Dalla cantina ai fiori...
i "Senza pressa"
di PEPPE D'URZO
Sul quadrante dei ricordi sono impresse nella mente innumerevoli storie.
Le sfere spostandosi indicano il tempo e dalla finestra del tempo passato si affacciano, illuminando il proprio
passato, i "memori segni", dei "Senzapressa". Essi sono gli attuali Scognamiglio
brothers,
Francesco ('Ciccillo'), Nicola ed il compianto Giuseppe scomparso
nel 1994, famosi fiorai per nobile tradizione loro tramandata.
Un bisnonno aveva all'angolo di Via 4 Orologi, in Resina, una cantina di
quelle d.o.c., gestita in modo casareccio e familiareccio. Di frequente
accadeva che quando era il momento di porre a tavola i piatti con le
odoranti e saporite pietanze che "impregnavano" l'ambiente, i camerieri
(che erano della famiglia) si intrattenevano a colloquiare con gli altri
clienti seduti.
Gli astanti borbottavano e all'unisono si levava un coro di: "'Iamna' senza
pressa". Il nonno Francesco, sposatosi con Raffaela, da cui ebbe 17
figli, oltre a dare una mano nell'osteria ed in altre faccende
affaccendato, coltivava in alcune terre di proprietà, varie qualità dì
fiori dal sapore millenario: rose, garofani, viole, giacinti,
gladioli, dalie, zinie ed altri.
Dalla vicina cittadina archeologica, il figlio Carlo (1909/1992), amante
dei fiori e delle piante, venne ad abitare nel 1935 a Torre del Greco
presso la villa del barone Mazziotti di Gelso, il cui portale, col primo
piano risalente alla fine del '600, è ancora intatto e ben visibile
con stemma gentilizio, al corso Vittorio Emanuele n. 170 (nuovo) da
cui si accede all'ex parco Bonanno, attuale via delle Forze Amiate.
Cominciò a vendere fiori in largo Santissimo, ottenendo un piccolo "puosto"
che abbellì con un banchetto e mensole. Aprì, inseguito, un "flower-shop" al Corso Emanuele, oggi: " Planet Jeans" al civico 168, che
è stato in vita dal 1959 sino alla fine degli anni '80. Gli eredi "Ciccillo"
e Nicola ampliarono l'attività con un locale nel 1967 in piazza Santa
Croce n. 3 (ex bar Vitiello; bar chic e rinomato frequentato da gente
comune e da armatori, corollari, commercianti e dipendenti del Banco
di Napoli, allora ivi esistente al numero 13; i locali sono chiusi da
parecchio tempo, peccato).
Ciro, proveniente da una famiglia di coloni, sposò la nobile Maria
Montefusco dei Marchesi Normanni Montefusco (ramo di Portici). La sua
famiglia lavorava nel settore della frutta secca con export in medio
Oriente ed aveva una grossa fabbrica di legno (ebano) con più di cento
operai. Uno zio fu dichiarato disperso nella grande guerra del '15-'18.
Dalla loro unione nacquero 12 figli, di cui attualmente sono
viventi otto. Buon padre di famiglia, imponeva educazione e rispetto ai
figli, ai quali diceva sempre al cospetto del nonno: "Vasa 'a mano 'u
nonno!"; militesente, è stato buon testimone dei bombardamenti aerei
del 13 settembre 1943 che distrussero parte del corso Vittorio Emanuele,
dalla villa comunale alla chiesa di Santa Maria del popolo con attiguo
ospedale.
Uomo di rispetto, ingegnoso, sempre a disposizione, elegantissimo nel
suo "charme",
fumatore accanito, amante del buon vino e frequentatore del mitico "Gran
Caffè Palumbo", ove si intratteneva ben volentieri.
Dipendente dell'Uffîcio del Registro al corso Emanuele (trasferilosi,
poi, a villa "Carmela", direttori: Fischer e Ravel), uomo di fiducia e
depositario presso l'Ufficio Postale. Nel 1946 ebbe da un cliente in
regalo un pacchetto contenente zucchero, caffè ed una mozzarella che
allora era un qualcosa di raro e sopraffino, era il classico cibo per
convalescenti; il piccolo
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Nicola propose di mangiare il prelibalo latticino e per tutta risposta
il padre lo accarezzò con uno schiaffetto,
esortandolo a non
ripetere più quello che aveva detto, e, in più, fece
tornare indietro il dono ricevuto.
Appassionato di cavalli da corsa, una volta portò cavallo e fantino ("Peppe 'i viento") ad Agnano per una competizione. Ci scommise su una modesta
"puntata"; la gara fu vinta e la sorprendente vincita fu abbastanza
rilevante.
Il negozio di corso Vittorio Emanuele era ben tenuto e fra i vari clienti
v'erano le migliori famiglie torresi; spesso vi entravano molti artisti
e cantanti napoletani che si esibivano al teatro "Corallo": Sergio
Bruni, Maria Paris, Mimi Ferrara, Beniantino e Pupella Maggio ed altri. Adesso
i fratelli Scognamglio sono da annoverare tra i primi fiorai-giardinieri
della nostra città, unitamente ai Zeno, Madonna, Russo, Oculato,
Sorrentino, e ancora altri fanno parte di quella schiera (più di 50) di
abili artigiani dell'arte "fioristica".
Sono orgogliosi del mestiere che
espletano con raffinata competenza e che dà loro immensa soddisfazione.
Torre è anche la città, oltre del corallo, dei fiori che fornisce
lavoro a tanti e che viene esportato in alta Italia (Emilia e Liguria) e
all'estero. Famose le gerbere (dal nome del naturalista tedesco Trangott
Gerber), le margherite giganti, le bocche di leone, i garofani e foglie
in genere.
Le pareti dell'attuale negozio in piazza Santa Croce traboccano di
trionfali diplomi, attestazioni, targhe e titoli di merito, fra cui Rosa
d'Oro 1977; Comune di Napoli, Medaglia d'oro Mostra d'oltremare 1974;
Targa d'ORO e d'argento Festa dei Quattro Altari, metà anni '70;
Associazione per i rapporti culturali con l'Unione Sovietica, stato
dell'Azerbajan; Regione Campania, (pres. Eduardo De Filippo), anno 1975.
Francesco (1934) ha la passione più per i vivai e le serre. I fiori sono
vitali e li ama tutti allo stesso modo. Tifoso e collezionista di auto
d'epoca,(Balilla, Topolino, 1100, ex 103 a coda corta). Nicola (1934), (nella foto, all'esterno del magazzino al corso V. Emanuele negli anni
'60) è più incline all'attività negoziale, bravissimo nella preparazione
(classica e mai estrosa) di fiori e piante, gradisce su tutti la
magnolia (chiamata così in onore del botanico Magnol) per il suo
delicato profumo.
E' stato un buon calciatore nelle file della Turris
Boys e prima squadra alla fine degli anni '50: i rispettivi figlioli, un
po' restii al mestiere, sono impegnati in altre attività lavorative. I
generi, invece, per il prosieguo della funzione fioristica, frequentano
i mercati commerciali, fra cui quello di San Giorgio a Cremano, detto "A
'mmiez all'Arso" (dalla pietra lavica arsa).
Agli ottimi Scognamiglio
vada un sentito "In bocca al lupo" a sempre meglio operare, portando
dovunque il marchio di Torre del Greco.
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