Ugo Mollo (la chanson)
di Peppe D'Urzo
Grazie
al
genero Mariano Esposito, presidente della Associazione "Maria SS.
dell'Assunta" con sede in via Comizi, abbiamo avuto modo di incontrare
e conoscere la stimata persona di Ugo Mollo. Da tutti conosciuto come
"Giovanni", grande appassionato della "chanson"
napoletana e tutto ciò che profuma di napoletanità.
Le sue origini sono
di Sant'Anastasia (comune in provincia di Napoli con 27 mila abitanti a 150
mt. s.m., alle falde del Monte Somma; produzione di vino, frutta, ortaggi,
latticini e legumi), ove è nato il 09.04.1932, da Antonio, muratore e da
Cesira Notargiacomo, casalinga (della stirpe de "'U cardatore 'i
lana"). Il padre fu richiamato sotto le armi in Esercito e fu inviato
sul fronte albanese; nella montuosa terra d'Albania contrasse la malaria e
fece ritorno a casa. Ugo, alias "Giovanni" era un ragazzino quando,
poco prima dell'entrata in guerra dell'Italia (10 giugno 1940), passò per
le strade cittadine un corteo di baldi e animosi giovani fascisti che
gridavano: "Vogliamo la guerra".
Uno dei primi bombardamenti aerei avvenne nella vicina Pomigliano d'Arco (a
circa 5 km. di distanza), ove era ubicato un campo di aviazione militare
italiano; la gente riparava nei ricoveri antiaerei e molte persone si
rifugiavano nell'abitazione di Giovanni; le donne anziane, unitamente alle
più giovani, erano solite pregare; una preghiera di circostanza così
recitava: "San Giovanni attacc 'e bombe pure a isso, fa passà chest'ora
triste... Gloria al Padre... Gloria al Padre...!"
I soldati tedeschi, poco prima della ritirata, fine settembre 1943,
installarono in città una postazione per difendersi dalle "fortezze
volanti"; ci furono anche rastrellamenti e il padre di Giovanni,
nascosto nel suo giardino di casa, fu sparato dai tedeschi, ma se la cavò...
Il primo ottobre del '43 entrarono in S.Anastasia le forze interalleate,
dopo che i soldati germanici avevano minato il ponte della Chiesa della
Madonna dell'Arco, presso la parrocchia di San Francesco Saverio; nel
pomeriggio dello stesso giorno, la gente, finalmente liberata
dall'oppressore, scesa in strada per festeggiare, poté osservare le colonne
tedesche, a circa tre km., in fuga...; ma come fu o come non fu, i soldati
di Hitler, attratti dalla presenza di tanta gente, inviarono un colpo di
cannone verso la parrocchia; nell'esplosione la statua di San Francesco subì
dei danni al supporto, e morirono una decina di innocenti.
Nella lenta
ricostruzione del dopoguerra, Giovanni veniva a Torre da solo a vendere
latticini, col classico "panariello" (piccola cesta di vimini, di
paglia o altro) sotto al braccio; era un ragazzo considerato già adulto
come i suoi coetanei, che doveva, per esigenze di copione, contribuire al
fabbisogno familiare.
Nel 1953 venne ad abitare al C.so Avezzana presso lo zio Carmine Stasi nel
palazzo di proprietà Del Gatto di fronte la chiesa di Santa Rita. D'estate
vendeva frutta ed ortaggi alla I^ tr. Salvator Noto ("'U vico 'dde
carrozze"). Milite esente, coniugato nel 1956 con Maria Varo
("Scarola dinasty"), anch'ella di S.Anastasia. Dal matrimonio sono nati
cinque figli, due maschi e tre femmine: Antonio, Cesira, Rosa, Anna e Alberto.
Anna e Rosa sono gemelle. Andò ad abitare in via Curtoli, poi via Scappi e
in seguito alla traversa A. Maresca.
Da sette anni vive a S.Anastasia; marittimo in qualità di primo cameriere
dal '76 all'89 con la società "S.n.a.m."; in pensione dal 1992. Nel 1957
inizia la sua sorprendente "adventure" a "Lascia o
raddoppia", il famoso e seguito telequiz televisivo in voga, condotto
dal noto presentatore Mike Buongiorno (nato a New York nel 1924) con la
valletta Edy Campagnoli.
Animato da profonda passione, decise di inviar
domanda di partecipazione, poiché gli scattò "dentro" la
classica molla...; era, infatti, accaduto che nell'anno precedente, un
concorrente di Torre del Greco "cadde" su di una facile domanda riguardo ad
una canzone napoletana; il concorrente era un certo Benito Palomba. Giovanni
per un anno non ebbe risposta, poi, improvvisamente, fu convocato a Milano
per le prove selettive il 13 maggio '57 negli studi televisivi della Fiera
al C.so Sempione. Andò in diretta il giorno 16 ed andò bene con otto
risposte esatte; la settimana successiva a quota 640.000 lire andò male...;
la domanda fu: "In una bella canzone di Capurro e di Di Chiara, una ragazza
piange il suo amore che è partito soldato; ci dica: 1) il titolo di questa
canzone; 2) l'anno in cui fu pubblicata".
Mollo, dopo una pausa riflessiva indovinò il primo quesito, rispondendo:
"Quanno ll'ommo va a marcià", ma ne sbagliò il secondo rispondendo
"1915" anzi che "1897". Perse tutto e della meravigliosa
esperienza televisiva gli è rimasto come premio un solo gettone d'oro (con
l'immagine dell'omino pensieroso di "Lascia o raddoppia"), gelosamente
conservato in una piccola cornice commemorativa.
Una recensione su "Due anni di Lascia o raddoppia" (Edizioni Radio
Italiana del 1958) così declamava: "Ugo Mollo, venditore ambulante di
Torre del Greco, che si presentava per la canzone napoletana riuscì a
qualificarsi per la prima prova in cabina. Il suo mestiere, in realtà era
quello di marittimo, ma poiché aveva un libretto di lavoro col numero
10.265 mentre gli imbarchi erano arrivati a 365 - spiegò Mollo - ci
sarebbero voluti circa duecento anni prima di trovar posto su una nave.
Mollo piacque molto, improvvisando cantilene sulla ricotta e sulle ciliegie
dure-diceva- "come il viso delle donne".
La passione per la "chanson"
napoletana l'ha avuta in età fanciullesca (a circa sette-otto anni);
portava in tasca i "canzonieri", cioè fascicoli inversi (tipo
depliant), cantandone i pezzi più classici. Eminente collezionista di
libri, riviste, giornali, testi, locandine, canti di mandolino e piano
(quasi 10.000), dischi (di varie dimensioni), cassette, CD, ecc.
Don Giovanni, dalla folta chioma bianca di capelli, è una degna, garbata e
moderata
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Le
foto: Ugo Mollo alias "Giovanni" nel telequiz "Lascia o
raddoppia" (maggio 1957); l'ornino pensieroso, simbolo della
trasmissione; con alcuni intervenuti presso il salotto Tolino (è il secondo
da dx, 1998); in un gruppo di famiglia aprile 2000.
persona; è una fonte di cultura, è un'enciclopedia, autodidatta ed autore di
poesie; gli piace dedicarsi alla lettura di giornali e libri, al
giardinaggio e cantare per diletto classici brani napoletani.
Fra i
torresi ha stimato molto Giuseppe Raiola ("Raimir"
poeta e compositore, autore de "'A corallina", deceduto) e Francesco
Albanese, illustre tenore cui ogni anno è dedicato un concorso di canto
lirico. Fra gli autori della tradizione napoletana ricordiamo: S.re Di Giacomo,
F.do Russo, R.le Viviani, Ermete Alessandro Mario,
grande compositore, poeta
e cantante; fra i cantanti F. Ricci, S. Bruni e G. Rondinella (anche bravo
attore cinematografico). "Per me - ribadisce Giovanni - la canzone
napoletana fa parte, senza alcun dubbio, della cultura del popolo
partenopeo, che ha dato lustro e gloria in tutto il mondo. E' piena di
sentimenti, poesia e amore...; è quella che ti fa venire ancora le lacrime
agli occhi...
Nella storia popolare il più "cantato" è stato Libero Bovio, in
special modo dal 1903 al 1940 con incisioni a 78 giri; il più famoso,
invece, S.re Di Giacomo che diede una svolta al linguaggio napoletano.
- E continuando -
La
canzone napoletana, fatta con amore, cognizione, ricerca e senza illusione,
per me è tutto; dalle origini della nostra cultura che ha subito nel corso
del tempo numerose influenze, ho imparato di più di quanto studiato a
scuola...".
Di Ugo "Giovanni" Mollo trascriviamo una sua passionale e romantica poesia
del 1983, intitolata "'U pittore":
"Si avess 'a fa nu quadro 'e 'nu paese vurria pittà nu poco 'e coste
'e
Napule, me mettarria dint 'a 'na varchetella, girasse tutta quanta sta
costiera e po' cu stu pennello me pittarria sta bella Torre mia.
Me pittarria 'u porto 'e Puortosalvo, ricordo 'e natu tempo ch'è
passato quanno arrivava 'u ggrano po' Mulino, dann' 'a fatica a tanta pat' 'e
figlie. Quanno arrivava 'a flotta 'e coralline chiene 'e curallo russo fuoco
ardente ch'era 'nu vanto 'e stu paese bello, ca pure Bonagura int' 'a na
canzone ("'E curalle 'dda Torre 'u Greco" di Benedetto Bonagura
Piedigrotta Argoss, 1954) vulette decanta chest'arte nosta pecchè ll'artista
'e stu paese bello giranno 'munno cu ll'eco 'e nu canto, nu canto allero 'e
chi fatica st'oro.
Me pittarria a Scala cu Chiarina, 'u Cavaliere cu 'a Torre 'e Vassano addò
ce fuie schiantata 'a primma preta pe stu paese ca vulette Dio, ce mettarria
'u Vesuvio e 'ppe castigo nun ce mettesse occhiù chillu pennacchio, pecchè
è mi segno 'e quanno cummannava e tante vote senza 'nu riguardo cummigliava
tante cose care, e dint' 'u suonno vecchio 'e nu ricordo ce mettarria pure
'u cafè Palombo, 'u chiosco 'e ll'acqua mmiez Santacroce, 'u bar 'e
Filippiello all'angolo dda croce, 'u bar e tante amice'addò faceva notte
verso 'e ddoje e doppo n'ora già schiariva juomo. Ma certamente mò v'addimandate
"Stu quadro quant'è grosso ppe metterce sii cose d' 'e ricord?"
Nun ce facite caso, io penzo 'e tiempe belli ca non ce stanno cchiù, e
pittanno pittianno è accumparuto rint' 'a sti ricorde Peppino de canzoni,
chi? Peppe Raiola 'chillo ca 'u
trentatré cu chella corallina purtaie a Torre 'u premio 'e Piererotta e
io che songo amante 'dde canzone, n'angolo dint' 'u quadro aggio truvato e
isso 'a 'ncopp 'a uardia stu paese ca sa scurdato e nun 'u penza cchiù".
Note dell'autore: gli ultimi righi li ho voluti dedicare a colui che nel
1957 fu prodigo di consigli nei miei riguardi, in merito alla mia
partecipazione televisiva di "Lascia o raddoppia", quale esperto
sulla canzone napoletana.Ed avevamo già concordato che se fossi stato
ammesso alla domanda finale, il mio accompagnatore in cabina sarebbe stato
lui: Peppe Raiola.
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