U'
riggiularo
di Peppe D'Urzo
Nel campo dell’edilizia "i riggiulari" (da "riggiola":
piastrella di terra cotta, poi di cemento, per la pavimentazione; mattone)
hanno la loro rilevanza nel campo dei rivestimenti del suolo, ambienti,
stanze, selciati, lastricati, ecc. Di famosi ce ne sono in provincia di
Napoli a Cardito, Caivano e Frattamaggiore.
A Torre del Greco ad iniziare,
fra i primi, questa attività fu Angelo Nocerino (famiglia di Ercolano),
capostipite, detto "Mastu ’Ngiulino", 1886 - Torre del Greco
– 1973; caporale dei bersaglieri nella grande guerra (1915/18), fu
ferito al fronte da una granata che gli causò danni ad una mano; nell’attimo
in cui scoppiò l’ordigno nel campo di battaglia, ebbe in visione la
sacra immagine di San Ciro, cui sarà sempre devoto e presente alle
processioni in quel di Portici. Tornato a casa con la riconosciuta
invalidità di guerra, agli inizi degli anni venti aprì una fabbrica di
mattonelle ("riggiole") a San Giovanni a Teduccio (NA) ove
arrivavano vagoni di treno carichi di pietre di calce, e, a Torre, in Largo
Gabella del Pesce (attuale carrozziere, confinante con l’officina di Santagata), prelevata in seguito da un certo Balzano, e in via Gaetano De
Bottis ("’U palazzo spuntatore").
Ebbe una decina di operai
coi quali si attivò per diversi lavori, rifornendo anche altri locali
torresi.
Era
coniugato con Maria Cira Ruotolo di "’Ncopp ’u Pataffio" in
via Nazionale; figli: Cristoforo, Ciro, Pasquale, Mario, Vittorio, Rosa e
Angela; abitava all’inizio di vico Pizza (al c/so Umberto I), nome di
una famiglia di notai (Giuseppe e Domenico Pizza).
Con "Mastu ’Ngiulino"
lavoravano i figli Cristoforo e Ciro (1917 – Torre del Greco – 1993); quest’ultimo prestò servizio militare nella
Regia Marina con la leva del 1935; imbarcò sul C/T "Ricasoli" e
partecipò alla campagna in Spagna, combattendo a Santi Quaranta; poi sul
"G Garibaldi"; gli fu conferita una onorificenza militare che non volle
mai ritirare. Dopo
il congedo illimitato fu richiamato il 20/06/1940; da Taranto fu inviato
in Grecia (isola di Lero); poi, di nuovo a Taranto su di un dragamine che
saltò su di una mina; fu recuperato in mare dopo diverse ore e fu
ricoverato nell’ospedale "San Giorgio" di Taranto. Fece
ritorno a casa nel 1945. Si unì in matrimonio con Anna Luzzetti (1922), e,
per convolare a nozze ebbe un mese di licenza e mille lire di premio dalle
autorità di regime. Figli: quattro: un maschio e tre femmine.
Dal lento
dopoguerra riprese l’attività che aveva lasciato, lavorando in proprio,
mentre il padre aveva continuato ad esercitare il mestiere di "riggiularo".
In seguito, con il libretto ("’A libretta") di navigazione,
decise di andare in Argentina da una sorella. Dopo un po’, richiamò la
famiglia con le tre femmine, mentre il maschio Angelo (1951) nacque a Wilde
(Buenos Aires). Ciro lavorò nel settore edilizio ed aprì un
supermercato alimentari (di una società italiana), nel periodo dei Peron
(Juan Domingo e sua moglie Eva Duarte, detta "Evita"). L’Argentina
allora era una terra florida e famosa per la carne che veniva esportata in
tutto il mondo.
Si tornò in Italia con il "Conte Grande" per le
precarie condizioni di salute della suocera, che, purtroppo la figlia Anna
non riuscì a vedere per l’ultima volta; si era nel 1960. A Torre aprì
una salumeria al 2° vico Abolitomonte, gestita dalla moglie, e riprese con
le mattonelle, lavorando fino agli inizi degli anni ottanta.
Don
Ciro all’anagrafe registrato col nome di Angelo, da giovane era un
attore di teatro; era una sua vecchia passione, coltivata sin da ragazzo;
era uno show man e gli piaceva cantare le classiche canzoni napoletane. Aveva una piccola compagnia teatrale in un locale (inizialmente una
grotta) in fondo al vico Pizza (poi deposito di marmi); fra i componenti
ricordiamo "Tatonno Murzacchione", G.ro Gentile ed altri; alcuni
di essi deceduti in guerra al largo di Capri; erano militari (tutti della
classe del 1917) appena imbarcati su di una nave che
|
fu affondata nella acque antistanti l’isola
azzurra.
Ciro era un bel uomo ed in questa foto di gioventù mostra
tutta l’eleganza di un tempo e con l’aspetto un po’ grintoso alla James Cagney (il famoso attore statunitense del film (1938) "Gli
angeli dalla faccia sporca").
Altri Nocerino (fratelli): Cristoforo
che aprì un negozio di calce, servizi igienici, ecc. in via
Costantinopoli; Pasquale, materiale edile in via Cavallerizzi (ora il
figlio Nunzio) e Vittorio, bombole al C/so Umberto I (al presente il
figlio Angelo).
I veri eredi e discepoli del mestiere di "Ciro ’u riggiularo" sono stati i Gaudino, ottimi allievi, Salvatore e Pietro;
si dice che "Mastu Tore" Gaudino abbia messo i pavimenti in
casa di Totò a Napoli.
Un altro fratello, Mario, giovane e bravo
"stuccatore" fu preso, durante i rastrellamenti, dai soldati
tedeschi all’imbocco di vico Pizza; da qui fu condotto vicino il
"Gran Caffé Palumbo" al corso
V.
Emanuele. Subito la madre e la cognata Anna cercarono di riscattarlo con
un po’ di oro, racimolato in casa, ma non ci fu nulla da fare, fu inviato in un campo
di concentramento in Germania e costretto a lavorare nei forni crematori.
Per un certo tempo non si ebbero sue notizie. Anna si recò da Don Stefano Perna,
l’allora parroco di Santa Croce, il quale scrisse alle preposte
autorità di Città del Vaticano, grazie alle quale si seppe che Mario era
vivo; era questo il tempo dei cosiddetti "segni premonitori"
a cui la gente si aggrappava per il rientro dei propri cari dai vari
fronti bellici e dalla prigionia; tornò nel 1945 a fine guerra,
debilitato nel fisico e nell’animo e con la tubercolosi.
Alla gentile ed
affabile signora Anna Luzzetti, moglie del compianto "Ciro ’u riggiularo" vengono in mente i ricordi della sua gioventù e dell’ultimo
conflitto mondiale.
Da ragazzina frequentò le scuole elementari in via
Teatro e in via V. Veneto, indossando la divisa di "piccola
italiana" (in camicia bianca e gonna nera); poi imparò a ricamare da
Emanuela D’Acampo, detta "'A maestra", donna tutta di un pezzo
e di rispetto in via XX Settembre; "'Nu sordo ’i castagne
spezzate" e frutti secchi si "consumavano" di nascosto mentre si
lavorava al telaio.
La maestra, captando un continuo rumore di
denti fra le sue allieve, era solita affermare:
"Ma ci sono i topi in
casa?". In riferimento al periodo bellico ricorda con tristezza i bombardamenti aerei, i ricoveri, le tessere annonarie, i
tedeschi, gli alleati che transitarono per c/so Umberto I, i cui cingoli
dei carri armati "lucidarono" la basolata strada...; il pane
bianco, la polvere di piselli, ecc.; la distribuzione con le tessere per
gli alimenti; presso il forno dei "Mancini" (Raiola) in via D.
Colamarino si poteva ritirare il pane, inizialmente formato da un mixer di
farinella e biada; 650 grammi per tredici persone, questi componenti della
famiglia di Anna... un po' di pane per ciascuno. Nel bombardamento aereo
della vigilia della pasqua del 1943, tremarono anche i sassi; vetri in
frantumi e calcinacci dovunque; nella camera da letto della madre di
Anna, cadde dalla parete un quadro della Madonna di Pompei.
"La guerra, sostiene Anna, non voglio più ricordarla. Non si poteva mangiare;
lavarsi era un lusso, anche un pezzo di sapone aveva il suo grande valore;
ci si lavava con il grasso animale, acquistata da "Bettina ’a chianchera",
e soda caustica.
In vico Cirillo ove abitavo da signorina, vennero i soldati tedeschi in
casa in cerca di uomini di rastrellare; non trovando ciò che cercavano,
portarono via alcune bottiglie di liquore. In realtà sette persone erano
nascoste in un pozzo ("piscina") coperta da una tavola su cui erano
candidamente poggiate piante e ramoscelli.
Le immagini di guerra viste in TV ogni giorno, mi rattristano e mi fanno
star male."
Le foto:
Ciro Nocerino, detto "Ciro ’u riggiularo" in divisa da
militare a sinistra con un commilitone; da giovane; prima del decesso; la
moglie Anna Luzzetti (settembre 2005) |