Chiesa
S. Giuseppe alle paludi
La Chiesa fu costruita intorno al 1670 col nome di
"Chiesa della Sacra famiglia. Nel 1680 fu acquistata dalla Famiglia
Brancaccio e la detennero per tre quarti di secolo.
La denominazione mutò con San Giuseppe alle Paludi perché il posto era
caratterizzato dalle paludi createsi col materiale fangoso alluvionale a
favore della coltivazione di ortaggi in quella fascia di terra
"mare seccato".
Non ho riscontrato cenni sulle devastazioni vesuviane
in relazione a questa struttura religiosa. E' probabile che abbiano
causato danni lievi o che l'abbiano sempre lasciata illesa.
Solo nel 1945 divenne Parrocchia e perse il diritto padronale. Al
parroco Salvatore Sorrentino successe l'attuale don Vincenzo Padula.
Ironia della sorte. Il Padula delle padule, perché padula è
sinonimo di paludi.
All'interno una navata con decorazioni barocche si impone lo stemma
della famiglia Brancaccio, quadri di santi e teste marmoree di angeli.
E' presente una cappella con un quadro di S. Candida, legata alla
famiglia Brancaccio, secondo lo storico Balzano; quadri della
"Natività" e della "Visitazione".
Un'altra cappella decorata con quadri "fuga in Egitto" e
"Angelo che appare a S. Giuseppe.
Anche essendo una Chiesa specie una volta prospiciente il mare per
assenza di fabbricati, non vi sono a mia conoscenza, episodi di
marineria.
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Qui sotto intervento di Salvatore Di Donna:
Io sono nato nel 1952 in Via S. Giuseppe alle Paludi e ci vivo tuttora. I miei antenati hanno cominciato a vivere in via S. Giuseppe alle Paludi dalla fine del 1800. So per tradizione verbale di famiglia che Via S. Giuseppe era abitata da agricoltori (per buona parte del 900 ortaggi, frutta, pomodori) e da pescatori. I pescatori erano in numero predominante. La maggiorranza possedevano gozzi per la pesca del pesce fatta nel golfo di Napoli (in genere verso Castellammare-Sorrento). I loro gozzi li lasciavano sulla spiaggia del cavaliere, le loro reti le stendevano lungo la stessa spiaggia al sole ad asciugare. Tra i pescatori c'era qualcuno che possedeva una piccola corallina. Con queste coralline, anche se piccole, si avventuravano nei mari dello stretto di Sicilia e verso la Sardegna. Il corallo di scarto lo si buttava nella zona ove c'è l'attuale depuratore di S. Giuseppe.
I pescatori di via S. Giuseppe dato che erano il gruppo maggioritario fra i pescatori torresi, riuscirono ad esprimere in una assemblea sindacale di pescatori torresi un loro figlio del quartiere come rappresentante della categoria: Achille Pomposo (questi abitava nel palazzo confinante con il canalone di via S. Giuseppe). Achille Pomposo rappresentò la categoria dei pescatori torresi nelle loro istanze a Roma.
C'è un altro episodio riguardo i pescatori di S. Giuseppe.
Ogni 50 anni dalla chiesa di S. Giuseppe esce la statua del santo in processione per le vie del quartiere. Intorno al 1946, i pescatori di Via S. Giuseppe alle Paludi ebbero l'onore esclusivo di portare in spalle il loro santo protettore (i marittimi quando quando stanno a mare e si vedono in difficoltà, perché travolti dalle onde alte, invocano l'aiuto di S. Giuseppe dicendo: "S. Giuse' min ll'uoglie!" (l'olio serve per far sì che le onde del mare non rompano. Un'onda grossa quanto si vuole che rimane intera non travolge l'imbarcazione, ma la mantiene a galla sulla propria cresta).
Salvatore Di Donna
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