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MICHELE ACCHIONE

di Peppe d’Urzo

Dal romanzo della vita risalta un personaggio ragguardevole e molto conosciuto nella nostra città; una persona che appartiene alle nostre tradizioni storiche. Il suo nome è Michele Sorrentino, meglio conosciuto come "Michele Acchione", uno strangianome di difficile interpretazione e tramandato per trasmissione di memorie familiari. Era questa una nostra tipica usanza di tempi che appartengono al passato e spesso in voga anche oggidì.
E' nato a Torre del Greco il 21/04/1917, uomo robusto, grossolano e dalla notevole forza fisica; titolare di carrette che fittava alla gente, con locale/deposito in via XX Settembre ("Rint ’u rio") e poi in piazza L. Palomba, angolo via G. De Bottis, ed inoltre trasportatore per mestiere di oggetti pesanti (in traslochi, nelle stazioni, nei porti, ecc.), e, da Carmela Falanga, ricordata come "Mammea".
Quattro furono i figli: tre femmine e un maschio. Originario di piazza L. Palomba ("Mmiez ’a Torre"), unico figlio maschio della famiglia, fin da giovane frequentò il bar "Filippiello" dei mitici F.lli Romito, un rinomato punto d'incontro per persone di qualsiasi ceto sociale e personaggi famosi. Sotto i 20anni arriva la chiamata per il servizio militare di leva. Indosserà la divisa della Regia Marina Militare. Prima del sospirato congedo, l’Italia entra in guerra – era il 10 giugno 1940 – e vi rimarrà. All’inizio delle ostilità belliche si trovò imbarcato in qualità di marò sul cacciatorpediniere "Euro" (1715 tonn. della classe turbine) che subì gravi danneggiamenti a causa di siluri nemici al largo del porto di Tobruch (centro della Marmarica (Libia); fu a lungo teatro di operazioni durante la seconda Guerra Mondiale; da ricordare l’assedio italo-tedesco, dall’aprile del 1941 al giugno 1942, alla città occupata dagli inglesi).



L’equipaggio, compreso il Sorrentino, riuscì a salvarsi, e, dopo aver recuperato alcuni cannoni della nave, istituì una postazione di difesa nella città libica. Gli uomini si difesero strenuamente ma alla fine dovettero arrendersi alle preponderanti forze di Sua Maestà e furono presi e fatti prigionieri. Michele fu destinato in un campo di prigionia, dopo una estenuante marcia a piedi, unitamente a migliaia di soldati, molti dei quali non resistettero, in quel di Johannesburg (città di 1.609.408 ab. attuali - della Repubblica Sudafricana (Transvaal), la più popolosa della repubblica, centro della regione del Witwatersrand, la quale è il massimo produttore mondiale di oro; a 1760 mt. s. m.). Qui cominciò la vita di prigioniero di guerra, lontanissimo da casa e dagli affetti familiari, e senza che i genitori sapessero nulla di quanto accadutogli.



Le notizie rimbalzavano di riflesso in questo lembo di terra africana: la caduta del fascismo, l’armistizio dell’8 settembre 1943, le sconfitte dell’Asse, l’eruzione del Vesuvio (marzo 1944), la fine della tremenda guerra, ed altro.
Il cibo propinato ai prigionieri italiani che dovettero "accettarlo" per amore o per forza, era costituito da riso e melanzana ed una volta Michele costretto a mangiare pane e melanzane, nauseato da queste ultime le fece scivolare dal pane, e, probabilmente dopo, anche nella vita civile, non ne volle più assaporare.
Nel campo, ove rinchiuso, ai prigionieri fu data la possibilità di lavorare con la dovuta retribuzione, ed egli imparò a costruire navi all’interno delle bottiglie di vetro; un lavoro non facile, ma che lo teneva ben impegnato nel corso del tempo ivi trascorso.

      
       

In seguito con l’assetto delle potenze mondiali che cercarono di riorganizzare l’"establishment" con nuovi sistemi, istituzioni e classi dirigenti, i luoghi di prigionia furono evacuati e tutti poterono far ritorno a casa! Fu liberato nel dopoguerra nel 1946/47 e poté rientrare in patria.
All’arrivo a Napoli, fu, insieme agli altri ex internati, perquisito dalle preposte Autorità civili e militari, in quanto proveniente da Johannesburg, ove si raccoglieva e si produceva oro. Nonostante la lunga prigionia avesse lasciato i segni delle tribolazioni e dei patimenti, si rimboccò le maniche, cercando di inserirsi nel nuovo tessuto sociale; vari furono i lavori come falegname, guardia notturna, commerciante di prodotti alimentari, ecc.
Si coniugò con Anna Del Giudice nel 1957, dalla quale ebbe quattro figli: tre maschi: Giuseppe ("Peppe"), Amato, Antonio, ed una femmina: Maria Carmela, al presente titolari dell’Istituto di Vigilanza "Turris" con sede in via Circonvallazione n. 138, ed in precedenza in via Beato V.zo Romano n. 13 e in via G. Marconi (traversa privata) n. 40. Entrò alla fine degli anni ’50 nel Corpo dei Vigili Urbani del comune di Torre del Greco; ausiliario provvisorio per molti anni, poi effettivo; espletò anche per cerimonie e manifestazioni fuori città. Collocato in pensione nel 1975 fu fra i soci fondatori dell’Istituto di Vigilanza "Turris" con Raffaele Carbone (decano commerciante, titolare dell’omonima e famosa pasticceria in via Roma/angolo via S. Noto), Domenico Martorano ed altri. Nel 1975 la gestì da solo fino al 1981, passando, poi, il testimone ai diletti figli. "Michele Acchione" era un tipo molto simpatico, burlone, di allegra compagnia, semplice, sensato, combattente di razza, ma buono e pacifico d’animo, ameno e gustoso quando raccontava fatti e fattarielli.

Robusta era l’apertura fisica; portava sempre un paio di baffi ben curati alla Clark Gable (attore cinematografico statunitense, 1901/1960); era un tipo "glamour" sempre ben deciso; preferiva i fatti alle parole; molte volte in servizio risolveva le questioni prendendole di petto, annichilendo gli utenti ed automobilistici, specialmente quelli che parlavano troppo; in più di una occasione, quando qualche collega vigile si trovava in difficoltà, era lui ad intervenire e risolvere a "modo suo" ogni eventuale questione. Era una persona briosa, spiritosa e vivace; brillante per la sua onesta, lealtà e professionalità, ben stimato da quanti lo conoscevano; un ottimo ricordo lo serbano ancora i vigili della "vecchia guardia", suoi carissimi colleghi di lavoro, coi quali, fra varie gags, trovava sempre lo spazio per minimizzare i gravosi compiti istituzionali.
Michele nel mestiere metteva tutto se stesso, sempre a disposizione di chiunque, con notevole impegno, passione e rispetto. Amava la buona tavola e spesso con gli amici si riuniva a mangiare nei locali cittadini e fuori Torre. Uno spettacolo nello spettacolo con personaggi noti che recitavano, ognuno per la sua parte, un copione dal vivo, un canovaccio estemporaneo di storie, storielle, aneddoti e racconti incisivi e giocondi che mettevano allegria e buon umore.

Le foto: Michele Sorrentino, detto "Michele Acchione" in divisa da vigile urbano; in una befana del vigile (anno: 1959) con Osvaldo Di Stasio e Angelo Borriello; in una tavolata con amici (anno: 1973); il logo attuale della Vigilanza Privata "Turris".