Salvatore
Scognamiglio
di Peppe D'Urzo
Un
famoso canto carnevalesco composto nella Firenze dei secoli XV e XVI da
Lorenzo de' Medici, recitava così:" Quant'è bella giovinezza... chi
vuol essere lieto sia... di doman non c'è certezza..."
E purtroppo il "suo" domani, proiettato nel futuro, il giovane
Salvatore Scognamiglio non ebbe modo dr vederlo. Nato a Torre del Greco nel
1938 ed ivi deceduto nel 1956 da Luigi, commerciante di tessuti (il padre
"Don Salvatore "'u pannezzaro" aveva un negozio in via Beato
Vincenzo Romano) e Luigia Sportiello, casalinga Gli altri figli erano Nicola
(classe 1940), commerciante a Napoli; Antonio (1941), artigiano del corallo,
quasi in pensione, detto "Tonino 'a macchiulella" per una
"voglia" dietro la gamba destra ed anche "'a ciappetta";
Gianni (1944), artigiano dei corallo; Adelaide (1947), casalinga.
Tonino e Gianni sono grandi appassionati e tifosi della Turris, seguendola da tempo immemore. Leuritmico Salvatore, bravo ragazzo dagli occhi che
quasi ridevano, provvisto di un ottimo equilibrio interiore e volenteroso
negli studi, dopo le scuole d'obbligo, si iscrisse all'Alessandro Volta a
Napoli per diplomarsi e diventare un esperto perito tecnico. Erano i primi
tempi delle immagini televisive in "white and black" che entrarono
nelle case dei nuclei familiari italiani. Ci si riuniva in modo compatto e
gioioso a mo' di festa per assistere a trasmissioni che costituivano un
fenomenale evento. Oltre allo studio, ha una spiccata passione per il
calcio: nasce calcisticamente nella "Resurgo", squadra
dell'Associazione cattolica "San Francesco d'Assisi", attigua alla
chiesa di Santa Maria dei Pianto in via Purgatorio (parroco don Onofrio
Langella).
Questa via, anticamente denominata "antica strada regia del Purgatorio", passaggio obbligato per le Calabrie,
merita uno storico e purtroppo mesto ricordo relativo ai tremendi
bombardamenti della vigilia di Pasqua dei 1943, nei quali caddero giù bombe
a grappoli (da parte di aerei alleati),
causando la morte di molti innocenti. La famiglia Scognamiglio, che era
solita trovare rifugio nel ricovero del palazzo di Scafiti al civico 19,
dopo questa catastrofica incursione, sfollò fuori Torre in cerca di luoghi
più sicuri. Luigi seppe poi che il fratello Antonino, militare in guerra,
fu fatto prigioniero sul fronte greco-albanese (fece ritorno a casa
nell'immediato dopoguerra).
Il coriaceo Salvatore ben proporzionato nella struttura fisica e magro dì
corporatura, giocava nel classico ruolo di mediano e col classico numero sei
(a lui molto caro). Era dotato di una buona visione di gioco, ricoprendo una
importante zona dei campo. Per dirla alla Ligabue: " Lì, sempre lì, lì
nel mezzo, a recuperar palloni, lavorare sui polmoni, a coprire certe zone,
a giocare generosi... finché ce n'hai, stai lì, sempre lì...".
Dalla "Resurgo" passa alla Turris boys. Le sue doti calcistiche vengono
meglio apprezzate e valutate dall'allora allenatore delle giovanili, Catello
Carubbi (Castellammare di Stabia, 1921-Torre dei Greco, 1995; ex attaccante
della grande Turris, beniamino dei tifosi corallini, ricordato simpaticamente
come "Lilly"), che in |
seguito l'avrebbe fatto esordire in prima squadra.
E'
questo il periodo in cui il fratello Tonino gli portava la borsa per gli
allenamenti al vecchio spogliatoio dello stadio comunale
"A. Liguori".
Era un piacevole rituale, ricorda il buon Tonino: Salvatore, di
ritorno dalla scuola (proveniente da Napoli) con la Circumvesuviana,
all'ingresso degli spogliati (il cui custode, Vincenzo Talvetti, detto "Vicienzo
'u brigante", gli voleva molto bene riceveva la borsa in cui erano ben
riposte le scarpette "ingrassate" e gli indumenti occorrenti per
quegli allenamenti a cui assistevano tanti fedelissimi.
Nel 1955, in una gara di campionato, il nostro mediano in un incidente
di gioco, si infortunò al ginocchio destro: fu curato dal dottor Salvatore
Gaglione (grande anima e medico sociale per lunghissimo tempo della Turris;
deceduto qualche anno fa) con assoluto riposo e ginnastica correttiva. Dopo
la forzata degenza e scomparso il gonfiore all'arto, riprese l'attività
calcistica. In una importante gara di finale, a causa di una caduta, si fece
male allo stesso ginocchio: rimase fermo per un bel po'.
Altre cure al
"Pascale" di Napoli, fu anche operato ma l'anno successivo (1956) a
causa di quel maledetto "male oscuro", passò ad altra sventura che gli
troncò l'esistenza, a solo 18 anni, lasciando grande vuoto ed eterno dolore
nell'animo straziato dei suoi cari.
I funerali furono celebrati nella "sua" chiesa, in via Purgatorio,
con tutti i componenti dell'Associazione cattolica. Molta gente al seguito
pianse questo giovane, benvoluto e stimato; tutti rimasero costernati ed
affitti. Il padre, che era entusiasta di Salvatore per il profitto
scolastico (era prossimo al diploma) e l'attività sportiva, andò in
crisi profonda, e si recava al cimitero tutti i giorni. Vietò agli altri
figli di giocare a pallone.
Eccolo il diciottenne Salvatore, come appare in
una foto d'epoca, nel pieno della vita e nello splendore della giovinezza.
Gli fu dedicato nel mese di novembre dello stesso anno un torneo di calcio a
livello giovanile, organizzato dal Gruppo Sportivo "Fiamma" di
Torre dei Greco del compianto Vincenzo Abbagnano, che appare in questo
"ricordo" unitamente ai componenti della squadra, a Luigi Scognamiglio
e alla figlioletta Adelaide.
Sul retro della foto v'è "scolpita"
una scritta a mano come ricordo: "Che questo segno di solidale affetto
possa testimoniare che i suoi cari non saranno soli nel ricordo del
prematuro "scomparso". Il Gruppo Sportivo "Fiamma",
Torre del Greco, 11 novembre 1955". |