II
libro deve desiderare penna, inchiostro e scrivania;
ma di solito sono penna, inchiostro e scrivania
a desiderare il libro.
“Umano, troppo umano” Nietzsche
Come
è accaduto per la Linotype (trionfo e declino) l'espressione "L'era
della carta" è durata anch'essa mezzo secolo. Oggi non si può
parlare di carta come supporto assoluto per la
comunicazione.
Antiche
attrezzature della carta d'Amalfi. Foto tratte dal sito
www.museodellacarta.it
Onde
poter scrivere c’e bisogno di carta, nella maggior parte dei casi. Forse
l’industria commerciale ne assorbe più di quella editoriale, specie in
Italia, non, chiaramente, per un’eccessiva domanda di… carta igienica,
ma a causa dello sviluppo eccezionale della cartotecnica in funzione del
fatto che noi italiani teniamo molto all’aspetto esteriore. Quindi tutto
il commerciabile ha un involucro che dovrebbe proteggere o preservare
igienicamente, ma che ubbidisce innanzitutto al fattore propagandistico,
visto che nessun astuccio è anonimo.
L’invenzione della carta, avvenuta migliaia di anni fa, era nata
dall’esigenza di creare un supporto idoneo e pratico per la scrittura.
La storia ci insegna che ben 3500
anni prima della nascita di Cristo gli egiziani scoprirono il papiro,
fabbricato con le fibre della pianta omonima. Nel III secolo a. C.,
invece, si utilizzarono le pelli di animali opportunamente conciate per
ottenere solidi e maneggevoli supporti per la scrittura. Si dice che la
prima concia sembri essere stata eseguita in una città chiamata Pergamino
(non Pergamo), da cui:
pergamena. La scoperta della carta propriamente detta risale ad un
centinaio di anni d. C. ed è da attribuirsi ai cinesi, che la preparavano
con materie fibrose ricavate dal gelso e dalle canne di bambù. In futuro
gli stessi cinesi sostituirono la materia vegetale con la macerazione di
stracci. Gli occhi a mandorla
custodirono il segreto della produzione della carta per molto tempo. In
seguito, però, la carta fu utilizzata in tutto il mondo. Con
1’invenzione della stampa a caratteri mobili nel 1450, la carta fu
completamente valorizzata e diffusa.
Macchina per la fabbricazione della carta
del secondo novecento
Finché vi sarà legno sulla terra sarà possibile fabbricare carta. Pure
con la paglia e con gli stracci si ottengono gli impasti per la produzione
del principale supporto relativo alla stampa. Napoli offre un valido
contributo alla fabbricazione della carta riciclata. Sono ormai numerosi i
cartai campani, (un ennesimo mestiere improvvisato), che hanno un po’
rimpiazzato i vecchi “saponar”i di una volta, che offrivano
quattro piatti e sei bicchieri, o una bacinella di stagno in cambio di
stracci vecchi, i quali, a pensarci bene, erano in parte destinati alla
produzione della carta. Pure quella dei giornali invenduti o di quelli
usati, raccolti porta per porta, spesso da fantomatiche organizzazioni di
beneficenza, viene riciclata.
La carta da imballo e quella dei giornali hanno una grande percentuale di
pasta di legno. Le normali carte da stampa, invece, contengono pasta di
legno e cellulosa. Migliore è la carta, maggiore è la percentuale di
cellulosa. La cellulosa è una fibra legnosa che viene trattata
chimicamente per dare candore e un bell’aspetto alla carta, che
soprattutto non ingiallirà nel tempo. L’antichissimo sistema, invece,
di fabbricare la carta con gli stracci prevede la macerazione di questi.
Essi vengono strizzati e fatti fermentare in appositi contenitori, quindi
macinati e ridotti in poltiglia Un tempo la carta veniva prodotta un
foglio per volta con la lentezza che si può immaginare.
Avvolgitore prima della taglierina dei formati
Fu Louis Robert, nella meta del secolo scorso, a fabbricarla a ciclo
continuo. La macchina che ideò produceva ben sei
lunghi metri di carta al minuto per 50 centimetri di larghezza. Gli
stracci sono ottimi per produrre la carta poiché il cotone ed il lino non
sono altro che cellulosa. Oggi, con le fibre sintetiche, il discorso
cambia. Alla pasta di legno e alla cellulosa vengono aggiunti additivi e
collanti per attutirne l’assorbenza e permetterne la scrittura e la
stampa.
Oggi costa più la carta neutra che quella stampata! Questo paradosso mi
porta la mente verso l’adolescenza, quando la corsa in treno, della
Circumvesuviana, Torre-Napoli costava meno di quella Torre-Ercolano,
confinanti, rispetto ai 12 chilometri che dividono la mia cittadina dal
Capoluogo. L’enigma verrà inumato con la mia carcassa, un giorno. La
carta stampata dei rotocalchi, quindi, a conti fatti, costa meno di quella
neutra perché la differenza è a carico dei numerosi inserzionisti
pubblicitari, grazie ai quali si evita il lievitare dei costi delle
pubblicazioni. Semmai gli inserzionisti anticipano questo contributo,
perché, alla fine, sono sempre i lettori, indirettamente, a contribuire
realmente attraverso l’acquisto dei prodotti pubblicizzati. Quel po’
che si risparmia sul giornale, caro ci costa, dietro il meccanismo del
martellamento della grancassa.
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LA
FABBRICAZIONE
Ma vediamo insieme come nasce la carta. Dopo aver tolto la corteccia ai tronchi, il legno
viene sfibrato con apposite mole. La pasta di legno ottenuta viene fatta
essiccare e imbiancare da vari composti chimici, atti ad eliminare la sua
naturale colorazione. La cellulosa, invece, viene ottenuta facendo cuocere
il legno macinato con altre sostanze chimiche, ottenendo fibre burattate
da materie impure come resine, grassi, ecc. La cellulosa di paglia è
ricavata da paglia di grano, riso e via dicendo. La collatura, invece,
avviene con saponi di resina ed altri composti.
L’impasto fibroso viene trasformato in una enorme striscia continua che
avanza su fitte reti metalliche onde favorire la colatura delle acque.
Quindi la carta viene pressata e asciugata. La collatura e la lisciatura
avvengono in fasi successive. Lo so, non è sufficientemente chiaro,
rivediamo la scena a rallentatore. L’impasto parte dagli enormi serbatoi
della vasca di afflusso, la quale ha una fessura regolabile. Un cilindro
speciale detto ballerino
mantiene 1’uniformità dello spessore della carta, ed è proprio questo
cilindro, a proposito, che forma, quando necessita, la filigrana, perché
appositamente trattato. Il nastro di carta largo una diecina di metri
avanza, poi, nei cilindri pressatori, e ancora in quelli essiccatori. Un
ultimo gruppo di cilindri provvede a collare e lisciare la carta allo
scopo di predisporla all’uso che ne facciamo. Altri tipi di carta,
invece, vengono calandrati, cioè ricevono il giusto grado di lisciatura
perché risultino più idonei alla scrittura e alla stampa.
Inoltre la carta può essere ulteriormente trattata per usi speciali. Può
essere martellata, goffrata, telata, colorata in superficie con pigmenti
speciali, ecc. E’ facile scrivere sulla carta, ma non ugualmente
stamparvici, specie con le macchine offset, là dove il foglio, al
passaggio in pressione di stampa, può subire degli stiramenti, specie se
non è immesso col senso della fibra favorevole alla stabilità
dimensionale. Il problema è maggiormente sentito quando si devono
stampate colori successivi sovrapposti. E’ possibile riconoscere la
posizione della fibra inumidendo i due lati di un angolo del foglio.
Quello contenente la fibra in senso verticale si ondulerà meno
dell’altro. Ricordo il buon Friz, quando venne ad installare una
fiammante bicolore offset alla tipografia del Ministero della Marina, sul
Tevere. Aveva voglia di ripetere le bagnature alla carta, con le labbra!
Non c’era commilitone che non facesse finta di non capire. Il povero
Friz ritorno in patria disidradato. La stabilità dimensionale della carta
viene pure compromessa dall’umidità e da altri agenti atmosferici. Per
questo le macchine pluricolori hanno invaso il mercato, perché i vari
colori vengono stampati successivamente in un tempo unico. Il primo gruppo
stampa è neutro, la pressione del quale serve solo a stirare la carta.
I TIPI DI CARTA
La carta delle bobine viene tagliata nelle misure
standard 70 x 100 e 64 x 88 cm. I formati più diffusi in Italia sono i
sottomultipli del 70 x 100, ma l’invasione dei fotocopiatori stranieri
ha diffuso pure da noi i sottomultipli del 64 x 88, molto usati
all’estero, come il formato UNI, 1’A4: 21 x 29,7. La carta si può tagliare in tutte
le misure. E’ un’operazione che richiede pratica ed esperienza.
Innanzitutto bisogna saperla manipolare, specie quando e sottilissima (pelure).
Noi tapini bottegai tipografi non siamo provvisti dei moderni prodigiosi
tagliacarte elettronici, adoperiamo ancora i modelli
Rivoluzione francese, che ne hanno mietuto dita e, talvolta, qualche
mano, tuttavia trasformati a norma. I moderni sono provvisti di programmi
elettronici e cellule di sicurezza sofisticate. Non sempre c’è da
fidarsi, pero, dei cervelli senz’anima. Noi artigiani non solo facciamo
a meno del programma, non che ci faccia schifo, intendiamoci, ma evitiamo
pure i calcoli matematici perché determiniamo le forme geometriche
relative alle suddivisioni ottenibili dal formato disteso con calcoli e
regole mentali memorizzate durante le numerose esperienze precedenti.
Ed eccoci arrivati ad un’altra divagazione. Colgo l’occasione per
chiedere venia se i risvolti narrativi sono sempre ambientati nelle
tipografie artigiane inserite nel contesto urbano come i bar e le
tabaccherie. Delle industrie grafiche riuscirei solo a rifletterne
l’aspetto tecnico passim nel testo. Malgrado i tentativi sperimentali
non riesco a creare una narrativa tecnica, ma bisogna rimboccarsi le maniche, cosa
leggeranno, se no, i robot ? Non riesco a cogliere elementi antropomorfi
negli ambienti industriali. Gli uomini sembrano il complemento meccanico
delle macchine, le quali somigliano a tante strigi impietose inclini
all’asservimento. Non più uomini, automi, che si muovono al ritmo dei
cuscinetti a sfera e delle bielle e manovelle; soprattutto in quelle
aziende convertite ai più lucrosi avanguardismi, dove la dimensione umana
è appena avvertibile durante qualche, ancora consentita, pausa relativa
ai bisogni corporali. Ma vedrete, si finirà col dotare le maestranze non
gia di orinali, ma di pitali per l’incontinenza, o, ancora più pratici,
di capaci assorbenti, forse, modificheranno il processo metabolico.
CARATTERISTICHE
CARTACEE
Ma riprendiamo il nostro argomento. La carta più
leggera è la cosiddetta pelure,
che va dai 30 ai 40 gr. al mq. Essa viene utilizzata per facilitare il
ricalco tramite carta carbone o per usi relativi ad esigenze di spessore o
di peso, come nel caso della corrispondenza via aerea. (Oggi 2002 è stata
quasi soppressa con l’avvento della carta chimica e quello dei fax. N.d.r.). La
normale carta satinata, dai 50 ai 150 gr. al mq. è utilizzata per
numerosi lavori di stampa compresi quelli editoriali. La carta patinata
lucida od opaca va da una grammatura di 80 a 400 grammi (cartoncino
pesante) e si presta per le illustrazioni retinate, specie se stampate con
clichè di zinco (in disuso) con retinatura fino ad 80 linee al cmq. e
oltre o in offset con retini fino a 150 linee.
I cartoncini vengono prodotti con una varietà notevole. La grammatura
varia da 150 a 500 gr. al mq. Essi, com’e noto, vengono adoperati per
realizzare lavori commerciali come biglietti, cartoline, copertine,
schede, cartelle per atti e via dicendo, nonché come copertine per uso
editoriale. Abbiamo i cartoncini tipo Bristol od opalino, gli
schedografici, i telati, i martellati, i vergati e i tracciati, i
puntinati, gli ondulati, i rasati, i plastificati monotrattati e, dulcis
in fundo, i pergamenati. La pergamena propriamente detta, invece, e
100-180 gr.
E’ presente sul mercato un vasto mercato di carta allestita e
preconfezionata. La prima riguarda più le tipografie che le cartolerie,
la seconda entrambi i settori. La carta allestita consiste nel rismettame
e il bigliettame vario; il preconfezionato riguarda, come dire, lo
scatolame cartaceo: Biglietti con buste, inviti con buste, partecipazioni,
buste internografate, e i prelavorati in genere. A Napoli e a Salerno vi
sono rivenditori grossisti che forniscono tutti i tipografi artigiani
della regione. I complessi tipografici si riforniscono dalle cartiere. La
carta distesa 70 x 100 e 64 x 88 cm. viene confezionata in risme per le
grammature da 30 a 60 gr. al mq. Oltre questo peso la carta viene
confezionata i pacchi da 250 fogli (da 80 a 130 gr. al mq.) e da 125 o 100
fogli, il cartoncino. La suddivisione così ripartita
prevede sempre pressappoco lo stesso peso per consentirne lo spostamento
manuale. L’unica cosa nelle arti grafiche che è rimasta a misura
d’uomo.
Non bisogna dimenticare il settore delle buste, prodotte in una varietà
infinita di formati e grammature, sia per 1’uso tipografico che per
quello commerciale e alimentare, destinate, queste, ad un massiccio
rilancio, perché sono biodegradabili, in contrapposizione a quelle di
polietilene largamente inquinanti. In più le cartiere producono
tonnellate di cartoncino destinato agli astucci contenenti ogni tipo di
mercanzia, dai prodotti alimentari a quelli medicinali, Infine spendiamo
qualche parola per 1’utilissimo cartone ondulato da imballo,
indispensabile per l’uso di ogni sorta di spedizione merceologica a
livello planetario. Ne riparleremo più avanti nel paragrafo relativo alla
cartotecnica. |