Raffaele spaccunciello
di Peppe D'Urzo
Raffaele Carillo è nato a Torre del Greco il 17 marzo 1908 da Antonio, scalpellino nella
cava di Villa Inglese, e da Giulia Fanatico ("Giulietta"), casalinga ed
ha otto fratelli (3 maschi e 5 femmine). Originario di contrada Leopardi
(traversa Campanariello), s'è sposato il 15 agosto 1951 con Maria Miele,
casalinga e bracciante agricola. Da questa unione sono nati due figli:
Antonio, dipendente Ferrovie dello Stato (il figlio Raffaele gioca nel
"Preziosissimo Sangue" come "libero" nel settore giovanile) e Ciro,
dipendente comunale (Municipio di Santa Maria la Bruna), ex calciatore
(bravo difensore) con Camaldolese, Real Scappi, Brunita, Juve Gifra e
vari tornei, anche sulle spiaggia.
Raffaele si trovò appioppato lo strangianome di "spaccunciello" per tradizione familiare dovuta al
comportamento un po' guascone e spaccone di un suo avo.
In pensione dagli anni '70, vive beatamente a contatto con la natura in
via Resina Nuova, ove coltiva un po' di terra, senza la quale non riesce
a tirare avanti. Sin da ragazzo, scuola e lavoro. Imparò il mestiere del
padre, lavorando in quella cava di pietre di Villa Inglese. Servizio
militare nella Regia Marina: arruolato di leva dal 25 gennaio 1928 al 9
giugno1930 (Marò, matricola n. 75306).
Fu inviato a La Maddalena in provincia di Sassari: qui, durante un turno
di guardia, salito sulla garitta delle sentinelle, appoggiò la propria
colazione (in gergo "brumosa"), pane e burro in un foro della
postazione; essa, purtroppo, cadde giù all'esterno della caserma in
mezzo a delle capre che, incuriosite dal nuovo arrivo, si avvicinarono
per mangiarla. Raffaele alla vista di ciò lanciò la baionetta, in
dotazione, ad
una capra e la infilzò: fu poi, interrogato dai superiori in merito
all'accaduto e passò dei "piacevoli" guai.
Dopo il servizio militare riprese l'attività precedente, e, in seguito
per guadagnare di più fece domanda di lavoro per l'Africa (dopo la
conquista dell'Impero Coloniale Italiano nel 1936), ma non raggiunse mai
le sponde del continente nero. Partì per la Germania (per accordi di
interscambio di lavoratori fra i governi italiano e tedesco) come
operaio generico; sul suolo tedesco ebbe la galante avventura di
conoscere una ragazza germanica, però di origine ebrea e la cosa era
molto rischiosa e pericolosa. Un cognato che era partito con lui in
cerca di fortuna, facendo ritorno a Torre, riferì ai familiari del
pericolo che correva Raffaele e di farlo tornare a casa al più presto,
così gli arrivò un telegramma per gravi motivi familiari circa la salute
della madre (ma che in realtà stava bene) e parti per l'Italia.
Dopo aver fatto richiesta per entrare nei Vigili del Fuoco, fu inviato a
Roma per un corso di addestramento e fu successivamente inviato a Napoli
a svolgere mansioni di pompiere. La città partenopea subì più di cento
bombardamenti e molti edifici e strutture subirono notevoli danni.
Nell'immediato dopo l'armistizio del 8 settembre '43, i bombardamenti
aerei si intensificarono su Napoli e Provincia (anche Torre del Greco fu
terribilmente danneggiata), arrecando lutti dietro lutti. Dopo
l'ennesima incursione aerea in zona Capodichino, Raffaele, sbandato fra
gli sbandati, fra un indescrivibile caos con confusi ordini impartiti da
autorità civili e militari, se la diede a gambe unitamente a tanti altri
che scappavano in ogni dove.
Giunto a casa, dopo qualche tempo,
durante un rastrellamento dei militari germanici in zona Campanariello
(lava Cianfitiello) fu preso
e messo su di un camion su cui c'erano altri sventurati; da una stazione
della provincia napoletana, fu "stipato" su di un carro merci di un lungo
treno con destinazione i territori del Terzo Raich. Prima tappa: Cittadella
(Padova), nella cui stazione la popolazione aiutò come poté i poveri
prigionieri italiani, considerati come "razziati civili". Altri due giorni di
un infernale viaggio tra sofferenze e bisogni repressi e infine l'arrivo in
terra tedesca con distribuzione di un liquido che assomigliava al caffè e un
po' di pane. Raffaele arrivò in un campo di prigionia pieno di militari
italiani e di altre nazionalità. Qui incontrò un amico, un paesano di
Leopardi che lo fece dormire su di un giaciglio, e, avvolto in una
fodera di strapuntino che gli fu trafugata al mattino seguente.
I Tedeschi sottoposero i
nuovi arrivati a controlli e visite. Raffaele fu inviato
in un campo di smistamento ove riuscì a mangiare qualche patata
bollita che nella circostanza era considerato un pranzo prelibato.
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Le
foto mostrano Raffaele Carillo, detto "'u spaccunciello" In un'immagine da
giovane ed a! tempi d'oggi e una banconota da 100 Reichsmark fuori corso
legale
Qui fu adibito al taglio di alberi che venivano trasportati in un
lago. Un soldato tedesco di guardia gli piantò il fucile
alla schiena perché Raffaele si era allontanato dal posto di
lavoro per un bisogno corporale. Ed era proprio il giorno di San
Raffaele... Poi ci fu il trasferimento in un altro campo di lavoro a
Bremen (nome tedesco della città di Brema, attraversata dal fiume Weser),
ove erano rinchiusi militari italiani (provenienti da ogni regione) che
si aiutavano come potevano fra di loro. In questo campo vi rimase per
circa un anno, lavorando in una fabbrica di cemento.
Ci si arrangiava come capitava il nostro "Spaccunciello" si recava,
rischiando di brutto, nel campo di smistamento per scambiare tabacco e
sigarette con qualcosa da mangiare che, poi, divideva coi compagni di
sventura. Cominciarono le
prime incursioni delle fortezze volanti che scrutavano i territori
germanici. Lo
sbarco in Normandia nel giugno 1944 era avvenuto e gli anglo-americani
avanzavano all'interno. I prigionieri furono trasferiti a piedi in
un'altra località ove si trovavano bacini per sottomarini. Qui la vita
del campo era molto più dura e là facevano da padroni la fame e i
pidocchi.
L' ennesimo bombardamento aereo distrusse vari capannoni (fra cui le cucine)
del campo. Ci fu un fuggi fuggi generale. Insieme con un commilitone,
Raffaele fu preso su di un treno dalla polizia tedesca e condotto ad un
comando locale, ove passò la notte in carcere. In questo soggiorno
"forzato", preso da un nostalgico ricordo della patria lontana e dei
familiari a casa, cantò (sin da giovane si dilettava a
cantare serenate e canti antichi) con tutto il fiato che aveva in corpo "'0
sole mio", toccando gli animi di tutti gli "ospiti" prigionieri.
Dopo un sommario interrogatorio da parte dell'Autorità preposta, fu
accompagnato al treno per il rientro al campo di lavoro.
Dopo altre peripezie e sofferenze, arrivarono i "nostri" e liberarono il
campo. Gli americani sollevarono lo spirito ed il corpo dei tanti internati
claudicanti ed in cattive condizioni di salute. Le condizioni migliorarono
con doppie razioni ed un po' di svago con donne russe, anch'esse prigioniere.
Arrivò in Italia nel dopoguerra (1945) in quel di Bolzano nella cui stazione
ferroviaria si trovavano numerosi soldati tedeschi che rimpatriavano.
Raffaele aveva con sé un bel gruzzolo di soldi tedeschi, erano i Reichsmark,
guadagnati per il lavoro prestato in prigionia.
Ne diede una parte ad un militare germanico ricevendone in cambio un
documento che gli avrebbe garantito il corrispettivo in lire italiane in
qualche banca nel suolo italico. Le banche non poterono cambiare questa
valuta in attesa di disposizioni governative: quei sudatissimi soldi,
considerati fuori corso legale, non furono mai cambiati.
Sono soltanto un
indelebile ricordo di quanti furono internati in quei terribili ed
inverosimili lager, da cui molti non fecero ritorno.
Raffaele, grazie a Dio,
riuscì a tornare a casa e ad abbracciare i suoi cari.
Oggi lo ritrovi nella
sua abitazione in un verde naturale delle nostre pinete. Vive in pacifica quietitudine, coltivando il suo orticello dal quale difficilmente si stacca.
Le vicissitudini e le sofferenze patite mai le dimenticherà. |