Peppe 'i Liberina
di Peppe d’Urzo
Si
apre il sipario dei "ricordi" e sulla scena della vita appare un altro
personaggio ben conosciuto in città. Si tratta di Giuseppe Rita, da
tutti ricordato come "Peppe ’i Liberina" in quanto una sua ava si
chiamava Libera. Era nato a Torre del Greco il 14/11/1913 ed ivi
deceduto il 09/12/1999, da Giulio, marittimo, detto "’U rex"
poiché imbarcato più volte sul famoso transatlantico della Marina
Mercantile Italiana, onore e vanto della nostra nazione e da tutti
invidiatoci; poi, venditore di frutta in via Purgatorio, e da Maria Raiola,
detta "’A palomba" che mise al mondo due maschi e quattro
femmine, di cui Gina morta (era anche incinta) durante i bombardamenti
aerei in via Purgatorio ed altre zone in quella terribile notte della
vigilia di Pasqua del ’43, e Vincenzo, deceduto a 26 anni per una
operazione allo stomaco; era un bravo cammeista ed appassionato di calcio.
Giuseppe, fin da giovane imparò il mestiere di cammeista (da cammeo: gemma
incisa a rilievo, utilizzando i vari strati e la varia colorazione di
certe pietre dure: agate, onici, calcedoni, cornioli, crisoprasi, onde
ottenere effetti di profondità e di tonalità diverse), attività alquanto
in "vogue" nella nostra artistica e laboriosa città.
Aprì, in
seguito, un laboratorio ("tuorno") in via Purgatorio, poco prima
dell’incrocio con via Circonvallazione, con alcuni dipendenti, che tenne
in vita fino allo scoppio della II Guerra Mondiale con la dichiarazione
dell’Italia in quel 10/06/1940.
Milite
esente; prestò servizio come pompiere. Imbarcò come cameriere sulle navi
della società "Italia"; si trovò a Torre in quei burrascosi giorni che seguirono l’armistizio dell’8 settembre ’43.
In uno di
quei rastrellamenti effettuati dai soldati germanici, fu catturato,
unitamente ad altre sventurati, nei pressi del "vico ’ddu Priatorio"
(che immetteva al vecchio "canalone" al rione Acquaviva), nel
mentre cercava di nascondersi; fu condotto a Sparanise (CE) dove
riuscì ad introdursi di notte in una campagna e darsela a gambe, eludendo
la sorveglianza delle sentinelle; evitò la deportazione nei campi di
lavoro del Terzo Reich, e pian piano, a piede e con mezzi di fortuna, fece
ritorno a casa.
Dal dopoguerra riprese a navigare, sempre con la società
"Italia" come cameriere comune, imbarcando su tutte le navi ad
esclusione degli imponenti "Michelangelo" e
"Raffaello", fino alla meritata pensione; si uni in matrimonio
con Immacolata Esposito (della stirpe de "I beli"); una figlia:
Marisa.
In tribuna allo stadio comunale "A. Lguori"
col nipote
Giuseppe (anno: 1994)
Nel 1980 ebbe dei problemi di salute; fu operato a dei polipetti alla
gola, probabilmente per le tante sigarette che fumava e per il continuo
"crier" a squarciagola allo stadio per incitare i propri
beniamini in casacca "corallina"... Sin da ragazzo
appassionato tifoso della prima squadra cittadina: l’allora U.S.
Torrese che si esibiva sul mitico campo "Fienga", divenuta, poi,
Polisportiva Turris nel settembre del 1944; per lui esisteva solo la Turris
ed era attaccato morbosamente alla squadra.
Ai suoi tempi andava di moda
un motivetto musicale dal titolo "Quanno ’e turrise scennono!"
con versi di Gppe Raiola ("Raimir") e musica tratta dalla
canzone "Quann’ ’ammore vo fila!", anno: 1923; riportiamo
alcune strofe: "Costabile, Maglione e Scagliarini cu Longobardi...
overo... che campiune!
Pedone, Guggisberga e a’lla Carbone, me parono p' 'o campo tanta liune! Del Gatto, De Dilectis, cu Pane dicono: "A cca, nun passara
nisciunno.". Quann’ ’e turrise scennono te fanno ellettrizza! E
li difese tremano, nisciuno e ppo ferma! ’Na fuiuta, ’ne centrata po’
nu colpo ’e cannonata! Para ’o portiere... ma... ’apalla dint’ ’arezza egghiuta
gia!".
Appena sbarcato dalla nave seguiva la Turris dentro e fuori casa (tante
le trasferte con gli
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Giuseppe
Rita, detto "Peppe ’i Liberina"
da giovane; negli anni novanta
amici); assisteva anche gare delle giovanili.
Stimava molto i "suoi" campioni di un tempo a lui molto caro, fra cui
Catello Carubbi (il compianto "Lilly"), intelligente attaccante
col fiuto del goal, e tutti quelli che fecero grande la Turris a
cavallo degli anni ’40 e ’50; gli allenatori: R. Salar e M. Bruno;
presidenti: S.re, ing., Gaglione, i F/lli Vecchietti e gli Acampora; nel
l998 ricevette una targa dalla società (presidente: Gennaro Acampora) come
tifoso di lunga militanza. Andava in collera quando qualcuno parlava male
della compagine "corallina"; amava la Turris ad oltranza; si
confrontava con chi era solito usare dialettica sportiva; il tono
basso della voce (l’operazione alla gola gli cambio un po' la vita) gli
impedì di avere divergenti controversie di opinioni sugli argomenti che
riguardavano la "sua" Turris.
Acquistava regolarmente, per
ogni nuova stagione calcistica, l’abbonamento, regalandone due ai
diletti nipoti: Vincenzo (classe: 1969) e Giuseppe (classe: 1972). Per lui
lo spareggio Turris – Sorrento per il passaggio in serie C (02/06/1969)
fu, a dir poco, una gara maledetta...; rimase molto male quando la Turris
perse ai calci di rigore contro il Sora (dalla C/ 2 alla C/l) in quel di
Perugia (26/06/ 1994), e non volle andare ad Avellino allo stadio "Partenio"
per Turris – Benevento (96/97 con la Turris promossa in C/I); il cuore non
avrebbe retto.
Una
formazione della Turris nella stagione 1947/48, serie C, girone
"R", Lega Sud; Carubbi
è il secondo in piedi a destra.
Don Peppe ogni sabato prima di una gara interna
della Turris, controllava condizioni del mare per scrutare, mangiava a
cena solo se la squadra "corallina" vinceva; spesso, dopo una
sconfitta, rimaneva di cattivo umore e non usciva da casa. Stimava molto
mister Antonio Merolla che nel 93/94 disputò un ottimo girone di andata in
C/2 "C", dando fiducia ad alcuni giovani calciatori. Frequentava
il circolo di p.zza L. Palomba (ex latteria), ove era ben stimato e
rispettato; in precedenza aveva frequentato il bar Conte e "Filippiello"
dei f/Ili Romito, ove aveva molti amici.
Giuseppe viene ricordato come una
degna persona, schiava, riservata, discreta e che non voleva mai essere
protagonista; somigliante leggermente al grande attore Omar Sharif (in
età matura) era un ottimista per natura, con saggezza invitava chiunque a
non lamentarsi; ai nipoti Vincenzo (dottore commercialista) e Giuseppe
(impiegato) ai quali ha dedicato parte della sua vita, trasmettendo loro
la passione per la Turris (li portava a vedere le partite, sedutigli
accanto) spesso ripeteva: "Uagliù, nun ve lamentate... ita essere
ottimisti...".
Ai suoi funerali parteciparono molte persone fra cui alcuni dirigenti
"corallini"; Angelo Vitiello (collaboratore della Turris) lo
omaggiò con un gagliardetto che fu collocato, unitamente ad una sciarpa
rosso "corallo" da parte del nipote Vincenzo Costabile, sulla
tomba prima di essere inumata.
In una gara ufficiale della Turris allo
stadio comunale "Amerigo Liguori" fu osservato un minuto di
raccoglimento, prima del fischio d’inizio, in suo onore; un bambino
portò delle rose in quello spazio vuoto che era il suo posto a destra
tribuna stampa; quel vuoto rappresenta tutta una vita dedicata alla Turris,
la sua seconda famiglia. |