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"Cardalana", 'u ciuccio,
"Trebbetella" ed altri


di PEPPE D'URZO
 

Definito uno dei centri della vita cittadina con famiglie di pescatori considerati figli del mare da cui attingere il necessario sostentamento per vivere, e marittimi che al ritorno da estenuanti e lunghi viaggi affollavano le strade della zona, è il popolare quartiere della zana mare.
Stiamo parlando di San Giuseppe alle Paludi con via Agostinella e i suoi vicoli e delle zone limitrofe. Quando si parla di questi luoghi, non si può fare a meno di ricordare figure "leggendarie" come Raffaele Clemente, conosciutissimo come "Cardalana", ex venditore di frutta e verdura. Così chiamato perché cardava (sgrovigliava ed allargava) la lana insieme alle donne all'esterno dei "vasci" (bassi).
Più tardi - durante e dopo l'ultima guerra mondiale - si cimentò come trasportatore d'acqua, attingendola dalle "Cento Fontane" distribuendola, dietro compenso, alla gente dei suoi Quartieri e un po' ovunque. Raccoglieva il "prezioso liquido" nelle caratteristiche "mommare" (orci di creta per acqua), poi in damigiane e brocche che caricava sulle spalle.
In modo spensierato e a piedi scalzi, transitava per le "storiche" vie cittadine, percorrendo notevoli distanze. Queste furono rese meno dolorose con l'acquisto di un asino e di un carretto.  L'inscindibile "trio", divenuto famoso nel tempo, diede il nome alla celebre e memorabile "Festa di Cardalana".
La festa, che è considerata - ieri come oggi - un momento di aggregazione in special modo per gli originari del luogo che abbraccia il porto, propiziata a settembre, era dedicata alla Madonna delle Grazie, per cui ancora è presente un tabernacolo a ricordo all'angolo di via Agostinella. Si racconta, e i più anziani lo confermano, come Raffaele fosse devotissimo a questa "Signora del cielo" per avergli reso salva la vita dopo una caduta da un muretto.
Raccoglieva personalmente fondi, andando casa per casa, per organizzare bene il tutto. Altre persone gli davano una mano. Tante erano le offerte devolute (come per la celebrazione e la processione della Madonna dell'Arco). I giochi, oltre alle giostre, erano vari: la corsa nei sacchi, l'albero della cuccagna e la spassosa gara della padella.
Quest'ultima consisteva nell'utilizzo di una padella, annerita di fumo, a cui era appesa una lira: i partecipanti la dovevano conquistare solo coi denti, e, nel farlo, tutto il viso diventava nero. Clou della festa era il "ciuccio di fuoco", un asino di legno, coperto di fuochi d'artificio, che trainava un carretto. Le strade percorse erano via XX Settembre, via Agostinella e via San Giuseppe alle Paludi. Durante il transito, una girandola di fuochi accompagnava il passaggio di questo asino "sui generis" che si incendiava del tutto alla fine della "hìstorical street".
Al celebrativo rito si assegnava una sorta di augurale auspicio per i fasti che di certo avrebbero reso per il quartiere. Quasi sempre questo "ciuccio" pirotecnico veniva condotto da un personaggio molto noto nelle zona, Luigi Lombardo, esperto in fuochi d'artificio, detto "Gliaglione" (1904/1976), venditore ambulante. In autunno vendeva le "allesse", castagne lesse collocate "rint'u cuoppo" (cilindro di carta).
Lombardo era sposato con Concetta Giannini, conosciutissima come "Trebbetella", (piccolo treppiedi usato dalle nostri parti sotto il contenitore delle bottiglie di pomodori, cotte da un graduale fuoco), donna vibrante e piena di vitalità che gestiva un chiosco (o "banco 'i l'acqua") di acqua minerale e bibite. Famose le sue bevande al "seltz" (gassosa ricca di anidride carbonica).
La foto la ritrae all'interno del suo piccolo "kiosk" in via Agostinella; siamo alla fine degli anni '50.

                  
                 

Nata nel 1907, è deceduta nello scorso mese di maggio.
Fra i tanti figli, Michele (classe 1932) ricorda di quando, ragazzino, col "carruoccio" scorrazzava sulle scale delle "Cento Fontane". La gente era felice. Le "cianciole" andavano a pesca di alici, i pescatoti tiravano dal mare le "sciavichelle " (reti), le donne ("telaiole") cucivano le vele per le barche.
Poi il periodo dell'ultimo conflitto bellico: i ricoveri antiaerei in via XX Settembre presso il palazzo a fianco dell'ultimo ponte ferroviario, dove termina la sua corsa la lava di pioggia, sotto il palazzo dove viveva un certo "'Ndulino 'u vaccaro" ed al III Vico Agostinella dove c'era una grotta.
I tedeschi, dopo aver fatto evacuare la gente del luogo, fecero saltare alcuni ponti della ferrovia con gli alleati alle calcagna, provenienti da Salerno. Un pezzo di rotaia andò a finire sul fabbricato dei "Scippilli" (vinai).
Durante i rastrellamenti dei militari, molti uomini della zona si nascosero nelle tombe e nicchie del cimitero, e nelle "pischere" (piscine d raccolta per fertilizzanti) nelle terre limitrofe. Poi arrivarono gli anglo/americani che portarono un po' di sollievo. Spesso lanciavano dai treni, transitanti in zona, caramelle, cioccolata e un po' di alimenti a quanti si facevano trovare nei punti in cui i treni rallentavano.
I soldati indiani si cibavano di riso, manipolato a volte a forma di palle: erano le prime curiosità culinarie. Si narra che fu celebrato, in Largo Gabella del Pesce, un rito funebre in onore di un soldato indiano, probabilmente di nobile casata, il cui corpo, avvolto in un lenzuolo bianco, fu bruciato su di una catasta di legno (parte dei quale fu prelevato sui binari ferroviari distrutti dagli esplosivi tedeschi).
La gente cominciò ad incuriosirsi: vennero anche autorità militari ed un picchetto di soldati. Le fiamme furono accese ed il corpo cominciò a scuotersi leggermente. L'atterrita popolazione torrese, pensando al ritorno in "vita" del deceduto, si diede ad una precipitosa fuga. C'era molta fame, i più bagnavano il pane duro per mangiarlo e, a questo "spettacolo", gli americani affermarono che gli italiani erano gente pulita, perché lavavano il pane...
Altre figure da menzionare: "Pascale 'i Nanora", bottaio con locale dopo la chiesa (con "loggia" laterale) di San Giuseppe; era solito organizzare la festa della Madonna Assunta; "Anella 'a crapara", "Bammino" (Vincenzo Scarfogliero che vendeva lana; la stessa, lavata a mare, veniva fatta asciugare lungo i muri della ferrovia, poi cardata e venduta); Antonino Garofalo, detto "Nduliniello", decano dei panettieri con forno in Largo San Giuseppe alle Paludi; Raimondo Savastano, panettiere e salumiere (famose le "simmulelle"); "I caprarielli" (famiglia Borriello, coltivatori); "Vicenza 'a sirena", madre di "Gennaro 'u mussuto"; Peppe Sciampagniello; "Scanzano" (quando la tombolella si giocava fuori dalle abitazioni); "'A bongiorna; "Tore 'a capocchia" (pescatore); "'A spaccalegna".
E tanti, tanti altri mitici protagonisti che hanno fatto la storia di questo bel tratto della nostra cara ed amata Torre del Greco.