"Giovanni Paolillo
'a monaca 'i mare"
di Peppe D'Urzo
Un'altra cronistoria di ricordi che furono. Ricordi passati che spesso
riempiono quei vuoti che solo la memoria può rievocare. Riviviamo, qui,
l'epica figura dì Giovanni Paolillo (1897, Torre del Greco, 1971),
affettuosamente chiamato "'A monaca 'i mare" (corrispondente alla lepre
di mare, instancabile mollusco branchiato, di colore marrone scuro,
comune nel Mediterraneo). Figlio di Vincenzo (detto 'U russ), armatore e
padrone marittimo, titolare di un grande scafo a tre alberi, battezzato
"Immacolata Concezione", su cui fu installato anche un apparato motore,
costruito nei cantieri di Gavino e varato presso lo scalo della
Scarpetta il 5 marzo del 1905.
La madre era Margherita Paolillo (detta 'A sugliarella), venditrice di
carbone con locale (poi venduto e trasformato in segheria) al corso
Garibaldi, dove una volta si costruiva il famoso "altare di fabbrica".
L'affabile Giovanni, indefesso lavoratore (non conosceva giorni di riposo
e festività; era solito sfidare anche condizioni atmosferiche a dir poco
proibitive, pur di uscire in mare) sposò Maria De Luca, che purtroppo
spirò a 33 anni, e, poi, Raffaella Gallo.
La sua fu una famiglia numerosa al punto da ricevere, per ogni figlio,
un contributo in moneta dal Governo che allora richiedeva "figli alla
patria". Combattente nella prima guerra mondiale, ricevette diverse
decorazioni: Cavaliere di Vittorio Veneto, medaglia ricordo della Marina
Militare (matricola: 5817) e medaglia istituita a ricordo della Guerra
'15/18. Abitò in Vicoletto Ascione ed in seguito in via Guglielmo
Marconi (prop. Frulio). La sua vita era il mare: divenne padrone
marittimo (con patente conseguita il 23 settembre 1919, compartimento di
Torre del Greco) con la qualifica di Capitano di piccolo cabotaggio.
Navigò lungo le coste dello stivale, trasportando merci varie, i viaggi
più frequenti erano in direzione della Sardegna e della Corsica con le
stiva cariche di formaggi e carni.
Un terribile incidente in mare lo
convinse a non navigare più. Si trovava a bordo dell'Immacolata
Concezione (una stupenda goletta di 100 tonnellate, costruita da zio "Staniso",
costruttore di grande fama) a largo del porto peschereccio di Fiumicino
(omonimo canale artificiale derivato dal Tevere), il tempo non prometteva nulla di buono; i flutti marini cominciarono ad
ingigantirsi, l'ancora di salvataggio non bastò, fu indispensabile
gettare in mare l'altra ancora (detta, della speranza). Mentre quest'ultima
calava in mare, un piede di "Giuvannino" rimase impigliato. Anche
Paolillo "colò a picco". Furono attimi di paura, ma, raccontano, anche
di intima riflessione: Giovanni, devoto alla Madonna del Rosario,
svuotando la mente da ogni timore, pensò, laddove si fosse salvato, di
far voto, di rinunciare a "rivedere" il mare.
Si salvò. Fece ritorno a
casa senza la barca.
In seguito, grazie ad uno zio, trovò lavoro presso gli scavi di Pompei,
come custode e poi caposervizio. Imparò tre lingue e si attivò anche
come guida turistica. Si narra che una volta fu asportata una importante
targhetta metallica dal Museo Nazionale di Napoli, e proprio lui fu
incaricato della ricerca, come un agente segreto e, in tutta segretezza,
riuscì a ritrovarla in Francia. Gli encomi, ovviamente, furono tanti.
Andò in pensione ma all'occorrenza era chiamato negli scavi dalle
competenti autorità per importanti visite (uomini politici e varie
personalità), nelle vesti di cicerone. Uomo di grande vitalità,
nonostante la magra corporatura. Il lavoro costituiva la sua gioia di
vivere: sapeva indossare gli abiti delle |
circostanze dell'umana esistenza, uomo d'onore e di rispetto,
legatissimo alla famiglia (diede una ferrea educazione ai figli), Cavaliere
del Lavoro, autore di alcuni libri autobiografici (alquanto voluminosi) in
cui sono
trascritte varie esperienze vissute, in special modo quelle di
quando navigava.
Queste opere sono orgogliosamente custodite dal figlio
Mario (classe 1929), che ricorda, tra l'altro, di quando il padre fu
intervistato nel programma televisivo "TV 7", verso la fine degli anni '60,
sulla storia degli scavi di Pompei. Anche Mario conserva il soprannome del
padre; la tradizione lo richiede...
Ex marittimo (elettricista) con Lauro, Minerva, Grimaldi, Lloyd Triestino, Tirrenia, ex commerciante di elettrodomestici con negozio in via Martiri
d'Africa n. 59 (ex Ottica Morelli) fino al 1964, attualmente in pensione.
Coniugato con Anna Parise (classe 1929), il cui padre Gennaro era detto "'Innaro
'u napulitano" (nativo della Sanità), di professione carrettiere. Dalla loro
unione sono nati Maria Rosaria (nel 1951, sposata, vive ora a Siracusa),
Giovanni (1954, vive e lavora a Livorno) e Gennaro (1957, vigile urbano del
Comune di Torre del Greco).
I suoi ricordi sono legati ai bombardamenti del
13 settembre 1943. Rimase incolume, unitamente al nonno, che era con lui in
strada al corso Vittorio Emanuele, angolo con la Circonvallazione.
Rischiò tanto, specie quando l'infisso di un balcone gli cadde addosso.
Nella zona dei Cappuccini fu preso dai soldati tedeschi per i
rastrellamenti ordinati in città. Dal camion su cui si trovava ci fu un
fuggi fuggi generale nei pressi della chiesa dei monaci di Santa Teresa. Fu
ferito ad una gamba, se ne accorse a fuga ormai avvenuta. Fu inizialmente
curato col muschio (miracolosa piantina medicamentosa) e poi al presidio
ospedaliero (attuale "Bottazzi"). Rimase nascosto per un po' di tempo in un
ricovero antiaereo insieme ad altri torresi della zona di via Sedivola.
Un
suo parente, di ritorno da Napoli, mentre rincasava, udì per le vie
cittadine una voce che annunciava "So arrivati 'i Mericani!". Prima di
avvisare quelli che erano nascosti nel ricovero, salì sul lastricato del suo
palazzo in via Beneduce, per accertarsi di quanto aveva ascoltato.
Purtroppo, scambiato probabilmente per una spia nemica, fu colpito da un "allied
soldier", un cecchino di professione. Morì sul colpo. L'esterefatto soldato
si recò sul luogo e alla vista di quel corpo innocente, scoppiò a piangere
ed imprecò contro le crudeltà della maledetta guerra.
Un altro "hommage" è
stato dedicato a questo figlio di Torre del Greco, "Giuvannino 'a Monaca 'i
mare", che, ritratto nella foto che pubblichiamo, sembra uscito da una delle
tante commedie del grande Eduardo De Filippo. |