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Biagio Marrazzo

di Peppe D'Urzo


Il nastro dei ricordi percorre il "sentiero" della memoria, che spesso è una funzione psichica legata al dinamismo delle immagini e delle percezioni. Dal "magazzino" della mente fuoriesce ciò che gli uomini dicono sia avvenuto, che essi permettono che accada e ciò che accade agli uomini stessi. Questa è la storia di Biagio Marrazzo, uomo dal temperamento un po' focoso e portato ad idealizzare il lato romantico ed avventuroso della vita. Nato a Torre del Greco (originario di via Ponte della Gatta) il 15.03.1923, da Giuseppe (marittimo) e da Maglione Camilla (bidella di scuole elementari) che ebbero cinque figli, di cui quattro femmine e un maschio. Appartenente alle stirpi "Sciarriello" e "Marrazzone". Dopo le scuole elementari alla "Nazario Sauro" prenderà la licenza media (in corsi serali) in tarda età. Lavorerà il corallo presso i Mazza in via Teatro. Con l'ardore, la baldanza e l'ardimento di cui era provvisto, nel 1940 a 17 anni si arruola nella Regia Marina come allievo palombaro a San Bartolomeo (La Spezia). Dopo otto mesi di dure esercitazioni si animala e viene ricoverato all'ospedale di Marina di Massa per doppia pleurite più nefrite acuta a causa di incidenti di immersione. Dopo sei mesi di degenza viene dimesso e prosciolto dalla ferma volontaria senza essere più richiamato sotto le anni.
Troverà lavoro per dieci mesi nei cantieri navali di Castellammare di Stabia come fabbro. Escono, come d'incanto, i bui ricordi di guerra, quell'ultima terribile e disastrosa guerra che coinvolse anche la nostra tranquilla e pacifica città. A Biagio vengono in mente i bombardamenti aerei; quelle bombe sganciate dagli aerei che cadevano giù, causando danni, rovine e lutti; mai potrà dimenticarle; sono rimaste impresse nei suoi occhi. La gente impaurita correva, al suono delle sirene, nel ricovero in via Nazionale vicino l'Epitaffio, famoso e storico monumento (con pietre tra le più antiche di Torre) del 1562 che commemora la via che da Napoli conduce a Reggio Calabria.
Con l'armistizio dell'8 settembre 1943 sembrava che le cose dovessero migliorare..., ma, ahimè, non fu così. I soldati di Hitler, su disposizioni degli Alti Comandi ed in ritirata per l'avanzata degli Alleati sbarcati a Salerno, cominciarono a rastrellare "materiale umano" da inviare nei campi di lavoro in Germania: I tedeschi erano alloggiati dopo lo stabile (sorto nel 1700), ricordato come "'U palazzo degli affreschi" (o, "'U palazzo 'e l'acqua fresca") in una casetta, detta "'A casarella". Molti uomini e giovani trovarono rifugio in molte terre della zona, fra cui un luogo denominato "Sott' a macera". Biagio, nascosto in quei tristi ed allucinanti giorni di caccia all'uomo, si trovava sul lastricato di un vecchio stabile, ove vi trovò una cassetta piena di bombe a mano. Nel frattempo passò in strada un autoblindo di militari germanici; fu tentato di lanciare loro contro qualche bomba, ma ebbe il tempo di fermare la propria mano, in quanto con pronta lucidità pensò alle eventuali conseguenze dell'atto dinamitardo; infatti, come apparso su manifesti affissi in precedenza in città, si ricordò che per ogni tedesco ucciso, il Comando tedesco avrebbe passato per le armi dieci italiani; il buon senso prevalse sull'irragionevolezza. Andati via i tedeschi, arrivarono gli Alleati.
Gli inglesi si accamparono nei pressi di Ponte della Gatta. In uno di quei giorni in cui la guerra si era conclusa dalle nostre parti, ma che continuava al centro/nord del suolo italico, Biagio era intento a giocare a bocce, con palle di legno, con alcuni amici; erano presenti alcuni soldati di Sua Maestà che, interessati, osservavano le fasi del gioco. Uno di essi etichettò Mussolini e gli italiani come quelle palle da boccia.
L'"offesa" fu ben recepita, e il veemente Biagio saltò addosso all' "english soldier" che le buscò senza fiatare; di sera, arrivarono a casa sua, altri militari per vendicare, il commilitone malmenato, ma anch'essi le presero e se la diedero a gambe. Si susseguirono in città gli assalti ed i furti ai camion alleati che trasportavano generi alimentari; qualcuno, fra militari e civili, ci lasciò le penne.
La signora Camilla (madre di Biagio) fu prelevata dai Carabinieri (per infondati sospetti) e condotta su di una carrozzella; Biagio vide la madre seduta fra i Carabinieri, e, con notevole forza d'animo, riuscì a fermare, in strada, la carrozzella e prese il posto della madre, sollevando a sé le eventuali accuse.



Le foto: Biagio Marrazzo, detto: "Marrazzone" in divisa da militare e ancora lui in una immagine attuale.

Stette in carcere per una settimana, poi fu liberato. Dopo la lenta ripresa postbellica, "Marrazzone" agli inizi degli anni '50 si reca a Genova per trovare lavoro, arrivano i primi imbarchi come giovanotto di coperta.
Con una petroliera, denominata "Antonio", diretta in America, sbarcò a Portland nello stato del Maine. Con una valigia di pezza e somigliante ad un fuggitivo, raggiunse New York, stabilendosi nel quartiere di Brooklyn, ove trovò molti torresi. Fece vari lavori fino a quando degli agenti in borghese dell'Ufficio immigrazione lo prelevarono e lo portarono a Ellis Island (isolotto nella Upper Bay di New York di fronte a Manhattan e alla foce dell'Hudson; storica stazione sanitaria per l'immigrazione), ove vi rimase per sei mesi, lavorandovi per un po' di tempo presso la Dining-room (sala da pranzo); qui arrivavano famiglie provenienti da tutto il mondo; quei nuclei familiari costretti a lasciare i propri paesi d'origine in cerca di fortuna nella "land of plenty" (terra dell'abbondanza); molti erano i bambini ai quali egli dava qualcosa da mangiare.
Uscì da Ellis Island dietro cauzione di una ragazza americana, conosciuta in precedenza. Dopo altri tre anni di permanenza sul suolo statunitense, fece ritorno in Italia.
Marittimo con le società "Grimaldi", "Lauro", "Lloyd Triestino" e "Tirrenia" in qualità di garzone e cameriere per una quindicina d'anni. Successivamente impiegato (commesso) presso la pretura di Ottaviano(NA) e alla procura di Napoli, grazie ad una legge favorevole agli invalidi di guerra. Pensionato a 69 anni. Coniugato nel 1958 con Filomena Recupito, casalinga, nativa di Pago del Vallo di Lauro (AV). Otto figli (quattro maschi e quattro femmine). Abita in via dei Pescatori di Spugna n. 4. Iscritto all'Associazione Invalidi di Guerra con sede nella villa comunale.
Gli piace guardare la televisione, prediligendo i telegiornali, "Forum", "Passa parola" e "La ruota della fortuna". Anche se ha visto molti posti nel mondo, afferma che Torre del Greco è ancora una bella cittadina, specialmente quella di una volta. Torre attuale è abbastanza caotica e piena di auto e moto. ormai la storica e climatica città alle falde del Vesuvio, la ritroviamo solo sulle cartoline di una volta; cartoline d'epoca che continuano a trasmetterci quella suggestiva atmosfera, tipica dei panorami e paesaggi di un tempo che fu.