Vecchio
Teatro Garibaldi
di
Peppe D'Urzo
Un
altro personaggio fra i personaggi da riportare alla ribalta per la sua
simpatia ed umanità ed in particolare per l’amorevole passione per il
cine-teatro "Garibaldi", di cui è stato gestore per tanti anni.
Menzioniamo qui Salvatore Mazza, appunto detto e ricordato come: "Don
Salvatore ’du cinema Garibaldi", nato a Torre del Greco il
30.11.1897 ed ivi deceduto il 09.03.1979, da Salvatore, falegname a
corso Garibaldi, e da Speranza Anna, casalinga. Originario della zona
mare in quel di corso Garibaldi, di fronte a via Principal Marina (ove
si costruiva l’altare di fabbrica), lavorò come falegname, commerciante
di corallo col padre che aveva un’attività in proprio con vendite al
nord Italia, e, gestore del "Garibaldi".
Fu chiamato a difendere l’amata patria nella grande guerra (1915/18) con decorazione (Cav. di
Vittorio Veneto). Andò ad abitare in via V.zo Romano e dopo la fine della
seconda guerra mondiale alla V tr. Teatro n. 4 detto "’U vico ’i
Giobbe". Coniugato nel 1947 con Ascione Anna Maria (casalinga)
dalla quale ebbe tre figli: Anna Maria, insegnante, Angela Grazia,
insegnante e Salvatore geometra al Comune di Torre del Greco. Gestore del
grande teatro "Garibaldi", ubicato tra la I e la II traversa di
via Teatro (attualmente traversa dietro del Teatro), fondato nel 1849 come
teatro "Aurora" ed il cambiamento del nome dovette avvenire dopo
il 1860, se non proprio in quell’anno, quando cioè non c’era nulla
che non si intitolasse al nome di Giuseppe Garibaldi. Ispirato al Teatro
Regio di Parma, si componeva di due ordini di palchi, una loggetta
superiore, una sala e il loggione.
Era
il teatro elegante della città e le famiglie più in vista facevano a
gara per prenotare i pochi palchi disponibili quando c’era qualcosa in
cartellone. Benché nato come teatro da operetta si trasformò ben presto
in sala per riviste e sceneggiate, poi in sala cinematografica. Dopo il
conflitto etiopico ed in seguito alla sanzioni economiche, la sala, oltre
alle gloriose compagnie di rivista, fece fare ai torresi scorpacciate di
pellicole tedesche e ungheresi, le sole non vietate dal regime. Nel 1956
con l’abolizione del palcoscenico divenne solamente cinema con
proiezioni di pellicole di Totò e western, e, nello stesso anno ne fu
decisa la chiusura. Nel 1964 ci fu un crollo parziale ed il Comune, che
era il proprietario del locale, lo demolì definitivamente alla fine
degli anni ’70.
Una fine del tutto inaspettata per questa piccola
bomboniera. Come ogni teatro che si rispetti, il "Garibaldi" era
pieno di stucchi e di decorazioni che raggiungevano un buon livello
artistico lungo i palchi e il loggione. Uniche testimonianze sono rimaste,
a ricordo di questo mitico locale, la lampada rossa in via V. Romano che
ne indicava l’apertura e i supporti in ferro battuto per il cartellone e
una parte della facciata, sino alla fine degli anni ’80. Al presente c’è
solo una grande area di parcheggio con mercatino rionale. In molti
ricordano i ferri battuti, similari delle "chiavi" musicali,
penzoloni all’inizio di via Teatro (da via V. Romano). Una volta
abbassati i ferri con un filo, si affiggeva il manifesto del film in
programmazione, e poi, lo si issava su, facendo da "cornice" ai
primi due palazzi laterali di via Teatro.
Storicamente si ricordano i dipinti della tela del soffitto, quelli del
sipario verticale (il cosiddetto telone), eseguiti da discreta mano, i cui
soggetti erano mitologici. Inoltre le belle decorazioni (che adornavano l’arco
del proscenio) e i ritratti dei più grandi musicisti italiani dipinti sui
parapetti dei palchi di seconda fila: Verdi, Mascagni, Rossini, Bellini ed
altri, e, quello di Giuseppe Garibaldi senza l’abituale papalina con il
fazzoletto rosso al collo che troneggia dal parapetto del palco di
prospetto.
Le poltrone in ferro tappezzate (allora non c’era la
plastica terribilmente cafona) e, più indietro, le poltroncine in legno
con sedili ribaltabili... Insomma il teatro era carino per davvero, sia nella
costruzione, sia nelle decorazioni, e, soprattutto nell’acustica. Il
manufatto teatrale "confinava" in modo distaccato con le scuole
elementari, molto frequentate in special modo nel periodo del ventennio. |
All’ingresso principale da via Teatro si accedeva alla sala (piano terra)
e attraverso scale laterali ai due piani superiori ed al loggione. Qualcuno ricorda anche un palco centrale per le
Autorità. I collaboratori di Don Salvatore sono stati: Roberto Aurilia,
Francesco Lombardo ("Ciccio") ed un certo Carlo, Agostino,
Nunzio Tappeto, un certo "Tarzaniello" (tuttofare), le signorine
(gemelle) Di Franco, ecc... (fra operatori, staccabiglietti, maschere,
contabilità ed acquisto di pellicole, le cosiddette "pizze").
Tutti
si davano da fare, collaborando gli uni con gli altri sotto il
vigile controllo del "pater familias" che era Salvatore Mazza.
Quando nel 1964 si decise di chiudere i battenti di questo théatre fu un
brutto colpo per il grande gestore. Desiderava, negli anni che
seguirono, ristrutturarlo a proprie spese e con progetti e preventivi gia
elaborati, ma, purtroppo non se ne fece niente. Don Salvatore era un tipo
allegro, sempre incline alle barzellette ed agli scherzi e burle; "mattizziuso"
con sfottò in quantità. Tipo affabile ed amabile, si affiancava a tutti,
ricchi e poveri. Altruista, faceva del bene a chi ne aveva bisogno. Di
statura alta e corporatura robusta ed imponente, fronte alta, uomo di
vecchio "clichè", mite e severo quando occorreva coi propri
figli. Amava la buona tavola e frequentava con gli amici
trattorie, cantine, e la casa al mare in via Mortelle n. 58 nella zona di
"’U mare ’i Barbarella", anziana signora, il cui marito era
pescatore. Nella rustica ed antica "maison", prospiciente il
mare, don Salvatore e gli amici fidati, dopo la spesa in comune,
preparavano da mangiare, trascorrendo ore liete al cospetto di un
profumato e meraviglioso mare dal sapore mediterraneo.
Gli amici di sempre
erano: l’ing. Focone, C. Cirillo, Ciccio Ausiello, Carlino Onesto (’U
sparatore"), "Ciccio ’u pagliaiuolo", Salvatore D’Amato
(pittore-artista) e Lorenzo Quirino detto "'U capitano" amico
fedele di lunghe passeggiate a piedi ad Ercolano e Portici, Michele Garofalo ed altri. Gli piacevano le vecchie canzoni napoletane.
Raccoglieva oggetti antichi, in special modo i quadri. Appassionato di
pesca che effettuava verso le coste sorrentine. Frequentava il bar dei
f.lli Vitello, Carbone (in via Roma e in via V. Romano), il Gran Caffé Palumbo" e Romito ("Filippiello").
Qui, una volta, con i soliti amici, combinò uno scherzo ai titolari del
famoso bar; c’era una insegna che reclamizzava il vermouth "Torino". Di
notte occultarono la "T" iniziale e la "O" finale. Da "Torino" uscì
vermouth "Orina". Grande fu la sorpresa al mattino seguente con risate a
squarciagola. In una scommessa culinaria fece fuori 40 babà.
Nostalgico e rispettoso di quella Italia in "orbace".
Una
cosa non dimenticava mai, e cioè il controllo serale al cine-teatro
"Garibaldi". A sera tardi entrava nell’ingresso del locale, per
accertarsi che tutto filava liscio; rincuorava i suoi collaboratori coi
quali si intratteneva fino alla chiusura dell’ultimo spettacolo.
Peccato, è calato il sipario per sempre...; il mitico teatro
"Garibaldi" non esiste più, ne è rimasta solo una nostalgica
ricordanza con tanti rimpianti.
La
foto: Salvatore Mazza, detto "Don Salvatore ’du cinema
Garibaldi" coi figli in via Cavallerizzi; la facciata e la pianta del
’teatro comunale "Garibaldi" |