“VICIENZO VENERUSO
‘U GELATIERE”
di Peppe D'Urzo
La
sua è una storica famiglia di gelatieri, sia per la preparazione che per la
vendita, ben conosciuta in quel di via XX Settembre (di fronte a Di Lecce
alimentari). Vincenzo Veneruso, detto “’u gelatiere” è nato a Torre
del Greco il 12.06.1925, da Giuseppe, doganiere presso l’Ufficio del dazio
in piazza Luigi Palomba, e da Lucia Battiloro, donna tuttofare e brava “gelatera”,
un mestiere che aveva imparato nel corso del tempo per eredità familiare.
Dei sette figli (cinque maschi e due femmine) solo Vincenzo è vivente. Egli
frequentò le scuole elementari in via Teatro e alla “N. Sauro” in via
Circonvallazione. Indossò, come il copione di allora richiedeva, la divisa
da balilla, partecipando a varie manifestazioni ed esercitazioni con saggi
ginnici al mitico campo “Fienga”. Sin da ragazzo affrontò le difficoltà
della vita facendo vari mestieri, per dare una mano in famiglia. A
quattordici anni usciva già col carrettino a vendere i gelati, preparati dal
fratello maggiore Francesco, da tutti ricordato come “Francischiello de' gelati” (la sua storia è stata immortalata su “Tutto è…”
del 02.08.2007). “Vicienzo” usciva di buon’ora transitando per le
strade del centro e della periferia a vendere il dolce sorbetto per
rinfrescare i palati della gente…
Effettuò il servizio militare in Marina nel 1945 a guerra finita. Era il
periodo della lenta ricostruzione ed il Governo chiamò alle armi pochi
scaglioni. Il periodo dell’ultimo conflitto mondiale ce l’ha ben
scolpito nella mente… I primi bombardamenti aerei su Torre che
terrorizzarono la gente che nulla aveva a che fare con la guerra, rimbombano
ancora nei suoi tristi ricordi. Rimembra, come se fosse oggi, le incursioni
aeree in via Purgatorio ed oltre, e al C/so V. Emanuele (13 settembre 1943)
che arrecava morte e rovine… Il fratello Antonino (“’Ndulino”) fu
ferito, nel mentre un bombardiere alleato sganciava le sue bombe, sotto il
ponte, detto “’u ruitiello” in via XX Settembre (l’ultimo ponte
ferroviario, confinante con “’u palazzo ‘dda passarella” di proprietà
R. Raimondo), perdendo ambedue gli arti inferiori. Qui vi morirono cinque
persone e due feriti furono portati, su carrette, al presidio ospedaliero
dell’attuale “F. Bottazzi” in via G. Marconi.
Anche la nostra tranquilla città non poté sfuggire ai rastrellamenti dei
soldati tedeschi, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Negli ultimi
giorni di questo tremendo mese, prima della definitiva ritirata sul fronte
di Cassino, i militari germanici andavano a caccia di uomini e giovani,
stanandoli da ogni luogo e nascondiglio, per inviarli nei campi di lavoro in
Germania. Vincenzo rimase nascosto, unitamente ad altri concittadini, nelle
nicchie giù al cimitero di via San Giuseppe alle Paludi. Se la cavò…
Poi, come il corso della storia ci tramanda, ci fu l’arrivo liberatorio
delle truppe interalleate con il grosso delle loro forze, dirette nel
capoluogo partenopeo. La gente era in festa per la raggiunta “quiete dopo
la tempesta”… In questo periodo in cui la vita cominciava a sorridere,
il nostro gelatiere lavorò nel porto di Napoli con gli americani; era
addetto al carico e scarico di merci varie su quelle navi statunitensi del
tipo “Liberty” (inglese = libertà; tipo di navi mercantili – 10.000
t. di stazza; 10 nodi di velocità – fabbricate in America durante la secoda
guerra mondiale (circa 2500 unità) col sistema “E. J. Kaiser” della
prefabbricazione di intere sezioni, che successivamente venivano montate).
Nel 1946 prese la via del mare come marittimo, imbarcando in qualità di
mozzo di coperta sul “N. Sauro”, un ex “Liberty” (o “libertino”
come si usava nel gergo marinaro di allora), trasformato in nave da carico,
acquistato dal governo italiano in quel di New York (città degli U.S.A.
nello stato di Rhode Island). Egli vi andò con l’aereo, insieme ad altri
marittimi torresi, facendo ritorno per mare…
In seguito navigò con la Società Coop. “G.
|
Le
foto: Vincenzo Veneruso (“Vicienzo 'u gelatiere”) da giovane; col
carretto dei gelati (anni ’50); a bordo della “C. Colombo” (col
cappello), anni ’60; a Buenos Aires (Argentina) col “Conte Grande”
attraccato alla banchina (anno: 1963); su di un carretto col fratello
Antonino (“Ndulino”) con le redini in mano;
Garibaldi” e con l’Italia”, in qualità di cuoco fino alla pensione. Era
sbarcato dalla T/N “Andrea Doria” (Soc. “Italia”) prima che il transatlantico
affondasse nella collisione con la nave svedese “Stokholm”
nella tragica notte del 26 luglio 1956 al largo di Nantucket a poche miglia
dal porto di New York… Rimurginando
nei suoi tanti pensieri, gli tornarono in mente quei terribili momenti che sembravano non finissero mai nella notte
fra il due e tre marzo del 1944 a Balvano (PZ), ove persero la vita 235
persone, di cui una trentina di torresi.
Egli si trovava su quel treno (n. 8017), zeppo di persone, diretto nelle
terre del sud, in cerca di cibo e generi alimentari da portare a casa per il
mantenimento delle famiglie. Sul convoglio v’erano anche contrabbandieri che
esercitavano il mercato nero.
Il treno, appena entrato nella galleria (detta delle Armi), ebbe dei seri
problemi; sulla leggera salita non riusciva ad andare avanti. Egli, con un
altro amico cadde (o si buttò) e poté raggiungere l’esterno; l’aria era
irrespirabile per l’anidride carbonica sprigionata (molti trovarono la morte
nel sonno); non si capì più nulla; fu un grave disastro ferroviario, con
l’elenco delle vittime aumentato a circa 500.
Era il tempo del contrabbando; la fame imperversava ancora; si doveva
sopravvivere. Le Autorità erano al corrente di ciò, ma scarsi erano i
controlli. La merce veniva depositata sul cassone e sull’imperiale e veniva
buttata giù nei pressi del cimitero vecchio; si tirava “’a gassosa”, il
freno a mano sui vagoni ferroviari.
Vincenzo si sposò con Fortuna Scognamiglio il
05.01.1945 nella chiesa di Portosalvo; dopo il decesso della prima moglie si
risposò con Florinda Esposito; quattro figli: tre maschi ed una femmina;
otto nipoti. Ha conosciuto la pronipote di Gennaro Capuozzo, l’eroe delle
“Quattro giornate di Napoli” contro i tedeschi (28 settembre – 01
ottobre 1943), la cui madre era una vera combattente e gagliarda partigiana.
Per onore di memoria menzioniamo gli altri fratelli di “Vicienzo”:
Francesco (“Francischiello”), militare nel Battaglione “28 ottobre”,
presso prigioniero a Tobruck (Libia) dagli Inglesi, con prigionia in Sud
Africa; Giuseppe, imbarcato sulla “San Giorgio”, internato in Australia
e Gesualdo, prigioniero in un campo di lavoro in Germania.
Ecco lo spaccato
di vita di questo ultraottantenne, un arzillo pensionato che in gioventù
ha venduto, col classico carretto, macinando chilometri e chilometri, tanti
di quei gelati per il ristoro e la frescura a numerose persone anche di
fuori città… Si è sempre contraddistinto per la sua laboriosità ed
attaccamento alla famiglia. |