Cappella Bianchini
e dintorni...
di PEPPE D'URZO
La nostra città è piena di pendii montani che offrono stupendi luoghi
ameni pieni di verde vegetazione e di aria salubre da infondere nel
profondo dei nostri cuori poesia e letizia per le nostre origini e
tradizioni. Andiamo qui a trattare, attraverso le sue origini e
tradizioni, la zona di Cappella Bianchini. Essa prese il nome dal conte Epofrodisio Bianchini, nato a Cheti nel 1717, il quale acquistò in
loco un fondo su cui giaceva la "Masseria alla novescà." In seguito vi
fece erigere una cappella che fu benedetta il 30 agosto 1750 e dedicata
a Maria SS. Immacolata
Poi altri proprietari. I nuclei familiari che si ricordano sono gli
Izzo, alias "Scioccola" e i Colamarino, alias "Sebbione".
Altre famiglie che sono
ancora imparentate fra di loro: Sorrentino, Serpe, Palomba e Mennella.
Nella zona furono coltivate varietà diverse di alberi di frutta, ed
anche la viticoltura fu abbastanza sviluppata. Famoso era il prodotto
locale il "Lacrima Christi" e il "Greco di Torre". Risulta che in un
documento del 1799, il Canonico don Diego Colamarino "...acquistò 24 barili
al costo di 13 carlini cadauno dal bottajo Tommaso Aurilia in una
cantina sua nella contrada...". La zona è divisa, da monte a valle, in
due differenziati territori: quello di levante è di natura lavica ed è
stato ricoperto, nel corso dei secoli, da diversi strati di colate ed è
caratterizzato per lo più da rigogliose pinete. Quello di ponente,
invece, è di natura tufacea, pozzolana, risalente al 79 d.C.; infatti,
nella vicina Cupa Falanga, furono trovati i resti di una piccola casa
colonica di epoca romana. Grazie al terreno molto fertile, si
riscontrano floridi vigneti e frutteti. Il territorio fu chiamato "Le
Scappe" ed il declivio fra il terreno la scarpata "Scappia", da
ciò probabilmente è nato l'antico nome di "li Scappi". Nei secoli
scorsi, a seguito di piogge torrenziali, il terreno fu eroso,
creando gli attuali canali; per contenere e convogliare le acque
meteoriche e limitare l'erosione del terreno, i Borboni, sin dal 1700,
iniziarono la costruzione dei Regi Lagni e delle Briglie. Le opere
furono completate negli anni '40.
Le uniche strade di collegamento con la città, furono per molto tempo
l'alveo Cavallo e una stradina di raccordo trasversale con via Curtoli;
bastava una pioggia più consistente e la zona rimaneva isolata per molto
tempo. Le vie d'accesso, in queste particolari circostanze erano
ripristinate dagli abitanti i quali si davano da fare per liberarle alla
meglio.
Agli inizi del '900 la comunità zonale ebbe un forte incremento e a tal
proposito nacque spontaneo il bisogno di edificare una cappella più
spaziosa di quella esistente. La costruendo nuova chiesa fu edificata su
un terreno donato da Maria Battaglia con un atto di elargizione redatto
dal notaio Ludovico Sorrentino fu Francesco Maria, in data 8 maggio
1916 e registrato al numero 2159 con i testimoni Salvatore Palomba e
Gennaro Selvaggio. Maria Battaglia, detta "Mariuccia 'i Scioccola"
che
nacque a Gragnano nel 1850, da Sabato e
Maria Michela Cesarano, morì a Torre del Greco nel 1946. Quest'ultima era
vedova di Giuseppe Benedetto Antonio Izzo, detto Pappiello 'i Scioccola,
nato in contrada "Li Viuli" nel 1827 da Nicola e Anna Maria Vitiello,
deceduta nel 1899.
Nell'atto precisò che "... qualora per qualsivoglia causa dopo il
decorso di anni venticinque da oggi, la chiesa non venisse o non si
potesse
edificare per cui mancherebbe la finalità della presnte donazione, in
tal caso... il suolo innanzi donato ritornerà in potere della costituita o
dei suoi legittimi eredi...".
La posa della prima pietra (ovviamente di natura lavica: le più grandi
erano dette"scarduni" e le più piccole "scardé', "savorre" e "ferrania"), avvenne
nella primavera dei 1920. Gli operai che si impegnarono alla costruzione
della nuova chiesa furono
indistintamente tutti gli abitanti delta zona:
vecchi, bambini, uomini e donne senza limiti d'età ed ognuno secondo le
sue forze e capacità. Nel contempo fu istituito un fondo per la
costruzione, la cui gestione fu curata da un comitato così formato:
Umberto Izzo, dei "Scioccolà", Gaetano Garofalo, detto
|
Le foto mostrano Giuseppe, Maria Battaglia e alcuni "operai" presso la
parrocchia nel 1944
"Santaloja",
Giovanni Mennella, detto "U fujente", Andrea Serpe, detto:
"Saccone". Ad essi si affrancarono alcune pie donne fra cui: Raffaella Fierro, detta "Fiuccia"
e Maria Mennella, detta "Maria 'i Fiele".
Dopo la costruzione delle mura perimetrali, nel luglio del 1932, con
una solenne processione partita dalla chiesa di Santa Teresa dei
Carmelitani
Scalzi, venne finalmente traslata la statua dei Sacro Cuore di Gesù
nella stessa chiesa.
La statua acquistata al prezzo di 50 lire da Antonio Sorrentino "'Zì
Nduono 'i Cecere". Dopo lo scoppio della Il guerra mondiale i lavori
andarono a rilento, sia per mancanza di fondi che di manodopera (gli
uomini validi erano tutti al fronte). Il 15 settembre 1941 in una
splendida giornata, riscaldata da un tiepido sole autunnale, la quiete
della tranquilla gente della piccola borgata fu disturbata dal rombo
dei motori di uno
"stormo" di bombardieri alleati in avvicinamento, provenienti dalla penisola sorrentina
in direzione dell'Osservatorio Vesuviano.
Distruzione e morte nei pressi della Cappella Carotenuto (dedicata alla
Sacra Famiglia) e a Cappella Bianchini. Varie bombe rimasero inesplose
evitando ulteriori danni. L'ultima fu ritrovata nel 1968 durante alcuni
lavori stradali. Trovarono, inoltre, rifugio presso la famiglia di
Vincenzo Mennella due soldati russi evasi dalla prigionia tedesca, Nicolaj (studente) e
Iran (meccanico) i quali furono i primi a portar soccorso dopo la caduta
delle bombe. Ciò suscitò l'ammirazione e gli elogi di tutti i cittadini
della zona.
Il nuovo tempio di Dio dedicato ai Sacro Cuore di Gesù fu eletto
a parrocchia il 26 marzo 1914 e fu consegnato a don Carmine Apice da don
Lucio Porzio. La parrocchia iniziò subito ad espletare le sue funzioni.
Nel '48 fu istituita la Scuola Parrocchiale, nel '49 la Chiesa fu
pavimentata e nel 1950 il suo interno fu completato; nel 1951 don Carmine
ebbe un malore e fu ricoverato nella vicina Clinica delle Margherite ('A
clinica 'i Mainiero"). Nel '54 la contrada fu erogata da una
nuova rete elettrica; nel '56 la costruzione di Viale dei Pini fu
completata. E dopo tanti altri avvenimenti e circostanze, nel 1993, con
una serie di manifestazioni e funzioni religiose fu celebrato il primo
cinquantenario della Parrocchia con grande partecipazione di popolo.
Altre cappelle campestri: Cappella di Maria SS. Immacolata in via
Bianchini, Cappella di San Raffaele Arcangelo in via Boccea, Cappella di
Santa Elena nella omonima strada, Cappella della Madonna del Vesuvio in
Via Etna, contrada Scappi (Lava Nuova), e Cappella di Maria SS. di
Montevergine in contrada Montedoro, abbattuta negli anni settanta.
Le edicole votive, invece, sono: San Gennariello, Sacro Cuore di Gesù e
la Croce di ferro battuto in località " 'Ncoppa 'a briglia".
Le notizie e le foto sono state gentilmente concessa dal signor
Mario Colamarino, grosso studioso e conoscitore di questa meravigliosa
ed accogliente oasi di verde e quiete urbana. |