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Piripì
di Peppe D'Urzo

E’ meglio conosciuto con l’"artistique" strangianome di "Piripi, poiché quand’era giovane aveva una grande passione per le galline che custodiva, in un recinto, in via Libertà n. 15; le lasciava andare libere per la zona fino al largo Benigno, per poi richiamarle con la modulata voce di "Piripì, piripì..."; nessuno della zona si avventurava a toccarle; esse "rincasavano" indisturbate sotto il suo vigile controllo. Fu questo un quasi rito celebrativo che durò per molti anni.
E’ il riconosciuto prologo per introdurre la figura di Michele Ruotolo, nato a Torre del Greco il 1928, da Ciro, marittimo (fuochista), pescatore e segatore, e da Anna Intoccia (1946), casalinga e sarta; la prole era composta soltanto da Michele. Il padre Ciro nel l928 emigrò in America, coi fratelli, andando in quel Brooklyn (New York). Dopo circa quattro mesi ebbe un infortuno sul lavoro: un chiodo gli si conficcò sotto un piede. La cancrena che prima gli aveva fatto recidere una gamba, lo fece morire in seguito. I fratelli fecero mesto ritorno in Italia senza un documento di morte.



Era, infatti il l928. La inconsolabile vedova andò ad abitare alla traversa Libertà n. 4 in una stanza con cucina, allora illuminate da un lume a petrolio. Nel l934 riuscì a trovare un locale (tipo "vascio", alias basso) in via Libertà n. 15, ove cominciò l’attività commerciale per la vendita di legumi, fagioli, noci e "nucelle", pigne semi, ecc. Nel frattempo "Piripì" frequentava la Scuola elementare a Corso Garibaldi e vendeva le castagne "allesse" con un carretto, il famoso "carruoccio"; arrivava a scuola sempre con circa un’ora di ritardo; nel 1935 si diede alla vendita delle "pullanghelle" (spighe), contenute in una grossa caldaia.
Con l’entrata in guerra dell’Italia (10 giugno 1940) fece altri mestieri, e, fino al ’43, si recava con il treno ai confini della Calabria ed altri piccoli centri a comprare olio e cibarie varie. I suoi ricordi vanno alle incursioni aeree sulla nostra pacifica città; anche nella zona mare vi furono terribili bombardamenti; la gente affollava i ricoveri antiaerei in via Comizi, ove era ubicato il bar di un certo "Tore Jeattammare" (Salvatore Lamia) e in via Gradoni e Canali ("’U largo ’i Benedetta"). Durante i rastrellamenti dei militi tedeschi, dopo le confuse fasi della resa incondizionata (armistizio) dell’Italia in data 8 settembre 1943, i torresi si nascondevano dove potevano. In uno di quei tristi giorni, Michele che era per strada fu osservato da un soldato germanico; l’allora
       

quattordicenne giovanotto aveva una fascia in testa per una ferita patita qualche giorno prima. Presto il posto si riempì di uomini e di giovani di

      

lì a poco catturati, e il militare, sul punto di farlo salire a bordo, lo lasciò andare. Poi, finalmente arrivarono gli alleati... coloro che furono chiamati i "liberatori. Michele con gli americani e gli inglesi era in buoni rapporti commerciali; era il tempo dei "dollari" e delle "am-lire".
Il 02/06/1946 si unì in matrimonio con Grazie Ficco (classe 1928), mentre la adorata madre, a quarantadue anni, il primo settembre dello stesso anno, raggiunse il regno dei cieli. A ventisei anni si ritrovò con quattro figli: una femmina e tre maschi (attualmente ha dieci nipoti e due pronipoti), lavorando col sudore della fronte ed investendo in immobili. Ha celebrato le nozze d’oro nel 1996 con un viaggio in Francia.
Milite esente, fu richiamato nel 56. Nel 1970 acquistò la tabaccheria in via Roma n. 25 (ex 2l) dall’ex proprietario Antonio Baldini; ora solo per il plesso scolastico della "Giovanni Mazza".

               

"Via Libertà, afferma il coriaceo don Michele, con un pizzico di simpatico orgoglio è conosciuta per il locale di "Piripi" (al presente, merceria con un altro gestore), diventandone famosa nel tempo... Il commercio di una volta era privo delle attuali comodità; era il tempo dei carri e carretti per il trasporto delle merci, e, nelle case si cucinava sui focolai di terracotta... si "susciava sotto il fuoco"... C’e una grande differenza fra Torre del Greco di oggi e quella di un tempo che fu...; il commercio – egli continua – nel corso degli eventi è andato a terra; preferisco i tempi miei...".
A tal proposito rimembra i pochi ma grandi commercianti di allora: Mattia Mazza, Mario Sbarra, Cuccurullo ("’A fungella"), Ondeggia, Boccia, Catalano, "Stanisiello" (scarpe) ed altri.
In via Libertà: "Mast’Antonio e Nicola ’i cusuturi", "'a chianca ’i Pepe" (beccheria, la cui titolare era una certa "’A principale").
In via Fontana: "’U strummulillo" (panetteria), "'U cataro" (cantina), "'A tabaccheria ’ddu nasone", "’U baccaliuolo" (Magliulo), "’U bar ’ddu capurale") (lacopino), "Francesca ’a serrengara", "’U pastenacaro" (barbiere Alfonso), "’A tianara" (venditrice di "tiani" e "cazzarole"),"'Ngiulina ‘a gravunara, Ciro ’u zincarello" (venditore di fave, castagne e "pullanghelle"), "Enrico ’u furnaro" (Enrico Gaudino), Di Luca "’u barbiere".