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L'odissea bellica
di Rinaldo Cavaiuolo

di Peppe D'Urzo

Questa è la storia di Rinaldo Cavaiuolo, bersagliere durante la II guerra mondiale, impegnato sul fronte greco-albanese e quello interno di un'Italia lacerata e distrutta da un assurdo conflitto che causò lutti e rovine. L'origine iniziale del cognome proviene dalla città di Cava dei Tirreni (SA) e poi da Benevento. E' nato a Ceppaloni (comune-3416 ab.- in prov. di Benevento a 368 mt.s.m.) il 01.07.1919 da Carmine, sott.le in Esercito (artiglieria) nella prima guerra mondiale 1915/18, decorato con croce di guerra, e da Angela Lizza, casalinga. Venne a Torre quand'era militare nel maggio del '42.
Era solito venirci per far visita ad un parente; qui, poi, conobbe la compagna della sua vita... Dopo il conseguimento della licenza elementare, lavorò nel suo paese come tagliatore (con seghe a mano) di legna adibita all'affumicazione dei tabacchi per lo Stato. Partì militare il 14.03.1940 presso la caserma di Pizzofalcone nel I° Reggimento Bersaglieri a Napoli; primo campo di esercitazioni: Montecorvino Rovella (SA); poi partenza per Santa Margherita Ligure (GE) col treno, Cuneo  e Alba.
Con l'entrata in guerra dell'Italia (10 giugno 1940) Rinaldo viene inviato a Col di Tenda ai confini della Francia, in attesa di essere spedito al fronte. Qui ebbe la visita di Umberto II di Savoia (1904/ 1983). Con la resa della Francia viene trasferito a Ferrara ove vi rimane per circa un mese per esercitazioni sul Po. Rientrato a Napoli alla fine di ottobre del '40. Ogni licenza e permesso per andare a casa viene sospeso. Avrà come destinazione il fronte greco-albanese; arriverà, imbarcato sulla "Città di Palermo" da Bari, a Durazzo; da qui inizierà una lunga via crucis irta di difficoltà, peripezie e pericoli che lo porteranno vicino Tirana, El Basani (con camion militarizzati di alcune ditte italiane per lavori stradali), Coriz, Lescovic, Valona fino alla piana di Gianina.
Dopo circa un mese il cibo cominciò a scarseggiare; le gallette e gli scatolami si esaurirono. Altra mobilitazione; dopo aver incontrato la disarmata Divisione "Bari", pervenne un categorico ordine di non avanzare e resistere a tutti i costi. Vi furono scontri a fuoco coi greci con perdite da entrambe le parti; gli attacchi ellenici si intensificarono ma furono ben rintuzzati dai bersaglieri (denominati i soldati di Mussolini da parte dei greci). Qui gli accerchiamenti erano frequenti, stanchi e logorati presero un torrente, in cui dalle tasche di Rinaldo caddero quelle poche gallette e scatole di carne che era riuscito a conservare; dopo una mezz'ora di cruento combattimento il grosso del Battaglione si ritirò; rimasero a sua difesa una trentina di eroici soldati italiani, fra cui il nostro Rinaldo.
Dopo aver guadato un fiume da un tratto di collina scoperta,  faceva un terribile freddo e si era alla fine di novembre, si riuscì a passare dall'altra sponda. All'alba ripresero altri bombardamenti... A questo terribile punto delle ostilità, i soldati italiani, stremati nel fisico e nello spirito, dopo aver messo fuori uso le proprie armi, decidono di arrendersi. Rinaldo che ebbe anche compiti di portaferiti, smontò la sua pistola d' ordinanza che gli fu sottratta da un Ufficiale greco, il quale indispettito gli vibrò un sonoro schiaffone...
Furono condotti ad un posto militare, ove un italiano ebreo, arruolatosi nell'Esercito greco, con mansioni di interprete, disse loro che sarebbero stati inviati ad Atene con la Croce Rossa Internazionale, ed in seguito verso il porto del Pireo. Durante il passaggio in alcune città, fra cui Kalamato, il militari italiani in stato di prigionia, furono fatti oggetto da parte dei civili greci di sputi e offese...
Ad Atene in alcuni baracconi, poi a Patrasso in un campo per prigionieri, ove c'erano anche marinai del "Pola", "Fiume" e "Zara", recuperati in mare dai greci dopo la battaglia navale di Capo Matapan (27/28 marzo 1941), in cui una squadra navale inglese incontrò una formazione italiana, infliggendole gravi perdite. Ci fu un increscioso incidente con una sentinella greca in cui furono coinvolti alcuni soldati prigionieri italiani; quest'ultimi furono interrogati (anche Rinaldo subì un terrificante interrogatorio da Corte marziale), e, dopo una quindicina di giorni furono inviati in un campo ove si lavorava giorno e notte per l'allestimento di un aeroporto anglo-ellenico. Ci fu, purtroppo, anche un bombardamento aereo da parte di una squadriglia italiana in formazione di attacco che sganciarono sul campo varie bombe; morirono greci ed italiani.
Dopo un paio di mesi si andò in provincia di Patrasso in una zona montagnosa. Poi verso il porto, stipati in vagoni ferroviari. Altri luoghi: Tripolis a 10 Km. prima di Kalamata; qui si alloggiò in una scuola ove già si trovavano soldati tedeschi (provenienti dalla Bulgaria); si susseguirono attacchi aerei da parte degli "Stukas" contro gli inglesi. In un ennesimo raid aereo da parte tedesca, si elevarono dall'esterno della scuola, fazzoletti e drappi bianchi da parte italiana verso gli aerei germanici. Liberati dai camerati tedeschi, gli italiani furono condotti, camminando a piedi solo di giorno per il timore di incontri coi partigiani greci durante le ore notturne, a Tripolis.

    

Le foto: Rinaldo Cavaiuolo in divisa da bersagliere a Col di Tenda (giugno 1940) e Milano (1942); un'immagine del Pireo (porto di Atene) anno 1940.

Qui il cibo era composto da una pagnotta di pane da dividere in tre ed un mestolo di riso brodoso ed annacquato. Verso la stazione ove il treno fu preso d'assalto per prendere posto; molti salirono sugli staffoni e sull'imperiale.
A Corinto gli italiani ebbero modo di intravedere prigionieri inglesi in un recinto reticolato, dal quale, come Rinaldo racconta, un militare inglese, avvicinatosi alla rete recintata per chiedere cibo ai civili greci, fu mitragliato da un soldato tedesco...
Gli italiani furono presi in consegna da un capitano degli alpini e messi in quarantena con capelli rasati a zero; in questo frangente Rinaldo contrasse la pleurite (con causa di servizio poi riconosciuta). Rientrarono in Italia per prima i militari della Regia Marina con un cacciatorpediniere; in seguito quelli del Regio Esercito con il mercantile militarizzato "Francesco Crispi" nel mese di aprile del '41. Rinaldo fu ricoverato in un ospedale militare a Napoli, ove dopo la dovuta degenza fu dichiarato idoneo; fu inviato al 3° Regg. Bersaglieri a Milano. Ebbe una licenza a casa; ritornato ebbe notizia che si doveva partire per la Russia; una commissione medica stabilì che il Cavaiuolo non dovesse partire... e così fu! Altra destinazione periferia di Bergamo in un campo di prigionia a controllare gli inglesi ai quattro angoli della struttura militare e ad accompagnarli in libera uscita fuori dal campo.
Gli inglesi ricevevano pacchi viveri dalla C.R,I.; essi erano molto distaccati e "very proud" della propria immagine. Accadde una volta che un fiero e vanitoso Ufficiale di sua Maestà, parlando con dei colleghi, si lasciò pronunziare "Italian sheet..." Rinaldo riuscì a percepire queste offensive parole e sentì il bisogno di reagire ma, controllando i propri istinti, diede all'Ufficiale solo uno spintone col fucile.
Intanto, la guerra continuava e si giunse all'8 settembre 1943, giorno dell' armistizio con gli angli/americani. l cancelli del campo furono aperti. Quando egli fece ritorno a casa c'erano gli alleati a Torre; in uno dei giorni in cui si verificarono tanti avvenimenti col cibo che veniva distribuito dai "Liberatori", Rinaldo fu fermato per strada dalla "PM." (Police Military"), formata da soldati britannici che erano denominati dal popolo torrese "'E coppole rosse"; gli fu chiesto chi fosse e dopo fu accompagnato a casa.
Coniugato il 28.12.1942 con Giuseppa Marrazzo, cugina di Vincenzo Ciaravolo (al quale è dedicata la villa comunale), nato a Torre del Greco nel 1919 e morto il 21.10.1940 nell'affondamento del C.T. "Nullo" (Comandante Costantino Borsini), medaglia d'oro al valor militare; il matrimonio fu celebrato nella Basilica di S. Croce ed il prete fu "Don Vicinzino 'u bambinello": tre i figli: 2 maschi e 1 femmina; vari nipoti e pronipoti.
Il nostro ex bersagliere si congedò a novembre del '44 dal Distretto militare di Nola; nel 1946 manovale con una ditta (lavori per la Ferrovia dello Stato); successivamente tramite l'Associazione Combattenti e Reduci, bidello della Scuola commerciale in via Roma, infine, caposquadra manovale al Museo dei treni (F.S.) a Pietrarsa.
In pensione dal 01.01.1976; anche invalido civile per sordità; abita con la famiglia da 35 anni invia Circonvallazione n. 158/E (attuale via Volturno n. 5), proveniente dal IV vico Orto Contessa. l ricordi di guerra gli sono rimasti attaccati addosso.
Dell'ultimo conflitto afferma: "La guerra in prigionia è stata la vera fame, per sopravvivere ho mangiato bucce di patate. Non si aveva la possibilità di scrivere a casa; fui creduto morto sul fronte greco... arrivò a casa solo una cartolina, scritta da Patrasso, che giunse a destinazione dopo lunghissimo tempo grazie all'interessamento della Croce Rossa Internazionale. Al mio ritorno mia madre, sorpresa ed incredula, svenne...; ero magro e deperito; la mia odissea è stata terribile ed orribile; in guerra si diventa belve; sono stato costretto a sparare contro il nemico senza sapere cosa accadesse...; ho fatto fuoco con la mitraglia, colpendo il nemico...; ho lanciato bombe a mano nell' inferno...".