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Ciro 'i Nardillo

di Peppe d’Urzo


Ancora. Sono un’antica famiglia, con titolo nobiliare, originaria di Amalfi e notorietà in quel di Barletta. Al presente il cognome Ancora è diffuso in Puglia nelle terre del leccese e province. Ciro Ancora, detto ”Ciro ’i Nardillo”, per tradizione familiare, appartenente ad una dinastia di pescatori napoletani come il padre ed il nonno, nasce a Napoli nel 1923 (deceduto a Torre del Greco nel 1974); ebbe sei  figli maschi: Antonio, pescatore, militare in Marina e dipendente di una fonderia a Bagnoli, deceduto; Salvatore, pescatore, sotto le armi fu preso dai tedeschi a Napoli e un soldato germanico gli tolse una catenina d’oro che portava al collo; nella repentina reazione verso il militare per il ”furto” subito fu colpito da una baionetta alla spalla e si ferì; prigioniero, anche in Russia, tornò a casa nel dopoguerra menomato nel fisico e nelle psiche, deceduto; Carmine, con l’appellativo di ”Bambinello” in quanto di bel aspetto sin da ragazzo, pescatore, militare in Aeronautica, deceduto; Ciro, pescatore, pescivendolo, deceduto nel 1974; Vincenzo, pescatore/marittimo, vivente; e Mario, marittimo, vivente.
Nessuna femmina.

Ciro trasferito, in quanto ”sfollato” con la famiglia nel 1942 da Napoli (zona Mercato) a Torre del Greco, andò ad abitare in via Libertà in un’abitazione in cui vivevano dieci persone; qui conobbe l’attuale moglie: Anna Ascione; poi passò al C/so Garibaldi (di fronte all’odierno bar ”Napoli”), vicoletto Portosalvo, Largo Fontana n. 6, e nel 1967 in via Felice Romano n. 30. Il suo nucleo familiare fu considerato ”sfollato”, come tante altre famiglie, per disposizione delle preposte autorità, poiché la zona del Mercato fu rasa al suolo dai continui bombardamenti aerei (per la vicinanza al porto) sul capoluogo partenopeo. Ciro, figlio di Pasquale, esperto e robusto (1,90 circa di altezza) pescatore, e di Anna Orofino, originaria di Napoli, ricevette la cartolina precetto dalla Reprincipi; difficilmente usciva di casa, ove spesso si intratteneva a giocare a carte con la moglie; ”casa e puteca”, religioso e devoto di Gesù di Getsemani (chiesa in quel di Capaccio/SA); qui vi veniva con l’amico fraterno, Vincenzo Monile. Si unì in matrimonio nel 1947 gia Marina Italiana.
Era riuscito, grazie alle premurose conoscenze del padre, ad ottenere rinvii periodici; poi per i caotici eventi bellici che seguirono, si nascose in una nicchia giù al Cimitero in località San Giuseppe alle Paludi. Innamorato di Torre, gli piacevano determinati usi e costumi della nostra tradizione, a differenza della natia Napoli. Era solito, quando gli si presentava l’occasione in casa e fra gli amici che frequentava, enunciare vecchie espressioni e detti ”neapolitan language”, quali: ”Meglia ’a scuffia che ’u bastone” (Meglio una figlia femmina che il medico intorno), "’A femmina aiza ’a coscia e se cocca" (E l’uomo napoletano che pensa lui a tutto); preferiva le abitudini e le consuete maniere alla torrese.
Persona un po’ chiusa, introversa, rigida e severa coi figli che ha sempre voluto bene ed educato con sani principi con Anna Ascione (classe 1927); otto figli, ventisei nipoti e cinque pronipoti. Nel corso della permanenza degli alleati nel porto di Napoli di frequente si recava con la barca, unitamente ad altri pescatori, sotto le navi militari americane ed inglesi, dalle quali i marinai buttavano giù quello che capitava: sigarette, pacchi di alimenti, scatolame vario, ecc.; il più delle volte si doveva recuperare in mare il ”prezioso"...
         


 

L’instancabile ed affabile Ciro, ben stimato, e conosciuto, continuò ed integrò l’attività di pesca nella nostra città; si dedicò anche alla pesca del tonno al largo di Procida e Capri. Amico di altre famiglie di pescatori ”sfollate” nel tempo di guerra: Criscuolo, Scuotto, Montagna, Esposito Ciro e Vincenzo (grande esperto del mestiere), Esposito Antonio (pescatore ed anche prestigiatore).
La moglie Anna ricorda il triste periodo dell’ultimo conflitto mondiale, con gli assordanti allarmi aerei, il pauroso fuggi fuggi della gente ed i ricoveri in via San Giuseppe alle Paludi, Largo Gabella del Pesce, ecc.. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, cominciarono in città i rastrellamenti delle truppe tedesche e le irruzione nelle abitazioni della gente. Nella casa degli Ascione i tedeschi non trovarono nessuno, ma in precedenza vi si erano nascosti cinque uomini, fra cui un certo ”Furtunato”, in un grosso armadio ben celato da una parete; i ”soldates” non andarono via a mani vuote... si presero sei paia nuove di calzini, appena comprati dalla madre di Anna; nella zona di C/so Garibaldi furono rastrellati molti sventurati che furono condotti a spintoni e calci su camion con destinazione i campi di lavoro nei territori del Terzo Reich; molti tornarono, altri no.
I tedeschi, quando smobilitarono da Torre, in ritirata verso il fronte di Cassino, portarono con loro due giovani ragazze (prostitute?!?)
del luogo; di esse non si seppe più nulla. Arrivarono gli alleati; i morsi della fame cominciarono ad ”allascarsi”; gli americani alloggiarono, per un certo periodo, al C/so Garibaldi (al presente palazzo di proprietà Tuoro – Cucine componibili ”Scavolini”) in uno spiazzo di terra confinante con i binari della ”strada ’i fierro” (Ferrovia dello Stato), ove in precedenza si trovavano accampati reparti tedeschi con cannoni e mezzi di trasporto. Dalla casa degli Ascione si vedevano transitare convogli di treno in rallentamento, dai cui vagoni, i militari lanciavano sigarette, pane bianco, caramelle, chewing-gum e cibarie varie, alla gente ivi accorsa. Ad una ragazza un po’ labile di mente, lanciarono anche un pacchettino di ”preservatifs”; ella, dall’alto della sua più innocente ingenuità, ne fece palloncini gonfiati.
 

 


La signora Arina ricorda come se fosse ieri, il catastrofico ”raid” aereo del 13/09/1943 sul C/so V. Emanuele (dalla villa Comunale alla chiesa di Santa Maria del Popolo, con attiguo ospedale, ed altre); fu un assurdo bombardamento che causò morte e rovine. Si trovava in via Cesare Battisti quando un greve boato causò uno spostamento d’aria che la fece girare un po’ la testa, nei pressi dell’attuale ”Mobili Palomba”, confinante con il vicoletto attiguo (sede dell’ufficio Collocamento).
Presa da una eccessiva curiosità, si spinse verso quel grande polverone di sangue e macerie in località Santa Teresa; ai suoi occhi si presentarono tanti morti e feriti. Cominciarono i primi soccorsi, fra tante difficoltà, e per le strade transitarono le prime carrette e carrettine, piene di corpi senza vita, dirette al cimitero; un lato superiore di un fabbricato di fronte all’ospedale incorporato alla chiesa di Santa Maria del Popolo, era stato distrutto.
Fu una triste pagina di storia per Torre del Greco, a causa dell’inutile e stolta follia bellica, foriera, nella triste circostanza, di mortali decessi, innocenti perdite, disastrose ruine e gravissimi danni.

Le foto: Ciro Ancora, detto ”Ciro ’i Nardillo”, anno: 1970; con la madre, il padre e i fratelli Vincenzo e Mario nel periodo di gioventù; il figlio Gennaro (dipendente comunale), marzo 2008; un tratto dell’attuale e storico C/so Garibaldi.