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Ciccillo ferracavalli

di PEPPE D'URZO
 

Senza esitazione alcuna, trova giusta collocazione fra quella categoria di buontemponi, con un pizzico di folkloristica irascibilità, il popolare e mitico "Ciccillo 'u ferracavallo", all'anagrafe Francesco Succi. Nato a Torre del Greco (zona S. Antonio) nel 1931 ed ivi deceduto nel 1997, da Michele (allegro e pratico maniscalco e mediatore di case, con bottega a S. Antonio e poi in via Circonvallazione all'attuale civico 89) e da Virginia Borriello, tranquilla donna di casa, vecchio stampo con cinque figli da accudire. Il primo tra essi, 'Ciccillo', comincia sin da ragazzo ad imparare il mestiere del padre e nel locale di via  Circonvallazione  (confinante con le stalle degli Onzo, detti "I Cavallari") comincia con abilità e passione a ferrare i cavalli.
Dopo circa un decennio di questa "noble arte", dopo varie esperienze lavorative divenne il custode-tuttofare del "circolo Polisportiva Libertas" al corso Avezzana n. 53 (ex 45), un locale dove anticamente v'era un calzolaio. Il circolo diventerà la sua seconda casa. Era ben lieto di intrattenersi a scambiare  opinioni con alcuni amici che - ben conoscendolo - lo stuzzicavano e lui, dal profondo, del suo 'pathos', non poteva fare a meno di rimbeccare e sacramentare, in uno scenario di genuina ilarità con sonore risate. Spesso raccontava, senza mai dipingere il proprio volto con toni drammatici di quando, appena quattordicenne, durante la seconda guerra mondiale, un carro armato tedesco transitò nei pressi dei suoi luoghi natii: da sotto i cingoli schizzò una pietra che andò a sbattere sul muro e dal carro scesero i militari germanici i quali, impressionati e minacciosi, cominciarono ad urlare in cerca di chissà chi. Ciccio, presente all'accaduto e spaventato dalla presenza dei tedeschi, si levò ad una precipitosa fuga. Frequenti furono anche allarmi aerei con rovinosi bombardamenti tra un fuggi fuggi generale degli abitanti della zona in cerca di ricoveri.
Militesente, si unì in matrimonio con Gelsomina Cannolicchio (il cui padre era "Antonio 'u sfasciacarrozze") da cui ebbe quattro figli.
La Libertas inaugurò la sede nel 1965 grazie all'interessamento di Tonino Garofalo, Mario Auricchio, Isidoro Sorrentino, Mario De Dilectis e di altri. Intervenirono al taglio del nastro l'On. Crescenzo Mazza, il Prefetto di Napoli, Bilancia e Pino Porpora. Il sito fu benedetto da don Andrea Buovolo (altro famoso personaggio torrese e buon conoscitore di calcio). Francesco ha gestito il locale anche dopo la fine delle attività della Libertas, trasformandolo in sala gioco ed intrattenimento. Ha sempre avuto buoni rapporti con gli atleti della società, incoraggiandoli sempre a migliorarsi con sani principi educativi. Ovviamente faceva il tifo per loro. Si racconta che in una gara calcistica di campionato Juniores allo stadio "A. Liguori" contro la Leopardese, siamo alla metà degli anni '60, portò dei fuochi di artificio per festeggiare la vittoria della Libertas, che purtroppo perse, ma nonostante la sconfitta, consegnò i fuochi agli avversari dicendo loro di accenderli ed essi l'accontentarono.

Uomo dal cuore d'oro, aiutava il prossimo come poteva. Devoto di chiese, ogni mese si recava in un luogo diverso (Pompei, Portici, Madonna dell'Arco, ecc.). Apprezzato e stimato da don Onofrio Langella e da  don Vincenzo Oliviero, regalò due "bigliardini" per il calcio balilla ai ragazzi dell'Orfanotrofio della Santissima Trinità (Chiesa dell'Annunziata).
Grande appassionato di uccelli, in special modo dei cardellini, spesso si intratteneva con i volatili, custoditi a casa e nel circolo, e, fischiettando fischiettando, parlava con loro come un padre parla ai suoi figli. Appassionato di vecchie canzoni napoletane, quando era in vena, le cantava: da giovane si è esibito in classiche serenate a giovani puelle sotto i classici balconi e finestre. Inoltre era un patito del gioco del Lotto; le volte che riusciva a "pizzicare" (a vincere) elargiva gli introiti in famiglia ed in beneficenza.
Per la sua bravura e simpatia era ben rispettato  ed apprezzato in special modo dai sui "vicini  di casa" Gianni e Ciro Mennella, barbieri con negozio al Corso Avezzana (attuale, Vincenzo Russo fiori), poi, all'angolo di Via Circonvallazione, dai carrozzieri (di fronte al Circolo), dai professori e gli alunni della scuola media di "sotto 'u purtone", ed altri. Spettacolo nello spettacolo era quando si calava nei panni di una vera macchietta (persona che si comporta bizzarramente).
Ciccio era intrattabile quando non trovava parcheggio nei luoghi limitrofi al circolo e se la prendeva con la sua "leggendaria Fiat 124" di color beige che spesso la lasciava in divieto.... L'estate poi lo rendeva un po' inquieto. Per via del caldo e del sudore, era solito indossare una canottiera di lana (i vecchi saggi così consigliavano) che madida di sudore, metteva ad asciugare su di una sedia fuori al "suo" ritrovo. Inoltre, quando il sole ombreggiava altrove, ricorrendone la nuova direzione, spostava la sedia: era una comicissima  da teatro dal "vivo".
Era legatissimo alla famiglia ed amava moltissimo i nipotini che accompagnava a scuola. Viveva alla giornata carpendone i momenti migliori, non programmava mai il futuro; ripeteva sempre: "Chi pensa oggi 'ppe dimani, nun crede a Dio" e "Chi fà bene scòrdate, chi fà male pensace".
Dopo la sua prematura morte, causata da un infarto, il figlio Antonio ha continuato a gestire il vecchio "circoletto", trasformandolo in un "bar-caffetteria" denominato "Mucci" (febbraio 2000), ove si può gustare un buon caffé. Oggi coloro che transitano per corso Avezzana, non possono fare a meno di intrattenersi in questo esercizio che tanto ha dato ai giovani di una sana ed incontaminata generazione.
In ricordo di un personaggio dall'alto senso dell'altruismo, gran simpaticone, un po' iracondo ma felice di aiutare chi realmente ne aveva bisogno.