marina: arruolato nel Crem (Corpo Reale Equipaggi Marittimi), attuale Cemm, in quel di Taranto, viene collocato in congedo illimitato nel 1937.
Gli eventi bellici dell'entrata in guerra dell'Italia lo richiamano sotto le armi nel 1939 in Sardegna. Il 9 marzo 1940 ha il definitivo congedo in quanto oltre a lui risultavano alle armi contemporaneamente altri due suoi fratelli: Michele e Vito, quest'ultimo meglio conosciuto come "Tituccio". Durante le numerose incursioni aeree, accompagnate dalle stridenti "note" degli allarmi, la famiglia Serdonio, trasferita in via Cappuccini n. 44 (nuovo), proprietà Aniello Gentile, trova rifugio, unitamente alla gente del posto, in un ricovero al di sotto dello stesso stabile.
L'armistizio dell'8 settembre 1943 "vede" la nostra città, inizialmente gioiosa per una eventuale fine della guerra, ancora più impaurita per i rastrellamenti delle forze armate tedesche. I torresi scappano e si rifugiano dove possono. In uno di quei terribili giorni di terrore, i tedeschi perlustrano anche il palazzo ove i Serdonio abitavano. I militari bussano alle porte in cerca di uomini, sul pianerottolo di Sigismondo abita anche la famiglia del dottor Nicola Filosa, medico generico e personaggio molto noto in città. Coniugato con Vittoria Wohrle, il cui padre, Eugenio era di origine tedesca, Filosa "affronta" con notevole determinazione i soldati, e dopo aver loro colloquiato, li convince ad andarsene in quanto di uomini nascosti nemmeno l'ombra. Gli impauriti "occultati" furono così salvati dal coraggioso ed umanitario intervento del suocero di un medico torrese, che continuò la propria attività anche dopo la fine del conflitto mondiale. Fu uno dei primi ad acquistare la "Vespa" con la quale si recava a far visita ai malati.
Il coriaceo Sigismondo, dopo breve e discontinua parentesi marittima su motovelieri fino al 1944 continua la sua lunga maratona lavorativa, dagli avvenimenti bellici al pensionamento (anno 1977). Lavora all'Inps (Istituto Nazionale Previdenza Sociale) di Napoli (con una parentesi all'ex convalescenziario "Principe di Piemonte", poi "F. Bottazzi" di Torre del Greco), prima nella sede storica di piazza San Domenico Maggiore e poi nella definitiva di via G. Ferraris.
Fu uomo di ineccepibile valore umano, schivo, onesto e riservato, faro luminoso di riferimento per la sua e la natia famiglia patriarcale ereditando dal proprio genitore Vito (insignito di Croce di guerra al merito il 27 febbraio 1919), quegli alti valori della vita. Meritò durante l'esperienza lavorativa all' Inps, un solenne encomio per l'aspetto comportamentale tenuto dopo un terribile bombardamento aereo sulla martoriata città di Napoli in data 4 agosto 1943. Conservava un aspetto giovanile, provvisto di un paio di baffetti all' "american style".
La vecchiaia non lo scalfiva. Perché, come affermano in molti, è l'età più benedetta; giunti ad essa, gli uomini sono finalmente in grado di vedere le cose nella giusta prospettiva, e vivere

soltanto per quelle che sono eccellenti. Sigismondo Serdonio è deceduto a Torre del Greco il 29 gennaio 2000. Dall'amorevole unione con Anna Santoro (classe 1919), detta "Nina", sono nati quattro maschi ed una femmina: Vito (1940, ex marittimo in pensione), Gaetano (1942, ex capitano di macchina, ex dipendente della "Mobil" pensionato), Luigi ( 1945, detto: "Gino"; ex dipendente Italtel in pensione), Aldo (ex dipendente Alitalia in pensione) e Colomba (casalinga; coniugata con Antonino Manguso, detto "'U pollice", ex calciatore della Turris boys). Sigismondo ed Anna erano inseparabili al punto da etichettarli come Giulietta e Romeo; viaggiavano spesso in Italia e all'estero sulle "rotte" del figlio Aldo.
Quando il nostro instancabile lavoratore fu collocato a riposo nel 1977, un suo collega di lavoro, un certo Michele Castello, definitosi "poetastraccio", gli dedicò con affetto infinito una scritta commemorativa su di una pergamena, sulla quale, oltre alle poetiche parole di encomio, è attaccata una medaglia d'oro a ricordo.
Il figlio Gaetano ha voluto "ricordare" le origini regali del nome Sigismondo con delle note storiche, in omaggio al suo diletto genitore: figlio di Gundobardo, re dei Burgundi. Fu egli stesso re nel 516 e divenne santo, fu il primo re barbaro della Gallia convertita al Cattolicesimo; con le sue penitenze, espiò un grande crimine: provocò ingiustamente la morte del figlio Sigerico, fino ad essere considerato un martire. Il santo si festeggia il primo maggio.