Il carattere
da stampa e sua evoluzione stilistico-progettualeAndrea Marconi, Franco
Marinelli
È noto -
riferendosi ai segni alfabetici - come nel linguaggio correnti si usino
indifferentemente i termini lettera e carattere, ma lettera alfabetica è
il segno corrispondente a un suono dell'alfabeto di un linguaggio, mentre
carattere alfabetico è proprio del segno considerato morfologicamente. I
presenti appunti hanno come riferimento il «carattere alfabetico» piuttosto che
la «lettera alfabetica», tuttavia qui si continuerà a parlare di «disegno di
lettere» perché più facilmente recepito e legato al documento di cui ci si
accinge a parlare e da cui derivano i seguenti appunti.
Nel 1976, nell'ambito del piano di rinnovamento metodologico-didattico della
Scuola grafica salesiana di Milano, vennero realizzate - tra le altre
finalizzate ai diversi aspetti formativi - tre cartelle didattiche denominate
«Disegno di lettere», con l'obiettivo di introdurre lo studente della prima
fascia della formazione professionale grafica nella conoscenza
storico-stilistica delle lettere-caratteri, per pervenire, gradualmente, alla
loro identificazione, al loro disegno e al loro uso nella letterazione,
attraverso fasi didatticamente progressive.
La motivazione alla base di questa introduzione alla conoscenza, al disegno e
all'uso della lettera-carattere, derivava dalla constatazione che come non
esiste realizzazione di oggetto grafico che non implichi il «progetto», anche se
non se ne espliciti vistosamente l'esistenza, da cui deriva l'esigenza che
l'abilità progettuale dev'essere, anche se in misura elementare, generalizzata a
ogni operatore grafico, cosi, parallelamente, anche per quanto attiene la
«letterazione» - e per letterazione s'intende l'assiemaggio di grafismi
alfabetici e paralfabetici comunque ottenuti (tracciati manualmente, decalcati,
composti o riprodotti con qualsiasi metodo) - ogni operatore grafico risulta
essere implicitamente «letterista» così com'è implicitamente «progettista», per
cui è indispensabile che esso conosca gli elementi della letterazione perché
possa effettuarla coerentemente, oppure, più semplicemente, considerarla
nell'analisi tecnico-estetica dell'oggetto grafico.
Tuttavia è evidente che il caso più consueto della destinazione del disegno
di lettere è la tipizzazione per la stampa, mentre altri aspetti del disegno di
grafismi alfabetici e paralfabetici hanno lo scopo di esercitazione didattica,
di estemporaneità o di esecuzione personalizzata.
I possibili raggruppamenti di letterazione sono: 1. letterazione mediante
assiemaggio di grafismi pretipizzati; 2. abbozzo; 3. disegno geometrico;
4. disegno esecutivo per la riproduzione; 5. disegno per la tipizzazione (v.
sezione I, parte III: Grafismi). L'assunto di «Disegno di
lettere», come obiettivo didattico, è legato all'ambito dei primi dei
sopraelencati raggruppamenti, avendo scopo prevalentemente conoscitivo
arricchente le esperienze proprio delle specializzazioni tecnico-operative
grafiche, a pari significato delle più comunemente riconosciute conoscenze
tecnologiche ed estetico-progettuali.
Le tre citate cartelle di «Disegno di lettere», distribuite nel triennio in
cui si svolge ancor oggi la formazione professionale grafica, vennero
organizzate attingendo alle migliori fonti esistenti e Autori più qualificati e
proposte con attenta metodologia didattica in sequenze progressive atte a
fornire: un quadro storico della evoluzione del segno grafico come elemento di
scrittura prima e come segno tipizzabile poi; la capacità di classificare
qualsiasi serie di caratteri osservandone le caratteristiche morfologiche;
abbozzare serie alfabetiche finalizzandole alla preparazione di lavori grafici,
oppure ricostruire un alfabeto disponendo solo di alcune lettere-campione;
costruire geometricamente lettere; abbozzare espressioni verbali o pubblicitarie
in coerente letterazione; coordinare lettere in funzione di sigle, marchi,
logotipi e calligrammi; elaborare e valorizzare il «contrografismo» delle
lettere in funzione grafica, ecc.
Inoltre, considerando lo stadio conoscitivo di partenza degli allievi e
ipotizzando sulla loro progressiva maturazione, l'insieme formante «Disegno di
lettere» non venne proposto in argomenti logicamente successivi e ad esaurimento
del contenuto di ciascuno prima di passare ad un altro, bensì lasciandoli svolti
a un livello rapportabile alla maturazione del momento, riprendendoli poi in più
riprese per ulteriori approfondimenti, sì che alternando e riprendendo
conoscenze storiche solitamente piacevoli e non impegnative, con analisi e
comparazioni tipologiche più impegnative, ed esercitazioni di disegno di lettere
richiedenti particolare e paziente impegno, il percorso verso l'obiettivo finale
risultasse non solo non tedioso, ma gradevolmente interessante e di non
difficile acquisizione.
La ormai pluriennale sperimentazione del corso di disegno di lettere
nell'ambito dell'educazione estetica, ne ha confermato la validità; ciò
soprattutto quando la formazione professionale grafica non è attuata
riduttivamente alla mera specializzazione e superspecializzazione operativa -
facilmente obsolete come l'evoluzione tecnologica in atto ampiamente dimostra ,'
bensì indirizzata alla gestione più globale del fatto grafico, cioè aperto alla
ormai ineludibile gestione multimediale di informazioni.
Il modesto spazio qui a disposizione non permette la proposizione tal quale
di «Disegno di lettere» composto complessivamente di 190 schede, bensì solamente
alcuni stralci diversamente coordinati, con l'eliminazione delle parti
grafico-esercitative, rimandando il lettore più interessato al documento
originale. Il rischio qui corso di snaturare tale documento impoverendolo nel
suo significato, è ricompensato dal fatto di essere qui il disegno di
lettere-caratteri giusto anello di congiunzione tra la progettazione grafica e
la tipizzazione digitale di caratteri e di espressioni grafiche che
l'applicazione elettronica oggi permette.
Poiché nei presenti appunti rispetto ai contenuti del documento originale è
quasi del tutto scomparso l'aspetto primario del disegno di
lettere, per assumere un taglio prevalentemente panoramico
sull'argomento, è dunque giustificato e dà maggiore significato agli attuali
contenuti aggiungendo a «Disegno di lettere» un titolo aggiuntivo: «Il carattere
da stampa e sua soluzione stilistico-progettuale».
La lettera alfabeticaLa
lettera alfabetica è il segno grafico, l'immagine abbreviata e condensata
simboleggiante un'idea o una realtà; la sua evoluzione rappresenta l'ingegnoso e
faticoso lavorio di migliaia di anni, risultando la migliore invenzione operata
dall'uomo nel lento scorrere dei tempi.
L'alfabeto é stato opera dell'intelligenza semitica, divulgato dai Fenici e
perfezionato dai Romani, che lo resero così idoneo all'espressione visiva, che
ancora oggi i popoli di civiltà occidentale adottano gli stessi simboli,
La figura a lato illustra l'evoluzione della terra «A», attraverso la
rappresentazione naturalistica del bue, la seminaturalistica, la naturalistica
sintetizzata che precede l'ideogramma dell'alfabeto fenicio e, via via, fino
all'odierna forma minuscola della serie Helvetica di cui l'ingrandimento in
figura.
Origine dei segni di
scritturaLa scoperta dei primi segni, incisi, disegnati o dipinti dall'uomo
e usati per la trasmissione visiva del pensiero, risalgono a circa 40.000 anni
fa, quando un primordiale popolo di cacciatori fra Spagna e Francia - così come
in diverse altre regioni del mondo -' tentò di esprimersi con mezzi nuovi, più
chiari e duraturi dei gesti e delle parole usati fino ad allora.
L'uomo iniziò ad esprimersi graficamente ispirato più da motivi di magia o da
pratiche rituali, che non perché desiderasse registrare fatti ed esprimere
volontà e sentimenti; conseguentemente tali segni non hanno ancora nulla in
comune con la scrittura cosciente,
I popoli
primitivi disponevano di un proprio linguaggio e di diversi sistemi per
comunicare oltre i limiti del tempo e delle distanze: si eressero cumuli di
pietra (ghilead) a ricordo di eventi; gli Australiani incisero bastoni
messaggeri (stikmessages) e bastoni incisi servivano come appunti di
calcolo, nei quali il conteggio era dato dal numero delle tacche; gli Incas
peruviani trasmettevano notizie servendosi di corde multicolori (kypu o
quippus) annodate in forme diverse; le tribù Irochesi d'America, per
comunicare accordi o stipulare contratti adoperavano collane e cinture (wampum)
fatte con fibre di canapa o tendini di cervo con infilate perline e conchiglie
colorate.
Il successivo
avvicinamento alla scrittura ebbe origine dal disegno; la scrittura-disegno
scaturì dalla naturale tendenza dell'uomo a riprodurre la natura che lo
circonda.
L'uomo, suggestionato sempre più dall'ambiente e dalla natura in cui viveva,
servendosi di segni semplici, tentò di simboleggiare le immagini a lui più note,
trasformando il disegno figurato in disegno simbolico: cosi il sole assume il
simbolo del giorno; la stella, quello delle tenebre; le onde, rappresentano il
mare; il pungiglione, rappresenta il re; il leone, rappresenta la forza bruta;
l'occhio, la vigilanza, ecc. Con questi segni, diversamente combinati fra di
loro, l'uomo ebbe la possibilità di comunicare le proprie idee, le proprie
sensazioni; questo modo di esprimersi diede luogo agli «ideogrammi».
«Wampum» degli indiani d'America, strumento del linguaggio mnemonico.
Collegando
la parola al segno, si giunse al concetto dell'ideogramma e, conseguentemente,
alla scrittura geroglifica. con la nascita dei geroglifi delle principali
civiltà mediterranee: egiziani, cuneiformi dei Sumeri, cretesi di Minosse,
ittiti dell'Asia Minore e i protoindiani della valle dell'Indo, ha termine la
preistoria
Anche la scrittura ideografica cinese, ancora oggi in uso, risale a questo
periodo; altre scritture, come quelle dei Maya e degli Aztechi, seguono lo
stesso concetto ideografico e geroglifico.
1. Geroglifi egiziani. Per seguire l'evoluzione precedente alla
comparsa dell'alfabeto fonetico, occorre fare attenzione al geroglifico egiziano
(circa 4000 a.C.) assai vicino alla nostra civiltà. La prima scrittura egizia,
sviluppatasi sicuramente da segni pittografici ancora più antichi, fu la
ideografica geroglifica, costituita da segni convenzionali (geroglifi)
rappresentanti concetti e cose, e usata come scrittura monumentale fino al III
secolo d.C.; da essa derivano, per semplificazioni dei segni, la scrittura
ieratica, usata dai sacerdoti, e la scrittura demotica, usata
comunemente dal popolo. Verso il 1500 a.C. i geroglifi cominciano ad assumere
valore fonetico, rappresentando gruppi di tre o due consonanti e, infine, anche
di una sola consonante. I segni corrispondenti ciascuno a un solo suono,
costituiscono un alfabeto di 24 lettere.
2. Scrittura cuneiforme. La caratteristica impronta a forma di cuneo
lasciata dallo stilo di legno, di osso o di metallo sulla creta ancora umida,
dette il nome di «cuneiforme» a questa scrittura; i segni erano rappresentati da
linee corte, orizzontali, oblique e verticali, combinate assieme secondo la
forma della figura che si intendeva rappresentare.
La scrittura cuneiforme è una delle più antiche conosciute (4000 a.C.) e più
ampiamente diffusa nell'Asia Minore mediterranea; viene attribuita ai Sumeri e
appare su stele cilindriche, prismatiche o coniche. Essa in origine, non era
cuneiforme, ma composta da simboli pittorici puri; successivamente si trasformò
in ideografica, poi in fonetica con il sistema dei rebus e in ultimo divenne
sillabica. Non compì l'ultimo stadio che l'avrebbe trasformata in scrittura
alfabetica, al pari di quella egiziana.
3. Geroglifi cretesi. Non si conosce chiaramente l'origine di questa
scrittura e anche il sistema di lettura non è ancora stato scoperto, ad
eccezione delle cifre; si crede che sia stata in parte fonetica e in parte
ideografica, e che abbia tratto ispirazione dai geroglifi egiziani, pur
profondamente connessa con le civiltà e le usanze locali. Esistevano due diversi
sistemi grafici: il primo, usato nel primo e secondo periodo medio-minoico
(2100-1788 a.C.) e il secondo, nel terzo periodo (1788-1580 a.C.). Con la sua
forma lineare questa scrittura influenzò il continente greco, per cui molti
studiosi vedrebbero nel geroglifico cretese, un affine dei caratteri fenici.
4. Geroglifi della valle dell'Indo. Caratteristica della
civiltà Harappe (regione del Punjab, India Nord-Occidentale) è l'uso di una
scrittura indigena, che appare su un notevole numero di sigilli di pietra e di
rame, provenienti da luoghi diversi; i simboli geroglifici erano circa 300. E
una scrittura che sembra appartenere in parte al sistema ideografico e in parte
a quello fonetico; l'origine (3000 a.C.) è decisamente pittografica, mentre è
più difficile giudicare, anche per i pochi documenti a disposizione, se è
autoctona Si suppone derivi da una precedente scrittura a noi ignota, che
potrebbe essere l'antenata sia di questa, che della cuneiforme e dell'elamita.
5. Geroglifi ittiti. Di questa scrittura ittita esistono due forme: la
monumentale in incàvo e in rilievo della Siria settentrionale e quella corsiva
dell'Asia Minore; sembra che derivino dai geroglifi egizi, ma anche dai
pittogrammi cretesi, e che abbiano avuto inizio verso la metà del 2000 a.C.
Questi geroglifici furono usati fino alla fine dell'impero Ittita (fine del 600
d.C.), con lettura destrosa, sinistrosa e bustrofedica. I segni usati erano
circa 220, di cui alcuni ideografici e altri fonetici; le parole venivano
separate tra loro da segni particolari.
6. Scrittura ideografica cinese. Le tradizioni indigene
attribuiscono l'origine dei segni divinatorii cinesi al leggendario imperatore
Fu Hsi (3500 a.C.); egli, secondo la leggenda, inventò le formule Pa-Kua (otto
diagrammi divinatorii), le quali consistono in linee sovrapposte, intere o
spezzate in trigrammi o esagrammi, formanti un repertorio di formule magiche del
«Libro dei mutamenti».
IL strettamente ideografica, invece, la lingua cinese scritta;
originariamente pittografica, ancora oggi è monosillabica e priva di grammatica.
Il dizionario registra 44.449 segni, dei quali almeno 4000 sono di uso corrente:
la lettura si effettua dall'alto verso il basso, mentre le colonne si svolgono
da destra verso sinistra. Per una loro facile consultazione, i segni sono stati
suddivisi in sei gruppi: imitativi O geroglifici, indicativi, ideogrammatici.
antitetici o invertiti, metaforici, sillabici o fonetici: quest'ultimo gruppo
assume la maggiore importanza, perché comprende i segni che indicano il senso e
il suono.
L'origine della lingua cinese viene indicata nel 2800-2700 a.C.; la sua
introduzione nel Giappone, attraverso la Corea, avvenne nel 250 d.C.
L'alfabeto
fonetico è la più grande e meravigliosa scoperta dell'umanità, è l'alfabeto
propriamente tale, in cui la scrittura fa corrispondere un segno chiaro e
distinto a ciascuno dei suoni fondamentali di una lingua. La sua Origine ha
sempre destato l'attenzione degli studiosi di tutto il mondo: tra le diverse
teorie formulate. quella più probante afferma essere derivato dalle scritture
Nord-semitiche, analoghe a quelle esistenti a Biblo, città sul litorale della
Fenicia; altra teoria fa derivare l'alfabeto d:alle iscrizioni sinaitiche, le
quali, si presume, sia-no una derivazione dei geroglifici egiziani.
La nascita dell'alfabeto può essere collocata fra il 1700 e il 1500 a.C.; sul
principio venne raramente usato, ma poi, tra il 1200 e il 1000 a.C., quando
grandi turbamenti sconvolsero l'assetto del Mediterraneo, esso si diffuse; nel
900 a.C. l'uso divenne familiare ai popoli semitici mediterranei.
1. Alfabeto greco. Si ritiene che i Fenici, grandi navigatori, abbiano
introdotto il loro alfabeto in Grecia verso il 1000 a.C., Dapprima i Greci lo
usarono come lo ricevettero, ma in seguito, per esigenze fonetiche proprie del
loro linguaggio, vi inserirono alcune varianti e poiché l'alfabeto fenicio non
disponeva di segni per indicare le vocali, i Greci, in sostituzione, adottarono
i segni di certi suoni semitici da loro conosciuti; altri nuovi Segni furono poi
aggiunti e di altri ne modificarono la forma. Pur esistendo alcune incertezze,
l'alfabeto si protrasse fino al IV secolo a.C., quando fu adottato
definitivamente l'alfabeto Jonico di Mileto, riconosciuto il più adatto tra
quelli locali. Le prime incisioni greche dell'VIlI secolo a.C. furono
sinistrorse come quelle semitiche; poi si adottò il sistema bustrofedico
(lettura da destra verso sinistra e viceversa, imitando l'andatura del bue che
ara il campo) e infine si stabilizzò come destrorsa, ossia da sinistra verso
destra.
2. L'alfabeto etrusco. L'alfabeto etrusco è certamente un diretto
derivato dal carattere greco-occidentale; venne adottato verso il VII secolo
a.C., dopo aver subito gli adattamenti necessari alla propria lingua. E composto
di 26 segni (22 semitici e 4 greci) a lettura sinistrorsa e bustrofedica. Molte
varianti avvennero poi ad esso nelle diverse zone d'italia, che ne fecero
progressivamente scomparire l'originale forma alfabetica greca, tendendo sempre
più verso la forma detta «latina»; la direzione di lettura divenne destrorsa.
L'etrusco venne poi del tutto Sostituito dal latino.
3. Alfabeto latino. Questo alfabeto, che divenne importantissimo nella
storia della civiltà, si sviluppò nei primi cinque secoli della sua esistenza;
sembra che esso derivi dall'alfabeto greco, ma è stato recentemente dimostrato
che l'anello di congiunzione fra il greco e il latino sarebbe stato l'alfabeto
etrusco. La più antica iscrizione sinistrorsa latina è quella incisa sulla
«Fibula Aurea» di Preneste. del VII secolo a.C., nella quale è evidente
l'influenza etrusca. mentre nella lapide di Cornelio Scipione, del 200 a.C., si
riscontrano già caratteri latini di forme più conosciute.
I Latini adottarono 21 dei 26 segni etruschi, ma dopo la conquista della
Grecia all'epoca di Cicerone (I secolo a.C.). molti vocaboli greci entrarono
nell'uso latino e, conseguentemente, vennero acquisite delle lettere per usarle
come Z e Y, portando così i segni a 23: l'alfabeto divenne più regolare e
versatile e ulteriori trasformazioni non ebbero esito. In un periodo più
recente, furono aggiunte le lettere G, J, U e W, per l'adattamento alle varie
lingue.
Tappe storiche del disegno di
lettere
La scrittura nei centri di cultura
romanaLa scrittura epigrafica romana, detta «capitale quadrata
lapidaria» del periodo 97-98 d.C., è composta da lettere dalla forma
impeccabile, geometrica. chiaroscurata e solenne, che s'intona bene alla tipica
architettura dei maestosi archi di trionfo e dei monumenti celebrativi.
soprattutto dell'epoca imperiale romana. Caratteristiche inconfondibili di
queste lettere, sono: la regolare proporzione tra altezza e larghezza, l'armonia
delle aperture, la flessuosità nei tratti terminali, la perfetta rotondità in
alcune di esse e la vigorosa quadratura in altre. la sobrietà dei chiaroscuri,
la grandiosità dell'insieme.
Le scritture romane manoscritte, si suddividono in:
1 - Capitale libraria rustica o attuaria (secoli I-V). Entrò nell'uso
quotidiano dal I secolo d.C. e vi rimase fino a V, usata per gli atti
quotidiani graffita su tavolette cerate o su papiro. Denota movimento
sciolto e rapido proprio dello stilo o del calamo, senza eccessiva
preoccupazione calligrafica; il suo aspetto rimane tuttavia elegante e vivo
perché. essendo scrittura di uso corrente, si veniva man mano modificando
secondo l'evolversi del gusto e delle necessità.
2. ('capitale libraria elegante (1V secolo). In uso durante i
secoli III e IV d.C., è una scrittura derivata dalla capitale quadrata
lapidaria. Si contraddistingue dalla rustica per un rapporto tendente
all'uguaglianza tra altezza e larghezza basato sul quadrato e per la posizione
dei tratti pesanti delle aste, a tracciatura rigorosamente verticale.
3. Capitale libraria onciale (VIII secolo). E una scrittura libraria
maiuscola dalle forme rotonde, regolari e perfette, che sviluppano quelle della
capitale libraria elegante. Venne in uso nel secolo IV d.C. e fu espressione del
gusto raffinato che i Romani avevano appreso dalla cultura e dalla civiltà
elleniche; rimase in auge fino al IX secolo e rappresentò la continuazione delle
forme solenni delle classiche capitali romane
4. Capitale libraria semionciale (VI secolo). Scrittura libraria usata
nei codici dal V al IX secolo, tipo intermedio tra le forme solenni dell'onciale
e quelle più modeste della minuscola corsiva; infatti essa è un'evoluzione
naturale dell'onciale verso forme più spontanee e, nello stesso tempo, della
minuscola corsiva verso forme più calligrafiche.
Le scritture romane corsive sono rappresentate dalla:
1. Capitale corsi va (I secolo). Antecedente e contemporanea alle
primissime lapidarie e librarie, veniva usata per i documenti, la
corrispondenza, l'insegnamento e gli affari. Si tratta di una scrittura libera,
rapida, filiforme, nervosa, ineguale nei tratti e negli allineamenti, tracciata
con lo stilo sulle tavolette cerate o con il calamo sui papiri. Le singole
lettere, tendendo a collegarsi le une alle altre, portarono al graduale formarsi
del carattere minuscolo.
2. Minuscola corsiva (1V secolo). Sebbene sorta dalla naturale
evoluzione della capitale corsiva, comparve nel IV secolo d.C. con
caratteristiche ben distinte da questa; infatti i forti prolungamenti delle
aste, i tratti d'unione e la spontaneità della vergatura, ne fanno attribuire la
diversità alla sostituzione del calamo con una penna di volatile quale strumento
scrittorio. Ebbe ruolo principale nella formazione delle scritture nazionali e,
attraverso queste, influenzò tutto il successivo corso storico della scrittura.
Formazione delle scritture
nazionaliLa decadenza dell'impero romano e le successive invasioni
barbariche, avvenute tra il V e l'VIlI secolo, avevano infranto l'unità politica
e culturale del mondo romano. Nei suoi territori si stabilirono popolazioni
germaniche, slave e orientali, prima inserendosi nelle strutture romane e poi
formando propri regni: i Vandali e i Visigoti nella Sud della, Gallia e nella
Spagna fino all'Africa; i Franchi nella Gallia settentrionale; Visigoti,
0strogoti e poi i Longobardi in Italia; Rugi, Avari e Unni nell'Europa
centro-orientale.
Il predominio di queste popolazioni barbariche, non favoriva lo sviluppo
delle lettere, le quali vennero prevalentemente coltivate nei monasteri e nelle
principali sedi vescovili, continuando così la tradizione romana. La scrittura
minuscola corsiva, adoperata per i libri e che aveva già sostituito l'onciale e
la semionciale, andò assumendo forme diverse, da regioni a regione, iniziando
quel fenomeno del formarsi delle scritture nazionali.
Durante il medioevo, nei maggiori monasteri gruppi di monaci si radunavano
nello «scriptorium» per la trascrizione dei codici; essi furono quasi i soli a
continuare «l'opera immortale del Copista» (Dante), sino all'invenzione della
stampa. E se talvolta, dato il costo proibitivo della pergamena, raschiarono
qualche più antico codice per trascriverne un altro più recente - come qualcuno
loro rimprovera -, sono tanti e tali quelli da essi pazientemente composti,
trascritti e sovente ornati con preziose miniature per le quali i codici
«ridono» (Dante), ossia splendono, che non esiste biblioteca importante al mondo
che non ne conservi gelosamente qualcuno.
1. Le «precaroline» dell'Italia settentrionale e centrale. Presso le
Scuole vescovili d'Ivrea, Novara, Vercelli, Verona, Lucca, Ancona e presso
quelle monastiche di Bobbio, Nonantola e Novalesa, si venne sviluppando, tra il
VII e l'VIlI secolo, la «precarolina» italiana, particolare scrittura minuscola
libraria che tendeva a rendere calligrafica la minuscola corsiva romana. Si
presenta con aspetto regolare, rotondo e ricco di legature tra le lettere e le
parole.
2. La «beneventana» o «cassinese» nell'Italia meridionale. Questa
scrittura si sviluppò nel VII secolo presso i monasteri di Montecassino e Cava
de' Tirreni (Salerno); derivante dalla minuscola corsiva romana, si presenta
ordinata, regolarissima, con molte legature che danno l'impressione di una linea
continua, strutturata in brevi aste verticali e spezzate. Rimase in uso fino al
XIII secolo, decadendo ad opera di Federico Il.
3. La «visigota» in Spagna. Fu una scrittura minuscola libraria usata in
Spagna dall'VIlI al XII secolo; anch'essa deriva dalla minuscola corsiva romana
e presenta influenze evidenti della onciale e della semionciale. Cacciati i Mori
oltre l'Ebro (778) ad opera dei Franchi, da questi venne introdotta la scrittura
carolina, che assunse importanza tale da divenire lo stile nazionale.
4. La «merovingica» della Francia. La scrittura minuscola fu piuttosto
una scrittura documentaria e solo più tardi divenne anche libraria. In essa è
notevole l'influsso della Scrittura semionciale e si presenta in parecchie
varianti; il suo impiego in Francia durò dal VI all'VIlI secolo, cioè fino alla
riforma di Carlo Magno, con la quale s'inserì nella Scrittura carolina.
5. La «precarolina» in Germania. Fu una scrittura libraria derivante
dalla minuscola corsiva e curata nei manoscritti nel corso dell'VIlI secolo,
quando si ebbero più frequenti contatti con la cultura latina. Si presenta molto
legata e risente l'influenza sia della scrittura merovingica che della
precarolina italiana.
6. La «insulare» dell'inghilterra e dell'Irlanda. Questa scrittura
presenta caratteristiche diverse da quelle del continente europeo, per la minore
influenza esercitata su quei popoli dalla cultura latina; si modellò
sull'onciale e semionciale e si distingue in maiuscola e minuscola.
La maiuscola, rotondeggiante e bilineare (secoli VII-VIII), si avvicina alla
semionciale; la minuscola, di uso corrente (secoli VIII-X), fu quella che più di
tutte influenzò la scrittura dell'Europa, portata dai monaci nei loro
pellegrinaggi per l'Europa. Causa la riforma di Carlo Magno, venne gradatamente
abolita dal continente, mentre nelle isole britanniche sopravvisse fino al XIII
secolo, sostituita dallo stile gotico.
7. La minuscola «carolina» (secoli IX-XIII). L'ascesa al trono di
Carlo Magno (771), segnò il rinnovamento e l'epoca d'oro della cultura
medioevale; egli, estendendo le riforme instaurate da suo padre, Pipino, non
solo incoraggiò gli studi, ma la sua stessa corte divenne centro culturale
europeo, ove si riunivano i dotti del mondo anglosassone, franco e italiano.
Nell'abbazia di Tours era rettore il noto studioso Alquino di York, il quale
ebbe il compito di Organizzare il Sistema educativo dell'Impero; tale grande
opera iniziò con la copiatura organizzata di molte versioni della Bibbia e con
il reperimento e la ricopiatura di opere greche e romane, valorizzandone i
contenuti e diffondendoli nelle scuole dell'Impero. Anche la scrittura ebbe la
sua attenzione: furono ripresi e valorizzati antichi modelli, si ritornò alle
pure forme delle capitali quadrate e rustiche e alle forme corsive, specie
quelle del semionciale; le varie influenze portarono a un adattamento di rottura
che prese il nome di «carolina», tracciata a penna inclinata verso la linea di
base e con parole staccate tra loro, favorendone la lettura. Per quattro secoli,
questa nuova scrittura dominò in tutta l'Europa occidentale, sostituendosi a
quasi tutte le altre. All'inizio le lettere furono tondeggianti ma, con il suo
affermarsi, si verificò una contrazione per risparmio del Supporto di Scrittura,
divenendo più angolare e con una Spiccata tendenza al gotico.
La scrittura al tempo delle grandi
Università (1200-1300)In Francia, sulle basi delle conquiste dell'arte
romanica, sorgeva un nuovo linguaggio espressivo nelle forme architettoniche,
intimamente aderente allo sviluppo del pensiero medioevale, anzitutto in campo
religioso. In Opposizione al misticismo ascetico di San Bernardo di Chiaravalle
(1091-I 153) che predicava il lavoro e l'appartato raccoglimento meditativo,
l'Abate Suger de Saint-Denis (1081-1151), consigliere dei re di Francia,
affermava il valore dell'esperienza del mondo creato come mezzo per raggiungere
l'unico fine che è Dio: «poiché tutte le cose procedono da Dio per emanazione,
noi dobbiamo, attraverso le cose, ritornare a Dio per elevazione».
Mentre San Bernardo condannava la ricchezza decorativa delle opere d'arte,
distoglienti dalla preghiera e dalla meditazione, l'Abate Suger ne esaltava la
bellezza e la perfezione, considerandola come stimolo per raggiungere Dio. Tale
concezione ascetica, intesa come elevazione progressiva dal terreno al divino,
si trasferì in campo artistico, promuovendo la nascita dello stile gotico; in
architettura essa è fedelmente riflessa nella costruzione del coro dell'Abbazia
di Saint-Denis presso Parigi: un canto radioso di luce e di pietra, tese verso
il cielo!
Il XIII secolo vide l'affermarsi delle prime Università - Bologna, 1158;
Oxford, 1214; Parigi, 1215; Padova, 1222 - al posto delle Scuole ecclesiastiche
che nei secoli precedenti facevano capo alle principali sedi vescovili e a molti
monasteri. Con il sorgere di queste e con il progresso della civiltà
contemporanea, la funzione del libro venne a mutare radicalmente, assumendo un
ruolo sempre più importante e dalle conseguenze importantissime: maggiore
progresso tecnico nella manifattura della pergamena; formato del libro che
diviene più maneggevole; la lettera gotica minuscola più rapida si sostituisce
all'antica scrittura carolina, assumendo varianti da Università a Università:
«littera parisiensis», «littera bonomiensis» e altre; l'abbandono del calamo per
la penna d'oca, che consentiva una scrittura più agevole e rapida.
La scrittura libraria cessò di essere spontanea, divenendo sempre più dura,
rigida e fortemente angolosa differenziandosi, secondo la funzione del libro. in
«solenne», «media» e «corsiva» o corrente; tale scrittura, dallo stile al quale
s'ispirava, fu chiamata anch'essa «gotica». La trasformazione della scrittura
carolina in gotica, avvenne per gradi e fu adottata in tutto il mondo latino
dalla fine del XII fino al XIV secolo, realizzando quell'unità che Carlo Magno
inutilmente aveva cercato di conseguire con la riforma e l'imposizione della
scrittura carolina.
La scrittura gotica si differenzia in:
1. Scrittura gotica minuscola libraria. Fu il tipo più comune; essa
presenta, oltre all'angolosità caratteristica, le aste molto pesanti, che
cambiano bruscamente direzione, e i trattini delle lettere d'inizio o d'unione,
molto sottili, che creano un forte contrasto con le aste. Sviluppo
«calligrafico» ebbe invece nei manoscritti liturgici e nei codici solenni, con
lettere molto grandi, massicce, rigide, di una regolarità quasi geometrica, con
abbondanti legature e un tratteggio assai pesante; questo tipo di scrittura
venne chiamata «lettera da messale» o «textur».
In Italia, tra le forme librarie più eleganti, vi fu la «littera
bonomiensis», una gotica minuscola rotonda ben proporzionata nata nelle officine
scrittorie dell'Università di Bologna, e la «littera rotunda», usata per i libri
di maggior impegno.
In Germania, la minuscola gotica si presentò invece con forme più rigide e
angolose e fu la lettera che Gutenberg riprodusse come carattere da stampa nel
1450 circa.
2. Minuscola gotica corsiva. E di tipo più corrente e meno curata,
vergata con tratteggi facili e spontanei. Venne impiegata prevalentemente nella
corrispondenza epistolare, nei registri, nelle cancellerie sovrane - per questo
chiamata anche «cancelleresca» - e nei codici di poca pretesa. La molteplicità
di tipi esistenti di minuscola gotica corsiva, e dovuta alla libertà di mano
consentita ai cospiti.
La scrittura al tempo
dell'Umanesimo (1400)Con la fine del Medioevo, mutamenti profondi
sopravvennero non soltanto nella struttura politica europea, ma anche nella vita
economica e sociale. Le corti dei principi divennero ben presto il centro della
vita politica, artistica e cuIturale del tempo, richiamandovi tutti gl'ingegni
migliori del campo delle lettere, delle arti e delle scienze.
Questi nuovi orientamenti non mancarono d'influire in modo determinante anche
sull'insegnamento universitario. Il riaffermarsi del culto dell'antichita greca
e romana, non soltanto diede incremento allo studio dei classici, ma occasione a
una riforma dell'indirizzo stesso degli studi universitari, ponendo in posizione
sempre più importante lo studio delle dottrine degli antichi, al fine di
assimilarne lo spirito ed elevarsi intellettualmente e moralmente.
Le edizioni dei classici e delle opere degli umanisti, vennero presentati in
forme sempre più accurate e decorate; la calligrafia si modificò e s'impreziosì,
abbandonando la forma gotica per riprendere l'antica carolina. Caddero cioè le
forme angolose della scrittura gotica che, agli occhi degli umanisti,
rappresentava un'espressione del pensiero medioevale e fu adottato invece un
alfabeto rotondo, il più aderente possibile ai canoni estetici dell'Umanesimo.
Presso le biblioteche dei più antichi monasteri, molti umanisti rinvennero
testi classici copiati con la migliore scrittura minuscola carolina dei secoli
IXXII e ne rimasero ammirati. Credendola quella originale degli antichi romani,
la imitarono, perfezionandola secondo i nuovi canoni estetici, chiamandola
«littera antiqua». Introdotta nel XIV secolo e diffusa ampiamente nel XV, questa
scrittura prese il nome di «umanistica» e si differenziò in due tipi: la
minuscola libraria e la corsiva.
La minuscola libraria, rotonda, ariosa, elegante e raffinata,
riproduceva, nell'aspetto generale, la carolina più riuscita e più regolare,
ingentilita dal gusto classico degli umanisti. Venne riprodotta nei primi
caratteri da stampa in Italia.
Anche la gotica corsiva italiana venne modificata fortemente
dall'influsso della umanistica rotonda e da essa ebbe origine la
cancelleresca italica, con forme ancora acute e legate fra loro, ma
nell'insieme sottile, elegante e inclinata a destra, usata inizialmente nella
cancelleria pontificia e ben presto adottata da tutte le cancellerie italiane e
da queste si diffuse successivamente in tutta Europa, ad eccezione della
Germania, che continuò a usare la gotica.
La scrittura umanistica venne riprodotta in carattere da stampa da Aldo
Manuzio per le sue edizioni dei classici e tuttora, in Italia e fuori, i
caratteri che la imitano vengono chiamati italici, aldini, cancellereschi
o semplicemente corsivi.
Disegno di lettere nel 1400Nei
libri manoscritti le lettere maiuscole erano derivate da fonti caroline; più
avanti, tra il 1470 e il 1520, quando crebbe la richiesta di libri riccamente
adornati, gli scrivani cominciarono a elaborare maiuscole più grandi per le
iniziali e i titoli, adatte al contenuto del libro, ispirandosi alle lettere
classiche lapidarie romane. Questo risveglio verso le forme maiuscole suscitò
l'interesse di molti cultori e studiosi calligrafi italiani, i quali crearono
una così voluminosa letteratura da superare quella di ogni altro Paese; tra
questi ricordiamo Felice Feliciano (1443- 1479) e Damiano Moile (1439-1500).
Felice Feliciano tracciò le prime regole geometriche delle lettere romane;
il suo alfabeto, il più antico tra quelli conosciuti, è ricavato direttamente
dalle lapide romane. Alla base della sua costruzione vi è il presupposto che per
formare le lettere bisogna partire dal cerchio e dal quadrato. Giovanni
Mardersteig, nella sua riedizione dell'Alphabetum Romanum di Feliciano, lo
definisce «di maestosa nitidezza, di bellezza impressionante, che deriva dalla
severa costruzione geometrica».
Damiano Moile (Moyllus, MoyIle, Da Moylle), calligrafo, editore e
rilegatore di libri, probabilmente nativo di Moile presso Parma e da qui il
nome, seguì l'esempio di Feliciano pubblicando un modello di costruzione
geometrica dell'alfabeto maiuscolo. Anche le lettere di Moile sono fondate sul
cerchio e sul quadrato, ma pur avendo alcune concordanze con l'alfabeto di
Feliciano, queste risultano più chiare, avendo lo spessore dell'asta maggiore
nella proporzione di 1:12 rispetto alla sua altezza, a differenza di quelle di
Feliciano che sono di 1:10. L'asta minore corrisponde alla metà di quella
maggiore e le aste trasversali a un terzo.
Disegno di lettere nel 1500La
schiera dei disegnatori di lettere, si allarga; a partire da Luca Pacioli, in
meno di mezzo secolo vi fu un vero fiorire di calligrafi e d'incisori, anche
come costruttori di lettere secondo metodi geometrici. Vanno ricordati
Sigismondo De Fanti, Francesco Torniello, Giovanni Antonio Tagliente, Ludovico
Degli Arrighi, Giovanni Battista Verini, Giovanni Battista Palatino, Amphiareo
Vespasiano, Ferdinando Ruano, Pièrre Le Bé, Jean De Vingle; i tedeschi Albrecht
Dùrer e Wolfango Fugger, i francesi Geoffroy Tory, Claude Garamond e Robert
Estienne, e Io spagnolo Juan De Yciar.
Le lettere di Luca Pacioli, frate e matematico, apparvero agli inizi del XVI
secolo con la sua Divina Proporzione Opera..., edita a Venezia nel 1509.
Egli divide il quadrato base in nove parti e Io spessore dell'asta minore è
generalmente metà di quella larga. Questo alfabeto segna una netta divisione dai
caratteri derivati dalla scrittura, oltreché essere punto di riferimento per
tutto il secolo.
Disegno di lettere nel
1600-1700Nel 1600 due nuove esigenze contribuiscono a provocare mutamenti
nell'esecuzione della forma delle lettere: la dinamica disegnativa dell'arte
barocca e il crescente sviluppo dell'arte della stampa, le cui particolari
lavorazioni presentano sempre nuove esigenze di tecnica e di leggibilità.
Lo schema costruttivo della lettera s'imposta preferibilmente, anziché sul
cerchio e sul quadrato, sul rettangolo e sulla sua diagonale; conseguentemente
lo sviluppo della lettera risulta proporzionalmente più alto che largo, anche
quando si scelga un quadrato per la sua costruzione.
La leggibilità e la chiarezza di tono nella pagina stampata, esigono un
allargamento dell'occhio medio; l'accorciamento delle aste ascendenti e
discendenti; maggiore differenziazione di chiaroscuro tra tratti fini, che
diventano sempre più sottili, e tratti scuri, che diventano sempre più spessi,
con rapporti di 3:1 e 4:1; sparizione delle abbreviazioni e dei legamenti;
perfezionamento delle maiuscole, che acquistano proporzioni minori rispetto alle
minuscole, che a loro volta si fanno più evidenti; maggiore spaziatura tra le
lettere; aumento dello spazio tra le parole per una più facile lettura.
Nomi da segnalare sono: per il 1600, gli Elzevir o Elzevier (Lodovico
Elzevir, 1540-1617) e Christoffel van Dyck (1601-1670); per il 1700, William
Caslon (1692-1766), John Baskerville (1706-1775), Pierre-Simon Fournier
(1712-1768), Firmin Didot (1764-1836) e Giambattista Bodoni (1740-1813). La
raffinatezza e il buon gusto dei loro caratteri, oltre all'eccellenza del
disegno e alla particolare esperienza e abilità dei disegnatori, sono dovute
anche alle nuove possibilità offerte dalla tecnica dell'incisione su rame, che
permettono, ad esempio, modulazioni ricercate e tratti terminali molto sottili.
Principale merito di questi grandi incisori di caratteri, fu quello di non
aver tentato di sostituire lo schema di Aldo Manuzio ormai accettato ovunque.
Essi contribuirono a formare il gusto grafico europeo rifinendo e perfezionando
i caratteri già esistenti con miglioramenti estetici e proporzionali, dovuti
principalmente alla perfezione geometrica del disegno e ai progressi fatti nella
tecnica della fabbricazione dei punzoni e nella fusione delle matrici.
Disegno di lettere nel
1800-1900Nel rinnovamento contemporaneo del disegno di lettere, il ruolo di
guida è tenuto dall'Inghilterra; tra i disegnatori va citato Eric Gill. Dei suoi
caratteri, che meglio corrispondono alla sua formazione umanistica, vanno
segnalati il «Gill», un lineare di costruzione quasi classico nella linea e
nelle proporzioni, e il «Petpetua», un romano quasi lapidario, ideati tra il
1925 e il 1930.
Vanno ricordati anche L.C. Evetts, per il tentativo di ridurre la lettera
della colonna traiana a schema geometrico (1938), ed Edward M. Catich, per aver
riprodotto fedelmente le medesime lettere della colonna traiana in grandezza
naturale (1961).
Per la Germania va ricordato Rudolf Koch, del quale si possiede un tentativo
geometrico di schematizzazione delle lettere alfabetiche latine; Jean
Tschichold, che nel suo Meister Buch der Schrif del 1952, presenta 176
tavole di caratteri classici a partire dall'alfabeto di Traiano che completa
delle parti mancanti; Eugen Nerdinger, che nel 1960 pubblica il Zeichen
Schrtft+Ornament, nel quale vi si classificano gli alfabeti secondo le loro
motivazioni e gli effetti da essi prodotti, raggruppati secondo argomenti di
utilizzazione.
Per l'Italia va ricordato Raffaello Bertieri il quale, per attingere nel
passato i valori basilari per una rieducazione al buon gusto, s ispirò agli
umanisti del 1400-1500 e rimeditò l'opera dei Paganini, famiglia di stampatori
veneziani del XV secolo, ai quali dedica il carattere omonimo disegnato da
Alessandro Butti. Nel 1935 fondò a Torino lo studio artistico «Nebiolo», ove la
passione per lo studio e il disegno del carattere è continuato da Aldo Novarese.
Nella scia del Bertieri s'inserisce Adalberto Libera, architetto milanese, il
quale suggerisce una costruzione per sei alfabeti, diritti e inclinati, ogni
lettera dei quali viene costruita entro un rettangolo base la cui altezza totale
è sempre indica uguale a 100 e le singole indicazioni di costruzione, in
centesimi.
Aldo Novarese nel suo Alfa-Beta del 1964, ripropone la costruzione
geometrica di lettere fondamentalmente classiche, con indicazioni semplici e
ridotte al minimo, tra le quali: l'«Augustea»; il «Garaldus», ispirato ai
caratteri Veneziani di Jenson, Griffi e Ratdolt; il «Baskerville»; il
«Bodoniano»; il «Lineare-Lapidario», simulante terminali non esistenti. lì suo
sistema didattico è basato sul modulo, sesta parte dell'altezza delle lettere
maiuscole, presa come base di costruzione.
Inoltre, l'americano Carl Holmes, che propone un tradizionale maiuscolo
romano, con indicazioni geometriche valide anche per un minuscolo che ne
potrebbe derivare (1960); Giovanni Pinton, che disegna geometricamente un
elegante «Olivetti-Raphael» per macchina dattilografica (1965); il tedesco
Walter Koech, che in una sua opera (1956) esamina lapidi romane del I secolo
d.C., per porre in rilievo il ritmo proporzionale della forma delle lettere
stesse in rapporto al principio della sezione aurea; Luigi Astori, che ha
studiato (1961) un metodo scolastico fondato su indicazioni geometriche,
riferito a quattro alfabeti completi di maiuscolo, minuscolo e cifre: un
«Lineare», un «Egizio», un «Bodoni» e il «Garaldus», derivati dagli ominimi
alfabeti di Aldo Novarese, metodo reso poi didatticamente più semplice e
geometricamente più sicuro nei suoi riferimenti costruttivi da Rino Germani;
Umberto Fenocchio, per le numerose serie di caratteri, tra le quali «Linea»
dalle notevoli doti di chiarezza e incisività, ideale gradazione di colore delle
varie serie ed esatta proporzione di forme tra lettera e lettera.
Oggi lo studio del carattere è rivolto a raggiungere chiarezza di forma e
leggibilità attraverso le migliori qualità decorative e applicative, sia esso
con o senza tratti terminali, tali da renderlo ben accetto sia ai lettori che
agli utilizzatori.
Conseguentemente redigere oggi un elenco aggiornato di ideatori, disegnatori
e tipizzatori di caratteri - dai celebri del passato già citati, a quelli più
recenti, quali: F.W. Gaudi, G. Morison, Il Zapf, A. Frutiger, G. Mardeswig, I.
Reiner, G. Trump, G. Van Knmpen, ecc. a quelli ancor più recenti, come i
vincitori di concorsi specifici: A. Gùrtler, C. Mengelt ed E. Geschwind per il
carattere «Signum», R. Flach per il «Fontenay» e W. Sutten per il «Meteora»;
Oppure ancora i vincitori dei primi tre premi del concorso bandito nell 966
dalla Visual Graphic Corporation: A. Gùrtler e i suoi allievi della Allgemeine
Gewerbeschule di Basilea per il carattere «Egyptian 505», R. Boguslav per il
«Visa» e A. Novarese per il «Exempla», seguiti dai numerosi altri concorrenti -
sarebbe oltremodo difficile e qui inopportuna.
Il carattere fantasia del
1800Le forme stravaganti dei caratteri del 1800, sono il pessimo risultato
della rivalità esistente tra i disegnatori di caratteri litografici e
tipografici; l'enorme produzione assunse un ritmo travolgente, con forme
ispirantisi ai più vari stili. Possono tuttavia distinguersi in quattro
categorie:
- - caratteri rimaneggiati deformando in colore e forma i disegni originali
dei secoli scorsi;
- - caratteri contornati di filetti, fregi, e ghirigori;
- - caratteri ad effetto tridimensionale e prospettico;
- - caratteri che pur seguendo la forma della lettera, rappresentano
oggetti, animali, figure o altro aventi i loro precedenti negli antichi
manoscritti.
Gli esempi sono: «Aesthetic» di J.W. Phinney, 1882;
lettere fantasia toscane disegnate da A. Schiller, 1900; lettere di Alex
Stocker.
Il carattere rettiforme del
1800Aldo Novarese nel suo Alfa-Beta (Progresso grafico, Torino,
1964) dice che «se anneriamo le grazie di un Bodoni e quelle di un Didot,
otteniamo un carattere più vistoso; se esageriamo l'annerimento, risultandone la
grazia più spessa dell'asta, si ottiene l"'Italico". Questi tipi sono detti
"Egiziani" per certe reminiscenze con l'architettura egiziana...». Ad escogitare
il primo esemplare dal quale ne sorsero poi innumerevoli altri, fu l'inglese
Vincent Figgins nel 1815.
In successione, i caratteri esemplificati sono: «Hellenic Wide» della Bauer;
lettere di Alex Stocker; lettere di autore ignoto della fonderia Haassche
Schriftgiesserei di Monaco.
Il carattere lineare del
1800L'apparire del carattere lineare, è dovuto alle iscrizioni greche ed
etrusche; i primi disegnatori che ripresero questo semplice disegno, furono gli
inglesi Vincent Figgins e William Thorowgood nel 1830 per il solo maiuscolo; il
minuscolo e il maiuscolo corsivo lo si ebbe nel 1834 e il minuscolo corsivo nel
1850. I nomi furono i più vari: Sans-serifs, Gothic, Bastoni, Etruschi,
Grotteschi, Antiqua, Doric, ecc.; venne impiegato specialmente negli stampati
commerciali e quasi mai nei librari. Nel 1850 fu il maggiore esponente del
funzionalismo tipografico, simbolo della nuova era meccanizzata, ma verso fine
secolo subì decadenza, per essere riabilitato nel 1920 nei tipi «Futura»,
«Semplicità» e altri, riguadagnando la forma di carattere funzionale moderno.
A lato, lettere di Alex Stocker, di Walter Hättenschwiler e di altri autori.
Il carattere stile
«Liberty»Verso il 1890 dal Belgio si espande rapidamente per l'Europa un
movimento artistico interessante tutte le attività artistiche, denominato
«Liberty», «Art Nouveau», «Modern Style», «Jugendstil», ecc. Tale nome deriva da
Arthur Liberty, proprietario di una ditta di arredamento a Londra, centro
importante di diffusione del nuovo stile, basato su un modo nuovo d'interpretare
un qualche stile dal punto di vista naturalistico, con motivo vegetale dominante
e per questo detto anche «floreale». Ebbe fortuna nei maggiori paesi europei,
dando l'avvio ai cartellonisti litografici di creare i loro famosi lavori, dei
quali Toulouse-Loutrec fu il massimo esponente. Ma ben presto forme
sconclusionate e astruse, risultato delle solite esagerazioni, provocarono
reazioni mediante nuove correnti artistiche tendenti alla semplificazione delle
forme: il Futurismo, il Cubismo, il Novecento e altre. Lo stile Liberty decadde
verso il 1920. La nascita del Liberty italiano è del 1895.
A lato, lettere di Marcello Dudovich e letterazioni alla maniera Liberty.
Le scritture tipografiche del
1900Sebbene nel passato il carattere si sia immedesimato negli stili
architettonici delle diverse ère, nel XlX secolo questa tradizione cessò in
parte, poiché il carattere venne disegnato in tutti gli stili possibili; fu solo
tra il 1920 e il 1930 che si poté distinguere uno stile chiaro e funzionale,
dopo gli sforzi per sfuggire alle ibride forme del «Liberty» che condussero al
ritorno delle forme classiche.
Relativamente alle scritture, il ritorno agli antichi manoscritti a penna
larga fu capeggiato dall'inglese Edward Johnson e dal tedesco Rudolf von Larish
e le fonderie di caratteri incisero scritture originali, nelle quali è ben
visibile il segno delle tecniche o degli strumenti impiegati nel realizzarle.
A lato: «Studio», di Adolf Overbeck, 1946; «Variante», di Joachin Roman,
1951; «Raffia lnitialen», di Henk Krijger, 1952; «Legend», di Ernest Schneidler,
1937; «Salto» di Karlgeorg Hòfer, 1962.
Il carattere onciale del
1900Splendidi esempi di lettere onciali odierne sono quelle disegnate da
Günter Gerhard Lange, Oldrich Menhart, Viktor Hammer, Sjored Hendrik De Roos,
Martin Kausche, Georg Trump, Adrian Frutiger, Karl-Erik Forsberg, Adolf
Overbeek.
A lato sono esemplificati alfabeti a stile calligrafico a unica forma
maiuscola e minuscola: «Solemnis» di Günther Gerhard Lange, 1953; «Unciala» di
Oldrich Menhart, 1944; «Hammer Uncial» di Viktor Nammer, 1953, e «Mosail:»,
lineare maiuscolo nero di stile calligrafico, disegnato da Martin Kausche, 1954.
Il carattere classico del
1900Gli esempi a lato mostrati si riferiscono a caratteri classici che, pur
avendo tratti terminali di diverso stile, mantengono la forma del Lapidario
romano, ridisegnati con le proporzioni ideali atti a una buona leggibilità. Il
moltiplicarsi delle edizioni librarie e l'avvento delle fotocompositrici, hanno
portato a un accentuarsi della richiesta di caratteri di testo, per cui il
ritorno ai tipi classici, iniziata verso la metà del XIX secolo, continua con
serio e impegnato lavoro da parte dei disegnatori contemporanei.
Sono esemplificati i caratteri «NovaAugustea» di Aldo Novarese, 1964; «Times
New Roman», disegnato nel 1931 sotto la direzione di Stanley Morison; «Perpetua»
di Eric Gill, 1929; «Vendòme» di Francois Ganeau, 1950; «Bodoni», della
Monotype, disegnato sul modello di Giambattista Bodoni.
Il carattere rettiforme del
1900I rettiformi, detti «Egiziani», hanno avuto come primo disegnatore
l'inglese Vincent Figgins nel 1815; successivamente non vi è stata fonderia di
caratteri che non lo abbia avuto in catalogo. Gli esempi presentati sono:
«Egizio», realizzato nel 1958 dalla Nebiolo e disegnato da A. Novarese;
«Fortune», disegnato da Konrad F. Bauer e Walter Baum e realizzato dalla Bauer
nel 1955; «Clarendon», disegnato da Hermann Eidenbenzen e realizzato dalla Haas
nel 1952-53; «City», un egiziano con lettere di forma rettangolare con angolo
arrotondato, disegnato da Georg Trump e realizzato dalla Berthold nel 1930;
«Plaibilì», un egiziano stretto dai terminali più grassi delle aste, disegnato
su schizzi di Robert Harling e realizzato dalla Stephenson Blake nel 1938.
Il carattere lineare del
1900Anche di questo stile di carattere, si è già parlato; i suoi primi
disegnatori sono stati Vincent Figgins e William Thorowgood. Subì decadenza per
scarso interesse dedicatogli dai disegnatori, ma nel 1920 venne riabilitato con
i tipi «Futura» di Paul Renner e «Semplicità» della Nebiolo.
Gli esempi presentati sono: «Futura», disegnato da Paul Renner e realizzato
dalla Bauer nel 1927-30 e da altre Case; «Gill», disegnato da Eric Gill
basandosi sembra, sul «Johnston's Railway Type» e realizzato dalla Monotype
Corporation nel 1928-30; «Univers», disegnato da Adrian Frutiger e realizzato
dalla Deberny & Peignot nel 1957 e dalla Monotype nel 1961; «Folio Grotesk»,
disegnato da Konrad F. Bauer e Walter Baum e realizzato dalla Bauer nel
1957-1962 e da altre Case; «Signum», disegnato da Georg Trump e realizzato dalla
Weber nel 1955, un lineare molto stretto con ascendenti e discendenti molto
corte.
Il carattere fantasia del
1900I caratteri di fantasia del nostro tempo sono indirizzati verso temi
estetici molto semplici. Pur assumendo una forma estrosa, la lettera mantiene la
sua dignità nella linea contenuta: le esagerazioni espresse nei passati decenni,
hanno avuto il benefico risultato di orientare il nuovo senso creativo verso
concezioni funzionali. Le stravaganze del carattere illegibile sono scomparse,
giacché il dinamismo di oggi, non sopporta forme che si presentino difficili da
decifrare.
Gli esempi riportati, sono: «Neuland», lineare disegnato da Rudolf Kock e
realizzato dalla Klingspor nel 1923; «Ritmo», disegnato da Aldo Novarese e
realizzato dalla Nebiolo nel 1955: «Futura Black:», disegnato da Paul Renner e
realizzato dalla Bauer nel 1927-30; «Stencil», realizzato dalla Ludlow nel 1938.
Il carattere ornato del
1900Anche per i caratteri ornati, come per le fantasie, sono stati creati
motivi da destare interesse. In certi casi si tratta di completare una famiglia
di caratteri già esistente, ornandone una serie; oppure si tratta di iniziali
decorative, ideate singolarmente e in modo di poter essere accostate a qualsiasi
tipo. L'estetica grafica moderna, però, limita l'uso degli ornati, impiegandoli
come ripiego, variante, per illeggiadrire, alleggerire, ecc. composizioni troppo
rigide o compatte.
I saggi presentati sono in ordine: «Augustea filettata» di Butti e Novarese,
realizzata dalla Nebiolo nel 1951; «Trum-Gravur» della Weber, disegnato da Georg
Trump nel 1962, ad aspetto tridimensionale; «Monument», disegnato da Oldrich
Menhart e realizzato dalla Grafotechna nel 1950-52, un tondo ombreggiato;
«Columna», disegnato da Max Caflisch e realizzato dalla Bauer nel 1955, un tondo
maiuscolo filettato dai terminali piccoli e sottili; «Forum», disegnato da Georg
Trump e realizzato dalla Weber, un egiziano ombreggiato.
Il carattere a forma quadrata del
1900Di seguito si evidenziano quei caratteri che, pur appartenendo a
determinati stili, hanno un disegno quadrangolare o allungato orizzontalmente.
Gli esempi sono di: Hermann Zapf, «Melion», ad ascendenti e discendenti
Corte. prodotto dalla Linotype e dalla Stempel nel 1952; Georg Trum, «Schadow
Fett», egiziano con terminali congiunti ad angolo retto alle aste, realizzato
dalla Weber nel 1938-1952; Alessandro Butti e Aldo Novarese, «Microgramma»,
realizzato dalla Nebiolo nel 1952, lineare maiuscolo con lettere di forma
marcatamente quadrangolare a spigoli arrotondati; Bo Berndal, con un lineare a
forma fortemente quadrangolare e disegno marcato, a doppio spessore delle aste;
Karl-Erik Forsberg, «Carolus», realizzato dalla Berling nel 1954, maiuscolo
imitante la scrittura a penna.
Disegno geometrico di lettere
alfabeticheE già stato detto che le lettere alfabetiche e il carattere da
stampa è stato ed è oggetto anche di disegno geometrico, Costruito cioè mediante
punti di riferimento e moduli più o meno circostanziati costituenti un graticcio
per ciascun segno. Giovanni Mardesteig asserisce che «le litterae lapidariae,
che al principio dell'età imperiale avevano raggiunto la loro forma
compiuta, corrispondevano, per molti riguardi nella loro armonica simmetria e
struttura, a schemi geometrici. . .». Ma il disegno geometrico delle lettere
ebbe particolare impulso da calligrafi e architetti del Rinascimento italiano,
allo scopo di far rivivere l'ideale classico dell'epoca romana.
Gli schemi costruttivi però hanno soltanto funzione di riferimento, giacché
non possono sostituirsi all'intuizione estetica; infatti la maggior parte dei
disegnatori di caratteri non usano schemi complicati e particolareggiati, anzi
c'è chi teorizza sugli aspetti negativi del ricorso al metodo geometrico. La
costruzione geometrica giova alla comprensione dei valori funzionali,
all'osservazione analitica delle forme e all'identificazione stilistica.
Sono tre i gradi di costruzione geometrica: metodo a guida libera.
limitato ai riferimenti essenziali sulle proporzioni generali della lettera;
guida matematica. che tende alla minuta prescrizione geometrica di ogni
particolare costruttivo e di ogni misura richiesta; sistema medio, sono
suggerite le proporzioni fondamentali della lettera e le principali dimensioni,
suddivisioni e centri di raccordo, lasciando all'intuizione e alla libera
invenzione la rifinitura manuale della lettera, specialmente le modulazioni
delle curve e la determinazione dei tratti terminali.
Del lungo elenco dei letteristi che lo hanno apprezzato, a titolo
esemplificativo si riportano di seguito alcuni schemi: I. Felice Feliciano
(1463), 2. Damiano De Moylle (1480), 3. Luca Pacioli (1509), 4. Sigismondo De
Fanti (1514), 5. Francesco Torniello (1517), 6. Albrecht Dùrer (1525), 7.
Giovanni Battista Verini (1527), 8. Alphiareo Vespasiano (1548), 9. Philippe
Grandjean (1670 c.), 10. Rudolph Koch (1930), 11. Luigi Astori (1963), 12. Rino
Germani (1968).
Tipizzazione per lettura automatica
e digitaleAttualmente si diffonde sempre più largamente la pratica della
lettura automatica alfanumerica e integrale, specialmente con i metodi magnetico
e ottico. Tra i caratteri per lettura magnetica il più diffuso è il CM7,
costituito da sei intervalli contenuti fra sette bastoncini sagomati secondo la
forma dei caratteri convenzionali; sono usate due larghezze d'intervallo: lungo
e corto, la cui combinazione determina il codice del carattere. Per la lettura
ottica il carattere più diffuso è l'OCR (Optical Character Recognition) che
interessa soprattutto per la composizione totalmente automatizzata a partire da
un dattiloscritto con lettere OCR e per la lettura di documenti; per il disegno
del carattere normalizzato OCR è stato prima utilizzato il metodo della
costruzione mediante calcolo matematico e successivamente quello del disegno su
un graticciato.
L'applicazione dell'elettronica ai processi grafici ha toccato anche la
tipizzazione per la composizione interamente ottenuta tramite calcolatore, per
cui i grafismi non derivano da matrice fotografica, ma da modelli digitalizzati
e memorizzati nel calcolatore. Le immagini dei caratteri sono memorizzate come
informazioni la cui scansione si traduce in attivazione e disattivazione del
pennello catodico e conseguente riproduzione sul materiale fotosensibile. Per la
memorizzazione i caratteri sono disegnati in reticoli e codificati su schede o
nastri perforati; la codificazione può essere fatta manualmente o mediante
esplorazione con apposito scanner e successiva memorizzazione su dischi
magnetici.
Collegata con la tipizzazione digitale è la cosiddetta digitografia,
ossia il disegno mediante calcolatore. Con l'utilizzazione del tracciatore
(plotter) o lapis elettronico si ottengono grafismi che possono anche
interessare il campo dei caratteri; altro metodo digitografico utilizza lo
schermo (display) a raggi catodici, il cui fascio elettronico è controllato
dall'elaboratore, mentre il terminale video è dotato di tastiera e di penna
elettronica che consentono all'operatore di dialogare con il calcolatore e
ottenere espressioni grafiche o anche caratteri.
La lettera alfabetica
tipizzataLa lettera alfabetica è il segno grafico, immagine abbreviata e
condensata, simboleggiante un'idea o una realtà. Ogni sua fisionomia, a partire
dalla «Capitale quadrata romana», è stata strutturata geometricamente entro il
quadrato e il cerchio. Grandi disegnatori nel corso dei secoli si sono accinti,
al suo disegno, fornendo capolavori di equilibrio e di bellezza.
Gli elementi, comunque realizzati, costitutivi della lettera alfabetica, sono
le aste e i tratti terminali, il cui diverso disegno, ossia la diversa
conformazione delle aste e dei tratti terminali, ne determinano lo stile. La
struttura delle aste può essere retta, curva, spezzata o mista, mentre rispetto
alla modellazione può essere uniforme, contrastata, frastagliata, modellata,
digradante.
La morfologia, o stile del carattere, è quel modo particolare di esprimersi
di un artista, di un tempo, di una nazione, il cui ordinamento funzionale degli
elementi analogici, richiede una classificazione stilistica.
Lettera alfabetica tipizzata:
asteLa forma delle lettere dà luogo a un proprio contorno intrasegnico e
intersegnico, costituente un fattore estetico di massimo interesse. Se poi si
considera che tali contorni nelle lettere uniformi è parallelo, mentre in quelle
modulate è continuamente variato, si può comprendere la effettiva sensibilità
del disegnatore attento a ogni effetto delle tensioni e delle forme create dal
fluire delle linee. Perciò è necessario determinare le aste con una nomenclatura
ancora più precisa in relazione alla loro posizione e alla loro forma nelle
singole lettere.
A questo fine è esemplificativamente interessante rifarsi al discorso di Rino
Germani in Disegno di lettere, e dal quale si prelevano gli esempi
concessici e qui usati, seguendone le specificazioni:
1. Aste rette. Possono essere propriamente verticali solo
quelle delle lettere maiuscole, dette anche impropriamente «fusto» della
lettera.
Le aste delle lettere minuscole s'indicano dalla loro posizione nello
sviluppo verticale delle lettere stesse, distinguendosi in: aste mediane, aste
ascendenti, aste discendenti.
Si dicono montanti o anche salienti o discendenti, le
aste che non sono disposte perpendicolarmente alla linea orizzontale di
base.
Aste trasversali o barre, sono quelle che uniscono direttamente
fra loro le aste verticali o le montanti. Vi sono anche aste trasversali a
incrocio nelle lettere minuscole e nella cifra 4.
Vi sono, inoltre, aste trasversali spezzate e aste oblique o
spine rette.
2. Aste cune. Le aste si possono distinguere in archi. ossia
aste curve aperte: e in anelli od occhielli, ossia aste curve
chiuse: le aste ondulate aperte sono dette spine curve:
3. Altre denominazioni particolari. Coda é l'asta pensile di
alcune lettere maiuscole e minuscole; può essere retta o curva.
Un particolare tipo di coda, o parte di essa, è detta uncino o
gancio.
Bracci delle lettere sono certe posizioni dei terminali delle aste rette e
curve aperte.
Ardiglione è il braccio che differenzia la G dalla C; pilastrino è il
tratto verticale della G, il sostegno dei bracci della Y e di alcune cifre.
Cravatta è l'asta orizzontale centrale della E e della F; collo è
l'attacco della coda della g al suo anello.
Vertice superiore, inferiore o mediano, e l'unione e l'incrocio delle aste
inclinate.
Le lettere B D P R e le minuscole b d h m n p q u, hanno asta di
congiunzione.
Lettera alfabetica tipizzata:
terminaliI tratti terminali sono posti a decorazione e perciò detti
tratti decorativi, oppure di completamento, e quindi tratti iniziali,
tratti di congiunzione finali. I tratti terminali sono sempre
un'accentuazione stilistica dell'espressione fisionomica e decorativa delle
lettere, ma non sono indispensabili, in quanto esistono interi alfabeti che ne
sono privi.
I tratti terminali, cosi come sono le aste, possono essere sia uniformi
che eventualmente modulati.
1. Secondo la loro posizione, i tratti terminali si dicono tratti di testa
o iniziali se collocati verso l'allineamento superiore: oppure tratti
di base o piede (plinto), se collocati verso l'allineamento
inferiore:
I tratti iniziali e finali dei bracci, delle cravatte e delle code, sono
detti becchi o ganci e ardiglioni.
I tratti terminali caratteristici propri delle code, degli uncini o ganci di
alcune minuscole, sono detti apici; gli apici della g e della o, si
chiamano orecchi.
Vi sono tratti ornamentali iniziali, di congiunzione e finali
propri delle lettere inclinate,
Inoltre vi sono tratti terminali supplementari, quali svolazzi,
riccioli, ecc.:
2. In base alla loro forma o modanatura, i tratti terminali sono classificati
genericamente in rettiformi,
acutiformi, cuniformi, e mistoformi.
Un'analisi accurata, utile ai fini disegnativi, riconosce anche i dettagli
della modanatura di un tratto terminale e la rispettiva nomenclatura, avendo
così che il tratto iniziale o finale di testa, ossia la porzione estrema dei
bracci e di alcuni apici, è detto becco; gancio o uncino è il
medesimo tratto, ma opposto al becco nel finale delle code e dei bracci.
Il becco e l'uncino possono avere anche una loro particolare sporgenza, per
cui il becco si dice becco uncinato o ardiglione dei bracci curvi:
oppure becco uncinato o ardiglione nelle cravatte e nei bracci retti:
E' detto capitello o mensola il tratto terminale orizzontale in
posizione di testa e plinto il medesimo tratto rovesciato in posizione di
base.
Gli apici, i tratti iniziali e terminali, gli orecchi, le finali delle code,
ordinarie e ornamentali, possono avere quattro aspetti generici: a bottone, a
goccia, a becco o uncino, a bandiera.
Classificazioni stilistiche delle
lettere alfabetiche tipizzate
In base a criteri etnici e linguistici, i segni alfabetici i
grafismi in genere, si raggruppano in: 1. Specie: segni alfabetici latini
e non latini; 2. Genere: segni alfabeti ci e paralfabetici, segni
estralfabetici, fregi, iconografie, paraiconografie; 3. Gruppo stilistico
raggruppamenti stilistici affini per strutturazione aste-tratti terminali
(lineari, rettiformi, contrastati...); 4. Famiglia: gruppo stilistico con
varianti non significativi nella struttura formale ai fini della collocazione
stilistica, dovuto a un particolare «taglio» differenziantesi leggermente dal
disegno originale (le varie forme del Bodoni, del Didot, del Bembo, ecc.); 5.
Serie: collezione di un medesimo carattere differenziatesi nel suo
aspetto non strutturale (rispetto alla forma alfabetica:
maiuscolo-minuscolo-maiuscoletto; rispetto alla inclinazione: tondo-corsivo;
rispetto al tono: chiaro-nerissimo; rispetto alla larghezza:
stretto-larghissimo; rispetto alla decorazione: semplice-ornato; rispetto alla
inversione: positivo-negativo...); 6. Corpo: gamma dimensionale di una
serie alfabetica (successione scalare generalmente dal corpo 6 al 72); 7.
assortimento: l'insieme seriale e dimensionale di un certo carattere, ma
anche tutto l'insieme dei segni alfabetici e non alfabetici costituenti una
cassa tipografica, un magazzino linotipico, una forma monotipica, un disco di
macchina fotocompositrice...
Ma l'aspetto principale è la «mortofologia» o «stile» del carattere,
ossia quel modo particolare di esprimersi proprio di un artista, di un tempo, di
una nazione; conseguentemente l'argomento più consueto delle ricerche è
quello relativo alle classificazioni stilistiche tendenti a ordinare le
migliaia di collezioni alfabetiche riprodotte in tipi. Infatti, fin dai primordi
della stampa, l'esigenza di compilare elenchi e campionari di caratteri,
pose gradualmente la necessità dello studio di una classificazione tipo-logica
secondo raggruppamenti stilistici.
Proposte di classificazione
stilisticaNel XVIII secolo inizia la ricerca di classificazione; è
sufficiente citare il Manuel tipographique di Pierre Simon Fournier
(Parigi, 1764-66) e il Manuale tipografico di Giambattista Bodoni (Parma,
1818) contenente oltre 500 modelli di caratteri di ogni tipo e alfabeto. Bodoni,
dopo aver rilevato che le differenze dei caratteri riguardano la forma, la
grandezza e la proporzione, delinea la sua classificazione dei caratteri latini
in sei distinte forme di lettere: Romano, maiuscolo e minuscolo; Corsivo,
maiuscolo e minuscolo; Cancelleresco, maiuscolo e minuscolo.
In questi ultimi decenni, i manuali di composizione e i cataloghi di fonderia
si sono basati sul criterio di classificazione di Francis Thibaudeau
determinante lo stile dei caratteri latini soprattutto secondo la forma dei
tratti terminali, classificandoli in quattro gruppi e relativi sottogruppi: 1.
Caratteri privi di terminali; 2. Caratteri con terminali rettangolari; 3.
Caratteri con terminali triangolari e modellate; 4. Caratteri con terminali
sottili.
Recentemente altri tipologi hanno proposto differenti classificazioni. Jan
Tschichold in Meisterbuk der Schrift, raggruppa i caratteri in: 1.
Caratteri romani (o tondeggianti): 1. 1. Caratteri con variazione di spessori e
con modellazione (Veneziani, 1470-1600; Romani antichi, 1495-1757; Romani di
transizione, 1757-1790 e Romani moderni, 1790-1900); 1.2. Caratteri con
uniformità di spessori senza terminali (dal 1832), con tratti terminali (dal
1815). 2. Caratteri gotici (fratti, angolati): 2. 1. Gotico rotondo; 2.2.
Textur; 2.3. Schwabacher; 2.4. Fraktur.
Stanley Hlaste propone: Veneziani, Stile antico, Tradizionali, Moderni,
Contemporanei, Caratteri per Bibbie, Caratteri per usi speciali, Caratteri
fantasia.
Berry e Johnson in Enciclopedia Type Faces presentano la seguente
divisione: Veneziani, Stile antico, Tradizionali, Moderni, Romani XX secolo,
CaIligrafici, Caratteri non di testo, Caratteri artistici, Lineari, Lineari
modificati, Caratteri neri, Lettere chiare, Caratteri ornati, Caratteri
tridimensionali, Scritture.
Alfred Finsterer riduce le suddivisioni in quattro gruppi: Romani, Egiziani,
Lineari, Scritture; per i caratteri gotici, propone: Textur, Schwabacher,
Fraktur, Rotunda, Scritture tedesche. Piuttosto simile a questa è la
suddivisione di Eugen Nerdinger.
In Inghilterra predomina la classificazione strutturata in: Veneziani, Stile
antico, Transizione, Moderni, Linean, Egiziani, Gotici, Scrittura, Fantasia.
Massimiliano Vox (1954) propone nove gruppi: Manuaires (es. numberger,
Schwwabacher Libra), Humanes (es. Centaur, Paladino), Garaldes (es.
Garamond, Spectrum), Didones (es. Didot, Bodoni). Réales (es.
Baskenville. Times New Roman), Incises (es. Augìusta. Weiss Lapidar),
Linéales (es. Futura, Univers), Mécanes (es. Clarendon. Paybill),
Scriptes (es. Ideal-Screibscbrijl, Delphin). Questa classificazione è
stata diffusa in una pubblicazione dell'École Estienne nel 1974 e in diverse
relazioni dell'École de Lure.
Successiva alla classificazione di Vox e quasi simile, è quella
pubblicata da James Mosley, strutturata in dieci gruppi: Medièeves, Humanes,
Garaldes, Réales, Didones, Simplices, Mécanes, lncises, Manuaires, Scriptes.
Aldo Novarese (1956) propone dieci gruppi, derivandone lo stile dai loro
terminali e il nome dalle diverse origini di ciascuno: 1. Lapidari (caratteri
ispirati al puro stile dei monumenti romani dell'epoca di Augusto e di Traiano,
ad es. .Augustea); 2. Medioevali (caratteri risultanti dalle varie
scritture usate dall'Alto Medioevo a tutto il Rinascimento, ad es. Goudy
Text); 3. Veneziani (caratteri disegnati e incisi dai celebri Stampatori di
Venezia del XV-XVI secolo, ad es. Garaldus); 4. Transizionali (caratteri
del periodo 1693-1775, di transizione fra le creazioni veneziane e quelle
bodoniane, ad es. Bodoni, Normandia); 5. Bodoniani (caratteri classici
creati e ispirati a Bodoni in Italia e a F. Didot in Francia); 6. Scritti
(caratteri a tratto libero e continuo imitanti scritture più o meno corsive a
partire dalle cancelleresche del 1400 ai nostri giorni, ad es. Slogan);
7. Ornati (caratteri che si trasformano in fregi ornamentale, ad es.
Fontanesi); 8. Egiziani (caratteri dai tratti terminali ingrossati e
anneriti, ad es. Egizio): 9. Lineari (caratteri senza tratti terminali,
Eurostile. Recta); 10. Fantasie (caratteri nel cui disegno la fantasia ha
operato senza limiti, ad es. Ritmo).
Randolph Karch raggruppa i caratteri in: Venetian, Old Style (Dutch-English),
Old Style (French), Transitional, Modern, Contemporary, San Serifs, Square
Serifs, Decorative, Blackletter, Svripts, Newpaper.
John R. Biggs ordina gli stili in quattro gruppi: Old face, Modern face, Sans
Serif, Slab Serif.
La classificazione morfologica-decimale di Giuseppe Pellitteri (1958),
definitivamente pubblicata nel suo Atlante tipologico del 1963, ha scopi
puramente didattici e pratici. Essa sottintende la conoscenza del nome del
carattere, ma rispetto all'ordinamento in gruppi e sottogruppi stilistici, segue
esclusivamente il riferimento della forma o profilo o sagoma del carattere. con
esclusione di riferimenti: che richiederebbero precedenti conoscenze
tipologiche, storiche, stilistiche, ecc.; inoltre contrassegna ciascun gruppo e
sottogruppo con cifre ordinate decimalmente: 0. Lineari (senza terminali); 1.
Rettiformi (terminali rettangolari); 2. Angoliformi (terminali angolari). 3.
Curviformi (andamento sinuoso), 4. Digradanti (con affusolature); 5.
Contrastati (terminali sottili e uniformi); 6. Scritti-Manuali-Estemporanei
(grafie, intagli, improvvisazioni); 7. Fratti (gotici e assimilati); 8.
Fregiformi (da non confondere con i caratteri ornati); 9. Fantasie, Idridi e
Aberrazioni.
La norma tedesca DIN 16518 pubblicata nel 1964, classifica i caratteri in:
1. Renaissance-Antiqua venezianischer Art (lettere romane rinascimentali di
forma veneziana): lettere con tratti terminali leggermente arrotondati, aste e
filetti con spessori armonici, tratto orizzontale della e minuscola
inclinato, asse delle porzioni arrotondate inclinato verso sinistra; 2.
Renaissance-Antiqua franzòsischer Art (lettere romane rinascimentali di forma
francese): lettere che si differenziano dalla forma veneziana per il tratto
orizzontale della e minuscola; 3. Barok-Antiqua (lettere romane barocche
preclassiche): lettere dal disegno influenzato dagli incisori in rame; tratti
terminali sono lisci e poco arrotondati, angoli raccordati tra aste e terminali,
asse delle porzioni arrotondate quasi verticale; 4. Klassizistiche-Antiqua
(lettere romane classiche di derivazione diretta dalla forma delle antiche
iscrizioni incise sulla pietra): lettere con tratti terminali orizzontali e
dritti, con angoli tra aste e terminali raccordati appena o ad angolo retto,
forte contrasto fra le aste e i filetti, assi degli arrotondati verticali; 5.
Serifenbentonte Linear-Antiqua (lettere romane lineari dai tratti poco
accentuati): lettere aventi in comune la forte accentuazione dei tratti
terminali, con spessore delle aste e dei filetti armonici; 6. Serifenlose
Linear-Antiqua (lettere romane senza tratti terminali): lettere senza terminali
e con spessore delle aste uniforme o quasi; 7. Antiqua-Varianten (lettere con
variazioni dalle romane): lettere romane con caratteristiche non classificabili
nel 1. e 6. gruppo; 8. Schreibschrift (scritture correnti): calligrafie romane
cancelleresche e scolastiche, che non presentano alcuna caratteristica delle
grafie personali; 9. Handschriftliche Antiqua (lettere romane manoscritte):
lettere derivate dalle scritture romane con caratteristiche di origine
personale; 10. Gebrochene Sebrifien (scritture spezzate), gruppo suddiviso in:
10. 1. Gotisch (gotico): lettere basate sull'antica Textur e suoi derivati del
XVII secolo; 10.2. Rundgotisch (gotico rotondo): lettere gotiche dei primi tempi
della stampa e suoi derivati specialmente del XX secolo; 10.3. Schwabacher:
lettere derivate dalle scritture popolari e mercantili del XV secolo; 10.4.
Fraktur: lettere derivate dai prototipi della cancelleria imperiale di
Massimiliano I (XVXVI secolo); 10.5. Kurrent (scritture spezzate corsive o
correnti): lettere che s'ispirano alla fondamentale scrittura corsiva tedesca;
il. Fremde Schriftarten (scritture straniere): lettere non di origine romana, ad
es. greche, cirilliche, ebraiche, arabe, ecc.
La classificazione morfologico-decimale di Giuseppe
Pellitteri risponde, più che altre, a esigenze didattiche e pratiche; pur
richiedendo la conoscenza del nome del carattere, rispetto all'ordinamento in
gruppi e sottogruppi stilistici segue esclusivamente il riferimento della forma
o profilo o sagoma del carattere, escludendo ogni riferimento che richiederebbe
precedenti conoscenze tipologiche, storiche, stilistiche, ecc., contrassegnando
ciascun gruppo e sottogruppo con cifre ordinate decimalmente.
Della classificazione morfologico-decimale di seguito si esemplificano i
gruppi con un carattere identificativo di esso.
0. LineariUnivers, cl. 0.0,
disegnato da Adrian Frutiger e realizzato dalla Deberny & Peignot nel 1957 e
dalla Monotype nel 1961. E un lineare di tono uniforme; coda dello Q disposta
orizzontalmente sull'allineamento mediano inferiore; R con gamba Curva; leggera
variazione di tono in alcune minuscole; ad es. b, m, n, o, p, q. La collezione
comprende parecchie serie alfabetiche di toni diversi, larghi, stretti,
verticali e inclinati.
1. RettiformiEgizio, cl.
1.1 disegnato da Aldo Novarese e realizzato dalla Nebiolo nel 1955-58. Ha
modulazioni poco accentuate; lettere larghe nel carattere fondamentale, ma la
collezione comprende anche un alfabeto con maiuscole e minuscole strette;
ascendenti e discendenti sempre corte.
2. AngliformiLatin Antique,
cl. 2.0, realizzato dalla Linotype, dalla Monotype Corporation e dalla
Stephenson Blake. Alle estremità superiori delle ascendenti e delle aste
verticali delle minuscole e delle maiuscole oltre al piede, si trovano terminali
appuntite a forma triangolare; le ascendenti e discendenti, sono corte. Nella
collezione non vi è il corsivo.
3. CurviformiGaramond, cl.
3.0, disegnato da Claude Garamond (1480-61) ispirandosi ai disegni di Aldo
Manuzio. Usato per la prima volta in libri stampati a Parigi verso il 1532; è
talmente famoso, che non vi è fonderia che non lo abbia nel proprio campionario.
Caratteristiche: Q con ampia coda a svolazzo; g con occhiello piccolo e orecchio
a forma di breve tratto rettilineo; e con occhiello piccolo.
4. DigradantiBaskerville,
cl. 4.0. I punzoni originali incisi da John Baskerville di Birmingham, sono
pervenuti attraverso varie fonderie francesi a Deberny & Peignot e poi
all'Università di Cambridge. E' stato realizzato da molte fonderie e da
fabbriche di macchine fotocompositrici; il modello dilato è della ATP
Typesetter. Caratteristiche: in alcune serie le gambe della R è ricurva a
somiglianza dei caratteri del XVIII secolo; nel corsivo la w è senza terminale
al vertice mediano; g con gancio aperto e orecchio ricurvo; K. N, T, Y, con
svolazzi decorativi.
5. ContrastatiBodoni, cl.
5.1, disegnato da Giambattista Bodoni, uno dei più fecondi disegnatori;
inizialmente ispiratosi a Fournier, negli ultimi anni diede ai caratteri Io
stile definitivamente moderno, versioni che sono state riprodotte da moltissime
Case. Caratteristiche: modulazioni esattamente verticali; discendenti lunghe; M
stretta; coda della Q disposta verticalmente; gamba della R a svolazzo;
occhiello della g piccolo; terminali del corsivo uguali a quelli del tondo; v e
w del corsivo in stile metà XVIII secolo.
6.
Scritti-manuali-estemporaneiLegend, cl. 6.1, disegnato da F.M.E.
Scheidler e realizzato dalla Bauer nel 1937. Ha la caratteristica della
imitazione di scrittura a penna; tono medio; modulazioni piuttosto accentuate;
maiuscolo poco inclinato con parecchie lettere con ornati a svolazzo; minuscolo
verticale senza tratti di congiunzione; ascendenti molto alte, senza occhiello;
parecchie lettere in stile goticizzante.
7. FrattiA lato lo splendido
«Wilhelm-KIingspor-Schrift», cl. 7.0(2), della Stempel di Francoforte, disegnata
da Rudolf Koch.
Altri splendidi alfabeti gotici sono il «Goudy Text» della Monotype,
disegnato da Frederie W. Goudy nel 1928; il «Trump-Deutsch» della Berthold,
disegnato da Georg Trump nel 1936 e il «Caslon Gotisch» della Stempel, tutti con
diverse caratteristiche disegnative rispetto al Wilhelm-Klingspor
8. FregiformiSplendide lettere
maiuscole appartenenti tutte alla classe 8.1, ma per la loro struttura
fondamentale rispettivamente anche alle classi 1.0, 2.3, 4.2, 1.0:1.
Romantiques, realizzata dalla Foundry Typographique Francais, un
maiuscolo tondo contornato e ombreggiato, superornato; 2. Davida,
realizzata dalla Visual Graphies, un maiuscolo tondo ispirantesi al Liberty;
3. Saphir, realizzata dalla Stempel su disegno di Hermann Zapf del 1953,
un tondo nero maiuscolo fregiforme, con contrasto marcato fra le aste sottili e
quelle grosse ornate internamente da un fregio negativo floreale; 4. Lettre s
Ornées, realizzata dalla Deberny & Peignot, simile ad un carattere
presentato dal fonditore inflese Edmund Fry nel 1824, con la caratteristica di
egiziano maiuscolo superornato, ad aspetto tridimensionale.
9.
Fantasie-ibridi-aberrazioniEstro, cl. 9.1(1.4.6), disegnato da Aldo
Novarese e realizzato dalla Nebiolo nel 1961, un carattere maiuscolo e minuscolo
di stile fantasia, ad esempio nella G, nella o e nella g; per il tono e i
terminali, più grossi delle aste principali, si richiama ai caratteri egiziani.
Le denominazioni dei caratteri sono scelte con i più disparati
criteri: l'editore che ha usato un determinato stile (Elzevir); il calligrafo
ispiratore di un certo stile (Arrighi); il nome dell'autore di un libro nel
quale è usato un determinato carattere (Bembo); lo stampatore (BIado), il
disegnatore. punzonista, fonditore (Bodoni); il riferimento calligrafico
(Onciale); una località (Oxford); il gruppo stilistico (Old Stylet; il
raggruppamento per specie (Antiqua); un nome riferente si a eventi politici che
col tempo perdono ogni aggancio mnemonico come,
per esempio, la campagna napoleonica in Egitto che suscitò la moda di
denominare ogni cosa con nomi egiziani (Egizio); un nome composito (Garaldus,
che lega i nomi di Aldo Manuzio e Claudio Garamond); un nome riferentesi alle
caratteristiche espressive (Semplicità); un nome indicante le caratteristiche
morfologiche (Fraktur); lo strumento usato dal disegnatore (Scritto a lapis); la
posizione delle lettere(Scritturaverticale); un nome riferentesi allo stampato
per il quale il carattere è stato espressamente realizzato (Times); un
nome indicante una serie prevalente, per esempio la nerezza (Bold Face); oppure
un pregio precipuo (Schonscrift); l'analogia con delle caratteristiche relative
a macchine o a dispositivi usati per ottenere il carattere (Scrittura a
macchina); un nome assolutamente fantasioso (Excelsior), ecc.
Di seguito si presentano una serie di caratteri espressi con la denominazione
loro attribuita.
Lettere alfabetiche tipizzate:
gamma serialeUna serie di caratteri comprende un gruppo alfabetico completo
di caratteri di un particolare disegno, diversi fra loro per la forma
ortografica (maiuscolo, minuscolo, maiuscoletto), per la pendenza (tondo.
corsivo), per il tono (riguarda il valore chiaroscurale, la nerezza o macchia
della lettera: chiarissimo, chiaro. normale, medio, neretto, nero, nerissimo),
per la larghezza (si riferisce al suo sviluppo in senso orizzontale:
Strettissimo, stretto, normale, medio, largo, larghissimo), per la decorazione
(aggiunte decorative per cui tali lettere diventano ornate o fregiate: semplice,
ornato), per l'inversione (positivo, negativo: effetto ottenuto mediante
fotoriproduzione dal positivo).
Il carattere qui esemplificato è l'«Univers», una delle collezioni
alfabetiche più complete, disegnato da Adrian Frutiger e fuso dalla Deberny
& Peignot nel 1957 e dalla Monotype nel 1961; è un lineare di tono uniforme,
la cui collezione comprende parecchie serie alfabetiche di toni diversi, larghi,
stretti, verticali, inclinati e profilo, visualizzati negli esempi al piede
della pagina.
Lettere alfabetiche tipizzate:
gamma dimensionaleLo spessore del segno alfabetico, detto anche corpo, è
la dimensione caratteristica dell'occhio del carattere, ossia la
distanza fra il limite superiore delle lettere con ascendenti e il limite
inferiore delle minuscole con aste discendenti. La gamma consueta del carattere
in piombo, comprende i corpi dal 6 al 72 punti; per corpi superiori, il
materiale costitutivo è generalmente legno. Attualmente la
fotocomposizione ha mutato la prassi tradizionale per la illimitata possibilità
di ottenere grandezze di corpo, secondo le esigenze dello stampato.
Le lettere e il numero esemplificati della serie Helvetica, esprimono la
gamma dimensionale in punti UNI e in millimetri.
Lettere alfabetiche tipizzate:
rapporto occhio-corpoL'«occhio» è la struttura fondamentale comune a
tutti i caratteri alfabetici, costituita da aste di varia forma e disposizione,
collegate fra loro in modo da formare un unico grafismo e completate, non
necessariamente, da tratti terminali che arricchiscono il disegno del carattere
e ne costituiscono un elemento stilistico importante.
Le dimensioni caratteristiche di tale struttura, sono: il corpo, ossia
la distanza fra il limite superiore delle maiuscole e il limite inferiore delle
minuscole con aste discendenti, non sempre coincidente con il corpo del fusto
del carattere; l'occhio mediano, ossia la distanza fra i limiti inferiore
e superiore delle minuscole; l'occhio medio superiore, cioè la distanza
fra il limite inferiore delle minuscole e quello superiore delle maiuscole;
l'occhio medio inferiore, ossia la distanza fra il limite superiore delle
minuscole e il limite inferiore delle aste discendenti; la larghezza
dell'occhio, cioè la distanza fra i limiti destro e sinistro della
struttura. Le aste minuscole sono denominate mediane, ascendenti o
discendenti, rispettivamente se sono comprese nell'occhio mediano o se si
prolungano al disopra o al disotto di esso.
Lo sviluppo dell'occhio di una lettera alfabetica, può essere uguale o
inferiore al corpo del corrispondente carattere mobile da stampa; talvolta parti
di lettera si estendono a sbalzo oltre il fusto metallico, superando i limiti
dell'occhio mediano superiore e di quello inferiore, denominandosi crenatura. Le
dimensioni dell'occhio e del fusto metallico, sono generalmente espresse in
punti tipografici.
I termini relativi alle diverse parti dell'occhio di una lettera alfabetica,
indicano anche le corrispondenti parti dell'occhio del carattere da stampa.
Non sempre - è già stato segnalato -, nei caratteri tipografici il «corpo
dell'occhio» delle lettere coincidono con il «corpo metallico»; i quattro esempi
a lato lo evidenziano.
E' già stato detto che ogni parte dell'occhio che si estende oltre i limiti
dell'occhio mediano superiore o di quello inferiore, ossia quella parte del
grafismo che si estende a sbalzo oltre il fusto, è denominato crenatura;
questo si verifica spesso nelle scritture, mentre nel carattere da testo ed
estratesto, particolarmente nel corsivo. Tirando linee verticali su linee di
composizione, in corrispondenza di lettere con sporgenze - ad esempio la n nel
tondo e diverse lettere nel corsivo
È verificabile se la composizione è stata eseguita con tipi mobili.
L'esempio a piede di pagina lo dimostra chiaramente.
Allineamenti nei caratteri
tipograficiNel gergo tipografico viene detto corpo del carattere, la
massima distanza fra la spalla superiore e quella inferiore del parallelepipedo
metallico su cui è fusa la lettera; il corpo è, quindi, la
dimensione costante di tutto l'alfabeto dello stesso corpo.
L'occhio del carattere è tutto ciò che si vede della lettera quando essa è
stampata ossia la reale altezza e larghezza della lettera lo spessore, il
contrasto, di bianco e nero in essa e attorno ad essa. L'occhio è la parte in
rilievo del parallelepipedo, ossia la figura del carattere tipografico, quella
che lascia l'impronta sul supporto.
Tutte le lettere minuscole hanno l'occhio mediano, riferito
all'altezza della lettera x minuscola e indicato con le lettere x-h . Le
lettere con aste ascendenti rispetto all'x-h, hanno anche l'occhio superiore,
quelle con aste discendenti, hanno anche l'occhio inferiore.
Inoltre, oltre all'occhio mediano o x-h, agli allineamenti medio-superiore
medio-inferiore e alle zone superiori occupate dai tratti ascendenti o dalle
maiuscole. e inferiori occupate dai tratti discendenti, nei caratteri
tipografici vi è la linea superiore o spalla superiore e la
linea zero inferiore o spalla inferiore.
L'allineamento è la linea immaginaria sulla quale, in una composizione,
sono allineati con il loro piede i caratteri di occhio mediano e medio
superiore. Tale linea si dice anche allineamento medio inferiore, mentre
allineamento medio superiore è la linea su cui sono disposti i limiti superiori
dei caratteri di occhio mediano. distinguendosi così: la parte superiore,
centrale e inferiore; l'altezza del maiuscolo comprendente le parti centrale e
superiore; l'occhio, comprendente le parti superiore, centrale e inferiore; il
corpo, comprendente l'occhio e la zona della spalla superiore e inferiore.
L'allineamento normale è la distanza fra allineamento medio inferiore e il
limite della spalla del carattere mobile sul lato delle discendenti. I valori di
tale distanza, diversi per determinati gruppi tipografici, sono stati unificati;
tali valori unificati, sono detti allineamento normali e le linee
corrispondenti, allineamenti base.
L'occhio mediano di una lettera, non mantiene sempre le medesime dimensioni e
proporzioni in tutti gli alfabeti dello stesso corpo; l'esempio a piede di
pagina mostra caratteri di corpo identico ma di dimensioni superficiali diverse,
ossia di occhio diverso.
Caratteristiche stilistiche di
alcuni famosi caratteri tipograficiL'identificazione dei caratteri
tipografici è una delle iniziali difficoltà per chi s'interessa di
stampa. Con un esercizio intelligente e costante, si riconosceranno i singoli
stili tipologici con la medesima facilità con la quale s'identificano i volti
delle persone familiari. Gli esempi qui riprodotti, realizzati dalla Monotype
Corporation, agevola l'identificazione di quattro stili fondamentali:
1. Stile veneziano: carattere Centauro, Cloister e altri; sono
modellati sul Romano pre-Aldino usato da Nicola Jenson a Venezia nel 1470.
2. Stile Elzeviro fu usato la prima volta da Aldo Manuzio nel 1495 e
rimase lo stile dominante fino al 1760 circa; ritornò di moda dopo il 1850.
Caratteristiche sono gl'ispessimenti di sbieco, le maiuscole più basse delle
ascendenti, ecc.
3. Stile Romano di transazione: carattere di Baskerville del 1751;
faceva presagire il Romano moderno del 1785.
4. Stile Romano moderno: è contraddistinto dagl'ispessimenti
verticali e dai tratti terminali, perpendicolari sottili. Questo stile, inciso
da Firmin Didot nel 1784, fu il primo della vasta collezione di caratteri
moderni per libri sviluppatasi in Francia nel XIX secolo ad opera di membri
della stessa famiglia Didot. In Italia fu Giambattista Bodoni, ad esprimere lo
stile Romano moderno detto appunto «Bodoniano» per le caratteristiche proprie
diverse dal «Didot».
È anche interessante notare alcune caratteristiche specifiche in caratteri
famosi, tutti della Monotype Corporation:
1. Serie «Baskerville. Caratteristiche: in alcune serie la gamba della
R ricurva, a somiglianza dei caratteri del XVIII secolo: W senza
terminale al vertice mediano: g con gancio aperto e orecchio ricurvo; K,
N., T, Y con svolazzi decorativi; il braccio inferiore della E è
sporgente; T con piede lungo e appiattito. I punzoni originali furono incisi
dall'inglese John Baskerville.
2. Serie «Bembo». Caratteristiche: maiuscole più grosse delle
ascendenti delle minuscole; T con terminali divergenti: gamba dell'H senza
curva; braccio della K incurvato; anello della P aperto; t e f
sporgenti; terminali leggeri, inclinati e nel minuscolo prolungati a destra
lungo la linea di base. Questa serie è stata incisa da Francesco Griffi
per Aldo Manuzio e adoperata per la prima volta nel 1495 in De .Aetna del
Cardinale Bembo.
3. Serie «Bodoni». Caratteristiche: terminali orizzontali,
sottilissimi; aste molto marcate; modulazioni esattamente verticali; discendenti
lunghe, M stretta; coda della Q disposta all'inizio verticalmente; gamba della R
a svolazzo, f corsiva e tonda sporgenti dal corpo. Questa serie è stata creata
da Giambattista Bodoni e definitivamente presentato nel suo Manuale
Tipografico nel 1818.
4. Serie «Garamond». Caratteristiche: Q con ampia coda a svolazzo;
g con occhiello piccolo ed orecchio a forma di breve tratto rettilineo;
m, n, r arrotondate; e con anello stretto; curva accentuata della
D; terminale a sinistra della T molto obliqua verso sinistra. Serie
disegnata da Claude Garamond (1480-1561) ispirandosi ai caratteri di Aldo
Manuzio.
5. Serie «Imprint». Caratteristiche: culmine della A mozzato; K, k
caratteristiche. il tondo deriva dall'Elzeviro di Caslon; il corsivo e molto
regolare, marcato.
6. Serie «Perpetua». Caratteristiche: terminali piccoli, finemente
delineati; modulazioni stile Romano antico; corsivo poco inclinato. Testa della
a ad uncino; estremità superiore della f larga e tronca; filetto
all'estremità dell'orecchietta della r; E ha i tre bracci uguali; aste
esterne della M leggermente divaricate; due forme della R, una con gamba
allungata e con terminale orizzontale come nell'altra forma; gancio della g con
collo allungato; gancio della g corsiva di stile calligrafico. E il più
famoso carattere disegnato da Eric Gill.
7. Serie «Plantin». Caratteristiche: occhio mediano ampio in confronto
al corpo delle lettere; M divaricata; a con ampio gancio; anello della
P aperto; piede della k senza terminali; testa della a
quadrata; asta destra della N sovrapposta all'asta centrale. Serie disegnata
da F.H. Pierpont per la Monotype; prende il nome del famoso stampatore
Christophe Plantin del XVI secolo.
8. Serie «Times New Roman». Caratteristiche: di grandissima
leggibilità, studiato scientificamente in ogni particolare; terminali piccoli
nettamente incisi; ascendenti e discendenti corte; maiuscole semplici e di
uguale altezza delle ascendenti; modulazioni né brusca né verticale; e
stretta con ispessimento alla base; gancio della g ampio; f
tonda e corsiva normalmente sporgenti. Venne disegnato nel 1931 per il
The Times di Londra sotto la direzione di Stanley Morison.
9. Serie «Walbaum». Caratteristiche: si ispira a Bodoni e più ancora a
F. Didot; maiuscole larghe; gobba sinistra della g; asta obliqua
superiore della k sottilissima; b senza terminali alla linea di
base; e con grande anello; j ad angolo; p, q senza
terminali alla base del discendente. Il carattere prende il nome da Justus Erich
Walbaum, fonditore a Goslar e a Weimar.
Uno dei metodi più pratici di identificazione stilistica dei caratteri
tipografici, è senza dubbio quello di mettere a confronto fra loro determinate
caratteristiche morfologiche. A tale proposito la Monotype ha edito
l'interessante piccolo ABC dell'apprendista bibliofilo - a lato
riprodotto , nel quale pone appunto a confronto specifiche caratteristiche dei
più noti caratteri di testo.
Risorse e capacità espressive delle
lettere alfabetiche tipizzate
Risorse compositive delle
lettereLe lettere o i caratteri alfabetici sono un insieme di pittogrammi o
formati da simboli che, uniti, formano dei messaggi. Conoscere il corso
evolutivo o la decadenza di certe scritture, obbliga a seguire il corso storico
del passato, essendo le scritture strettamente legate all'ambiente stilistico,
artistico, tecnico e politico delle nazioni e dei popoli.
L'uomo dimentica facilmente le difficoltà passate e adagiandosi sulle
conquiste della moderna tecnologia, difficilmente va alla ricerca delle origini
che hanno determinato il presente. A nessun altro si deve massima riconoscenza
se non a coloro i quali inventarono l'alfabeto: senza di esso le attuali
conoscenze ci sarebbero negate.
La storia insegna che l'alfabeto è stato opera dell'intelligenza semitica
divulgato dai Fenici, portato alla perfezione dai Romani che lo resero così
idoneo all'espressione visiva, che ancora oggi i popoli occidentali adottano gli
stessi simboli alfabetici.
Da cinquecento anni il carattere ha conservato la stessa fisionomia adottata
dai prototipografi operanti in Italia, e la continuerà nel tempo, anche se da
parte di alcuni artisti di avanguardia si auspica una netta rivoluzione in
questo senso. L'unico esperimento innovatore si è avuto attraverso il famoso
«Roman du Roi» di Grandjean, alla fine del XVII secolo. e al quale s'ispirarono
Fournier. i Didot e Bodoni. Si ebbero. nel nostro secolo, altri tentativi di
riassumere in un unico alfabeto il maiuscolo e il minuscolo. come nelle antiche
scritture onciali. ma senza successo.
Lo studio del carattere oggi è rivolto specialmente alla chiarezza della
forma e alla leggibilità, sia esso con o senza tratti terminali: le espressioni
«HO» presentate alla «Mostra dei caratteri da stampa di disegnatori europei»,
organizzata a Torino nel 1965 in occasione del V Centenario dell'introduzione
della stampa in Italia. sono altamente rappresentative per il concorso dei più
noti disegnatori europei e rappresentano una panoramica delle moderne tendenze
stilistiche. Attraverso questi alfabeti, si possono notare divergenze d'idee e
d'interpretazione dovute al temperamento. all'estro. all'indirizzo culturale e
alla personalità degli autori.
Capacita espressiva delle
lettereIl significato di una parola o di un concetto, viene «accentuato»
dall'espressività del carattere con cui è composto: tale espressività è posta
negli elementi fondamentali di cui sono composte: aste e tratti terminali.
Il valore delle parole scritte può essere espresso anche dalla «forma»
del carattere, così quando il contenuto di una parola o di una frase lo
consente, il grafico fa appello alla sua sensibilità d'interprete, servendosi di
caratteri lineari pesanti. quando voglia esprimere il concetto della solidità;
sceglierà un carattere chiaro stretto, per sottolineare la fragilità di un
fiore: cercherà, forse, un carattere cancelleresco inglese, per il nome di un
profumo. Ricorrerà a tipi di caratteri potenti. eleganti, pesanti. gravi,
maschili. femminili. delicati, aggressivi, frivoli, ecc. per aumentare
l'espressione di un contenuto.
Quanto detto. si riferisce anzitutto ai titoli e a brevi testi; ma già il
colore, chiaro e scuro, di un carattere, cioè il contrasto evidente fra due
serie, può esprimere o aumentare visivamente un concetto: chiaro scuro, bianco
nero, leggero pesante.
Gli esempi qui presentati sono di Carlo Frassinelli tratti dal Trattato di
architettura tipografica e dall'articolo «Rivoluzione grafica» del 1921-22
su Risorgimento grafico di Raffaello Bertieri.
Le lettere alfabetiche nella
evoluzione raffigurativaGli studiosi delle forme figurative constatano come
in tutti i tempi e in tutti i luoghi la forma, ad esempio, del-l'abitazione,
dell'ornamento e, insieme a queste, delle lettere alfabetiche, pur non essendo
mai pienamente uguali, sono tuttavia simili o identiche e tali rimangono; è ciò
perché il mutamento figurativo è determinato da cause e motivi spirituali e
sociali creatrici di stile e costitutrici di un'epoca; queste cause, e le loro
condizioni, danno origine a un'espressione, un modo di essere del tempo, cioè
uno stile, spesso variato, di ritorno, non uguale, ma che risultano pur sempre
simili e imparentate. Questo ritorno «formale» in epoche e in luoghi diversi,
avviene secondo un processo regolare, la cui successione è ignota.
Ma come si compie questo movimento nell'orologio del movimento stilistico? La
posizione delle sue lancette nei vari popoli e nelle varie regioni è
considerevolmente vistoso, ma sfugge a una determinazione più precisa. Esso si
manifesta nelle forme usate, quando sussistano presupposti identici di tipo
sociale e di una attitudine spirituale generale verso cose e problemi vitali.
L'insieme delle creazioni formali e della cultura di un'epoca, tutto quello
che viene formato dallo spirito e dalle mani dell'uomo, si presenta con una
identica forza e attitudine; questa forza creativa e direttiva di un'opera, si
chiama «stile». Ogni epoca si crea la forma stilistica propria; essa muta le
forme di uso e gli oggetti in vari modi, accosta e separa l'un l'altra le forme
parziali degli elementi costitutivi, le allarga o le condensa in svariate
direzioni, oppure incrementa o diminuisce l'ornamento delle parti formali.
Lo stile si ritrova nella parte come nel tutto; nella struttura, nella
collocazione, nei contorni di una forma, come nei suoi elementi. Ogni forma di
abitazione, di segno, di lettera alfabetica e di ornamento diversamente
funzionale e costituito secondo una data direzione, è prodotto dall'inconscio e
non ricercato; ma se viene collocato in questo tutto, esso acquisterà un valore
preciso e tipi una determinata epoca. Gli esempi presentati in questa pagina,
tratti dal Zaichen. Schrift+Ornament di Eugen Nerdinger, dimostrano
chiaramente quanto detto.
Lettere alfabetiche ed espressioni
artisticheC'è o ci può essere una correlazione tra disegno di lettere e
sensibilità artistica generale di un determinato periodo storico, per cui le
lettere sono sintonizzabili con i motivi architettonici, pittorici e di altre
espressioni artistiche; ciò permette lo studio delle lettere-caratteri sotto il
profilo della identificazione stilistica nell'ambito dell'arte e delle varie
espresstoni.
Con riferimento all'architettura, è evidente che il carattere, il segno e
l'ornamento pubblicitario su di un edificio, non possono essere estranei alla
facciata di esso e all'insieme formale dell'edificio ma, nonostante che essi non
siano stati concepiti per l'utilizzazione in architettura, devono risultare
inseriti nell'ordine di un tutto; devono, cioè, essere relativamente esatti nel
piano edilizio e nell'altezza della linea di lettura, nel particolare della
facciata e nella forma delle lettere, si da corrispondersi reciprocamente oppure
reciprocamente contrastarsi. Questo contrasto deve sottolineare il particolare e
non far esplodere il normale.
Ogni richiesta pubblicitaria al carattere, al segno e all'ornamento, che sia
eccessiva, trova i suoi limiti nell'ambiente che le preesiste e che solo le dà
forma e misure. L'ambiente formale non è solo il lato visibile dell'edificio con
i particolari formali e il tipo del loro raggruppamento, bensì, in un senso più
esteso, anche la vicinanza formale, ossia il modo come un edificio sorga accanto
a un altro, discreto o risaltante, subordinato all'allineamento o uscente da
questo dalla linea della strada o di una piazza che le delimita.
Questi rapporti sono egregiamente compendiati in sei regole i cui concetti ed
esempi sono di Eugen Nerdinger, espressi nel suo Zeichen.
Schrifi+Ornantent:
1. La forma delle lettere alfabetiche, del segno e dell'ornamento,
originati contemporaneamente ed esattamente conformi alla forma stilistica, deve
adattarsi all'architettura contemporanea.
2. Le forme delle lettere alfabetiche, del segno e dell'ornamento, nei
loro contorni e nelle loro forme specifiche, devono fondersi al contorno formale
dell 'edificio, alle cornici e ai campi pieni della facciata.
3. Le forme delle lettere alfabetiche, del segno e ddell'ornamento, devono
adattarsi ai rapporti fra le misure dell'edificio. Per questo essi devono
adattarsi nella grandezza e nel carattere formale dell'edificio e non questo
adattarsi a grandezze e aspetti prefabbricati.
4. Attraverso le lettere alfabetiche, il segno e l'ornamento, si deve
ottenere nell'architettura una soddisfacente combinazione di forme e di
stili.
5. Un'appropriata forma contrastante, può sottolineare il valore
pubblicitario della giustapposizione.
Carattere come segno: sigle,
marchi, logotipi, pittogrammi0
Segni alfabetici e paralfabetici in
funzione decorativaUlteriori esempi di adattabilità del segno alfabetico o
paralfabetico, ordinato e assiemato con altri segni in funzione decorativa o
espressiva, è offerto dagli esempi a lato.
Questo genere compositivo viene generalmente utilizzato come «tessitura»,
texture, di fondo per tipici stampati, ma può anche essere utilizzato in
funzione pubblicitaria od ornamentale per particolari stampati.
La bellezza strutturale di una composizione dipenderà, oltre che dal gusto
del grafico, anche dalla conoscenza delle caratteristiche del segno usato in
rapporto alla sua carica espressiva.
Anche la possibilità di operare su segni già esistenti sfruttandone la
struttura formale attraverso accostamenti, sovrapposizioni, capovolgimenti e
simili, si può arrivare a soluzioni di nuove forme o strutture, per cui il
grafico è in grado di creare nuove cornici, fregi od ornamenti tipografici senza
essere obbligato all'uso di quelli esistenti.
A lato sono presentati: un esempio di fotoelaborazione; una elaborazione con
lettere della serie «Armonia» realizzata da Umberto Fenocchio e un'elaborazione
in funzione di texture con lettere paralfabetiche realizzata da Klaus Burkhardt.
Il «monogramma» è
espresso da un gruppo di lettere intrecciate, accostate, sovrapposte, ecc. in
funzione di simbolo di riconoscimento di una persona, ente, organizzazione o
fabbrica; generalmente è formato dalle iniziali della persona o dalla ragione
sociale della ditta, fabbrica, ente, ecc. La creazione grafica del monogramma,
non è dovuta solo alla capacità creativa e disegnativa del grafico, ma anche
dalla sua conoscenza del segno alfabetico e delle sue possibilità espressive.
Il monogramma può essere costituito anche da semplice combinazione di
materiale tipografico, dimostrando così l'adattabilità del materiale di cassa,
il quale rimane inespressivo solo per coloro che lo usano senza studiarne e
valutarne le possibilità estetiche; al grafico e al compositore, invece, esso
offre un'infinita gamma di soluzioni estetiche costituenti un vero e proprio
veicolo per la creazione espressiva del monogramma.
Qui sono presentati alcuni esempi di monogrammi costituiti esclusivamente da
materiale di cassa della fonderia Nebiolo; monogramma «McB» di Rudy Eswarin con
lettere «Hellenie Wide»; monogramma «V&B» di Hans Kleefeld; ulteriori studi
del monogramma «McB».
A seconda degli elementi componenti, i monogrammi sono costituiti da: una
sola lettera; dall'intreccio o combinazione di due o più lettere; da una lettera
ed elemento decorativo; da due o più lettere ed elemento decorativo.
Inoltre sono riportati esempi di due gruppi di monogramma: quelli costituiti
da due o più lettere e quelli costituiti da due o più lettere ed elemento
decorativo, disegnati, in ordine progressivo, da: Olaf Leu, per la Otto Brandes
& Partner di Amburgo; da Bruno Pachaver, per la Vorarc Berger
Buchdruckereige Sellshaft di Lustenau; da Max Caflisch, per la Benteli AG di
Berna; da Ulrich Maass, per la Moldenhauer-Wantikow di Ilverich; da Matthew
Leibowitz, per la Time Life Records di New York.
Marchio. Elaborazione di lettere
alfabeticheIl «marchio» è il simbolo grafico di un azienda, di una
fabbrica, di un prodotto, di un'idea; le sue origini sono remote. lì marchio è
anche il «riassunto» tradotto in simbolo delle peculiarità di ciò che
rappresenta; in quanto tale esso stabilisce un contatto visivo e stimola le
capacità intuitive in chi l'osserva. È anche il più semplice e primordiale dei
linguaggi, che nei tempi più remoti si esprimeva mediante graffiti sulle rocce,
mentre oggi, tramite una stilizzazione degli elementi costituenti, esprime una
forma, una simbologia, una raffigurazione più o meno astratta.
Lo studio della lettera alfabetica e le sue elaborazioni, possono fornire al
grafico degli spunti utili nella creazione del marchio. In questa scheda è
possibile constatare la molteplicità delle forme assunte da una lettera
alfabetica, nel corso delle successive modificazioni, pur conservando pressoché
intatte le sue caratteristiche morfologiche.
Gli esempi a lato mostrano: studi di lettura tratti da Ottagono;
l'evoluzione della lettera a minuscola verso una più evidente
stilizzazione della forma, realizzata da Alessandro Pallavicini della Scuola
politecnica di design di Milano; studi di Somai Ghah della Scuola di arti
applicate di Basilea; elaborazioni delle lettere B = Ball (palla), B = Blatt
(foglia), G = Glas (vetro, bicchiere), eseguite dagli allievi della Scuola di
arti applicate di Basilea, nei quali il segno viene progressivamente trasformato
da lettera alfabetica a simbolo ideografico dell'oggetto rappresentato.
Marchio. Stilizzazione di lettere
alfabeticheDi seguito si riportano, a scopo espIicativo, alcuni marchi
realizzati da designers internazionali: l'obiettivo è quello di dimostrare
l'adattabilità della lettera alfabetica che. attraverso opportune modificazioni
strutturali, può divenire marchio di fabbrica o simbolo di comunicazione
sociale.
1. Lettera A di Armando Milani per Arnoldo Mondadori Editore.
2. Lettera B di Perez Sanchez per la Blanc Industrial Design Atelier.
3. Lettera C di Daniel Sinay per la Firma Cofrenca.
4. Lettera D di André Grobler, Arié J. Geurts e Francois Robert per la Defy
lodustriies Ltd.
5. Lettera E di Armando Milani per la Elettronica Milano.
6. Lettera F di Burton Kramer.
7. Lettera G di Jean Widmer.
8. Lettera H di Pierre Mendel.
9. Lettera L di Hans Meiler della Tel Design Associated.
10. Lettera M di Anspach Grassman.
11. Lettera N di Jacques Nathan-Garamond.
12. Lettera O di Antonio Tabet.
13. Lettera P di Walter Diethelm.
14. Lettera R di Stuart Ash.
15. Lettera S di Rosalie Hansen,
16. Lettera U di Hans Hurter.
17. Lettera V di Silvio Coppola.
18. Lettera W di Rosmarie Tissi.
19. Lettera Y di Stuart Ash.
20. Lettera Z di Ursula Marthaler.
Marchio. Stilizzazione di segni
alfabetici, paralfabetici ed elementi figurativiCome già detto
precedentemente, qui si riportano a scopo esplicativo alcuni marchi realizzati
da designers internazionali utilizzanti più lettere alfabetiche, oppure lettere
alfabetiche e segni paralfabetici. oppure ancora elementi figurativi.
L'obiettivo è quello di dimostrare, ancora una volta e nella forma più
complessa, l'adattabilità del segno grafico o figurativo a divenire marchio di
fabbrica o simbolo di comunicazione sociale.
I marchi riprodotti nelle prime due linee, sono, in ordine successivo, di
Werner Tschupp, Amando Domènech, Werner Tschupp, Hans Hurter, Read Viemeister,
Centre International de Paris, Kenneth Hollick, Emil Wetchev.
I marchi raffiguranti stilizzazioni di animali. di uomini o semplicemente di
forme geometriche, delle linee successive. sono stati tratti da Top simbols
& trademarks of the world di F.M. Ricci e Corinna Ferrari,
Form+Communication, di Walter Diethelm, Modern publicity 45, Graphis
annual, 1973-76.
Marchio. Schemi costruttiviLa
progettazione del marchio non è affidabile al caso. ma alla conoscenza degli
elementi da usare unita alla fantasia del grafico, il quale cercherà di
concretizzare visivamente i contenuti che il marchio tende a proporre, basandosi
preferibilmente su griglie o schemi costruttivi che ne garantiscano la corretta
impostazione estetica e funzionale.
Il marchio deve poter essere utilizzato nei modi più svariati e poiché esso è
spesso accompagnato da altre scritte o da soggetti figurativi, il rischio di una
errata impostazione progettuale è facilmente superabile quando si segna la
normativa costruttiva, la quale non è limitante applicativamente o creativamente
per il grafico, ma diviene struttura di base in cui costruire liberamente,
Generalmente la scelta dello schema costruttivo nasce dalla conoscenza di
alcune leggi ottiche di base. le quali garantiscono al marchio leggibilità e
riconoscibilità in qualsiasi dimensione esso venga riprodotto. La suddivisione
modulare degli spazi d'ingombro che il segno grafico occupa, imposta in modo
corretto e ritmico le proporzioni degli elementi caratterizzanti la forma,
contribuendo a dare al marchio, equilibrio e semplicità vantaggiose per la sua
espressione estetica.
Il «logotipo» è la
realizzazione grafica di una parola o più parole esprimenti il nome di una
società, azienda, organizzazione, ecc. Anche se spesso, grazie alla sua forma
visiva, esso tende a sostituire il marchio o il monogramma, vi sono casi in cui
al logotipo viene accostato il marchio, rafforzando così la sua immagine e
rendendo più comunicativo il valore emblematico che la contraddistingue.
L'analisi dell'evoluzione grafica del logotipo di un'azienda, fornisce
elementi importanti che motivano una nuova concezione della forma grafica, la
quale è sempre stata condizionata, nei suoi aspetti estetici, dai momenti
sociali, culturali e storici che la società ha attraversato nei secoli. La
progettazione grafica, quindi, non è solo un momento creativo astratto, bensì un
atto culturale del grafico il quale, in collaborazione stretta con l'industria
per la quale presta la sua opera, deve interpretarne le istanze e i contenuti e
tradurli sotto forma d'immagine, di comunicazione visiva, adattandola al momento
storico in cui essa viene proposta. Il logotipo Olivetti, frutto di un
«redesign» di Walter Ballmer, tiene conto di tutte le possibilità applicative
per l'adattamento a qualsiasi stampato, imballaggio e marcature da parte
dell'organizzazione Olivetti nel mondo.
Questa normazione pur rigida per tutto ciò che è fondamentale, come i
rapporti di spazio fra logotipo e altri elementi, l'uso dei colori standard, i
caratteri da usare, ecc., tuttavia lungi dall'essere negativa, si rivela fattore
decisamente positivo, in quanto struttura di base su cui costruire liberamente.
È anche interessante esaminare l'indice di questa raccolta di norme; ogni
argomento è oggetto di un volume autonomo, illustrato dettagliatamente, riferiti
a elementi di base (logotipo, colori, caratteri...), all'identificazione dei
prodotti (marcatura, imballi di spedizione, imballi per accessori),
all'identificazione stampati (corrispondenza, modulistica), all'identificazione
ambienti (insegne, segnaletica interna, insegne di pubblicità). Insieme alle
norme sono state approntati anche strumenti e mezzi per semplificarne e
facilitarne l'applicazione, come fogli di costruzione grafica del logotipo
disegnato nelle versioni positivo, negativo, contornato e stretto, fogli
trasferibili autoadesivi con logotipo prespaziato, ecc.
Quando la scrittura
calligrafica nel suo insieme tende a comportare una forma figurata, si ottiene
il «calligramma». Il calligrafo ha sempre cercato di accentuare espressivamente
i contenuti dei testi o delle parole che doveva comunicare tramite la scrittura
manuale, arrivando a darci raffinati esempi di scritture.
Evidentemente ciò richiede all'artista una sensibilità alla forma, fantasia,
capacità di tradurre e valorizzare, tramite figurazione calligrafica, i
contenuti intrinseci del testo, in quanto il calligramma non è un'espressione
artistica nella quale la figurazione è eseguita a prescindere dal testo scritto,
ma ne è la rappresentazione figurata legata ai valori-messaggio che il testo
vuole comunicare.
Qui sono presentati alcuni esempi di calligrammi, dal classico latino in
caratteri gotici del XVI secolo, a quelli moderni realizzati da Ursula Huber,
Chaval, George Bickham, Erick Lindergren, Adrian Wilson, Martin Kausche,
Karlgeorg Hofer, Ernest Keller.
Ricerche espressive del segno
alfabeticoLa «grafica sperimentale» è un campo nel quale i grafici
s'inseriscono per l'affinamento estetico-espressivo personale e per la ricerca
di nuove forme comunicative. Esperienze di questo tipo sono possibili anche
all'allievo grafico che abbia percorso il curricolo di «Disegno di lettere»
proposto; in questa ricerca sperimentale potrebbe esplorare aspetti poco noti o
non tradizionali della comunicazione visiva, traendone naturale beneficio per
l'affinamento delle personali capacità e talento grafico. |