Carmine Dabene
detto trentosse
di Peppe D'Urzo
Un
altro soprannome che coinvolge la fantasia del popolo torrese, che, come
spesso è accaduto, ha "manipolato" i nomi di persone e cose,
tramandandoli ai tempi d'oggi... Il termine "'A trentossa" è
appartenuto a Carmine Dabene per la sua corporatura e struttura fisica
alquanto esile. Egli era nato a Torre del Greco nel 1932, è deceduto nel
1981. Nato da Raimondo, operaio casellante della Circumvesuviana, e da Maria
La Morte, nativa di Benevento. Originario di via Gaetano De Bottis "'U
vico 'dda croce", frequentò le scuole elementari alla "N. Sauro". I suoi
innocenti occhi hanno visto le vicende dell'ultima guerra mondiale che causò
tantissimi dolori, rovine e lutti i bombardamenti aerei, i ricordi delle
fughe per ripararsi dalle bombe che cadevano dal cielo, i rastrellamenti dei
tedeschi in città e la venuta degli alleati che liberarono le popolazioni
del sud Italia: i camion pieni di ogni ben di Dio, furono, per la fame,
presi e "ripuliti" in ogni angolo.
Ragazzo svelto ed intraprendente, calcisticamente nasce nella U.S. Fortitudo
Audace nel ruolo di centrocampista; passò poi, al Giugliano, unitamente a
Luigi Gentile (classe 1936) e "Gigino Saltarelli", proveniente
dalla Resurgo, grazie all'interessamento di Raffaele Speranza (deceduto),
ricordato come "Paraculo", ex portiere (anch'egli della U.S.
Fortitudo Audace) ed allenatore di squadre locali. Carmine era un bravo ed
esperto calciatore, capace di segnare direttamente sui calci d'angolo, ed
abile rigorista; spesso faceva gol sui calci di punizione dal limite. Quando
scendeva in divisa da giocatore, in genere col numero quattro o dieci, le
maniche della maglietta, alquanto lunghe per le sue braccia, si allungavano
oltre le mani...
Prestò servizio militare nel Battaglione "San Marco", ove fu
congedato per malattia (pleurite); ciò lo costrinse ad abbandonare il
calcio; pensionato per invalidità. Fu custode della sede della Democrazia
Cristiana in via Roma; titolare del mitico bar "Corallini" in v.le
Ungheria a pochi passi dallo stadio comunale "A. Liguori", dal
1970 al 1981; questo locale fu frequentato, oltre da tifosi ed appassionati,
da vari giocatori ed allenatori della Turris; fra essi si ricorda mister
Benigno De Grandi (classe 1924, nato a Salsomaggiore, sostituito da Gaetano
Improta, napoletano del '45), grande appassionato di biliardo.
Tante furono le sfide con "Carmeniello"... Accadde che un mercoledì
gli allenamenti al "Liguori" saltassero, poiché il mister era
impegnato, dalla sera precedente, in una combattuta sfida al tavolo verde di
biliardo col titolare del bar "Corallini"; il capitano della
squadra di quella stagione (1973/ 74 serie C, girone "C") era il
livornese Mauro Porri, da sempre stimato dalla tifoseria locale per forza
caratteriale e tecnica calcistica, che, recatosi nel locale, chiese a De
Grandi, il da farsi...; fu allontanato da quest'ultimo ed i giocatori si
allenarono da soli...
In qualche campionato precedente, l'attaccante Pier Luigi Pucci (classe
1943) in forza alla Turris, anch'egli "abituè" del bar, era
solito telefonare ai familiari in quel di Taranto; in una ennesima
telefonata a casa, come fu o come non fu (probabilmente per un guasto
all'apparecchio pubblico telefonico) si susseguirono tantissimi scatti
telefonici, per cui la bolletta di pagamento, che puntualmente arrivò, fu
di notevole importo monetario; il tutto fu, poi, chiarito ed il sorpreso
Pucci, pian piano riparò al |
"danno causato.
Ha stimato molto, da vero sportivo ed appassionato della classica
"corallina", per la
quale ha sempre dato l'anima, i vari Mauro Porri, grande mediano e vero
lottatore, Gino Viale, terzino con compiti offensivi (in coppia con Trotti), detto
"'U russ", per la chioma rossa, Giancarlo Pulitelli, romano de
Roma, attaccante col fiuto del gol, Nicola Mavelli, terzino dalle origini
foggiane, detto "Nick Mavelli", Procolo Iancarelli, nativo di
Pozzuoli /NA, ala veloce che doveva correre anche per gli altri, Carmelo La
Rocca, da Sciacca (Pa), ottimo terzino, Luigi Sanzone, crotonese, roccioso
stopper, Luciano Bruno, romano, ala intelligente e dribblomane.
Il Dabene aprì anche delle "buvette" all'interno del "Liguori"
con erogazione di bibite e caffè ai tifosi e sportivi. In seguito fu
gestore di una sala, con bar interno, di biliardo e gioco delle carte, dal
1978 al 1984 al 2° vico Vittorio Veneto (attuale deposito di "Tecno").
Tanti i personaggi che hanno frequentato questa sala e fra essi si
ricordano: Mario l'acquaiuolo", "Aniello 'u tassista", "Papariello"
(A. Volpe), "Baffetella", "'Tonino 'u bello", "Ciccio 'u
meritano", "'U calabrese" ed altri... Andava spesso a vedere
la Turris fuori casa. Nelle trasferte in quel di Sorrento e Castellammare di Stabia,
con il fedele accompagnatore F. Mastronardi, detto "'U
meritano", ebbe delle animate discussioni con i tifosi avversari. Si
recò, inoltre, allo stadio "Flaminio" di Roma per lo spareggio
fra la Turris e Sorrento (risultato finale 0-1 e Sorrento promosso in serie
C) quel 2 giugno del 1969, con la sua Fiat "500", stracolma di
persone a bordo.
Di animo buono e sincero, ebbe modo di aiutare
materialmente Giovanni D'Agostino, difensore della Turris, per problemi di
salute, quando passò nelle file dell'Afragolese. "Carmeniello" si unì in matrimonio nel 1958 con Lucia Palomba, andando
ad abitare "'Ncopp 'a Nunziata"; ebbero quattro figli, tre maschi
ed una femmina; il primogenito Raimondo, amico di G. Pulitelli col quale si
sente e vede spesso in quel di Teramo, ove l'ex centravanti
"corallino" risiede e lavora, è una prima categoria di biliardo
("italiana" e "goriziana"); iscritto alla Fi.b.s.
(Federazione Italiana Biliardo Sportiva), ha partecipato a vari tornei e
manifestazioni nazionali.
Ecco descritto lo spaccato di vita terrena dì Carmine Dabene, uomo di
principio, rispettoso e lavoratore, col pensiero sempre rivolto alla
famiglia. Abbastanza rigido coi figli, ai quali, mettendoli di fronte alla
durezza della vita, ripeteva: "Aprite sempre gli occhi!". Amico e
consigliere, ha aiutato il prossimo fin dove ha potuto; educato, si faceva
sempre le "sue".
Negli ultimi tempi della sua vita, non voleva che
i familiari soffrissero per il suo stato di salute; il suo trapasso alla
vita eterna destò molta costernazione in quanti lo conoscevano, stimandone
la sua cordialità e bontà. |