Aniello
'u cusetore
di
Peppe D'Urzo
Non
è inutile rivedere oggi, grazie ai rimbalzi della memoria, gli scenari
di una volta quasi del tutto cancellati e sul palcoscenico della vita
appare un noto personaggio (simile per aspetto e movenze al grande Eduardo
De Filippo) della Torre del Greco che fu.
Si tratta di Aniello Pagano, detto "'u cusetore" (Sarno
1875-Torre del Greco 1965), coniugato con Gelsomina Montella, guarda caso
conosciuta come "Gesummina 'a cusetora" con casa e negozio in
largo Bandito 14 in uno spiazzo, ricordato come "'U largo 'i
Ngiulinella" (Angela Frulio, "'A putecara e mugliera 'i
Papariello", con forno in via Teatro), titolare di forno a fascine e
salumeria (condotta, poi, dalla figlia Nina).
Nativo di Sarno, cittadina del salernitano che annovera anche abili e
geniali "tailleurs", venne a Torre dove lavorò presso una
rinomata sartoria. Aprì, in seguito, un locale a largo Bandito al piano
terra (a mo' di "vascio") e con scala interna che immetteva al
primo piano, la sua abitazione, dove vi era un piccolo stanzino, ove,
durante i rastrellamenti dei soldati tedeschi (II Guerra Mondiale),
rimasero nascoste molte persone grazie ad un grande armadio che ne copriva
la porticina d'ingresso.
Fu attratto dal nostro mare che vide per la prima volta in gioventù. Si
trovò dalle parti della "Scarpetta" dove alcuni signorotti
torresi erano soliti gettare in mare monetine; i ragazzi, tuffandosi dagli
scogli, andavano a "summuzzare" per recuperare i soldini.
Aniello, nonostante non sapesse nuotare, volle emularli e si gettò in
acqua. Fu salvato da alcuni pescatori...
Si unì in matrimonio con Gelsomina Mortella (valida collaboratrice),
donna robusta e dalle lunghe mani (una "guappa" d'onore...);
quando i fidanzati della zona avevano qualche problema si rivolgevano a
lei, buona consigliera e giudice supremo. Fuori dal suo "basso"
sovrintendeva a tutto quanto vi accadeva intorno: un giorno fece cadere,
senza farsene accorgere, una "sporta" di "sovere
pelose" (sorbe) dalla testa di un venditore-contadino, che in
precedenza era stato un po' scortese con una giovane sposa incinta.
Nacquero dodici figli, in più uno adottato (marinaio, deceduto nel
secondo conflitto mondiale a bordo di un Mas, una motobarca dannata, nel
'42).
Aniello
partì militare a servire la Patria nella grande guerra del 1915/18. Inviò
una lettera alla moglie che "Don Giuvannino 'u prevete" le lesse;
leggendo, leggendo il prete le riferì che il marito doveva essere
trasferito a Bassano: a questo punto Gelsomina si infiammò di gioia,
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convinta che fosse
la Torre di Bassano ("'Abbasc 'addu Vassano"),
ma il prelato le rivelò che si trattava di Bassano del Grappa, in
provincia di Vicenza.
Finita
la guerra, fece ritorno a casa, immortalandosi in una foto gigante (con
cornice) in divisa da
militare e sciabolone. Questo esperto "tailor" era solito, prima di
mangiare, seduto a
tavola (in occasioni di celebrazioni religiose) raccontare (autodidatta
con enorme saggezza acquisita) la vita di Gesù e dei santi.
Amava il
presepe che preparava con amore
e dovizia di particolari sul bancone da sarto; alla vigilia di ogni
Natale, molta gente, fra cui vari clienti, visitava ed omaggiava la "sua" opera
d'arte. Senza dimenticare che si esibiva in sermonizzanti prediche,
commuovendo la platea.
Durante l'anno raccoglieva fondi (e guai a chi non li elargiva!) per
la costruzione di un altare (vanto del luogo) che era "fuori
concorso" durante la Festa dei Quattro Altari. Lo aiutava
nell'impresa "Andrea 'u scarparo" zoppicante con
"stampelle". Mast'Aniello, ogni 8 dicembre, durante la festività
dell'Immacolata, era solito farsi fotografare sul muretto della rampa di
via Comizi (ed era il primo ad arrivarci per essere ripreso in primo
piano) col carro trionfale della Madonna alle spalle: lì, il carro,
effettuava una tradizionale fermata (all'inizio della rampa) per la foto
rituale, uno storico appuntamento a cui i torresi "tenevano"
moltissimo.
Una figlia, Rosa, sposò all'epoca un impiegato delle poste,
Gennaro Manfredi (1895-1961) e don Aniello ne fu assai felice. Da questa
unione nacquero nove figli (sei maschi e tre femmine), e, per tradizione
alcuni maschi sono diventati dipendenti postali; Michele (pensionato),
Giovanni (deceduto) e Raffaele, detto "Rafele 'u pustino"
è ancora in servizio. |