I testi e le foto che seguono
sono stati riprodotti dalla pubblicazione "Organizzare la
speranza" Supplemento al N. 3 de "LA CITTA'" 1991 edizione
a cura del Comune di Torre del Greco, per gentile concessione
dell'autore Carlo Ciavolino.
ORGANIZZARE LA SPERANZA SULL'ESEMPIO DEL
BEATO VINCENZO ROMANO
IL DISCORSO DEL PAPA
Carissimi Sacerdoti e Fedeli di Torre del Greco! Ringrazio voi e il vostro
Arcivescovo, il Signor Cardinale Michele Giordano, e ringrazio il Signor
Sindaco per il saluto rivoltomi Un pensiero riconoscente a voi tutti
presenti, per la festosa e calorosa accoglienza, tipica delle popolazioni
di questa terra felice, le sue straordinarie bellezze naturali sembrano
sottolineare la comune gioia di questo incontro.
Il più illustre figlio di Torre del Greco è senza dubbio il Beato
Vincenzo Romano. Egli vi ha lasciato una eredità spirituale preziosa con
l'esempio di una santa vita, del fervore sacerdotale e della totale
dedizione che caratterizzarono gli oltre trent'anni del suo ministero
pastorale. Erano, quelli, tempi difficili e calamitosi per le vicende
storiche, per la disastrosa attività del vicino Vesuvio, che nel 1794
devastò la vostra città, seminando terrori e lutti. Con un ritmo di
attività quasi incredibile, egli fu maestro di evangelica carità ai
sacerdoti e provvido padre ai fedeli, dei quali condivise sofferenze e
preoccupazioni.
Fu anche un precursore della carità sociale, così importante per la
Chiesa di oggi, con l'assistenza spirituale la tutela dei diritti dei
pescatori di corallo, per i quali era celebre Torre del Greco. Durante i
lunghi periodi di assenza degli uomini su mari lontani, il Beato riservava
particolari cure alle loro famiglie. Ma Vincenzo Romano lavorò
intensamente e soprauttutto per la formazione delle coscienze e per
l'evangelizzazione.
Alla radice dei problemi personali e sociali di solito si riscontrano
cause legate all'infermità delle coscienze o l'aridità dei cuori.
Vincenzo Romano lo sapeva, ed era perciò convinto che il primo impegno di
ogni buon pastore deve essere la formazione dottrinale e morale dei propri
fedeli. Egli pertanto si dedicò con sollecitudine e costanza alla
catechesi parrocchiale e al ministero delle confessioni, vedendo in ciò
un'occasione privilegiata di formazione delle coscienze.
Alla gente del popolo propose il Vangelo nella sua semplicità ed
autenticità, divenendo egli stesso testimone credibile ed araldo della
parola di Cristo con una vita povera, umile e, soprattutto, integralmente
dedita al ministero. L'impegno dell'evangelizzazione fa nella sua vita la
sola vera passione, e per questo, come l'Apostolo Paolo, egli si comporta
in modo da essere amorevole in mezzo a voi come una madre che nutre con
cura le proprie creature (cf. 1 Tess 2, 7). Dimostrò anzi di essere
disposto a dare ai Torresi non solo il Vangelo, ma la sua stessa virtù,
come a figli diventati a lui singolarmente cari (cf. ibid. 2, 8).
Con tale animo egli vi annunziò il Vangelo di Dio, sforzandosi di essere
catecheta in tutti i modi ed in ogni circostanza. Come ben sapete, egli
osò il metodo della "sciabica"; catechizzava i fedeli dovunque
si trovassero, visitandoli nelle case o accompagnandoli lungo le strade.
Con intuizione che anticipava i tempi, il vostro Patrono si preoccupò
così del valore della Messa festiva ed insegnò ai fedeli come si assiste
ad essa, non da estranei o muti spettatori, ma comprendendo bene e
partecipando consapevolmente all'azione sacra, grazie alla luce ricevuta
nell'ascolto della parola di Dio (cf. Vat. II, Sacrosanctum Conciliam,
47).
La voce dello Spirito, che guidò il santo Parroco torrese nel suo
ministero, è la stessa voce che oggi fa appello a questa Chiesa
particolare per chiedere a tutti voi di prodigarvi per la nuova
evangelizzazione, attendendo alla riforma delle coscienze nella luce della
parola di Dio e concorrendo a rinnovare i costumi morali sia nella vita
privata che in quella pubblica. Lo Spirito vi invita ad attuare la carità
che si espande a partire dalla fede, ad aprire senza timore gli occhi su
quei bisogni umani comprensione e il soccorso della collettività. Vi
invita ad un impegno solidale per il bene dell'uomo, di ogni uomo e di
tutto l'uomo, al fine di raggiungere la sperata promozione sociale, nel
contesto di un autentico progresso umano. Lo Spirito richiede a voi una
carità che sappia difendere coraggiosamente la vita, liberando ogni uomo
dalle schiavitù della violenza e delle intimidazioni provenienti da
poteri illegali. Lo Spirito vi invita ad operare tutti in una comunità
d'intenti con generosa dedizione, fidando nella forza della verità e
della giustizia.
La comunità di Torre del Greco non lascerà cadere l'esempio e la memoria
del suo umile e santo parroco di un tempo. Vi invito tutti a riprendere
ancora oggi il suo programma pastorale, per inserirlo nelle moderne
tensioni sociali con il suo stesso fervore e la sua medesima passione.
Questo e il ricordo che voglio lasciare a voi, Sacerdoti, Religiosi e
Laici impegnati nella catechesi e nel servizio ecclesiale, mentre imparto
a tutti la mia Benedizione, con uno speciale pensiero per i giovani, le
famiglie, i sofferenti.
IL PAPA
BREVE BIOGRAFIA
DEL BEATO
Domenico Vincenzo Michele Romano nasce a Torre del Greco il 3 giugno 1751
in via Piscopia, poco lontano dalla Parrocchiale di S. Croce, dove viene
battezzato il giorno dopo, da Nicola Luca, agricoltore di severi principi
cristiani e da Maria Grazia Rivieccio, pia donna di casa. Al primo nome
gli è preferito il secondo, per la particolare devozione della famiglia
al santo spagnolo Vincenzo Ferreri.
Vincenzo comincia già dalla fanciullezza a manifestare la sua propensione
per le "cose di chiesa" tanto che ai giochi consueti dei suoi
coetanei, preferisce erigere in casa piccoli altari, improvvisare
processioni, recitare preghiere o canzoncine religiose. Il padre vorrebbe
farne un orefice ma il giovanetto mostra una sempre maggiore inclinazione
religiosa che e già fermissima vocazione sacerdotale, intanto assecondato
dal fratello Pietro, maggiore di 12 anni e religioso dei Padri dottrinari,
nonché dal suo precettore, D. Agostino Scognamiglio, presso il quale il
piccolo Vincenzo si reca quotidianamente dopo le lezioni di catechismo in
S. Croce.
L'ingresso in seminario non e facile. I tempi non sono propizi: troppi
religiosi e troppi seminaristi affollano la Diocesi. Da un lato la
politica laicistica del Governo Reale, dall'altro le restrizioni alle
nuove ammissioni in Seminario imposte dal Cardinale Antonino Sersale,
precludono a Vincenzo in un primo momento la via della formazione
sacerdotale. Anche il successivo tentativo presso i Gesuiti va a vuoto,
poiché nonostante l'esito positivo della domanda, proprio in quei giorni
del 1765 i Gesuiti sono espulsi da Napoli. Ma poco dopo, il provvidenziale
intervento del duca Di Martino, amico del suo precettore D. Agostino,
consente al giovanetto Vincenzo Romano di sostenere gli esami di
ammissione al Seminario Diocesano di Napoli, che per disposizione dello
stesso Cardinal Sersale sono particolarmente severi, ma che il
quattordicenne fanciullo torrese supera senza esitazione, ricevendo i
lusingati elogi degli esaminatori.
Gli anni successivi sono per il seminarista
Vincenzo Romano tutti un fervore di fede e di studi sotto la guida
di D. Mariano Arciero, sacerdote di grande ingegno e "di
eroiche virtù e apostolo del catechismo nell'Italia
Meridionale", morto in onore di santità e dichiarato
Venerabile.
(continua a lato)
|
Il Papa arriva in piazza S. Croce col papamobile
E' arrivato in Via comizi dov'è disposto il
palco
Da sin. il sindaco Salvatore Polese, il Cardinale
Giordano e Sua Santità
Un piano americano dei tre personaggi
Il Pontefce conforta gli ammalati torresi
Papa Voitila venera i resti del Beato Vincenzo
Il Papa ed il Beato Vicenzo Romano,
un quadro di Giuseppe Ciavolino
Il giovane è additato ad esempio dai Superiori, che non
mancano occasione per elogiarlo. Sabato 10 giugno 1775 l'ormai
ventiquattrenne Vincenzo è ordinato sacerdote nella antica Basilica
napoletana di S. Restituta, eretta dall'Imperatore Costantino. Il
giorno dopo, domenica, festa della SS. Trinità, nella Parrocchiale
di S. Croce nella sua Torre del Greco, il novello sacerdote celebra
finalmente la sua prima messa, circondato dall'affetto e dalla
commozione dei Torresi ed in una atmosfera pregna di fede e di
partecipazione.
Il sogno di Vincenzo s'è finalmente avverato. Inizia da quel giorno la
sua intensa vita pastorale, vissuta con profondissima fede, in piena
umiltà, senza mai risparmiarsi.
Il 15 giugno del 1794 una terribile e catastrofica eruzione del Vesuvio
sconvolge e distrugge quasi tutta Torre del Greco. La lava ignea
inghiottisce la Parrocchiale di S. Croce lasciando emergere dalla roccia
fumante solo i due ordini superiori del cinquecentesco, poderoso
campanile, che da allora assurge a simbolo della rinascita della città
del corallo.
La immane tragedia non piega l'animo fiero e indomito dei torresi che,
come gia in passato, si pongono subito all'opera di ricostruzione. Si
preoccupa che non manchi mai loro il conforto religioso e il pane divino.
Per le loro famiglie si prodiga in ogni modo per alleviare disagi e
sofferenze morali e materiali. Adotta con determinazione e costanza il
metodo della "sciabica", raccogliendo in preghiera la gente per
le strade e i vicoli della città. Condensa in un volumetto il
"metodo pratico" ed efficace di seguire la S. Messa.
La sua pastorale, la sua catechesi sociale, efficace e
"diretta", imbevute di grande spiritualità sull'esempio di S.
Alfonso Maria De' Liguori, sono fortemente anticipatrici di quelle attuate
ai nostri tempi dalla Chiesa Cattolica.
Il 1° gennaio 1825 D. Vincenzo, in seguito ad una caduta in casa si
frattura il femore sinistro. Comincia con questo banale incidente tutta
una serie di più o meno gravi malanni che piegano e compromettono
progressivamente la pur solidissima fibra fisica dell'umile Parroco di S.
Croce, che ora si trascina, tra grandi sofferenze fisiche e appoggiandosi
ad un povero bastone, nella sua mai interrotta missione pastorale. |
|