Raimondo
Falanga
'U prevete
di Peppe D'Urzo
Raimondo Falanga è nato a Torre del Greco il 24.08.1914 da Gennaro,
contadino e Rosa Russo, contadina. Originario di via Lamaria ed
attualmente abita a via Delle Margherite n. 8 (ex contrada Russo in via
Monticelli). Gli fecero compagnia altri quattro fratelli e due sorelle.
Sin da ragazzo alternava le scuole elementari in "via sotto i Camaldoli"
("'U palazzo 'i Rucchetiello") al lavoro in campagna, raccogliendo
fascine per i fornai. Si ritrovò lo strangianome de "'U prevète" perché
il padre doveva entrare in seminario per diventare prete, ma non
essendoci soldi a sufficienza, non se ne fece nulla.
Nel settembre del 1935 viene chiamato sotto le armi in Esercito. Va in
Cavalleria presso il 6° Lancieri Aosta a Bagnoli (NA) e Caserta. Dopo 18
mesi di naja viene congedato e ritorna a lavorare la terra. Si unisce in
matrimonio nel 1938 con Michelina Gaglione (1913, Torre del Greco,
2001), mettendo al mondo quattro figli (tre maschi ed una femmina):
Gennaro (carpentiere, deceduto nel 2002, Raffaele (pensionato), Vincenzo
(ex operaio M.M.M., poi, dipendente comunale) e Rosa (casalinga).
Richiamato nel settembre del 1940, da Napoli si trasferisce a Ferrara
(56° Gruppo Appiedato) e a Gorizia (Servizio territoriale ed Ordine
Pubblico coi Regi Carabinieri). Qui vi rimase anche dopo l'armistizio
dell'8 settembre 1943, ove molti soldati italiani, in preda a
drammatiche decisioni, si diedero alla fuga.
Usciva di pattuglia coi Carabinieri adibiti all'ordine pubblico e alla
ricerca dei renitenti alla leva. A ciò si aggiunse il "controllo" dei
ribelli (o partigiani) rintanati sulle montagne con sortite nella città
friulana e provincia. Si adoperò a fare un po' di tutto e si trovò a
combattere una guerra difficile e fratricida. In alcuni paesi fra
Gorizia e Trieste partecipò ad alcune azioni contro i ribelli. Riuscì,
conoscendone il meccanismo in modo perfetto, a far funzionare una mitragliatrice (su
richiesta di un brigadiere dei CC.), appostata sotto una montagna a
difesa di eventuali attacchi rivoltosi. In un paesino (fra Gorizia e
Trieste) esplose un auto piena di tritolo, morirono cinque Carabinieri
ed il sospetto ricadde sui partigiani. Su di un ponte nei pressi della
stazione goriziana, ove passa il fiume Isonzo (fiume di 138 km. della
Venezia Giulia, dal maggio 1915 all'ottobre 1916 vi furono 12 battaglie
fra le più dure della prima guerra mondiale, poi, dal 1919 al 1943 fu
interamente compreso nel territorio italiano), una pattuglia di soldati
italiani catturò dei partigiani; mentre altri si davano alla fuga, alcuni furono
passati per le armi su ordine di un generale. Fra essi un vecchio, prima
di essere fucilato, gridò: "Viva la Russia".
In un'altra azione bellica Raimondo si trovò a fronteggiare il "nemico"
che gli sparò contro, fortunatamente i colpi di arma da fuoco gli
passarono vicino. In seguito, dopo queste terribili esperienze vissute
in questo tratto di terra italiana, insanguinata da tedeschi e
repubblichini, dall'esodo di ebrei ed italiani cacciati dalle ex terre
in cui abitavano, e, dal pungente freddo che calava specialmente di
notte, ebbe una licenza per far ritorno a casa.
Ma a Cormons (in provincia di Gorizia) nella stazione fu fermato
unitamente ad altri sventurati, da militari fascisti, ma riuscì a farla
franca. Un'altra pattuglia, in seguito, li fermò (erano in tutto 18),
rinchiudendoli in una prigione. Di notte un tenente parlò con i
prigionieri e li invitò a non scappare, previa fucilazione. Al mattino
essi furono vestiti con abiti militari. Raimondo ebbe modo di parlare
con un colonnello, il quale gli riferì che la città di Napoli era in
fiamme a causa dei tanti bombardamenti aerei. Altra emozione di un
capitano a favore di questi poveri militari, furono preparati 18
fogli di licenza più uno per un soldato alpino. Ma per disguidi fra gli
Ufficiali non furono concessi. Dopo si verificò un fuggi-fuggi generale.
Arrivato a Roma con treno insieme con amici ed ex commilitoni in abiti
borghesi, ne prese un altro fuori la città santa ove c'erano tedeschi in
assetto di guerra.
Arrivò a Torre alla fine del mese di settembre del
'43, di domenica sera, ove poté riabbracciare la cara moglie, che nel
lungo periodo di assenza del |
Le foto: Raimondo Falanga detto " 'U prevète" in
divisa da militare e in un'immagine dei 1964; la moglie Maria Michelina
Gaglione (anno 1968)
consorte, aveva con stenti e sacrifici accudito i
figli. Nella nostra città trovò i soldati germanici che rastrellavano
uomini e giovani da inviare nei campi di lavoro nei territori del terzo Reich. Trovò
rifugio, nascondendosi, nelle terre denominate "'Ncopp MunticelIo, zona
abitata da ricchi napoletani, gestita da coloni torresi che l'hanno resa
fertile grazie al sudore della fronte ed ad un duro lavoro. In questi luoghi
pieni di verde, di alberi tipici locali e di
aria incontaminata, si trovava e coglieva l'uva, cosiddetta "falanghina"
"caprettone", "palummina" e "calavrese", da cui si estraeva ottimo vino. Giunsero, poi, gli Alleati che si appostarono
sul Colle Sant'Alfonso. Dal dopoguerra riprese l'attività di colono e di "fascinaro".
Attualmente si riposa nella quiete della sua dimora, circondato dall'affetto
dei suoi cari. Ha lavorato la "sua" terra con lo spirito e la forza di un
giovincello fino a quando la moglie è rimasta in vita. Un suo figlio,
Emanuele Geranio, prelevato dall'orfanotrofio napoletano dell'Annunziata,
prestò servizio militare in Marina. Stette in ospedale a Roma, e, fu
riformato in seguito in Esercito. Il cognato Antonio Trieste, ex scappellino
a "Villa Inglese", combattente sul fronte dell'Africa settentrionale, fu
fatto prigioniero dagli Inglesi e condotto in Gran Bretagna. Fu dato per
morto, ma poi ritornò a casa a fine guerra.
Al presente è pensionato e vive
al di sopra della casa di "Raimondo 'u prévete".
Quest'ultimo, facendo appello a tutto quanto gli è capitato durante l'ultimo
conflitto mondiale, afferma che la guerra è solo un ricordo, e fra i
singolari ricordi di quel confuso e babelico periodo della resa italiana
agli anglo-americani, non riesce a dimenticare quel "rombo" di aereo
(trimotore) italiano, che sorvolando le pacifiche cittadine friulane,
lanciava giù fogli ai figli d'Italia, con le seguenti scritte: "Si
combatte contro a chi viene incontro" e "Ogni soldato italiano è
libero dei propri pensieri". |