Enrico 'u mbrellaro
di Peppe d’Urzo
Lungo
l’antica strada statale 18 che parte da Napoli "per le Calabrie" (come
ricorda il caro amico, nonché l’appassionato ricercatore Carlo Boccia)
e interseca Torre del Greco, alla via una volta chiamata del Borgo,
odierno corso Umberto I, esiste, da circa venti anni, un’antica bottega
artigiana per la vendita e riparazione di ombrelli. L’atmosfera e l’arredamento
insieme ad una vecchia macchina da cucire, una "doppia Singer"
(dal nome del suo inventore: Isaac Meritt Singer – 1811/1875 –
industriale statunitense che la perfezionò e ne sviluppò la fabbricazione)
e una piastra sul modello del ferro da stiro, consumata nel tempo per il
lungo battere sul martelletto per tempellare le bacchette metalliche, e i
gesti e le movenze, ancestrali ed arcaiche, sono la testimonianza di un
passato dall’antico sapore...
Al presente il negozio lo troviamo ancora al suo posto; è gestito da
Enrico Castaldi, il cui cognome è di nobile origine napoletana, da tutti
ricordato come "Enrico u ’mbrellaro". E' nato a Torre del Greco
il 15/08/1939, da Antonio, ombrellaio e Rosalia Pacillo, casalinga;
famiglia originaria di via Nazionale sulla mano destra (dopo Villa del
Cardinale, secolo XVIII, via Purgatorio n. 122).
Il nonno paterno Giacomo aveva qui un locale per la vendita e riparazione
di ombrelli (attualmente v’e un esercizio commerciale di ferramenta), poi
agli inizi del ’900 si trasferì al corso Umberto I (oggidì troviamo un
parrucchiere) e al civico 74 (ex 76). I gestori, in seguito, furono il
padre Antonio che tagliava e cuciva la stoffa con esperta perizia, al
punto che fu
definito "’U maestro 'ru taglio" ed il fratello Enrico,
provetto specializzato nelle montature delle bacchette metalliche. Alcuni
buontemponi della zona li chiamavano "'U sicc e ’u chatt",
per la somiglianza fisica e carattere scherzoso del famoso duo S. Lauren e
O. Hardy.
Successivamente l’artistica attività, quasi del tutto scomparsa nella
nostra città, – ma nelle storiche vie di Napoli troviamo ancora esperti "'mbrellari" – dal 1983
è passata, per tradizione familiare
al figlio Enrico; ex marittimo in qualità di cameriere con le mitiche
navi della società "Costa"; coniugato con Assunta Micera;
quattro i figli: Antonio che vive e lavora in Svizzera, Ciro ad Ancona,
Gennaro in Esercito a Livorno come caporal maggiore e Sergio,
disoccupato.
Per l’affabile e cortese Enrico gli ombrelli non hanno segreti...; crea,
come un vero stilista, ombrellini ricamati per varie cerimonie (spose,
prime comunioni, ecc.), oltre agli ombrelli da pioggia, da spiaggia,
ombrelli per carrettieri (di tela pesante) per le intemperie atmosferiche.
Nella sua "puteca" è passata molta clientela, proveniente anche
da fuori Torre, ma al presente è alquanto diminuita; una volta uno "styliste"
affascinato dall’old time" dell’ambiente, voleva a tutti i costi
comprare la "legendaire" macchina da cucire per ostentarla in qualche
mostra espositiva, ma lui non la vendette.
Diversi artistici ombrelli da sposa, inoltre, sicuramente appartengono a
qualche collezione privata. Enrico, oltre alla "Doppia Singer",
vetusta di oltre ottanta anni, ed alla piastra di ferro, e diversi
manici da bastone, conserva fra gli scaffali del negozio, una rara
bottiglia di
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vetro (tutta intera), contenente del vino rosso ed
incapsulata con un tappo da sughero, risalente ad
una sessantina di anni fa; fu un regalo di un cliente carrettiere di
passaggio per lo storico corso Umberto I, e, come per un affermativo e
fascinoso incantamento, il buon Enrico la tiene in serbo come un vecchio
cimelio... Egli è
senza dubbio l’erede ombrellaio, è lui la terza generazione di un
radicale ed atavico mestiere in via di estinzione. Nel
nome ombrello si nasconde la parola ombra che dichiara la sua funzione
originaria di parasole. Ritroviamo l’immagine del parasole negli
affreschi delle tombe egizie e negli antichi libri cinesi. Divinità e
sovrani antichi dell’Oriente apparvero in segno d’onore col capo
sormontato da un grande ombrello rotondo. La chiesa lo trasformò in
baldacchino quadrato.
L’ombrello fu insegna onorifica presso i greci ed i romani. Nel secolo
XVIII, fu, per la prima volta, adoperato in Occidente come riparo dalle
intemperie. Se ne fabbricarono prima con stecche di balene, finché nel
1851 l’inglese Samuel Fox applicò per primo le stecche d’acciaio.
Verso la fine del Settecento in Francia, il parapioggia era gia diventato
un oggetto di uso comune.
Nell’Ottocento fino ai primi anni del Novecento il parasole raggiunse in
Francia e in Italia una grande fortuna. Molti dipinti dell’epoca
ritraggono donne e ragazze con il loro ombrellino, il grazioso accessorio
che sottolineava l’eleganza dell’abito. Oggi il popolo giapponese
conserva l’usanza di ripararsi dal sole e molto spesso d’estate si
incontrano comitive di turisti provenienti dal paese del Sol Levante,
muniti non solo di macchine fotografiche e cineprese, ma soprattutto di
ombrelli.
In
Occidente, invece, l’ombrello viene esclusivamente usato quando piove; e
solo in estate nei giardini e sulle spiagge, ci si ripara sotto l’ombrellone.
Enrico era un ragazzino durante l’ultimo conflitto mondiale; ricorda con
timoroso sgomento il rombo degli aerei che sorvolavano la nostra
città; quegli allarmi aerei gli sono rimasti "dentro"; la
sua famiglia riparava nel ricovero antiaereo in via Nazionale n. 22 ove
abitava; passata la buriana, si rientrava tutti a casa; poi, con la
ritirata dei tedeschi, vennero gli alleati che oltre a transitare per via
Nazionale in tutto il suo lungo tratto, sfilarono anche per corso Umberto
I fra ali di gente festante, desiderosa solo di pace e di riprendere a
vivere.
E pian piano cosi fu... Di corso Umberto I egli serba un ottimo ricordo;
era una delle più belle ed eleganti strade cittadine, con i suoi negozi,
i personaggi e la gente che viveva in modo spensierato, puro ed
incontaminato. Si assisteva al passaggio del mitico tram su quei lunghi
binari installati nella basolata via; le prime autovetture, i taxi ed
altri mezzi di comunicazione...; in precedenza v’era "’u sciaraballo", carro con posti a sedere, trainato da cavalli che
raggiungevano la zone
periferica di Santa Maria la Bruna e viceversa. Bei tempi che, ahimè,
non possono più tornare, ma che appartengono sempre alle nostre origini e
tradizioni. Altri famosi "’mbrellari"
torresi: Vincenzo Abruzzese, Biagio Abruzzese, anch’egli artista dell’ombrello
e di bastoni (oggetti di lusso di origine orientale, poi greca e romana,
con l’esplosione di moda nel 1700 in Europa e in Italia; nel XX secolo
divenne indispensabile per la moda maschile all’inglese; oggi il bastone
è tornato a una delle sue funzioni più antiche: aiutare a camminare) con
locale alla 2^ tr. Salvator Noto; un altro Abruzzese in via Cappuccini,
trasferitosi in seguito a Santa Maria la Bruna, ed altri di cui non si ha
memoria.
Le foto:
Enrico Castaldi ("Enrico 'u ’mbrellaro") al presente: il
negozio "Ombrelli per tutti" al corso Umberto I n. 74 (inizio
anni ’60 e al presente); la "doppia Singer" (macchina per
cucire); un ombrellino per cerimonie |