Ciccilluccio 'u
pisciavino
di PEPPE D'URZO
La lunga estensione di mare che bagna
Torre del Greco, celebrata nel tempo per la sua dolcezza del clima, la
bellezza dei panorami e la laboriosità dei cittadini, è da sempre stata
fonte di sostentamento, dando lavoro ai cosiddetti “uomini di mare”. E
fra essi vogliamo ricordare i tanti (molti dei quali ancora oggi in
attività) pescivendoli, una storica categoria di lavoratori dediti alla
vendita del pesce che, a costo di enormi sacrifici e col sudore della
fronte, fanno parte, a giusta ragione, delle tradizioni socio-culturali
della nostra rivierasca città.
Uno di questi era il fervido ed espansivo Francesco Palomba, da tutti
ricordato come “Cicciluccio ‘u pisciavino”. Era nato a Torre del Greco
il 01.03.1920 ed ivi deceduto il 29.03.1999, da Giuseppe, pescivendolo
ambulante, detto “Peppe 'u nemuoco”, in quanto monco di un arto
inferiore a causa di un incidente, e da Rosa Esposito, casalinga ed
esperta artigiana del corallo (bucatrice) con banchetto (“bancariello”).
Quattro maschi e due femmine furono i figli, tutti deceduti: Ciro,
Carmine, Vincenzo, Francesco, Clorinda e Principia, quest’ultima era
detta “’a uardastrada” ed era coniugata con M/le Natuzzi.
“Cicciluccio,
originario di tr. Gradoni Canali e Cancelli (ex via Monteleone), in età
precoce cominciò a lavorare per bisogno familiare per le dovute esigenze
che il tempo di allora richiedeva… Senza le istruzioni scolastiche,
imparò, sull’esempio dell’amato padre, il mestiere di pescivendolo (“pisciavino”).
Con notevole fiuto e senso commerciale, comprava il pesce da alcuni
pescatori torresi nel nostro porto, per poi andarlo a vendere in secchi
(“cati”) per le strade cittadine. Ne acquistò dell’altro in un mercato
ittico a Napoli (zona Foria), andandoci con una piccola carretta presa
in affitto. Col tempo si stabilì per la vendita in via Comizi (“’ncopp
'a ripa”). Con la patria in armi viene chiamato per il servizio di leva
nella Regia Marina. Imbarcherà su sommergibili e navi da guerra, in
qualità di marò/cuoco, partecipando a varie azioni belliche. Spesso la
nave su cui era impiegato veniva nel porto di Castellammare di Stabia
(NA) per esercitazioni e riparazioni; da qui a casa in licenza con un
buon carico di cibo ed alimenti vari per la famiglia.
Riusciva anche, nello stesso tempo, a comprare alici e pesci vari nella
città stabiese, per, poi, venderli a Torre. Dopo l’inutile e sanguinoso
conflitto mondiale della seconda guerra, inizia in tutte le derelitte
città e paesi dell’italico suolo, il lento e progressivo dopoguerra.
Egli riprende l’attività sospesa, dandosi da fare per essere al passo
coi tempi. Comprerà, a costo di privazioni, una “Vespa” a due ruote, poi
a tre (“’u trerote”), trasportando i “cascettini” (ceste), chiusi in un
telone da Napoli a Torre.
Verso gli inizi degli anni cinquanta aprì una
pescheria in traversa Santissimo (all’inizio a sinistra, entrando da via
Salvator Noto) che immette alla “piazzetta”, al civico 6 (ora 2 bis;
attuale deposito di frutta), fra il negozio (dischi, elettrodomestici,
ecc.) di don Pietro Vitiello e la “Casa delle banane” di Ciro Miele, ex
locale di “Raimondo 'u gravunaro”, al cui esterno si giocava a carte, ed
i componenti soliti erano: Raimondo, “Vicienzo Marenna”, “Zì Aniello
'u
calabrese” e “Scarola” (venditore di mozzarelle). Ora questo “dock” è
adibito alla vendita di abbigliamento intimo ed è gestito dal figlio di
Ciro: Vincenzo. Si ricordano altri magazzini: Federico (frutta e
verdura), M/le Maria (“Michele ‘u calabrese”; frutta e verdura),
“Ciccillo”, V.zo Polese (detto “Culapietro”; latticini), M/le Romano (ex
forno e boulangerie) e S.re Anno (“Tore 'u baccalaiuolo”, attuale
Perreon, caramelle e varie).
Qui il Palomba incrementò l’attività con alcuni collaboratori. Si unì in
matrimonio a 19 anni con Vincenza Malpese dalla quale ebbe: Rosa e due
gemelli, Vincenzo e Giuseppe, nati nel 1938 e scomparsi in tenerissima
età. Adottò, in seguito, Antonio, detto “Peppe”, nato ad Ariano Irpino
(AV) nel 1942 e Rolando, nato a Montecalvo Irpino (AV) nel 1945. Rimasto
vedovo nel 1970, si risposò dopo un anno con Anna Garofalo (classe:
1928, abitante in via Libertà n. 28) in quel di Pompei in data:
16.01.1971.
“Ciccilluccio” era un gran pezzo d’uomo, alto e robusto.
Persona solare, di buone risorse umane, tenace, schietta, serena,
ironica, scherzosa e “mattezziuso” dalla facile battutina… Sempre
gioioso ed allegro con la vasta clientela, proveniente anche da fuori
Torre.
Si imbronciava, però, quando la vendita dei pesci andava a rilento…
Durante le festività |
natalizie (alla vigilia di Natale e
dell’ultimo dell’anno) trascorreva la notte con gli occhi vigili sul
pesce e sui “capitoni” (grosse anguille: pesci d’acqua dolce d’aspetto
serpentino, con pelle viscida, verdastra, lungo fino a mt. 1.50, molto apprezzati come cibo; le anguille
più grosse, femmine, si chiamano capitoni.
In Italia, allevamenti a Comacchio/FE e nel lago di Bolsena in provincia
di Viterbo), raccolti in piccole vasche e mantenuti in vita fino alla
vendita. E questo era un “classique” per tutti i pescivendoli, torresi e
non, che rimanevano svegli durante la tipica e tradizionale “notte dei
capitoni”… Non disdiva mangiate e mangiatelle coi colleghi di lavoro, in
special modo il lunedì, giorno di riposo per le pescherie. Vi andava
spesso in compagnia del consuocero, Giuseppe Vitiello, detto “Peppe 'u
campagnolo”, ex marittimo e venditore di fiori; bravo cantante di
classiche napoletane, ed altri “pisciavini” fra cui “Cazzeruola”, “’a
malizia”, “’a petrella” ed altri, i classici compagni di tavolate, a
Torre, Napoli (ristorante “’u pullastiello” a Secondigliano), Angri,
Scafati, Lettere, Gragnano, ecc.
Quando si era un po' tutti allegretti
si cantava e si mettevano su scenette e gags comiche dagli esilaranti
finali e spassose risate. A Carnevale si esibiva con gli amici di
sempre, fra cui Stefano Ferraro (“Bellifrutti”) in cortei mascherati per
le vie della zona mare, facendo accorrere molta gente festante.
È stato possibile trascrivere questo spaccato di vita grazie al nipote
di “Ciccilluccio”, Giuseppe (“Peppe”) Vitiello (classe: 1958),
dipendente all’Ufficio Anagrafe del nostro comune, il quale, oltre ad
avere un ottimo ricordo del caro e diletto nonno, ne conserva alcune
foto, recuperate in album di famiglia, che lo ritraggono sotto le armi,
in gioventù e nella storica e tradizionale attività di “pisciavino” di
un tempo ormai trascorso, ove ancora oggi le parole e i gesti profumano
di mare, e le cose non si dicono… si sentono.
Le foto: Francesco Palomba (“Ciccilluccio
‘u pisciavino”); “gruppo di famiglia in un interno” con la madre Rosa
Esposito; in divisa da militare; in una festa con amici (è seduto alla
batteria); un carro in partenza da Torre per Montevergine (organizzato
dai pescivendoli torresi) |