Raffaele Speranza
'u scarparo
di Peppe D'Urzo
Un altro personaggio sulla "ruota" di Torre del Greco, tipica figura di
un ieri che non c'è più, un tempo che appartiene alla storia, così come
ci è stata tramandala e letta sui libri. E' il periodo del Ventennio che
influenza profondamente la storia politica e sociale d'Italia, e, per
conoscere e ricordare quell'epoca, vogliamo qui tratteggiare la figura
di Raffaele Speranza, meglio conosciuto come "Mastu Rafèle 'u scarparo" di mestiere calzolaio, anzi esperto calzolaio, ed inventore di
modelli in "vogue" in quegli anni di italico personalismo. Nato nella
nostra vesuviana città il 28 marzo 1904 ed ivi deceduto nel 1974, da
Vincenzo e Luigia lovine, aveva un locale con abitazione interna in via
Diego Colamarino (attuale "Re Mida gioielli", civico 33 nuovo).
La sua era considerata una bottega tipo "casa e puteca", in cui era
solito trattenersi, fra una riparazione e l'altra di scarpe di vario
tipo, con illustri amici coi quali era solito discutere con ironica
saggezza e cauto buon senso. A tal proposito fu definito "'U re 'ddu
paraustiello (cioè capace di discutere in modo un po' pretestuoso con
accostamenti e confronti). In alcune sedute di bottega, unitamente ad
amici inclini allo scherzo, fu capace di far parlare per radio (grazie
agli artifizi del radiotecnico Quagliarini) un frequentatore del locale,
un certo V.S., per il quale fu pubblicato un particolare e suggestivo
biglietto da visita dal seguente tenore: "(...) Conosciuto dalla Santa
Sede e dallo Stato; scienziato in filosofia morale e cattolica, confonde
tutti gli avversari".
Aveva legami di parentela con gli Speranza (cantieri navali) e Speranza
("Vocc 'i cane"). Sin da giovane imparò il mestiere,
divenendo un abile "artista" delle calzature. Durante il servizio
militare nella Regia Marina fu impiegato come maestro d'ascia, legnaiuolo
e carpentiere. Capo nucleo
della Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale, iscritto al Paf dal 1932;
amico delle "fasce littorie" e degli organizzatori del partito in città,
coi quali collaborò con fervida dedizione.
Al buon Raffaele piaceva la disciplina e mantenere l'ordine pubblico in
città. Nei 1930 creò e costruì delle scarpe (vedi foto) in miniatura,
riscuotendo un lusinghiero successo, in occasione della inaugurazione
della Fiera del Levante a Bari. Durante il suo servizio nella Milizia
ebbe il compito di recarsi alla stazione FS a ricevere il Prefetto di
Napoli con un picchetto di volontari in orario serale.
Nella confusione, al suo arrivo, il prefetto fu scambiato per un
capo-stazione e quello lasciò la stazione, scortato dai suoi uomini, per recarsi allo
appuntamento con le autorità locali. Raffaele rimase fino a tardi ad
aspettare colui che doveva ricevere; il giorno dopo fu redarguito
unitamente ai suoi uomini.
Nel periodo della permanenza degli Alleati a Torre, fu fermato da una
pattuglia di soldati americani nei pressi delle Cento Fontane; si
trovava insieme ad altri amici quando i soldati montarono un treppiedi.
I poveretti impauriti pensarono al peggio, ma sul treppiede fu montata
una macchina fotografica che "immortalò" quella preda bellica. Durante
la Festa di tutti i Santi (ultima edizione) agli inizi del mese di
maggio, il carro con la statua di San Raffaele stava transitando per via
Diego Colamarino, improvvi-samente venne a piovere abbondantemente al
punto che i portatori lasciarono il carro, per ripararsi dalla pioggia,
fuori la calzoleria di "Mastri Rafele"; di lì a poco si ritirò a casa il
figlio Vincenzo con alcuni amici, era l'ora del pranzo, il carro fu da
essi portato sotto il portone al riparo dall'acquazzone.
Si
pranzò tutti insieme e Raffaele tenne aperta la porta di casa per
vegliare il suo Santo protettore. Nel pomeriggio il carro fu portato in
chiesa (Santa Croce) fra la preoccupazione del parroco di allora che
attendeva la venuta di San Raffaele.
Realizzò delle scarpe al tenore Mario Del Monaco che aveva dei seri
problemi ai piedi: il tenore veniva a Torre a villeggiare a casa di una
certa signora Villani ('ncopp 'a guardia) che propose a "Mastu Rafele"
di soddisfare il tenore.
Egli rimase contentissimo delle scarpe. |
Alle scarpe aggiunse anche le pantofole. Qualche anno dopo a Torre venne in
concerto Romano Mussolini,
musicista jazz, figlio dell'ex duce del fascismo. A "Mastu Rafele" si
rivolsero i missini ed i nostalgici affinché lo omaggiasse
con targa ricordo e fiori. A fine esibizione, si recò con gli altri al
cospetto di Romano, il quale ben accettò l'omaggio. Raffaele gli riferì che
il padre era stato un grande
uomo e statista, a ciò Romano rispose che il padre apparteneva alla storia,
questa risposta non soddisfò Raffaele che rimase un po' male, polemizzando,
poi, con coloro che avevano organizzato il tutto.
Sposato con Carmela Raspavolo (casalinga) che spesso lo aiutava a cucire
scarpe, tomaie e borse, fu fra i capo organizzatori della congrega di San
Giuseppe Colasanzio in via Comizi, grande amico di "Mastu Austino 'u
scarparo", "Vadassare 'u salumiere" (padre del compianto Aniello Savastano),
di Antonio Esposito ("Tatonno 'u centrillo"), Enrico De Gaetano, comandante delle
guardie municipali, "Giggiano", brigadiere dei Vigili Urbani. Gli fu
conferita un diploma con medaglia d'oro (alla "ditta Raffaele
Speranza") per trenta anni di attività artigiana di calzolaio, rilasciata
dalla Carnera di Commercio, Industria e Artigianato di Napoli (17
dicenibre1981, teatro Mercadante di Napoli).
Il figlio Vincenzo (classe 1946) è dipendente (in mobilitazione) di
un'azienda farmaceutica (I.S.l.) ed è sposato con Rosaria Aragonese (1943),
il cui padre Salvatore morì il 13 settembre 1943 in occasione dei terribili
bombardamenti aerei sulla nostra città. Salvatore, guardia daziaria a
Napoli, quella mattina si trovò fuori il ristorante "Cianfrone", quando
caddero giù alcune bombe, all'incrocio di corso Vittorio Emanuele con via
Circonvallazione, fu ferito gravemente ad una gamba e poco dopo morì.
Era in compagnia di una sorella e di una figlia che si salvarono.
Il
giornale "La Torre" lo volle così ricordare: "Nell'incursione aerea del 13
settembre 1943 Salvatore Aragonese con generosità pospose la propria
salvezza a quella della sorella ferita alla gamba. Sicché soccorso
successivamente, perdette la vita. La moglie e i figli lo ricordano insieme
a noi de 'La Torre' alla cittadinanza". Vincenzo Speranza, detto "'o
cinese" per l'aspetto somatico, ex dirigente-tuttofare della Pro Ina,
Nova Torrese e Alba Turris, socievole e comunicativo, ha due figli: Carmen
(1974) e Raffaele (1977). Ricorda il padre (qui in una foto del 1969) come un
uomo di principio e di ideali. Quei suoi ideali dai "futuri destini" a cui
si legò sin da giovane.
Quel periodo, a prescindere dai giudizi della
storia, fu vissuto dai tanti Italiani "colpiti" dalla dottrina fascista
che soggiogò l'intera nazione. "Mastu Rafele", anche dopo la guerra, e con
l'avvento del governo democratico, rimase un nostalgico dell'orbace, del
rispetto e della disciplina, principali supporti della formazione dell'uomo. |