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LA CANTINA
DEL PESCATORE

di Peppe d’Urzo

Via Fontana è una strada centenaria ed appartiene al nostro patrimonio culturale e tradizionale. E' un’ampia strada della ”marina” di Torre che da corso Cavour conduce al padiglione delle Cento Fontane (cannelle), al porto e alla storica stazione ferroviaria (la terza d’Italia). Qui la gente, legata ancora alle vecchie usanze e consuetudini, considera la strada il prolungamento della propria casa. Questo tratto di via è l’antico ”boulevard” sorto nella nostra città all’inizio dell’800, e conserva ancora intatto il sapore di quel azzurro mare che bagna le nostre coste di natura vulcanica e dalla nera sabbia. Uno spettacolo nello spettacolo! Orbene lungo questo ”trait de rue” esiste, oltre agli antichi palazzi con rilevanti stucchi e decori architettonici, resistendo nel tempo, un’antica cantina, partorita dall’amore di due giovani sposi: Raimondo Di Cristo e la moglie Anna Sorrentino.
La prima e vera ”Cantina del Pescatore” nasce in un locale sul porto (banchina di levante), poi al corso Cavour (attuale macelleria di A.llo Borriello, detto "Aniello ’u caprziello"), vicino l’abitazione di un certo "Nardiello ’u fuochista", era l’anno 1937; dopo oltre sei anni il trasferimento a causa di bombardamenti aerei in zona, ove morirono alcune persone, al Largo Plebiscito (angolo via Plebiscito) in località "’Ncopp ’u castello", sede del vecchio municipio torrese.

Qui ”casa e puteca” al piano terra con giardino esterno, fino al 1950; in seguito, a via Fontana n. 38, in una ex stalla risalente agli inizi del ’900 con mangiatoie per cavalli, poi merceria, nel cui suolo sottostante fluivano le acque delle Cento Fontane. La prima titolare fu Anna Sorrentino (1912/1956), deceduta a 44 anni, figlia di Principio, ricordato come ”Prinzipio ’u cantiniere” con locale al corso Umberto I. Era una donna decisa, alta, robusta, lesta di mano all’occorrenza, rigorosa coi figli ed una grande instancabile lavoratrice. Si unì in matrimonio con Raimondo Di Cristo (1906/2000), detto ”’A vriala”, in ricordo del nonno paterno che, alla fine dell’800 lavorava nei cantieri navali; il padre di Raimondo, di nome Domenico era un bravo pescatore con tre barche (a vela e a remi), regolarmente iscritte a ruolo dalla Capitaneria di porto. Dall’unione di Anna e Raimondo, brava persona e dal carattere alquanto mite e misurato, nacquero 18 figli (6 femmine e 12 maschi), dei quali 7 viventi. Fu una classica famiglia più che prolifica. Egli si risposò in seguito con Concetta Merro. Riemergono dal passato i ricordi dell’ultima guerra, quelle schegge di ricordi che ogni famiglia visse in quel triste periodo della mostra storia.
Cominciarono le prime incursioni aeree con micidiali bombardamenti su Torre; la gente trovava riparo nei ricoveri antiaerei: fra i rifugi si ricorda quello dell’ex caserma dei regi Carabinieri
in Largo Costantinopoli. 
Parte della famiglia Di Cristo ”sfollò” per maggior sicurezza in quel di Vico Equense (NA), andando ad abitare in una casa in fitto con l’ausilio di alcuni pescatori del luogo, facendo ritorno a Torre con la venuta degli alleati. Il passo dei tedeschi ancora invasori, dopo il tragico evento dell’armistizio dell’8 settembre ’43, cominciò ad incutere maggior paura fra i tanti che si nascondevano dove potevano. Ebbero inizio i rastrellamenti in città. Raimondo fu preso dai soldati teutonici sul nostro porto e condotto, unitamente ad una trentina di sventurati, nella stazione della Ferrovia dello Stato. 

 

Siccome aveva i capelli bianchi, i tedeschi lo considerarono come un vecchio e lo mandarono via, mentre gli altri salirono su di un treno verso un destino, quel destino chiamato prigionia nei campi di lavoro nei territori del Terzo Reich. Entrarono in città le preponderanti forze alleate, che liberarono le atterrite popolazioni, le quali cominciarono pian piano a riprendersi e a guardare il futuro con maggior serenità e fiducia. 
Un po’ di lavoro e benessere per tutti. I nuovi arrivati in un incrocio di lingue, usi e costumi, si adattarono alle nuove condizioni, portando sostanziosi aiuti alla gente che chiedeva cibo per sfamarsi. Di contro accaddero, purtroppo, alcuni incresciosi episodi sulla scia di una terribile guerra, da poco terminata nei territori del sud Italia, ma che proseguiva al centro-nord. 
Accadde che cinque soldati americani, attratti dal giardino della trattoria e dalla salubre aria al Largo Plebiscito, si fermarono qui a mangiare. Alla fine del lauto pranzo si ostinarono a non voler pagare il conto; ne nacque una rissa e la 

            
              

signora Anna, agguerrita ed infuriata, cominciò a dimenarsi e ruppe la testa ad un soldato di
colore; fu costretta a rimanere nascosta per alcuni giorni fuori di Torre; la "Military Police" la cercava, ma non fu mai trovata.
Si susseguirono, inoltre, per la sopravvivenza ed il mantenimento delle famiglie, vari assalti ai camion a "stelle e strisce" e ai treni transitanti per la nostra città. In molti ricordano quel vagone che, ribaltatosi per un incidente all’ingresso della nostra stazione, conteneva del vino, probabilmente destinato alle truppe alleate. La gente, con bottiglie e recipienti di ogni genere, si riversò in stazione per procurarsi un po’ di quel nettare rosso, la cui aromatica fragranza si diffuse in un batter d’occhio, nella zona mare.
Dal dopo guerra l’attività riprese; la trattoria andò avanti con Raimondo e i figli che si davano da fare per mandare avanti la tradizione e salvaguardare l’insegna della "Cantina del pescatore". Dal 1978 il locale passò al figlio Vincenzo e poi a Ciro. Vincenzo aprì successivamente una salumeria in via Fontana n. 54 (attuale Cremeria). Di lui si racconta che durante il bombardamento della vigilia di Pasqua del 1943, per il forte boato delle esplosioni delle bombe che cadevano dal cielo, fu scaraventato dalla culla sul pavimento, ferendosi alla testa; subito fu preso, aveva sei o sette mesi, e tutti scapparono in via Teatro, presso una zia, titolare della cantina, allora denominata "'A cantina ’i Pinella ’a cantinera". Ciro (classe 1936) si è esibito come sarto con lo zio Raffaele Sorrentino con negozio al corso Umberto I, prima dell’edicola sacra di San Gaetano, poi ristoratore. Coniugato con Raffaella Militano (attuale proprietaria della cantina); tre i figli (due maschi e una femmina) che danno una mano nel locale a mo' di gestione familiare.

                          

Abbastanza vasta la clientela, per la maggior parte proveniente da fuori Torre. Fra
i clienti storici ricordiamo: ”Giuvanni ’u zuoppo” (appassionato di fuochi d’artificio), ”Chiapparello” (ambulante), ”Enrico ’u gabbiano” (titolare del Lido ”Gabbiano” in via Calastro, località La Scala). Inoltre sono venuti qui a mangiare Carlo Croccolo e la sua compagnia, al termine di uno spettacolo al cine/teatro Metropolitan, il campione di boxe napoletano Patrizio Oliva, di cui Ciro conserva una foto autografata; anche personaggi nostrani hanno fatto visita alla cantina: uomini politici, commercianti, imprenditori, ecc.; ricordiamo anche il compianto avv. Salvatore Accardo, direttore del secolare quindicinale ”La Torre”; tante le comitive di amici, studenti e affini. Ricordiamo le caserecce specialità, preparate all’insegna della semplice genuinità: pasta e fagioli con le cozze, linguina macchiata ai frutti di mare dal melodioso sapore di mare, detto ”lupino alla pescatora”, ”’u maccherone allardato”, spaghetti alla puttanesca, "'a paranzella" (frittura di pesce misto del golfo), calamari, seppie e gamberi arrostite e braciate. E su preventiva richiesta: "’u piezz ’i stocco o baccalà", "’a suffritta", ecc.

Il tutto innaffiato da un buon vino proveniente dal beneventano. Chiunque ha qui mangiato e rimasto contento e soddisfatto per cibi naturali e per i prezzi economici; un vero e proprio trattamento ”family style” garbatamente riservato a tutti i clienti di Torre e fuori città. A poca distanza dalla ”Cantina del Pescatore” scorgiamo il monumento delle Cento Fontane; con un tuffo nel passato ci uniamo alla moltitudine di gente che si recava ad attingere l’acqua dalle cannelle. Sembra di intravedere ”Cardalana” e ”Pachialone” ed altri leggendari personaggi che, riempite le loro ”mummarelle” del prezioso e vitale liquido, vanno spensierati a vendere l’acqua in zona ed oltre.
Essi sono stati e rimarranno nella nostra storia come gli autentici ed orgogliosi ”figli di quartiere”, quel quartiere tanto amato ed osannato da noi torresi.
Concludiamo con una poesia del carissimo Carlo Boccia, profondo conoscitore della zona mare, dedicata allo storico locale: ”Alla Cantina del Pescatore/ puoi mangiare a tutte le ore/ Se cerchi qualche specialità/ Ciro la prepara la per là..../ Se, poi, vuoi un piatto sopraffino/ chiedi il parere al figlio Dino.../ Con pochi euro, e in buona compagnia/ puoi passare qualche ora in allegria/ Scorre sulla tavola il buon vino/ delizia di palato e nettare divino/ Buon appetito a tutti/ con l’augurio di tanti e buoni frutti."

Le foto: Anna Sorrentino, prima titolare; Raimondo Di Cristo ed il figlio Ciro; l’ingresso della ”Cantina del Pescatore”; l’interno e l’insegna del locaIe