CARLO
PARLATI

è stato il più grande scultore di corallo del mondo perché unico nel suo genere; nacque, visse ed operò a Torre del Greco. E presente dai primi anni '60 sulla scena dell'arte regionale, nazionale e internazionale. Le sue opere di pittura scultura e glittica figurano nelle massime collezioni italiane ed estere. Nel suo genere originale artistico fondeva la straordinaria fantasia e abilità manuale alla materia pregiata

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Riviste
L'Europeo, 1094, Anno XXII, N. 44,27/10/1966. L'Europeo, 1095, Anno XXII, N. 45,3/11/1966.
L'Orafo Italiano, Anno XXIII, N. 5, maggio 1969. L'Orafo Italiano, Anno XXIV, N. 5, maggio 1970.
L'Orafo Italiano, Anno XXV, N. 5, maggio 1971 L'Orafo Italiano, Anno XXV, N. 9, settembre 1971.
Gioielli e Argenti, Anno I, N. 2, primavera-estate '72. L'Orafo Italiano, Anno XXVI, N. 9, settembre
L'Orafo Italiano, Anno XXVII, N. 5, maggio 1973. L'Orafo Italiano, Anno XXVIII, N. 3, marzo 1974.
La Clessidra, Anno XXX, Numero speciale per la 52^ a fiera di Milano, aprile 1974.
L'Orafo Italiano nel mondo, Anno XIX, N. 66, luglio 1974.
L'Orafo Italiano, Anno XXIX, N. 3, marzo 1975.
Europa Star-Jervellery Magazine, Anno 1977, N. 03, july-august. 

Giornali
International Daily New, N. 137, 14 june 1979.

Westfalische Rundschau, N. 119, 22 maj 1981.
Dortmunder Zeitung, N. 118, 22 maj 1981. Dortmund, N. 120, 23 maj 1981.

Pubblicazioni
AA.VV., Enciclopedia Universale, Rizzoli-Larous se, Paris-Milano 1964-1967; vol. IV, pag. 502. Tescione G.,
II corallo nelle arti Figurative, Fiorentino-Napoli 1972. Giansanti C.,
Giansanti in Roma, Roma 1975. Vitiello L., Oreficeria Moderna, Hoepli, Milano 1976,IIIEd.Taw.IeIII.

Monografia
Antonio Uliano-Carlo Parlati, Ars Magistri Artis, Napoli-Roma 1982.


 

CARLO PARLATI L'ARTISTA TORRESE UNICO AL MONDO

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L'aurora è d'argento; reca sulla fronte il sole nascente ed ascende l'arco istintivo della speranza dei giorni rigogliosi della gioia feconda. Fiero e stupito e lo squadra della creatura meravigliata di tante immensità inebrianti, di tante scoperte partecipate con la baldanza degli anni ruggenti, delle forze integre e dell'azione offerta come piacere e sostanza di sentirsi vivi. Il giorno è realizzato in ottone cd e pervaso dall'ansia di raggiungere la meta: alto e il sole, robusto forte. radiante con grande splendore di imprese generose, di slanci di una più ambita dimensione dei sensi che tutto tentano e realizza per fecondo entusiasmo.
L'ombra ancora cammina alle spalle e braccia si caricano di operosi doni destinati all'amore come ristoro e felicita, come conforto dall'impatto con la delusione cocente. La piena gioventù esige i suoi diritti e, nel pieno giorno un vigore baldanzoso sfida la fortuna che si lascia domare perché e lontana, all'orizzonte, l'età della ragione.
Il tramonto brilla nel rame che il dolore appreso ha inciso con i suoi solchi. Rosseggia nelle rughe della fatica, che tutto prova e spezza cd il disco visibile del sole rammenta il dovere, la necessita, lo strazio crudele dei frutti minati nella loro opulenza, l'incalzare delle memorie ricorrenti, il groppo pungente per beni perduti perché non vissuti.

 

Il cavallo e stanco, ma persevera volge la testa al vento che sospinge e la forza resiste perchè c'è tanto ancora da fare. Gli giova l'esempio virile che lascia alle generazioni future: lo conforta la realtà per lui resa possibile, quella cioé che ha sostenuto e prodotto con l'opera sua, ma restano le ferite rugginose nelle ombre che cl camminano dinanzi mentre le membra si fanno più stanche nella sera dell'oblio.
La notte s'incide nel cielo col primo quarto di luna: prima o ultima traccia che sia del viver terreno, quella e piccola cosa. La carne s'e fatta eterea e nel corpo dell'universo la Vita fluisce serena con quella delle creature meno effimere. L'essenza del mondo ha gli spessori che sono ineffabili per la vita che soffre o dorme. La soglia della notte separa lo spazio dal tempo cd in esso si riciclano tutti gli emblemi della realtà tangibile, dalle origini al futuro delle civiltà.
Una volta strutturata la spirale che s'apre sull'essenza del mondo, Parlati a quel mistero oppone l'etica della vita che, nel suo caleidoscopio, si articola fin dal grido della nascita.



Per gentile concessione degli eredi Parlati


Il grido della vita annuncia all'universo la nascita di un uomo. E un grido di dolore e di trionfo che la maternità voluta e consapevole leva come testimonianza ed impegno: un altro pentagramma e pronto per un'altra musica che si leva dalla gloria materna. E la mamma della tradizione quella che grida e offre il suo amore incomparabile. I riverberi sulle forme, la sublime pudicizia dell'offerta di nutrimento, sono proposte di perenne umanesimo da opporre a tutti gli equivoci della fatuita e dello
sperpero: la maternità e sigillo sacrale per la vita che vagisce e deve crescere per segnare il suo solco nel campo del creato.
Quasi una moralità che si sancisce nel E fiorisce come un tenero olmo schietto o un alloro ricordato da Ulisse a Nausica. Fiorisce di tenere fronde e verdi sogni che si alternano negli occhi lieti e pensosi schivi e innamorati, ridenti e fuggitivi. Tornano gli aggettivi cari a Leopardi incomparabile cantore delle fanciulle in fiore, di quella bellezza che innamora senza suscitare desideri che non siano di commossa partecipazione ad uno spettacolo di naturalità e di armonia nel quale il pensiero si leva a vertici fioriti, al cielo azzurro, all'oro inalterato, all'aurora che accarezza le erbe novelle e confronta il suo manto con quello dei peschi in fiore.

La giovinezza invece spicca il volo come , esce dal nido per un altro nido e protende brevi ali felici con tutto il suo profumo all'incontro che brilla lontano. Canta con Alceo e Saffo l'amore per l'amato e vibra come una lira che tenta di ritrovare le note di Orfeo pieno della presenza di Euridice, quando ancora era lontano il destino crudele che lo avrebbe privato della compagna giusta e ben trovata.
La scultura ariosa, leggera, ha dentro una speranza vergine, fatta di fiducia e la sua grazia trionfa come una illuminante presenza nell'azzurro sereno. Anche canta nella luce dorata mentre nell'intimo colloquio con la sua messaggera tenta di imitare il volo seguendo l'istintivo desiderio.
E il suo passo librato di danza e vivente cammeo che nessun secolo proteso alla bellezza seppe rendere con altrettanta naturalezza e senza turbamenti. Approfondire il discorso significherebbe togliere a quest'opera la sua magia comunicata, ma intanto giova sottolineare che nessuna interpretazione pagana della prima gioventù e neppure alcuna visione poetica rinascimentale, sa rendere l'innocenza e la concretezza psicologica come le opere di Parlati. Botticelli sull'onda del canto carnascialesco del Magnifico deve cristallizzare la giovinezza della Primavera e la sua Venere in un'atmosfera di sospensione. Deve fermare il tempo che tutta fa continuamente fluire e per esser lieti bisogna trovare un espediente, sia esso il vino, sia esso il senso dell'aurea mediocritas di chi gode contento. Parlati non ha indulgenze barocche ne romantiche: canta con semplicità un momento vitale e irripetibile, da uomo del suo tempo, ricco delle conquiste culturali che hanno evoluto un modo di essere e fatto sentire il senso della libertà.


Questo discorso vale per tutte le opere di Carlo Parlati e solo chi e prevenuto o limitato da false ideologie non ne intende il monumento innalzato alla vita ed alla sua ricchezza.
La vita e di tutti, come di tutti e il sole che nella sua fulgida immobilità si dona, facendo percepire l'atto creatico originario. L'uomo che cerca le verità tenta di guardare il sole, ma L'uomo che guarda il sole deve farsi schermo con la mano e avvertirne lo splendore abbagliante e la purezza dei raggi che tutto penetrano e restano casti ed innocenti perché incontaminabili. Quest'opera entra nel tema dei Lumi più di ogni altra perchè mostra come la luce della ragione e sempre limitata e sostenibile nei confronti di quella che alimenta la terra. La purezza della conoscenza intellettuale rende saldi i passi che vanno alla luce e lo spazio vivibile attraverso la virtù avvalora la vista. Dai fatti umani all'immortalità dunque e tra i grandi temi dell'arte di Parlati torna il della coppia. Per l'artista deve essere sempre rispettata la liberta individuale, la crescita autonoma, la possibilità della coppia di sentirsi complemento e punto di riferimento, forza rinnovatrice della vita, segreto di unita e coerenza nel guardare insieme nella stessa direzione. Canta la coppia e le voci coordinate si potenziano sulle medesime note; la loro azione si fa poesia, ed e anche questo un valore non dissacrabile che, per fortuna le generazioni più autentiche cercano nel nostro contrastato sogno di ragione e programmazione.

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Arte quindi come liberta ed antica dottrina, come pensiero riverente e come speranza di una vitale giovinezza per 1’umanità che gioca con i suoi falsi miti e si smemora della lezione di Vico che riconosce il principio della civiltà nella famiglia, nell’ossequio alla legge e nel principio religioso. Ricca e complessa quindi 1’opera di Parlati che non dimentica mai 1’istinto, lo rispetta e ne intende la grandezza nella giustificazione naturale. Con 1’uomo si inverte il processo naturale e quindi la natura vede riformulate le sue leggi attraverso 1’opera delle alte creature. Il suo processo evolutivo e lento e costante: «Il mostro» e solo un anello della catena, di essere non evoluto. Ma intanto e garantito dalla stessa natura che ne potenzia le facoltò percettive. Io mostro ha un doppio naso perché il suo olfatto e molto sviluppato; e nel crepuscolo dell’uomo e sarà 1’alba a chiarirne i presupposti per il processo civile. L’animalità ritorna nel «Cavallo ribelle» e la vigorosa impennata riporta il pensiero alle reazioni psicologiche alla brama di vivere senza briglie o almeno con la possibilità di opporre un rifiuto alla cavezza.
< I1 cavallo ferito> nella religione anccentra le del corpus sanum, nelle pulsioni che nobilitano la comunione naturale, fa avvertire una fase di regressione, una fase amare dell'esistenza: il dolore accomuna ed il sangue ripulsa nella certezza che il comune destino biologico Si compie senza remissioni. La ferita accomuna tutta la vita animale ed è triste il presagio della vita che fugge.
L'uso di una lingua senza equivoci consente all'artista di comunicare senza pessimismo: non ci sono esili in natura, ne rinunce, ne indifferenza. E innaturale lo spreco ed e assurdo l'estraniamento dovuto all'homo homini lupus. Per fortuna c'e sempre l'arte che corre incontro al sole. Per un dono divino restano poeti, restano i forti che sono sereni perché ai drammi marginali oppongono la loro carica emotiva e la creatività che non accetta l'imbelle indolenza.
L'artista e dal suo petto promanano flussi energetici solari, sonori, possenti come le forze naturali che ad esse convergono: lo spazio fisico allude ai regni della natura e all'energia che si legge tra le pieghe dell'essere.


Interpretiamo così come si recepisce l'anima di una pianta tra le foglie che si articolano leggere senza il sostegno dei rami, senza la materialità dello scheletro di supporto. Tutto esterno il vero labirinto delle fisionomie espressive che respirano appunto in queste sculture che bandiscono il concavo e il convesso per vivere in reale assolutezza formale ed una individualità che non consente duplicazioni.
Si tratta infatti di pezzi unici che data la loro composizione non potrebbero in nessun modo essere moltiplicati in fusione: l'esistenza si identifica nell'unicità e la naturalità organica; e poesia filtrata fra vuoti e trasparenze in cui si perde l'occhio dietro il respiro: l'inconscio visualizzato tra il formale e il percettivo e l'estetico rende le volumetrie dell'anima.
Quando Parlati lavora al suo poema umano ha la sicurezza di un creatore: le sua mani febbrili si raccordano rapide all'intuizione e l'arte offre un saggio di quello che sa realizzare quando si serve di formidabili strumenti di significazione che hanno occhi per più vedere e dita che aggiungono voci e sentimenti alla potenza, alla impazienza del respiro che aleggia sulla più vasta tavolozza ove si colorano vari i pensieri degli uomini. Quelle stesse mani hanno poi ritmi calmi nell'immaginare e nel contemplare; hanno la dolcezza del nido quando sul vivo tronco dell'esistenza schiudono al tepore primaverile il frammento lirico, hanno la ritualità conviviale quando nel calice sublime di un corpo fiorito brindano all'amore che ha nel suo sangue leggende, favole, sorrisi e fede.

Città e Civiltà – Angelo Calabrese e Antonio M. Pierrot – Lions Club Ercolano 1988
Per gentile concessione degli eredi Parlati