Antonino
D'Urzo
di
Peppe D'Urzo
Il
mite e riservato Antonino D'Urzo.
Un altro tassello nel "puzzle" dei personaggi torresi. E' un
interminabile mosaico che non finisce mai. Sono sempre figure da cui
attingere insegnamenti di tutto quello che hanno vissuto tra mille
problemi fino a diventare adulti ed educare coi sani principi di sempre
noi figli. E noi figli dobbiamo essere grati per quello che ci hanno
lasciato, e percorrere i loro "sentieri" per trasmetterli, poi, ai nostri
eredi.
Antonino D'Urzo era nato a Torre del Greco il 04.04.1914 ed ivi deceduto il
21.11.2001, da Crescenzo, combattente nella I^ guerra mondiale,
ed emigrato in America, ove lavorava nei silos portuali di New
York, e da Gelsomina Ascione, casalinga. Originario di via Cappuccini n.
24 ove abitava coi suoi genitori. Il fratello Vincenzo ottantaquattrenne
(classe 1918), ex sommergibilista della Regia Marina Italiana, nel
dopoguerra si recò negli U.S.A. e a New York divenne titolare di un "Barber Shop";
attualmente vive nel "Sunshine" in Florida.
Antonino, dopo le scuole elementari e d'avviamento al viale Castelluccio,
cominciò in giovane età come artigiano nel ramo della falegnameria,
lavorando col cugino R.le Ascione con locale al 2° Vico Abolitomonte di
fronte al ferramenta dì Rosa Perrotta (detta " Rosa 'a lignammara"), poi come fine ed esperto
restauratore di mobili antichi e commerciante di mobili da loro creati e
prodotti in via Roma (di fronte all'ingresso del mercatino di via Falanga).
In seguito, per circa 35 anni, marittimo con le Società di Navigazione:
"Grimaldi" e "Siosa Line", imbarcando fra il personale
di camera su navi passeggeri. Le unità mercantili su cui maggiormente
navigò furono: l' "Ascania", "Caribbia", "Venezuela" e l' "Irpinia"; ha vissuto varie
peripezie per mare, ove i pericoli sono sempre in agguato, per cui vale
sempre quel vecchio detto: "Pe mare nun ce stanno cantine...". Una volta si
arenò col "Venezuela" di fronte a Cannes; la nave dopo alcuni
giorni fu disincagliata, e tutti gli occupanti di bordo poterono tirare
un sospiro di sollievo.
Nel pieno del vigore giovanile, la Patria lo chiama a sé per il servizio
militare; indosserà la divisa della Marina; imbarcò sul Regio
Incrociatore (maggiore) "Fiume" della classe "Zara" (costruito nello
stabilimento Tecnico Triestino - Trieste: 1929-1931) in
qualità di addetto alla "Santabarbara" (nelle navi da guerra,
nome del deposito blindato in cui sono sistemate le munizioni; così detto
perché posto sotto la protezione di Santa Barbara patrona
dell'artiglieria), partecipando a varie azioni belliche nello scacchiere
del Mar Mediterraneo. Fu preso e fatto prigioniero dagli Inglesi a Massaua
(città e porto dell'Eritrea, sul Mar Rosso, di fronte alle isole Dahlak;
durante la II guerra mondiale occupata dagli Inglesi il 9 aprile 1941),
passando per vari campi di prigionia in Eritrea, Abissinia, Sudan, Egitto
e per un lungo ed interminabile anno in Inghilterra, ove ebbe modo di
studiare e perfezionare un discreto inglese; a tal proposito ha sempre
conservato con un pizzico di nostalgico orgoglio dei libri di grammatica e
dizionari inglesi, a ricordo di quel periodo, purtroppo infelice,
trascorso sotto il grigio cielo dei sobborghi di Londra, in cui si trovava
il campo di prigionia e di lavoro.
La
forzata reclusione che fu sinonimo di triste sottomissione per i noti fatti
bellici, l'ha sempre portata dentro di sé con mesta malinconia;
dell'ultimo conflitto che coinvolse molte nazioni, era solito affermare:
"La guerra è stata molto dura, ha lasciato dei segni
indelebili". Rientrò in Patria alla fine degli anni '40. Si uni
in matrimonio in data 11.09.1954 con Antonietta Picaro (classe 1924),
sorella del dr. Antonio; abitò in via Roma (ex palazzo Baldini), poi in
v.le Castelluccio (Parco Belvedere) in seguito, al Prolungamento Martiri
d'Africa.
Ebbe due figli: Crescenzo, impiegato in un'agenzia della Regione Campania;
tifoso "corallino" ed ex articolista sul quindicinale sportivo
"Alè Turris", curando con competente dovizia conoscitiva i profili di
tanti giocatori che hanno indossato la casacca rosso-corallo, e |
Le
foto: Antonino D'Urzo in divisa da militare (RJ. "Fiume");
in navigazione sulla M/N "Irpinia"; in una immagine della metà
degli anni '70. Sotto alla pagina la nave militare "Fiume"
Gelsomina, coniugata con Luigi ("Gigino") Suarato, ex attaccante della Turris boys, definito un "piccolo grande
bomber; dipendente della Circumvesuviana ed allenatore tuttofare del
G.S. "Martiri d'Africa", fucina di giovani e promettenti calciatori.
Gelsomina, attualmente, è casalinga; è stata impiegata amministrativa
presso una ditta di coralli di Torre del Greco. Antonino, e potremmo
etichettarlo come "Antonino Pio il Grande"
(imperatore romano; 86/161 d.C. ), è stato un fedele e taciturno
appassionato della Turris sin dai tempi del mitico campo "Fienga";
era solito frequentare i classici capannelli di tifosi in via V. Veneto:
fra i suoi fedeli amici si ricordano i vari: "Talonno 'u paglietto",
"Eduardo 'u zuoppo", "'Ndulino 'u baccalaiuolo", "Michele 'a
caramella" (Michele Di Luca), "Cicciotto" Coscia e fratelli
sin dalla gioventù ed altri.
Iscritto al Circolo Pensionati Marittimi
con sede in via V. Veneto (di fronte all'Ufficio Postale), chiusa da molto
tempo, si intratteneva ben volentieri con gli amici coetanei: Luigi Ascione, Crescenzo D'Urzo (dall’omonimo cognome), Panariello, Luigi
Picardi, ecc. Dedito al lavoro e alla famiglia; apprezzato dai colleghi e
dalle Società per cui ha lavorato per la sua abnegazione, serietà ed
altruismo; persona eccezionale per bontà d'animo.
"Quello che aveva,
dava"; posato, mite, pacato e molto riservato; in buoni rapporti
coi figli che lo hanno voluto bene sino all'ultimo, unitamente alla
paziente moglie, signora Antonietta che gli è stata sempre vicino,
curandolo, per problemi cardiaci e di circolazione, con l’immutato amore
di sempre. |