Ci sono parole, comportamenti che nessuna legge punisce
e che possono uccidere psichicamente una persona o almeno ferirla in
modo grave e spesso irreversibile.
La provocazione continua,
l'offesa, la disistima, la derisione, la svalutazione, la coercizione,
il ricatto, la minaccia, il silenzio, la privazione della libertà, la
menzogna e il tradimento della fiducia riposta, l'isolamento sono alcune
forme in cui si manifesta la violenza psicologica.
Come si può
definire la violenza psichica? È quella strategia che mira a uccidere,
distruggere, annientare, portare al suicidio una persona, senza
spargimento di sangue. La caratteristica fondamentale di questi
comportamenti è la crudeltà esercitata dall'aggressore, il quale ben sa
che lesioni fisiche o violenze sessuali potrebbero essere punibili come
reato.
Le strategie che mette in atto chi decide di annientare un
essere umano sono molto subdole e mirano prima di tutto ad anestetizzare
la vittima designata in modo che non possa reagire. Spesso, specie
nell'ambito familiare, con la vittima si è prima instaurato un legame
affettivo, per cui è già difficile individuare il limite sottile che
separa un rapporto funzionante ancora da quello decisamente patologico.
L'aggressore manda spesso messaggi contrastanti nel senso che dice una
cosa e ne pensa un'altra (doppio legame), mettendo in questo modo
l'oggetto delle sue manovre in uno stato di confusione e nell'incapacità
a capire cosa sta succedendo. Ne essa ha possibilità di chiarire, perché
l'interruzione della comunicazione bilaterale è un'altra delle manovre
che l'aggressore instaura. Subentra così il senso di colpa di chi inizia
a subire e con esso un tentativo di perfezionismo per cercare di
spostare o annullare il bersaglio. Se tenta una reazione, dopo un
periodo lungo di esasperazione, allora viene accusata di essere cattiva
o malata.
Sono psicologa psicoterapeuta del più di vent'anni e
molte volte mi sono trovata verificare quanto peso abbiano dovuto nei
miei clienti i comportamenti sopra elencati e quanto siano stati causa
del mare dell'anima e abbiano intaccato la gioia di vivere e di crescere
.
Ho visto donne a cui fisicamente non era stato torto un capello, ma
che erano state sistematicamente distrutte nella loro identità e nel
loro ruolo di donne e di madri.
Ho aiutato donne che da bambine
erano state violentate da padri, fratelli, parenti e amici e che hanno
sempre taciuto, perché la colpa era stata fatta cadere su di loro, o il
silenzio era stato estorto con la minaccia di alta violenza. Ho pure
molto frequentemente curato il mal d'amore, come si dice, ma condito da
menzogne, inganni, infedeltà, che sono aggravanti di una situazione già
di per sé dolorosa. E, ben ché conosca le motivazioni psichiche
dell'aggressore, sono qui per denunciare nel sociale le cause che
necessitano di un intervento più esteso.
Spesso si strumentalizza
proprio l'amore per prevaricare: l'amore materno che costringe a subire
per proteggere i figli, l'amore del partner che non reagisce per non
distruggere il rapporto, l'amore che tutto perdona e al quale tutto è
richiesto, ma purtroppo anche l'amore del bambino per il genitore del
quale bisogno.
Né è esente da violenza psicologica il luogo di
lavoro, dove pressoché gli stessi meccanismi operano al fine di
annientare un essere umano, che spesso non è una persona qualunque e
pertanto costituisce una minaccia per l'aggressore o gli aggressori. Per
questo fenomeno è stato coniato il termine mobbing. 1)
Nell'esercito
c'è il nonnismo, che altro non è che imporre al subalterno la volontà
del superiore con minacce molto forti alla sua integrità fisica o
psichica. E nella scuola il bullismo.
Ma non sfuggono alla
violenza psicologica nemmeno gli animali, che sottoponiamo a modi di
vita densi di sofferenza, che sfruttiamo e poi abbandoniamo, come se non
possedessero la loro dignità di esseri viventi, o non provassero
sentimenti ed emozioni. 2) e 3).
La violenza psicologica è la
causa di stati depressivi e anche di suicidi, perché la vittima è
incapace di reagire, in quanto logorata, e anche se denunciasse la
violenza, la legge italiana non ne terrebbe conto senza prove fisiche di
lesioni. Ma c'è soprattutto la vergogna di ammettere di essere trattati
male, la paura a chiedere aiuto, per non subire un'altra
violenza.
Ma la cosa che mi sembra più grande è che ci siamo
assuefatti, come se fossero comportamenti normali. Se si sapesse che
sono vietati e pertanto punibili, forse si attenuerebbe la loro
incidenza; come fa un cartello di divieto di accesso, che impedisce a
molti di percorrere una strada pericolosa per altri.
Ritengo
inoltre che in ogni violenza fisica ci sia una violenza psichica: nelle
percorse, nelle lesioni, nello stupro e perfino nella tortura quello che
fa veramente male è il significato psichico dell'azione, cioè
l'avvertire di essere un oggetto nelle mani dell'aggressore teso a
distruggerci l'anima.
Dove si esercita una violenza psicologica, sia
l'ambiente familiare, sia il lavoro, sia l'esercito, le prigioni, la
scuola, sempre come comune denominatore troviamo la mancanza di una
norma etica che tenda a superare il mero egoismo, in favore di una
responsabilità delle proprie azioni, la mancanza del rispetto della
persona umana e del suo diritto alla vita. Ma c'è pure l'ignoranza delle
conseguenze che determinati traumi subiti provocano specie se i
comportamenti lesivi sono attuati più per un bisogno di sopraffazione
che per una reale crudeltà mentale. Perché diverse sono le motivazioni
che portano l'aggressore a distruggere: violenze subite nell'infanzia e
non elaborate psichicamente trovano terreno fertile a che una persona da
adulta cerchi di infliggere quello che ha subito per difendere la sua
precaria identità.
In queste persone già disturbate nel loro passato
operano meccanismi inconsci che fanno in modo che l'autore si incapace
di sentirsi in colpa, di riconoscere la sua incapacità di soffrire o
meglio di provare sentimenti reali. Temono inoltre un coinvolgimento
profondo e reale con un altro essere umano e pertanto lo designano come
detentore di tutto il male che è in loro, lo colpevolizzano, lo
distruggono per mantenere un equilibrio che ha bisogno di nutrirsi della
vita di altre persone.
Ma l'aggressore non è sempre un perverso
mentale e pertanto un malato come afferma l'autrice francese Hirigoyen
4), altrimenti dovrebbe essere solo curato e non punito. Spesso è una
persona definita normale, ma solo cattiva e intelligente.
Ma se
trasporto questa problematica nel sociale e la denuncio con la poca
forza che ho è perché le cause non sono da ricercarsi solo dentro la
persona, ma per questo genere di delitti sono anche nella società, nella
cultura dominante, nella violenza propinata da tutte le fonti, nonché in
quella subdola che ci arriva già nei cartoni animati, per proseguire nei
film, nella pubblicità e perché no? anche in internet . L'inconscio non
è più solo dentro di noi, ma è soprattutto fuori di noi, in quello che
non conosciamo, e perciò non possiamo combattere . 5)
Così fan
tutti diventa una norma statistica e a volte immorale.
Ci sono
sentenze che fanno riflettere su quanto arcaica sia ancora la nostra
legislazione e su quanto poco abbia inciso la psicanalisi e la
psichiatria. (Basti un esempio: "non può esserci stupro, se la vittima
indossa i jeans"... se una donna viene minacciata di morte, si toglie
subito quanto le viene richiesto, pur di salvarsi la
vita).
L'articolo 32 della costituzione italiana dice: " la
Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e
interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli
indigenti... " proprio perché il legislatore non specifica se si tratta
di salute fisica o psichica, si sarebbe autorizzati a interpretare la
legge come la scienza psicologica e psichiatrica ormai confermano, ma
non è così, perché sia l'interpretazione della legge, sia la
consuetudine ci portano a pensare che il male, quello quantificabile e
punibile, possa essere solo fisico o economico.
Ma anche il male
psichico a un costo: psicofarmaci, psicoterapia, ricoveri, assenza dal
lavoro, morte, per non parlare del rapporto distorto e carente che la
vittima instaura con figli e parenti, vittime a loro volta e forse
futuri carnefici. 6)
Chiedo aiuto.
Bisogna informare, educare,
parlare, battersi, creare opinioni, comunicare, aiutare chi non può
difendersi da solo, sensibilizzare l'opinione pubblica e fare in modo
che le istituzioni, in particolare i gruppi formatisi a sostegno dei più
deboli si pongano come obiettivo la salvaguardia dell'inviolabilità e
del rispetto della personalità. La giurisprudenza stessa, come
timidamente comincia fare in qualche sporadica sentenza, 7) potrebbe
proporsi come paladino di questo mio scopo in modo da arrivare una legge
che regoli tale problematica, che sia il più possibile preventiva e
protettiva delle vittime e che permetta loro un recupero della loro
integrità e un loro inserimento sociale
Il 28 aprile 2001 è stata approvata la
legge n. 154 “Misure contro la violenza nelle relazioni
familiari”
Bibiografia
1) A.e R. Gilioli:Cattivi capi,
cattivi colleghi. Mondadori . 2000:
2)C.Corradi:A chi spara il
cacciatore? Lorenzini.Udine.88
3) C.Corradi:L’amore è un gatto blu?
Publiprint. 92.
4) M.F.Hirigoyen: Molestie morali. Einaudi.Torino.
2000
5)J.Hillman: Politica della bellezza. Moretti & Vitali. 99.
Pag.30
6)P. Cendron: Il prezzo della follia. Il Mulino. 84
7) La
Stampa: 13 febbraio 2000, pag.13.
8) R.Bisi e P. Faccioli: Con gli
occhi della vittima. F. Angeli MI. 96
9) Collana Mobbing, Pitagora
Editrice.Bologna.
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