Biagio,
capo vedetta
e colono
di
Peppe D'Urzo
Un
altro racconto della vita. Un altro figlio di Torre che, salito sul
palcoscenico della "Human existence", ha "recitato"
con orgoglio e dignità, la sua parte, dando sempre il meglio di se verso
quei doveri a cui è stato chiamato. Il "character" in questione è
Biagio Di Rosa, nato a Torre del Greco il 20 luglio del 1914, da Gennaro
(domatore di cavalli e colono) e da Candida Borriello, quattro fratelli e
una sorella, appartenente alla stirpe "Chilli 'i pisciazza",
coniugato con Anna Carbone, figlia di Antonio (F.lli Carbone, titolari
dell'omonimo bar-pasticceria, da cui la famosa denominazione " 'Ncopp
'addì Carbone"). Undici lunghi e gloriosi anni in Marina militare, dal
1934 al 1945, cannoniere PS, matricola n. 84091. Imbarcò
sull'incrociatore "Alberto di Giussano" (affondato nel 1941 al
largo di Algeri) e partecipò alla campagna di Spagna, subendo nei pressi
di Barcellona il primo battesimo di fuoco. Prese parte alla battaglia di
Punta Stilo (in provincia di Reggio Calabria il 7 luglio del 1940, la
prima battaglia navale tra la flotta italiana dell'ammiraglio di squadra lnigo Campioni e quella
inglese dell'ammiraglio sir A.B. Cunningham;
storicamente definita la "battaglia delle opposte paure", dove
intervenne anche la nostra aviazione che erroneamente attaccò le unità
amiche che a loro volta risposero, e si trovò a Taranto quando il porto
subì terribili bombardamenti da parte dei "Swordfishes"
britannici. Varie navi italiane furono danneggiate: le bombe causarono,
inoltre, uno sconvolgimento del mare. Biagio ebbe modo di
"prendere" tanti pesci da riempire le mense militari.
Correva il
2 novembre 1940: dal '43 al '45 su l'incrociatore leggero (che filava a
40 miglia) "Pompeo Magno" dopo l'armistizio dell'8 settembre
del '43 si diresse ad Alessandria d'Egitto. Collaborò con gli alleati,
effettuando 123 missioni in quella che fu definita la "guerra di
liberazione nel Mediterraneo" contro la Germania. Dopo la sfida di Punta
Stilo (che si rilevò inutile), il "Giussano" era attraccato nel
porto di Augusta (Sr). Verso le 15.30 il capo-vedetta Biagio Di Rosa
(ideatore di un sistema di avvistamento sul punto più alto della nave con
sediolini girevoli a 360° su cui erano posti 4 marinai, provvisti di
potenti binocoli), dall'albero più alto dello scafo, riuscì, da vecchio
"lupo di mare" che conosceva tutte le insidie marine, ad avvistare un
sommergibile inglese fuori dal porto. Prontamente diede l'allarme e la
nave riuscì a dileguarsi. Salvò l'intero equipaggio. Nella stessa
circostanza aerosiluranti nemici affondarono un cacciatorpediniere
italiano.
A
Malta il "Pompeo Magno" si apprestava all'attracco: una fune
doveva essere agganciata ad una boa. La scialuppa su cui si trovava la
fune ebbe delle avarie e la nave cominciò a "scarrozzare"; fra
i componenti della barca si trovava Biagio che, dalla stessa, si tuffò in
mare e, nuotando per circa 50-60 metri, portò con sé la fune riuscendo a
legarla al punto stabilito. Promosso Sottufficiale per notevoli meriti di
guerra. "Il servizio da lui svolto è stato in ogni momento di alto
rendimento e meritevole di ogni encomio, firmato Nicola Murzi, Capitano
di Fregata, Comandante del Regio Incrociatore "Pompeo Magico".
Congedato
nell'agosto del '45, invalido di guerra per un infortunio (a bordo) al
ginocchio destro. Sotto le armi ha fatto un po' di sport: canottaggio,
gare di remo (a otto persone),
|
alcune competizioni vinte contro inglesi e francesi;
nuoto (400 stile libero), tiro alla fune, lancio del giavellotto e 1500
metri. Del
periodo trascorso sotto le armi, conserva piacevoli ricordi, asserisce
infatti di essersi anche divertito. Il suo grande rammarico è quando si
parla della flotta britannica in possesso del radar, strumento
indispensabile per "scovare" il nemico. Le unità italiane ne
erano sprovviste e si ricorreva all'eccellente vista degli
uomini-vedette. Di tutte le navi italiane affondate (per convogli e
missioni) ne porta stretto nel cuore il ricordo, imprecando contro il
servizio di spionaggio del Regno Unito e alle troppe maledette e
sfavorevoli circostanze che portarono all'affondamento di tanto naviglio
con la perdita di migliaia di bravi figli della Patria.
Dopo la guerra,
navigò in Marina mercantile sull'Olimpia (Soc. Lauro) sulle rotte
dell'America del sud) come cameriere. Dipendente della Federazione
Italiana Consorzi Agrari a San Giovanni a Teduccio, in qualità di agente
governativo, per venti anni capo operaio in una fabbrica di mastice a
Napoli e poi a Melito. Colono agricolo per il resto della vita.
La sua
famiglia, agli inizi degli anni '20, provvedeva al mantenimento delle terre
(in origine di proprietà dei cavalieri Manfredi) ove sorse nel 1934 il
complesso "La Salle" (fratelli della Scuola Cristiana di Bartolo
Longo da Pompei), attuale sede del Comune di Torre dai Greco.
I De Rosa
abitavano in una casa agricola prima del viale d'accesso alla struttura
comunale, e producevano quello che la terra offriva. Attualmente è
abbastanza florida la coltivazione dei fiori (gerani). Il fratello Michele
(classe 1923), militare in Esercito, partì nel '19 con destinazione
Verona: era guastatore e cercatore di mine (79° Reggimento Fanteria). Si
trasferì, in seguito, a Villa Literno (Ce). Frequentò un corso in un
paese viciniore e ciò gli salvò la vita in quanto il distaccamento
militare di Villa Literno fu raso al suolo da bombardamenti aerei alleati.
Dopo l'8 settembre '43 si trovò a Castel S. Elmo a Napoli con un
commilitone torrese, un certo Salvatore Esposito (detto "'A
civetta", ex operatore ecologico in pensione) quando il castello fu preso a
cannonate dai tedeschi: ci fu un fuggi fuggi generale e nella fuga Michele
riuscì a salvarsi.
Ecco il racconto di Biagio il colono (il figlio
Gennaro, classe 1960, dipendente della Bcp), attualmente pensionato, uomo
dal viso aperto di gioiosa vitalità, di animo buono, generoso ed
altruista. Ha sempre preso le cose della vita con tanto divertimento che
ancora oggi lo ripete con intima convinzione. Un po' crucciato della
"non riconoscenza" del governo per quello che ha fatto e dato
alla Patria.
Nonostante tutto, a prescindere degli acciacchi dell'età,
tira avanti con uno spirito giovanile, facendo sfoggio del suo glorioso
passato che al momento opportuno riporta a galla per parlarne agli altri.
Un passato ricco di vicende ed avventure alle lo hanno portato ad un
rispettabile e gratificante presente, foriero di ulteriori soddisfazioni. |