IL ROTOCALCO

    
                    RotocamS della Camis

 Il sistema rotocalco procede di pari passo con la stampa offset, grazie alla altrettanto elevata velocità che consente. Mors tua vita mea anche per i sistemi di stampa. La miniatura, ad esempio, tendeva a scomparire nel XV secolo per favorire la xilografia, compatibile con i caratteri di piombo. In quel tempo il procedimento calcografico, padre della moderna rotocalcografia, veniva adoperato separatamente e solo per stampe d’arte o similari, là dove non vi fosse presenza di testo.
Ma al centro dei fatti culturali del Cinquecento napoletano inoltrato fu 1’affermazione del libro stampato dietro le spinte precedenti di Francesco Del Tuppo, malgrado il vicereame non contribuisse sufficientemente alla diffusione della cultura. Forse si avvertiva il sentore che la letteratura, per altro diffusa dalla stampa, potesse aprire gli occhi persino al popolo analfabeta tentato dall’erudizione. Una cosa è certa: Napoli stagnò culturalmente in una stasi di un paio di secoli. Per conseguenza la tipografia napoletana fu soffocata sul nascere. Malgrado tutto, all’arte tipografica partenopea di quel tempo contribuirono molti nomi illustri dell’Università di Napoli, come Giovan Tommaso Zanca, Giovan Bernardino Longo, ecc. Vi fu, in seguito, qualche tipografo famoso come Mattia Canger, ma la maggioranza delle opere letterarie venivano stampate a Venezia dal famoso Aldo Manuzio. Nacque anche una editoria napoletana coi relativi librai, ma lo sviluppo era lentissimo per volontà dei vicerè. Certo si era ben lontani dai prodigi della stampa rotocalco e dal famoso Mattino illustrato. Se l’invenzione della stampa a caratteri mobili avesse incontrato a Napoli regimi più favorevoli alla cultura, la tipografia napoletana non avrebbe avuto nulla da invidiare a quella veneziana. Ma, è risaputo, i “se” non fanno storia, ed i poveri circumvesuviani, una volta per una ragione, una volta per un’altra devono sempre ingollare bocconi amari.
Oggi tutte le riviste illustrate di grossa tiratura, a cadenza ebdomadario, vengono stampate in rotocalcografia. Come ho già accennato nelle pagine precedenti, la stampa rotocalcografica avviene attraverso cilindri-matrici acidati similmente ai cliché tipografici. L’inchiostro viene “spruzzato” sulla superficie dei cilindri per depositarsi negli alveoli incisi. La carta, aderendo al cilindro, assorbe il colore dagli alveoli e rimane bianca nelle zone alte dell’incisione poiché tale superficie viene pulita da un’apposita racla prima che la carta aderisca al cilindro matrice. Queste operazioni avvengono in frazioni di secondo. La stampa rotocalcografica e cilindrico-diretta, vale a dire che, a differenza della matrice offset = riporto (sul caucciù), il cilindro rotocalco impronta direttamente la carta, per cui 1’incisione delle scritte e disposta a rovescio come per il sistema tipografico. I cilindri-matrice possono essere incisi su se stessi o essere di volta in volta rivestiti da lastre di rame incise. L’inchiostro e molto fluido, come quello flessografico. Nelle macchine veloci viene spruzzato a getto-fontana. L’inchiostrazione avviene in reparti chiusi, a prova d’aria, onde evitare l’evaporazione dei solventi, molto volatili, i quali hanno la proprietà di asciugarsi non appena avviene l’impatto di stampa, in maniera da consentire le successive, immediate sovrapposizioni di colori.
Nessuna tipografia artigiana, per ovvi motivi, adopera il sistema rotocalco, esso è prettamente industriale. I canoni creativi relativi alla grafica sono inferiori rispetto a quelli tipografici ed offset perché seguono schemi di impaginazione standardizzati e ripetitivi, a parte le elaborazioni più o meno artistiche della grafica inserzionistica, che viene comunque realizzata in studi grafici scissi sia dalla redazione che dalle officine rotocalco. La televisione spesso ci porta in questi ambienti ormai tutti convertiti ai computers, dove le strutture interne rivelano 1’aspetto tecnologico avanguardistico. Queste immagini suggestionano gli spettatori condizionandoli a generalizzare sulla realtà strutturale delle officine tipografiche in genere, dalla bottega all’industria. Come si ignora la funzione romantica della carrozzella nel traffico cittadino, cosi le botteghe artigiane, all’occhio corrotto dell’uomo moderno, diventano le carrozzelle delle arti grafiche, anacronistiche ed antiprogressiste.


         Carlo Clietsch inventore del rotocalco

LE MACCHINE ROTOCALCO

Come si può ben immaginare quel cliente 1’ho perduto per sempre. Da quel giorno frequenta solo le grosse industrie, quelle delle pluricolori offset e rotocalco. Nelle aziende rotocalcografiche le piccole macchine monocolore ad immissione a foglio singolo sono pressoché simili a quelle offset. Chiaramente si differenziano nel tipo di matrice, nel sistema di stampa diretto o indiretto e nel metodo d’inchiostrazione. La macchina rotocalco a foglio permette di sfruttare appieno la qualità consentita dal sistema poiché la loro velocità relativamente ridotta, rispetto alle macchine rotative, favorisce la costanza delle registrazioni fatte in fase di avviamento e, innanzitutto, non si verifica la precoce usura dei cilindri-matrice. Le macchine rotocalco più diffuse sono quelle rotative dei grandi complessi editoriali. Esse sono dei veri e propri mostri di produzione. In quelle più moderne la parte elettronica esegue in completo automatismo la regolazione di tutti i dispositivi di controllo. Queste macchine gigantesche sono combinate, all’uscita dei vari gruppi stampa, con tagliatrici piegatrici ed infine cucitrici. L’alimentazione della bobina di carta, il percorso, il registro dei colori, sono simili a quelli delle rotative stereotipiche od offset. L’essiccazione dell’inchiostro avviene con getto d’aria per favorire 1’evaporazione repentina dei solventi. Oltre alle riviste illustrate le rotative rotocalco stampano libri, carta da imballo, giornali illustrati, valori bollati, fotoromanzi, e via dicendo. Queste macchine diaboliche stampano migliaia di riviste al giorno in una sola fase di lavoro, a prescindere dalla preparazione preventiva delle matrici. I cilindri rotocalco girano vorticosamente su se stessi annaffiati dalla sorgente d’inchiostro liquido, la cui eccedenza viene eliminata da una racla a perfetto contatto dei cilindri stessi, mentre il chilometrico nastro di carta scorre velocissimo tra i cilindri- matrice e cilindri-pressione rivestiti di gomma, con una precisione micrometrica. Alla fine le pagine impresse più volte successivamente, subito asciutte, tagliate piegate e spillate sono pronte per la distribuzione nelle edicole. Cose da far strarivoltare Gutenberg nell’avello.

ROTOCALCO
OTTIMO BUSINESS
 

La stampa rotocalco, come ho gia detto, non ha nessun punto in comune con quella dei caratteri mobili, da sempre. Mentre la tipografia gutenberghiana ha favorito la fioritura di centinaia di milioni di tipografie in tutto il mondo, la calcografia, da sistema secondario, si e trasformata, in questo secolo, in sistema primario industrialmente parlando. Non ho mai saputo dedurre, dalle note biografiche del Maestro di Magonza, se egli ponesse la sua scoperta sotto un profilo idealistico culturale-artistico, o la vedesse come punto di partenza di una progressiva ascesa industriale. Non ho compreso, cioè, se rientrasse nel suo ordine di idee una futura evoluzione e trasformazione della scoperta, in maniera tale da capire di gettare le basi per un vero e proprio gigantesco business planetario. Ciò che sconcerta, sfogliando i manuali relativi alle arti applicate in genere, è la scissione oculata della materia tecnica da quella umana. Basta osservare i manuali di fotografia, di disegno, ecc. Si tratta di mezzi strettamente connessi alla sfera sensitiva dell’uomo, ma si dà prioritaria importanza al mezzo e non al fine. Nei manuali primeggia sempre 1’indirizzo didattico formativo e 1’utilizzo pratico commerciale, ma la poesia, da cui si dipana l’arte applicata, rimane in penombra. Questo libro, pur articolato su di un’ossatura tecnica, si spazia senza frugalità sull’altra faccia dell’arte applicata, senza nulla togliere all’autorevolezza della letteratura settoriale tipografica.
L’artigiano tipografo della mia terra è lontano dai traffici del business multinazionale a cui, spesso, è asservita la stampa rotocalcografica. Egli, tapino bottegaio sognatore e romantico, che fa scorrere i suoi anni tra le carrette pianocilindriche e gli avventori sprovveduti e frettolosi, per cui sarà docente, praticone, imbonitore e poi tipografo. Si dice che a Napoli i dirigenti (traduzione neologistica del vecchio lemma padrone), abbiano fatto tutti la gavetta, partiti, cioè, dal rango di artigiani tipografi. Non possono obliare, loro, che non v’è arte applicata senza la componente emotiva in tutta la sua sfera.