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Maria 'a ricamatrice
di Peppe d’Urzo

Una delle ragioni più importanti della sua vita è stato il ricamo. "La mia vita, per lunghi tratti, si chiama ricamo..." Cosi afferma il distinto e signorile volto, ancora ben conservato nel tempo, di una "giovane" ultraottantenne; il suo nome è Maria Giuseppina Lubrano ed è nata a Torre del Greco il 29.03.1919, da Leonardo e Nunziata Colantuono, ricordata come "’A capera" (una stylist pettinatrice d’epoca), della casata di "Scampamorte" (nota famiglia di pescatori/marinari dell’isola di Procida, suggestiva isola del Tirreno nel golfo di Napoli di cui costituisce con Ischia, il limite occidentale; forma un comune della provincia di Napoli con 10.440 abitanti; coltura della vite, vini pregiati e degli agrumi, frequentata per i bagni), cosi chiamata poiché i suoi componenti si erano sempre salvati dai pericoli nelle tempeste marine.
Il padre Leonardo (1879 – T. Greco – 1961), marittimo, emigrò in America, ove faceva il cameriere a New York; poi fece ritorno a casa. I suoi cari così lo vollero ricordare: "Padre di esemplare virtù che la sua gioventù la passò lontano dai suoi cari per il loro benessere. Quando pensava di godersela fra loro, il Signore

lo volle a lui, lasciando inconsolabili le figlie, i generi e i nipoti tutti". Quattro furono i figli; due maschi (deceduti) e due femmine.
Il fratello di Maria, Saverio, marittimo con la Società "Italia" fu anche silurato sulla nave "Cesare Battisti". La famiglia Lubrano si trasferì a Torre in quanto il padre di Leonardo, Luigi, sposò una torrese, andando ad abitare in via Gradoni e Canali. Maria, col tempo, detta "’A ricamatrice", originaria di via XX Settembre, da ragazzina andava a scuola in piazza Luigi Palomba; poi, verso i dodici anni frequentò la scuola di ricamo, sempre in piazza Luigi Palomba; poi, verso i dodici anni frequentò la scuola di ricamo presso l’abitazione di Emanuela D’Acampo (1900 – T. Greco – 1997) in via XX Settembre n. 32, detta "'A maesta", donna tutta di un pezzo, di altri tempi, severa all’occorrenza con le "figliole", decana delle ricamatrici a Torre del Greco e stimatissima per la sua arte. Erano i tempi dei "futuri destini" e delle "fervide ardite itale menti", in cui i giovani indossavano la divisa di "balilla", e lei, la dolce Maria vestiva gli abiti della "piccola italiana".
Si unì in matrimonio in piena guerra; era il 16 agosto del 1942, con Ciro Di Maio (1915/1991), marittimo con la Società "Italia"; Medaglia d’oro di lunga navigazione (anno 1973), da giovane ha navigato sulle "coralline", militare nella Regia Marina. Abitazione nella storica via di C.so Umberto I (palazzo De Marco). Qui i soldati tedeschi, dopo i terribili giorni postumi dell’armistizio dell’8 verso la fine dello stesso mese, prima di ritirarsi, effettuarono vari rastrellamenti; terrore e paura quando i soldati, armati di tutto punto, salivano nei palazzi e bussavano alle porte, a volte buttandole giù, in cerca di uomini e giovani da inviare nei campi di lavoro in Germania, nel classico "viaggio all’inferno", senza ritorno per molti italiani e torresi.
Ciro, unitamente ad altri sventurati, rimase nascosto nel vecchio cimitero di via San Giuseppe alle Paludi fino all’arrivo delle truppe


alleate che transitarono anche per c.so Umberto I, lanciando alla festante popolazione, sigarette, caramelle, chewing gum, pane bianco ed altro; cominciò un po’ di serenità per l’afflitta, gente, martoriata dai bombardamenti aerei e dalle ristrettezze della folle guerra. Ciro, come molti altri torresi, lavorò con gli americani nel porto di Napoli.
"La guerra è stata una rovina per tutti, un brutto periodo che, purtroppo, fa parte della nostra vita – asserisce la mite e soave Maria – ci si arrangiava come si poteva, ognuno pensando ai bisogni dei propri cari. La maggior parte dei soldati americani un po' boriosi e provvisti di un alone di prosopopea, portarono un po’ di sollievo e benessere. Mio marito, al ritorno dal lavoro dal porto di Napoli, portava a casa il ben di Dio...".
Ricorda il bel periodo trascorso alla scuola di ricamo, questa nobile arte del ricamare a mano, un’attività elegante e sottilmente adorna; non è altro che un disegno ornamentale che si ottiene su un tessuto, talvolta sul cuoio, operando ad ago con fili di lana, cotone, lino, seta, ecc.. I punti di ricamo più comuni sono: punto erba, inglese, passato, rasato, pieno, a croce, a catenella, steso, l’orlo a giorno (nel nostro dialetto "giurnino"), di Palestrina, trapunto, serrato, ecc... Le prime macchine da ricamo, poi, furono costruite in Svizzera nel 1830 circa.
Quel lumicino al centro del tavolo che illuminava i telai delle giovani che apprendevano, con passione e dedizione, l’arte della "broderie"... Che bei tempi! Ormai appartengono al passato, un passato che inorgoglisce una sana generazione come quella della nostra cara Maria, che oltre a ricamare per tanta gente, ha provveduto al corredo delle sue adorate tre figlie.
Altre sue amiche di questo periodo sono state le sorelle Fontanarosa al vico Cirillo n. 1, dedite all’attività di sartoria.
Tutti rimembrano la famosa "balcunata ’dde figliole", un balcone lungo e stretto (ancora al suo posto) ove le "sisters" erano solite affacciarsi per gustare il fascino e l’eleganza di c.so Umberto I, ove passava il leggendario tram sui binari stradali, diretto al capoluogo partenopeo; Assunta Liguoro (1919), alias "Assuntina ’a ricamatrice" dalle mani d’oro per i tanti lavori eseguiti, ed altre...



Maria, donna tenace e tosta, ha quattro figli: tre femmine ed un maschio (deceduto), sette nipoti ed un pronipote; vive beatamente e circondata dall’affetto dei suoi cari, in un vecchio fabbricato in via Fontana n. 37, ove con fiero orgoglio, tiene conservate le sue opere d’arte, gli orlati ricami, lavorati col sudore della fronte.
Un esempio da trasmettere alle nuove generazioni, affinché ricordino le ragazze di quei tempi che, come il copione della vita richiedeva, si attivarono in lavori di ricamo, sartoria, corallo, cammei, bigiotteria ed altro, sotto la vigile guida di esperte "maeste", con quel pizzico di giusta severità e rispetto, di cui non si sono ancora perse le tracce, ma che ne avremmo sempre bisogno.

Le foto: Maria Giuseppina Lubrano, in arte "Maria ’a ricamatrice" al presente, con una nipotina; il padre Leonardo; uno scorcio di via Fontana (anno 2004).