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Vito Serdonio
"Tituccio, il mare, il sole
e la mitica 1100"


di Peppe D'Urzo
     

E' la storia di Vito Serdonio, affettuosamente chiamato "Tituccio", nato a Torre del Greco il 25 aprile 1920 (originario di via Fontana) da Vito (siciliano di origine), ex agente di PS., e guardia giurata presso gli ex Molini Meridionali Marzoli e da Luigia Balestrieri (calabrese di origine e vissuta a Salerno). Ebbe otto fratelli (cinque maschi e tre femmine), di cui quattro deceduti: Sigismondo (1914), ex dipendente M.M.M. e poi c/o la Previdenza Sociale, militare in Marina, furiere a la Maddalena (Sassari), Michele, pescatore a bordo di pescherecci, militare in Marina imbarcato sulla corazzata "Cavour", Andrea (vivente), impiegato, Umberto, ex dipendente M.M.M., Maria (deceduta), Anna (1922) e Cira (1924).
Il giovane Vito presta servizio militare in Marina con la qualifica di meccanico; imbarcherà sulla corazzata "Littorio", sul cacciatorpediniere "Legionario" e sulla torpediniera "Arturo" (mai uscita dai cantieri navali).
Si trovò a Taranto quando la flotta italiana concentrata nel porto fu gravemente danneggiata (1 novembre 1940) da aerosiluranti inglesi. La "Littorio" (di 35.000 tonnellate fu varata a Genova nel 1940, solo dopo il 25 luglio 1943 fu ribattezzata "Italia"); la "Vittorio Veneto", onore e vanto della tecnica navale italiana per le sue doti di resistenza ed armamento da qualche mese entrata in servizio, colpita da ben tre siluri in quella tragica notte fra l' I 1 e il 12 novembre, si trovò sbandata da un lato e con la prua affondata; la "Cavour" fu quasi completamente sommersa dalle acque e la "Duilio" piegata su un fianco e semisommersa.
"Tituccio" ricorda ancora enormi fiamme che avvolsero il naviglio italiano: fu impegnato nelle opere di soccorso che risultarono abbastanza difficoltose. La Regia Marina Italiana subì nella cosiddetta "notte di Taranto" un ingannevole insuccesso, ne dovevano seguire altri che causarono la morte di migliaia di giovani soldati, militarizzati e marittimi.
Dopo lo "sbando" dell'armistizio (8 settembre 1943) è a Genova, militare disunito. Le condizioni di vita erano più che precarie; per vivere si spostò anche in provincia e precisamente a Rivarolo; si arrabattò alla meglio, facendo svariati mestieri: operaio motorista, tranviere, guardiafili e poliziotto. Decise, infine, di combattere i tedeschi e si arruola nella brigata partigiana "Lattanzi" (294° Distaccamento Lo Giudice), rimanendovi per più di due mesi, come si evince da un attestato rilasciato dal Comitato Nazionale di Liberazione di Genova in data 4 maggio 1945.
Il movimento partigiano risultò rafforzato anche in Liguria, in cui si registrarono, secondo lo stato maggiore fascista, circa 18.000 scontri e combattimenti. Il Cln di Genova ordinò l'insurrezione e la città fu definitivamente liberata il 25 aprile 1945 con la resa del generale Meinhold che si consegnò ai partigiani con 18.000 uomini; anche la cittadinanza si ribellò ed unendosi alla lotta armata permise di salvare dalla distruzione gli impianti industriali e portuali.
La città fu liberata prima dell'arrivo delle forze interalleate. Fece, il nostro "Tituccio", ritornò a casa alla fine del '45. Il "clameur" della guerra era finito, ma i ricordi e le immagini erano sempre "presenti" nella sua mente come l'immagine di una foto, apparsa su "Prua armata", famosa rivista della Marina Militare


Italiana dell'anno 1942, anno in cui era imbarcato sul "Legionario", cacciatorpediniere adibito a scorta di navi italiane (i famosi "convogli") per l'Africa settentrionale.
Ha navigato nella Marina mercantile come motorista nelle società  "Sitmar" e "Italia" dal 1952 al 1977.
Sposato con Carmela Oliviero, ha avuto due figli: Stefano e Maria. Attualmente è in pensione e lo si incontra spesso, di buon mattino, presso il bar-pasticcenia "Cristal Gelo" (via Roma, 85), dilettandosi a dare una mano nel locale. In precedenza lo faceva presso la salumeria della cognata Maria, coniugata con Antonio Avenia (deceduto), ove il pezzo pregiato di vendita era la mozzarella. Amante del mare e del sole, in genere conserva un'invidiabile abbronzatura per quasi tutto l'anno. È solito recarsi, assieme ad altri "storici" amici fra cui Mimi Buonincontro, Giovanni De Rosa, Ulisse Carmosino, Antonio Mennella, Peppe Tartaglione, Salvatore Mellone ed altri i cui nomi al momento sfuggono, sugli scogli del porto sotto il faro: guai a chi gli tocca questo posto, solo qui riesce a "ritrovarsi" e ad ottenere un'abbronzatura degna di nota. I bagni iniziano a giugno e terminano ad ottobre, tempo permettendo.
Un'altra cosa a lui molto cara è la "Fiat 1100" comprata più di trenta antri fa; un pezzo d'antiquariato, un'auto d'epoca, funzionante meglio di tante moderne autovetture d'oggi, minuziosamente controllata e revisionata di colore grigio. È una macchina che ci riporta alla metà degli anni '60, quegli incontaminati anni del "boom" industriale in un'Italia in netta ripresa economica.
Morale della favola: "Vito e la 1100" costituiscono un mito, un'incrollabile leggenda come tante sul pianeta terra.
Le foto mostrano "Tituccio" in divisa da militare nel 1942 e com'è attualmente, cioè un anziano dall'aspetto gioviale e cordiale.