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Benito Di Rosa, pioniere del calcio Torrese

di Peppe D'Urzo  

In una Domenica delle Palme di tanti anni fa, e precisamente nell'aprile del l933, nasceva nella placida e silente Torre del Greco, nel pieno degli "anni ruggenti", Benito Di Rosa, da Paolo (1889-1964 Torre del Greco) famoso ed esperto barbiere con locale in via Diego Colamarino (palazzo in cui abitava l'ingegner Giuseppe Focone) e da Giuseppina Feola, casalinga (parente dell'ingegner Giovanni Feola, industriale napoletano e proprietario degli ex Molini Meridionali poi Marzoli). Ultimo di dodici figli di cui quattro deceduti, il suo secondo nome fu "Palmíro", "voluto" da quel gentiluomo di suo padre, uomo onesto, altruista, pieno di umanità e sempre propenso ad aiutare il prossimo in special modo i meno abbienti. Una volta organizzò unitamente ad un certo Vinciguerra, di professione panettiere, e ad altri amici una tavolata per poveri all'esterno del sagrato della chiesa di San Michele Arcangelo in via Colamarino ("'ncoppa 'a San Michele"): fu una grande e piacevole mangiata, le cui pietanze furono preparate da "Palatone". Buon amico di altri indimenticabili ed epici barbieri dell'epoca, fra cui Luigi Spagnuolo (padre del sempre in gamba e battagliero Oberdan, ex consigliere comunale ed attualmente in pensione) ed i cugini Candurro.
Benito che sin da ragazzo imparò il nobile mestiere del genitore, ricorda il triste periodo dell'ultima guerra: i bombardamenti, gli allarmi aerei, le difficoltà della vita, la permanenza dei soldati tedeschi e poi degli alleati, ed il ricovero in via Roma, ubicato nel palazzo dell'ex armatore Montella. In questo trovarono sicuro rifugio molti torresi durante i rastrellamenti di fine settembre '43 delle truppe tedesche, prima di battere in ritirata; vi erano nascosti anche tre dei suoi fratelli. Fuori il ricovero arrivarono alcuni militi tedeschi, uno dei quali, dopo aver pronunciato incomprensibili parole di circostanza, diede uno schiaffo all'atterrito Benito che si trovava occasionalmente sul posto. Dopo le scuole d'Avviamento al viale Castelluccio del mitico preside don Vincenzo Grillo (sacerdote e poeta), cominciò la passione per il calcio; le prime "pedate" iniziarono in strada come per tanti ragazzi della sua età. Si giocava nello spazio di Largo Santissimo e "'arete 'u lavo" (alla prima traversa di Vittorio Veneto). Dalla Loreto Storace, di cui ricorda con affetto quel campetto interno nella "Casa del Fanciullo", rimasto immutato nel tempo, passò alla Turris boys dell'appassionato tuttofare Angelo Vermillo (compianto maresciallo della Marina militare), bravo "talent-scout", capace di fiutare giovani calciatori, reperiti per le strade e le piazze cittadine. Giocò nel ruolo di mediano e già sognava, probabilmente, di emulare le gesta di Giampiero Boniperti (classe 1928, grande bandiera juventina). Passò quindi alla Virtus Baia grazie all'interessamento dell'allenatore Italo Romagnoli.
Nel 1954 disputò una gara contro la Turris nel campionato riserve. Nel mese di marzo dello stesso anno, in una partita di campionato s'infortunò seriamente: tibia e perone. Dopo il forzato riposo, fu operato dal professor Antonio Brancaccio presso l'ospedale "Maresca", allora ubicato in villa comunale (ex Casa dei Fascio).
Nel febbraio dei 1959 aprì un salone in via Falanga e ad ottobre si unì in matrimonio con Raffaela Balzano; dalla loro unione sono nati quattro figli (2 maschi e due femmine. Paolo, che vive a Pordenone, è dirigente di una grande ditta). Un anno dopo divenne allenatore per puro caso: era solito frequentare con amici del bar De Nicola, il cui titolare, don Gennaro (originario di Palma Campania), con l'appoggio del cognato Renato Raiola (fratello di Giuseppe,
detto "Raimir"), gli affidò la squadra giovanile.
Iniziò una felice e soddisfacente attività, durata fino al 1990/91.
Le sue "creature" sono state il De Nicola che nel 1964-65 vinse la Coppa dei Quattro Comuni (stadio "Cocozza" di Portici): si

     

     

      

ricordano Peppe lzzo (detto "Hully Gully"), M. Romito, M.Durini, D. Esposito, S. Melone, Velasco, C. Pepe (detto "Carlone"), Perna, Romano, Ciaravolo, il compianto D. Campaniello; la Juve Torre, nata dalla scissione con il De Nicola: presidente G. Vitiello, vicepresidente G. Cannolicchio (ex pasticceria in via Diego Colamarino) e fra i soci fondatori Mario Barone, con sede in un circoletto, gestito da un certo "Davidino", alla 2^ traversa Salvator Noto. Questa squadra ottenne molte vittorie e soddisfazioni grazie ai vari A. Mellone, Ercolanese, Narduccì, Durini, lacomino, A. Sorrentino, Grazioli, De Rosa, Tammaro, Di Donna, Perna, Ignarra, e Ancora; l'Armando Picchi (nome scelto da Benito Di Rosi che stimava tantissimo l'indimenticabile ex giocatore ed allenatore, deceduto nel 1971), presidenti G. Francione, B. Di Maio ed E. lacopino, con sede al vico Pezzentelle (salone aperto nel 1970 e chiuso nel 1994).
L'associazione "Armando Picchi" nel 1986 fu insignita di un prestigioso premio dal Coni (Comitato Provinciale), quale migliore società giovanile campana. Pubblichiamo le foto del De Nicola (torneo "Juniores", 67/68), e della Juve Torre (stagione 65/66) e dell'A. Picchi (Campionato "Giovanissimi", 81/82).
Fra i giovani calciatori lanciati in altre "orbite" calcistiche,  grazie al paziente lavoro ed alla genuina competenza di Benito "'u barbiere", sono da menzionare: Peppe Izzo, passato all'Internapoli (presidente G. Proto, allenatore Sentimenti II) e poi all'Andria, il buon Peppe attualmente risiede in terra spagnola; Salvatore Mellone (da ragazzo era solito giocare scalzo "'mniezo 'u cappellone") alla Nova Torrese e all' Ercolanese. E ancora, C. Granato, C. Sorrentino, U. Buccíero, F. Capano, R. Scala, C. Avossa, Santagata al Savoia; A. Oliviero, C. Palomba, De Felice, Ulloa, Tassini, Ciaravolo, Marrazzo, ed altri alla Turris; Cantile e Cipriani alla Cavese; F. Cozzolino e Accordo al Napoli.
L'affabile Benito oggi è in pensione.
Quando si parla di calcio si "tuffa" nella materia con vivo interesse ed innata competenza: si rievoca un po' di passato, quel glorioso passato dei Rivera e dei Riva che ci hanno tanto entusiasmato con le loro giocate che, ahinoi, non trovano riscontro nell'impazzito e frenetico mondo del calcio che è arrivato oltre il Duemila in modo artefatto e forse non più sensibile e semplice.