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Il quartiere dei Gradoni  

di Peppe D'Urzo

Alla riscoperta di un angolo di Torre. Per non dimenticare e non disconoscere le origini.
Camminando e scarpinando per i pendii e declivi, strade e stradine, vicoli e vicoletti della nostra amatissima città, cercando di respirare ed assaporare un po' d'aria di "old tìmes", mi sono trovato, come per "fatal combinazione", dalle parti di Via Gradoni e Cancelli, e Via Gradoni e Canali. Ho avuto, per un attimo, una suadente impressione di transitare sulle scale (gradoni) di una volta, ma la strada asfaltala mi ha riportato alla cruda realtà. Effettivamente, il tempo sembra essersi fermato, e c'è solo un cambiamento nei volti della gente che vi abita. E, fra la calorosa gente, ho incontrato il caro amico Carlo Boccia, meccanico con officina in traversa Gradoni Canali e Cancelli n. 7 (ex via Monteleone) e componente del Comitato di quartiere "Il Progresso", appassionato di cose e personaggi del luogo. Egli con tanta partecipazione e volontà, ha raccolto queste "memories", grazie anche all'interessamento del professor Vincenzo Polese dell'Istituto Professionale "C. Colombo" che ha dato il suo cordiale contributo nel rivedere e correggere questi importanti appunti.
E così come sono stati compendiati e selezionati, li trascrivo come segue:
<< Scendendo per le attuali via Gradoni e Cancelli, via Gradoni e Canali al punto dove s'incontrano, c'è un edificio a due piani, con due ingressi, un giardino all'interno e uno spazio antistante. Sul lato mare c'è un'area, recintata con un muro, che fino al 1982 era un bellissimo giardino che produceva agrumi, dando un'area salubre alla zona.
Giuseppa Venturini, un'anziana signora che abitava in quest'edificio e, già al tempo della madre, aveva in affitto il giardino, mi riferì che quel muro di recinzione, come diceva sua madre, fu innalzato in una sola notte. Il tratto di strada che collega le due vie si chiama Traversa Gradoni Canali e Cancelli, ed è uno degli angoli più antichi di Torre del Greco. L' edificio, di cui sopra, siede sui resti del Chiostro della di S. Maria dell'Ospedale (1457), detto, poi, Conservatorio dell'Immacolata Concezione dal 1685 e Orfanotrofio della SS. Trinità dal 1706. Il Chiostro era costruito sulla linea di costa che affacciava sul mare.
Possiamo averne un'idea, di com'era, visitando, a Sant'Agnello (Sorrento), il ristorante Comunella che è un antico convento con la chiesa sul lato, i giardini e il chiostro, e che affaccia sul golfo. "S. Maria dell'Ospedale, fondata in epoca remota, forse prima dell'anno mille, aveva il suo prospetto rivolto al Castello, e benché piuttosto piccoletta in confronto di quelle che oggi siamo soliti osservare, nondimeno era ben regolata con atrio e grade davanti.
Chi ora è abituato a considerare la nostra piazza S. Croce come il punto più centrale per essere luogo di convegno ed affollamento, deve trasportare tutto ciò davanti alla Chiesa di S. Maria dell'Ospedale, se vuole avere un'idea di come si presentava Torre del Greco nel 1400. Certamente fu essa uno dei primi edifici, dopo il Castello, che sorse nella Villa e dalla sua importanza ne venne quel raggruppamento di case: tutte all'intorno, a debita distanza, nell'istessa simmetria". (da "Origini e vicende della parrocchiale chiesa" dal titolo "Invenzione della Croce in Torre del Greco" del sac. Vincenzo Di Donna).
Con la terribile eruzione del 16 dicembre 1631, il lido elevò, mettendo all'asciutto  una vasta fascia di terra: nacque la zona "Abbascie 'a Mmare". Il chiostro, il convento e la chiesa vennero così a trovarsi lontano dalla costa. L'insieme rimase intatto fino al 15 giugno 1794, quando un'altra terribile eruzione invase Torre del Greco e distrusse il centro della città, seppellendo, tra l'altro, la chiesa, il convento e parte del chiostro, che restano ancora sepolti, a valle di via Beato Vincenzo Romano, tra via Gradoni e Cancelli e via Gradoni e Canali. Si possono ancora vedere alla Traversa Gradoni e Cancelli, alle spalle dell'ex cinema Vittoria, resti del convento: alcune celle, delle volte e dei pilastri. Si può anche camminare sull'antico terrazzo.
Il convento accoglieva i viandanti che si recavano in pellegrinaggio nei vari santuari o luoghi sacri dei dintorni e chi si recava a Roma, venendo da sud, ed era luogo di riunioni del Parlamento dell'Università di Torre del Greco. Due fatti importanti, in epoche diverse, coinvolgono questo convento. Essendo S. Maria dell'Ospedale la chiesa più importante di Torre dei Greco e affacciava sulla "Via Delle Calabrie", il giorno 18 novembre del 1458 vi fu consacrato Arcivescovo di Napoli, Oliviero Carafa, figlio di Francesco primo capitano di Torre dei Greco, e ricordato, anche, come colui che fece portare da Montevergine a Napoli le spoglie di San Gennaro. Il 4 agosto del 1699, nell'atrio, fu redatto dal cancelliere dell'Università di Torre del Greco, dottor Santolo Falanga, il verbale della concessione feudale con le decisioni del pubblico parlamento (da: "Il riscatto" di De Gaetano pag. 83).
Si chiudeva così il lungo cammino del "riscatto" che, sempre nell'atrio dei convento, aveva visto, tra l'altro, il Parlamento dell'Università di Torre del Greco chiedere nella seduta del 6.7.1698 la prelazione del demanio ed in quella del 22.10.1698 la reintegra di Torre del Greco al Regio Demanio. Questo complesso è stato molto trasformato dall'eruzione del 15 giugno 1794, infatti, l'invasione della lava eruttiva del Vesuvio lo ha semisommerso facendo così trovare il secondo piano a livello dell'attuale piano stradale, lasciando case e corridoi sotterrati. Dai documenti del Catasto risulta che l'area della proprietà Mazza ('i Papote) fu comprata dall'Orfanotrofio della SS. Trinità, quindi il cinema Iris e le proprietà dei dintorni sono costruiti esattamente sopra il convento, la chiesa e il chiostro. Ricordiamo che nel palazzo attiguo al cinema Iris, di proprietà dei Mazza, abitavano Leone Mazza (detto "ron Llione"), che impiantò la prima sala cinematografica a Torre (da: "Itinerari Torresi", pag. 406 di R. Raimondo) e il poeta Giovanni Mazza cui è dedicata la scuola elementare in via Vittorio Veneto. Dopo l'eruzione del 1794, tornata la calma, la vita cittadina riprese il suo ritmo.
I proprietari, vecchi e nuovi, nell'azione di recupero della zona e dei muri affioranti o risparmiati dalla lava, dovettero, sfondare volte, piani e muri lavici, mettendo così in luce, in varie parti, locali sommersi o suppellettili di varia natura. Per chi, oggi, entra nell'ampio cortile da "via che mena a Santa Croce", c'è una porticina sulla destra, vicino al primo portone, attraverso la quale si può scendere sotto il livello stradale. Si possono vedere alcune volte, una stanza grande con un focolare, nella quale adesso c'è un muro e un pilastro per rinforzare i piani superiori e una stanza piccola con un'arcata. Mi disse un abitante della zona, che aveva lì un deposito, che sulla destra della stanza grande ci sarebbero ancora altri ambienti e locali. Questi sotterranei furono utili nella seconda guerra mondiale agli abitanti della zona, che vi si rifugiavano al suono d'allarme delle sirene che annunciavano l'arrivo di aerei che sganciavano bombe sulla città: "L'apparecchio americano vott 'i bomb e se ne va", diceva un vecchio ritornello.
Qui, il giorno di Pasqua del 1943 aerei americani, intercettati dalla contraerea tedesca, si liberarono delle bombe; un ordigno bellico colpì e distrusse un palazzo a pochi metri di distanza facendo molte vittime. Il palazzo distrutto, ricostruito, ospita, attualmente, tra l'altro, il Comando dei Vigili Urbani. Un'altra bomba cadde in Vico Menarca, dove fu ferita la signora Maria Boccia (oggi residente a Formia) e il marito Alfonso Liberti rimase illeso: erano sposati da una settimana, sono ancora evidenti le ferite alla fronte. Ancora oggi qualche anziano che passa per Traversa Gradoni Canali e Cancelli, vedendo la porticina aperta, si affaccia e dice "'Uh! Il ricovero dove mia madre mi portava quando buttavano le bombe!"            
In quest'edificio dall'aria misteriosa e spettrale, aleggia ancora a figura del "Munaciello" e nelle sere d'inverno, quando ulula il vento di tramontana, s'intravedono strane ombre insieme a strani rumori e sibili, forse sono scherzi del vento e della luce opaca! E chi ci abita, forse, lo sa! Ecco perché i ragazzi, quando tornano a casa, la sera, prima di salire le scale, chiamano le madri, e poi, per farsi coraggio, fischiando e cantando, salgono.
Nel periodo che va dalla fine degli anni '40 a quella degli anni '70, la via Gradoni e Cancelli ha visto il suo massimo splendore nel viavai dei ragazzi e giovanotti che andavano ad assistere agli spettacoli cinematografici dei cinema Vittoria (Pidocchietto) ed Iris con sala, galleria e tetto apribile in estate. La domenica, le proiezioni incominciavano alle 14.30 e, con poche lire, si poteva assistere a spettacoli di genere western, avventura, comico
e greco-




romano. Gli attori erano i nostri eroi che volevamo imitare, ricordiamo Charlot Ehston, Steve Reves (Ercole), Gordon Scott (Maciste), Victor Matur (Sansone), Lex Baker e Johnny Weissmuller (Tarzan), Totò, Stanlio e Ollio, Gianni e Pinotto, Kirk Douglas, Gary Cooper, Alan Laad e il grande John Wayne, ai quali si affiancavano sempre belle donne ('u giovane e 'a figliola), un ragazzo ed un anziano da difendere dai "traditori", al momento che stavano per soccombere arrivavano i "Nostri" che venivano accolti con un urlo di trionfo dal pubblico che quasi partecipava all'azione e veniva coinvolto dall'entusiasmo.
Una curiosità: siccome la sala del cinema Vittoria era sempre affollata, c'era gente che rimaneva in piedi e, non di rado, si sentiva gridare: "Chi si vò accatta 'u post?" oppure "Chi si vò venner 'o post?", disturbando così l'ascolto, ma nessuno protestava perché era diventata un'usanza e un'abitudine da rispettare.
A quell'epoca, intorno a queste sale cinematografiche, girava un'economia florida, come il chiosco dell'acquafrescaia Rosa Feola, con i fratelli Salvatore e Pina e con il padre "Giro 'o luong" (Pina, titolare dell'edicola in via Vittorio Veneto, ha sposato Giuseppe Barone); la venditrice di lupini, sementi, cocco e fichi d'india, Assunta Di Grazia, classe 1916 vivente (un grazie particolare per le informazioni a lei e alla figlia Antonietta); la castagnara Francesca e il fratello "`U Cavaliere"; il panzarottaro Ninuccio e suo cognato Pasquale, Peppe Occhiargient (castagne e cachi); Rusina altra castagnara.
In una piccola baracca, all'angolo del cinema Vittoria, c'era Carmela Romano alias "Mammè a port", che vendeva caramelle all'uscita della porta secondaria. Quando lei entrava in sala per vendere la sua merce e le sigarette sfuse, disturbava la visione con la luce esterna, da qui il soprannome. Ricordiamo anche Costantino alla porta secondaria del cinema Iris e Raffaele Pinto (Rafele de' giornaletti). All'angolo della strada c'era Giuseppe Cozzolino morto il 21 giugno 1976 che vendeva "per 'o muss" e frattaglie di carne cotta, come pure,
"'a mmiez 'a Torre", il fratello Vincenzo, nato il 31 dicembre 1912 vivente.
In via Gradoni e Canali c'erano, come dice il nome, dei gradoni detti "scalinate della ciucciara", perché qui si vendeva il latte di asina, (le scalinate furono tolte dal comune nel maggio del 1982 per rendere la strada carrabile), questo latte molto leggero si dava ai neonati; si diceva che avesse le stesse qualità dei latte materno. La stalla si trovava nella casa di un certo Giuseppe Cerulli, sotto il livello stradale, al numero civico 21. Scendendo, all'angolo della traversa sulla destra, c'era al n. 15 "La Bottega del Pastoraro" di un certo Ciro di origini napoletane (San Giovanni a Teduccio). Chi non è andato a comprare, nel periodo di Natale, i pastori di creta che per la loro scarsa stabilità si mantenevano ritti sul presepe solo con l'aiuto di uno stuzzicadenti dietro? Poi, al numero civico 19, c'era "Sparaglione", Aniello Pernice, che vendeva esche di vricillo (piccoli vermi) per la pesca con la canna, morto il 14 dicembre 1988, giorno del suo compleanno-onomastico, la madre e la sorella erano molto brave a fare aquiloni. In questa via, al calare della sera, si svolgeva anche un triste commercio, il più antico mestiere del mondo: era il lupanare dell'antica Roma, ma era molto riservato e non dava fastidio al vicinato. AI civico n. 2 di Traversa Gradoni Canali e Cancelli abitano Domenico e Antonio Magliulo, celibi, il padre Vincenzo (2 febbraio 1880 - 28 febbraio 1970), detto "'a Pauncella", era conosciuto come il miglior lustratore di corallo. All'odierno civico n. 1 bis c'era una casa sotto il livello stradale, la prima pizzeria a Torre, gestita dal signor Fortunato Umberto e da sua moglie.
In fondo alla via, scendendo sulla destra, ai n. 3-5, c'è un palazzotto con un piccolo e caratteristico portoncino, qui c'era una locanda con cantina della famiglia Legna ('u Catarr), gestita da Antonio, si dava alloggio ai carrettieri di passaggio, ai zampognari a Natale, e faceva da pensione a chi viveva solo, ricordiamo, fra questi, "Bacalotto" (non aveva mai portato scarpe in vita sua) e "Scialone".
Nel 1986, dopo il teatro Garibaldi, il cinema Vittoria, il Metropolitan ed il Corallo chiudeva anche l'Iris. Con la chiusura dell'antico e frequentato cinema di "Ron Llione", cadeva nell'oblio, per la seconda volta la zona dei Gradoni.
Mi viene in mente l'interrogativo del rev. V. Di Donna "Come si è fatto a dimenticare tutto il lustro di S. Maria dell'Ospedale?" (op. citata), e di ripeterlo: come si è fatto a dimenticare il teatro Garibaldi ed il cinema Iris? Ed ancora: perché deve subire la stessa sorte via Borgo (Corso Umberto I)? Guai a dimenticare o a disconoscere le origini!
P.S. Nella ricerca che ho fatto, non sono riuscito a risalire ad alcuni cognomi dei personaggi citati, per il semplice fatto che, all'epoca, nel quartiere ci si conosceva solo con il soprannome e, quindi, non c'era motivo di citarlo.     (Carlo Boccia)>>