STORIA DELLE MACCHINE DA STAMPA


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Macchine
da stampa

Bruno Caletti, Federico Capetti. Domenico Ferro, Alessandro Gusmano
remessa
L'evoluzione tecnologica, che ha segnato indelebilmente il campo della stampa e dell'informazione, non poteva non coinvolgere le macchine da stampa che sono il mezzo basilare di tale industria. Senza richiamare in questa sede la storia dei mezzi per la stampa (si veda l'Enciclopedia della stampa) e bene riflettere sulle connessioni e implicazioni che esistono tra le vecchie e le nuove tecnologie. onde trarre vantaggio da quanto il presente ci offre e da ciò che il futuro ci impegna a conoscere sin d'ora

Dopo i fasti della tipografia e della stampa rotocalcografica e la spettacolare diffusione della stampa offset, nuovi sistemi di stampa si fanno competitivi sia per l'economicità dei mezzi richiesti, sia per la migliorata qualità dei prodotti ottenibili. È il caso della flessografia, che minaccia da vicino alcuni settori della stampa commerciale ed editoriale. della Serigrafia che s'inserisce nella stampa di alcune particolari produzioni, della stampa senza contatto o senza impatto. che gia si e appropriata di alcune produzioni specifiche.

In questa sede, lungi dal voler trattare di meccanica o di altre componenti specifiche di costruzioni delle macchine. si vuol illustrare la struttura generale delle principali realizzazioni del settore, vista dal lato utenza, ossia dalla parte di chi, imprenditore grafico, tecnico della stampa, tecnologo, responsabile di acquisti, insegnante di tecnologia grafica, vuol conoscere quant'è indispensabile oggi per affrontare l'acquisto, la gestione, l'impegno opportuno del mezzo stampante.

Introduzione
I procedimenti di stampi non costituiscono un criterio sufficiente per la classificazione delle macchine da stampa. Un'utile elemento di classificazione e costituito dal principio di funzionamento. cioè dagli organi che realizzano la stampa. La loro importanza e peraltro evidente se si considera che proprio ad essi e affidata l'operazione più importante. quella cioè di portare a contatto. sotto pressione (direttamente od indirettamente), forma inchiostrata e supporto. Vengono perciò denominati organi della pressione.

Gli organi della pressione sono il porta-forma e il portasupporto. Teoricamente forma e supporto potrebbero essere portati da superfici geometriche di qualunque tipo: in pratica si usano però superfici piane o cilindriche.

Tralasciando il caso di stampa di supporto costituiti da oggetti di varia forma e chiaro che e sempre possibile applicare e tenere disteso un foglio od un nastro di carta su di un piano o su di un cilindro, le forme di stampa sono generalmente avvolgibili su superficie cilindriche: altre forme richiedono un portaforme piano ma sono usate su macchine ormai obsolete.

Il porta-forma e il porta-supporto devono possedere un moto relativo, per consentire l'introduzione del supporto e inchiostrazione della forma, quindi il contatto per la stampa.

Concorrono a differenziare il principio di funzionamento di una macchina da stampa le seguenti caratteristiche degli organi della pressione:

  • - la figura geometrica;
  • - il movimento del porta-supporto e del porta-forma:
  • - le caratteristiche del movimento dell'organo o degli organi meccanici.
1 Figura. Per quanto riguarda la figura dagli organi della pressione si avranno tre combinazioni possibili:

  • - porta-forma e porta-supporto entrambi piani (macchine piane).
  • - porta-forma piano e porta-supporto cilindrico (macchine piano-cilindriche):
  • - porta forma e porta-supporto entrambi cilindrici (macchine rotative).
2 Movimento Il litto che il porta-forma e/o il porta supporto siano in movimento. costituisce un altro importante criterio di classificazione delle macchine. Sono possibili tre combinazioni:

  • - porta-forma fermo e porta-supporto mobile:
  • - porta-forma mobile e porta-supporto fermo:
  • - porta-forma e porta-supporto entrambi mobili.
3. Caratteristiche del moto. Per Quanto riguarda le caratteristiche del moto degli organi che realizzano la stampa si accenna per ora che esse possono variare da un tipo di macchina all'altro (si veda oltre).

Gli aspetti sotto i quali si può presentare il supporto sono diversi: oggi si stampano vari materiali per altrettanti impieghi. I supporti si possono dividere genericamente (v. Grafica 3: Principali materiali da stampa, la trattazione Carta) in:

  • - fogli:
  • - nastri continui:
  • - oggetti.
Tralasciando la stampa di oggetti (che richiede macchine speciali), e fondamentale la distinzione tra foglio e nastro continuo per l'importanza e la diversità delle rispettive macchine da stampa' denominate appunto:

  • - macchine da foglio:
  • - macchine da bobina.
Altro elemento discriminante sono le caratteristiche dell'inchiostro impiegato. Si possono genericamente suddividere gli inchiostri a seconda della loro viscosità (v. Grafica 3: Principali materiali da stampa, la trattazione Inchiostri da stampa) in:

  • - consistenti:
  • - fluidi:
  • - speciali.
Il tipo d'inchiostro condiziona la struttura del gruppo incaricato della sua distribuzione sulla forma Nel caso d'inchiostri consistenti. il gruppo inchiostratore e costituito da numerosi rulli: per gli inchiostri fluidi il numero dei rulli scende drasticamente, tanto che per alcuni sistemi di stampa si possono addirittura eliminare. Per inchiostri speciali si possono avere diversissime strutture: serbatoi d'inchiostro in polvere. nebulizzatori d'inchiostro liquido guidati elettrostaticamente. ecc.

Naturalmente anche altre componenti differenziano i vari tipi di macchine da stampa, per esempio i gruppi stampanti rotativi hanno caratteristiche diverse a seconda delle realizzazioni. anche per uno stesso sistema d'impressione: tuttavia dal punto di vista della geometria dell'insieme, rientrano nella definizione citata.

I diversi mezzi di trasporto dei fogli, di controllo e i dispositivi ausiliari che sovente accompagnano le macchine da stampa saranno illustrati nel prosieguo.

Macchine da foglio

1. Generalità

Le parti principali che costituiscono una macchina da foglio, nonostante la varietà di tipo e la diversità di realizzazione, sono:

  • - gli organi della pressione. che comprendono i mezzi atti a realizzare, per reciproca azione. la pressione necessaria al trasferimento dell'immagine della forma al supporto:
  • - il gruppo inchiostratore, costituito da vari dispositivi per il passaggio dell'inchiostro da un serbatoio alla forma;
  • - il gruppo alimentatore, comprendente i dispositivi per far affluire il supporto agli organi della pressione;
  • - gli organi di registrazione ossia i dispositivi atti ad assicurare una posizione costante del supporto rispetto agli organi della pressione onde conseguire un perfetto registro, cioè l'esatta sovrapposizione delle stampe eseguite successivamente:
  • - gli organi d'uscita. costituite da vari dispositivi che prelevano. convogliano e raccolgono in modo idoneo il prodotto stampato.
Completano una macchina da stampa organi ausiliari quali servocomandi, accessori, automatismi e vari dispositivi di controllo per assicurare la piena funzionalità.

2. Organi della professione

I principi di funzionamento delle macchine da stampa si fondano, come già accennato. su alcune caratteristiche degli organi della pressione: la figura geometrica che contraddistingue il loro movimento, le leggi del moto cui sono sottoposti.

1e macchine da stampa ripetono periodicamente una successione di operazioni. Il periodo. inteso come intervallo di tempo tra l'inizio di due cicli consecutivi, può essere più o meno breve a seconda delle caratteristiche della macchina: da alcuni secondi nelle lente macchine a platina, a frazione di secondo nelle moderne rotative da bobina. Anche le operazioni che si succedono nel ciclo di stampa possono essere diverse: sono però sempre coordinate al fine principale della macchina, che quello di produrre un'impronta inchiostrata su di un supporto

L'importanza degli organi di pressione deriva proprio da questa loro caratteristica di condizionare struttura e funzionamento degli altri organi della macchina. Per quanto diversi come figura, posizionamento e movimenti essi presentano nel ciclo di stampa due fasi distinte:

  • - fase di pressione o stampa,. durante la quale il supporto riceve l'impronta inchiostrata dalla forma (in essa il porta-forma e porta-supporto assumono la posizione e le posizioni necessarie affinché la stampa si compia):
  • - fase di non stampa. durante la quale le superfici attive dcl porta-forma e del porta-supporto si caricano di inchiostro e del supporto per riportarsi in posizione idonea per l'inizio della fase di stampa nel ciclo successivo.
Il modo in cui avviene la stampa in stretta relazione con la figura geometrica degli organi della pressione: Questo concetto verrà perciò sviluppato nelle pagine seguenti.

2.1. Figura degli organi della pressione

Il trasferimento dell'inchiostro dalla forma al supporto comporta un contatto sotto pressione degli elementi stampanti della forma con le zone del supporto destinate a ricevere l'impronta inchiostrata. I valori della pressione di stampa possono essere molto diversi e dipendono:

  • - dal procedimento di stampa:
  • - dallo stampato che si deve realizzare:
  • - dal materiale costituente la forma:
  • - dalle caratteristiche dell'inchiostro usato:
  • - dal tipo di supporto da stampare con particolare riferimento alla sua stampabilità (v. in Stampabilità, prove e controlli la trattazione Stampabilità della carta).
La pressione di stampa può variare entro una gamma molto estesa di valori. Nella stampa serigrafica per esempio, grazie alle grandi masse d'inchiostro in gioco, si ha contatto tra forma e supporto con pressione minima: nella stampa rotocalco il supporto deve essere fortemente premuto, fino a valori di 100 kg/cm2. affinché esso prelevi inchiostro dai pozzetti costituenti la forma.

Il contatto forma-supporto può essere limitato soltanto alle parti stampanti, come avviene per le forme rilievografiche, o esteso a tutta la superficie del supporto. come si ha per le forme planografiche ed incavografiche: nel secondo caso, a parità di pressione di stampa. la forza o le forze risultanti dal contatto forma-supporto solleciteranno gli organi della pressione con intensità maggiore, indipendente dall'estensione delle zone stampanti.

La pressione di stampa interessa simultaneamente tutto la forma nelle macchine piane (fig. 1). Nelle macchine piano cilindriche e rotative invece solo una stretta striscia di forma, estendendosi per tutta la larghezza è sottoposta contemporaneamente alla pressione di stampa (fig. 3). Le dimensioni della striscia oltreché dalla pressione stessa dipendono dalla curvatura delle superfici a contatto del porta-forma e del porta-supporto: la stampa avviene espressivamente, striscia dopo striscia. grazie al movimento combinato del porta-forma e del porta-supporto.

Le sollecitazioni negli organi della pressione e le reazioni dei loro vincoli (guide prismatiche o accoppiamenti rotoidali del porta-forma e del porta-supporto), saranno ovviamente molto minori rispetto al caso di pressioni di stampa esercitate simultaneamente su tutto il formato.

In pratica la pressione di stampa si ottiene forzando il porta-supporto e il porta-forma uno contro l'altro: il caso tipico del timbro che viene premuto contro il foglio trova il suo corrispondente nelle macchine piane con forma in rilievo, per esempio torchi e le macchine (a platina), ove però è generalmente il porta-supporto mobile che preme il supporto contro la forma fissa (spostare la forma sarebbe rischioso e non economico).

Nelle macchine piano cilindriche e rotative, partendo dalla posizione di semplice contatto tra forma e supporto, si ottiene la pressione di stampa aggiungendo spessori (generalmente di carta) sotto il supporto o sotto la forma o sotto entrambi.

Un altro modo per ottenere la pressione è quello di ridurre la distanza tra porta-forma e porta supporto rispetto alla distanza corrispondente a forma e supporto a contatto senza pressione. Nelle macchine piane ciò corrisponde ad avvicinare il piano porta-supporto al piano porta forma, facendo sì che la distanza che questi tendono ad assumere al momento della stampa sia leggermente minore dello spessore della forma. Nelle macchine piano cilindriche e rotative occorre. invece avvicinare l'asse di rotazione del cilindro porta-supporto al piano porta-forma, oppure rispettivamente all'asse di rotazione del cilindro porta-forma.

Sia che si aumentino i rivestimenti, sia che si avvicinino porta-forma e porta-supporto, la pressione di stampa risultante dipende:

  • - dall'entità dell'avvicinamento e del rivestimento;
  • - alla natura dei rivestimenti. ivi compreso il supporto da stampare:
  • - dalla rigidità della macchina o più precisamente dalle strutture degli organi della pressione e della parte d'incastellatura della macchina interessata alla pressione di stampa.
In realtà, per quanto rigido sia il complesso, esso ammette dei cedimenti: nell'ipotesi assurda che il tutto fosse assolutamente rigido, la pressione di stampa' in qualunque modo ottenuto, raggiungerebbe immediatamente valori infiniti (si andrebbe perciò incontro a grandi difficoltà pratiche nel eseguire la stampa).

La cedevolezza dell'insieme deve però non superare determinati valori, per non generare vari inconvenienti. quali per esempio disuniformità di pressione da punto a punto. rapida usura della forma, allungamento dei tempi di preparazione alla stampa, sbaveggi dello stampato ed altri ancora.

3. Pressione di stampa nelle macchine piane

Con porta-forma e porta-supporto entrambi piani, la pressione di stampa viene esercitata simultaneamente su tutto il formato o, se si tratta di forme in rilievo, sulle parti stampanti comprese nel formato, in precedenza si è fatto accenno all'entità delle pressioni occorrenti per stampare: valori ricorrenti, per esempio nella stampa tipografica, sono compresi tra 20 e 50 kg/cm2. Stampando fondi pieni, estesi a tutto il formato, si hanno razioni molto ingenti applicate al portaforma, al porta-supporto e ai loro vincoli.

Anche in macchine di piccolo formato la risultante F delle pressioni di stampa raggiunge rapidamente valori molto forti, calcolabili con la semplice formula:

F=p V S

ove p (kg/cm2) è la pressione specifica occorrente per il genere di stampa considerato ed 5 la superficie stampata (in cm2). Un fondo pieno stampato tipograficamente su di una platina di piccolo formato, per esempio cm 25 x 35, supponendo per p un valore di 50 kg/cm richiede perciò una forza:

F= 50 x 25 x 35 = kg 43.750

Valori proporzionalmente maggiori si ottengono per macchine di formato maggiore. 1e reazioni nel porta-forma. nel porta-supporto e nelle strutture che li collegano assumono valori cosi forti da richiedere, per ottenere una stampa corretta configurazioni estremamente rigide. al fine di contenere le deformazioni.

Anche gli organi di comando risentono delle sollecitazione di breve durata, ma intensissime, che si producono durante la stampa 1a potenza necessaria a mantenere in marcia la macchina raggiunge valori così alti che il normale motore di comando non è in grado di fornire. Si ricorre allora all'uso di volani che immagazzinano energia cinetica negli istanti che procedono la stampa e la mettono a disposizione (in aiuto al motore) durante la stampa, evitando rallentamenti troppo pronunciati (è il caso delle macchine a platina).

Oggi le macchine a platina di grande formato s'impiegano soltanto per il completamento del ciclo di lavoro nella produzione di scatole ed incarti in genere. Nella fustellatura i coltelli tagliatori e solcatori occupano superfici assai limitate e, per quanto le pressioni specifiche necessarie per tagliare e per solcare ai supporti siano ingenti, la loro risultante è relativamente poco elevata.

4. Pressione di stampa nelle macchine pianocilindriche

Il contatto tra superficie cilindrica ed una piana è teoricamente una linea retta: una sezione normale all'asse del cilindro taglia le superfici cilindrica e piana secondo una circonferenza ed una retta tangente ed il contatto si riduce ad un punto (fig. 4).

Praticamente, comprimendo le due superfici una contro l' altra, la retta di contatto diventa un'area di contatto e nel piano di figura un segmento (b', fig. 5).

Nel caso in esame le cose sono complicate dal fatto che il materiale costituente il cilindro non è omogeneo a causa del necessario rivestimento, costituito da diversi strati di carta e da sottili teli (a volte gommati) (fig. 6), che è necessario sia avvolto sul cilindro medesimo per diversi scopi.

  • - «ammorbidire» una delle superfici tra cui viene schiacciato il foglio di carta (se la forma costituita da elementi rigidi tale rivestimento giace sul porta-supporto):
  • - poter variare, entro certi limiti, il diametro della superficie cilindrica attorno a cui il foglio si avvolge, sia per poter stampare fogli compresi entro una gamma di spessori abbastanza vasta (da 0.04 a 1 mm). sia per poter aumentare o diminuire entro certi limiti la pressione;
  • - compensare, inserendo o togliendo pezzetti di carta su uno o più fogli costituenti il rivestimento (taccheggio), le eventuali differenze di altezza degli elementi della forma, oppure aumentare, di proposito lo spessore del rivestimento e quindi la pressione di stampa nelle zone che si vogliono ottenere più scure. pratica ancora seguita nella stampa tipografica.
Per la determinazione della lunghezza del segmento b si parte dall'esperienza qua insegna che per effetto della pressione di stampa la superficie del cilindro si appiattisce al contatto e la compenetrazione e interferenza generalmente compresa tra 0 e 0,2 mm a seconda della cedevolezza del materiale che costituisce il rivestimento.

Considerando il triangolo rettangolo AEC (fig. 7) si ricava.

b« = D 2 - D 2 - i 2

2 2 2

dove:

i= interferenza

d= diametro del cilindro

b«= larghezza della striscia di contatto.

Risolvendo le parentesi si ha:

D2 - D2 + iD - i2 = iD - i2

4 4

Dato che i e una quantità assai piccola, il suo quadrato può essere trascurato relativamente al prodotto iD, quindi si potrà scrivere:

b« 2 = iD da cui b« = 2 i D

2

Paragonando le forze richieste per una macchina a platina e per una piano-cilindrica a parità di larghezza di forma L e di lunghezza di stampa Lu, si otterrà nei due casi la forza totale F:

macchine a platina F= p x Lu x La (fig. 2)

macchine pianocilindriche F= p x b x La (fig. 8)

b ha un valore sempre assai minore di Lu, essendo, come si e visto, dell'ordine di grandezza di 1P2 cm. Inoltre b indipendente da Lu essendo influenzato soltanto dal diametro del cilindro di stampa e dal valore dell'interferenza.

Se ne conclude che in una macchina pianocilindrica si hanno sollecitazioni molto minori di quelle esistenti in una macchina a platina; del resto ciò é intuitivo, solo che si consideri il modo secondo il quale avviene la stampa: simultaneamente su tutta la forma per una macchina a platina, progressivamente striscia dopo striscia per una macchina pianocilindrica.

5. Pressione di stampa nelle macchine rotative

La zona di contatto tra un porta-forma ed una porta-supporto, entrambi cilindrici, si può determinare in modo analogo a quanto visto per le macchine pianocilindriche, tenendo presente che le tracce degli organi della pressione nel piano di figura sono due circonferenze tangenti in A (fig. 9). Il punto di tangenza diventa un tratto di linea per effetto della pressione di stampa e della cedevolezza dei materiali a contatto (fig. 10).

Supponendo eguali i diametri dei due cilindri, e cioè D1= D2=D si può determinare b in funzione dell'interferenza i; b infatti é uguale a 2EC e cioè due volte il cateto EC del triangolo rettangolo ECA1 di cui l' altro cateto A1C è uguale a D - i e l'ipotenusa A1E è uguale a D

2

b 2 = D 2 - D - i 2 = D2 - D2 + i2 - 2iD2 =

2 2 2 4 4

= D2 - D2 + i2 + 2iD 1)

4

e trascurando i2 che ha un valore molto piccolo rispetto a D

b = iD da cui b = 2 V iD 2)

2 2

Confrontando la 2) e la 1) risulta che, a parità di interferenza e di diametro, la lunghezza del tratto di contatto diminuisce pestando dalle macchine pianocilindriche alle macchine rotative: in queste ultime la striscia sottoposta simultaneamente alla pressione di stampa e perciò più stretta e le sollecitazioni risultanti dalle pressioni di stampa sono minori.

Da quanto precede emerge che la macchina da stampa ideale, grazie ad una sapiente dosatura della rigidità dei vari organi, si presenta nel suo insieme ne troppo rigida né troppo elastica; per fissare un ordine di grandezza la zona di massimo cedimento, che é sempre quella della «mezzeria» della macchina, perché più lontana dai supporti, deve corrispondere ad un allontanamento del porta-forma dal porta-supporto dell'ordine di grandezza di ,1 mm.

Intorno a questo valore medio e con differenze di pochi centesimi di millimetro si ritrovano tutti i valori dei cedimenti per i vari procedimenti di stampa, e per i tipi di stampato che si vuole ottenere. Resta però inteso che la misura del cedimento massimo, oggi rilevabile con strumenti precisi, non é di per sé stessa un indice della pressione di stampa, anche se spesso a tale misura si ricorre per comodità, almeno limitatamente a macchine che suppone presentino una rigidità similare.

Le forze risultanti dall'insieme delle pressioni di stampa sono influenzate, oltreché dai valori delle pressioni stesse, dalla superficie sulla quale le pressioni agiscono simultaneamente. Questa superficie o zona di contatto forma-supporto e determinata dalla figura geometrica alla quale si possono assimilare gli organi della pressione.

La misura della zona di contatto e di notevole importanza, ai fini della valutazione degli sforzi che sollecitano durante la stampa il porta-forma. il porta-supporto e le strutture portanti della macchina. Questo problema interessa soprattutto il fabbricante della macchina, ma anche lo stampatore non deve ignorarlo se vuole ottenere il massimo dalla macchina sia per la qualità del lavoro reso sia per l'efficienza della stessa nel tempo.

6. Struttura degli organi di pressione nelle macchine rotative

Nelle macchine a stampa diretta il porta-forma ed il porta supporto sono costituiti da due cilindri rotanti con moto circolare uniforme, ingranati a mezzo di due corone dentate per la trasmissione del movimento ad entrambi (fig. 11).

Nelle macchine a stampa indiretta tra il cilindro porta-forma ed il cilindro porta-supporto vi e un cilindro intermedio, rivestito nella zona di stampa da un telo gommato, che riceve la stampa dalla forma e la trasmette al supporto (fig. 12).

Il cilindro porta-supporto, o cilindro di stampa, ha in entrambi i casi una struttura simile all'analogo organo delle macchine pianocilindriche, salvo che, essendo la stampa indiretta (fig. 12), non e necessario il rivestimento (o maestra).

Il cilindro porta-forma presenta dei dispositivi per l'applicazione della forma. che sono vari:

  • - scannellature elicoidali per il fissaggio delle forme curvate (fig. 13);
  • - superfici lisce per l'incollaggio di forme flessibili in gomma od in plastica(fig. 14).
  • - ganasce tendilastra per il fissaggio e la tensione di lastre (fig. 15). I bulloni (1 fig. 15) servono per la tensione e lo spostamento circonferenziale, mentre le viti (2 fig. 15) servono per lo spostamento laterale.
Le macchine rotative sono generalmente più rigide delle macchine piano-cilindriche, anche perché la struttura cilindrica del porta-forma si presta a limitare le deformazioni. E buona regola che sotto la pressione massima di stampa l'allontanamento tra i cilindri, in mezzeria, non superi mm 0,06 0,08 (fig. 16).

Macchine tipografiche da foglio

1. Generalità

La stampa tipografica è un procedimento di stampa rilievografico che ha utilizzato in passato forme prevalentemente metalliche. Un grande impulso alla tipografia fu dato dalla possibilità di duplicazione della forma (stereotipia galvanotipia, ecc.), che permette di utilizzare macchine rotative in quanto si producono forme curve.

La tipografia è indubbiamente il procedimento di stampa che ha avuto in passato la maggior importanza sia perché è stato il primo, sia perché ha consentito finalmente una certa velocità di produzione, Essa ha mantenuto un dominio incontrastato fino agli anni '50 nel settore della stampa di giornali e di libri. Oggi la stampa tipografica e stata largamente superata sul piano della produzione industriale da altri procedimenti, i cui vantaggi si possono facilmente riassumere in velocità di produzione maggiori e. di conseguenza. costi minori (non si prendono qui in considerazione problemi di formato fotoriproduzione. composizione. ecc.).

Conviene tuttavia accennare alle principali realizzazioni in questo campo. Brevemente le macchine tipografiche si possono suddividere in:

  • -macchine piane;
  • -macchine pianocilindriche.
  • -macchine rotative.
Le macchine rotative possono venire ancora suddivise in:

  • - macchine da foglio:
  • - macchine da bobina
Si dà ora una breve descrizione delle categorie citate, escludendo le macchine da bobina. trattate più avanti.

2. Macchine piane

Vengono definite macchine piane tutte quelle macchine tipografiche che hanno portaforma piano. Di esse le uniche che possiedono ancora una certa funzione produttiva sono le platine, come vedremo in seguito. Anche le macchine pianocilindriche vengono usate ormai soltanto per tirature limitate e ad un solo colore.

2.1. Macchine a platina

Le macchine a platina hanno la caratteristica di essere formate da un porta-forma ed un porta-supporto, detto appunto (platina), entrambe piani. Il movimento d'incontro di questi due piani può essere «parallelo» (fig. 17) se tutti i punti del supporto vengono a toccare contemporaneamente la forma. oppure «non parallelo» nel caso che una zona stampante venga a toccare il supporto prima del resto della forma. Questo tipo di macchina trova oggi un suo mercato, seppur limitato, nelle piccole tipografie in quanto è il tipo di macchina più conveniente per effettuare certi lavori di poca entità; si tratta di biglietti da visita carte intestate, inviti, partecipazioni, etichette, lavorazioni paragrafiche quali fustellatura, cordonatura, ecc.

La fustellatura di stampati viene spesso effettuata a parte con platine che hanno tale specifico compito. Queste platine spesso sono dei veri e propri derivati dalle platine tipografiche anche se tendono a differenziarsene sempre più. Si tratta di macchine che possono lavorare su grande formato poiché richiedono globalmente una bassa pressione, essendo quest'ultima elevata solo sul profilo delle lame fustellanti.

Particolarità delle platine sono i mettifogli che risultano imitazioni del lavoro manuale. Si ricorda il diffusissimo mettifogli della platina Heidelberg, che ha dato il nome alla macchina stessa, definita «a stella» oppure «a mulinello», dal movimento rotante della barra che porta due pinze (fig. 22). Un altro tipo di mettifogli-levafogli relativamente diffuso in Italia e il dispositivo della ditta Saroglia (fig. 23).

Alcuni modelli di platina (Heidelberg TP) (in fig. 18) consentono lavorazioni particolari quali la stampa con nastri metallici in alluminio (dorato, argentato, ecc.) che producono fondi metallizzati a specchio, assai apprezzati commercialmente. La stampa su nastro metallico può essere effettuata entro un formato massimo corrispondente alla larghezza del nastro steso (fig. 19).

Per l' impressione a caldo da nastri con le macchine Heidelberg sono richiesti punzoni (alti 7 mm) incisi, realizzati in un materiale che sia il più possibile buon conduttore di calore (metalli oppure le leghe metalliche). I punzoni possono essere realizzati, a partire dal massimo grado di durezza come segue:

  • - incisioni su acciaio;
  • - incisioni su ottone o bronzo temprato;
  • - incisioni su rame Printac;
  • - incisioni su leghe di zinco.
A causa del riscaldamento dei fianchi del punzone può succedere di rilevare un' impressione non voluta anche nelle zone intermedie vuote. I filetti e le lettere risultano più larghe ed esiste il pericolo che punzonature sottili, diano un immagine «riempita». Tali eventualità possono essere però evitate quasi sempre mediante una scelta accurata del materiale di rivestimento e mediante l'impiego di nastri difficili da far fondere (fig. 20).

3. Macchine pianocilindriche

Le macchine tipografiche pianocilindriche sono caratterizzate dall'avere un portaforma piano, detto «carro», ed un portasupporto cilindrico, detto appunto «cilindro». Generalmente il portafortuna compie un moto alternativo al di sotto del cilindro, il quale ruota intorno al proprio asse.

La storia della costruzione di macchine pianocilindriche ha offerto nel tempo diverse soluzioni, tese allo scopo di permettere al carro di ritornare nella posizione iniziale senza interferire con il cilindro di stampa.

Essenzialmente si sono adottate due soluzioni:

  • - incavare o ribassare parte della circonferenza del cilindro in modo tale che l'arco di questo con raggio minore fosse rivolto verso il carro durante la sua fase di ritorno:
  • - sollevare il cilindro di qualche millimetro durante la fase di ritorno del carro.
Le soluzioni meccaniche hanno generato categorie di macchine che hanno preso il nome dal tipo di movimento del cilindro relativamente a quello del carro (macchine ad arresto, ad un giro del cilindro, a doppio giro, ecc.).

Per la descrizione dettagliata degli organi di alimentazione, trasferimento ed uscita del foglio si rimanda al capitolo seguente, in questa sede si ricordano solo alcune caratteristiche peculiari delle macchine tipografiche.

In particolare, la forma è inchiostrata in due passaggi sia per il moto alternativo del carro (macchine pianocilindriche) sia mediante il moto alternativo dei rulli inchiostratori (platine). Il numero totale dei rulli è pertanto decisamente inferiore a quello delle macchine rotative, in cui la forma è inchiostrata in un solo passaggio.

Il complesso di macinazione dell'inchiostro e d'inchiostrazione della forma ha dei limiti nel suo sviluppo longitudinale, in quanto dev'essere ospitato, tra il punto morto anteriore e il cilindro; il gruppo inchiostratore si inserisce tra inizio carro e cilindro (fig. 21).

In altezza il massimo sviluppo della macchina è limitato dagli organi di uscita del foglio (altezza corrispondente all'incirca al diametro del cilindro di pressione). Per evitare l'impolveramento del gruppo di macinazione (dovuto al passaggio dei fogli sul sovrastante levafogli frontale) viene solitamente posto un carter al di sopra dei rulli stessi.

In alcune macchine pianocilindriche il mettifogli ed il levafogli sono posti dallo stesso lato della macchina: ciò comporta la necessità di dotare la macchina di un dispositivo per il ribaltamento del foglio, affinché la stampa sulla pila del levafogli sia rivolta verso l' alto e visibile per l'operatore. In figura 24 è schematizzato il sistema di uscita con catene: è da notare che la stampa è rivolta verso il basso, con appoggio del foglio appena stampato su barre trasversali e relativo pericolo di danneggiamento dello stampato. In figura 25 un altro sistema, con tamburo voltafogli e nastri, provvede al ribaltamento del foglio: anche in questo esso può esistere il problema del danneggiamento dello stampato a causa dell'appoggio sul tamburo.

3.1. Macchine ad arresto del cilindro

Le macchine ad arresto del cilindro sono caratterizzate dall'avere il cilindro che si «arresta», cioè si ferma, durante la fase di ritorno del carro; esso riceve il foglio direttamente dalla tavola di puntatura senza ausilio di pinze oscillanti (fig. 26).

In tali macchine il moto del carro è realizzato mediante un sistema a cremagliere ruota dentata che viene fatta muovere vere per mezzo di un comando biella-manovella (fig. 27), dal volano. L'accoppiamento carro-cilindro è in tal caso di tipo diretto (fig. 28); il cilindro viene cioè fatto ruotare, durante la corsa di andata del carro, da un altro accoppiamento cremagliera-ruota dentata.

La struttura della macchina è organizzata in maniera da permettere l'entrata e l'uscita dei fogli (previo ribaltamento) dallo stesso lato, penciò la pila di carta caricabile risulta «bassa» cioè l'autonomia di carico è limitata.

Le regolazioni di registro laterale vengono effettuate mediante la squadretta sulla tavola di puntatura, mentre il registro frontale viene fornito dagli arresti presenti sul cilindro di pressione (v. oltre).

Durante la fase di stampa l'operatore lavora prevalentemente sul lato sinistro della macchina, ove sono posti la forma, il calamaio, i rulli macinatori e inchiostratori e ove si può verificare il regolare arrivo dei fogli in macchina.

Tutte queste caratteristiche hanno reso le macchine ad arresto adatte a formati piccoli e medi, meno invece per i formati maggiori.

3.2. Macchine ad arresto ridotto del cilindro

Tali macchine rappresentano un'evoluzione delle macchine ad arresto (fig. 29). Si differenziano da queste ultime per il tempo d'arresto inferiore ridotto appunto corrispondente al solo tempo necessario per la registrazione e la conseguente presa del foglio. Ciò consente al cilindro di mettersi in movimento prima dell'inizio della corsa di andata del carro e d'arrestarsi dopo la sua fine. Si ottengono così un avvio ed un rallentamento più graduale, che rendono l'intera struttura meno soggetta a urti, sforzi, vibrazioni, consentono, in definitiva, velocità più elevate e affidabilità, anche dal punto di vista dei risultati ottenuti.

Le macchine di questo tipo sono caratterizzate da una tavola di puntatura con forte inclinazione, per mezzo della

quale i fogli si assestano più facilmente ai registri frontali posti sul cilindro. Il ribaltamento del foglio e' operato da un cilindro di grande diametro che non deteriora le carte di forte spessore.

Dal diagramma di figura 30 si fa notare quanto segue:

  • - il carro portaforme al punto morto anteriore (P.M.A.) inverte il suo moto traslatorio con massima accelerazione (tangente alla curva);
  • - il cilindro é invece comandato da un settore dentato che lo accelera gradatamente a partire dall'origine degli assi;
  • - quando cilindro e carro hanno raggiunto la medesima velocità (inizio stampa) si ha ingranamento della corona dentata del cilindro con la cremagliera laterale del carro;
  • - da questo momento il comando del sistema è affidato al carro (in questa fase avviene la stampa);
  • - a fine stampa si ha il distacco del comando, mediante l'intervento di un settore dentato sul cilindro, onde frenarlo del tutto, mentre il carro prosegue la sua corsa comandato con il meccanismo biella-manovella;
  • - al punto morto posteriore (P.M.P.) il carro inverte il moto e ritorna con velocità negativa (non visibile in figura) mentre il cilindro è tenuto fermo da un apposito meccanismo. Le corone del cilindro sono prive di dentatura per un arco di 3O-405 per evitare che le cremagliere del carro durante il ritorno urtino con i denti del cilindro. In tale zona anche il raggio del cilindro ha un valore leggermente inferiore.
In definitiva il meccanismo della forcella «sgancia» il cilindro dal comando del carro, lo tiene fermo per tutta la corsa di ritorno, infine lo «riaggancia» al carro. Gli eccentrici che comandano la forcella sono in acciaio indurito e, dalla loro forma, prendono il nome di cuore e controcuore.

Il movimento del carro si può assimilare ad un moto armonico.

3.3. Macchine ad un giro del cilindro

Queste macchine sono caratterizzate dall'avere il cilindro in moto rotatorio continuo con velocità angolare pressocché costante. Esso viene comandato, durante la corsa di stampa, dal carro porta-forma e durante la corsa di ritorno da ingranaggi che gli trasmettono il moto direttamente dall'albero di comando (fig. 28). Il moto del carro è, come per le macchine ad arresto del cilindro, comandato a biella-manovella.

La struttura delle macchine ad un giro può essere molto simile a quella delle macchine ad arresto e ad arresto ridotto (fig. 31); visibilità del portaforma e regolazioni del calamaio e dei rulli inchiostratori risultano sulla sinistra, entrata e uscita fogli sulla destra. Il ribaltamento del foglio può essere effettuato con catene quando la pila del mettifogli è dallo stesso lato di quella del levafogli. Il foglio viene fatto adagiare sulla pila dei fogli in uscita da un carrellino mobile con stecche di sostegno (fig. 31). In altri tipi di macchine ad un giro del cilindro, la pila del mettifogli è apposta all'uscita fogli. In questo caso un apposito tamburo ospita lo stampato, per permettere alle pinze del cilindro di prelevare un nuovo foglio dalle pinze oscillanti (fig. 32).

Nelle macchine ad un giro la superficie del cilindro sfruttabile per la stampa è poco più della metà della circonferenza. L'altra parte è leggermente incavata per permettere il ritorno del carro senza interferire con il cilindro.

3.4. Macchine a doppio giro del cilindro.

La caratteristica fondamentale delle macchine a doppio giro è il fatto che in un giro del cilindro si esegue la stampa, mentre il secondo giro è utilizzato per il ritorno del carro (il cilindro è sollevato di qualche millimetro per permettere il passaggio del carro).

Di conseguenza il comando del movimento del cilindro non può derivare dal carro, ma dallo stesso albero di comando per entrambi (fig. 34).

Il sincronismo è creato da un rotismo nel cilindro e da una doppia dentiera sotto il carro. Questo accoppiamento fa in modo che il carro accumuli un'inerzia (data dal moto rotatorio del cilindro),che deve venire dapprima ammortizzata in prossimità del punto di fine corsa del carro ed in seguito restituita al carro stesso nella fase successiva di accelerazione, dopo l'inversione del moto.

Il moto rotatorio continuo del cilindro permette una certa velocità di stampa con precisione d'esecuzione anche nei grandi formati. L'uscita dei fogli avviene con la stampa rivolta verso l'alto, dalla parte opposta del mettifogli.

Nelle macchine a doppio giro di tipo classico si hanno diagrammi (tempo, velocità) con velocità del carro costante nella fase di stampa (fig. 34). L'accelerazione e la decelerazione del carro ai punti morti sono però notevoli (visibili dalla pendenza della curva [t, V] della fig. 34). Quindi, per ammortizzare le forti variazioni di velocità ai punti morti, si usarono sistemi di decelerazione costituiti da stantuffi che, entrando in apposite camere, permisero di attenuare gli effetti e di frenare grandi masse dotate di un forte momento d'inerzia.

Nella macchina a doppio giro «Urania» della Nebiolo, invece, durante la fase di stampa si ha accoppiamento tra cilindro e carro, dove quest'ultimo, muovendosi di moto armonico perché comandato da biella e manovella, dà movimento al primo mediante un comando diretto. Tra la fase di «non stampa» e quella di «inizio stampa», e tra la fase di «fine stampa» e quella di «non stampa», due coppie di settori a profilo speciale ingranano per rendere le accelerazioni eguali a quelle del comando che si sta per impartire. Grazie alle boccole eccentriche del cilindro di stampa, quest'ultimo viene sollevato di qualche millimetro nella fase di ritorno del carro. In questa macchina a doppio giro il cilindro non ha la velocità costante (fig. 35) nella fase di stampa. In fig. 36 è schematizzata la macchina a doppio giro del cilindro «Urania».

Il comando del carro che consente il movimento a velocità costante, almeno per la bozza di stampa, è piuttosto complesso. Due cremagliere, poste l'una sopra l'altra (fig. 37) vengono ingranate alternativamente da una ruota dentata che si sposta assialmente. In prossimità del punto di fine corsa interviene un manovellismo a doppia rotella (fig. 38) che entra all'interno di una feritoia; in tal modo si guida il telaio del carro mentre la ruota dentata si sposta assialmente.

Con il sistema qui descritto sommariamente si accumula però una forza viva proporzionale al quadrato della velocità del carro. Occorre quindi utilizzare dei dispositivi ammortizzatori che accumilino una parte di tale energia al termine della corsa del carro e la restituiscono per la ripresa del moto nel senso opposto.

3.5. Macchine pianocilindriche bicolori

Sono macchine che costruì la Heidelberg, definite «pianocurve», progettate ,per i casi in cui si dovessero effettuare lavorazioni bicolori a carattere prevalentemente commerciale. Sono nella loro struttura eguali in tutte le parti alle macchine ad un giro del cilindro, con la differenza che oltre ad avere una forma piana con relativo sistema di macinazione ed inchiostrazione della forma, posseggono un cilindro portaforma atto a montare lastre del tipo Nyloprint, alimentato da un gruppo di macinazione ed inchiostrazione autonomo, posto a contatto col cilindro di pressione, in modo da rendere possibile una prima stampa attraverso la forma curva ed una seconda stampa attraverso la forma piana durante lo stesso giro del cilindro (fig. 39).

Queste macchine vennero costruite con lo scopo di creare una certa concorrenza alle macchine offset bicolori, ma con scarsi risultati. La velocità massima nel formato 38 x 56 risulta infatti di 5.000 fogli/h in stampa bicolore, mentre per il formato 61 x 87 si scende a 4.000 fogli/h.

4. Macchine tipografiche rotative

La stampa tipografica con macchine rotative da foglio rappresentò l'evoluzione logica verso mezzi capaci di assicurare velocità e produttività maggiori. L'esigenza di velocità fu dapprima sentita soprattutto per la stampa di pubblicazioni quotidiane, per le quali la tiratura doveva essere compiuta in poche ore.

Nel campo dei giornali e dei periodici le macchine rotative da bobina soppiantarono le macchine da foglio per il fatto di consentire produzioni ad un ritmo assai più rapido. Infatti si passa dalle 10.000 c/h a 30-40.000 c/h. Le macchine rotative tipografiche da foglio sono perciò obsolete, usate ancora in alcuni casi per la loro capacità di fornire un'ottima qualità di stampa, a condizione di disporre di adeguate forme rilievografiche. Le forme tipografiche ottenute per fusione o modellazione non sono più utilizzate; si impiegano forme flessibili, ottenute mediante fotoformatura, con buoni risultati per medie tirature ad un solo colore.

La diffusione di questo metodo di stampa è stata impedita dal costo elevato delle lastre e dal lungo tempo richiesto per l'avviamento in macchina; i continui perfezionamenti delle forme planografiche non hanno consentito alle lastre rilievografiche «avvolgibili» di raccogliere i frutti dei progressi veramente notevoli compiuti nel settore dei fotopolimeri. Si fornisce ora qualche schema, a titolo indicativo generale, di macchine rotative tipografiche tra le più note.

4.1. Macchine monocolori

La fig. 41 illustra schematicamente la macchine rotativa tipografica monocolore da foglio PAX della Koënig & Bauer. Il foglio alimentato dal mettifogli (1), è immesso in macchina dalle pinze oscillanti (2) e dal tamburo rotante (3). Il cilindro di stampa (4) comprime il foglio contro il cilindro porta forma (5) e lo cede quindi al trasportatore a catene (6) che lo porta fin sulla pila (7).

Il cilindro porta forma (5) è munito di scanalature lungo le quali scorrono i morsetti per fissare le forme curve.

4.2. Macchine bicolori

La figura 42 illustra una significativa realizzazione (Koënig & Bauer - Rotafolio). I due gruppi stampanti (I e 2), composti ciascuno da un gruppo inchiostratore ed un cilindro portaforma, stampano su di un cilindro comune (3) sul quale si avvolge il foglio afferrato dalle pinze. Si devono usare lastre avvolgibili di ottima qualità e perfettamente calibrate dato che non è ovviamente possibile compensare le eventuali imperfezioni di spessore con

aggiunte al rivestimento del cilindro (taccheggio).

Le operazioni di avviamento, non sempre evitabili, soprattutto quando occorra stampare quadricromie, devono essere effettuate con aggiunta e rimozione di spessori di carta sotto le lastre: operazione possibile, ma lunga ed onerosa.

Il mettifogli (4) la tavola di alimentazione (5) e l'uscita del foglio (6) completano la macchina.

4.3. Macchine rotative tipografiche bianca e volta

La possibilità di stampare entrambe le facce del foglio in un unico passaggio in macchina raddoppia la produttività di una macchina monocolore. I grandi formati, per i quali le macchine bianca e volta furono costruite, consentirono produzioni di stampati (fig. 43) sempre adeguate alle necessità dell'editoria periodica.

I cilindri porta-forma (I) e (2) possono presentare diversi tipi di attacco, idonei per le varie forme, inoltre sono facilmente smontabili e sostituibili.

Le due facce del foglio vengono stampate successivamente: durante la stampa della «volta» la stampa fresca della «bianca» può subire deterioramenti (sdoppiamenti, sbaveggi, ecc.). Si ovvia almeno in parte a tali inconvenienti rivestendo il cilindro di pressione del secondo elemento (3), con materiale repellente all'inchiostro, usando inchiostri a rapida essicazione, agevolando l'essicazione con lunghi percorsi del foglio tra la prima e la seconda stampa e ricorrendo all'azione di soffi d'aria sulla stampa fresca.

La fig. 43 illustra schematicamente la macchina Victoria Poligraph. Tra la stampa della volta eseguita del cilindro (3) e quella della bianca eseguito dal cilindro (4) sono interposti quattro cilindri di trasferimento (T) che hanno la duplice funzione di lasciare maggior tempo per l'essicamento della stampa e consentire una buona accessibilità tra i due elementi.

5. Avviamento

La parola «avviamento» può avere due significati: in senso lato comprende tutte le operazioni per la preparazione della macchina da stampa, dal controllo del passaggio dei fogli alla regolazione dell'inchiostrazione; in senso stretto per «avviamento» s'intendono solo le operazioni per il livellamento dei grafismi in modo da renderli uniformemente stampanti.

Nella stampa rilievografica con forme rigide si hanno zone a diversa pressione per i seguenti motivi:

  • - imperfezione nell'altezza dei grafismi della forma;
  • - diverso comportamento alla pressione di grafismi aventi area diversa;
    differenze di comportamento dei materiali usati nel rivestimento dell'organo di pressione ospitante il foglio;
  • - elasticità degli organi di pressione;
  • - usura della macchina da stampa.

5.1. Taccheggio

Per ovviare alle disuniformità di pressione si costruisce il foglio del taccheggio, costituito da un supporto su cui vengono fissati, nelle aree con minor pressione, spessori di carta sottile (20-50 u). In particolare l'impressore cura che la pressione media sia rispettata entro una tolleranza di +20 u m di interferenza su tutta la superficie stampata. Il foglio del taccheggio è fissato sotto il rivestimento dell'organo di pressione con notevole precisione. In alcuni modi operativi si usa porre il taccheggio al di sotto della forma, anche se ciò è sconsigliabile per la modificazione dell'interferenza tra grafismi e rulli inchiostratori.

Il taccheggio può avere funzioni non solo di livellamento, ma anche di protezione dei grafismi microscopici. Infatti, dopo un notevole numero di impressioni si verificano deformazioni maggiori sui grafismi piccoli, specie sui microscopici punti dei retinati, o sui filetti, con inevitabile deterioramento della forma. Nella fig. 44 si nota che, a parità di schiacciamento, il punto minore ha raddoppiato la sua area, mentre il maggiore, ha incrementato la sua superficie di un valore relativamente limitato.

Per la preventiva protezione dei micrografismi, quindi, si esegue un taccheggio dei retinati aumentando la pressione nelle zone a percentuale di punto maggiore, con il ritaglio manuale su di un foglio di prova stampato, delle aree dei retinati interessate al taccheggio; esse sono poi applicate a registro sul foglio di «maestra» sul cilindro di pressione (fig. 45).

In fig. 44, in alto sono schematizzati i punti a minima e massima percentuale di un retinato, alla prima copia di stampa. Dopo un consistente numero di impressioni, si ipotizza che entrambi i punti siano schiacciati come indicato nello schema sottostante. E visibile, anche senza alcun calcolo, che il punto più piccolo si è ingrandito percentualmente in quantità maggiore. Per controllare l'ingrandimento dello schema si tenga presente che un punto al 5% di un retinato a 48 linee/cm misura un raggio di circa 25 mm

5.2. Taccheggi non manuali per illustrazioni

Si tratta di adattamenti del taccheggio per ottenere rapidamente il risultato. Per esempio con il sistema MKZ si sfrutta l'azione di corrosione di un bagno contenente ipoclorito di sodio su di una carta patinata stampata con l' illustrazione in esame. Nelle zone maggiormente protette dall'inchiostro (a percentuale di punto maggiore), l'azione corrosiva é inferiore, viceversa le zone a percentuale di punto minore. È evidente che l'asciugamento del foglio rende lento il processo , si hanno inoltre corrispondenze di registro non perfette tra la stampa e la dimensione del foglio MKZ una volta che sia essicato.

Con il tacco alle polveri (sistema Primaton o altri), si utilizza il potere dell'inchiostro ancora fresco di trattenere particelle di polveri diverse aventi diametro calibrato: da circa 10-20 mm a 200-250 mm. Esse vengono distribuite sulla superficie del foglio appena stampato, successivamente si asportano con pennello dalle zone non interessate al rinforzo. Col sistema Primaton le particelle vengono fuse con stufetta a circa 130-160 'C, con altri sistemi si hanno soluzioni fissativi della polvere. La procedura è comunque relativamente lunga e qualitativamente fornisce risultati non brillantissimi in quanto a registro, a causa o dell'essiccamento del foglio o dell'imbizione del medesimo dovuta ai fissativi. Il sistema di taccheggio 3 M usa un particolare supporto termosensibile, capace di rigonfiare di 110-170 m le zone a percentuale di punto maggiore; il supporto stampato con inchiostro nero viene immesso in un'apparecchiatura dotata di sorgente di raggi infrarossi. Pur essendo il sistema più costoso, è decisamente rapido, anche se è provato che il tacco 3 M non resiste ad alte tirature.

Macchine offset da foglio

1. Nota storica

La litografia è un procedimento di stampa con forma piana che si può considerare la diretta antenata della moderna stampa offset. Tale principio di stampa fu scoperto alla fine del '700 da Louis Senefelder. Dopo molti tentativi, egli riuscì a stampare con una pietra calcarea resa perfettamente piana, sulla quale aveva precedentemente scritto con una matita grassa (a base di resine e nerofumo). Successivamente, egli inumidì la pietra con acqua, e le zone idrofile (ricettive all'acqua) assorbirono il liquido che fu invece respinto dalle zone ricoperte dalla matita grassa. In queste ultime egli distribuì l'inchiostro, depositato con apposito rullo; le operazioni si dovevano ripetere in sequenza. lì principio della stampa litografica si basa appunto sull'affinità dell'inchiostro con le zone lipofile e dell'acqua con le zone idrofile.

Dalla fase sperimentale si passò presto a quella pratica e lo stesso Senefelder costruì il primo torchio litografico, poi perfezionato da Brisset nel 1833. Tale torchio, detto a stella (fig. 46), è essenzialmente costituito da un piano scorrevole sul quale viene deposta la pietra litografica, bagnata ed inchiostrata a mano. In seguito, la pietra si ricopre con un foglio di carta, che dovrà ricevere l'impressione, e con una lamina di zinco, dello spessore di 0,8 -: 0,9 mm, che ha lo scopo di assicurare la necessaria pressione tra la carta e la pietra litografica.

Negli anni che seguirono il torchio litografico fu ancora perfezionato e vennero costruite le prime macchine litografiche piano-cilindriche. Esse differivano dal torchio litografico per l'inchiostrazione e la bagnatura, assicurata da appositi rulli, e per la pressione, regolabile.

Bisogna però attendere sino ai primi del '900 perché si costruiscano le prime macchine litografiche (fig. 47), che utilizzavano come forma lastre di zinco, in luogo della pietra litografica (macchine pianocilindriche).

A cominciare dalla prima metà del '900, furono perfezionati i procedimenti fotomeccanici di formatura delle lastre che contribuirono in modo notevole alla diffusione delle macchine litografiche dirette; negli anni che seguirono si verificò il vertiginoso sviluppo della stampa offset da foglio e da bobina.

2. Generalità

La stampa offset è un sistema di stampa planografica Indiretto, impiega cioè forme piane e in essa il supporto non è a contatto con la forma. Ciò consente d'aumentare la durata delle forme (che sarebbero rapidamente deteriorate dall'abrasività della carta), inoltre consente d'impiegare un'immagine «diretta» sulla forma ed una minore pressione per la presenza di una superficie elastica tra forma e foglio.

Si usa dividere le diverse macchine da stampa offset da foglio a seconda del numero di colori o di facciate impresse. Il gruppo-stampa monocolore è il più semplice: è formato da tre cilindri (porta forma, porta telo gommato, di pressione) posti in una struttura che permette loro di ricevere, stampare e rilasciare agevolmente il foglio (fig. 48).

Una diversa disposizione dei cilindri è stata realizzata con la costruzione di una macchina in cui essi sono disposti in orizzontale, al fine di migliorare l'accessibilità alle parti meccaniche e la comodità di lavoro. Si tratta di strutture possibili solo per piccoli formati (fig. 49).

Tale macchina risulta una modifica della struttura delle corrispondenti macchine tipografiche; fu sostituita da altre aventi il mettifogli dal lato opposto a quello del levafogli, con il vantaggio di poter operare con pila alta.

Il problema dell'accessibilità nelle macchine offset è molto sentito in quanto ad ogni fermo macchina bisogna subito coprire la lastra con uno strato di gomma arabica, per prevenirne l'ossidazione. In queste piccole macchine non vi sono dispositivi per il lavaggio del caucciù che pertanto dev'essere eseguito manualmente.

Si accenna ora brevemente ad alcuni problemi generali relativi alla stampa con macchine offset, rimandando ad altre parti per l'approfondimento.

La stampa successiva di due colori non è un problema per le macchine rotative (per quanto riguarda la meccanica); essa inoltre consente di ridurre quasi a metà i tempi di lavoro, rispetto ai due passaggi separati necessari con macchine monocolori. Esistono però alcuni problemi di stampa, per esempio:

1. Durante la stampa del secondo colore è possibile che l'inchiostro della prima impressione non sia totalmente essiccato. La pressione di stampa, che è normalmente elevata (circa 30 kg/cml), può quindi danneggiarlo; in queste condizioni si impiega perciò esclusivamente inchiostro ad essiccazione rapida che in frazioni di secondo dalla deposizione presenta uno strato superficiale di resine che conferiscono un'apparente essiccazione. La vera essiccazione ha luogo invece in un tempo assai più lungo, ma così non si hanno eccessivi problemi nel secondo elemento di stampa, inoltre si può utilizzare il sistema di uscita «a pila alta».

2. Lo strato superficiale del tessuto gommato (caucciù) presenta una notevole adesività verso l'inchiostro. Ogni impressione successiva alla prima tende sia a sottrarre alla carta particelle inchiostrate e non, sia a deformare i punti già stampati. Si forma, così, un deposito d'inchiostro dei colori precedenti sul telo gommato dei colori successivi. che viene pressato più volte sulla carta. Oltre ad un inevitabile schiacciamento del puntino (fig. 50). il parziale deposito dei colori già stampati sul caucciù può, in certe condizioni, alterare il colore iniziale.

3. Queste impronte parassite vengono stampate sui fogli successivi: se esse presentano una posizione leggermente variata rispetto alla posizione iniziale di stampa, si ha sdoppiamento del puntino (fig. 51). Questo fenomeno non si presenta a condizione che i fogli siano a perfetto registro ad ogni passaggio, cosa non sempre realizzabile, poiché, nel passaggio da un elemento di stampa all'altro, sono sufficienti differenze dell'ordine dei centesimi di millimetro per originare sdoppiamento nella stampa. Questo fenomeno si manifesta con repentini aumenti di tonalità, particolarmente evidenti nelle zone di passaggi tonali molto tenui: per esempio carnagioni, alte luci, ecc.

4. Lo «sventagliamento della stampa» verso la coda del foglio si presenta come un progressivo restringimento dei colori successivi al primo, come se il foglio si allargasse in retropinza. Il fenomeno si produce per l'azione di stiramento che si ha all'atto della stampa. Il foglio viene stampato in coda mentre è sottoposto ad un'azione di stiramento dal bordo d'inizio stampa verso gli angoli di fine stampa: una volta cessata quest'azione, il foglio riprende le dimensioni iniziali. Per contrastare il fenomeno si tende a far entrare il foglio in stampa con il suo bordo anteriore leggermente arcuato, in modo da creare una reazione contraria allo stiramento, oppure equipaggiando il cilindro con speciali ganasce registrabili, che consentono di correggere il difetto, deformando leggemente le lastre in coda.

Le macchine da stampa sono state perfezionate gradualmente anche per quanto riguarda gli organi meccanici di comando ed i meccanismi di trasferimento dei fogli. I primi problemi a cui si è andati incontro erano rappresentati da:

  • - striature o barrature dovute a ingranaggi: questo inconveniente portava ad un serio danneggiamento della lastra dopo poche migliaia di copie. E stato risolto con un migliore taglio dei denti, l'introduzione degli ingranaggi elicoidali (fig. 52) e con una corretta scelta dello spessore dei rivestimenti dei cilindri porta lastra e porta tessuto gommato
  • - accoppiamenti tra i perni dei cilindri e le relative boccole sono state per lungo tempo causa di notevoli imperfezioni di stampa.
Oggi gli inconvenienti sono stati superati grazie al miglioramento degli accoppiamenti perni dei cilindri-boccole (fig. 53) o ricorrendo all'uso di cuscinetti di rotolamento di alta precisione. Troviamo così macchine dotate di cuscinetti ad aghi, costituiti da gabbie rotanti con una doppia serie di cilindretti (aghi). Essi, per la loro dimensione e forma e per il

3. Organi di alimentazione e di registro

Tali organi hanno il compito di portare il foglio dalla pila alla tavola di puntatura, e di qui condurlo alle pinze del cilindro di stampa in modo corretto. Essi, pur dovendo svolgere funzioni diverse, hanno in comune l'esigenza di lavorare con grande precisione anche ad alte velocità.

Nelle macchine da stampa reprografiche ed in alcune offset di piccolo formato, esistono mettifogli molto semplici, basati su un meccanismo in moto alternativo che, premendo sulla pila di carta con una serie di rullini, costringe, per attrito, il foglio superiore ad immettersi in macchina.

Tali mettifogli non saranno analizzati nel seguito; si tratterà infatti solo di mettifogli pneumatici.

3.1. Mettifogli pneumatici

Vi sono due tipi principali di mettifogli: a presa anteriore del foglio (con puntatura a foglio singolo) e a presa posteriore (con puntatura a «squame»). I mettifogli a presa anteriore (fig. 55) si usano su macchine con velocità non superiori ai 5000 fogli/h. Il loro funzionamento è semplice; una barra dotata di ventose solleva il lembo anteriore del foglio e lo cede ad un sistema di trasporto posto sulla tavola di puntatura, ove il foglio deve procedere molto velocemente, per togliersi dalla traiettoria delle ventose e consentire a quest'ultime di afferrare il foglio successivo.

Si può valutare pari a due volte la lunghezza del foglio la distanza tra il bordo di un foglio ed il successivo. La velocità del foglio, per quanto attenuata da un forte rallentamento in prossimità dei registri frontali, limita la possibilità di puntatura dei mettifogli a presa anteriore alle macchine lente e di piccolo formato.

Tale problema non sussiste per il mettifoglio a presa posteriore (fig. 56), poiché le ventose agiscono sulla parte posteriore della pila, e la distanza tra i due fogli successivi si può ridurre a circa 1/3 o 1/4 della lunghezza di un foglio. Dopo che si è sollevato il bordo del foglio, interviene un altro dispositivo di ventose di trasporto che ha il compito di trasportare il foglio fino ad un sistema di rulli e nastri posto sulla tavola di puntatura, che trasportano i fogli parzialmente sovrapposti fino ai registri frontali.

Dalla sovrapposizione dei fogli sulla tavola questo mettifoglio deriva la denominazione a «squame». I vantaggi e gli svantaggi dei due sistemi si possono così riassumere: per quanto riguarda il mettifoglio a presa anteriore consente breve tempi di registrazione e costi contenuti di fabbricazione. I vantaggi del mettifoglio posteriore, invece, sono: alte velocità di alimentazione (più di 10.000 fogli/h), grandi formati, marcia del foglio assai più tranquilla, ecc.

3.2. Mettifogli a foglio singolo (o a presa anteriore)

Nonostante le limitazioni in fatto di velocità e formato, è particolarmente adatto per piccole tirature, ed ha una grande versatilità per la stampa di carte di svariato tipo e dimensioni. Il tavolo porta pila è dotato di salita automatica comandata da una barra a contatto con la pila, la quale fa sollevare la pila di fogli man mano che essi si esauriscono. Siccome tale barra è a contatto con i fogli, occorre prendere precauzioni quando si devono stampare il secondo, il terzo ed il quarto colore, infatti se il colore che precede non è ancora asciutto la barra potrebbe macchiare i fogli sottostanti. L'inconveniente può essere evitato inserendo nella barra rullini di gomma che poggiano nelle zone bianche del foglio.

L'aria in uscita dalle ventose può essere regolata a seconda del tipo di carta, inoltre sul lato anteriore della pila vi sono soffierie d'aria regolabili per la migliore separazione dei fogli (fig. 57).

3.3. Mettifogli a squame (o a presa posteriore)

In questo caso la velocità più alta ed il formato maggiore richiedono una costruzione più complessa. Il sistema è dotato di una serie di ventose aspiranti per la presa del foglio (fig. 58) e di un'altra serie di ventose aspiranti con funzioni di trasporto (fig. 59).

Tali organi sono comandati da camme: il funzionamento è molto silenzioso, grazie al largo impiego di cuscinetti a sfere, che garantiscono la precisione e semplificano la manutenzione. In questo complesso, il piedino tastatore svolge anche il compito di trattenere i fogli sottostanti, coadiuvato da mollette e spazzole che frenano l'azione smazzatrice delle soffierie.

Il foglio, giunto sulla tavola di puntatura, viene guidato da nastri e rullini (fig. 60) ai registri frontali, che raggiunge in fase di rallentamento. La successiva azione della squadretta laterale sposta i fogli fin contro un margine, completandone l'esatto e costante posizionamento prima dell'immissione in macchina,

3.3.1. Metti fogli non stop
Per aumentare la produttività, si è generalizzato l'uso di dispositivi tendenti a ridurre i tempi morti di fermo macchina e, tra questi, il mettifoglio «non stop», che troviamo soprattutto su macchine pluricolori o di grande formato.

Un tipico mettifoglio non stop comprende: una tavola di caricamento dei fogli con scanalature parallele al senso di avanzamento dei fogli in macchina e una serie di sbarre metalliche, infilabili nelle scanalature (fig. 61).

Quando la pila dei fogli sta per terminare, s'introducono nelle scanalature le sbarre metalliche, che vengono appoggiate alle estremità anteriore e posteriore su barre trasversali facenti parte di un dispositivo di sollevamento supplementare che consente al mettifoglio di continuare a smaltire regolarmente i fogli. Contemporaneamente la tavola con scanalature viene asportata e la pila sottostante, preparata in precedenza, viene sollevata fino a contatto delle barre metalliche. Il cauto sfilamento di quest'ultime completa l'operazione, senza arrestare il funzionamento della macchina.

Soluzione più semplice è quella che prevede un breve arresto per portare in posizione la nuova pila pre impilata in macchina o fuori macchina.

3.4. Tavola di puntatura

Anticamente, per immettere i fogli in macchina a perfetto registro, i fogli venivano «bucati» da due aghi retrattili posti sulla tavola all'estremità del bordo di inizio stampa. Nei successivi passaggi, i fogli venivano piazzati facendo coincidere ogni volta i buchi con gli aghi della tavola. Quest'operazione, denominata «puntatura», ha dato il nome a questa tavola.

Costruita in legno o lamiera metallica, essa adempie a molteplici funzioni, grazie ai dispositivi di cui è dotata:

  • - trasportare il foglio fino ai registri frontali;
  • - controllare l'arrivo da quando è abbandonato dal sistema di trasporto;
    registrare frontalmente i fogli, in senso trasversale a quello di avanzamento;
  • - registrare lateralmente i fogli, in senso parallelo a quello di avanzamento.
La tavola di puntatura sostiene quindi i fogli durante il trasporto operato da una serie di pinze (fig. 62) oppure, più in generale, da una serie di rullini che pigiano sul foglio e sui nastri di accompagnamento (fig. 63).

In figura 64 è illustrato il modello di trasporto del foglio con nastri e rullini.

4. Dispositivi di registrazione del foglio

4.1. Preregistro

In alcune macchine di medio e grande formato un dispositivo, denominato «preregistro», viene piazzato a monte dei registri per svolgere una duplice funzione:

  • -ricevere il foglio in movimento e correggerne eventuali difetti d'allineamento;
  • - accompagnare il foglio, sempre in movimento, ma a velocità via via ridotta, fino ai registri frontali, per ridurne l'impatto soprattutto quando la macchina gira ad alta velocità.
Con l'aumento delle velocità massime, questo dispositivo, meccanicamente assai complesso, è stato sostituito da un semplice rallentamento dei fogli, ottenuto grazie a nastri a velocità variabile con il minimo corrispondente all'arrivo dei fogli contro i registri (fig. 65).

4.2. Registri o margini

Si hanno due tipi di registri: frontali e laterali. La loro azione combinata permette al foglio d'essere posizionato correttamente, con la massima precisione, prima d'essere introdotto nel gruppo stampante.

4.3. Registri frontali

Sono posti al termine della tavola di puntatura, e si inseriscono per pochi millimetri all'interno della stessa, in apposite scannellature, che costituiscono il cosiddetto «pettine» della tavola di puntatura. Hanno lo scopo di:

  • - arrestare il foglio al termine della tavola di puntatura e consentirne la registrazione laterale;
  • - attendere che le pinze oscillanti abbiano afferrato il foglio;
  • - ruotare per lasciare passare il foglio ormai controllato dalle pinze oscillanti.
In alcuni modelli di macchine i margini frontali sono posti sulle pinze oscillanti. I registri frontali sono costituiti da lamelle metalliche, calettate ad un albero dotato di moto oscillante (fig. 66). Viti micrometriche permettono il loro spostamento in senso perpendicolare a quello di avanzamento del foglio, sia per variare la distanza tra il bordo anteriore del foglio (pinza) ed inizio stampa, sia per permettere piccole registrazioni angolari del foglio.

In alcune macchine, i registri frontali possono essere spostati lungo il loro asse, perpendicolarmente alla direzione di avanzamento del foglio, per essere disposti a circa 1/4 e 3/4 del lato del foglio. In condizioni non critiche vengono registrati solamente i due registri suddetti. Nel caso di formati molto grandi (80x120 cm ed oltre), oppure con carte sottili o poco rigide, può convenire far lavorare più di due registri, ma in tal caso i registri supplementari non devono interferire con l'azione dei primi due: essi hanno lo scopo di attenuare l'impatto del bordo del foglio contro i due registri principali, essendo arretrati rispetto a questi di alcuni centesimi di mm.

La posizione del centro di rotazione dei registri può essere superiore (fig. 67) o inferiore alla tavola di puntatura (fig. 68).

L'anticipato ritorno in posizione di lavoro dei registri frontali, possibile con il tipo avente centro di rotazione sotto la tavola, migliora il registro, perché il foglio può arrivare ai registri frontali prima ancora che la «coda» del foglio precedente abbia lasciato la tavola di puntatura, si aumenta, così il tempo disponibile per l'assorbimento del foglio sui registri frontali e laterale. L'invito metallico, parallelo alla tavola di puntatura, utile a permettere un accostamento corretto del foglio ai registri frontali, è definito controregistro. Può essere conglobato nello stesso registro frontale, quando questo ha centro di rotazione superiore alla tavola di puntatura. Oppure può essere comandato da un altro albero (fig. 69), nel caso opposto.

La registrazione della luce del controregistro è funzione dello spessore del foglio (fig. 70). Con fogli di spessore minimo, 50-100 mm, viene prevista una distanza tra il controregistro e il pettine della tavola di puntatura pari a tre, quattro volte lo spessore del foglio. L'esperienza insegna che con fogli di spessore superiore (200 millesimi di mm ed oltre) non è consigliabile aumentare la luce del controregistro oltre il doppio dello spessore del foglio. Infatti lo spessore aumenta la rigidità del foglio che può urtare i registri frontali e rimbalzare indietro. Il controregistro svolge, in questo caso, la duplice azione di guidare e stabilizzare i fogli contro i registri.

4.4. Registro laterale o squadretta

E un dispositivo che permette il posizionamento laterale del foglio spostandolo o per trazione o per spinta. I dispositivi di registrazione laterale del foglio hanno in comune fra loro alcune caratteristiche:

  • - hanno un margine laterale, posto verticalmente alla tavola di puntatura che stabilisce la posizione di arresto del foglio;
  • - sono dotati di un elemento scorrevole entro la tavola di puntatura (cursore) che opera spostandosi verso l'esterno della tavola di puntatura nelle squadrette a trazione e verso il centro in quelle a spinta;
  • - le squadrette a trazione sono dotate di un mezzo che esercita una pressione idonea sul foglio per trascinarlo grazie al cursore verso il margine laterale.
Altre squadrette a trazione possiedono un cursore che aspira il foglio e lo trascina lateralmente senza mezzi meccanici di pressione.

La registrazione laterale deve avvenire nel tempo limitato che intercorre tra l'assestamento del foglio sui registri frontali e la chiusura delle pinze oscillanti sul foglio registrato. Le sempre maggiori velocità hanno costretto i fabbricanti di macchine da stampa a continui perfezionamenti degli organi di registrazione.

Nelle squadrette a spinta (fig. 72) un dispositivo, normalmente unico, è montato su un cursore. L'azione di spinta del foglio può essere difettosa con carte sottili e poco rigide perché queste possono deformarsi sotto l'azione meccanica, viceversa, con carte spesse e rigide, il foglio può staccarsi dal margine per l'urto cui è soggetto. In entrambi i casi si ha un registro laterale imperfetto.

La squadra a martelletto opera a trazione del foglio, con possibilità di regolazione della pressione con cui il mezzo meccanico pigia sul foglio (fig. 73). E un'evoluzione rispetto alla squadra a spinta, ma il movimento alternativo della parte mobile costituisce un limite al suo funzionamento che non può superare le 5/6000 copie ora.

Naturale evoluzione per le alte velocità è la squadretta a rullino, molto più affidabile (fig. 74). Un'ulteriore evoluzione si ha con il sistema di trazione pneumatico: tramite un cursore forato e aspirante, il foglio viene trascinato verso l'arresto laterale (fig. 75).

5. Dispositivi di controllo dell'immissione del foglio

Un foglio può creare inconvenienti nel gruppo stampante quando:

  • - non arriva al gruppo stesso;
  • - giunge obliquamente ai registri frontali;
  • - viene prelevato in più di un esemplare dal mettifoglio.
Nel primo caso il difetto é provocato o dalla mancata presa da parte delle ventose del mettifoglio o da ostacoli solitamente meccanici, generato da componenti della tavola di puntatura; nel secondo caso si hanno problemi analoghi; nel terzo il difetto principale ha origine nel mettifoglio, non registrato accuratamente o in fenomeni di elettricità statica che non permette il rapido distacco dei fogli.

I dispositivi di controllo della presenza del foglio sono disposti al termine della tavola di puntatura.

Si usano almeno due meccanismi che sondano lateralmente il bordo anteriore del foglio. Il dispositivo di controllo del doppio foglio é disposto sulla prima parte della tavola di puntatura.

Vengono descritti qui di seguito i principali meccanismi applicati sulle macchine da stampa, suddivisi in base alla funzione da essi svolta:

  • - verifica della mancanza del foglio;
  • - controllo del doppio foglio.
1. Verifica della mancanza del foglio. Quando il foglio non è immesso nel gruppo stampante, l'impressione viene trasferita sul cilindro di pressione; al passaggio dei fogli successivi si verifica una «controstampa» sul loro verso. Se il foglio viene afferrato dalle pinze solo da una parte del lato anteriore, perché è giunto obliquamente ai margini frontali, si può avere, come conseguenza, una serie di inconvenienti quali: lacerazione del foglio, trasferimento parziale o totale del foglio nel gruppo inchiostratore, deformazione permanente del telo gommato per compressione di carta ripiegata più volte (con spessore elevato rispetto al normale).

Esistono dispositivi per il controllo della presenza del foglio basati su sistemi pneumatici, meccanici o fotoelettrici.

Nelle macchine con trasporto del foglio sulla tavola di puntatura per mezzo di pinze (per piccoli formati), può essere utilizzato un sistema di controllo pneumatico (fig. 76). Un foro situato sulle pinze lascia passare aria compressa se il foglio non è afferrato, oppure se è disposto obliquamente, creando uno scompenso pneumatico in un'apposita camera a pressione.

Automaticamente si ha il disinnesto della pressione e l'arresto nel mettifoglio.

Un dispositivo analogo è costituito da sonde meccaniche rigide (aghi, fig. 77) che esplorano, con movimento alternativo, la tavola di puntatura. In assenza del foglio gli aghi penetrano in apposite scanalature. provocando lo scatto di un microinterruttore ed effetti opportuni sui meccanismi di comando della macchina.

Per evitare strisciamenti e contatti meccanici sulla superficie del foglio esistono dispositivi più raffinati: fotocellule e sorgenti luminose. Sul bordo anteriore del foglio gia registrato al termine della tavola di puntatura, viene regolata una sorgente luminosa, in modo che la sua energia sia riflessa dalla superficie del foglio e captata da una fotoresistenza, come in fig. 78.

Il non corretto arrivo del foglio ai margini frontali provoca la dispersione del raggio luminoso, reazione della fotocellula ed arresto del mettifoglio e contemporaneo distacco della pressione tra i cilindri. Esistono dispositivi di controllo con fotocellula funzionanti sia al di sopra, sia al di sotto della tavola di puntatura. In alcuni modelli è prevista una doppia fotocellula per controllare anche il superamento dei registri da parte del bordo anteriore del foglio.

2. Dispositivo per il controllo del doppio foglio. Sulla tavola di puntatura esistono dispositivi per il controllo del passaggio dei fogli. Può infatti succedere che le ventose afferrino due o più fogli contemporaneamente per difettosa registrazione o per cane difficili, quali, ad esempio, carte di bassa grammatura, con scarsa umidità relativa nell'ambiente (che provoca fenomeni di elettricità statica tra i fogli della pila), con carte molto porose (permeabili all'aria), ecc. I dispositivi che rivelano l'inconveniente vengono regolati sullo spessore dei fogli immessi in macchina e segnalano lo spessore maggiore che si ha quando viene afferrato un doppio foglio. L'eventuale passaggio di doppi fogli genera, ovviamente, la presenza di fogli non stampati all'interno della pila con prevedibili conseguenze.

Altri effetti possibili sono: non corretta registrazione laterale per l'elevato spessore del doppio foglio, mancata registrazione sui margini frontali, con pericolo di spiegazzamento del foglio in pinza e la creazione di elevati spessori che, nella fase di stampa, possono danneggiare la superficie del telo gommato.

La presenza di uno o più fogli in eccesso tra quelli che scorrono lungo la tavola di puntatura può essere rivelata o da dispositivi elettromeccanici (fig. 79) oppure da dispositivi elettronici che entrano in funzione a seguito della variazione di capacità elettrica dovuta alla presenza di un foglio in più tra le due piastre di un condensatore facente pane di un circuito oscillante (fig. 80).

6. Organi per il trasferimento del foglio al gruppo stampante

Nelle prime rotative offset questo compito era svolto dalla cosidetta «scatola delle pinze» posta direttamente sul cilindro di pressione con il compito di afferrare il foglio fermo e portarlo di colpo alla velocità del cilindro. Tale meccanismo presentava inconvenienti sia per le brusche accelerazioni a cui era sottoposto sia per l'insicurezza del registro di stampa ottenibile. L'evoluzione tecnologica ha visto la diffusione delle pinze oscillanti quale meccanismo più idoneo e diffuso per il trasferimento del foglio dalla tavola di puntatura al gruppo stampante.

Altri sistemi simili o assai diversi rispetto alle pinze oscillanti, hanno pure trovato una certa diffusione. Di questi si accennerà alla fine del presente paragrafo.

6.1. Pinze oscillanti

Le pinze oscillanti hanno lo scopo di prelevare il foglio fermo sulla tavola di puntatura, di accelerano e di consegnarlo al cilindro di pressione alla medesima velocità periferica di quest'ultimo.

Il diagramma di velocità è generalmente quello indicato dallo schema di figura . 81

Dal diagramma si osserva che l'accelerazione a cui vengono sottoposte le pinze oscillanti è piuttosto alta e questa constatazione permette di affermare che la robustezza delle citate pinze non deve andare a scapito del peso, ovvero della massa; infatti ai fini dell'inerzia e della forza centrifuga, un peso eccessivo delle pinze può causare flessioni dell'albero stesso.

Per ottenere il richiesto andamento della velocità, apposite leve delle pinze terminano con un rullino, la cui superficie scorre sulla pista di una camma; l'aderenza è assicurata da robuste molle (fig. 82).

In alcune macchine il centro di rotazione delle pinze oscillanti è fisso. Sia nell'andata sia nel ritorno queste compiono la medesima traiettoria. Per non interferire con la periferia del cilindro di pressione, tale tipo di pinze oscillanti, dette a bilanciere semplice, deve attendere al punto morto superiore che il cilindro rivolga verso di esse la pane incavata. Pertanto tali pinze subiscono forti accelerazioni anche nella fase di ritorno (fig. 83).

In altre macchine anche il centro di oscillazione ha un movimento traslatorio, in modo tale che le pinze oscillanti abbiano un moto rotatorio tangente al cilindro nella fase di salita e un moto traslatorio e rotatorio (allontanamento dal cilindro di pressione) durante la fase di ritorno. Con tale accorgimento le pinze oscillanti possono iniziare il moto di discesa senza interferire con il cilindro di stampa, immediatamente dopo aver raggiunto il punto morto superiore, con minore accelerazione (fig. 84).

Il comando di apertura e chiusura delle pinze oscillanti è analogo ai comandi di tutte le pinze. Per la chiusura si preferisce, per garantire un sicuro registro, comandare l'albero portapinze con una camma opportunamente sagomata che agisce su un cuscinetto posto eccentricamente rispetto all'albero stesso (fig. 85). L'apertura delle pinze è garantita da molle.

6.2. Sistemi speciali d'immissione del foglio

Si fornisce una breve descrizione di alcuni dispositivi di immissione del foglio di recente realizzazione:

  • - sistema «vacuum belt»:
  • - dispositivo Soma;
  • - sistema Heidelberg.
6.2.1 Sistema «Vacuum Belt» (OMCSA)
Si tratta di un sistema di trasferimento del foglio al cilindro di stampa che sfrutta l'azione di cinghie pneumatiche (fig. 86). Non esistono pinze oscillanti: l'accelerazione del foglio per raggiungere la velocità periferica del cilindro stampa è assicurata dal sistema pneumatico. I margini frontali per la registrazione del foglio sono posti sul cilindro, mentre sulla tavola d'immissione sono posti altri margini per il preregistro del foglio. Dopo la registrazione laterale del foglio le cinghie aspiranti, poste sotto la sua superficie, ruotano per accelerarlo ad una velocità leggermente superiore a quella del cilindro stampa. lì foglio è costretto ad aderire ai margini posti sul cilindro stampa con un debole inarcamento, provocato dalla maggiore velocità del foglio. Con la chiusura della barra delle pinze del cilindro stampa, le cinghie pneumatiche emettono aria compressa, favorendo l'avanzamento della coda del foglio.

6.2.2. Dispositivi Solna
La ditta Soma ha prodotto un mettifoglio caratterizzato da una nuova sequenza di movimenti. Il dispositivo consta di vari elementi:

1. Separatore. Oltre ai fori che emettono aria verso il bordo superiore della pila, il dispositivo contiene altri orifici che gettano aria sulla superficie del primo foglio. Ciò crea una zona a pressione ridotta sulla parte superiore del foglio facilitando la sua separazione da quelli sottostanti (fig. 87).

2. Piedino tastatore. E fornito di due soli fori, diretti diagonalmente verso i due lati opposti del foglio (fig. 88). Con il piedino contenente diversi fori come accade di solito non si ottiene una buona distribuzione dei soffi, poiché in questo caso l'aria tende ad agire soprattutto al centro del foglio.

3. Testa separatrice. Impiega solo cinque elementi mobili, la metà del normale, ma è ugualmente efficiente. Il movimento delle ventose è dovuto a un sistema di due camme e due braccia tra loro collegati che servono per il movimento orizzontale e verticale delle ventose.

4. Ventose. Hanno due momenti di pausa, per non influenzare la velocità del sistema e per ridurre al minimo le vibrazioni: (1) l'istante precedente la presa della carta da parte delle ventose e (2) quello immediatamente seguente la presa del foglio, in modo da permettere all'aria di passare sotto il foglio ed agire sul foglio successivo (fig. 89 e 90).

6.2.3. Dispositivi Heidelberg
I dispositivi dei mettifogli Heidelberg prevedono l'applicazione di vari meccanismi, a volte diversi da macchina a macchina. Si accenna ad alcune caratteristiche degli organi compresi in tali dispositivi di alimentazione.

1. Mettifoglio. Nei piccoli formati è del tipo a presa anteriore, con i vantaggi e gli svantaggi che ne conseguono; il trasporto del foglio sulla tavola di immissione avviene tramite pinze, senza spostamenti di rullini con il cambio del formato carta. Le pinze di alimentazione posseggono un sistema di controllo elettropneumatico di mancato passaggio del foglio. Per il controllo del doppio foglio vi è un dispositivo elettromeccanico a rotella. Nel sistema Speedmaster, il mettifoglio a squame prevede un'aspirazione comandata attraverso una valvola rotante. Le rotazioni del corpo valvola aprono e chiudono le condutture dell'aria in compressione o in depressione; il sistema è silenzioso, si verifica minor usura e quindi la manutenzione è meno frequente.

2. Preregistro. La segnalazione viene effettuata da quattro fermi rotanti.

3. Registri frontali. Sono otto, regolabili con spostamenti millimetrici. Loro caratteristica è di arretrare leggermente quando il foglio poggia su di essi per permettere un miglior assestamento del bordo anteriore del foglio.

4. Tamburo di registro. Per l'immissione del foglio nel gruppo stampante, alcuni modelli di macchine Heidelberg, non possiedono pinze oscillanti, sostituite da un tamburo di registro. Questo organo ha movimento rotatorio (non oscillatorio) con velocità periferica costante, eguale a quella del cilindro di pressione. Una serie di pinze fissate al tamburo sono mosse per mezzo di una camma; tali pinze si aprono e si chiudono grazie ad un sincronismo che permette loro anche di ruotare intorno alloro asse, in modo da afferrare il foglio sulla tavola di immissione a velocità nulla (fig. 91).

5. Tavola di immissione. E dotata di barre quadrate per il fissaggio di rotelle e spazzole. Al posto dei nastri sono situati ugelli aspiranti che permettono un contatto migliore tra il foglio e la tavola. Uno dei vantaggi di questo sistema è la possibilità di estrarre solo il foglio disposto erroneamente senza disturbare gli altri fogli a squame. La registrazione dei margini frontali e della squadretta può essere effettuata anche con macchina in movimento.

7. Gruppo stampante

Il gruppo stampante offset più comune è costituito da una terna di cilindri di egual diametro. Sul primo di essi viene avvolta la forma, da cui l'appellativo di «cilindro porta lastra»; sul secondo si fissa un tessuto gommato, per cui è detto brevemente «cilindro caucciù» o «cilindro gomma»; sul terzo viene ospitato il foglio, per cui è detto «cilindro porta supporto» o «cilindro stampa» o «cilindro di pressione». Nel seguito del testo si useranno i termini: cilindro porta lastra, cilindro telo gommato e cilindro di pressione (fig. 92).

7.1. Generalità

L'inchiostro e l'acqua, depositati sulla forma (primo cilindro) dai gruppi inchiostratore bagnatore, vengono trasmessi al cilindro del telo gommato e da quest'ultimo al foglio avvolto sul terzo cilindro. La superficie dei tre cilindri è dunque molto diversa. Il cilindro del telo gommato presenta una superficie piuttosto cedevole: per effetto della pressione entra in interferenza con gli altri due cilindri deformandosi alla sollecitazione. Gli altri due cilindri presentano una superficie più rigida, in particolare quello porta lastra, mentre quello di pressione è rivestito dal foglio.

Nelle macchine da stampa da foglio, i tre cilindri hanno ciascuno una «gola» nella periferia, non destinata a ricevere la stampa; tale zona, detta comunemente «vuoto», è utilizzata per l'inserimento degli organi per la tenuta della lastra. per la tensione del rivestimento o del tessuto gommato, per la sistemazione delle pinze di tenuta del foglio. L'ampiezza angolare di tale vuoto dipende dal tempo di messa a registro del foglio e dal tempo impiegato dalle pinze oscillanti per afferrare il foglio ed accelerano alla velocità periferica del cilindro. Nelle macchine da bobina il vuoto dei cilindri risulta molto ridotto sia perché non sono presenti le pinze oscillanti, sia per la mancanza degli organi di tenuta del foglio (v. oltre).

I cilindri descritti terminano lateralmente con due dischi chiamati fasce, la cui funzione è quella di servire come superficie di controllo per misurare i rivestimenti e per regolare la distanza tra gli assi di rotazione dei corrispondenti cilindri, nelle macchine di fabbricazione europea.

Nelle macchine offset a schema classico i tre cilindri hanno all'incirca il medesimo diametro e ruotano con velocità angolare costante; la velocità periferica è però funzione del raggio del cilindro e della velocità angolare; pertanto la velocità con cui avviene la stampa, intesa come istante in cui avviene il trasferimento del grafismo, è tanto maggiore quanto cresce il raggio dei cilindri e quanto cresce la velocità angolare (numero dei giri nell'unità di tempo).

I diametri delle fasce di tutti i cilindri sono tra loro uguali, ma il diametro effettivo del cilindro varia con i rivestimenti adottati. Il rivestimento del cilindro porta lastra è costituito da una serie di fogli di carta su cui è avvolta la lastra. Lo spessore totale è determinato dalla casa costruttrice e oscilla tra 0,6 e 0,9 mm; può essere considerato, con sufficiente approssimazione, rigido.

Il cilindro gomma possiede invece un rivestimento elastico, costituito da uno o più teli gommati che avvolgono uno strato di fogli di carta teso sul cilindro nudo. Normalmente la durezza del telo gommato avvolto è di 70-805 Sh A. Lo spessore totale del rivestimento varia tra i 2 e i 4 mm circa (fig. 93).

Il cilindro di pressione ospita il foglio da stampare e perciò possiede un raggio di rivestimento variabile in funzione dello spessore della carta da stampare. lì costruttore della macchina di solito consiglia lo spessore dei rivestimenti da adottare sul cilindro porta lastra e sul cilindro gomma in funzione dello spessore della carta e dell'interferenza tra i cilindri (fig. 94).

Nella maggioranza delle macchine offset la distanza fra i centri di rotazione tra i diversi cilindri può essere variata per realizzare le più opportune condizioni di funzionamento.

Nella tabella degli spessori dei rivestimenti sono riportati i valori delle luci tra le fasce; per realizzare determinati interassi, le macchine offset hanno i cilindri montati su boccole eccentriche, le quali permettono il loro spostamento reciproco.

In alcuni tipi l'asse del cilindro gomma può essere registrato sia rispetto al cilindro lastra sia rispetto al cilindro di pressione. Un'altra soluzione prevede la registrazione singola del cilindro porta lastra e del cilindro di pressione relativamente al cilindro del telo gommato.

Per considerazioni puramente meccaniche, la condizione ideale affinché due cilindri si trasmettano l'immagine senza deformazioni è quella di imporre che i raggi dei rispettivi rivestimenti siano esattamente identici ai raggi primiviti di lavoro degli ingranaggi di comando (fig. 95). Per ottenere la stampa è però necessaria la compenetrazione di una superficie nell'altra (interferenza), affinché abbia luogo il trasferimento d'inchiostro.

La superficie del telo gommato, elastica, è direttamente responsabile dell'interferenza tra i cilindri. La sua deformazione influenza in larga misura «l'allargamento del grafismo», la laminazione dell'inchiostro, il trasferimento dello stesso in relazione alle sue caratteristiche fisico-meccaniche ed al tipo di macchina usata.

lì caso teorico prevede un'interferenza nulla tra i cilindri in assenza di scorrimento, in modo che la velocità relativa di un cilindro rispetto ad un altro sia nulla, Questa è l'unica garanzia per evitare deformazioni del punto stampato. per ottenere uno stampato di lunghezza uguale al grafismo misurato sulla lastra in piano e per evitare un'usura prematura della lastra stessa. Si tratta in definitiva di rendere minimi gli scorrimenti per contenere entro limiti trascurabili sia la deformazione del puntino, sia l'usura della forma.

7.2. Organi del gruppo stampante

Si accenna ora ad alcuni dispositivi, presenti nei cilindri del gruppo stampante; precisamente si tratta dei dispositivi di fissaggio della lastra, del telo gommato e delle pinze per trattenere il foglio.

Le ganasce sono utilizzate per serrare e tendere la lastra o il telo gommato sul relativo cilindro. tenuto conto che al di sotto di essi si pone il rivestimento.

Nei modelli più semplici le ganasce sono costituiti da barre che, tramite bulloni, chiudono la lastra o il telo gommato e sono successivamente fissabili ai cilindri sistemandoli nella parte incava di questi ultimi (fig. 96).

Le barre tendilastra sono spostabili per microregistrazioni sia parallelamente, sia in direzione perpendicolare all'asse dei cilindri, Esse quindi costituiscono uno degli strumenti per la messa a registro delle lastre; altra loro importante funzione è quella di tendere la lastra o il telo gommato in senso circonferenziale. Ad una tensione maggiore corrisponde una deformazione nel materiale, sottoposto a trazione. In particolare la lastra se sottoposta a forti trazioni, può essere deformata in modo permanente. oppure può subire deformazioni elastiche della lunghezza.

Il telo gommato, se sottoposto a eccessiva tensione da parte delle barre tenditrici, può sia assottigliarsi e modificare il proprio spessore, sia dar luogo a maggiore durezza superficiale.

Esistono su alcune macchine, barre tendi-lastre. divise in settori (fig. 97); normalmente vengono fornite solo per la parte posteriore della lastra infatti il foglio, al passaggio nel gruppo stampante, subisce deformazioni di stiramento in senso circonferenziale e subisce allargamento ai lati del foglio stesso. Operando sia sulla trazione sia sullo scorrimento laterale dei segmenti in cui è divisa la barra, è possibile deformare le lastre fino ad i mm, s~ di alluminio, meno con lastre plurimetalliche. Pertanto, durante la stampa di un secondo colore, si può intervenire per correggere eventuali difetti di registro dovuti a stiramenti del foglio.

Le ganasce «a chiusura rapida» sono sempre più usate per abbreviare il tempo di montaggio lastra. La sezione di figura 99 mostra il loro funzionamento.

Molto importanti sono i dispositivi di preregistro delle lastre, che consentono di piazzare quest'ultime sui rispettivi cilindri in posizione tale da ottenere un registro quasi perfetto, limitando al minimo i successivi ritocchi. La figura 98 illustra uno dei sistemi più usati, consistente nell'eseguire dei fori sulle lastre e farli corrispondere a perni piazzati sui tendilastra o direttamente sui cilindri.

Sul cilindro di pressione sono previsti nell'apposita gola gli organi per trattenere il foglio durante la stampa. Essi sono costituiti da una barra di pinze (fig. 86) che si apre per prelevare il foglio dalle pinze oscillanti, quindi lo trattiene saldamente durante la fase di stampa, infine trasferisce il foglio stampato al sistema d'uscita. il comando di chiusura delle pinze è nella generalità dei casi azionato da una camma a profilo idoneo.

L'apertura delle pinze avviene, invece, per rotazione dell'albero sotto l'azione di molle. Particolare attenzione viene dedicata alla registrazione della pressione con cui le pinze agiscono sul foglio. Essa non deve essere troppo elevata per non danneggiare il bordo anteriore (lato pinza del foglio); nello stesso tempo la pressione di chiusura deve assicurare che il foglio non si muova sotto la stampa. Attualmente la registrazione della pressione delle pinze viene effettuata con sonde di opportuno spessore. sottoposte a trazione dall'operatore. E auspicabile una prossima introduzione di sonde collegate a dinamometri, per controlli standard più accurati e meno artigianali sulle pinze stesse. Ogni pinza preme il foglio su blocchetti metallici zigrinati detti battute (fig. 101).

La barra delle pinze sul cilindro di pressione. in alcune macchine offset, può essere spostata in senso perpendicolare all'asse del cilindro, essendo divisa al centro. In tal modo si possono modificare eventuali fuori registro in coda al foglio, entro tolleranze limitate (fig. 102). Si tratta di un dispositivo analogo alle barre tendi-lastra segmentate; presenta lo svantaggio, quando la correzione è accentuata relativamente alla rigidità della carta, di provocare spiegazzamenti al foglio. Con carte molto rigide (spesse) si può non avere alcun effetto.

7.3. Generalità sui rivestimenti

Per rivestimento s'intende un insieme di spessori, costituiti generalmente da carta, cartoncini o teli gommati, avvolti su un cilindro e ricoperti rispettivamente o dalla lastra o dal tessuto gommato. Aumentare il rivestimento vuol dire aggiungere fogli sotto la lastra o sotto il telo gommato e diminuire il rivestimento significa togliere fogli in modo da ridurre lo spessore.

Sul cilindro di pressione non è possibile variare il rivestimento in quanto il foglio poggia direttamente sulla superficie del cilindro, perciò si è detto che il raggio del cilindro varia proporzionalmente allo spessore del foglio usato.

Gli scopi del rivestimento si possono così elencare: 1. per il cilindro del tessuto gommato, il rivestimento crea una superficie cedevole per la stampa, inoltre fornisce il modo di portarlo alla dimensione circonferenziale voluta; 2. adatta la macchina da stampa a fogli di diverso spessore. senza scostarsi troppo dalle condizioni di puro rotolamento delle superfici dei cilindri; 3. corregge le variazioni di lunghezza di stampa che possono aver luogo su fogli stampati a colori nei successivi passaggi in macchina (tra le cause del fenomeno si ricorda l'azione dell'umidità e lo stiramento che si produce sul foglio per effetto della pressione di stampa).

7.3.1. Condizioni teoriche e pratiche dei rivestimenti
I tre cilindri sono comandati da tre ingranaggi aventi la medesima circonferenza primitiva; pertanto, se i diametri del cilindro lastra e del cilindro del telo gommato. compresi i rispettivi rivestimenti, e quello del cilindro di pressione, compreso il foglio da stampare, fossero uguali tra loro e uguali al diametro primitivo degli ingranaggi da cui ricevono il comando (supponendo tutti costituiti da una superficie dura) i tre cilindri messi a contatto rotolerebbero l'uno sull'altro e non si avrebbe strisciamento nella zona di contatto. In tali condizioni il contatto tra i cilindri avverrebbe lungo una generatrice e non si realizzerebbero le condizioni indispensabili per stampare.

E la superficie cedevole del tessuto gommato che, per effetto della pressione di stampa, determina sia nel contatto con la lastra, sia nel contatto col foglio un allargamento della zona di contatto proporzionale alla pressione stessa ed al diametro dei cilindri.

Lo schiacciamento del tessuto gommato è causa di strisciamenti che aumentano con l'aumentare della zona di contatto e possono deteriorare la stampa.

In particolare le migliori condizioni di stampa si ottengono: I. con il diametro esterno del tessuto gommato maggiorato di un'entità pari allo schiacciamento che si ha sotto pressione; 2. con il diametro esterno della lastra quasi eguale a quello del tessuto gommato; 3. con cilindri lastra, tessuto gommato e stampa assai rigidi onde ottenere la necessaria pressione di stampa con il minimo schiacciamento del tessuto gommato.

7.3.2. Variazione della lunghezza di stampa in funzione dello spessore del rivestimento.
La lunghezza dell'area stampata sul supporto dipende dal raggio dei cilindri porta lastra e del telo gommato e varia con loro modificazioni.

Supponendo di conservare l'interferenza costante, per ottenere un giusto trasferimento dell'inchiostro tra i cilindri, si possono avere tre casi limite.

1. Caso. Diminuzione del rivestimento sul cilindro porta lastra.

Ragionando per limiti, si supponga di togliere dal rivestimento sotto la lastra uno spessore considerevole di fogli. Come conseguenza la lastra si avvolgerà su una circonferenza di diametro inferiore. Poiché i due cilindri sono condotti da corone dentate che li costringono a ruotare contemporaneamente percorrendo il medesimo numero di gradi. la lastra avvolta tra i punti A e B (fig. 103) trasferirà l'immagine sul cilindro del telo gommato tra i punti A' e B'. Esisterà, essendo un caso limite, un forte attrito tra le due superfici, con deformazioni dei grafismi molto accentuate dovute allo slittamento che si origina. E infatti ovvio che le differenze di lunghezza si traducono in strisciamenti superficiali perché in angoli eguali passano a contatto superfici di lunghezza diversa. Come conseguenza si avrà in questo caso una maggiore lunghezza di stampa, in direzione parallela alla circonferenza dei cilindri. In direzione, parallela all'asse dei cilindri non si ha alcuna variazione.

2. Caso. Aumento dello spessore del rivestimento sul cilindro porta lastra. Supponiamo ora di aumentare il rivestimento sotto la lastra, in modo che il raggio della superficie stampante sia maggiore di quello del cilindro del telo gommato. In primo luogo si ha un avvolgimento della lastra su un angolo inferiore. Secondariamente, con effetto analogo ma opposto al precedente, l'angolo a5 comprendente la superficie stampante tra i punti AB (fig. 104) verrà riportato sull'identico angolo a5 A«B«' della superficie del cilindro del telo gommato, di lunghezza minore. Come effetto si noterà un accorciamento della lunghezza di stampa sul telo gommato, provocato dalla differenza dei raggi dei due cilindri che ruotano con la medesima velocità angolare

3. Caso. Quando lo spessore del rivestimento dei cilindri lastra e telo gommato sono corretti, non si hanno effetti di allungamento o accorciamento della stampa in senso parallelo alla circonferenza dei cilindri. La variazione dimensionale (Ds) è direttamente proporzionale alla differenza dei raggi dei cilindri (Dr) e non dipende dalla velocità angolare (w).

In conclusione si deve affermare che la lunghezza della stampa dipende dal raggio (del rivestimento più cilindro) perché i cilindri ruotano sempre di una stessa quantità angolare.

Se si suppone che i cilindri lastra e stampa siano esattamente eguali di raggio e che, invece, il cilindro del telo gommato abbia un rivestimento qualsiasi, la deformazione di stampa dovuta ai cilindri lastra e del telo gommato avrà luogo, però nel senso opposto, tra i cilindri gomma e stampa.

Per quanto precede, se la stampa risultasse troppo lunga, occorrerebbe aumentare il rivestimento del cilindro lastra, se troppo corta, bisognerebbe diminuirlo,

7.3.3. Calcolo dei rivestimenti
Le vie seguite per il calcolo dei rivestimenti sono numerose, ma si richiamano a due criteri generali che, conducono ad impiegare cilindri con diametri eguali o diversi.

Supponendo d'avere due cilindri di identico diametro (compresi i rivestimenti) e d'impiegare un'interferenza di 0,1 mm, al momento della stampa il cilindro del telo gommato subirà una deformazione, il suo diametro sarà perciò di 0,1 mm inferiore a quello del cilindro porta lastra. Anche se la velocità periferica del cilindro del telo gommato è leggermente inferiore, non si hanno eccessivi scadimenti della qualità di stampa e la variazione può aver luogo senza uscire dalle tolleranze previste, anche se ha luogo l'interferenza.

Un secondo criterio consiste nel rivestire il cilindro lastra con uno spessore eccedente pari a quanto vale l'interferenza; si parte cioè da diametri diversi. Questo metodo si basa sul fatto che molte esperienze hanno dimostrato che il cilindro del telo gommato per effetto della pressione provoca un allungamento della stampa. Infatti facendo rotolare un rullo rivestito in gomma ed inchiostrato in una striscia di riferimento, si nota che il suo sviluppo circonferenziale è correlabile alla pressione che grava sul rullo. Aumentando la pressione si ottiene un maggiore sviluppo della circonferenza del rullo.

Per evitare l'allungamento sul telo gommato, si effettua un rivestimento sotto il telo esattamente uguale al diametro primitivo della corona dentata e sia sul cilindro porta lastra, sia sul cilindro di pressione si opera con rivestimenti Superiori, generalmente di 0,1 mm. Le velocità relative di scorrimento delle superfici cilindriche a contatto sono leggermente diverse con entrambi i metodi, ma sono contenute in tolleranze molto ristrette. Con il secondo metodo si ottiene un miglior controllo dell'allungamento dell'immagine in senso circonferenziale ai cilindri e pertanto viene eseguito in pratica.

Con l'avvento dei teli gommati «comprimibili», dotati di maggior elasticità relativamente ai tradizionali, è consigliato un rivestimento del telo gommato superiore di 0,1 mm al diametro del primitivo, perché l'elasticità del materiale permette l'assorbimento della deformazione meccanica dovuta alla pressione, con minimi allargamenti del punto. Da prove di laboratorio e d'azienda si è dimostrato che con un telo gommato comprimibile, a parità di altre condizioni e con un'interferenza aumentata di 0,1 mm, si ha una riduzione dell'allargamento del 50% circa.

7.3.4. Effetto di un rivestimento non corretto.
Lo spessore non corretto del rivestimento può produrre rigonfiamenti sul tessuto gommato in prossimità della zona di stampa. Se il rivestimento del cilindro del telo gommato è notevolmente maggiore della tolleranza prevista, il cilindro gomma trascina l'altro mediante l'attrito presente nella zona di contatto, la deformazione non è più assorbita e si ha perciò un rigonfiamento della superficie gommata prima (a monte) della zona di contatto tra i cilindri. Viceversa con insufficiente spessore di rivestimento del telo gommato si ha deformazione meccanica della superficie gommata, dovuta al fatto che gli altri cilindri hanno velocità superiori e trascineranno il telo con suo rigonfiamento appena oltre la zona di stampa.

In entrambi i casi si otterrà una notevole diversità di velocità periferica delle superfici a contatto. Come conseguenza si avranno scorrimenti delle superfici, dimostrate da deformazione di micrografismi tondi che si presenteranno ovalizzati invece che rotondeggianti. Altra conseguenza è la rapida usura della forma e del telo gommato a causa dell'attrito esistente tra le due superfici. A questi inconvenienti va aggiunta la variazione dimensionale della stampa relativamente alla forma, di cui si è già accennato in altra parte. Lo scopo del cilindro elastico intermedio, caratteristica della stampa offset, viene in gran parte vanificato da non corretti spessori dei rivestimenti. La tolleranza dello spessore del rivestimento è circa + 0,05 mm, valore entro cui gli scorrimenti sono contenuti in termini trascurabili, oppure sono assorbiti dalla deformazione elastica del telo gommato.

La realizzazione di un corretto rivestimento ha Io scopo di rendere minime le velocità relative che nascono nella zona di stampa, in modo che gli scorrimenti che si originano tra cilindro lastra e cilindro del telo gommato siano trascurabili.

7.4. Pressione di stampa

Per ottenere il trasferimento dell'inchiostro dalla forma al supporto si devono comprimere gli organi stampanti. Nelle macchine offset la compressione necessaria per l'ottenimento della stampa viene fornita dal telo gommato.

Regolando il cilindro lastra ed il cilindro del telo gommato in modo che il loro interasse di funzionamento consenta di avere le due superfici semplicemente tangenti, non si ha nè pressione nè stampa. Variando l'interasse di funzionamento in modo che diventi più piccolo, ad esempio 0,05 mm in meno, si nota che il trasferimento dell'inchiostro sul telo gommato inizia ad avvenire. Dunque la superficie dura della lastra ha iniziato a deformare quella elastica del tessuto gommato. Dalla deformazione è nata la pressione. Riducendo ancora l'interasse di funzionamento di 0,05 mm (in totale 0,1 mm) si noterà un miglior trasferimento dell'inchiostro dalla lastra al tessuto gommato. Aumentando la compressione, si ottiene una certa interferenza.

Nel linguaggio comune la pressione di stampa non viene misurata in kg/cm2, ma in decimi di mm di penetrazione nel tessuto gommato. In via del tutto approssimativa si può affermare che 0,1 mm d'interferenza del tessuto gommato equivalgono a una pressione oscillante tra 6 e 13 kg/cml (centimetro lineare); a 0,15 mm d'interferenza corrisponde una pressione di circa 20 kg/cml; a 0,20 mm una pressione intorno ai 35 kg/cml. La pressione specifica, riferita ad una striscia parallela all'asse del cilindro, può essere riportata in diagramma; la legge con cui varia la pressione di stampa in funzione dell'interferenza è di tipo parabolico (fig. 105). In ultimo si fa notare che in questo caso la pressione non dipende solo dalla forza esercitata sulla superficie, ma che è anche correlata con la rigidità dei materiali a contatto.

7.4.1. Striscia di contatto
La striscia di contatto è la superficie che pone a contatto due superfici quando esse interferiscono. Essa si misura in millimetri di larghezza, e dipende da diversi fattori in correlazione tra di loro:

1. interferenza tra le due superfici;

1.1. grado di assorbimento dei solventi delle superfici;

1.2. temperatura delle superfici;

2. durezza o elasticità dei materiali posti a contatto;

2.1 tensione circonferenziale a cui sono sottoposti le superfici elastiche (teli gommati);

3. figura degli organi geometrici a contatto;

3.1 misura statica o dinamica della larghezza della Striscia.

1. E intuitivo che all'aumentare dell'interferenza corrisponde l'aumento della larghezza della striscia di contatto. Una delle due superfici deve essere elastica (telo gommato) perché esista interferenza considerevole. Se le due superfici fossero entrambe rigide, ad una minima interferenza si avrebbero altissimi valori di pressione; all'aumentare della compressione nella situazione reale si otterrebbe la rottura, previa deformazione, degli oggetti a contatto.

1.1. Se il telo gommato è lavato con solventi e in una qualche misura li assorbe, può rigonfiare, provocando una variazione di interferenza tra i cilindri e quindi una variazione della larghezza della striscia di contatto.

1.2. Le variazioni di temperatura hanno, in generale, effetto sulle variazioni dimensionali degli organi di pressione. In generale tali variazioni avvengono nell'ambito di limitate escursioni termiche; sono più accentuate negli ambienti non condizionati.

2. Mantenendo costante la pressione agente, si possono avere notevoli variazioni nella striscia di contatto con il variare della durezza dei materiali in compressione. La deformazione e quindi la striscia di contatto sono strettamente correlate alla rigidità o all'elasticità delle superfici a contatto.

2.1. La deformazione circonferenziale a cui è sottoposto il telo gommato. dipende dalla tensione applicata ai morsetti del tenditelo. All'aumentare della tensione del telo gommato corrisponderà un maggiore assottigliamento dello stesso (misurabile in micrometri: mm) ed una reazione superficiale del telo che si presenterà con una maggiore durezza superficiale.

3. La configurazione dei materiali a contatto ha notevole influenza sulla striscia di contatto. Con due superfici piane in compressione l'interferenza si estende a tutta l'area in contatto, quindi esiste una superficie di contatto molto estesa con un minimo di interferenza. Con una superficie cilindrica a contatto di una piana la striscia di contatto è proporzionale al raggio della superficie cilindrica. All'aumentare del raggio, aumenta la larghezza della striscia di contatto. Si richiamano le formule del paragrafo 1.3. e l.4. Con due superfici cilindriche a contatto. a parità d'interferenza, la striscia di contatto cresce all'aumentare del raggio dei cilindri in compressione.

4. La misura più attendibile dell'interferenza di un corpo rigido (cilindro porta lastra) con un corpo elastico (cilindro del telo gommato) potrebbe sembrare quella che si ottiene misurando la striscia di contatto dei due corpi posti a contatto a macchina ferma. In realtà il tempo di contatto tra i due cilindri è brevissimo. La deformazione è istantanea, con una riduzione della striscia di contatto a causa della situazione di dinamicità. In generale all'aumentare della velocità della macchina da stampa corrisponde una diminuzione delle densità e dell'allargamento del punto, a parità di altre condizioni.

7.4.2. Effetti di una eccessiva pressione di stampa .
Già si è visto che la pressione nella macchina offset viene misurata in mm di compenetrazione o interferenza nel cilindro gomma.

I valori più correnti che i costruttori delle macchine consigliano, vanno da 0,1 mm a 0,25 mm tra cilindro forma e cilindro gomma e 0,15 -:0,30 mm tra cilindro gomma e cilindro stampa: le massime pressioni devono essere usate in casi eccezionali.

Una compenetrazione di 0,15 mm tra gomma e lastra e di 0,2 mm tra gomma e stampa sono le normali condizioni di lavoro di una macchina offset.

Esaminiamo ora il caso in cui, con interasse di funzionamento esatto, si debba aumentare la pressione. E ovvio che, per avere una pressione superiore ai valori dati come massimi. si deve aumentare il rivestimento, ad esempio del tessuto gommato. per avere un'interferenza superiore.

Si viene così ad avere un volume maggiore di gomma deformata, e questo non avrebbe tanta influenza sulla stampa, in quanto il puntino sarebbe deformato ma di poco.

L'inconveniente che ne deriva è Io scorrimento eccessivo tra tessuto gommato e lastra che si genera quando i due cilindri entrano in pressione, oppure quando ne escono. perché i raggi di rivestimento sono molto diversi; inoltre si produce un inevitabile rigonfiamento che accresce ancora di più l'usura della lastra e del tessuto gommato, accentuando l'allungamento del puntino sulla carta.

Durante la fase di stampa, Io slittamento tra le due superfici non è graduale, avviene a scatti, producendo al limite un moto sussultorio origine di striature sulla stampa. Questo slittamento non costante tra le superfici esterne produce anche uno stiramento eccessivo sul rivestimento gommato e si può arrivare sino a far scivolare il rivestimento completo sul metallo del cilindro, difetto che si traduce in sbaveggio sulla carta stampata.

Un eccesso di pressione anche modesto (dell'ordine di 0,1 mm) può dare origine ai difetti principali prima visti. Se invece la pressione di stampa non supera i valori forniti dal costruttore della macchina lo scorrimento della gomma sugli altri rivestimenti è continuo e piccolo, e non si hanno condizioni di funzionamento anormali

A volte si è portati ad aumentare la pressione perché non si ha il tempo di apportare sotto i rivestimenti tutte le correzioni locali necessarie.

Questo incremento di pressione che può sembrare soddisfacente per ottenere un determinato risultato di stampa, porta come conseguenza inevitabile un'usura prematura della lastra.

Dal punto di vista meccanico un eccesso di pressione sovraccarica le boccole di sostegno dei perni dei cilindri, e la forza necessaria alla rotazione che gli ingranaggi si scambiano diventa maggiore. rendendo la lubrificazione precaria ed accentuando il logoramento.

Da quanto si è visto si può dedurre che la pressione di stampa dipende dall'interferenza, ma dipende anche dal tipo di gomma che si usa e dalla sua durezza.

I tipi dei tessuti gommati comunemente usati hanno una durezza che va da 70' a 80' Shore.

Usando caucciù soffice. a parità d'interferenza, si ottiene una pressione di stampa bassa; aumentando la durezza della gomma, sempre a parità di interferenza, la pressione di stampa aumenta.

Occorre quindi saper scegliere, in base all'esperienza, il giusto valore di durezza del tessuto gommato per un determinato lavoro.

Durante la tiratura il tessuto gommato, per effetto delle sostanze di cui è composto l'inchiostro tende a gonfiarsi; praticamente però tale incremento non supera mai gli 0.05 mm e non produce difetti marcati nè sulla lastra nè sulla stampa; la pressione di stampa, anche se aumenta leggermente, non deve essere perciò diminuita durante la tiratura.

Formula per il calcolo dello spessore con cui correggere il rivestimento sotto la lastra.

Indicando con:

jf = il diametro esterno in mm del cilindro portaforma, con la lastra montata;

jst = il diametro in mm del cilindro stampa, che è uguale al diametro primitivo di lavoro degli ingranaggi di comando;

ao = l'angolo in gradi sotteso al centro dal formato massimo di stampa avvolto sul cilindro stampa (si trascura lo spessore della carta);

+ DL = differenza tra le lunghezze sul foglio stampato e sulla lastra in piano (se è maggiore di zero, si ha un allungamento; se è minore di zero, invece, un accorciamento).

+ s = spessore da aggiungere (+) o togliere (-) sotto la lastra per pareggiare le lunghezze (=1/2 Dj) 2

Le formule che danno le lunghezze della forma (Lf) e della stampa (Lst) sono:

Lf = a5 p V jf; Lst = a5 V p V jst

3605; 3605

Sapendo che:

a5 - 3605 x formato max

p jst

e applicando la formula per la lastra e lo stampato, si ottiene:

DL = Lst - Lf = a5 V p V Dj

3605

in valore e segno.

Se ad esempio DL risultasse positivo, la stampa si allungherebbe del valore DL rispetto alla forma. Per accorciarla, come si è visto in precedenza, bisogna aumentare il diametro del cilindro porta forma di una quantità Dj che fornisce una nuova lunghezza L«f in relazione all'angolo di stampa a:

L«f = a5 x p (jst + Dj) = Lst + a5

3605 3605

pDj = Lst + DL

tale da fare variare la stampa di una quantità negativa AL uguale e contraria all'allungamento:

DL = L«f - Lst = a5 p V Dj

3605

Si ricava così la variazione di diametro necessaria per la compensazione:

Dj = DL x 3605

p a5

Siccome Dj = 2 s, si ha

s = DL x 3605

2p a5

Esempio. Dopo aver effettuato i rivestimenti e dopo aver stampato, si nota che la lunghezza stampata sul foglio ha un valore inferiore di 1 mm rispetto alla lunghezza nella lastra (formato max). Occorrerà allora togliere uno spessore dal cilindro lastra dato dalla:

s = 1 mm x 3605 = 0,19 mm @ 0,2 mm

3,14 x 2 3005

(si è supposto a = 3005).

In conclusione la lunghezza stampata sul cilindro successivo è costante come angolo, mentre la lunghezza periferica è funzione del raggio del cilindro.

7.4.3. Fenomeni di variazione dimensionale nella stampa
La lastra che si avvolge sul cilindro forma possiede un certo spessore (ad es. di 0,6 mm). Poiché tutti i corpi elastici (la lastra può essere considerata di materiale elastico) quando assumono una curvatura si deformano, si vengono a produrre degli accorciamenti nelle parti più interne della lastra: mentre la parte stampante si allungherà.

Se il materiale fosse omogeneo e isotropo, tanto si allungherebbe all'esterno quando si accorgerebbe all'interno. Se si indica con j il diametro in mm del cilindro su cui si avvolge la lastra, con s lo spessore della lastra in mm, la lunghezza della lastra in piano è quella che corrisponde al raggio medio:

Rm = j + s1

2 2

mentre il raggio esterno della lastra è di

Re = j + s1

2

Se a5 è l'angolo espresso in gradi necessario per la stampa, l'allungamento dell'immagine prodotto dall'avvolgimento della lastra risulta:

DL = a5 V 2p V DR

3605

perciò:

DL = a5 V 2p [(j + s1) - (j + s1)] = a5 V p s1

3605 2 2 2 3605

Poiché a5 è proporzionale ad L (lunghezza della lastra in piano) e 3605 è proporzionale a pj sostituendo si ha:

DL = L V s1 = Ls1

j j

Da ciò si deduce che per la stampa non si può prendere come base la misura dell'immagine sulla lastra in piano ma occorre farne la correzione.

1. Accorciamento dovuto allo svolgimento del foglio dal cilindro di stampa

La lastra avvolta sul cilindro aumentata come si è visto, la sua lunghezza sulla superficie stampante e precisamente:

L' = L + DL = L + s1 L = L(1 + s1) (3)

j j

dove:

L' = lunghezza superficie esterna, lastra avvolta

L = lunghezza lastra in piano.

Il foglio invece si presenta curvo al momento della stampa, per cui, analogamente a quanto visto per la lastra. si provocherà una riduzione della lunghezza di stampa quando il foglio stesso esce dall'elemento stampante e si deposita in piano. Pertanto si può scrivere in analogia a quanto visto:

L disteso = L curvo (1 - sf)

j

ove sf è lo spessore del foglio in mm.

Ad esempio quando si stampa cartone da 1 mm su un cilindro avente un diametro di 385 mm ed una lunghezza di stampa di L = 800 mm, l'accorciamento subito risulta di:

- DL = L disteso - L curvo = sp V L =

j

= - 1 x 800 = - 2,06 mm.

385

Da quest'esempio si può dedurre l'entità dell'allungamento complessivo, di cui occorre tenere conto nei lavori delicati, per mantenere un adeguato registro.

La conclusione ci porta ad affermare che la lastra causa un allungamento di stampa, perché al momento del montaggio passa da piana a curva; il foglio invece, poiché deve passare da curvo a piano, produce un accorciamento. In definitiva la formula di correzione della lunghezza, che tiene conto dei fenomeni citati nonché dello spessore della lastra e del foglio, diventa:

DL = L (s1 - sf)

j

ove:

DL = allungamento (positivo o negativo) di stampa in mm sul foglio stampato rispetto alla lunghezza della lastra, supposti foglio e lastra entrambi in piano.

L = lunghezza lastra stampante in mm

s1 = spessore lastra in mm

sf = spessore foglio in mm.

Dalla precedente formula si osserva che affinché l'allungamento sia nullo (nessuna variazione di lunghezza di stampa) occorre che s1 sia uguale a sf ossia che gli spessori della lastra e del foglio siano uguali.

2. Allungamento della lastra per la tensione della lastra stessa.

Affinché la lastra rimanga aderente al rivestimento del rispettivo cilindro, occorre che sia tesa da appositi tendilastra. E ovvio che tutti i corpi soggetti a trazione si allungano, per cui anche la lastra, dopo che è stata tirata, ha subito un allungamento che è proporzionale alla forza applicata dai tendilastra.

Poiché l'arco di avvolgimento della lastra sul cilindro è piuttosto grande (= 3005) rispetto all'intera circonferenza e poiché l'attrito che si genera tra rivestimento e cilindro nudo è piuttosto elevato (ed aumenta con la tensione dei tendilastre), occorre fare attenzione alla rottura per trazione della lastra stessa.

Tralasciando i calcoli piuttosto laboriosi che portano alla effettiva deformazione, si può senz'altro affermare che per una tensione moderata, la deformazione in oggetto non è praticamente sensibile ai fini della stampa a meno che si debbano raggiungere determinati scopi, nel qual caso la tensione viene volutamente accentuata.

La lastra comunque dev'essere tirata quanto è necessario in modo che il rivestimento sottostante sul cilindro sia sufficientemente compresso e vi aderisca bene.

7.4.4. Macchine con luce tra le fasce e con fasce a contatto
Le macchine aventi le fasce a contatto, di costruzione prevalentemente nord-americana, presentano una rigidità maggiore delle macchine con fasce non a contatto, di costruzione prevalentemente europea, che occupano la maggior parte del mercato.

Con le prime, lo spessore dei rivestimenti dev'essere particolarmente curato, le operazioni di avviamento (taccheggio) sono più elaborate per la maggior precisione richiesta dall'interferenza tra i cilindri. Con le seconde l'interferenza tra i cilindri è variabile, quindi si ha maggior elasticità nell'uso dei materiali (spessori dei rivestimenti, dei fogli da stampare, ecc.); evidentemente si hanno standard operativi variabili. Il costruttore della macchina offset raccomanda agli operatori, con apposite tabelle, le interferenze tra i cilindri in relazione ai lavori da eseguire.

Avendo definito genericamente la pressione da ottenere «leggera», «media» o «forte» in relazione al tipo di lavoro da eseguire, si nota che le macchine con luce tra le fasce hanno interferenze consigliate superiori a quelle delle macchine con fasce a contatto.

Le tabelle 1 e 2 sono compilate tenendo conto dei possibili strisciamenti tra le superfici a diversa velocità periferica, in modo che essi siano molto contenuti. Per attenersi alle indicazioni, si deve controllare con opportuni strumenti di misura gli spessori dei rivestimenti. Con il calibro Palmer, tipo a piattelli, si possono misurare gli spessori dei rivestimenti. Con sonde di spessore variabile da 5 a 50 centesimi di mm si controllano le luci tra le fasce, quando la struttura della macchina lo permette. Con comparatori centesimali, si può controllare l'esatto spessore del rivestimento, posto in tensione sul cilindro, riferendosi alla fascia laterale del cilindro.

Nelle macchine con fasce non a contatto si può modificare la registrazione della pressione entro limitati valori, si può variare l'interasse tra i cilindri finché l'ingranamento risulta regolare, ciò consente di ritoccare la pressione senza dover smontare i rivestimenti ed eventualmente rifare il taccheggio. Nelle macchine che lavorano con luce tra le fasce, la circonferenza di queste ultime non coincide con i diametri primitivi di lavoro degli ingranaggi di comando.

Nelle macchine, che lavorano con le fasce a contatto, queste sono premute una contro l'altra con una forza superiore a quella esercitata tra i cilindri stessi durante la stampa. In tal caso le fasce rappresentano le superfici primitive di funzionamento; pertanto l'interasse di funzionamento è sempre costante, il gioco tra gli ingranaggi è quello previsto dal costruttore e non varia da tiratura a tiratura. Poiché le fasce sono a contatto e precaricate, l'inizio stampa, ovvero l'entrata in pressione dei due cilindri, è meno sentita; quindi il «sussulto» dovuto all'inizio del contatto tra i cilindri, dopo la «gola di attacco» è molto attenuato.

In definitiva, per permettere una variazione di pressione occorre agire sullo spessore dei rivestimenti; non si può operare con avvicinamenti o allontanamenti dei cilindri. La rigidità del contatto tra le fasce obbliga a correzioni locali sotto i rivestimenti per compensare variazioni d'interferenza (taccheggio).

7.5. Accessori del gruppo stampante

Dispositivo per il lavaggio del telo gommato. E particolarmente usato nelle macchine offset pluricolori per sveltire e semplificare l'operazione di pulizia del telo gommato, inoltre consente di non dover «gommare» la lastra per il fermo della macchina, in quanto la si tiene sempre in movimento. Un altro vantaggio non trascurabile è la diminuzione della percentuale di infortuni, sensibilmente elevata nell'operazione di lavaggio del telo gommato.

Il lavaggio automatizzato del telo gommato può avvenire tramite un dispositivo analogo al lavarulli (fig. 107) in cui una lama asporta da rulli inumiditi da apposito solvente il residuo di lavaggio, che cade in una vaschetta di raccolta. Altro sistema (fig. 108) prevede l'uso di spazzole che automaticamente vengono poste a contatto del telo gommato e, con un movimento rotatorio, vengono pulite in una stazione retrostante il meccanismo.

Dispositivi supplementari riguardanti il gruppo stampante sono costituiti da sistemi pneumatici aventi molteplici finalità. Uno di questi prevede l'aspirazione di particelle di fibre, polvere ed altre impurità dalla superficie della carta, prima che questa pervenga alla stampa, in modo da favorire la qualità di stampa con carte non collate perfettamente (fig. 109).

8. Il gruppo inchiostratore nelle macchine offset

Nelle macchine offset, come in quelle tipografiche, la struttura del gruppo inchiostratore è del tipo per inchiostri «consistenti», ovvero per fluidi dotati di un'elevata viscosità ed un certo tiro.

La funzione del gruppo inchiostratore consiste nel prelevare l'inchiostro dal calamaio nella quantità ceduta alla copia stampata, nel laminare la pellicola d'inchiostro uniformemente tra i rulli distributori, nel trasferire correttamente l'inchiostro su tutti i grafismi della forma.

8.1. Generalità

Il gruppo inchiostratore è generalmente formato da:

  • - serbatoio per l'inchiostro, detto «calamaio», dotato di un cilindro parzialmente immerso nell'inchiostro (rullo calamaio);
  • - rullo rivestito in materiale idoneo (ad es. gomma sintetica o resine poliuretaniche), sostenuto da due braccioli oscillanti (detto rullo «prenditore»), il quale oscilla e giunge a contatto con il rullo calamaio dal quale preleva una certa quantità d'inchiostro trasferendolo poi sui rulli distributori;
  • - gruppo distributore, ossia una serie di rulli alternativamente in metallo e rivestiti, ruotanti a contatto con lo scopo di uniformare lo strato d'inchiostro su ogni zona del gruppo;
  • - gruppo inchiostratore, formato da una serie di rulli rivestiti, posti a contatto della forma.
Anche nella stampa offset la pellicola d'inchiostro dev'essere di spessore rigorosamente costante. Esiste una regolazione del flusso d'inchiostro in direzione trasversale per adeguare l'entità del flusso alla disposizione dei grafismi della forma; dove la superficie stampante è più ampia occorre un flusso d'inchiostro relativamente maggiore.

Esiste inoltre la possibilità di aumentare o diminuire il flusso dell'inchiostro su tutta la superficie stampata al fine di realizzare la densità ottica richiesta. Numerose sono le cause che possono produrre variazioni nello spessore dell'inchiostro durante una tiratura. L'uniformità dello spessore della pellicola d'inchiostro sui rulli è assicurata dal moto rotatorio dei rulli stessi e dallo spostamento assiale di alcuni rulli metallici del gruppo distributore.

Dalle premesse, derivano le seguenti considerazioni per un corretto funzionamento del gruppo inchiostratore:

  • - ogni rullo deve avere il proprio asse di rotazione rigorosamente parallelo agli altri e deve presentarsi perfettamente cilindrico, con ristrette tolleranze;
  • - rulli rivestiti di materia plastica o di gomma devono avere una superficie omogenea, senza indurimenti parziali o locali, con una durezza appropriata alla funzione a cui il rullo è destinato;
  • - opportuno che i rulli inchiostratori abbiano diametri diversi, per attenuare barrature o riporti d'inchiostro;
  • - la laminazione dell'inchiostro è più efficiente con l'aumentare del numero dei contatti tra i rulli distributori: pertanto un numero maggiore di rulli distributori migliora la corretta laminazione dell'inchiostro.
Benché simili, i gruppi inchiostratori delle macchine tipografiche platine o pianocilindriche differiscono da quelli offset o delle rotative tipografiche per il diverso numero di rulli. Per esempio, nelle macchine tipografiche pianocilindriche, la forma passa a contatto dei rulli inchiostratori due volte per ogni ciclo di stampa, facilitando la laminazione dell'inchiostro. Nelle macchine con organi stampanti dotati di moto rotatorio, invece, i rulli inchiostratori agiscono sulla forma con un solo passaggio per copia; perciò la laminazione dell'inchiostro viene migliorata predisponendo un numero di rulli distributori all'incirca doppio delle corrispondenti macchine tipografiche alternative.

8.2. Il gruppo calamaio

Il serbatoio del calamaio e costituito da una lama flessibile tangente alla superficie di un cilindro metallico, delimitato ai lati da due fianchi di superficie approssimativamente triangolare, con un lato terminante ad arco di cerchio (fig. 110). Tra la lama ed il rullo fluisce l'inchiostro.

La quantità d'inchiostro ceduto dal gruppo calamaio dipende da:

  • - distanza tra lama e rullo calamaio, che determina lo spessore dello strato d'inchiostro.'
  • - angolo di rotazione del rullo calamaio ad ogni ciclo di stampa, per la determinazione dell'area di inchiostro trasmessa dal gruppo'.
  • - caratteristiche reologiche dell'inchiostro.
Mentre i primi due parametri sono variabili a discrezione dell'operatore ed automaticamente controllabili, il terzo parametro e di ancora difficile controllo, per la dipendenza delle caratteristiche reologiche degli inchiostri da vari fattori, in particolare della temperatura.

L'apertura della fessura tra lama e rullo calamaio e regolabile localmente con Viti micrometriche, per la variazione del flusso dell'inchiostro in base alle esigenze delle varie zone della forma.

L'angolo di rotazione del rullo può essere azionato sia con un dispositivo ad intermittenza, tramite un nottolino che agisce su una ruota dentata solidale all'albero del rullo, sia con un motore a velocità variabile, entro valori minimi e massimi, dipendenti dalla macchina stessa.

Il rullo «prenditore» opera il trasferimento dell'inchiostro dal rullo calamaio al gruppo della distribuzione e inchiostrazione. Esso è dotato di movimento alternativo: aderisce al rullo calamaio per il prelievo dell'inchiostro durante la rotazione di quest'ultimo, quindi si sposta a contatto con il primo rullo distributore,. esso ruota folle, perciò acquista la velocità di rotazione del gruppo distributore mentre lo rifornisce dell'inchiostro (fig. 111).

Nelle macchine rotative di grande formato e molto veloci il movimento oscillante del rullo prenditore può avvenire ogni due o tre cicli di stampa, per evitare movimenti troppo bruschi dei braccioli di sostegno del rullo ed urti accentuati contro i rulli.

8.3. Disposizione dei rulli del gruppo distributore

Esistono svariate soluzioni nella disposizione dei rulli, però la struttura a piramide (fig. 112) è quella normalmente adottata. La successione dei rulli è analoga alle macchine tipografiche, ossia tra due rulli metallici è sempre interposto un rullo rivestito.

Si possono distinguere nella citata struttura.

1. Una premacinazione, effettuata da un rullo metallico, animato da un moto di va e vieni, su cui agiscono rulli rivestiti, sui quali premono due rulli metallici, che vengono chiamati anche cavalieri o cannelle, il cui compito è quello di livellare, ed eventualmente di rifornire e travasare l'inchiostro, quando ciò si renda necessario.

Il prenditore, a contatto con il rullo calamaio, riceve una striscia delimitata agli estremi dai piombi del calamio, variabile circonferenzialmente in funzione dell'angolo di rotazione del rullo ed in spessore dalla registrazione delle viti del calamaio. Il prenditore, rivestito di gomma o di sostanza elastica, cede la quantità d'inchiostro ricevuta alla premacinazione.

Compito della premacinazione è proprio quello di incominciare a trafilare l'inchiostro e di distenderlo lateralmente e circonferenzialmente, in modo che lo spessore del velo d'inchiostro risulti adeguato alle esigenze della stampa e costante lungo l'intera circonferenza del rullo. A tale scopo servono egregiamente le coppie di rulli cavalieri inseriti.

2. Un gruppo distributore, costituito da un rullo rivestito a contatto con un rullo cavaliere e da un rullo metallico che ha un diametro più grande degli altri.

Da quest'ultimo l'inchiostro va a due rulli rivestiti su cui agiscono due «cannelle» e dai rulli rivestiti viene ceduto a due rulli metallici dotati di movimento va e vieni (fig. 113). Su questi ultimi agiscono rispettivamente due altri rulli rivestiti, sormontati a loro volta da cannelle.

Nella laminazione dell'inchiostro occorre distinguere due operazioni fondamentali le quali vengono eseguite contemporaneamente.

L'uniformità dell'inchiostro in senso circonferenziale viene data dal moto circolare dei rulli e dalla pressione regolabile che i rulli rivestiti esercitano sui rulli metallici. I rulli metallici infatti girano intorno ad assi fissi, e sono comandati mediante ingranaggi elicoidali, che ingranano con altri di rinvio, comandati a loro volta da una corona dentata solidale al cilindro lastra, in modo da conferire a ciascun rullo una velocità periferica uguale a quella della lastra (fig. 114).

i rulli rivestiti, essendo trascinati in rotazione per attrito, possono essere regolati in modo da esercitare più o meno pressione rispetto agli altri.

Accanto all'azione circonferenziale, il movimento assiale dei rulli macinatori metallici provoca la laminazione laterale e la regolazione dell'ampiezza della corsa del va e vieni migliorando la laminazione stessa.

3. L'inchiostrazione della lastra è effettuata almeno da tre rulli rivestiti, frequentemente da quattro, raramente da cinque. I rulli inchiostratori prendono l'inchiostro da uno degli ultimi rulli metallici dotati di va e vieni; essi hanno una piccola interferenza con la forma, per garantire il contatto lungo una striscia, cosi che l'inchiostro possa aderire nelle zone stampanti della lastra. Il compito dei rulli inchiostratori è proprio d'inchiostrare uniformemente la lastra, in direzione assiale e circonferenziale, con un film continuo.

La laminazione circonferenziale e laterale provvede per i primi due scopi; la continuità dell'inchiostrazione invece viene migliorata a volte dalla presenza di rulli cavalieri, i quali non solo contribuiscono a caricare il rullo inchiostratore, ma sopperiscono, quando è necessario, alle eventuali deficienze d'inchiostro sugli inchiostratori stessi, dovute ad esempio a particolari disposizioni geometriche delle aree stampanti sulla forma.

La presenza in macchina di rulli inchiostratori con diametro diverso ed abbastanza grande è una caratteristica positiva, perché si viene ad avere uno sviluppo notevole di superficie attiva dei rulli.

L'interferenza tra i rulli inchiostratori e la lastra non può superare certi valori, per non dare origine a barrature parallele all'asse dei cilindri oppure a righe all'inizio della lastra. I rulli che gravitano, infatti, sulla lastra, in corrispondenza del «vuoto» del cilindro porta lastra tendono a flettere ed urtare con l'inizio stampa del cilindro quando cessa il vuoto. Per ovviare a questo inconveniente la zona che precede l'inizio stampa sul cilindro presenta un profilo variabile che fa da invito ai rulli e ne annulla gradualmente la flessione.

8.4. Caratteristiche dei rulli del gruppo distributore-inchiostratore

I rulli metallici devono avere una superficie rettificata, perfettamente cilindrica e devono girare «centrati». I rulli cavalieri. che si possono facilmente smontare. devono appoggiare uniformemente sui rulli rivestiti, mentre i distributori fissi non devono avere gioco.

Quelli poi dotati di movimento alternativo assiale non devono presentare giochi ai punti morti del medesimo.

I rulli metallici. costruiti in acciaio, possono avere la superficie ramata, per essere protetti contro l'ossidazione che si avrebbe per la presenza del liquido di bagnatura; si usa il rame perché più degli altri metalli presenta affinità per l'inchiostro. In luogo della ramatura si è negli ultimi anni. generalizzato l'uso del rivestimento «rilsan».

I rulli rivestiti di gomma sintetica oppure di materia plastica (resine poliuretaniche) devono possedere le caratteristiche seguenti, non sempre facilmente reperibili in uno stesso materiale:

  • - una perfetta cilindricità nelle varie sezioni ed un raggio costante da sezione a sezione;
  • - un'usura costante in senso assiale e circonferenziale;
  • - un facile trattamento di pulizia. qualunque sia l'inchiostro;
  • - non reagire con i prodotti chimici contenuti negli inchiostri, in modo da non indurire superficialmente:
  • - una buona aderenza con il rullo con cui vengono a contatto e capacità di riprendere subito la forma circolare primitiva;
  • - non si devono rigonfiare per la presenza di solventi e plastificanti: non diventare più morbidi per effetto dell'aumento di temperatura o più duri per effetto della luce.
La durezza dei rulli distributori è in generale diversa da quella degli inchiostratori. Per i primi la durezza richiesta è sui 30-325 Sh, per i secondi invece è sui 405 Sh. La differenza consiste nel fatto che per l'inchiostrazione è necessaria una pressione di contatto superiore che per laminare l'inchiostro.

8.5. Distribuzione dell'inchiostro

Dall'esperienza si è constatato che se la forma stampante è inchiostrata con uno spessore unitario d'inchiostro, sul tessuto gommato si trasmette il 50% dello spessore primitivo; in realtà la percentuale è superiore se la lastra è plurimetallica ed è minore se è d'alluminio.

Di questo 50% che si trova sul tessuto gommato, una quantità pari all'80% viene trasmessa al foglio, ossia in definitiva viene trasmessa alla carta la quantità 1x 0,5 x 0,8 = 40% della quantità iniziale sulla lastra. L'inchiostro trasmesso dal prenditore alla distribuzione, viene inizialmente laminato da una serie di rulli che fanno capo ad un rullo metallico più grande degli altri.

Da questo l'inchiostro viene prelevato da due serie di rulli di cui una trasferisce l'inchiostro ai primi due rulli inchiostratori e la seconda agli altri due inchiostratori.

Esperienze fatte hanno dimostrato che l'azione inchiostratrice viene svolta in modo essenziale dai primi due rulli, mentre gli altri due servono solo ad uniformare, aggiungere o togliere inchiostro. in modo che la lastra sia perfettamente inchiostrata all'uscita del quarto rullo.

Stando a questa teoria si deve concludere che il flusso dell'inchiostro per il 70 -; 80% arriva ai primi due inchiostratori e per il restante agli altri.

Da quanto precede la disposizione dei rulli distributori può essere prevista in modo da rifornire con maggiore flusso i primi due rulli inchiostratori (fig. 115). Vantaggio di questa disposizione è la più rapida risposta del gruppo inchiostratore alle variazioni di flusso d'inchiostro provenienti dal calamaio.

Quando i rulli inchiostratori passano nel settore «vuoto» del cilindro lastra. si ricoprono di uno strato d'inchiostro più spesso perché sono a contatto con la distribuzione che li alimenta in continuità, mentre non cedono inchiostro alla lastra.

Quando i rulli iniziano ad inchiostrare la lastra. depositano più inchiostro nel primo giro e meno nei successivi. dando luogo a variazioni di tonalità che si possono in parte attenuare usando diametri diversi per i rulli inchiostratori (fig. 116).

Altro inconveniente, evidenziato da «barrature di inizio stampa». è dovuto all'entrata in interferenza della lastra con i rulli inchiostratori.

Questo improvviso aumento della pressione degli inchiostratori sulla lastra può avvenire con urto e può produrre delle barrature, per eliminare le quali occorre diminuire per quanto possibile l'interferenza degli inchiostratori sulla lastra.

Il fenomeno può essere fortemente attenuato, se non eliminato. facendo sul cilindro porta lastra un raccordo che attenui l'urto all'entrata dei rulli.

8.6. Controllo della temperatura nell'inchiostrazione

Al procedere della tiratura si verifica un costante, anche se ridotto. aumento di temperatura. Dopo circa otto ore di tiratura consecutiva, l'aumento della temperatura risulta intorno a 35 C5, con un incremento all'incirca costante sia sul cilindro porta-lastra, sia sui rulli inchiostratori, meno accentuato sui rulli distributori. L'aumento della temperatura modifica alcuni parametri. per esempio:

  • - diminuisce la viscosità dell'inchiostro;
  • - aumenta l'evaporazione d'acqua sulla lastra.
É stato dimostrato da esperimenti che il raffreddamento dell'acqua di bagnatura non incide molto sulla qualità della stampa, ma è assai importante per il controllo di alcuni fattori (mantenimento di una concentrazione di alcool nella bagnatura, parziale controllo della vischiosità dell'inchiostro ecc.). In particolare con la variazione della temperatura dell'acqua di bagnatura non si modifica lo spessore dello «strato» di umidità.

Alcune ditte hanno scelto di effettuare il controllo della temperatura degli ultimi rulli laminatori, posti a contatto dei rulli inchiostratori. Tali rulli (fig. 117) sono dotati di una camera interna in cui fluisce un liquido pre-condizionato. Il liquido stabilizza la temperatura del mantello degli ultimi due rulli metallici a contatto degli inchiostratori, favorendo il controllo delle caratteristiche reologiche degli inchiostri.

8.7. Inchiostrazione monorullo per macchine offset

Alcune case costruttrici hanno cercato di applicare gruppi d'inchiostrazione meno complessi dei consueti. Per distribuire sulla forma uno strato d'inchiostro uniforme, infatti, sarebbe necessario un solo rullo. capace di ricaricarsi del film d'inchiostro ceduto alla forma per mezzo di un opportuno sistema di rifornimento.

La Rotaprint ha già applicato tale principio nel campo delle piccole offset. Un'altra ditta ha sviluppato un sistema d'inchiostrazione monorullo, applicato attualmente in alcuni tiraprove. Tale sistema (Equalink) si sviluppò dapprima utilizzando un rullo rivestito di materiale elastico di circonferenza pari a quella del cilindro portalastra (fig. 118). Un secondo rullo, metallico. provvedeva ad egualizzare il film d'inchiostro sull'unico rullo inchiostratore. L'inchiostro veniva contenuto tra i due rulli del gruppo inchiostratore e una rada impediva che esso venisse trasportato al di fuori del serbatoio a causa della rotazione del rullo metallico. La laminazione dell'inchiostro tra i due rulli poteva essere regolata tramite la variazione della velocità periferica del rullo metallico.

In una successiva applicazione del sistema d'inchiostrazione monorullo, la laminazione dell'inchiostro avviene tramite la pressione del rullo in materiale elastico contro un blocco metallico (fig. 119), a sezione trapezoidale, con la base minore a contatto del rullo. Nella zona di contatto tra il rullo e il blocco metallico è praticata una scanalatura a forma di V, in cui ruota un rullo di minimo diametro premuto dal blocco metallico contro il rullo inchiostratore e avente la funzione di laminare lo strato d'inchiostro. Tale principio d'inchiostrazione. se controllato e sufficientemente sperimentato, potrà essere applicato nelle macchine offset del futuro.

9. Sistemi di controllo e regolazione automatica dell'inchiostro

Alla fine degli anni settanta furono realizzati dispositivi per il controllo automatico a distanza dell'inchiostro. L'ideazione dei nuovi sistemi partiva dal presupposto che la regolazione dell'inchiostro tramite la lama del calamaio non potesse essere facilmente controllata. Infatti la lama flessibile si comporta come uno strumento di scarsa precisione in cui ad una variazione di comando corrisponde una deformazione più o meno accentuata su tutta la struttura. La prima decisione, adottata da alcune fabbriche costruttrici di macchine da stampa, fu di sezionare la lama in numerosi settori. larghi circa 5 cm, comandabili separatamente a distanza; in seguito si ebbero soluzioni più complete.

9.1. Sistema RCI (Roland)

RCI significa «remote controlled inking», cioè controllo a distanza dell'inchiostrazione. Il sistema è costituito da una serie di cursori, vicini, l'uno all'altro, terminanti con una piastra in materiale plastico. L'avvicinamento dei cursori di regolazione del flusso al rullo calamaio è radiale (fig. 120) e non tangenziale al rullo (come si verifica all'incirca per la lama); tale manovra consente un più preciso flusso di inchiostro.

Ne risultano evidenti diminuzioni degli sforzi di flessione dei cursori per la rotazione del rullo calamaio (a causa della vischiosità dell'inchiostro). Ogni cursore è dotato di potenziometro e di motorino per l'automazione del movimento. I comandi possono essere impartiti da un pulpito, o consolle di comando su cui sono disposti anche i controlli dell'apertura dei cursori tramite diodi luminosi (fig. 121). L'automazione del comando d'apertura dei cursori può avvenire, oltre che localmente. con comandi di modificazione contemporanea di tutti i cursori.

Con una regolazione di tipo RCI si ottengono i seguenti vantaggi:

  • - valori oggettivi di regolazione della distanza dei cursori;
  • - controllo efficace del flusso dell'inchiostro;
  • - operazioni comandate a distanza anche per diversi gruppi inchiostratori con minor spreco di tempo da parte dell'operatore.
9.1.1. Sistema CCI della Roland
CCI significa «computer controlled inking». cioè inchiostrazione controllata mediante calcolatore. Il sistema CCI è un ampliamento del sistema RCI. Il sistema CCI prevede:

  • - la rilevazione della densità sullo stampato;
  • - il confronto automatico della densità rilevata sullo stampato con i valori di densità prefissati;
  • - il calcolo, mediante un sistema di microprocessori che agisce comandando automaticamente i cursori del calamaio.
La densità di riferimento è tratta dal foglio di macchina approvato. La misurazione delle densità avviene su un'apposita striscia, contenente i diversi campi di misurazione necessari, tramite un solo densitometro (fig. 122). Il sistema CCI prevede l'uso di una sola testa di lettura perché due densitometri diversi, con la tecnologia attuale, non sono ancora in grado di indicare due misure perfettamente concordanti. Il tempo esplorazione di una striscia di circa 100 cm è di 34 s. con la rilevazione di circa 240 valori diversi, immessi automaticamente nell'unità di calcolo ed elaborazione dati. Il tempo di calcolo risulta di circa 1 s e la registrazione automatica dei cursori prevede circa 7 5 per ogni unità di stampa. Dunque in una macchina offset a 4 colori, occorre circa un minuto per la regolazione dei calamai dal momento in cui si deposita il foglio di riferimento sul tavolo di controllo della macchina. L'intervento dell'operatore nella procedura non è escluso, anche se l'automazione del sistema può avvenire sulla base di soli due parametri: densità rilevata sulla striscia di controllo e apertura dei cursori corrispondenti sul rullo calamaio.

Alcune unità periferiche possono essere collegate al sistema CCI per ottenere dati (stampante, perforatore di nastro) o per introdurre dati (lettore di nastri perforati).

Il sistema è completato da un lettore di lastre (EPS), il quale esplora zona per zona i grafismi determinandoli in valori percentuali. Le rilevazioni attiche sono memorizzate in cassetta, per la successiva regolazione dei cursori del calamaio, tramite l'introduzione della cassetta nel pulpito RCI oppure CCI. Tale possibilità è molto utile in caso di ristampa.

9.2. Il CPC Heidelberg

Il CPC Heidelberg nato nel '77 e nello stesso anno presentato al DRUPA, mira a dotare le macchine da stampa di un sistema in grado di assicurare un controllo della qualità pratico ed efficiente.

Lo scopo finale del programma CPC è quello di poter fornire, compatibilmente con la lavorazione in corso i valori d'inchiostrazione, di registro, ecc. allo scopo di migliorare e sveltire tutte quelle operazioni indispensabili per la perfetta regolazione della macchina. Il sistema CPC (articolato in CPC 1, CPC 2 e CPC 3), è stato progettato e realizzato esplicitamente per la serie «Speedmaster» Heidelberg. ossia per macchine in cui più si fanno sentire i problemi connessi ai tempi morti della tiratura (avviamento, regolazione del calamaio, registro di stampa, ecc.). Risulta quindi evidente che l'adozione del sistema CPC (che permette delle regolazioni più veloci, cioè meno fermi macchina) va di pari passo con la produttività, quindi con il massimo utilizzo della macchina stessa.

9.2.1. Il calamaio di Heidelberg
Il calamaio Heidelberg è costituito da una serie di cilindri dosatori, posti in prossimità del rullo calamaio. I cilindri (fig. 123) sono montati su uno snodo, a sua volta collegato ad un albero filettato.

La superficie dei cilindri è eccentrica, mentre due fasce poste lateralmente garantiscono il contatto controllato tra il cilindro e il rullo calamaio (fig. 124).

Ruotando il cilindro varia di larghezza la fessura tra di esso ed il rullo calamaio. Le strisce poco inchiostrate sul rullo calamaio. provocate dagli anelli di sostegno dei cilindri, sono compensate dal movimento assiale dei rulli distributori.

L'albero filettato a cui sono collegati i cilindri di regolazione, è comandato da un motore elettrico, a sua volta funzionante da comando situato dal pulpito dell'unità CPC 1 (v. oltre).

L'applicazione più semplice del sistema CPC prevede la segmentazione del calamaio con cilindri di regolazione, comando a distanza degli stessi tramite il pulpito del CPC 1 dopo valutazione soggettiva della quantità d'inchiostro occorrente alle diverse zone della lastra.

9.2.2. Impiego del CPC
L'unità CPC I permette la regolazione a distanza del calamaio, tramite opportuni comandi che agiscono sui cilindri dosatori di cui si è detto. Tramite l'unità CPC 1 l'operatore può intervenire anche sul registro, sia circonferenziale sia assiale, con macchina in movimento. Ogni macchina da stampa dev'essere attrezzata con unità CPC 1 indipendenti, ognuna delle quali può intervenire solo ed esclusivamente sulla macchina da stampa a cui è collegata. E facile constatare che l'investimento nell'attrezzatura di comando a distanza è tanto più favorevole quanto aumentano il numero dei cambi lastra, per rendere più rapide le operazioni di avviamento macchina. particolarmente nelle macchine pluricolori.

L'unità CPC 2 è addetta alla funzione di controllo qualità, ma il suo uso può essere esteso, tramite collegamento con l'unità CPC 1, al comando a distanza della macchina. Dotata di microdensitometro, essa rileva automaticamente i dati dal foglio stampato, può confrontarli con parametri interni memorizzati e può agire sull'unità CPC 1, gerarchicamente inferiore, per modificare il flusso d'inchiostro dal calamaio. L'unità CPC 2 può anche ricevere dati registrati dall'unità CPC 3.

L'unità CPC 3 assolve alla funzione di preregolare il calamaio. Essa è dotata di microdensitometri in grado di analizzare la lastra e registrare (entro certe tolleranze), su apposito supporto magnetico, la quantità di inchiostro necessaria per ogni zona di stampa. I dati registrati per divenire operativi devono essere inseriti nell'unità CPC 2.

Ora che i vantaggi e gli scopi costruttivi del sistema CPC sono chiariti, passiamo a studiare il possibile inserimento del CPC in un'azienda grafica di medie dimensioni (fig. 125).

Nella sala di fotoformatura trovano posto i tavoli luminosi per i montaggi, lo scanner, ed il CPC 3, che esamina la lastra pronta e ne rivela istantaneamente le zone da modificare in sede di stampa. mediante un'inchiostrazione più o meno abbondante.

Quindi, la lastra con il foglietto-guida del CPC 3 arriva nella sala stampa, dove viene montata sulla macchina mentre i dati del foglietto-guida vengono immessi (mediante videotastiera di cui è dotato il CPC 2) nel CPC 2 stesso. Questo, tramite i pulpiti ad esso collegati (CPC 1) regola di conseguenza la macchina.

A questo punto entra in gioco l'unità CPC 2. Tenendo conto dei dati in uscita del CPC 3, s'impostano sulla tastiera-video i valori cromatici di riferimento e le tolleranze relative alla stampa di un determinato lavoro. Questi valori sono inviati ai pulpiti di controllo CPC 1, che provvedono a regolare tutti gli organi interessati secondo gli «ordini» del CPC 2 (calamaio, registro laterale e periferico, ecc.). Tali regolazioni avvengono per mezzo di motorini montati sulla macchina stessa e comandati dal CPC I.

Ora la macchina può entrare in tiratura vera e propria, essendo perfettamente messa a punto. Il foglio stampato che viene approvato si analizza con i microdensitometri posti sul CPC 2, che provvedono a trasferire i dati relativi (densità del colore, sdoppiamento del puntino, sbaveggio, ecc.) al calcolatore centrale sito nel CPC 2, dove vengono confrontati con i valori di riferimento prescritti.

Questi valori sono visualizzati sul video del CPC 2, e quindi convogliati alle postazioni di comando CPC 1, che provvedono a confrontarli con i valori «esistenti» sulla macchina e, se necessario, a cambiarli, adeguandosi ai valori provenienti dal CPC 2.

I vantaggi del sistema CPC si possono così identificare:

  • - meno scarti d'avviamento e minore tempo di messa a punto, perché la stampa ottimale viene raggiunta in modo rapido;
  • - meno variazioni di colore, perché il CPC 2 «sorveglia» la tiratura e interviene prontamente sull'errore, qualunque esso sia (registro, variazioni di colore, sbaveggio ecc.);
  • - pre-regolazione dell'inchiostro, inchiostrazione automatica. registrazioni del profilo cromatico dello stampato su floppy disc o cassetta magnetica; velocità elevata di analisi delle strisce di misurazione Brünner (8 s per 208 fondini!).
9.2.3. Il CPC 3
L'unità CPC 3, accanto al CPC 2, svolge la funzione di pianificazione dei dati e banca-dati, ripartendoli man mano al CPC 1. Il CPC 3 «lavora» allo scopo di abbreviare ulteriormente i tempi di messa a punto della macchina da stampa. Il lavoro viene gestito in pratica in maniera tale da sfruttare appieno (cioè nel modo più produttivo possibile) le macchine da stampa che gli richiedono un notevole investimento di capitale per l'acquisto, per la gestione, e per la manutenzione.

La funzione principale del CPC 3 è quella di «anticipare» i dati prima che essi siano «stampati» e analizzati. In questa maniera, si ha una pre-regolazione del colore prima della stampa e (cosa fondamentale) fuori macchina.

Il CPC 3 è praticamente un lettore di lastre (fig. 126) che vengono esplorate da una serie di microdensitometri posti su una sbarra trasversale scorrevole a contatto della lastra e posta sull'apparecchio. Con questa operazione si determina automaticamente la percentuale di punto (in ognuna delle 32 zone la striscia d'inchiostro ha una lunghezza di 32,5 mm). I dati vengono registrati su cassetta o floppy disc per poi essere inseriti nel CPC 2.

Oltre alla registrazione magnetica dei dati, il CPC 3 stampa una striscia di carta che può comprendere, a scelta dello stampatore, o i valori riferiti per zona (cioè per ognuna delle 32 zone si ha l'indicazione del valore d'inchiostrazione), o i valori dei colori primari, sempre per zona (ossia, per ognuna delle 32 zone il CPC 3 rileva i valori di ciano, giallo, e magenta da porre sul calamaio).

Inoltre, grazie al protocollo stampato, anche le macchine che non sono asservite al CPC 1 possono usufruire del lettore di lastre CPC 3. Con esse i tempi di regolazione sono abbreviati, come si è detto, grazie alla pre-regolazione automatica dell'inchiostro: ciò significa miglior sfruttamento delle macchine collegate al CPC e meno tempi morti durante la tiratura, che a lungo andare dovrebbero ridursi solo ai cambi lastra.

9.2.4. Il CPC 2
L'unità CPC 2 è l'elaboratore del sistema, dal quale dipendono direttamente o indirettamente tutti gli altri componenti. Il CPC 2 è composto da tre parti essenziali: un video con il quale è possibile dialogare e che serve per l'immissione dati (fig. 127); l'elemento di analisi, composto da un microdensitometro scorrevole sulle strisce di misurazione (Brünner, Fogra PMS, ecc.), e il calcolatore che deve decidere dove intervenire sulla macchina da stampa (calamaio, registri laterale /periferico, ecc.).

Il funzionamento del CPC 2 è semplice: si posiziona il foglio campione, in squadra e sotto le marcature luminose poste nella barra di misurazione, quindi si inserisce il disco floppy del lavoro (fig. 128) (o la cassetta) nel video e si procede alla misurazione dei fondini.

Nella sua corsa, il microdensitometro rileva i dati, per esempio, la densità del colore, l'ingrossamento del punto, il doppieggio, lo spostamento del puntino, il contrasto tra i colori, ecc. I valori ottenuti e visualizzati sul video, vengono confrontati dal calcolatore con i valori di riferimento registrati nel disco del lavoro. La lettura è veloce.

È possibile sia affidarsi al calcolatore CPC 2 per mantenere la tiratura sugli stessi valori, sia inserire una proposta di adeguamento, secondo la quale lo stampatore decide che la stampa avvenga entro certe tolleranze, che la macchina rispetterà. Una sola unità CPC 2 può essere collegata a diverse unità periferiche (fig. 129).

9.2.5. Il CPC 1
La funzione del CPC I è quella di mettere in atto i comandi che provengono dall'unità CPC 2.

Il CPC 1 si compone di tre parti essenziali (fig. 130): 1. una parte logica. comprendente i tasti di adattamento dei comandi che giungono dal CPC 2 (registro periferico/ laterale, indicatore densità inchiostro, indicatore del profilo cromatico in valori percentuali, ecc.); 2. un quadro luminoso posto a fianco dei suddetti tasti, che ha lo scopo di visualizzare gli adattamenti compiuti dall'operatore/stampatore; 3. un display a 32 elementi che riproduce fedelmente il profilo dello strato d'inchiostro nel calamaio (fig. 131).

Nel CPC 1 è possibile regolare lo strato d'inchiostro. sia a distanza (con i tasti posti sotto ognuna delle 32 zone del display), sia con la penna luminosa. In questo caso, la regolazione sarà soggettiva e dettata esclusivamente dall'esperienza dello stampatore. Si può regolare lo strato d'inchiostro anche automaticamente, mediante cassetta magnetica ottenuta dal CPC 3. oppure con collegamento in linea con l'unità di controllo qualità CPC 2.

Il profilo dell'inchiostro può essere registrato su cassetta magnetica o su disco floppy (nelle due versioni più recenti CPC 1-02 e CPC 1-03), per la rapida impostazione dei dati in caso di ristampa.

9.2.6. Alimentazione automatica dell'inchiostro
Alcune ditte fabbricanti di macchine da stampa hanno posto in commercio dispositivi per l'alimentazione automatica dell'inchiostro al serbatoio del calamaio.

Generalmente tali dispositivi sono costituiti da una pompa elettrica che aspira una certa quantità d'inchiostro (fig. 132) tramite uno stantuffo: l'inchiostro è compresso in tubo flessibile raccordato al calamaio. Una piastra preme sulla superficie dell'inchiostro: il diametro della piastra deve corrispondere a quello del contenitore dell'inchiostro. Sul serbatoio del calamaio l'inchiostro è distribuito tramite una barra forata (fig. 133) che permette la discesa del fluido per gravita dello stesso. Un tastatore interrompe il flusso d'inchiostro quando il serbatoio del calamaio raggiunge il livello predeterminato.

lì dispositivo è utilizzabile in lavori che richiedono un cospicuo consumo d'inchiostro, ad esempio nella stampa dei fondi, oppure nella stesura di vernici protettive. Ipotizzando un consumo d'inchiostro di un micrometro di spessore, su una superficie a fondino di 70x100 cm. con velocità di tirature di 10.000 copie all'ora, occorrono circa 7 dm3 di materia colorante o di vernice. Ammettendo una densità relativa di 0,9 dell'inchiostro, ogni ora occorrono 6 kg d'inchiostro per eseguire la tiratura.

10. Il gruppo bagnatore

La regolazione del flusso dell'acqua di bagnatura, in rapporto alla quantità d'inchiostro, distribuito sulla forma ha costituito da sempre uno degli scogli principali del procedimento di stampa offset.

L'immissione di una determinata quantità di liquido bagnatore dipende da fattori sia intrinseci allo stesso liquido (sua tensione superficiale, temperatura, pH, ecc.) sia correlati con le caratteristiche dell'inchiostro (sua reologia al variare dell'emulsione acqua/inchiostro) e dell'ambiente o della macchina da stampa (natura fisico-chimica della superficie dei rulli bagnatori, velocità di tiratura, tipo di sistema di bagnatura, temperatura dell'ambiente e sua umidità relativa, ecc.).

Dominare scientificamente il complesso di variabili tra l'acqua di bagnatura e l'ambiente circostante non è facile.

La riprova della difficoltà nel controllo dell'acqua di bagnatura è riscontrabile nelle diversissime soluzioni, più o meno innovatrici presentate dai fabbricanti di macchine da stampa. I brevetti studiati ed in parte applicati prevedevano l'uso di sistemi di bagnatura a spazzola, a condensa, a ugelli, a stoppino, ecc. Più avanti si accennerà solo ai sistemi di bagnatura più usati. Molti tentativi furono abbandonati per il ritorno ai sistemi di bagnatura tradizionali, che, del resto, offrivano una garanzia maggiore.

Il trattamento superficiale della lastra ha una forte influenza sulla quantità di acqua trasmessa dal gruppo bagnatore. La granitura delle lastre monometalliche, aumentando la rugosità superficiale, crea microscopici alveoli irregolari, rendendo le caratteristiche superficiali della forma affini all'acqua. Il tipo di granitura, la natura del metallo e le sue caratteristiche chimico-fisiche superficiali, hanno una forte influenza sulla quantità di liquido di bagnatura occorrente per la stampa offset. Ad esempio le lastre plurimetalliche necessitano di un afflusso di liquido di bagnatura decisamente inferiore a quello occorrente per le lastre monometalliche.

Il gruppo inchiostratore di una macchina offset opera sempre emulsionando una determinata quantità d'acqua nell'inchiostro.

Tale quantità d'acqua, suddivisa in microscopiche gocce, non può essere inferiore al 5-10% e non deve superare il 30% dell'inchiostro. Quando tali valori sono superati si ha la rottura della stabilità dell'emulsione, con formazione di grosse quantità d'acqua nel gruppo inchiostratore che impediscono la stampa corretta. Il controllo della stabilità dell'emulsione acqua in inchiostro è uno dei fattori di maggiore difficoltà nel procedimento di stampa offset, su cui si deve ancora indagare scientificamente.

10.1. Cenni alla bagnatura

Le principali esigenze a cui deve soddisfare il gruppo bagnatore possono essere riassunte come di seguito: 1. la bagnatura della lastra deve essere uniforme sia nei contrografismi più estesi sia in quelli microscopici. L'acqua dovrebbe essere distesa secondo le esigenze delle singole zone; 2. la quantità d'acqua per copia deve essere regolata con precisione con il variare dei parametri collegati (velocità della macchina, quantità d'inchiostro, ecc.); 3. l'equilibrio acqua/inchiostro deve essere raggiunto con il minimo consumo di copie.

I contrografismi di superficie estesa necessitano di un volume di acqua elevato. L'eccesso di umidità, però, può dare origine ad un'emulsione con l'inchiostro, provocando la diminuzione della densità massima di stampa e un allargamento considerevole. La velocità della macchina da stampa è inversamente proporzionale alla richiesta del volume d'acqua sulla lastra. All'aumentare della velocità della macchina da stampa, diminuisce il volume d'acqua richiesto dalla lastra. L'equilibrio acqua/inchiostro può essere maggiormente controllata e raggiunto in un minor tempo con l'introduzione di miscele alcool isopropilico/acqua nel gruppo bagnatore.

Gli automatismi della macchina offset determinano, ad un difetto nell'ammissione del foglio, l'arresto, del gruppo del mettifoglio ed il distacco della pressione, mentre gli altri organi della macchina continuano nel loro funzionamento. Ciò ad evitare di interrompere il funzionamento dei gruppi inchiostratore e bagnatore, con conseguente modifica dell'equilibrio acqua-inchiostro.

10.2. Gruppo bagnatore tradizionale

Il sistema di bagnatura tradizionale è costituito da un rullo parzialmente immerso in un serbatoio contenente il liquido di bagnatura, un rullo rivestito per il prelevamento dell'acqua dal contenitore, un rullo cromato intermedio e due rulli bagnatori rivestiti a contatto della lastra (fig. 134).

Il rullo semi-immerso nel serbatoio viene detto «bagnino». Il livello dell'acqua nel serbatoio viene mantenuto costante da un tubo sfioratore, collegato ad un serbatoio di alimentazione a tenuta stagna, capovolto sopra la bacinella. L'acqua scende allora nella vaschetta facendo alzare il livello, fino a quando il pelo del liquido chiude l'orifizio del tubo di alimentazione.

Il rullo bagnino è dotato di moto rotatorio intermittente, la cui ampiezza, analogamente al rullo calamaio, è regolabile. Per alcuni lavori può essere opportuno collocare, a contatto con il rullo bagnino, in corrispondenza delle zone in cui la lastra richiede meno liquido per la scarsità di contrografismi, sistemi di spremitura del liquido di bagnatura in eccesso.

Il rullo prenditore preleva l'acqua dal rullo bagnino e lo cede al gruppo distributore, con movimento oscillante, analogo a quello del prenditore dell'inchiostro.

Il gruppo distributore dell'acqua comprende un rullo metallico cromato, dotato di movimento assiale di va e vieni, e due rulli bagnatori rivestiti, i quali da un lato laminano l'acqua prendendola dal rullo distributore, dall'altra bagnano la lastra. Per ottenere una bagnatura efficiente occorre regolare l'ampiezza di rotazione angolare del rullo bagnino e l'interferenza dei bagnatori con la lastra e il distributore.

Il rullo distributore ha una velocità periferica uguale a quella della lastra, essendo comandato nella rotazione da ingranaggi che, mediante un rinvio, prendono il comando da una corona dentata solidale al cilindro porta lastra.

Il prenditore e i bagnatori, invece, sono trascinati per attrito. Il distributore è cromato superficialmente, perché tale metallo presenta affinità per le soluzioni acquose, mentre rifiuta l'inchiostro, di natura grassa. L'inchiostro può, in carenza di acqua, risalire nel gruppo bagnatore, sporcando i rivestimenti del bagnino e del prenditore.

Il deposito d'inchiostro sui rivestimenti dei rulli del gruppo di bagnatura costringe a periodiche operazioni di sgrassaggio dei rulli bagnatori, con eventuale sostituzione dei rivestimenti. I rulli bagnatori possono essere costituiti da un'anima metallica rivestita da strati di tessuto, normalmente di cotone, oppure possono essere rivestiti da gomma sintetica, di durezza intorno ai 22-255 Shore A, al di sopra della quale si può aggiungere il tessuto. Il rivestimento dei rulli, sia in cotone sia in altro materiale poroso e capillare, è definito «calza» o «mollettone».

I rulli bagnatori devono:

  • - essere perfettamente cilindrici in senso assiale e perfettamente centrati nella rotazione;
  • - essere relativamente duri, all'interno del rivestimento.
  • ma anche elastici, per assorbire le sollecitazioni di contatto con le altre superfici cilindriche;
  • - essere superficialmente soffici, per evitare la formazione di accumuli di acqua per strizzamento dei rivestimenti, prima della linea di contatto con la lastra e con il rullo distributore;
  • - essere lateralmente più lunghi della lastra di circa due cm, per garantire che tutto il formato, in senso assiale, sia inumidito.
Il gruppo di bagnatura tradizionale prevede la sostituzione dei rivestimenti in tessuto periodicamente, con calze infilate sui rulli, tagliate e cucite alle estremità. Altri rivestimenti, nati per ovviare ai problemi di sfilacciamento dei mollettoni di cotone, sono costituiti da strisce di carta avvolte a spirale sui rulli bagnatori (Plast-O-Damp) oppure da carta tubolare, che si restringe attorno al rullo per azione dell'acqua (3M).

Ogni rullo bagnatore può essere regolato separatamente sia per il contatto con il cilindro lastra sia per quello con il rullo distributore in acciaio.

10.3. Moderni sistemi di bagnatura

Il movimento intermittente del rullo prenditore ed i rulli rivestiti in tessuto o in carta provocano una certa inerzia del sistema nel momento in cui è necessario modificare il flusso di liquido in arrivo al gruppo stampante. I rulli rivestiti tendono ad essiccare più rapidamente ai lati, rendendo irregolare la distribuzione dell'acqua alla lastra.

L'alimentazione dell'acqua in senso parallelo all'asse dei cilindri può essere parzialmente controllata con sistemi empirici: aria soffiante sui rulli, strisce di gomma appoggiate su di essi, rullini a pressione o piccole rade sul cilindro di alimentazione.

Per controllare il flusso di acqua del gruppo bagnatore, i costruttori di macchine da stampa offset hanno seguito diverse logiche, raggruppabili in due categorie. La prima, applicata notevolmente in Nord America e poi diffusa in Europa, prevede la miscelazione di alcool con l'acqua di bagnatura. La seconda, privilegia il controllo degli aspetti meccanici di trasmissione dell'acqua. I due sistemi di controllo possono essere abbinati nella medesima macchina da stampa.

10.3.1. Bagnatura senza prenditore
Una caratteristica meccanica dei sistemi moderni di bagnatura prevede l'eliminazione del prenditore. La motorizzazione del rullo bagnino (fig. 135) riduce notevolmente l'inerzia del gruppo di bagnatura tradizionale, provocata dall'oscillazione del rullo prenditore e dall'avanzamento a scatti del rullo bagnino. La velocità di rotazione del rullo bagnino è regolabile con fini variazioni, indipendentemente dalla velocità periferica degli altri rulli. Il vantaggio della regolazione micrometrica dell'afflusso dell'umidità nel gruppo bagnatore è, in parte, compensato dalla diversa velocità periferica del rullo bagnino relativamente al distributore vicino, con generazione di strisciamenti.

10.3.2. Bagnatura con alcool
L'uso dell'alcool isopropilico, miscelato con l'acqua di bagnatura in percentuali variabili tra il 10 ed il 30% a seconda dei sistemi, provoca i seguenti effetti:

1. Diminuzione della tensione superficiale dell'acqua di bagnatura (fig. 136), cioè un consistente aumento del potere umidificante della soluzione. Conseguentemente diminuisce il volume di liquido occorrente per inumidire i contrografismi, quindi il gruppo bagnatore deve far affluire un minor volume di soluzione alla lastra.

2. Aumento della velocità di evaporazione del liquido di bagnatura. Quindi l'emulsione acqua-inchiostro è più controllabile, come la densità dell'inchiostro sullo stampato ed il relativo allargamento del punto. Anche il supporto cartaceo riceve un minor volume di umidità, con riduzione dei problemi di fuori registro legati all'anisotropia dei supporti fibrosi igroscopici.

3. Rivestimento dei rulli in gomma sintetica invece che con materiali igroscopici. Il vantaggio dell'eliminazione dei mollettoni consiste sia nell'assenza di particelle estranee (fili di cotone, ecc.) trasmesse alla forma, sia nel risparmio dei tempi occorrenti per rivestire i rulli.

Il numero dei rulli del gruppo bagnatore con alcool viene ridotto nella quasi totalità dei sistemi, per l'aumentata velocità di evaporazione del liquido.

L'unico rullo bagnatore può essere a contatto direttamente con il gruppo inchiostratore, funzionando contemporaneamente sia come bagnatore sia come primo rullo inchiostratore. L'emulsione acqua inchiostro è volutamente provocata, per la relativa facilità di controllo della miscela acqua-alcool. Si accenna, brevemente, ad alcuni sistemi di bagnatura ad alcool.

10.3.3. Sistema Dahlgren
E uno dei più usati nel Nord America, con applicazioni nella trasformazione di macchine tipografiche da bobina in macchine Di-litho. li sistema Dahlgren (fig. 137) prevede un rullo bagnatore, a contatto diretto con il gruppo inchiostratore, funzionante anche come primo rullo inchiostratore. Il rullo, rivestito in gomma, è anche direttamente a contatto con il rullo bagnino, a sua volta con superficie cromata. La regolazione del flusso della soluzione acqua-alcool è operata attraverso la regolazione della pressione con cui un rullo dosatore preme sul rullo duttore. L'interferenza del rullo dosatore può essere regolata con la variazione della pressione su uno dei lati o sul centro, modificando conseguentemente lo spessore della pellicola del liquido di bagnatura.

10.3.4. Sistema Harris Micro-flò
Il sistema Harris Micro-flò (fig. 138) è analogo a quello Dahlgren. In Italia viene applicato sulle macchine offset OMCSA. Il sistema Miehle Matic presenta la particolarità del rullo bagnatore non a contatto con il gruppo dell'inchiostrazione (fig. 139); inoltre un rullo dosatore lamina lo strato di liquido sul rullo bagnatore.

10.3.4. Sistema ROLAND-matic
Il gruppo di bagnatura ROLAND-matic prevede cinque rulli (fig. 140). Le particolarità del sistema sono:

  • - un ruolo livellatore supplementare a contatto con il rullo bagnatore;
  • - il gruppo della bagnatura non è a contatto diretto con il gruppo della distribuzione dell'inchiostro;
  • - la regolazione del flusso del liquido bagnatore da parte del rullo dosatore (fig. 141) avviene modificando il parallelismo tra il suo asse e quello del rullo bagnino, come in altri sistemi;
  • - la quantità d'alcool isopropilico consigliata nella soluzione è intorno al 15%, inferiore alle percentuali usate con sistemi a minor numero di rulli del gruppo di bagnatura.
10.3.5. Sistema Alcolor
Il sistema dell'Heidelberg (fig. 142) prevede le seguenti particolarità:

  • - il rullo dosatore (b in fig. 142) svolge contemporaneamente le funzioni di regolatore del flusso del liquido e di trasmettitore dello stesso;
  • - Il gruppo di bagnatura è direttamente a contatto del gruppo d'inchiostrazione;
  • - l'innesto della bagnatura avviene automaticamente (con la procedura indicata in fig. i43) con lo scopo di rendere meno intenso e improvviso l'afflusso del liquido di bagna tura sulla lastra.

11. Organi per l'uscita del foglio

Hanno la funzione di afferrare il foglio stampato, trasportalo fino alla tavola di raccolta e depositano, formando una pila ben rismata, ove i fogli si sovrappongano esattamente l'uno all'altro.

Per il prelievo dei fogli dagli organi di stampa il mezzo più usato è costituito da organi di presa, detti pinze, costituiti da una parte d'appoggio denominata battuta (B) ed una parte che si apre e si chiude, ruotando attorno ad una cerniera, detta pinza (A) (fig. 144). Le pinze, in numero crescente col crescere del formato massimo della macchina, distano l'una dall'altra alcuni centimetri e sono portate da un complesso formato da un albero porta pinze e da una traversa porta battute (fig. 145).

L'albero porta pinze, durante la fase di presa del foglio. è comandato da camme con profilo idoneo (fig. 146 A e B). Le pinze eseguono la presa del foglio ruotando di una frazione di arco superiore a quella necessaria per toccare la battuta. Tale quantità è detta precarico e corrisponde alla penetrazione che avrebbe la pinza nella battuta se non ci fosse quest'ultima.

E molto importante che all'atto del trasferimento del foglio gli organi cedenti (pinze del cilindro di stampa) e gli organi riceventi (pinze del trasportatore a catene) restino serrati contemporaneamente per un tratto di alcuni millimetri: la presa contemporanea impedisce che il foglio risulti abbandonato.

L'insieme delle barre citate è generalmente sostenuto agli estremi da due catene a circuito chiuso che, grazie al loro movimento, costituiscono l'organo trasportatore.

E necessario che il foglio raggiunga la tavola di raccolta con la faccia stampata ben visibile onde l'operatore possa continuamente sorvegliare la stampa.

Quando il gruppo mettifoglio e d'uscita fogli sono disposti dallo stesso lato della macchina, la parte stampata del foglio risulterà necessariamente rivolta verso il basso. Si debbono perciò usare dispositivi per il ribaltamento del foglio, già visti nel capitolo relativo alle macchine tipografiche. Nelle macchine offset non esiste tale problema, perché il mettifogli è sempre sistemato dalla parte opposta all'uscita fogli, quindi il lato stampato del foglio risulta verso l'alto in uscita fogli.

L'uscita fogli nelle macchine da ufficio o di limitata produzione consiste solamente nel distacco del foglio dal cilindro stampa mediante linguette, segue la spinta del foglio mediante due rotelle poste ai suoi lati, per farlo giungere alla tavola di ricezione per effetto della sua inerzia.

Nelle macchine offset di medio e grande formato sono previsti due sistemi di raccolta del foglio: «a bassa pila», con catene di uscita disposte all'incirca orizzontalmente, e «ad alta pila»; il percorso delle catene, in quest'ultimo caso, prevede la risalita del foglio, con tavola di raccolta molto più alta del punto di uscita del foglio dal gruppo stampante.

Le catene su cui sono fissate le barre delle pinze poggiano su guide fisse d'acciaio oppure di materiale plastico, per favorire la silenziosità dell'insieme. Le catene prelevano il moto da ruote dentate poste agli estremi delle stesse, al termine della tavola del leva fogli ed a contatto del cilindro di pressione. Nell'afferrare il foglio da quest'ultimo cilindro, le catene, compiono una rotazione di 1805 e prelevano il foglio con la stampa fresca rivolta verso l'interno; esistono, perciò, problemi di strisciamento dell'inchiostro fresco contro l'albero dell'ingranaggio di comando delle catene. In molte macchine si sono montati dei settori circolari, dei rullini o dispositivi analoghi di supporto al foglio durante la rotazione, ciò consente una minima superficie di contatto tra settori e foglio appena stampato, chi evita imbrattature della superficie del foglio (fig. 147).

Un dispositivo particolare, brevettato dalla Roland, prevede l'uso di un cuscino d'aria in uscita dal tamburo (fig. 148) su cui avviene la rotazione del foglio. Quando si ristampa su tutta la superficie del foglio, il dispositivo è particolarmente utile, perché altri sistemi meccanici striscerebbero sui grafismi.

Il flusso pneumatico attraverso il mantello permeabile all'aria sostiene la superficie del foglio appena stampato, mentre esso viene sottoposto alla rotazione di 1805 dalle pinze montate sulle catene (fig. 149).

Un dispositivo utilizzabile nelle macchine ad alta pila per facilitare sia la rismatura dei fogli sulla tavola di uscita, sia per spianare la superficie del foglio è il cosiddetto stendifogli. Esso è costituito da due barre di acciaio levigato, poste trasversalmente alla direzione del moto del foglio, tra le quali viene creata una depressione (fig. 150). Con fogli stampati su tutta la superficie e/o con grammatura bassa, il dispositivo stendifogli opera per contrastare arrotolamenti al bordo posteriore dei fogli e per facilitare la spianatura dei medesimi (fig. 151).

Sulla tavola di uscita fogli sono disposti diversi organi meccanici per facilitare l'impilamento corretto, tra cui i rismatori frontali e laterali, che sono dotati di un movimento di va e vieni.

Sulla tavola d'uscita fogli ha luogo l'apertura delle pinze collegate alle catene per il rilascio del foglio. Il comando d'apertura delle pinze avviene tramite una camma, la cui posizione può essere modificata per anticipare o ritardare il comando pinze in funzione della velocità della macchina e della rigidità del foglio.

Sulla coda del foglio agiscono i frena-fogli, costituiti da dischi metallici forati (fig. 152), ruotanti a velocità inferiore a quella dei fogli, attraverso i quali viene aspirata aria. Il foglio trascinato dalle pinze montate sulle catene viene rallentato dall'azione aspirante degli anelli frena-fogli.

Nel caso di carte troppo flosce oppure dotate di troppa rigidità il dispositivo di rallento-fogli può rivelare i suoi limiti. specie se non esiste la possibilità di regolazione dell'intensità del flusso d'aria aspirato.

11.1. Dispositivi di taglio e di perforazione

Sono situati tra il gruppo stampante, l'ultimo nel caso di macchine pluricolori, e l'uscita fogli. Sono costituiti da dispositivi che agiscono parallelamente al senso di avanzamento del foglio, operando generalmente solo con perforazioni o taglio rigorosamente rettilinei. Le lavorazioni complementari quali la fustellatura, la cordonatura, ecc. sono destinate a macchine appositamente costruite, generalmente operanti mediante platina.

I dispositivi di taglio e/o perforazione, trovano applicazione non solo nelle macchine di grande formato, ma anche in quelle minori, adatte alla produzione di lavori commerciali, fatture, etichette, ecc. Si possono anche sistemare altri dispositivi per esempio per la numerazione, sia parallelamente al senso di avanzamento del foglio sia perpendicolarmente ad esso. Di queste ultime macchine si accennerà in altra parte. Il dispositivo di perforazione (fig. 153) è costituito da una rotella portante alla periferia una serie di lame segmentate. La rotella può essere appoggiata a settori circolari; con il passaggio del foglio si produrrà sulla superficie una perforazione a tratti.

Il dispositivo di taglio è formato da una rotella portante lungo tutta la sua periferia una adatta lama (fig. 154). Essa può essere abbassata su una controruota dotata di una scanalatura in cui si inserisce la lama della rotella. Con l'inserimento del foglio si ottiene il taglio dello stesso in due parti. E una lavorazione utilizzata prevalentemente per la spartitura in macchina di segnature stampate in doppio, in bianca e volta assieme, ecc. Sulla tavola di uscita fogli esisteranno dispositivi per favorire la formazione di pile separate sullo stesso bancale.

11.2. Dispositivo antiscartino

Il termine antiscartino deriva dall'antica necessità dei tipografi di frapporre tra due copie stampate un foglio di carta per evitare la controstampa del foglio sottostante sulla volta del foglio superiore. Tale operazione era detta «cartinare». Successivamente, quando l'inchiostro era essiccato, si procedeva a «scartinare», ovvero ad estrarre i fogli di carta interposti tra quelli della tiratura. Dopo la prima guerra mondiale furono introdotti spruzzatori sia di materiale liquido, sia in polvere, sull'uscita fogli, aventi la funzione di creare uno strato inerte, microscopico, che evitasse la controstampa. Di qui il termine curioso di «antiscartino», a significare l'abolizione della noiosa operazione di estrazione dei «cartini».

Il consueto dispositivo antiscartino è posto nei pressi dell'uscita fogli ed è costituito da una serie di condotti regolabili in posizione, collegati ad un serbatoio di materiale pulverulento, per esempio talco, da cui fluisce, al passaggio di ogni copia stampata, una piccola quantità di polvere per azione pneumatica. Nonostante i continui progressi nella formulazione degli inchiostri, salvo poche eccezioni, l'uso della polvere antiscartino è indispensabile, specie nella stampa di superfici estese.

La quantità in eccesso di polvere antiscartino dispersa sulla superficie del foglio può avere notevole importanza nel caso di stampa di lavoro pluricolore su macchine mono o bicolori. Può verificarsi che l'eccesso di polvere sia incorporata nell'inchiostro, ancora fresco, dei primi colori, con difficoltà di deposito degli inchiostri dei colori successivi ai primi.

Esternamente al settore di uscita-fogli sono posti i comandi della macchina, su un apposito pannello in alto o lateralmente alla pila: infatti il controllo della tiratura avviene in questa posizione; l'operatore deve avere l'opportunità di agire rapidamente sulla macchina, all'uscita fogli. Analogamente a quanto avviene nel mettifogli, esistono dispositivi per estrarre la pila di fogli stampati senza fermare la macchina (levafogli non stop). Specie con i cartoni lo spessore del foglio rende oneroso il fermo macchine, per i continui prelievi dalla pila di fogli stampati. Esistono dispositivi costituiti da una rastrelliera (fig. 155), nell'uscita-fogli a bassa pila. tale dispositivo viene inserito in apposite guide quando la pila di fogli stampata è quasi completa. Su di essa si accumulano i fogli mentre l'operatore provvede alla sostituzione della tavola del leva fogli. Sfilando la rastrelliera, i fogli depositati su di essa, cadono per gravità sulla tavola del leva fogli. Un dispositivo automatico di leva fogli non-stop è formato da una serie di rulli collegati ad un telaio (fig. 156) che, con apposito comando, scorrono sulla pila di fogli stampati per supporre i nuovi fogli, mentre l'operatore provvede alla sostituzione della tavola del leva fogli.

Il tempo con cui può avvenire l'operazione è proporzionale alla velocità della macchina da stampa ed inversamente proporzionale allo spessore dei fogli in tiratura.

Ad esempio un cartoncino di spessore 0,4 mm, stampato ad una velocità di 10.000 fogli/ora, raggiunge uno spessore di 30 cm sul levafogli non-stop in circa 6 minuti. Ovviamente diminuendo la velocità di tiratura oppure lo spessore del foglio in tiratura, aumenta il tempo a disposizione per la sostituzione della pila. Il dispositivo levafogli non-stop è particolarmente indicato nella stampa di fogli spessi con alte tirature.

12. Macchine offset pluricolori e convertibili

12.1. Generalità

La disposizione di due o più elementi stampanti in linea ha condotto alla costruzione di macchine pluricolori da foglio, la cui particolarità consiste nella stampa successiva di tutti i colori su una facciata del foglio.

Molte di queste macchine, però, sono attrezzate anche per il ribaltamento del foglio tra gli elementi stampanti, per cui possono fornire o stampati impressi a più colori su un solo lato del foglio, oppure stampati impressi su entrambe le facce del foglio. Dotando una macchina quadricolore di un dispositivo di conversione intermedio, si può acquistare una maggiore flessibilità nella programmazione della produzione.

Benché sia difficile tracciare una linea di demarcazione netta tra macchine offset pluricolori e convertibili, perché molte delle prime possono essere dotate di dispositivo d'inversione del foglio, per ragioni didattiche le macchine da stampa trattate di seguito saranno divise in: pluricolori, convertibili e per la stampa bianca e volta.

Nonostante nelle macchine pluricolori esista il vantaggio di una sola squadratura del foglio sulla tavola di puntatura, possono verificarsi inconvenienti nel trasporto del foglio da un elemento all'altro.

Attualmente vengono usati inchiostri a rapida essiccazione, per i quali l'intervallo di tempo che intercorre tra il deposito dell'inchiostro e la formazione di uno strato pellicolare protettivo sulla sua superficie è piccolo, comunque non ridottissimo. Nelle stampe pluricolori il foglio, entrando nel secondo elemento, si presenta con la superficie del primo strato d'inchiostro non ancora protetto da un film consistente. Il secondo inchiostro viene depositato, perciò, su una superficie umida, e può mescolarsi con il precedente, alterando la tonalità del colore.

Se il foglio non mantiene il registro durante il trasferimento tra due elementi successivi, si ha il fenomeno dello sdoppiamento del puntino; infatti l'inchiostro stampato per primo, controstampa sul telo gommato dell'elemento successivo, conseguentemente, se il foglio successivo non si presenta nella stessa posizione del precedente, preleva dal tessuto gommato l'inchiostro controstampato non a registro. Si ha, in definitiva, sopra a questo foglio, sia la stampa normale del puntino, sia un'alonatura dovuta alla controstampa da parte del secondo tessuto gommato. Lo sdoppiamento del puntino è un fenomeno più grave del normale errore di registro, conseguente a più passaggi su una monocolore, perché il puntino, oltre a trovarsi «fuori posto», allarga la sua area, alterando il colore.

La tecnologia attuale ha, comunque, introdotto numerosi accorgimenti meccanici per il mantenimento del registro nel trasporto del foglio tra due elementi di una macchina da stampa (aumento del numero di pinze di tenuta del foglio, regolazione radiale delle pinze in funzione dello spessore del foglio da stampare, ecc.). La logica dei costruttori di macchine offset pluricolori ha seguito due schemi diversi: la struttura ad elementi stampanti con tre cilindri e la struttura ad elementi a cinque cilindri per ogni gruppo di stampa. Dei due sistemi si darà cenno più avanti.

12.2. Macchine offset pluricolori

Le macchine offset pluricolori possono essere costituite da due, quattro, cinque, sei elementi stampanti. Il vantaggio delle macchine pluricolori, relativamente alle monocolori, è il forte aumento di produttività. Di conseguenza si realizza un minor consumo di fogli nella fase di avviamento, un maggior controllo tecnologico sul prodotto finito (sovrapposizione dei colori, trapping, registro, ecc.), riduzione dei costi del personale, ecc.

Possono nascere, però, inconvenienti nella stampa dell'inchiostro degli elementi successivi al primo, poiché l'inchiostro depositato dal primo elemento sul foglio non è ancora essiccato (stampa «umido su umido»). Come si è detto, sul telo gommato dei colori successivi al primo si deposita uno strato del colore precedente. La conseguenza più evidente è l'allargamento dei punti dei colori stampati per primi, oltre a fenomeni di sdoppiamento dell'immagine, quando il trasporto del foglio da un elemento all'altro non avviene entro tolleranze molto ristrette.

L'allargamento dei punti si origina dallo schiacciamento dovuto alla pressione tra il cilindro del telo gommato e il cilindro di pressione. Il fenomeno è provocato da numerosi fattori presenti anche nelle macchine monocolori. Nelle macchine pluricolori l'allargamento del punto è però esaltato dal numero degli elementi di stampa, perché lo strato d'inchiostro depositato per primo sul foglio è via via parzialmente trasmesso ai teli gommati degli elementi successivi. I fogli stampati in seguito riceveranno uno schiacciamento e un conseguente allargamento del punto non solo al momento della stampa nel primo elemento, ma anche dai teli gommati successivi.

Il fenomeno dello schiacciamento del punto è attenuato se l'intervallo di tempo tra due stampe successive è sufficiente, per cui, usando inchiostri adatti, il foglio si presenta all'elemento di stampa successivo con l'inchiostro parzialmente protetto da una pellicola allo stato di gel. La successione dei colori di stampa è di fondamentale importanza per i fenomeni di rifiuto o accettazione dei colori sovrastampati (trapping). Alcuni inchiostri della serie quadricromica tendono a rifiutare un ulteriore deposito (trapping) nel caso di fondi vicini al 100% di copertura.

Un altro inconveniente tipico delle offset pluricolori è il fenomeno detto «fan out» o «sfarfallamento in coda». Esso si manifesta quando il foglio tende a deformarsi in coda durante la stampa, con conseguente perdita di registro. E da imputarsi ad un effetto combinato della presenza dell'umidità della bagnatura, che tende a rigonfiare la carta particolarmente in senso perpendicolare a quello di fibra, della non perfetta rettilinearità del bordo del foglio dal lato pinza e della calandratura che il foglio subisce fra i cilindri del telo gommato e di pressione durante la fase di stampa. Il fenomeno di sfarfallamento in coda si esalta via via che si stampano i successivi colori, per cui le ultime impressioni sono le più deformate.

Si sono tentati diversi metodi per rimediare allo sfarfallamento in coda. ma il più efficace sembra essere quello di deformare, mediante opportuni dispositivi meccanici, il bordo anteriore del foglio. prima dell'entrata in stampa di ciascun colore, in modo da provocare, per effetto della calandratura fra i cilindri, una deformazione del foglio uguale e contraria a quella che la carta tenderebbe ad assumere spontaneamente (fig. 157).

12.2.1. Sistema a tre cilindri
Il gruppo stampante è costituito da un cilindro portalastra, da quello del telo gommato e del cilindro di pressione, come nelle offset monocolori. E una delle soluzioni costruttive più usate; per realizzare la macchina pluricolore, vengono affiancati diversi elementi a tre cilindri (fig. 158).

Il foglio viene trasportato da un elemento all'altro mediante tamburi di trasferimento. dotati di pinze. Il numero dei tamburi è necessariamente dispari, affinché il lato del foglio impresso da un elemento sia stampato dallo stesso lato nel successivo. Il trasferimento mediante cilindri pone alcuni problemi. Ad esempio il numero di tamburi eccessivo, se da un lato è vantaggioso per aumentare il tempo di stabilizzazione dell'inchiostro, dall'altro aumenta anche il numero degli scambi-carta, con probabilità maggiori di fuori registro.

Inoltre il tamburo di trasferimento intermedio avrà a contatto della sua superficie il lato del foglio appena impresso. con pericoli di danneggiamento della superficie del foglio per deposito o strisciamento dello strato d'inchiostro sulla superficie del cilindro di trasferimento. Per ovviare al problema molti costruttori hanno rivestito i settori circolari posti sui tamburi di trasferimento con materiale repellente agli inchiostri, altri hanno brevettato dispositivi pneumatici per mantenere il foglio disteso durante la rotazione dei tamburi.

Alcune case hanno scelto un solo tamburo di trasferimento tra due elementi di stampa (fig. 159); la maggioranza ha scelto però tre tamburi di trasferimento. lì numero dei tamburi è legato anche a problemi di accessibilità agli organi stampanti.

Il trasferimento del foglio tra gli elementi di una macchina offset pluricolore è stato sfruttato per realizzare macchine convertibili (v. oltre), utilizzando o il secondo o il terzo tamburo, nelle macchine con tre cilindri di trasferimento; soluzioni diverse s'impiegano per le macchine con un solo cilindro di trasferimento.

12.2.2. Sistema a cinque cilindri
Tale macchina offset è composta da uno o più elementi in cui due gruppi di stampa, composti dal cilindro portalastra e quello del telo gommato ognuno, interferiscono con un solo cilindro di pressione. Ogni elemento è assimilabile ad una macchina offset da foglio bicolore. La macchina risulta molto più compatta relativamente al sistema a tre cilindri (fig. 160).

La macchina offset da foglio a cinque cilindri offre alcuni vantaggi e alcuni svantaggi; si elencano brevemente.

Il foglio afferrato dalle pinze dell'unico cilindro di pressione, subisce il trasferimento dell'inchiostro da parte dei due teli gommati in rapida successione, in circa un decimo di secondo. Sono evidenti i pericoli di aderenza del foglio sul secondo telo gommato (fig. 161), mentre avviene lo scambio carta tra le pinze del cilindro di pressione e il sistema di trasferimento.

Anche l'essiccamento dell'inchiostro non può assolutamente avvenire per assorbimento selettivo della frazione più fluida nel tempo che intercorre tra la stampa del primo strato d'inchiostro e il secondo. Quindi il fenomeno di trasporto dell'inchiostro sul secondo telo gommato da parte del foglio appena stampato viene esaltato, con conseguente accentuazione dell'allargamento dei grafismi.

Un indubbio vantaggio del sistema a cinque cilindri è costituito dalla maggiore sicurezza del registro tra i due colori stampati nel medesimo elemento. Infatti le pinze del cilindro di pressione trattengono il foglio per la durata di entrambe le impressioni. Il foglio viene ceduto al sistema di trasferimento solo dopo aver iniziato e portato avanti la stampa con il secondo telo gommato.

Il trasferimento del foglio tra due elementi successivi può avvenire mediante catene dotate di speciali pinze montate su solide barre (wagen della Roland); oppure i carri pinze sono montati su catene che collegano gli elementi di stampa successivi (fig. 162). Non esistendo tamburi di trasferimento, la superficie del foglio non può avere attriti con altre superfici, con minori pericoli di danneggiamento della pellicola d'inchiostro fresco nel trasferimento da un elemento all'altro. La superficie appena stampata si presenta con il lato verso un organo di trasferimento solo quando viene afferrata dal carro pinze (figg. 144. 145) in uscita dall'elemento di stampa ed il foglio è costretto a subire una rotazione considerevole (circa 1505) per cui il tamburo è dotato di un sistema pneumatico per distanziare il foglio dalla sua superficie. Il tempo che intercorre affinché il foglio arrivi al secondo elemento è relativamente lungo il che favorisce la stabilizzazione degli inchiostri polidispersi.

Le maglie delle catene a cui sono collegati i carri-pinze, benché composte da strutture molto resistenti, abbisognano di manutenzione periodica, affinché sia garantito il corretto trasferimento a registro dei fogli tra due elementi di una macchina.

Una soluzione diversa per il trasferimento del foglio è costituita dall'uso di un solo tamburo tra i due elementi (fig. 163). Poiché il lato stampato dai primi due colori è rivolto verso la superficie del tamburo di trasferimento, la ditta costruttrice ha previsto un sistema pneumatico per evitare striciamenti del foglio, in fase di trasferimento, sulla superficie del cilindro intermedio. Da notare che il diametro del cilindro di pressione è doppio relativamente a quello dei cilindri del telo gommato e portalastra. Il fenomeno di aderenza del foglio al tessuto gommato viene perciò ridotto, sia perché le pinze del cilindro di pressione svolgono la loro opera di trazione tangenziale agendo solo relativamente ad un gruppo di stampa per volta, sia perché aumentando il diametro del cilindro di pressione si permette al foglio, al momento dello scambio carta tra il cilindro di pressione e quello di trasferimento, di essere uscito dalla fase di stampa. Il tempo intercorrente per le due impressioni corrisponde a tre cicli di stampa, grazie al diametro doppio dei cilindri di pressione e di trasferimento, ciò favorisce la stabilizzazione dell'inchiostro.

12.3. Organi di trasferimento del foglio

Nelle macchine offset da foglio pluricolori il trasferimento del foglio da un elemento stampante all'altro viene effettuato mediante una serie di pinze montate su cilindri intermedi, oppure con una serie di pinze montate su catene.

Quando un foglio passa da una serie di pinze (ad esempio sul cilindro di pressione) aduna succesiva (ad esempio quelle delle catene), avviene il cosiddetto «scambio carta»

È necessario che ciò abbia luogo in modo controllato e precisamente:

  • 1. le pinze che ricevono e quelle che cedono il foglio devono avere un tratto di percorso durante il quale tengono contemporaneamente ed uniformemente il foglio, per qualsiasi suo spessore;
  • 2. l'istante di chiusura delle pinze dev'essere costante per qualsiasi velocità e carico di molla;
  • 3. tra gli appoggi che lasciano il foglio e quelli che lo ricevono ci dev'essere esattamente una luce uguale allo spessore del foglio;
  • 4. la fasatura degli organi che collaborano allo scambio dev'essere perfetta.
La condizione 1 garantisce uno scambio non «volante», tale che il foglio resti sempre tenuto dalle pinze di uno o dell'altro degli organi che partecipano allo scambio e per conseguenza non si abbia variazione di registro. Normalmente le pinze montate sulle macchine offset moderne sono robuste e molleggiate singolarmente e questo per garantire la tenuta del foglio, anche se una o più pinze non sono state perfettamente registrate o se, per cause naturalmente accidentali, hanno perso la loro registrazione.

La condizione 2, ovvero che la chiusura delle pinze avvenga al momento opportuno e con legge prefissata, viene realizzata solamente affidando al profilo della sagoma (camme), la chiusura delle pinze e alle molle l'apertura (fig. 164). In alcune macchine capita il contrario: è la molla che le fa chiudere ed la pista della sagoma su cui scorre il rullino che le fa aprire.

Per garantire la condizione 3 si può dotare la macchina di un dispositivo adatto a regolare gli appoggi delle pinze (battute). Nelle macchine pluricolori è particolarmente sentito il problema di adattare le battute ai diversi spessori di carta, perché gli organi di trasporto del foglio sono numerosi e ad ogni scambio carta si possono manifestare ondulazioni, quando le battute delle pinze non sono registrate per lo spessore del foglio.

Durante l'istante di scambio, infatti, se la luce tra le battute dei due organi di trasferimento è superiore od inferiore allo spessore del foglio, esso viene deformato con una leggera ondulazione quando viene tenuto contemporaneamente dalle due serie di pinze, di conseguenza si ha un restringimento del foglio ai lati (figg. 165, 166).

Per ovviare a ciò è necessario rendere le battute registrabili in funzione dello spessore della carta, allo scopo di garantire allo scambio tra due cilindri una luce tra gli appoggi uguale allo spessore della carta (fig. 167).

Nelle macchine offset le più frequenti cause di fuori registro sono provocate da un'azione imperfetta delle pinze che prelevano e che cedono il foglio, sia per le vaste ondulazioni che avvengono sul bordo anteriore del foglio (se le battute non sono registrate), sia per sfasamenti circonferenziali o anche assiali che si possono manifestare tra i due organi durante lo scambio. La condizione 4 è meglio garantita se gli organi che collaborano negli scambi (cilindri di pressione, curletti, pinze oscillanti) sono provvisti di settori dentati situati in corrispondenza dei cambi pinza, che ingranano tra loro senza gioco durante lo scambio.

Le pinze che trattengono il foglio durante la stampa, oltre ad esercitare un forte carico sulla punta, hanno sovente la superficie di tenuta irruvidita con speciali procedimenti, per garantire una buona presa sulla carta. Questa, essendo sottoposta durante la fase di stampa all'azione combinata di trazione da parte del tiro dell'inchiostro e del telo gommato, tende a rimanere aderente a quest'ultima e potrebbe muoversi sotto le pinze in presa del cilindro di pressione, con conseguente perdita del registro nello scambio o, addirittura, sfilarsi e finire, ad esempio, tra i rulli dell'inchiostrazione (fig. 168).

12.4. Macchine offset da foglio convertibili

Si tratta di particolari macchine offset da foglio pluricolori, in cui è possibile ribaltare il foglio all'interno della macchina stessa, per mezzo di dispositivi automatici, per la stampa su entrambi i lati. La macchina offset può essere usata sia come pluricolore sia per la stampa bianca e volta.

La «conversione» del foglio consiste nel suo ribaltamento di 1805 parallelamente al lato pinza dello stesso, affinché venga afferrato dal bordo di retropinza dai meccanismi di trazione successivi e presenti il lato del foglio non ancora stampato verso la superficie del telo gommato dell'elemento di stampa successivo.

I lati del foglio sono definiti bianca e volta. Il modo di girare il foglio per la stampa della volta mutando il bordo della pinza con quello della retropinza è tecnicamente detto «girare in 12». La maggioranza delle macchine offset pluricolori da foglio è dotata di due o quattro, cinque o sei, elementi di stampa. Fornendo una macchina bicolore di un dispositivo intermedio di conversione, essa acquista maggiore flessibilità produttiva; si possono avere indifferentemente stampati a due colori su un lato oppure un colore in bianca ed uno in volta ad ogni passaggio in macchina.

Il perfezionamento meccanico dei dispositivi di conversione garantisce una notevole precisione dell'operazione, le cui tolleranze sono maggiormente legate al comportamento anisotropo e generale della carta, piuttosto che alle caratteristiche meccaniche dei dispositivi.

Il ribaltamento del foglio nella macchina offset pluricolore genera problemi nel trattamento della superficie del foglio su cui è steso un film d'inchiostro umido. Essa può essere danneggiata per attrito o per compressione contro altri organi della macchina. I punti della macchina in cui la superficie del foglio con inchiostro umido può essere soggetta a danneggiamenti sono: il dispositivo stesso di conversione, il cilindro di pressione degli elementi successivi a quello in cui il foglio viene ribaltato, il percorso d'uscita dei fogli. La superficie del foglio umido è rivolta verso il basso e può essere soggetta ad attriti contro la parte inferiore della macchina sia per effetto del peso del foglio sia perché la sua coda oscilla per mancanza di rigidità.

Anche nei sistemi di trasferimento successivi a quello in cui avviene la conversione possono verificarsi problemi di danneggiamento della superficie del foglio con inchiostro umido; nei sistemi che impiegano tamburi, la superficie stampata in bianca sarà a contatto con la superficie dei tamburi di numero pari; nei sistemi di trasferimento mediante carri-pinze montati su catene tale superficie sarà rivolta verso il basso.

Il foglio sottoposto alla stampa in bianca e volta con macchina offset convertibile, deve disporre di due margini di pinza: infatti il bordo di pinza viene scambiato con quello di retropinza nel dispositivo di conversione.

Nelle macchine a cinque o sei colori, il dispositivo di conversione è posto, generalmente, tra il primo ed il secondo elemento, oppure tra il secondo ed il terzo. Con macchina pluricolore a 5 elementi, se il dispositivo di conversione è posto tra il primo ed il secondo elemento. si potranno stampare sia fogli con cinque colori in bianca, sia un colore in bianca e quattro in volta. L'indicazione tecnica per chiarire le possibilità della macchina pluricolore è, ad esempio 5/0 e 1/4, dove il tratto obliquo indica la divisione tra i colori stampati in bianca e quelli stampati in volta, fornisce indicazioni sul punto in cui si trova il dispositivo di conversione .

I cilindri di pressione a valle del dispositivo di conversione sono rivestiti di materiale repellente all'inchiostro, generalmente cromo, perché la superficie stampata in bianca presenterà verso di essi lo strato umido d'inchiostro.

Generalmente sono necessari sempre almeno due passaggi nell'elemento volta fogli, tra barre porta pinze o tra sistemi pneumatici e una barra di pinze, affinché lo scambio con le pinze del cilindro di pressione successivo avvenga correttamente.

Supporti dotati di un notevole grado di liscio superficiale (carte patinate) non sono molto adatte alla stampa offset convertibile, per l'accentuarsi del fenomeno dell'allargamento del punto e per il possibile deterioramento per attrito dell'inchiostro non ancora essiccato sulle parti della macchina da stampa, ecc.

Gli inchiostri per la stampa in bianca è opportuno siano provati accuratamente, poiché il pericolo di allargamenti del punto è maggiore.

Le diverse case costruttrici che hanno adottato un dispositivo di conversione garantiscono che il tempo per registrare il meccanismo è breve e le operazioni per trasformare la macchina offset da pluricolore in bianca e volta sono semplici.

I fogli non rifilati correttamente nella distanza tra il bordo pinza e quello retropinza possono generare inconvenienti quando sono inferiori al formato registrato sulla macchina. Infatti il bordo pinza e quello retropinza vengono scambiati dal dispositivo di conversione: se il foglio è troppo corto, relativamente alla dimensione circonferenziale registrata sul dispositivo di conversione, può non essere afferrato in retropinza e cadere all'interno della macchina.

Esistono dispositivi di rilevazione della mancanza del foglio per il disinnesto della pressione negli elementi successivi. Entro limiti abbastanza ampi (3-4 mm), i fogli di dimensioni maggiori di quelle registrate nel dispositivo di ribaltamento non influiscono sul registro tra la bianca e volta, perché l'eccesso di carta in più è assorbito dal margine di pinza degli elementi a valle del dispositivo.

12.4.1. Dispositivo di conversione per macchine offset da foglio aventi tre tamburi di trasferimento tra gli elementi stampanti
Tali macchine hanno la caratteristica di possedere il tamburo intermedio di trasferimento di diametro doppio di quello degli altri (fig. 169).

Si descrive un tipico dispositivo di conversione (Miller) che è usato con qualche modifica da diverse altre case costruttrici (fig. 170). Il primo tamburo di trasferimento ospita il foglio con la superficie stampata verso l'interno. Sul tamburo di dimensioni maggiori (di accumulo) sono poste due barre porta pinza: mentre una di queste afferra il foglio dal primo tamburo di trasferimento, l'altra trattiene un secondo foglio per trasportarlo verso il terzo tamburo. Quando il foglio è trattenuto dalle pinze del 25 tamburo, dispositivi pneumatici aspirano il suo bordo posteriore, affinché rimanga aderente alla superficie del tamburo (fig. 171).

Allorché le pinze del 25 hanno compiuto un considerevole arco di cerchio (circa 2705 nel formato massimo di stampa) dal momento in cui hanno afferrato il foglio, rivolgono verso il 35 tamburo il bordo di retropinza del foglio. Il 35 tamburo (volta fogli) è dotato di due barre porta pinze, aventi la caratteristica di poter ruotare attorno al proprio asse. Una barra porta pinze del tamburo volta fogli afferra il foglio dal bordo di retropinza, mentre il sistema pneumatico del tamburo di accumulo non trattiene più il foglio aderente, ma collabora espellendo aria per facilitare il suo distacco dalla superficie.

In questa fase viene cambiata la direzione della velocità del foglio: esso deve rallentare il proprio moto, fermarsi ed accelerare alla medesima velocità precedente, ma in direzione opposta. Le pinze del tamburo di accumulo, comandate da camme, si aprono per permettere al foglio di sfilarsi ed essere sottoposto a trazione da parte delle pinze del tamburo volta fogli. Le pinze di quest'ultimo compiono una rotazione attorno al proprio asse in direzione opposta alla rotazione dello stesso tamburo, per scambiare il foglio con una seconda serie di pinze poste all'interno del volta fogli.

Grazie alla rotazione delle prime pinze e poiché l'accelerazione impartita al foglio in direzione opposta a quella precedente segue una legge assimilabile ad un moto armonico, il movimento di scambio carta, benché relativamente complesso. avviene in condizioni favorevoli. Da notare che la superficie stampata si presenta all'esterno anche nel tamburo volta fogli; se la macchina fosse usata come pluricolore su tale tamburo essa si presenterebbe verso l'interno.

Lo scambio tra le due serie di pinze all'interno del tamburo volta fogli. permette alle ultime pinze di presentarsi in modo corretto al successivo scambio con le pinze del cilindro di pressione dell'elemento stampante la volta.

12.4.2. Dispositivi di conversione in macchine offset pluricolori da foglio mediante unico tamburo di trasferimento tra gli elementi stampanti
Si porta, a titolo d'esempio, un dispositivo utilizzato nelle offset pluricolori OMCSA ed uno impiegato nelle macchine Planeta. Le macchine con un solo tamburo di trasferimento tra gli elementi di stampa offset presentano la caratteristica di possedere un tamburo di diametro doppio relativamente a quello dei cilindri portalastra e del telo gommato. Ciò sia per aumentare il tempo di trasferimento del foglio tra due elementi e permettere una maggiore stabilizzazione dell'inchiostro umido, sia per offrire al foglio in fase di trasferimento, un appoggio di raggio maggiore. Infatti, fogli molto rigidi (la rigidità è, in prima approssimazione, funzione della natura del materiale e dello spessore dello stesso', la grammatura influisce relativamente) quali i cartoncini, si arrotolano con difficoltà attorno a corpi cilindrici di diametro troppo piccolo. Il tamburo di trasferimento è evidentemente dotato di due barre porta pinze, poste a 1805 l'una dall'altra.

In un tipo di dispositivo di conversione (fig. 172) il tamburo di trasferimento è affiancato da un secondo, di diametro uguale al primo, da pinze oscillanti all'interno della macchina e da un sistema pneumatico.

Come illustrato in figura 173, durante il percorso in uscita dal primo elemento di stampa, il foglio viene trasmesso al tamburo di trasferimento. Compiuto un breve arco di circonferenza (circa 805), esso viene scambiato con le pinze del tamburo d'accumulo, con la superficie in cui è depositato il film d'inchiostro umido disposta verso l'esterno. Per tenere il foglio aderente al tamburo d'accumulo, si sfrutta un sistema pneumatico. Il foglio presenta la coda verso le pinze oscillanti, situate tangenzialmente ai due tamburi; queste lo afferrano, lo decelerano, lo accelerano in direzione opposta e lo scambiano con la seconda barra porta pinze del tamburo di trasferimento.

In un diverso sistema di ribaltamento del foglio con un solo tamburo di trasferimento (Planeta), si opera per mezzo dello stesso tamburo, attrezzato con una barra di ventose.

La macchina pluricolore presenta i cilindri di pressione di diametro doppio relativamente a quelli del telo gommato e portalastra (fig. 174).

Sia i cilindri di pressione, sia il tamburo di trasferimento sono dotati di due barre porta pinze, a i 1805 l'una dall'altra. Inoltre il tamburo intermedio dispone di due barre, in grado di oscillare attorno al proprio asse, su cui sono montate ventose, poste vicino alle barre porta pinze (fig. 175).

La funzione delle ventose è di prelevare la coda del foglio. quando è ancora trattenuto dalle pinze del cilindro di pressione dell'elemento della bianca, decelerare il foglio stesso ed accelerano in direzione opposta. ruotando contemporaneamente verso l'interno del tamburo. Quindi le ventose scambiano la coda del foglio con le vicine pinze del tamburo. anch'esse ruotanti attorno al proprio asse.

Da notare che la superficie stampata del foglio, durante il trasferimento, è rivolta verso il basso, estremamente al tamburo: per cui rischierebbe di strisciare contro la parte inferiore della macchina. Per ovviare a tale pericolo, dispositivi pneumatici comprimono aria verso il foglio stesso. in modo da tenerlo aderente al tamburo intermedio.

12.4.3. Dispositivo di conversione nelle macchine offset pluricolori da foglio con trasferimento del foglio mediante pinze su catene
In tali macchine il gruppo di pressione è formato da un sistema a cinque cilindri. Si tratta di elementi di stampa bicolori, a volte collegati anche a elementi monocolori (ad esempio 5/0 e 1/4 come in fig. 176).

Il dispositivo di conversione è disposto tra il termine del trasporto foglio (per mezzo di carri pinze montate su catene) e l'elemento stampante a cinque cilindri. Esso è composto da tre tamburi di trasferimento analoghi a quelli degli altri sistemi di conversione, corredati da un sistema pneumatico (fig. 177).

Sul primo tamburo, i fogli vengono avvolti con il lato stampato in bianca verso la superficie dello stesso, qui vengono sottoposti a trazione da parte dei carri pinze che ancora non hanno lasciato il foglio.

In prima approssimazione, lo schema di funzionamento del dispositivo di conversione con trasferimento del foglio tra gli elementi mediante catene è molto simile a quello con tre tamburi di trasferimento. A prima vista la differenza principale consiste nella sostituzione del primo tamburo di trasferimento con il sistema a catene. In realtà il sistema è più complesso: sia perché sono applicati sistemi di protezione della superficie stampata (pneumatici e meccanici), sia perché il tamburo voltafogli non è l'ultimo di trasferimento, bensì il secondo.

I fogli trascinati dai carri pinze, vengono avvolti sul primo tamburo (fig. 177, tamburo A) con il lato stampato verso la superficie di quest'ultimo. In coda ai fogli agisce un dispositivo di spianatura, costituito da cassette aspiranti, che sono provviste di movimento assiale dalla mezzeria del cilindro verso la periferia, parallelamente all'asse del cilindro (fig. 178), per tenere disteso il supporto. Da parte sua, il 15 tamburo esercita un'aspirazione (depressione) sulla superficie del cilindro: quest'ultima è costituita da microsolchi circonferenziali, tra cui sono posti i fori collegati al sistema pneumatico.

Le scanalature e la rugosità superficiale permettono un contatto puntiforme con la superficie stampata, mentre l'aspirazione pneumatica garantisce la precisione dello scambio successivo.

Quando la coda del foglio è rivolta verso il cilindro volta fogli (B in fig. 177), una barra di pinze rotanti afferra il bordo di retropinza e inizia la rotazione antioraria del foglio stesso. All'interno del cilindro volta fogli avviene lo scambio tra le due barre porta pinze, entrambe rotanti attorno al proprio asse.

Successivamente può avvenire lo scambio con le pinze del tamburo di trasferimento (C in fig. 177), utile a permettere la corretta rotazione nello scambio del foglio con il cilindro di pressione (D in fig. 177). In ultimo il foglio è trasferito alle pinze del cilindro di pressione dell'elemento successivo (D in fig. 177).

Nella conduzione del foglio mediante catene, la superficie stampata è rivolta verso il basso dopo la conversione; quindi può strisciare contro la parte inferiore della macchina con pericolo di danneggiamento della superficie umida. Il costruttore ha previsto, tra gli elementi successivi a quello di conversione, la presenza di un cuscino d'aria, proveniente dal basso della macchina (fig. 179); il flusso pneumatico è regolabile in funzione della rigidità del materiale in corso di stampa. Gli elementi possono essere agevolmente estratti per l'inevitabile loro pulizia.

12.5. Macchine offset da foglio per la stampa in bianca e volta

12.5.1. Generalità
Una discreta percentuale di stampati richiede di ricevere la stampa di un solo colore, generalmente il nero, sui due lati del foglio: settimanali locali, libri, pieghevoli, ecc. Le macchine che permettono la stampa su entrambi i lati del foglio in un solo passaggio sono dette in italia «bianca e volta». «à rétiration» in Francia, «perfector» nei Paesi di lingua inglese. Le macchine da stampa offset bicolori convertibili potrebbero essere comprese in questo paragrafo, ma poiché rappresentano una variazione costruttiva delle macchine offset da foglio pluricolori, sono state inserite in un apposito paragrafo.

Nelle macchine dalla bobina. la stampa su entrambe le facce è diventata una regola, ma anche nel campo del foglio questo indirizzo ha condotto i costruttori a molteplici realizzazioni.

Oltre alle macchine convertibili bicolori offset, le macchine offset da foglio per la stampa in bianca e volta possono comprendere due categorie:

  • - macchine per la stampa in bianca e volta in due fasi successive;
  • - macchine per la stampa in bianca e volta contemporanea.
12.5.2. Macchine per la stampa in bianca e volta in due fasi successive
Si tratta di macchine che non hanno ottenuto molto successo; esse sono costituite da due gruppi di stampa a tre cilindri, stampanti ciascuno un lato del foglio (fig. 180).

La disposizione inferiore dell'elemento della bianca rende difficile l'accessibilità ai cilindri porta lastra e telo gommato, con necessità di spostare i gruppi inchiostratore e bagnatore per poter accedere ai cilindri della bianca.

il passaggio diretto del foglio tra i due cilindri di pressione non permette un tempo sufficiente per la stabilizzazione dell'inchiostro stampato in bianca, che verrà compreso sul mantello del cilindro di pressione della volta durante la seconda stampa.

La superficie del cilindro di pressione della volta è generalmente cromata per ridurre il deposito dell'inchiostro ancora umido.

12.5.3. Macchine per la stampa in bianca e volta contemporanea
Sono costituite da un gruppo stampante composto da due cilindri portalastra e da due cilindri porta telo gommato: questi ultimi esercitano la pressione sul foglio comprimendolo tra loro. Non esistono, quindi. cilindri di pressione (fig. 181).

Una soluzione di questo tipo è possibile solo con macchine a stampa indiretta, poiché i teli gommati della bianca e della volta sono dotati dell'elasticità necessaria per il trasferimento del film d'inchiostro al supporto interposto tra loro.

Gli inconvenienti riscontrabili su macchine per la stampa in bianca e volta in due fasi successive o nelle macchine convertibili. sono notevolmente ridotti nelle offset da foglio per la stampa in bianca e volta contemporanea. Tuttavia, benché il risultato finale sia indubbiamente superiore qualitativamente per i minori problemi legati al deterioramento della stampa, occorrono delle precisazioni collegate al tipo di macchine in oggetto.

Uno dei due cilindri del telo gommato dovrà essere dotato di una serie di pinze e battute per il controllo del foglio durante la stampa: perciò la tensione del telo gommato potrà essere effettuata solo da una sua estremità, mentre nei cilindri normali il tessuto gommato può essere teso da entrambe le estremità.

Il foglio, dopo essere stato stampato, è trascinato dalle pinze del telo gommato fino allo scambio con un tamburo o con le pinze situate sulle catene d'uscita: l'aderenza del foglio al telo gommato è accentuata dal prolungato contatto con il tessuto comprimibile e, nel caso di velocità relative tra la velocità del sistema di uscita e del cilindro gommato, possono verificarsi strisciamenti.

La velocità periferica dei due tessuti gommati dovrà essere particolarmente controllata tramite corretti rivestimenti, poiché in caso contrario i due lati del foglio nella fase di stampa sarebbero sottoposti a forze tangenziali alla superficie, con probabile formazione di sbaveggio.

L'accessibilità all'elemento inferiore è generalmente scarsa: i costruttori hanno in parte ovviato a tale difficoltà dotando la macchina da stampa di tamburi intermedi posti tra la valvola di puntatura ed il gruppo stampante e sistemando al di sotto della tavola stessa l'elemento di stampa inferiore.

Le macchine offset da foglio per la stampa in bianca e volta contemporanea sono generalmente usate per grandi formati, oltre il formato 70x 100 cm, campo in cui i problemi di accessibilità al gruppo di stampa inferiore sono meno avvertiti.

12.6. Caratteristiche tecniche di alcuni modelli di macchine offset da foglio pluricolori

Si accenna, di seguito, ad alcune macchine offset da foglio tra le più diffuse. Si fa presente che tutti i costruttori si riservano ovviamente di apportare modifiche delle caratteristiche tecniche delle macchine illustrate nelle loro pubblicazioni.

Si riporta la tabella 3 delle caratteristiche tecniche principali di macchine offset da foglio fabbricate da diverse ditte. Sono illustrate in tabella macchine offset da foglio con formato massimo intorno ai 70x100 cm.

Si illustrano ora brevemente alcuni modelli delle macchine citate.

Speedmaster (Heidelberg), fig. 182. Si tratta di una serie di macchine nei formati massimi del foglio 52x72 cm e 72x102 cm. Il numero dei colori stampabili, per ogni modello, può essere di 2, 4, 5 e 6 colori. La macchina può essere dotata di dispositivo per la conversione del foglio posto tra il primo ed il secondo elemento, oppure tra il secondo ed il terzo (modelli Perfektor).

I rulli bagnini sono dotati di motori indipendenti, che permettono, variandone la velocità periferica, di controllare l'afflusso d'acqua sulla lastra.

Il corredo di serie di ogni macchina prevede: mettifoglio ed uscita ad alta pila, comando a distanza dall'uscita fogli, stendifogli, raccogligrumi e dispositivo lavacaucciù su ogni unità di stampa.

I cilindri del gruppo stampante sono dotati di fasce a contatto, con corrispondente, accresciuta rigidità ditali organi.

La disposizione dei cilindri del gruppo stampante è caratteristica: l'angolo formato tra le linee congiungenti i centri di rotazione è all'incirca uguale a quello di altri modelli, però disposto sul verso opposto. Il cilindro di pressione è infatti alloggiato dal lato dell'elemento successivo. Pertanto, lo scambio del foglio con il primo tamburo di trasferimento avviene quando il foglio è stampato quasi interamente ovvero per circa 1805 di rotazione del cilindro di pressione.

Il trasferimento del foglio tra due elementi di stampa avviene per mezzo di tre tamburi, di cui quello intermedio ha diametro doppio. L'intervallo tra due impressioni consecutive è, quindi, sufficiente per ottenere una prima stabilizzazione dell'inchiostro sulla superficie del foglio.

Rekord (Roland), fig. 183. Poiché l'elemento standard della macchina Roland è bicolore, con il sistema a cinque cilindri, la componibilità degli elementi per formare una macchina da stampa offset da foglio risulta limitata. La Roland ha sviluppato anche un elemento monocolore, situabile all'inizio della macchina, per cui, oggi, si possono osservare anche macchine a numero di colori dispari.

Dalla tabella 3 si nota che le dimensioni d'ingombro delle macchine Roland sono le più contenute, perché il sistema del gruppo stampante a cinque cilindri permette di compattare la macchina.

La conversione del foglio avviene tra il primo elemento ed il secondo. Il movimento delle pinze oscillanti è eccentrico, con discesa sulla tavola di puntatura quando il cilindro di pressione presenta verso le pinze ancora il mantello ed un tempo per afferrare il foglio sulla tavola di puntatura più lungo, a parità di altre condizioni.

Il trasferimento del foglio tra due elementi stampanti avviene mediante pinze montate su catene. Il tempo di stabilizzazione dell'inchiostro, prima che il foglio venga stampato con un colore successivo, corrisponde a cinque cicli di stampa, quando il trasferimento avviene tra due elementi successivi. Invece, all'interno dello stesso elemento bicolore, la stabilizzazione dell'inchiostro non può avvenire, perché la stampa del colore successivo avviene dopo solo 1/4 circa di ciclo di stampa. Comunque la garanzia di registro è alta, poiché le pinze del cilindro di pressione trattengono il foglio durante l'impressione di due colori nello stesso elemento, mentre i carri pinze montati su catene consentono due soli scambi foglio tra due elementi successivi.

Il dispositivo di conversione, a tre cilindri posti al termine del percorso delle catene, è originale. La struttura della macchina e le soluzioni escogitate dai costruttori non permettono alcune soluzioni, ad esempio una macchina convertibile 3/1 e 1/3: infatti, gli elementi a cinque cilindri permettono solo la soluzione 4/O e 2/2.

Le fasce laterali non sono a contatto: le pressioni possono essere variate tra i cilindri entro una discreta gamma di valori, mediante volantini ed indicatori di pressione.

La velocità della macchina può variare entro limiti molto ampi: ad esempio la velocità minima è di solo 1600 fogli/h, la massima supera i 10.000 fogli/h. All'uscita fogli è disposta una rastrelliera soffiante per agevolare la caduta dei fogli sulla pila.

L'accessibilità al cilindro stampa e del telo gommato degli elementi pari non è molto soddisfacente nelle macchine a cinque cilindri. Infatti tali cilindri sono situati inferiormente al gruppo stampante.

Nebiolo, fig. 184. La famiglia di modelli spazia da formati intorno al 70xl00 (mod. 41) fino a l20xl60 cm circa (mod. 63-L). La componibilità prevede modelli ad elementi standard, da due colori fino a sette, per la stampa in bianca. Per la stampa in volta è previsto l'inserimento di un apposito elemento all'inizio della macchina; sono perciò disponibili nove combinazioni di ogni formato.

Ogni modello è fornito di dispositivo centralizzato per lo spostamento radiale delle battute di tutte le pinze (in funzione dello spessore del supporto da stampare). Le pinze oscillanti sono dotate di rotazione eccentrica.

Poiché il trasferimento del foglio tra due elementi avviene per mezzo di tre tamburi, il tempo di stabilizzazione dell'inchiostro, corrispondente a tre cicli di stampa, è sufficiente.

L'accessibilità ai cilindri del gruppo stampante è abbastanza buona.

Il comando degli elementi è ottenuto mediante un albero longitudinale per mezzo di coppie d'ingranaggi conici spiroidali, una coppia ogni due elementi. Gli sforzi necessari per trasmettere il moto agli elementi successivi al secondo non devono gravare sulle corone dentate di cilindri e tamburi di trasferimento, si avrebbero carichi eccessivi sulle dentature ed il loro consumo prematuro provocherebbe sfasamenti nel registro. La torsione dell'albero longitudinale è controllata da ingranaggi posti sui tamburi di trasferimento che ingranano tra loro nel momento dello scambio del foglio. In questo modo un'eventuale sfasamento della trasmissione del moto da pane dell'albero, provocato dal suo momento torcente al carico applicato, non influisce minimamente sul registro. perché la posizione d'entrata del foglio sui tamburi di trasferimento è rigorosamente costante.

Le fasce non sono a contatto, quindi la macchina risulta elastica.

Planeta (Polygraph), fig. 185. Di struttura robusta (risulta la più pesante tra le macchine portate in tabella 3) compone una serie di macchine prodotte in elementi standard. Particolarità costruttiva è quella di avere un cilindro di pressione di diametro doppio relativamente a quelli del telo gommato e porta lastra. I formati delle macchine offset Planeta variano entro valori simili a quelli della Nebiolo.

L'immissione del foglio in macchina dalla tavola di puntatura avviene con pinze poste sotto la tavola stessa e mediante un tamburo intermedio di trasferimento.

lì trasferimento del foglio avviene con un solo tamburo. però di diametro doppio rispetto a quello dei cilindri porta lastra e del telo gommato. Quindi l'intervallo tra due stampe successive sul medesimo foglio corrisponde a 1,5 cicli. tempo abbastanza breve per permettere la stabilizzazione dell'inchiostro.

Il diametro doppio del cilindro di pressione e del tamburo di trasferimento riduce la curvatura dei fogli con vantaggi notevoli nel caso di fogli rigidi (cartoncini). La macchina è fornibile con dispositivo di conversione sul tamburo di trasferimento.

L'accessibilità ai cilindri del gruppo di stampa è abbastanza buona: la presenza di un solo tamburo tra gli elementi riduce notevolmente lo spazio tra essi.

Ogni gruppo stampa è alimentato con gruppi differenziali dal motore: è una soluzione diversa da quella Nebiolo per gestire il momento torcente dell'albero di trasmissione ed evitare che il moto sia condotto dalle corone dentate dei cilindri di pressione e dei tamburi di trasferimento, con pericoli sulla durata delle dentature delle corone.

TP 104 (Miller), fig. 186. La componibilità dei modelli TP 104 è ottima. come per le macchine ad elementi standard. La famiglia dei modelli TP comprende i formati del 52x74 cm fino al 72x104, attraverso due formati intermedi.

Il trasferimento del foglio tra due elementi successivi avviene con tre tamburi, di cui quello intermedio di diametro doppio, come nell'Heidelberg. Quindi il tempo di stabilizzazione dell'inchiostro è relativamente sufficiente.

L'accessibilità ai cilindri del gruppo stampante ed a quelli di trasferimento è abbastanza buona.

Tra il cilindro lastra e quello del telo gommato le fasce sono a contatto, mentre il cilindro di pressione non ha la fascia laterale a contatto.

L'immissione del foglio avviene con possibilità di correggere il fenomeno dello sfarfallamento in coda.

I modelli TP possono essere dotati del dispositivo di conversione, del cui uso la Miller è stata la prima realizzatrice.

12.7. Dispositivi di sovrastampa

12.7.1. Generalità
La verniciatura dello stampato è un'operazione paragrafica che conferisce allo stesso una maggior resistenza all'abrasione ed alle sollecitazioni meccaniche superficiali, una maggior lucidità superficiale, una maggior scorrevolezza, ecc. Poiché la maggior parte degli stampati su cui è stesa la vernice è costituita da quadricromie (copertine, astucci, carte da gioco, ecc.), è usuale utilizzare per la verniciatura l'ultimo elemento di una macchina offset pluricolore, umido su umido. La vernice è costituita da una lacca o da un prodotto sintetico trasparente, diluito in acqua o alcool, compatibile con inchiostri offset.

Se viene usato l'ultimo elemento di una normale macchina offset pluricolore, la vernice può essere immessa nel calamaio: il suo percorso è relativamente lungo fino allo stampato, dovendo essere trasferita ai rulli laminatori, a quelli inchiostratori, alla lastra, al telo gommato e finalmente allo stampato. Quindi non possono essere usate vernici con brevi tempi d'essiccazione; il risultato è, generalmente, di maggiore lucidità dello stampato. Si può anche utilizzare a tal fine il gruppo della bagnatura; il percorso della vernice risulta più breve per giungere allo stampato, quindi possono essere utilizzate vernici con minor tempo d'essiccazione. In questi due casi, però, il controllo della viscosità della vernice e il suo trasferimento sulla superficie da stampare può porre seri problemi. Inoltre, poiché la vernice è trasferita a tutta la superficie della lastra, il foglio risulterà completamente spalmato, anche nelle eventuali zone da riservare a lavorazioni successive.

Per ovviare a tali inconvenienti, alcune ditte offrono apparecchiature costituiti da miscelatori di vernici collegabili ad apposito calamaio, applicabili all'elemento da stampa offset. Altre ditte propongono di dotare le macchine offset di un apposito elemento spalmatore, inseribile tra l'ultimo elemento di una macchina offset pluricolore da foglio ed il gruppo dei levafogli.

12.7.2. Gruppo spalmatore
L'unità di spalmatura è costituita da (fig. 187):

  • - un rullo cromato, dotato di microalveoli (da 50 a 120 al cm lineare), immerso nella vaschetta della vernice;
  • - un cilindro di pressione;
  • - un cilindro portaforma;
  • - un dispositivo per il controllo della viscosità e per il riciclo della vernice.
Il cilindro portaforma ospita sulla sua superficie una forma rilievografica, generalmente di «linoleum» sagomato opportunamente, a registro con le zone dello stampato da verniciare. Il foglio è controllato dalle pinze situate sul cilindro portaforma.

Con l'uso dell'apposito gruppo spalmatore la superficie del foglio da verniciare può essere delimitata dalla forma: ciò può essere importante per salvaguardare le zone d'incollatura degli astucci.

Esistono vernici in grado d'essiccare molto rapidamente sulla superficie del foglio, fino a permettere l'eliminazione dell'antiscartino. Nel gruppo spalmatore, però, è previsto l'inserimento di un dispositivo a getti di aria calda per facilitare l'evaporazione del solvente della vernice. Il dispositivo spalmatore è inoltre dotato di cappe aspiranti per l'eliminazione dei vapori.

Nel caso di arresto macchina, i primi due rulli continuano a ruotare e la vernice a circolare nell'impianto, per evitare fenomeni di essiccamento sul gruppo.

13. Macchine offset di piccolo formato

Numerose ditte produttrici di grandi macchine industriali ed altre specializzate nella costruzione di piccole macchine, hanno posto sul mercato una serie di modelli di attrezzature di formato carta intorno al 35x50 cm. Quasi tutti i modelli sono dotati di una serie di accessori per lavorazioni di numerazione, perforazione, ecc. Le soluzioni, pur seguendo una linea costruttiva analoga, si caratterizzano per una serie di piccoli particolari, utili sia per lavori di reprografia, sia per fornire attrezzature alternative alle macchine tipografiche nelle piccole aziende.

E da notare che alcune di queste macchine sono assi milabili a grandi macchine offset, in cui il formato è stato ridotto per permettere lavorazioni apposite. Altre macchine sono adatte a centri reprografici, in cui la qualità di stampa non raggiunge alti livelli, per fornire, però, lavori celeri ed a costo contenuto. Quasi tutte le macchine offset di piccolo formato sono dotate di dispositivi (in uscita fogli) per la numerazione, la stampa di piccole forme rilievografiche e la perforazione; altre possono eseguire semplici operazioni di cartotecnica come cordonatura, taglio, ecc. La presenza sul mercato di macchine offset di piccolo formato ha permesso da un lato a numerose tipografie di ristrutturare le proprie attività per lavori commerciali, dall'altro la nascita di numerosissimi centri stampa all'interno di aziende di medie e grandi dimensioni, nonché il fiorire di centri reprografici per un servizio rapido di prodotti stampati. Si descrivono, di seguito, alcune di queste macchine.

13.1. GTO della Heidelberg

E prodotta per la stampa del formato carta di cm 33x46, oppure nella versione di 36x52 cm. Il formato minimo stampabile, con dispositivo extra, è di 8x14 cm, mentre senza alcun dispositivo può immettere in macchina fogli di formato minimo 10,5x18 cm. La struttura della macchina è del tutto simile a quella di una macchina offset da foglio (fig. 188).

A contatto del cilindro di pressione, però, possono essere montati su un apposito albero settori circolari per imprimere rilievograficamente piccole forme, oppure numeratori appositi, filetti perforatori o fustellatori, ecc. Un blocco di rulli, completo di calamaio, è utilizzato per l'inchiostrazione delle forme rilievografiche. Benché la macchina GTO sia diffusa come monocolore dal 1972, sono oggi presenti anche modelli pluricolori (fig. 189), dotabili di dispositivi di conversione, in cui il gruppo di stampa rilievografica è posto al termine degli elementi offset.

13.2. Praktika della Edelmann (licenza M.A.N.-Roland)

Strutturalmente e simile alla GTO: le differenze riguardano soprattutto il formato carta, che varia tra 35x50 cm e 46x65 cm, ed il sistema di immissione del foglio in macchina (fig. 190).

La tavola di puntatura (fig. 191) ospita nastri forati che trattengono i fogli per aspirazione pneumatica. La registrazione laterale del foglio avviene con squadra pneumatica, secondo la tecnologia Roland. Sulla tavola di puntatura non sono più visibili e utilizzati strumenti quali pinze o rullini e nastri per condurre i fogli ai margini frontali. Poiché il mettifogli è a squame, la velocità di tiratura raggiunge punte elevate. E interessante notare la serie di soluzioni antinfortunistiche adottate per la protezione dei cinematismi (sbarre di protezione che segregano i rulli ed i cilindri, molto robuste e sufficientemente ravvicinate). Anche nella Praktika è presente un dispositivo per numerare, stampare piccole forme rilievografiche, perforare.

13.3 Perfector della AFT-Davidson

Del tutto particolare è la soluzione del gruppo stampante nel modello «Perfector», progettato per la stampa in bianca e volta. Viene inserita nel gruppo delle macchine offset di piccolo formato perché fornisce prestazioni analoghe, anche se presenta la caratteristica di stampare in bianca e volta. I modelli forniti stampano formati massimi carta di 20x38 cm, oppure 38x46 cm. Il gruppo stampante (fig. 192) è formato da tre cilindri, due dei quali hanno diametro doppio del terzo.

Sul cilindro di grande diametro superiore è ospitata, per circa metà della circonferenza, la lastra per la stampa della bianca. Il cilindro intermedio porta su mezza circonferenza il telo gommato della bianca, mentre all'incirca metà della circonferenza è riservata alla lastra della volta. Il piccolo cilindro inferiore ospita il telo gommato della volta, pertanto, quando i due teli gommati ruotano a contatto, avviene la stampa sul supporto interposto, mentre il trasferimento dell'inchiostro dalla lastra al telo gommato avviene allorché il foglio non passa in macchina.

Oltre ai soliti dispositivi opzionali di numerazione, perforazione, sovrastampa, la macchina può essere dotata di un alimentatore da bobina che può ospitare diametri fino a 106 cm. di larghezza massima 46 cm. Tale macchina pare molto diffusa nei centri stampa del Nord America.

13.4. R37 della Rotaprint

La ditta Rotaprint si è specializzata nella fabbricazione di macchine da stampa per centri reprografici. L'uso della bagnatura con liquido a base di glicerina. scoperta da un tecnico danese della Rotaprint nel 1953. permise di non usare più i rulli bagnatori. ma di miscelare la soluzione direttamente nel gruppo inchiostratore, facilitando le operazioni di controllo dell'equilibrio acqua-inchiostro (fig. 193).

La ditta Rotaprint fornisce anche macchine dotate di bagnatura tradizionale con mollettoni. Tra le macchine di piccolo formato, si segnala la R37 per il gruppo inchiostratore (fig. 194). Esso è formato da un solo rullo inchiostratore, di circonferenza pari alla lunghezza della lastra, su cui premono sette piccoli rulli metallici.

Il gruppo bagnatore (fig. 195) è del tipo ad alcool, con un solo rullo bagnatore, di diametro simile a quello dell'unico rullo inchiostratore. Altri rulli hanno le funzioni di prelevare la miscela acqua-alcool (bagnino e spremitore) e di egualizzare lo strato sul rullo umidificatore. Un apposito rullo pone in contatto i gruppi di bagnatura e quello d'inchiostrazione durante il lavaggio della macchina.

13.5. Ryobi

La macchina da stampa Ryobi è fornita di un cilindro apposito per le lavorazioni cartotecniche in uscita dal gruppo stampante (fig. 196).

Pur essendo un'offset da foglio di piccolo formato, grazie al cilindro complementare per le lavorazioni paragrafiche, la Ryobi è maggiormente flessibile, anche se il suo campo d'applicazione è riservato alle lavorazioni di non alta qualità (notare il numero dei rulli inchiostratori e distributori del gruppo di sovrastampa e numerazione). Nelle macchine da stampa con dispositivi analoghi si è ricorso al montaggio di accessori che agiscono in pressione con lo stesso cilindro del gruppo stampante.

13.6. Hamada

Una soluzione originale, anche se tecnologicamente discutibile. nel campo delle piccole offset è presentata dalla ditta Hamada. Sul gruppo stampante è montabile un secondo cilindro portalastra, con relativi gruppi di inchiostrazione e bagnatura (fig. 197). Il film d'inchiostro è trasferito sull'unico cilindro del telo gommato.

Sono intuibili i problemi di sovrapposizione dell'inchiostro sul telo gommato da parte dei due colori. La macchina risulta molto compatta, anche se fornita del secondo elemento. È dotabile di gruppo di numerazione, sovrastampa. perforazione e cordonatura.

14. Macchine lito-latta o metallografiche

14.1. Generalità

L'uso di contenitori in lamiera stagnata pare risalga ai primi dell'800 in Inghilterra. Intorno alla seconda metà dello stesso secolo furono costruite le prime macchine litografiche per la stampa su lamiera, costituite da un cilindro rivestito in gomma posto superiormente alla pietra litografica e da un secondo cilindro di pressione, posto ancora più in alto. Qualcuno sostiene che l'ispirazione per l'invenzione della macchina offset (primi del '900) provenga dalle prime macchine per la stampa su banda stagnata.

Le macchine lito-latta sono, a prima vista, molto simili a quelle offset: ne differiscono per il gigantismo di alcuni organi, adattati a sopportare il peso di lamiere spesse, in casi limite, fino ad 1 mm. Da parte loro, le lamiere, essendo più rigide dei supporti cartacei, non pongono eccessivi problemi di registro. L'adesione dell'inchiostro sulla loro superficie può originare inconvenienti; inoltre, l'inchiostro non può essiccare per assorbimento del supporto, per cui sono necessarie fonti anche notevoli di energia per l'essiccazione.

Per favorire l'adesione dell'inchiostro alla superficie della lamiera, essa viene, generalmente, verniciata o smaltata. Anche per proteggere l'inchiostro nelle lavorazioni successive a quelle della stampa (fustellatura e formatura) la superficie stampata viene rivestita da uno strato di vernice. Può essere necessaria la verniciatura anche del lato interno alla latta, quando questo sia soggetto a corrosione.

14.2. Particolarità delle macchine lito-latta

Poiché la struttura delle macchine offset è analoga a quella delle macchine lito-latta, si rimanda agli appositi capitoli relativi alle macchine offset. Nel seguente paragrafo si accennerà alle differenze più significative tra gli organi delle macchine lito-latta e quelli delle macchine offset.

Il mettifogli è particolarmente robusto. poiché gli aspiratori debbono sollevare lamiere anche pesanti; i soffiatori devono esercitare una notevole azione pneumatica per separare la lamiera superiore da quelle sottostanti. Se la lamiera è costituita da materiale ferroso (non in lega di alluminio), vengono utilizzati magneti per il sollevamento della lamiera da quelle sottostanti nella pila del mettifoglio. Come nelle macchine offset, il foglio è trasmesso alla tavola di puntatura per mezzo di ventose aspiranti aventi moto alternativo.

Apposite rotelle di frizione permettono l'avanzamento della lamiera sulla tavola di puntatura. Questa è disposta orizzontalmente: la lamiera non si presta ad essere curvata, pertanto non segue alcuna deviazione verticale dal mettifoglio ai registri frontali. Sulla tavola sono disposti controlli meccanici per il rilevamento del doppio foglio. Al termine della tavola, la lamiera è arrestata dai registri frontali; quindi viene registrata da un'apposita squadretta laterale.

L'immissione del foglio nel gruppo stampante avviene mediante rullini di frizione a pressione regolabile, oppure con pinze oscillanti.

Il gruppo stampante è dotato di cilindri di grande diametro, per evitare percorsi non lineari alla lamiera. Per lo stesso motivo, la disposizione dei cilindri è quasi verticale e gli assi che separano i loro centri di rotazione tendono ad essere verticali. Infatti, per evitare percorsi curvi alla lamiera, sarebbe teoricamente necessario disporre l'asse che separa il centro di rotazione del cilindro gommato relativamente a quello del cilindro di pressione, normale alla superficie del foglio.

La struttura dei cilindri è particolarmente robusta, i perni ruotano entro cuscinetti a rullo immersi in bagno d'olio. La regolazione dell'interferenza tra il cilindro del telo gommato e quello di pressione deve disporre di un'escursione elevata. Normalmente vengono stampate lamiere comprese entro 180 e 450 mm, ma tali valori possono anche essere superati.

Il telo gommato è costituito da materiali diversi da quello per offset. La sua durezza è leggermente più elevata (76-845 Sh A), la sua resistenza ai solventi degli inchiostri dev'essere eccellente; esso, inoltre, deve permettere un buon distacco della lamiera stampata dalla sua superficie.

Le macchine lito-latta pluricolori si presentano essenzialmente con due strutture: a tre cilindri e a quattro cilindri.

Nelle macchine lito-latta pluricolori con elementi stampanti a tre cilindri esiste il problema del trasferimento della lamiera tra due elementi. Può essere adottata la soluzione di trasferire il foglio mediante un tamburo intermedio di grande diametro (fig. 198); ciò al fine di ridurre le curvature accentuate, poco desiderabili per la lamiera.

Esistono macchine lito-latta ad elementi di tre cilindri fino a tre colori: la stampa di un numero superiore di colori in un solo passaggio in macchina, senza essiccamento dell'inchiostro, può creare inconvenienti.

Esistono anche macchine metallografiche con struttura del gruppo stampante a quattro cilindri, per impressioni di due colori contemporaneamente sullo stesso lato della lamiera. Questa disposizione non trova molti riscontri nelle macchine offset: in questo tipo di macchina due cilindri portalastra trasferiscono i grafismi sul medesimo telo gommato. L'angolo formato tra gli assi colleganti i centri di rotazione è di circa 605. Il telo gommato riceve, in rapida successione, due colori, trasferendoli contemporaneamente alla lamiera. Successivamente all'elemento di stampa bicolore a quattro cilindri è necessaria un'attrezzatura per l'essiccamento dell'inchiostro.

All'uscita della macchina lito-latta è generalmente disposto un forno d'essiccamento dell'inchiostro, oppure una macchina verniciatrice seguita da un dispositivo di essiccamento.

14.3. Attrezzatura complementari

Per la rifinitura dello stampato lito-latta occorrono almeno due attrezzature complementari: un gruppo di essiccazione dell'inchiostro ed una macchina verniciatrice.

Il forno di essiccamento è, finora, l'attrezzatura più usata per la stabilizzazione dell'inchiostro. Esso è costituito da un tunnel, lungo da 15 ad oltre 40 m, in cui le lamiere transitano su rastrelliere verticali. La lunghezza del forno o la sua temperatura sono determinati dalla lavorazione a monte (solo stampa, stampa e verniciatura, solo verniciatura), dallo spessore del film disteso sulla banda stagnata e dalla sua composizione, dalla velocità della macchina a monte. Nel forno sono situati uno o più bruciatori (a gas o a nafta), una ventola ed un sistema di condutture, al fine di convogliare aria calda (110-200 'C) verso le lamiere. L'aria esercita anche una pressione avente come scopo di mantenere le lamiere aderenti ai telai.

L'introduzione degli inchiostri ad essiccamento con radiazioni ultraviolette (U.V.), ha incontrato notevole favore presso gli stampatori lito-latta; infatti lo spazio occupato dai forni può essere fortemente ridotto con le batterie di lampade ad emissione U.V. Ad esempio, per realizzare una quadricromia con due macchine bicolori di quattro cilindri ognuna, occorrono due forni, per una lunghezza lineare di circa 110 m (fig. 199), mentre con un sistema di essiccamento a raggi U.V. Lo spazio lineare occupato si riduce a 30 m circa. Inoltre le lamiere stampate con inchiostro essiccante a radiazioni U.V, si presenteranno senza odori di solventi residui e con migliori caratteristiche generali.

La verniciatrice può essere posta in linea con la macchina da stampa lito-latta (umido su umido), oppure può operare staccata. Nel primo caso opportuni convogliatori di lamiere permettono l'inserimento in macchina. Nel secondo caso la verniciatrice deve essere fornita di mettifoglio come quello delle macchine lito-latta.

Il gruppo di verniciatura è schematicamente formato da un cilindro su cui viene disteso uno strato uniforme di vernice, analogamente agli elementi spalmatori delle macchine offset, per mezzo di rulli. Un secondo cilindro, posto inferiormente al primo, esercita un'adeguata pressione per permettere il trasferimento della vernice sulla lamiera.

La verniciatrice può essere utilizzata per stendere sulla lamiera vergine uno smalto (bianco o colorato) di fondo, per favorire l'adesione dell'inchiostro.

1.5. Macchine letterset

La stampa letterset è anche detta «rilievografica indiretta». Il procedimento letterset avviene con una forma rilievografica e con una macchina con trasferimento indiretto dell'inchiostro tra forma e supporto. Poiché il procedimento di stampa indiretto più diffuso è quello offset, le macchine offset sono, a volte, adattabili alla stampa letterset.

1 principali vantaggi del procedimento letterset sono:

1. Eliminazione della bagnatura. Oltre all'esclusione del gruppo della bagnatura, sono importanti le conseguenze legate alla presenza d'acqua: sono perciò evitati i problemi di emulsione acqua-inchiostro, quelli relativi a fuori registro per assorbimento di umidità da parte del supporto fibroso, ecc.

2. Versatilità della macchina La macchina da stampa letterset è anche una macchina offset: i requisiti per poter funzionare come macchina letterset sono due: a) l'incavo sul cilindro porta forma deve permettere l'inserimento di lastre to rilievo, di maggior spessore relativamente a quelle offset; b) il disinnesto del gruppo di bagnatura.

3. Stampa indiretta .Relativamente al procedimento tipografico, la macchina letterset offre tutti i vantaggi di un procedimento di stampa indiretto, riassumibili come segue:

  • - i grafismi sulla forma si presentano «diritti» e quindi sono leggibili. mentre nei procedimenti diretti i grafismi sulla forma risultano rovesciati;
  • - la forma e il supporto non sono a contatto. L'introduzione del cilindro del telo gommato permette l'assorbimento delle tensioni provocate da piccole differenze di velocità periferica dei cilindri. Inoltre, non esistendo abrasioni tra forma e supporto, la durata delle forme viene prolungata;
  • - i fondi a stampa si presentano uniformi, poiché il telo gommato intermedio può elasticamente adattarsi a superfici rugose e/o dure.
Storicamente, lo sviluppo delle macchine letterset è situato nella ricerca di forme rilievografiche per la tipografia piana avvenuta agli inizi degli anni '50. Il tentativo di alcune industrie chimiche sfociò nella produzione di sostanze fotopolimere stendibili su lastre.

Poiché lo sviluppo del procedimento offset ha ridotto le potenzialità del mercato tipografico, le lastre fotopolimere, anche se più spesse di quelle offset, hanno trovato sbocco nelle macchine letterset.

Non risulta siano state progettate macchine da stampa indiretto per la stampa di lastre rilievografiche, pertanto le macchine letterset sono essenzialmente macchine da stampa offset da foglio adattate alla stampa di forme rilievografiche.

Macchine rotative da bobina

1. Generalità

La tendenza ad alimentare i gruppi stampanti di una macchina da stampa con un nastro continuo anziché con fogli tagliati in formato prelevati da una pila, è stata determinata, nel corso dell'evoluzione della tecnologia grafica, da diversi fattori, i più importanti dei quali si possono così riassumere:

1. Velocità. L'alimentazione di un nastro che si svolge da una bobina consente di superare ampiamente i limiti di velocità insiti nel sistema di alimentazione dei fogli a mezzo di mettifogli. Quest'ultimo dispositivo, per quanto via via perfezionato, ha dei limiti invalicabili di velocità, dovuti all'azione intermittente degli organi di presa (mettifogli) e di immissione (pinze oscillanti); legati inoltre al tipo di carta usata che, se leggera, inconsistente o scadente, fa sorgere gravosi problemi di separazione ed avanzamento dei fogli. Nelle macchine da bobina, dotate di movimenti quasi totalmente rotatori, la velocità di produzione, a parità di altri fattori, sale di 3-4 volte relativamente alla velocità delle macchine da foglio.

2. Numero di colori che si possono stampare in un'unica passata in macchina. Anche se non sono infrequenti i casi di macchine da foglio che stampano fino a sei colori o convertibili, le macchine da bobina presentano talvolta otto e più elementi di stampa; i colori vengono applicati spesso su entrambe le facce del nastro: si è generalizzata cioè la stampa in bianca e volta, che ha un impiego limitato nelle macchine da foglio per difficoltà insite nel sistema. Il nastro di carta entra bianco ed esce completamente stampato.

3. Numero di operazioni che un impianto da bobina può compiere sulla materia prima (nastro di carta o altro materiale idoneo). Oltre stampare si può perforare, incollare e soprattutto piegare sullo stesso impianto, ottenendo un prodotto finito senza ulteriori necessità, che rappresentano perdite di tempo e maggiori costi di manodopera.

4. Minor costo della materia prima, dato che la carta e gli altri materiali stampabili vengono prodotti all'origine in rotoli o bobine e come tali possono venire usati in un impianto da bobina, mentre per ottenere fogli sono necessarie varie operazioni di confezionatura quali il taglio in formato, il rifilo sui quattro lati e l'impacchettatura. Il minor costo del materiale in bobina rispetto a quello in fogli varia notevolmente al variare dei tipi: mediamente è valutabile nel 1,5% ma in certi casi limite può anche raggiungere il 45%.

5. Tempo di avviamento di un impianto per esempio a quattro elementi in linea, minore di quello per una corrispondente macchina a quattro colori da foglio.

Di fronte a questi vantaggi le macchine da bobina presentano ovviamente delle limitazioni che hanno impedito di generalizzarne l'impiego, lasciando di conseguenza campo allo sviluppo delle macchine da foglio.

Le ragioni di tale dinamica si possono così elencare:

1. Costo dell'impianto assai più elevato rispetto alle macchine da foglio, per la maggior mole e complessità, per la maggiore sollecitazione degli organi meccanici, impegnati a lavorare a velocità più elevate, La macchina da bobina è più impianto che macchina, con una molteplicità di componenti, accessori e servocomandi necessari per assicurarne l'alta produttività ed il completo ciclo di lavoro.

2. Versatilità inferiore a quella delle macchine da foglio, a causa soprattutto del formato fisso (o variabile in una gamma ristretta) in direzione circonferenziale. Inoltre il passaggio da un tipo di lavoro ad un altro assai diverso richiede, negli impianti da bobina, maggior tempo e più registrazione, proprio per la complessità dell'impianto.

3. Specializzazione dei responsabili della conduzione dell'impianto, maggiore negli impianti da bobina per la complessità dell'impianto, la molteplicità delle operazioni che esso compie per fornire un prodotto finito.

Tuttavia la recente evoluzione degli impianti da bobina se ha portato a sviluppare complessi specializzati nella produzione di un solo tipo di lavoro, ha anche consentito la produzione di macchine sempre meno costose, più versatili e più facili da condurre, in grado di fare concorrenza alle macchine da foglio nei loro tradizionali campi di impiego. I dispositivi automatici di controllo delle varie operazioni di stampa, l'introduzione, entro certi limiti, del formato variabile ed altre innovazioni, hanno abbassato il numero di copie minimo conveniente per il passaggio di una commessa dalla stampa a fogli a quella da bobina. Anche se il numero di scarti rimane alto, esso tende a ridursi, in rapporto agli scarti tollerati nella stampa da foglio, con l'aumentare della tiratura (cfr. tabella 4).

La scelta del passaggio dalla stampa a foglio a quella a bobina è anche legata alle caratteristiche funzionali del prodotto, al procedimento di stampa, ai tempi di consegna, ecc.

Nella tabella 4 si nota che a basse tirature, lo scarto tollerato è notevolmente superiore nelle macchine da bobina, fino a tre volte, relativamente a quelle da foglio. Intorno a 15.000 copie è tollerato uno scarto doppio, successivamente la forbice degli scarti tende a scendere ulteriormente.

1.1. Struttura di una macchina da bobina

I componenti di una macchina da bobina sono analoghi, fatte le debite differenze, a quelli delle macchine da foglio, con l'aggiunta di una serie di dispositivi specifici per il controllo del nastro, per l'essiccazione dell'inchiostro, per i dispositivi di alimentazione e di uscita dalla macchina da stampa. Tali dispositivi saranno analizzati più avanti.

Raramente le macchine da bobina sono dotate di un solo gruppo stampante per l'impressione di un solo lato del foglio. Più in generale, sono dotate almeno di gruppi stampanti in grado d'imprimere un colore su entrambi i lati del foglio. La struttura della macchina da bobina per la stampa monocolore in bianca e volta, può essere composta da un solo elemento, oppure da due elementi in linea. Ad esempio le macchine offset da bobina «caucciù contro caucciù» appartengono alla prima soluzione costruttiva; in esse il nastro di carta passa attraverso ai due cilindri del telo gommato. ciascuno dei quali imprime una faccia del foglio. In generale appartengono alla seconda soluzione, cioè sono dotate di elementi singoli per ogni colore stampato, le macchine da bobina che stampano per via diretta dalla forma al supporto.

Sono sempre più diffusi gli impianti in grado di fornire stampati pluricolori su entrambi i lati del foglio. L'indirizzo verso questi impianti è accentuato sia dalla tendenza all'uso del colore negli stampati in generale, sia dai continui perfezionamenti della stampa multicolore.

Le rotative multicolori da bobina possono essere classificate a grandi linee in due categorie costruttive, anche se esistono numerose intermedie:

1. Macchine ad elementi ognuno dei quali stampa un solo colore su di una sola faccia del nastro, od ancora due colori (eguali o diversi) uno per lato del nastro; questi ultimi sono denominati elementi «in bianca e volta» (fig. 200). Gli elementi di questo tipo possono essere disposti in linea su di uno stesso piano orizzontale, oppure sovrapposti, oppure parzialmente in linea e parzialmente sovrapposti.

2. Macchine a satelliti, composte da un cilindro di pressione comune di grande diametro, attorno al quale sono disposti gli elementi di colore in numero di tre, quattro ed anche sei. Il nastro si avvolge sul cilindro centrale e riceve in successione i vari colori uscendo completamente stampato su di un lato. La stampa dell'altra faccia è ottenuta in modo analogo su di un altro gruppo stampante identico al primo.

Nelle macchine a satellite (fig. 201) esiste anche una soluzione secondo la quale il cilindro di pressione presenta una larghezza doppia rispetto al nastro e questo viene fatto passare una prima volta su metà larghezza del cilindro di pressione comune e quindi ribaltato e fatto passare sull'altra metà, uscendone quindi completamente stampato sia in bianca sia in volta. Le macchine a satelliti costituiscono impianti più complessi, più costosi, meno versatili e con preparazione alla stampa più lunga e difficoltosa, ma, grazie alla maggiore velocità di stampa, hanno trovato condizioni favorevoli di impiego quando si debba eseguire sempre lo stesso tipo di lavoro, oppure pochi lavori simili nel tipo di supporto e di stampa richiesti in modo che il passaggio dall'uno all'altro comporti un numero limitato di operazioni di avviamento (si vedano le macchine flessografiche).

Nelle pagine che seguono sono descritti i principali componenti che, unitamente ai gruppi stampanti, costituiscono un impianto da bobina; essi sono:

a) Il gruppo alimentatore , che ha la funzione di far svolgere il nastro dalla bobina ed alimentarlo agli elementi di stampa mantenendo costante la tensione, condizione questa essenziale per un perfetto registro tra i colori. I gruppi alimentatori più evoluti realizzano pure il cambio automatico della bobina esaurita con una nuova senza che l'impianto debba essere arrestato.

b) Dispositivi per il controllo del nastro, che comprendono:

  • - dispositivi per la guida laterale per il perfetto registro tra le parti che vengono stampate ed i bordi del nastro;
  • - rivelatori della rottura del nastro, per l'arresto immediato dell'impianto qualora si verifichi la rottura del nastro o anche solo la lesione dello stesso;
  • - dispositivi per il controllo del registro di stampa tra i vari colori;
  • - dispositivi per il controllo del registro del taglio del nastro, qualora questo non venga riavvolto, bensì trasformato in segnature piegate oppure in fogli singoli.
c) Altri dispositivi che comprendono quelli relativi al controllo dell'inchiostrazione, all'essiccamento dell'inchiostro, nonché i dispositivi per il raffreddamento e/o l'umidificazione del nastro e i dispositivi di sicurezza.

d) Gruppi di uscita, che hanno la funzione di trasformare il nastro stampato in segnature, oppure in fogli singoli, di riavvolgerlo stampato per le successive operazioni di trasformazione necessarie per dare il prodotto finito.

2. Gruppo alimentatore

Questo dispositivo ha due funzioni principali: alloggiare la bobina di carta e far svolgere il nastro a tensione costante.

Comunemente i gruppi per il semplice alloggiamento della bobina vengono detti «portabobine»; possono assumere forme e disposizioni molto diverse in rapporto con le dimensioni della bobina e con il tipo di impianto che servono.

Con un portabobine doppio (fig. 202) si riduce il tempo di arresto dell'impianto per la sostituzione della bobina, dato che la nuova bobina può essere caricata prima di fermare l'impianto. Ci si limita pertanto ad incollare la parte iniziale del nuovo nastro sulla parte finale del nastro pressoché svolto, operare a monte di tale incollaggio il taglio del nastro della bobina vecchia e riavviare l'impianto.

I portabobine possono essere disposti in linea con gli altri componenti l'impianto oppure ad un livello diverso, per esempio al piano di sotto, nel locale usato per il magazzinaggio delle bobine.

Il importante tuttavia che il percorso del nastro, prima dell'ingresso negli elementi di stampa, non venga allungato inutilmente; per tale ragione si impiegano, anche, portabobine disposti lateralmente all'impianto, che fanno entrare il nastro nel punto più opportuno, grazie a rulli di rinvio e barre angolari che variano, per esempio di 9O5, la direzione d'immissione del nastro (fig. 203).

2.1. Portabobine a cambio automatico

L'arresto di un impianto da bobina, anche se di breve durata, è pur sempre un'operazione costosa e lo è tanto più quanto più alta è la velocità di stampa. E logico quindi che all'aumentare della potenzialità e della velocità degli impianti sia sorto il problema del cambio della bobina senza arresto.

Si sono così realizzati i portabobine a cambio automatico, che sono diventati d'impiego generale in tutti gli impianti veloci e destinati a lavori con lunghe tirature.

Tali portabobine si possono far appartenere a due categorie, a seconda che l'incollaggio del nuovo nastro sul vecchio sia condotto in piena velocità, oppure da fermo. Oggi numerosi impianti sono dotati di cambi automatici con incollaggio in piena velocità o incollaggio volante (flying paster), per mezzo di portabobine a stella (fig. 204). Esso è costituito da tre alberi, sfasati di l205, su cui vengono immesse le bobine, ruotanti su un unico centro. Inoltre un dispositivo di controllo della velocità periferica, un sistema per l'incollaggio della nuova bobina e di taglio di quella in fase di esaurimento, completano il portabobine stellare (fig. 205).

Il gruppo di controllo della tensione deve avere una risposta molto rapida e deve essere in grado di assorbire in un lasso di tempo assai breve le variazioni di tensione dovute al cambiamento tra la bobina nuova e quella in via d'esaurimento. In particolare sono controllate le variazioni di tensione del nastro da un rullo «ballerino», in grado di compiere limitate escursioni lungo il senso d'avanzamento del nastro, e dalla cinghia che controlla la velocità periferica della bobina. Non si deve trascurare che se la velocità periferica della bobina non e efficacemente sincronizzata, è inevitabile sottoporre il nastro a tensioni che possono avere come conseguenza la sua rottura, cioè perdite di tempo e materiale.

Un moderno portabobine (fig. 206) può essere utilizzato sulle rotative con velocità fino a 500 m/min. Questo dispositivo non esige nessun collegamento con la rotativa e assicura un montaggio ed una messa in servizio molto rapidi.

La sua struttura permette di sovrapporre i diversi organi in una configurazione compatta molto accessibile. Tutti i meccanismi necessari al supporto delle bobine, alla loro rotazione ed all'arresto sono raggruppati attorno ad un albero-supporto situato alla base del portabobine. Il peso è quindi concentrato in questo punto e assicura perciò una maggiore stabilità.

I meccanismi secondari sono situati nella parte superiore. Siccome i cicli d'incollatura sono molto ravvicinati, conviene che le operazioni siano ridotte al solo cambio delle bobine. Lo sbobinatore viene equipaggiato con un pannello di controllo a distanza, incorporato nella consolle della rotativa, comprendente le seguenti regolazioni:

  • - controllo e modifica della trazione del nastro,
  • - modifica della posizione laterale della bobina in srotolamento.
  • - segnalazione dell'operazione d'incollatura.
Le operazioni che restano all'operatore sono la messa in posizione delle bobine e la loro predisposizione all'incollatura. L'innesto del ciclo d'incollatura è automatico, a seconda del diametro predeterminato della bobina, e avviene a qualsiasi velocità.

Fra gli altri vantaggi possiamo annoverare il caricamento automatico delle bobine al suolo, la regolazione automatizzata del margine e la possibilità d'incollare una bobina di diametro massimo su di una bobina di diametro minimo.

Storicamente più recenti sono i portabobine automatici che effettuano tutte le operazioni di cambio da fermo, senza peraltro fermare o rallentare la stampa. Questa è la caratteristica peculiare del portabobine automatico fabbricato dalla Butler Automatic Machine (fig. 207) predisposto per l'alloggiamento di due bobine. Mentre una bobina si sta svolgendo in fase di produzione, la seconda viene collocata sull'altro asse e preparata per l'incollaggio.

Il portabobine comprende un dispositivo d'immagazzinamento del nastro di carta, detto «a festoni», posto appena dopo l'alloggiamento delle bobine. Il settore d'accumulo del nastro è costituito da una serie di rulli ballerini (3 in fig. 207) superiori ed una serie di rulli folli (4 in fig. 207) inferiori. Il nastro viene avvolto alternativamente da un rullo ballerino e da uno folle, durante lo svolgimento della bobina, assumendo un andamento a festoni.

Poiché i rulli superiori sono collegati ad un equipaggio mobile in senso verticale, allorché si procede al cambio della bobina, la macchina viene alimentata dal nastro presente nel dispositivo d'accumulazione, mentre i rulli ballerini si abbassano: intanto il nuovo nastro viene incollato sul vecchio e si procede al taglio di quest'ultimo con velocità della carta nulla. Prima che il festone sia esaurito, l'incollaggio è completato ed il sistema trascina la nuova bobina. Un dispositivo pneumatico fa successivamente sollevare i rulli ballerini fino alla posizione d'estensione.

Benché il costo dell'impianto di un portabobine automatico sia decisamente superiore a quello di uno manuale, qualora il numero dei cambi-bobina per lavoro superi le 2-3 unità, inizia ad essere conveniente l'uso di un portabobine automatico.

Gli svantaggi dei portabobine automatici, relativamente a quelli manuali, possono essere così riassunti:

  • - maggiore costo per macchine ed impianti,
  • - maggiori spese di manutenzione.
  • - operai più qualificati per i dispositivi a cambio semiautomatico;
  • - minor utilizzazione dei rotoli per maggior scarto di fine
  • bobina;
  • - maggior ingombro;
  • - possibilità di fallimento dei cambi.
L'introduzione dei portabobine automatici a festoni, con cambio a bobine ferme, ha condotto a numerosi

  • - affidabilità, perché l'incollaggio eseguito a bobine ferme, è garantito praticamente al 100%;
  • - sicurezza, perché i due nastri vengono giuntati mediante un biadesivo su tutta la loro larghezza e con una sovrapposizione di soli dieci centimetri; ciò evita il pericolo di danneggiare il caucciù o d'inceppare la piegatrice;
  • - semplicità, perché non è richiesta alcuna manodopera specializzata;
versatilità, perché potendo alternare a piacimento il senso di svolgimento delle bobine si arriva a ridurre la frequenza dei lavaggi del caucciù, altrimenti necessari per eliminare i depositi di particelle di carta.

Un ulteriore vantaggio proviene dai ripetuti passaggi della carta sui rulli che provvedono a «spolverarla», stabilizzarla e adattarla alle condizioni ambientali.

Inoltre è possibile prestabilire un deternato vare di tensione della carta, che viene poi mantenuto automaticamente tramite la frenatura della bobina controllata dal gruppo ballerino dell'accumulatore.

La frequenza dei cambi dipende da tre fattori: spessore della carta usata, velocità di stampa, diametro della bobina. A titolo d'esempio, con carta con spessore di cm 0,01, velocità di 250 m/min e bobina di diametro 100 cm, l'esaurimento del nastro richiede 30 -: 40 minuti.

Una formula empirica per calcolare la lunghezza del nastro di una bobina è la seguente:

1 = aV p V (D2 - d2)

4

Dove:

  • - 1 = lunghezza del nastro in cm;
  • - p = 3,14159;
  • - a = reciproco dello spessore del materiale in cm;
  • - D = diametro esterno della bobina, in cm;
  • - d = diametro interno (dell'anima), in cm.
Conoscendo la velocità di svolgimento della bobina, è sufficiente dividere la lunghezza (1) per la velocità di svolgimento, per ottenere il tempo d'esaurimento di una bobina.

3. Dispositivi di controllo del nastro

3.1. Dispositivi di controllo della tensione del nastro

Sono parte essenziale del gruppo alimentatore, in aggiunta a ciascuno dei vari tipi di portabobine di cui si è detto. Sono cioè necessari nell'impianto tanti dispositivi di controllo della tensione, quanti sono i nastri in lavoro. Non è possibile infatti ottenere buoni risultati di stampa da un impianto operante da bobina se la tensione del nastro non è mantenuta costantemente ad un valore ottimale.

Per questa loro importante funzione questi dispositivi di controllo della tensione vengono comunemente denominati «dispositivi di alimentazione» (infeed units).

La tensione del nastro è la forza da imprimergli nel corso del suo svolgimento per ottenere una lavorazione corretta dal portabobine al prodotto finito, nelle condizioni prestabilite. Il «tiro» da applicare al nastro è indicato, in molte macchine, dal peso di un rullo mobile in verticale, o «ballerino», sito nel portabobine. Questo rullo, più o meno contrappesato, può fornire la misura del tiro medio, tenendo conto dell'angolo d'avvolgimento del nastro su di esso. La tensione effettiva (F), misurata sul rullo successivo a quello ballerino, è proporzionale al rapporto della forza applicata al ballerino (F') diviso il seno dell'angolo a, formato dai prolungamenti del nastro intorno al rullo ballerino (fig. 208).

La tensione applicabile ad un nastro è fortemente correlata con diversi fattori. Ad esempio, dipende dalla natura del materiale di cui è costituito il nastro, e dalla sua grammatura (come indicato in tabella 5).

Altro fattore influenzante la tensione del nastro, se composto di materiale fibroso, è il variare dell'umidità relativa nell'ambiente. Ad altre umidità relative, corrisponde una diminuzione della tensione, poiché la carta tende, assorbendo umidità dall'ambiente, ad allungarsi (fig. 209). Nel caso di carta povera di umidità, si hanno inconvenienti legati alla formazione di elettricità statica sulla sua superficie.

Si accenna, di seguito, ad alcuni problemi costruttivi e di stampa, da analizzare per il controllo della tensione del nastro. Qualora l'asse dell'albero non possa sufficientemente rigido, si potrebbero verificare momenti di torsione, che si ripercuotono sulla tensione del nastro: essa si presenta diversa sui due bordi del medesimo. Ad esempio, durante il cambio di bobina di uno svolgitore stellare, sono state misurate differenze di tensione, tra i due bordi del nastro, fino a 0,091 kg/cm. Poiché possono esistere piccoli tagli sui bordi, gli sbalzi di tensione possono provocare la rottura del materiale in svolgimento.

Un fenomeno analogo può avvenire nel caso di eccentricità dei cilindri o dei rulli; ciò si verifica anche nel caso di mancanza di parallelismo tra rulli di trazione.

Il fenomeno della variazione di tensione ai bordi del nastro è esaltato dall'aumentare dell'angolo d'avvolgimento del nastro al rullo non parallelo o eccentrico. Variazioni della tensione del nastro sono inevitabili durante lo spostamento assiale della bobina, necessario per la regolazione della stampa a registro. I due bordi della bobina sono sottoposti a tensioni diverse, che sono proporzionali all'aumento della velocità di spostamento assiale della bobina ed alla bassa velocità di srotolamento della stessa.

Finora sono stati analizzati fenomeni di variazione della tensione del nastro in senso trasversale alla direzione di avanzamento dello stesso. Fenomeni ancora più appariscenti accadono con piccole variazioni di diametro in cilindri di stampa rigidi, come quelli rotocalco. Quando le variazioni di diametro dei cilindri rotocalco raggiungono valori troppo elevati (superiori a 50 mm), possono esistere problemi di registro, legati alle variazioni di tensione del nastro fra due elementi successivi. Molti stampatori rotocalco pongono i cilindri con minore diametro per primi, per assicurare la tensione del nastro tra i diversi elementi.

Il diametro dei cilindri di stampa in una macchina da bobina è legato alla trazione del nastro da molti fattori: procedimento di stampa, numero dei colori; tipo di essiccamento dell'inchiostro, tipo di supporto cartaceo, costanza del suo spessore, tipo di rotativa, lunghezza nastro tra due elementi successivi, umidità di equilibrio dei supporti cartacei, ecc.

Anche il momento flettente di un rullo di trazione è molto importante ai fini della tensione del nastro. Poiché un rullo è trattenuto agli estremi, il massimo della flessione può aver luogo in mezzeria dello stesso (fig. 210). Il momento flettente, a parità di altre condizioni, cresce con l'aumentare dell'angolo d'avvolgimento del nastro al rullo sottoposto a sollecitazione.

Un dispositivo per il controllo della tensione del nastro, usato in macchine offset da bobina, è costituito da un gruppo di rulli collegato al gruppo di alimentazione. Il rullo superiore è rivestito in gomma ed è dotato di sollevamento a comando manuale per l'inserimento del nastro in fase di preparazione. I due rulli inferiori, in acciaio, hanno un diametro maggiore: il primo è denominato «rullo guida», il secondo «rullo trascinatore» (fig. 211).

I rulli inferiori sono azionati dal motore principale dell'impianto attraverso una trasmissione di potenza ad ingranaggi ed un gruppo differenziale per mezzo del quale si può variare, entro un certo campo di regolazione, la velocità dei rulli «trascinatore» e «guida». Il nastro, durante il funzionamento, è costantemente tirato dai rulli di trascinamento della piegatrice e dalla calandra del gruppo di raffreddamento.

Ora, regolando opportunamente la velocità dei rulli «trascinatore» e «guida» del gruppo di alimentazione in modo da renderla leggermente inferiore a quella dell'impianto, si può ottenere la tensione necessaria per determinate condizioni di lavoro.

Per un controllo più accurato della tensione è buona norma nelle offset da bobina, installare un analogo dispositivo differenziale, per variare la velocità sulla calandra di raffreddamento (fig. 212). In questo modo la tensione del nastro può venir rigorosamente controllata durante il suo percorso attraverso gli elementi ed il forno.

Dispositivi di regolazione e controllo automatico della tensione, basati su principi elettronici, sono diffusi soprattutto per impianti di una certa portata. Un dispositivo di controllo della tensione del nastro più attuale è basato su un'apparecchiatura pneumatica (fig. 213).

Il meccanismo di controllo della velocità è composto da un rullo in acciaio comandato dalla rotativa e da un rullo di tensione deformabile ricoperto di poliuretano montato su eccentrici controllati dal sistema ad aria compressa. Su un secondo rullo in acciaio (rullo libero) si avvolge la banda di carta.

Il sistema di controllo della tensione agisce come segue: la banda si avvolge su di un rullo compensatore, i cui bracci di supporto sono controllati da un giogo di molle; questi oscillano secondo le variazioni di tensione della banda di carta. Il movimento dei bracci di supporto del rullo compensatore viene trasmesso ad una membrana che, muovendosi, fa variare le distribuzioni delle pressioni dell'aria in uscita da due ugelli montati sui due lati opposti della membrana stessa. Un ugello è collegato all'indicatore di tensione per fornire una lettura istantanea e continua della stessa. L'altro è regolabile dall'operatore per controllare e regolare il livello di tensione. I due ugelli sono collegati alle due estremità di un dispositivo pneumatico che comanda il rullo di pressione in poliuretano. L'equilibrio delle pressioni si traduce in un livello costante della tensione della banda.

La velocità angolare del rullo deformabile in poliuretano varia con il variare della pressione che esso esercita sul rullo conduttore collegato al moto della rotativa: se aumenta la pressione la velocità diminuisce e viceversa.

Le variazioni segnalate dal meccanismo di misurazione della tensione agiscono sul dispositivo pneumatico, il quale comanda gli eccentrici che muovono nei due sensi il rullo di pressione. Le differenze di pressione che si realizzano a causa dei cambiamenti di tensione del nastro, man mano che questo si svolge dalla bobina, fanno sì che gli eccentrici agiscano in modo che il rullo di pressione ristabilisca la tensione voluta.

3.2. Dispositivi per la regolazione del registro

3.2.1. Generalità
Nelle macchine da foglio si fa distinzione tra il registro di puntatura ed il registro tra gli elementi di stampa. Il primo è importante per piazzare nella esatta posizione la stampa rispetto ai bordi del foglio, ma anche per assicurare un perfetto registro tra i colori, qualora il lavoro venga eseguito in più passate.

Nelle macchine da bobina esistono dispositivi del tutto simili per la registrazione laterale e circonferenziale, ma il problema del perfetto registro tra i successivi colori presenta aspetti più complessi a causa dell'instabilità del nastro, che può spostarsi lateralmente causando errori di registro e può, inoltre, variare di lunghezza nel percorso tra un elemento di stampa e il seguente, causando errori di registro circonferenziale.

In molte macchine offset da bobina non si usano dispositivi per il controllo del registro, grazie al fatto che il percorso del foglio tra un elemento ed il successivo è breve ed il nastro può essere assoggettato ad una notevole tensione, che lo stabilizza. Nelle rotative rotocalco invece il nastro è costretto a compiere lunghi percorsi tra gli elementi di stampa: piccole variazioni nella tensione o nelle caratteristiche stesse del nastro causano errori di registro che devono essere rilevati e corretti istantaneamente. Molti di questi dispositivi, alcuni dei quali assai sofisticati, sono di uso corrente, con ottimi risultati.

La trattazione perciò si riferirà ad entrambi i procedimenti di stampa. I controlli del registro circonferenziale e della tensione del nastro riducono lo scarto al cambio bobina a valori estremamente bassi, spesso inferiori ai 20 metri di nastro. Contemporaneamente Io scarto causato dal controllo manuale del registro laterale, è aumentato a causa soprattutto dell'aumento delle velocità di stampa avvenuto negli ultimi anni. Conseguentemente si sente l'esigenza di un controllo automatico del registro per ridurre lo scarto al cambio di bobina entro valori ragionevoli.

3.2.2. Registro laterale
Mentre le variazioni nel registro circonferenziale sono causate da mutamenti della tensione e dell'elasticità del nastro, le variazioni di registro laterale sono causate anzitutto da caratteristiche della carta che possono modificare leggermente la traiettoria del nastro lungo la macchina. Ciò sovente avviene dopo un cambio. La seconda causa di variazioni di registro laterale è data dall'instabilità nella posizione laterale del cilindro di stampa.

Infine una variazione di tensione del nastro può causare un errore laterale, pertanto è preferibile piazzare il dispositivo di controllo del registro laterale a metà della larghezza del nastro, per facilitare la sovrapposizione del secondo colore sul primo.

3.2.3. Misura del registro laterale
La misura del registro circonferenziale è relativamente facile poiché il movimento del nastro può essere utilizzato per portare il contrassegno di registro sotto un sensore ottico. La misura del registro laterale è invece più complicata perché non vi è una componente laterale della velocità del nastro. E bensì possibile realizzare un sensore ottico nel quale una lama di luce attraversi trasversalmente il nastro, ma ciò crea complicazioni, particolarmente dove le esigenze di velocità sono alte ed i contrassegni di registro sono piccoli.

Una soluzione alternativa è usare contrassegni di registro nei quali un lato forma un angolo con la direzione del nastro (fig. 214).

Per chiarire il problema del controllo automatico del registro laterale (ed anche parzialmente quello circonferenziale) si accenna ai dispositivi necessari in una macchina da bobina rotocalco (fig. 215).

Il controllo del registro laterale in una macchina da bobina rotocalco avviene: all'entrata del nastro nel primo elemento di stampa, all'entrata nel primo elemento della volta, all'entrata della taglierina ed all'entrata della piegatrice.

In un sistema automatizzato di controllo del registro laterale, il rilevamento della posizione del nastro può essere effettuato con due dispositivi, ottici o pneumatici, disposti ai bordi del nastro. Esistono anche rilevatori disponibili ad un solo bordo del nastro.

La correzione dell'errore laterale all'entrata del nastro nel primo elemento di stampa rotocalco avviene agendo sullo spostamento assiale del portabobine. Qualora si verifichi uno spostamento laterale del nastro negli elementi di stampa successivi al primo si potrebbe agire sia con un sistema di rulli di guida All'entrata di quell'elemento, sia sullo spostamento assiale del cilindro rotocalco. La prima soluzione non è preferibile perché potrebbe essere causa di tensioni del nastro, con pericoli di rottura dello stesso. Inoltre, tramite un guidanastro, la correzione laterale avverrebbe in un tempo relativamente lungo, proporzionale a diversi fattori quali: forze tangenziali operanti sul nastro, elasticità del supporto, pressione dell'elemento di stampa, modificata geometria del dispositivo di guida, ecc.

Pertanto, in una macchina da bobina rotocalco, si preferisce agire sullo spostamento assiale del cilindro per la correzione del registro laterale negli elementi di stampa successivi al primo. La correzione del registro laterale all'entrata del primo elemento stampante la volta, oppure all'entrata del nastro nella piegatrice avviene, generalmente, con rulli guidanastro.

I dispositivi per la guida laterale del nastro sono costituiti da: un sistema di rilevazione, un sistema di controllo, un dispositivo per l'effettivo spostamento fisico del nastro. Si accennerà di seguito ad alcune caratteristiche ditali dispositivi.

3.2.4. Rilevatori del registro laterale
Il sistema di rilevazione è composto da testine di esplorazione del bordo del nastro o di un elemento stampato sullo stesso. Le teste inviano sul nastro radiazioni elettromagnetiche: nel caso esse siano nel campo del visibile, il fascio luminoso ha mediamente un diametro di circa 1 mm e può rilevare, per riflessione, segni stampati di pochi millimetri. Vengono usate anche teste emettenti nell'infrarosso, con lettura per trasparenza, per il controllo del bordo del nastro.

E usata una sola testa di rilevazione nel caso di controllo di un segno stampato o di un bordo del nastro. Sono usate due teste di rilevazione nel controllo di entrambi i bordi del nastro.

La rilevazione del segnale può avvenire sia su materiali opachi (carta), sia su materiali trasparenti (cellophane), sia su materiali riflettenti (alluminio), tramite potenziometri che controllano la rilevazione del segnale. Ogni testa di lettura è dotata di fotoresistenza per la misurazione dell'energia elettromagnetica riflessa o trasmessa. I segnali elettromagnetici, convertiti in segnali elettrici, sono inviati all'unità di controllo.

Il dispositivo di controllo comanda il sistema di spostamento laterale del nastro, confrontando i dati rilevati dal sistema di lettura con quelli impostati dall'operatore. Sull'unità di controllo sono disposti alcuni comandi molto semplici: potenziometri per la regolazione del segnale rilevato e per l'azzeramento di lettura, commutatore per il funzionamento manuale o automatico, eventuali scale di lettura del segnale rilevato.

Il comando di spostamento laterale può agire su diversi organi della macchina da stampa; a volte agisce sugli organi stampanti, altre sulla bobina, altre ancora su rulli guida del nastro.

3.2.5. Dispositivi di spostamento laterale del nastro
Nel processo rotocalcografico, come già accennato, lo spostamento laterale tra gli elementi di stampa avviene, generalmente, per traslazione assiale dei cilindri stampanti.

Per il controllo dello svolgimento della bobina, oppure nel caso di riavvolgimento della stessa per successive lavorazioni, nel gruppo alimentatore, viene preferito il comando dello spostamento laterale della stessa. L'unità di controllo corregge l'errore tramite una valvola elettro-idraulica (o pneumatica) che agisce su un cilindro collegato all'asse della bobina (fig. 216).

Altro sistema per la guida laterale del nastro può avvenire per mezzo di rulli pivottanti, disposti nei punti adatti della macchina da stampa. I rulli guidanastro sono costituiti da una coppia di cilindri di acciaio in grado di ruotare attorno al loro asse (fig. 217). Essi sono comandati dall'unità di controllo, a sua volta connessa con la testa di rilevazione, posta a valle dei rulli guida.

Il carrello ospitante i rulli guidanastro costringe la banda ad una rotazione complessiva di 3605 nella quasi totalità dei casi. Infatti il nastro viene deviato nel carrello tramite un rullo di rinvio, con un angolo di circa 905. Sui rulli guida, il nastro segue una deviazione di 1805, ovvero viene nuovamente inviato nella direzione di provenienza. In ultimo, un rullo di rinvio, costringe il nastro ad un'altra deviazione di circa 905, in modo tale che la direzione ultima della banda sia pari a quella di provenienza.

Il nastro sottoposto all'azione dei rulli pivottanti può subire tensioni ai suoi bordi, che comunque saranno ripartite dal sistema di rulli.

La velocità di spostamento laterale della banda tramite carrelli di rulli pivottanti è di qualche mm al secondo.

3.2.6. Registro circonferenziale
La variazione del registro in senso parallelo alla circonferenza degli elementi stampanti è principalmente dovuto a variazioni di tensione del nastro, per effetti diversi. La causa più comune di variazione del registro longitudinale del nastro è il cambio bobina (fig. 218).

Possono verificarsi, però, inconvenienti di registro anche per motivi legati all'elasticità del materiale di cui è costituito il nastro, alla sua anisotropia, alla non corretta umidificazione interna della bobina, ecc.

I sistemi automatici di correzione del registro comprendono: dispositivi di rilevazione e di confronto tra due segni di riferimento, l'elaborazione dei segnali rilevati, sistemi di compensazione della tensione del nastro oppure sistemi che agiscono sulla velocità angolare dei cilindri di stampa.

E indispensabile il controllo automatico del registro circonferenziale nelle macchine da bobina in cui il percorso del nastro tra gli elementi stampanti sia lungo e tortuoso, oppure nei procedimenti di stampa in cui occorre essiccare l'inchiostro tramite energia termica tra due elementi di stampa successivi. In quest'ultimo caso sono inevitabili deformazioni dei supporti cartacei.

3.2.7. Misura del registro circonferenziale
La misura del registro in senso longitudinale allo svolgimento del nastro può avvenire con due metodi di rilevazione diversi: il sistema «marca/marca» (o nastro/nastro) o quello «marca/cilindro».

Nel primo metodo di lavoro, caratteristico di alcuni procedimenti di stampa come, ad esempio, il rotocalco per edizioni, avviene il confronto di due segni di riferimento, stampati sullo stesso lato del foglio, paragonando la loro posizione reciproca sul nastro. Nel controllo marca/cilindro avviene il confronto tra un unico segno di registro, rilevato sul nastro, e la posizione angolare di ciascun cilindro di stampa successivo, rilevato da un sistema sincronizzato alla velocità della macchina da stampa oppure da un generatore d'impulsi.

Nel caso di controllo nastro/nastro, possono essere usate due teste di rilevazione per ogni gruppo stampante successivo al primo: esistono, però, teste di rilevazione in grado di leggere la distanza reciproca di due segni di riferimento contemporaneamente. Se il principio di lavoro prevede l'uso del controllo nastro/cilindro, occorre una sola testa di lettura. Tramite un commutatore si può spostare il comando da un sistema di rilevazione all'altro.

Il sistema di controllo nastro/cilindro è anche usato nella stampa d'imballaggi, dove esiste una minore disponibilità di spazio per la marca sul nastro; oppure nel controllo del registro tra la bianca e la volta, nelle macchine rotocalco o offset a satellite, all'entrata del nastro nella piegatrice.

Nelle macchine offset da bobina con elementi in linea le variazioni di registro circonferenziale sono provocate soprattutto da differenti tensioni del nastro. Nella stampa pluricolore, il percorso del nastro è lineare tra gli elementi di stampa, senza rulli compensatori della tensione intermedi, perciò la verifica del registro avviene soprattutto confrontando il registro tra bianca e volta, comunque dopo il gruppo essiccatore (fig. 219).

In sistemi di controllo più sofisticati del registro nelle macchine offset da bobina ad elementi, viene previsto il controllo dei colori tramite tante teste rilevatrici quanti sono i colori, meno il primo, con correzione del registro di ogni elemento della bianca e della volta. La correzione del registro può allora avvenire operando, se non esistono problemi meccanici di sfasamento tra i cilindri, sulla rotazione angolare dei cilindri della bianca relativamente a quelli della volta.

Nelle macchine offset da bobina a satellite (fig. 220), ove i gruppi stampanti sono piazzati intorno ad un comune cilindro di pressione centrale, grazie sia al breve tratto di nastro tra i gruppi stampanti di un lato del foglio, sia al buon controllo del grande cilindro di pressione, non sono necessari dispositivi di controllo del registro, salvo quelli tra la bianca e la volta.

La testa di lettura è costituita da una lampada, il cui fascio luminoso incidente sul supporto è captato da una o più fotoresistenze; possono esistere anche sistemi di rilevazione costruiti con semiconduttori.

In alcuni dispositivi la ricerca dei riferimenti di registro è automatica; le teste di lettura sono in grado di individuare i grafismi interessati tra la rimanente stampa, per mezzo di particolari circuiti logici.

E usato obbligatoriamente il sistema di rilevazione marca/cilindro nel caso di stampa di riferimenti ambigui come vernici trasparenti, registri tra bianca e volta, ecc. Le teste di lettura sono collegate a potenziometri per il controllo di riferimenti di cui è difficoltoso leggere la densità.

I costruttori dei dispositivi di correzione del registro hanno disposto circuiti di rilevamento dell'ampiezza del segnale letto. In tal modo possono essere compensati difetti di funzionamento quali: lampade parzialmente esaurite, variazioni di tensione della corrente e di intensità luminosa delle lampade, polvere sui rilevatori, colori tenui o con scarso contrasto, macchie o segni accidentali sul nastro, ecc.

Il contrassegno da rilevare, come già accennato, si presenta con forme diverse, generalmente con forma trapezoidale (fig. 221) o a triangolo rettangolo. L'altezza dei contrassegni è parallela alla circonferenza del cilindro di stampa, in modo tale che la lettura della marca avvenga con la rilevazione ottica della marca nella sua parte obliqua. La testa di lettura rileva il tempo di permanenza sotto di essa di due marche identiche, stampate da due elementi diversi.

Il segnale luminoso è convertito in segnali elettrici, questi sono inviati all'unità di calcolo e controllo per la valutazione dell'eventuale errore. L'elaboratore provvede al confronto tra i due segnali rilevati, precedentemente trasformati in oscillogrammi ad onda quadra, comandando il rullo tenditore apposito. I più evoluti tra questi dispositivi sono in grado non soltanto di rilevare l'errore istantaneo di registro, ma anche di prevedere gli errori susseguenti, prendendo come base l'andamento dell'errore tra due rilevazioni consecutive. Anziché correggere il registro in base all'errore, si opera in funzione della «tendenza» degli errori, con il vantaggio di ottenere una risposta più pronta e, quindi, una correzione più tempestiva.

La correzione del registro longitudinale avviene mediante motoriduttori in corrente continua, molto più rapidi dei motori trifase, oppure con motori slo-syn, che agiscono sui rulli tenditori opportunamente dislocati nei punti adatti della macchina da stampa.

La capacità di correzione massima di quasi tutti i dispositivi Si aggira intorno a + 10 mm. La sensibilità di rilevazione e controllo del registro, garantita da tutti i dispositivi, è compresa tra i + 20 mm.

3.3. Rilevatore della rottura del nastro

La sua funzione è quella di fermare immediatamente l'impianto appena si verifichi una rottura del nastro od anche una lesione dello stesso. Gli impianti che stampano da bobina girano generalmente molto veloci e se l'arresto per la rottura del nastro non è automatico ed istantaneo, i cilindri possono compiere alcune decine di giri prima che l'operatore riesca a fermare l'impianto. Ciò può significare che nel frattempo il nastro è andato ad avvolgersi intorno ai cilindri, ai rulli inchiostratori, e le operazioni di riavviamento, già di per sé lunghe e scomode, sono ancora aggravate dal tempo occorrente per liberare la macchina dai residui di carta.

Con un rilevatore efficiente e una frenatura rapida dell'impianto, questo può essere fermato automaticamente entro 3 o 4 giri dei cilindri.

I rilevatori di rottura dovrebbero essere piazzati in diversi punti dell'impianto, come per esempio dopo ogni elemento di stampa e prima della piegatrice o della macchina per uscita a fogli. Inoltre dovrebbero essere in numero sufficiente a controllare tutti i nastri che l'impianto stampa contemporaneamente. I rilevatori di rottura si costruivano inizialmente di tipo interamente meccanico; oggi si preferiscono tipi pneumatici o fotoelettronici per la garanzia di funzionamento e perché operano senza toccare il nastro.

Nei rilevatori di rottura del nastro di tipo pneumatico, un getto costante d'aria viene emesso da un ugello (fig. 222) lateralmente al nastro. L'elemento sensibile sottostante non può reagire fino a quando il nastro è integro. Quando il nastro si rompe, il getto raggiunge l'elemento sensibile che immediatamente aziona il sistema di bloccaggio di emergenza.

Nei tipi elettronici la funzione di elemento rilevatore è affidata a cellule fotoelettriche che generalmente portano incorporata anche la sorgente luminosa (fig. 223). Se il nastro è presente il raggio di luce emesso dalla sorgente luminosa viene riflesso dalla superficie del nastro, va a colpire l'elemento fotosensibile ed il funzionamento dell'impianto continua regolarmente. Se viceversa manca il nastro, la riflessione del raggio di luce non avviene più e l'elemento fotosensibile reagisce azionando il sistema di bloccaggio di emergenza.

3.4. Dispositivi per l'essiccamento dell'inchiostro

3.4.1. Generalità
Negli impianti da bobina l'essiccamento dell'inchiostro è una necessità più sentita che nelle macchine da foglio. Infatti mentre in queste ultime i fogli escono stesi e vengono impilati, negli impianti da bobina il nastro stampato viene generalmente tagliato e piegato subendo delle manipolazioni e delle pressioni che rendono inevitabili il danneggiamento della stampa fresca e la controstampa, a meno che gli inchiostri siano stati prima perfettamente essiccati.

Nelle macchine da foglio l'impilaggio degli stampati può provocare fenomeni di controstampa, ma a ciò si può ovviare più semplicemente spruzzando sui fogli in arrivo liquidi o sostanze pulverulente. Ciò non è possibile negli impianti da bobina e, comunque, non sarebbe sufficiente nel caso di piegatura ed uscita dello stampato sotto forma di segnatura.

Le diverse tipologie degli impianti d'essiccamento, dipendono principalmente dalla composizione degli inchiostri usati. Per esempio gli inchiostri grassi usati in tipografia ed in offset richiedono un trattamento di essiccazione assai diverso dagli inchiostri fluidi con solventi volatili usati in flessografia e rotocalcografia.

Compito di un essiccatore è quello di portare, in un tempo relativamente breve, la pellicola d'inchiostro stampata sul nastro ad una temperatura sufficientemente elevata, in modo che i solventi contenuti nell'inchiostro evaporino completamente, senza danneggiare il supporto. L'essiccatore deve anche asportare i vapori dei solventi e condurli fuori dell'ambiente di lavoro, senza inquinare l'ambiente esterno.

Gli inchiostri termoessiccanti, però, contengono anche sostanze resinose che possono trattenere energicamente le ultime tracce di solvente. Inoltre, la carta, essendo un cattivo conduttore di calore, nelle zone sottostanti alla pellicola d'inchiostro collabora a rendere difficile l'evaporazione di quel solvente già penetrato al suo interno per fenomeni di capillarità. I problemi riguardanti l'essiccamento dell'inchiostro nelle macchine da bobina offset non sono ancora definitivamente risolti, in quanto riscaldando la superficie stampata si possono formare pellicole secche superficiali che racchiudono all'interno del solvente. Anche l'umidità interna del nastro di carta può formare vapore racchiuso in bolle al di sotto della pellicola d'inchiostro superficialmente essiccato.

Gli essiccatori si basano sui seguenti tipi di funzionamento:

  • - tamburo riscaldato su cui si avvolge il nastro nella sua faccia non stampata, contenuto in recipiente dove viene soffiata aria calda;
  • - bruciatori multipli e fiammelle di gas a contatto diretto con il nastro di carta per un tempo brevissimo;
  • - successione di lame d'aria calda e di zone d'aspirazione, con aria calda iniettata a grande velocità.
Nella descrizione che segue verranno trattati esempi tipici di dispositivi di essiccamento usati rispettivamente per inchiostri grassi (stampa offset) e per inchiostri fluidi (flessografia e rotocalcografia).

3.4.2. Dispositivi d'essiccamento per stampa offset da bobina
I primi impianti offset da bobina non avevano il forno e producevano lavori di bassa qualità su carta scadente, ora confinati alla stampa dei quotidiani. Si sentì la necessità del forno quando si cercò di eguagliare la qualità di stampa delle offset da foglio con carta di buona qualità ed anche patinata.

Oggi tutte le offset da bobina per la stampa di qualità sono progettate e costruite per funzionare con il forno a bruciatori multipli oppure con il dispositivo ad aria calda, specialmente in considerazione delle numerose piegature da effettuare e delle alte velocità alle quali oggi il nastro procede in fase di produzione, oltreché ovviamente degli organi e delle superfici metalliche con i quali il nastro stampato viene a contatto

Esistono anche dispositivi combinati che uniscono gli effetti dei bruciatori multipli a quelli della successione di zone d'aria calda intervallate da zone d'aspirazione (fig. 224).

La presenza del dispositivo ad aria calda risulta necessario perché il nastro procedendo a velocità sostenuta, trascina con sé filetti di gas ad esso adiacenti; necessita quindi un getto d'aria, trasversale alla direzione del movimento del nastro, alquanto veloce per portare via questi gas indesiderati. Per ogni nastro occorrono due sezioni come quella descritta.

Generalmente si costruiscono forni capaci d'essiccare fino a quattro nastri; per più di quattro nastri occorrono più forni.

Si sono sviluppati forni d'essiccamento per macchine da bobina offset con ugelli ad aria calda, posti su entrambi i lati del nastro; questi, non sviluppando fiamme come i bruciatori, sono meno pericolosi. Anche se il percorso del nastro in un forno a bruciatori è inferiore a mezzo secondo ed un dispositivo automatico spegne le fiamme dei bruciatori nel caso di rallentamento della velocità del nastro, può esistere l'inconveniente che il nastro urti gli ugelli delle fiammelle ancora molto caldi, subendo graffiature superficiali della pellicola d'inchiostro oppure subendo tracce di bruciature. Usando forni d'essiccamento ad aria calda (fig. 225) con espulsione di questa ad altissima velocità (circa 1400 m/min), il nastro viene mantenuto lontano dalla zona d'emissione dalla stessa forza pneumatica (fig. 226).

Usando un dispositivo ad aria calda possono verificarsi problemi di condensazione all'entrata dell'aria calda nelle fessure, inoltre ogni forno può essere utilizzato per una sola bobina, mentre i forni a bruciatori possono essere costituiti da sezioni spostabili per lavorare con più nastri contemporaneamente o per aumentare la capacità d'essiccamento dell'inchiostro di un nastro introdotto in due sezioni d'essiccamento.

Il controllo dell'emissione dei vapori nell'ambiente esterno può avvenire con post bruciatori, nei quali le tracce di solventi dell'inchiostro offset sono trattate a caldo con catalizzatori e, quindi, emesse senza contaminare l'aria esterna.

3.4.3. Dispositivi d'essiccamento per stampa flessografica e rotocalcografica
I veicoli degli inchiostri flessografici e rotocalcografici sono composti prevalentemente da sostanze liquide alla temperatura di impiego, ma con basso punto di ebollizione. L'evaporazione è facilitata ed accelerata quando gli inchiostri, dopo il trasferimento sul supporto (nastri di carta o altro materiale stampabile), vengono esposti all'azione di correnti di aria calda. Gli inchiostri in tal modo essiccano per evaporazione del solvente.

Il problema dell'essiccamento dell'inchiostro può essere risolto diversamente nelle macchine flessografiche relativamente a quelle rotocalco, anche se gli elementi stampanti rotocalco possono essere anche usati come elementi flessografici in alcuni modelli di macchine, in cui la struttura del gruppo essiccatore è la medesima per i due procedimenti.

Nelle macchine flessografiche da bobina è sovente necessario l'impiego di apparecchiature di essiccazione effettuata tramite riscaldamento e ventilazione, non tanto nella stampa della carta, materia di per sé stessa molto assorbente, quanto nella stampa di materie poco assorbenti quali laminati d'alluminio, cellophane e materie plastiche in generale.

Nelle macchine flessografiche a satellite, con cilindro centrale di pressione (fig. 227), spesso usate per lavori di qualità, si semplifica l'inserimento di dispositivi d'essiccamento aumentando la distanza tra le unità di stampa.

I più diffusi tra questi dispositivi sono rappresentati da lampade a raggi infrarossi inserite tra un'unità e la successiva, oppure dispositivi soffiatori di lame d'aria calda.

I dispositivi d'essiccazione posti tra gli elementi stampanti della macchina flessografica favoriscono solo un'essiccazione parziale dell'inchiostro, ma sufficiente per una buona sovrapposizione dei colori. L'essiccazione completa dell'inchiostro flessografico avviene nel tunnel posto sulla campata del ponte della rotativa. Qui una serie di ugelli proietta getti di aria calda là dove il nastro appoggia su rulli guida-nastro, per evitare alterazioni dimensionali del supporto stampato. Uscite aspiranti sono intorno ad ogni ugello emettitore d'aria calda, in modo da eliminare i gas ed i prodotti esausti dalla zona d'essiccamento.

I gruppi d'essiccamento delle macchine rotocalco da bobina sono posti nelle dirette vicinanze di ogni gruppo stampante. Generalmente sono disposti sopra all'elemento stampante e sono costituiti da una cappa aspirante che ricopre un tamburo o una serie di rulli, i quali permettono l'avanzamento del nastro, venendo a contatto della superficie non stampata di questo (fig. 228).

Mentre in generale gli inchiostri tipografici ed offset essiccano per penetrazione e soprattutto per ossidazione della pellicola, gli inchiostri rotocalcografici essiccano principalmente per evaporazione del solvente.

Tra i vari metodi per l'evaporazione del solvente, quello ottenuto proiettando grandi quantità d'aria si è dimostrato come il più conveniente.

Si usa aria a temperatura ambiente o moderatamente riscaldata in modo da non avere variazioni dimensionali del nastro di carta nel passaggio da un gruppo di stampa al successivo e per non creare situazioni di pericolo per il basso punto d'infiammabilità dei solventi usati. Questi, infatti, necessari per mantenere la corretta fluidità dell'inchiostro, potrebbero disperdersi nell'ambiente di lavoro, e creare problemi per la sicurezza delle persone e di economicità per l'azienda,

Le esalazioni dei vapori dei solventi degli inchiostri rotocalco sono infatti nocive per il personale esposto per lunghi periodi, inoltre sono facilmente infiammabili, per cui per effetto di fenomeni di elettricità statica o a causa di altri inneschi, potrebbero dare origine ad incendi. Il costo elevato dei solventi, inoltre, ne giustifica il recupero, anche sotto il profilo economico.

L'impianto della macchina rotocalco da bobina, quindi, prevede l'aspirazione dei solventi evaporati non solo dalla superficie del nastro stampato, ma anche sul gruppo stampante e sul calamaio dell'inchiostro. I vapori captati dal gruppo aspirante sono inviati, tramite tubazioni, nell'impianto di recupero dei solventi.

In taluni casi, disponendo di aspiratori e di cappe ottimizzate, si arriva a recuperare oltre il 100% del solvente immesso nell'inchiostro dallo stampatore, poiché si recupera anche la quantità di solvente messa dai fabbricanti d'inchiostro.

3.5. Dispositivi di raffreddamento

Prima che il nastro di carta, proveniente dai forni essiccatori o dai tunnel di essiccazione, subisca ulteriori operazioni quali il taglio e la piega oppure il riavvolgimento in bobina, è necessario riportare la carta nelle condizioni di temperatura normale.

Il nastro, in una macchina offset da bobina, raggiunge nel forno, per un lavoro a quattro colori con media copertura d'inchiostro, una temperatura di circa 150 5C. E quindi necessario ritornare alle condizioni normali sia perché l'inchiostro dev'essere raffreddato per ancorarsi alla carta, sia perché il nastro, che a questa temperatura ha subito alterazioni dimensionali, riprenda le sue normali caratteristiche prima di giungere alla piegatrice.

In una macchina da bobina offset il nastro viene fatto passare, immediatamente a valle del forno d'essiccazione, su calandre di raffreddamento. Ciascuna calandra è formata da due cilindri coassiali, nell'intercapedine scorre l'acqua di raffreddamento.

Nell'intercapedine stessa si trova anche un inserto elicoidale in gomma che regola il flusso dell'acqua in modo che il raffreddamento risulti più uniforme possibile lungo tutta la superficie della calandra stessa, aumentandone l'efficienza (fig. 229). Le calandre di raffreddamento, in un sistema ad elementi in linea, sono azionate dal motore principale dell'impianto attraverso un gruppo differenziale a velocità variabile, simile a quello descritto e installato sui gruppi di alimentazione del nastro.

La regolazione della differenza di velocità della calandra e di quella dei rulli a piramide del gruppo d'alimentazione, determina la tensione del nastro in una macchina offset da bobina. Nelle macchine da stampa flessografiche a satellite in cui si possono trovare i dispositivi per l'essiccazione anche tra gli elementi stampanti, oltre al tunnel d'essiccamento, il medesimo cilindro di pressione può svolgere la funzione di calandra di raffreddamento per il nastro, grazie alla circolazione d'acqua fredda internamente al cilindro, nelle zone adiacenti alla sua superficie.

Oltre alle calandre di raffreddamento, sono previsti, in alcune macchine da bobina dei gruppi di riumidificazione del nastro di carta. Dopo il passaggio in forno, infatti, il nastro di carta perde una certa quantità d'umidità interna. Quando la carta non è collata sufficientemente possono verificarsi problemi di distacco di piccole fibre dalla superficie del nastro, che, oltre a provocare fastidi all'ambiente di lavoro, possono depositarsi all'interno della macchina da stampa stessa, costringendo a fermi macchina inopportuni.

Con la riumidificazione del nastro, per mezzo di nebulizzatori, posti all'uscita della calandra o, comunque, prima della piegatrice, la carta riacquista alcune caratteristiche originarie; vengono evitati fenomeni di elettricità statica dovuti alla scarsa umidità interna del nastro in uscita dal forno e con carte di scarsa qualità, le fibre non vengono portate nell'ambiente. Di queste s'accennerà più avanti, nella sezione riguardante l'uscita delle macchine da bobina offset.

In una macchina offset da bobina (Man-Roland) è presente anche un dispositivo di sicurezza contro le rotture dei nastri di carta. La lunghezza relativamente grande di quel tratto di nastro compreso tra l'ultimo gruppo di stampa offset e la calandra di raffreddamento, senza supporti e Sotto l'azione del calore sviluppato dal forno, comporta il rischio della rottura del nastro.

Quando ciò avviene, l'estremità del nastro spezzato, non sottoposto ad alcuna tensione, tende ad avvolgersi attorno al cilindro del telo gommato dell'ultimo gruppo stampante, per effetto della forza d'adesione dell'inchiostro. Nel periodo che intercorre tra la rottura del nastro ed il completo arresto della macchina, il nastro di carta entra ancora a grande velocità nell'ultimo gruppo stampante, avvolgendosi attorno al cilindro del telo gommato, con evidenti pericoli di danneggiamento dello stesso e di sicure perdite di tempo per la pulizia dell'elemento di stampa.

Il dispositivo di sicurezza contro le rotture del nastro è situato tra l'ultimo elemento di stampa ed il forno essiccatore. Esso è costituito da una coppia di rulli che, ruotando alla medesima velocità del nastro, sfiorano la superficie della carta senza toccarla durante le fasi normali di stampa. Nel caso di rottura del nastro, viene trasmesso dai rilevatori un segnale ad un elettromagnete, il quale permette l'azione di molle precaricate, a loro volta agenti sui due rulli, che afferrano il nastro e lo trascinano fino a quando questo è fermo. Sui due rulli il nastro può avvolgersi senza pericolo di danni agli elementi stampanti. Per mezzo di giunti a frizione collegati ai due rulli, inoltre, il nastro può avvolgersi anche aumentando notevolmente il diametro di un rullo, senza pericolo di rottura secondaria provocata dall'aumentata velocità periferica del rullo di trazione il cui diametro è aumentato (fig. 230).

3.6. Sistemi di uscita del nastro dalle macchine da bobina

Un impianto rotativo da bobina può presentare uscite molto diversificate in relazione alle esigenze degli stampati per cui è progettato. Nella maggioranza dei casi si può riassumere il tipo di uscita secondo tre casi generali: uscita in segnatura nel formato desiderato, riavvolgimento del nastro in bobina per ulteriori operazioni, uscita in foglio piano.

Le attrezzature che realizzano i diversi tipi d'uscita da una macchina da bobina sono denominati:

  • - piegatrice;
  • - macchina per uscita a fogli;
  • - riavvolgitrice.
Ditali dispositivi e di altri complementari ad essi si tratterà nei paragrafi che seguono.

3.6.1. Piegatrice
La piegatrice è l'elemento che maggiormente caratterizza una rotativa da bobina e ne stabilisce la versatilità. La vasta gamma di operazioni che possono essere effettuate in questo elemento rende ardua una classificazione delle piegatrici e delle loro funzioni.

Tramite dispositivi particolari si può, secondo le esigenze tagliare il nastro, piegare la segnatura una o più volte, perforarla, incollarne il dorso oppure pinzarlo o cordonarlo, apporre etichette, raccogliere ed impacchettare le segnature in uscita.

In generale sono da distinguere le piegatrici per macchine rotocalco da bobina, in cui il formato della segnatura in uscita può, entro certi limiti, essere variabile, da quelle per offset da bobina, che non possono variare la circonferenza dei cilindri portalastra (eccetto nelle macchine senza piegatrice). Quindi l'impianto offset da bobina risulta più rigido, nella gamma dei formati, di un corrispondente impianto rotocalco, in cui il diametro dei cilindri portaforma può relativamente variare. La piegatrice a formato variabile è caratteristica delle macchine rotocalco da bobina.

La piegatrice comunque ha le seguenti funzioni principali: ricevere il nastro stampato a registro, tagliarlo, piegare più volte il foglio a seconda del formato desiderato. Le piegature del nastro o del foglio hanno in comune una prima piega eseguita sul cono, quindi il nastro viene tagliato e piegato da altri dispositivi, che in una macchina offset da bobina sono comunemente i seguenti:

  • - Tabloid: formato ottenuto mediante una seconda piega, parallela all'asse dei cilindri, controfibra e denominata piega parallela.
  • - Doppio Digest: formato ottenuto mediante una terza piega, parallela all'asse dei cilindri, controfibra e denominata doppia piega parallela.
  • - Rivista (Magazine): formato ottenuto mediante una prima piega parallela all'asse dei cilindri (come il tabloid) ed una seconda trasversale, mediante un coltello.
Sono numerosi i tipi di piega ottenibili con l'aggiunta di dispositivi opzionali (formato album, digest, quadrato, ecc.) oppure con il passaggio di nastri di larghezza inferiore a quello dei cilindri.

Il nastro, oppure i nastri sovrapposti fino ad un massimo di sei, purché non superino un certo spessore complessivo per un corretto lavoro della piegatrice, viene condotto a registro dal gruppo di raffreddamento, o direttamente dall'ultimo elemento di stampa, alla parte superiore del cono di piega (fig. 231). Superiormente a questo è posto un rullino che può tagliare il nastro stesso a metà larghezza, oppure può perforarlo per facilitare le operazioni di piegatura successive.

Il cono di piega è una piastra metallica, cromata, di forma triangolare, fornita di ugelli attraverso i quali viene soffiata aria con una certa pressione.

Il nastro continuo scorre su questa piastra, piegandosi nella sua linea mediana, scivolando sul cuscino d'aria che si viene a formare tra cono di piega e nastro. Si evita così un contatto diretto tra metallo e carta stampata.

Il nastro, al termine del cono di piega, viene pressato nella prima piega trasversale ai cilindri, da due rulli guida, la cui funzione è importantissima per assicurare la tensione del nastro in uscita dalla macchina da stampa e per modificare la forza di trazione allorché si debba operare con spessori diversi.

Il nastro prosegue il suo percorso nella piegatrice incontrando due coppie di rulli, uno dei quali lo perfora parallelamente al senso di avanzamento del nastro, l'altro in senso controfibra. Le perforazioni vengono effettuate là dove avverrà l'eventuale piega successiva, per facilitarla, specie nel caso di più nastri sovrapposti. La perforazione longitudinale (parallela al senso fibra) favorisce la piega a coltello del formato rivista, la perforazione trasversale al senso di marcia dei nastro avviene là dove avverrà la piega parallela che definisce il formato tabloid (fig. 232).

Il nastro viene condotto, tramite rulli di trazione, al gruppo costituito dal cilindro di taglio, da quello d'accumulo e dal cilindro di piega trasversale (fig. 233). Il cilindro d'accumulo afferra il nastro dove questo è tagliato trasversalmente alla sua direzione di marcia dalla lama posta sul cilindro di taglio.

Nelle piegatrici di modelli più vecchi, sul cilindro d'accumulo erano posti aghi per trattenere il nastro nel momento del taglio trasversale, nelle piegatrici attuali esistono barre portapinze. Sul cilindro d'accumulo è montato un coltello che, fuoriuscendo circa a metà dello sviluppo longitudinale del foglio tagliato, lo inserisce nelle ganasce dell'adiacente cilindro di piega. Queste, afferrando il foglio, ne determinano la prima piega parallela. Da notare che in questa fase il nastro ha subito due pieghe, una dal cono ed una dalle ganasce del cilindro piega, perpendicolare alla prima, pertanto il prodotto è costituito, se l'entrata in piegatrice è avvenuta con un solo nastro, da otto pagine di grande formato (circa 30x50 cm), le cui dimensioni corrispondono a metà della circonferenza della lastra, per un lato, ed a metà della larghezza della lastra, per l'altro.

La segnatura, a questo punto, può essere condotta direttamente all'uscita tramite nastri trasportatori, dando origine al formato tabloid. Per ottenere altri formati, la segnatura deve subire altre lavorazioni. Ad esempio, nel caso di ottenimento del formato rivista, la segnatura viene arrestata in una stazione intermedia in cui un coltello di piega, che agisce trasversalmente alla piegatura precedente, inserisce la segnatura stessa tra due cilindri accostati, effettuando la terza piega (fig. 233 a sinistra). Si ottiene così la segnatura nel formato «rivista», costituita da sedici pagine, le cui dimensioni corrispondono, se l'entrata in piegatrice è avvenuta con un solo nastro, a mezza circonferenza della forma stampante, per il lato cucitura, e ad un quarto dell'asse del cilindro di stampa, per la base del fascicolo.

Qualora si voglia ottenere il formato «doppio digest», la segnatura che ha subito le prime due pieghe, al cono e tra le ganasce del cilindro di piega, può essere trasferita in un secondo cilindro di piega (fig. 233 a destra). Una lama posta sul primo cilindro di piega (di diametro doppio) inserisce la segnatura sul secondo cilindro di piega (di diametro metà del primo). Apposite ganasce afferrano il fascicolo effettuando la seconda piega parallela alla prima. Si ottiene una segnatura costituita da 16 pagine, le cui dimensioni sono, nel caso d'entrata di un solo nastro in piegatrice, pari a mezza lunghezza dell'asse del cilindro di stampa nel senso della cucitura e ad un quarto della circonferenza del cilindro di stampa nel senso della base del fascicolo.

Ovviamente i cilindri di perforazione e di piega sono muniti di regolazioni per il registro circonferenziale. Questo è importante sia per una messa a registro della piega sia per ottenere l'unghiatura desiderata.

A questa che è la piegatrice vista nella sua configurazione standard può essere aggiunta tutta una serie di dispositivi particolari per eseguire determinate operazioni, di cui si accennerà brevemente al termine del presente paragrafo.

Possono esistere anche piegatrici dotate di due coni di piega affiancati, che permettono di lavorare con due nastri per segnature speciali (fig. 234).

Si descrive, accennando alle piegatrici delle rotative da bobina rotocalco, un modello della ditta Cerutti, il cui aspetto più saliente è la presenza di una taglierina «formato variabile», ovvero in cui è possibile controllare l'azione del coltello di taglio trasversale del nastro.

Nell'uscita delle macchine rotocalco da bobina, generalmente usate con piegatrici per la produzione di lavori paraeditoriali, il nastro presenta una larghezza quasi sempre maggiore di quello usato nelle rotative offset: può raggiungere i 240 cm di larghezza. Pertanto il nastro viene dapprima tagliato longitudinalmente da coltelli circolari folli e controcoltelli comandati meccanicamente (fig. 235). Il gruppo di taglio può lavorare in una camera in cui esiste una depressione pneumatica, affinché la polvere prodotta dall'azione di taglio possa essere asportata dalla piegatrice. Le strisce tagliate longitudinalmente vengono condotte al gruppo delle barre diagonali.

Queste sono montate su carrelli, il cui spostamento trasversale è controllabile tramite motori Slo-syn. Anche i rulli compensatori che controllano le strisce del nastro in uscita dal gruppo barre diagonali sono registrabili accuratamente, affinché le strisce stesse giungano sovrapposte a registro al cono di piega, o a due coni di piega (fig. 236). Al termine del cono, le strisce sono controllate da una serie di rulli di traino, analoghi a quelli delle piegatrici già descritte (fig. 237). Quindi le strisce sono tagliate trasversalmente per ottenere il formato desiderato da un rullo su cui sono montati due coltelli, parallelamente all'asse del rullo, i quali esercitano la loro azione di taglio pressando le strisce contro l'invito in un controrullo. La rotazione dei rulli di taglio è controllabile mediante un motore Slo-syn, per le operazioni di fasatura. Il primo cilindro pinze accumula le segnature, quindi le trasferisce al secondo cilindro pinze, il quale le predispone per l'uscita del ragno, mediante un dispositivo di rallentamento della velocità di uscita.

Si accenna, di seguito, ad altri dispositivi presenti nelle piegatrici, per il loro corretto funzionamento.

Il dispositivo per collatura e/o umidificazione (fig. 238) può essere installato nella parte superiore della piegatrice, per migliorare la qualità delle pieghe nel formato rivista, se usato come umidificatore, oppure per incollare i fogli della segnatura, se utilizzato come stazione di collatura.

Il dispositivo permette di disporre sul nastro, parallelamente al suo senso d'avanzamento, una sottile striscia di colla o di acqua, nella posizione desiderata.

Con l'applicazione della colla si ottiene, nel formato rivista, una segnatura incollata sul dorso, già preparata per il rifilo. L'umidificazione determina un ammorbidimento della carta con conseguente miglioramento della piega successiva.

I raccoglitori o impilatori delle segnature in uscita dalla piegatrice consentono l'immagazzinamento ordinato dei pacchi per le Successive operazioni di legatura e spedizione.

All'uscita della piegatrice, le segnature, eventualmente già suddivise da un dispositivo per il conteggio, possono venire raccolte da apposite attrezzature in vicinanza della stessa piegatrice, oppure condotte, mediante catene, nei locali d'allestimento, nei quali esistono raccoglitori.

Gli impilatori possono funzionare raccogliendo le segnature orizzontalmente o verticalmente. Essi permettono l'inserimento di piatti robusti all'inizio ed alla fine della pila di segnature raccolte, in modo da poterle poi legare e consentirne il trasporto alle attrezzature di confezione.

Il raggruppamento delle segnature, la compressione delle stesse e la legatura della pila sono automatizzate, negli impianti più moderni, applicando microprocessori di controllo delle fasi del lavoro.

Il dispositivo per il registro dei nastri in entrata sulla piegatrice provvede ad un accurato controllo automatico della corretta sovrapposizione degli stessi sul cono di piega, affinché le segnature giungano a registro sul cilindro di taglio trasversale. L'apparecchiatura è costituita da un dispositivo di rilevazione, da motori per l'azionamento di rulli compensatori della tensione del nastro, da un motore e da un'unità di controllo (fig. 239). Nel caso di controllo del registro dei nastri in arrivo alla piegatrice, oltre alla possibilità d'intervenire su un gruppo

tenditore variando la lunghezza del nastro tra l'ultimo gruppo di stampa e il cono di piega, si può intervenire anche con ingranaggi differenziali applicati al meccanismo di taglio trasversale. La correzione avviene per mezzo di motori sincroni di tipo «passo-passo», che hanno la caratteristica di avviarsi o fermarsi istantaneamente.

Grazie a tali motori, si possono condurre ripetute correzioni di registro, ad altissima velocità, senza surriscaldamento. I medesimi possono essere forniti nelle versioni «antideflagranti» e «stagni», per gli evidenti pericoli connessi con l'uso di solventi degli inchiostri rotocalco o flessografici.

L'apparecchiatura di controllo citata può essere utilizzata, con i debiti adattamenti, anche nel controllo dell'uscita del nastro in fogli, come si accennerà più avanti.

3.6.2. Macchine per l'uscita a fogli
Sono utilizzabili in uscita dalle macchine da bobina per lavori di tipo commerciale che non devono essere piegati. A volte i nastri subiscono lavorazioni intermedie, tra l'ultimo gruppo di stampa ed il dispositivo di taglio del nastro in fogli, quali: rifilo del bordo laterale mediante coltelli circolari; perforazioni mediante fustelle montate su rulli; ecc. Il funzionamento è molto semplice e simile all'uscita delle macchine da stampa da foglio.

Il nastro stampato arriva dal gruppo di raffreddamento dopo essere passato, attraverso un dispositivo d'umidificazione (fig. 240). Nel caso di uscita a fogli, l'umidificazione del nastro è importante per due motivi principali:

  • - ridare alla carta l'umidità persa nel forno d'essiccamento;
  • - eliminare o attenuare l'elettricità statica venutasi a creare sulla superficie del nastro durante le fasi di lavorazione a monte; essa renderebbe problematico l'impilamento regolare dei fogli all'uscita.
L'umidificazione permette alla carta di essere maggiormente stabile; il nastro con bassa umidità interna è infatti più fragile, poiché i legami interfibra tendono a rompersi. Inoltre fibre di carta troppo secca tendono a diffondersi nell'ambiente di lavoro al momento del taglio trasversale, con problemi di pulizia ed igiene dell'ambiente.

Nella macchina per l'uscita a fogli, il nastro è guidato per mezzo di rulli traino verso un coltello rotante disposto alla periferia di un cilindro parallelamente al suo asse, in modo da tagliare la banda trasversalmente alla sua direzione d'avanzamento. Successivamente, i fogli tagliati sono condotti da dispositivi speciali, generalmente costituiti da nastri rotanti, che portano i fogli, disposti a squame uno sull'altro, alla pila d'uscita (fig. 241).

Analogamente alle macchine da foglio, sistemi pneumatici e di controllo dell'avanzamento dei fogli, provvedono al rallentamento dei fogli ed al loro corretto impilamento.

Come nella piegatrice così anche nell'uscita a fogli abbiamo un dispositivo per il registro del taglio che può essere di tipo a controllo elettronico ed a funzionamento automatico (fig. 242).

Nonostante i fogli tagliati siano convogliati all'uscita parzialmente sovrapposti (a squame), la velocità deve rimanere notevolmente elevata. Un problema fondamentale è quindi quello di utilizzare l'uscita a fogli solo con carte che permettono di ottenere elevate velocità di stampa, in modo che il rendimento dell'impianto non sia troppo basso.

Anche nell'uscita a fogli come già nella piegatrice si possono, con l'aggiunta di dispositivi particolari, effettuare determinate operazioni quale ad esempio quella di rifilare il foglio in macchina, Un breve cenno merita un particolare dispositivo perforatore o fustellatore che agisce col sistema detto «Litho-perf». Il sistema consiste in due cilindri uno analogo ad un ordinario cilindro caucciù e l'altro ad un cilindro lastra.

Gli elementi perforanti vengono fissati nella disposizione desiderata, sulla lastra montata sul cilindro. Il vantaggio di questo sistema è che la perforazione può essere predisposta facilmente in qualunque punto sia necessaria ed in qualunque configurazione.

3.6.3. Riavvolgitrice
Per talune esigenze particolari può rendersi necessario riavvolgere il nastro stampato in bobina, sia perché debba subire ulteriori lavorazioni, quali per esempio la verniciatura, sia per usarlo in un secondo tempo, ad esempio dopo aver stampato un altro nastro, per essere inviati insieme nella piegatrice.

In altri casi si riavvolge il nastro stampato in modo da riformare una bobina che servirà ad alimentare speciali macchine confezionatrici, per esempio quelle per borse in polietilene, per confezioni da rivestire con stampati (fustini detersivo, ecc.); oppure per stampati in rotocalco da impregnare con resine per la produzione di laminati plastici, carta da parati, ecc.

La struttura ed il principio di funzionamento della riavvolgitrice (fig. 243) sono semplici. Un albero portabobina con mandrini ad espansione, o con serraggio ad aria compressa, blocca il nucleo centrale su cui inizierà l'avvolgimento; esso è comandato da un motore indipendente dall'azionamento dell'impianto.

Il problema principale di una riavvolgitrice è rappresentato dalla velocità di rotazione dell'albero portabobina; essa deve variare con una legge tale che la velocità del nastro che si avvolge si mantenga rigorosamente costante ed uguale a quella della macchina.

Si ricorda, a questo proposito, che la velocità periferica (v) di un punto che si muove sulla circonferenza è direttamente proporzionale al raggio (r) di questa ed alla velocità angolare (w), misurata in numero di giri nell'unità di tempo. Poiché il nastro si avvolge sulla bobina in formazione facendo variare il raggio ad ogni giro dello spessore del supporto stampato, occorre intervenire sulla velocità angolare per mantenere la velocità d'avvolgimento costante:

v = r V w = m Vrad

s

Un dispositivo indispensabile per la riavvolgitrice è quello che permette, malgrado l'elevata velocità della bobina riavvolgentesi, di poter «vedere» l'immagine ferma sfruttando un principio stroboscopico, allo scopo di controllare il registro.

Una delle realizzazioni più comuni è lo stroboscopio a specchi rotanti, costituito da un prisma a molte facce speculari e da uno specchio fisso (fig. 244).

Il prisma ruota sul suo asse con una velocità che è in una ben definita relazione con la velocità del nastro: può così riflettere su di uno specchio fisso, di fronte a cui si pone l'osservatore, una serie di immagini della stessa zona stampata. Per il fenomeno della persistenza delle immagini nella retina umana, l'osservatore vede in modo continuo e fermo quella zona stampata.

L'osservatore ispeziona il nastro in movimento da una fessura larga qualche decina di centimetri ed alta pochi centimetri, potendo spostare la zona d'osservazione con dispositivi appositi. Possono essere applicati dispositivi d'ingrandimento dell'immagine osservata. Per i materiali trasparenti sono fornibili illuminatori anche retrostanti al nastro.

Un'attrezzatura più semplice per l'osservazione di immagini in movimento è costituita da lampade stroboscopiche. Esse possono far variare la frequenza dei lampeggiamenti, illuminando la zona d'osservazione nel momento in cui transita sempre la stessa porzione dello stampato; in tal modo si ha la sensazione di vedere l'immagine ferma. Il periodo di lampeggiamento può essere sincronizzato automaticamente con ogni giro di rivoluzione dei cilindri di stampa, oppure manualmente.

Macchine offset da bobina

1. Generalità

I fattori che hanno favorito lo sviluppo su larga scala delle macchine rotative da bobina sono, in larga parte, i medesimi che hanno determinato l'affermazione del procedimento offset nel campo delle macchine da foglio:

  • - qualità dello stampato, rapidità di preparazione e basso costo delle lastre offset;
  • - tempi di preparazione per l'avviamento della macchina ridotti rispetto agli altri procedimenti di stampa;
  • - ottenimento in uscita della macchina di un semilavorato già piegato o, comunque, di uno stampato che ha subito lavorazioni paragrafiche direttamente in linea con la macchina da stampa rotativa.
Per lungo tempo questi requisiti non furono sufficienti a suscitare interesse intorno a queste macchine, a causa dei molteplici problemi da risolvere. Infatti, per quanto la prima rotativa offset da bobina si faccia risalire al 1906, soltanto dopo il 1950 la stampa da bobina offset ha assunto un notevole ritmo d'espansione.

Difficoltà tecniche di diversa natura furono superate a prezzo di studi, esperienza, e tanti insuccessi. Anche motivi di parziale diffidenza da parte degli utilizzatori hanno rallentato, la diffusione delle macchine offset da bobina in molti paesi.

Il passaggio dall'offset da foglio all'offset da bobina non crea tanto problemi a livello di sala stampa, quanto a livello di direzione; occorre infatti sapere se esiste la possibilità di vendere l'alta produzione offerta dalla macchina.

Una macchina da foglio mono o pluricolore può essere scelta sulla base della sua capacità di stampare la più vasta gamma di lavori già prodotti dallo stabilimento, mentre l'offset da bobina è, per sua natura, un'impianto specializzato.

Generalmente una macchina offset da bobina è studiata per stampare particolari tipi di lavoro; l'impossibilità di variare il formato in direzione circonferenziale, costituisce una limitazione spesso determinante al momento di prendere la decisione d'acquisto. Tale svantaggio è largamente compensato dalle operazioni di taglio e piega del nastro eseguite in macchina, ad una velocità decisamente superiore di quella delle macchine da foglio.

Alcune macchine rotative offset da bobina, specializzate per la stampa di moduli continui, non posseggono la limitazione di formato in senso circonferenziale (ai cilindri di stampa): si tratta però di sostituire i cilindri di ogni gruppo stampante con altri aventi diametri diversi, con limiti allo sviluppo circonferenziale ben precisi; si hanno perciò costi supplementari sia per l'acquisto dei cilindri sia per il cambio di formato.

Altro fattore limitante la scelta di un impianto offset da bobina è l'aumento della percentuale di carta di scarto, relativamente alle macchine da foglio. Tale svantaggio può essere compensato dai ridotti tempi per la preparazione della macchina da bobina.

Il cambio della larghezza del nastro, nel passaggio da un lavoro all'altro, può ridurre la convenienza della scelta di una macchina offset da bobina. Infatti è necessaria la regolazione dei rulli di traino e della piegatrice, con tempi di avviamento relativamente lunghi.

La carta in bobina si acquista a peso come la carta in fogli, però possono esistere differenze di spessore del nastro o di contenuto in umidità interna della carta, che possono far correre il rischio di avere nastri più brevi con disfunzioni al termine della tiratura, per le variazioni di grammatura che sì creano.

Un'ultima considerazione importante per i costi della rotativa da bobina offset è il consumo di combustibile per il forno di essiccazione dell'inchiostro. Tale costo è relativamente importante, tenendo presente che il consumo di un forno, a macchina in movimento, può raggiungere i tre litri di gasolio al minuto.

Il maggior vantaggio di una macchina rotativa offset da bobina, relativamente ad una a foglio, è dato dall'alta velocità di stampa e la grande produttività che ne risulta. Normalmente si raggiungono velocità di circa 25.000/30.000 giri/h del cilindro.

Oltre al vantaggio di poter disporre in linea alla macchina di dispositivi supplementari che possono permettere una vasta gamma di operazioni in uscita (taglio, perforazione, ribobinatura, numerazione, fustellatura, uscita in fogli o in segnature, ecc.), si aggiunge la possibilità di stampare più nastri di carta simultaneamente che possono essere sovrapposti all'uscita, ottenendo più segnature in un solo passaggio in macchina.

Il sempre maggior interesse intorno all'offset da bobina sta in parte nel continuo sviluppo del procedimento offset in parte nei miglioramenti dei materiali, delle tecniche e degli impianti per le offset da bobina, che conducono a sempre più elevate qualità del prodotto.

1.1. Le lastre

Nelle macchine da foglio il «vuoto» del cilindro lastra (gap) rappresenta circa un terzo dell'intera circonferenza, mentre il corrispondente «vuoto» in un'offset da bobina è meno di un centimetro. La stretta scanalatura in cui inserire la lastra sul cilindro presentò all'inizio seri inconvenienti, poiché i metalli di cui era costituita la lastra non resistevano ad una piegatura accentuata. Oggi questo problema non esiste più, grazie al miglioramento dei materiali di cui è costituita la lastra ed alla realizzazione di precisi dispositivi piegalastre e di eccellenti sistemi di fissaggio delle lastre ai cilindri (fig. 245).

Le lastre plurimetalliche e quelle presensibilizzate con trattamento termico, possono sostenere milioni di copie di tiratura, con buoni risultati qualitativi.

1.2. La carta

Il supporto cartaceo usabile in una macchina offset da bobina pose molti problemi all'inizio, oggi ridotti grazie alla produzione di carte ben collate superficialmente e alla riduzione dell'acqua di bagnatura; tuttavia il distacco di particelle superficiali dal nastro di carta viene esaltato all'uscita del forno d'essiccamento.

Impiegando carte di bassa qualità si può verificare che fibre di carta superficiali o particelle di polvere della patina si depositino sul telo gommato, costringendo ad arresti della macchina per la pulizia del telo stesso.

L'instabilità dimensionale della carta e molto meno sentita nelle offset da bobina che nelle offset da foglio, in quanto la fibra della carta e disposta obbligatoriamente in senso parallelo all'asse del nastro e le deformazioni dovute alle variazioni di umidità, hanno pochissimo tempo per manifestarsi data la grande velocità di passaggio del nastro in macchina.

Possono essere usate carte di diversa grammatura senza necessità di registrazioni particolari della macchina: generalmente una rotativa offset permette il passaggio di carta comprese tra i 40 ed i 140 g/m2. La carta patinata per macchina da bobina deve presentare una superficie più porosa di quella per macchina offset da foglio, al fine di facilitare l'assorbimento per capillarità della frazione più fluida dell'inchiostro all'interno del supporto e per eliminare l'eventuale formazione di «bolle» da parte dei fondini nell'essiccamento rapido in forno (per accumulo di frazioni gassose tra il film superficiale dell'inchiostro e la superficie poco porosa della carta).

1.3. Gli inchiostri

Un problema universale per qualsiasi macchina da bobina ad alta velocità e l'essiccazione dell'inchiostro. Attualmente, gli inchiostri di tipo «heat set» permettono l'evaporazione della frazione più liquida a circa 1705, mediante passaggio del nastro in forni a tunnel dove fiamme combinate a soffi di aria calda permettono la rapida essiccazione dell'inchiostro. La calandra di raffreddamento, a valle del forno, stabilizza ulteriormente l'inchiostro raffreddando il nastro in uscita mediante circolazione di liquidi refrigeranti. A causa dell'alta velocità di tiratura, l'inchiostro tende ad accumularsi nei retinati intorno alle zone in cui i punti dei grafismi iniziano a «chiudere». I fabbricanti di retini hanno parzialmente risolto il problema della compressione tonale nelle zone scure fabbricando retini a punto ellittico oppure a punto rotondo. Tali retini sono caratteristici dei retinati stampati su macchine rotative offset da bobina.

Il fenomeno dello sdoppiamento del punto, consistente in un'alonatura che compare in prossimità del puntino stampato, provocato dalla controstampa di un colore non asciutto depositato irregolarmente sul tessuto gommato dal foglio precedente, può apparire quando la tensione del nastro non e controllata con sufficiente precisione. Tale fenomeno, del resto, e una caratteristica delle macchine pluricolori stampanti inchiostri consistenti umido su umido.

Il trattamento opportuno dei grafismi in fase di formatura permette il controllo dell'allargamento dei medesimi.

1.4. Gruppo bagnatore ed inchiostratore

La bagnatura nelle macchine offset da bobina di medio e grande formato avviene mediante dispositivi che permettono un'afflusso di umidità alla lastra in quantità sufficiente, connesso all'alta velocità di rotazione degli organi stampanti. Uno ditali dispositivi e costituito da un rullo rivestito da una spazzola rotante che spruzza il velo d'umidità dalla superficie del rullo bagnino verso un terzo rullo, il quale trasferisce l'umidità al rullo bagnatore (fig. 246). Non esistendo contatto fisico tra il rullo rivestito di setole ed il distributore d'acqua, le particelle di cotone o di fibre di carta non possono risalire al serbatoio dell'acqua: si evitano così l'accumulo di sporchi nella vaschetta o variazioni del pH dell'acqua. L'afflusso d'acqua alla lastra e controllato dalla velocità di rotazione del rullo bagnino, mediante un potenziometro. Anche con tale tipo di gruppo di bagnatura si può usare alcool per diminuire la tensione superficiale dell'acqua.

Il gruppo inchiostratore nelle macchine da bobina offset, come in quelle tipografiche, e costituito da un numero di rulli non elevato, ma di grande diametro (fig. 247).

La grande richiesta d'inchiostro da parte della forma e l'alta velocità di rotazione dei cilindri hanno imposto che il rullo prenditore, nelle macchine di maggior formato, non sia più dotato di movimento alternativo ed intermittente come nelle macchine da foglio, ma sia in contatto continuo con il rullo calamaio da un lato e con il primo rullo distributore dall'altro. L'afflusso d'inchiostro e controllato sia da viti poste a contatto di una lama, come nei calamai delle macchine da foglio, sia dalla velocità di rotazione del rullo calamaio. Poiché la velocità di rotazione del rullo calamaio e notevolmente inferiore a quella del gruppo inchiostratore, si creerebbero notevoli attriti sulla superficie del rullo prenditore, intermedio ai due sistemi. Per ovviare parzialmente al fenomeno, la superficie del rullo prenditore viene sfaccettata. Tali facce non sono parallele all'asse del rullo, ma sono poste obliquamente, affinché il contatto con gli altri rulli si riduca notevolmente (fig. 248).

In altri modelli di macchine offset da bobina possono esistere rulli prenditori doppi, dotati di moto alternativo, come nelle macchine da foglio. Il contatto ditali rulli con quello calamaio e con il primo distributore, però, non può avvenire ad ogni giro del cilindro, stampa a causa della sua alta velocità di rotazione (all'incirca 10 giri/s), ma ogni due giri. Il percorso traslatorio del rullo prenditore e nelle macchine da bobina offset, ridotto al minimo. per gli stessi motivi di alta velocità di cui si e già detto.

Il controllo a distanza della macchina da bobina avviene tramite un pulpito di comando da cui si possono determinare le variabili principali: velocità di stampa, bagnatura, inchiostrazione, velocità della piegatrice, ecc., sul pulpito si possono anche rilevare i dati principali: conteggio delle copie, posizione di rottura del nastro, ecc. Possono essere affiancati alla consolle di comando altri pulpiti per il controllo a distanza del registro, dell'inchiostrazione e della bagnatura; essi sono costituiti da un pulpito su cui si può intervenire per la regolazione del registro circonferenziale o assiale (circa 2-3 mm in più o in meno relativamente ad una posizione centrale standard). Tramite un altro pulpito si può operare a distanza sia sulle viti del calamaio, sia sulla velocità di rotazione del rullo relativo, sia sulla velocità di rotazione del rullo bagnino, per ogni gruppo di stampa. Come nei comandi a distanza delle macchine da foglio, l'apertura delle viti del calamaio e segnalata da sistemi ottici. Il controllo dell'inchiostrazione e della bagnatura può essere relativamente automatizzato, con la rilevazione densitometrica di valori standard stampati, tramite apposite apparecchiature di controllo ed elaborazione dei valori di densità misurati sullo stampato.

2. Struttura delle macchine offset da bobina

Le macchine offset da bobina possono essere distinte dalla struttura del gruppo stampante di ogni unità di cui sono costituite. Le strutture principali possono essere raggruppate in tre versioni principali:

  • - ad elementi caucciù contro caucciù (4 o 6 cilindri);
  • - a satelliti (5, 7 o 9 cilindri);
  • - ad elementi aperti (3 cilindri), simili a quelli delle macchine da foglio.
Esistono numerose macchine in cui i gruppi di stampa (unità) sono miscelati per ottenere stampati con caratteristiche particolari, oppure per aumentare la versatilità della macchina.

Dal tipo di struttura s'intuisce che i primi due gruppi sono utilizzati per la stampa di lavori in bianca e volta, l'ultimo per la stampa di lavori solo in bianca, ma e possibile, con l'aggiunta di elementi e di barre per l'inversione della bobina, stampare in bianca e volta anche con macchine ad elementi aperti.

2.1. Macchine offset da bobina «caucciù contro caucciù»

Tale struttura e molto diffusa; in essa ciascun cilindro che porta telo gommato agisce come cilindro di pressione nei confronti dell'altro cilindro gomma, con cui lavora a contatto, e viceversa (fig. 249). Ogni unità e formata da 4 cilindri: due porta lastra e due porta telo gommato.

Il nastro di carta, passando tra i due cilindri gomma, riceve la stampa simultaneamente sulle due facce o, come si usa dire, in bianca e volta. In una macchina ad elementi caucciù contro caucciù, il nastro di carta può seguire un percorso orizzontale tra i diversi elementi. Esistono anche versioni in cui la struttura della macchina caucciù contro caucciù permette il passaggio del nastro con un percorso verticale (fig. 250). Di essi si tratterà esemplificando modelli di macchine da bobina offset.

In generale il percorso del nastro in senso verticale e preferito nella stampa di quotidiani ad un solo colore in bianca e volta, oppure con un colore supplementare. La disposizione dei cilindri garantisce la massima accessibilità per il fissaggio delle lastre.

Il percorso in senso orizzontale del nastro viene usato per la stampa di lavori paraeditoriali nei quali occorra stampare quattro colori in bianca e in volta.

Il controllo della tensione del nastro e particolarmente importante per garantire il mantenimento del registro tra i diversi elementi.

In ogni elemento di stampa i cilindri lastra e gomma lavorano (in parecchi modelli), con le fasce a contatto, con i vantaggi caratteristici di questa tecnica di progettazione, gia descritti per le macchine da foglio.

Il registro circonferenziale e laterale può essere corretto a macchina in movimento, mediante volantini meccanici oppure comandi centralizzati, elettromeccanici.

Il basso profilo di ogni elemento consente, sulle macchine di medio formato, una buona accessibilità da terra a tutti gli organi di manovra.

Il nastro (fig. 251) proviene da un dispositivo di srotolamento e da uno d'alimentazione, che ne controlla la tensione, quindi viene immesso nei quattro elementi stampanti, dove riceve la stampa su entrambe le facce.

Successivamente il nastro entra nel dispositivo essicatore e poi in un dispositivo di raffreddamento, nel quale entrambe le facce sono raffreddate da un sistema a due cilindri refrigerati internamente con circolazione d'acqua.

Il nastro può quindi essere immesso nella piegatrice da dove esce sotto forma di segnature con il numero di pagine e di pieghe desiderato.

Secondo altri sistemi d'uscita, il nastro stampato può essere riavvolto, oppure, mediante una macchina per l'uscita a fogli stesi, tagliato in fogli che vengono impilati.

Gli assi dei cilindri per la stampa della bianca sono posti lungo una linea obliqua relativamente agli assi dei cilindri del gruppo di pressione della volta. Ciò consente un sufficiente avvolgimento del nastro su ambedue i caucciù, eliminando la necessità di rulli di trazione. In tal modo si migliora l'accessibilità tra gli elementi e si riduce il pericolo di sporcare lo strato d'inchiostro stampato, ancora umido.

La pressione di stampa nelle macchine da bobina offset del tipo caucciù contro caucciù dev'essere particolarmente curata. La durezza del rivestimento del telo gommato e superiore a quella delle corrispondenti macchine a foglio; le forze tangenziali che si manifestano sul nastro durante ed appena dopo la stampa, dovute sia al tiro dell'inchiostro, sia ai fenomeni di adesione del nastro alla superficie del telo gommato, possono far variare la tensione del nastro e far perdere il registro tra elemento ed elemento. Lo sviluppo circonferenziale dei cilindri e della massima importanza, poiché anche una piccola variazione del loro raggio oltre i valori dati dal costruttore, può causare variazioni di stampa inaccettabili.

Le possibilità di stampa di un impianto offset da bobina del tipo caucciù contro caucciù sono numerose:

- realizzare qualsiasi combinazione di elementi in bianca e volta piazzandoli in serie (normalmente da uno a sei);

- utilizzare l'impianto in modi diversi, variando il numero dei gruppi d'alimentazione; per esempio per un'impianto di quattro elementi si possono avere le seguenti configurazioni: a) un solo nastro può essere stampato con quattro colori in bianca e volta (4/4); b) due nastri possono essere stampati ciascuno con due colori in bianca e volta (2/2 e 2/2), oppure con tre colori in bianca e volta su un nastro ed un colore in bianca e volta sull'altro (3/3 e 1/1); e) quattro nastri possono essere stampati ciascuno con un colore in bianca ed uno in volta (I/I, I/I, 1/1 e I/i), come illustrato in figura 252.

Si può aggiungere che:

  • - nei formati standard (intorno a 58:64 cm in direzione circonferenziale ai cilindri e 91 -:97 cm in direzione assiale) l'impianto presenta un'altezza limitata ed i componenti sono quasi tutti accessibili dal piano terra;
  • - l'impianto e relativamente economico, essendo composto di elementi uguali e costruibili in serie;
  • - i tempi morti sono in genere ridotti, grazie all'accessibilità ed all'identicità delle manovre per i diversi elementi. Inoltre, dopo un'eventuale rottura del nastro, l'avviamento e più rapido perché il percorso del nastro e rettilineo.
Gli elementi delle rotative offset caucciù contro caucciù possono essere utilizzati in modo anomalo come elementi bicolori, sfruttando un cilindro del telo gommato come cilindro di pressione sia nei confronti di un colore stampato su un lato del nastro contro l'altro caucciù, sia nei confronti della lastra a contatto dello stesso cilindro del telo gommato. Si tratta di un'applicazione «di-lito», ovvero di stampa offset diretta, di cui si scriverà più avanti (fig. 253).

Si accenna ora alla struttura a sei cilindri, caucciù contro caucciù. In tali macchine offset ogni unità stampante è composta da tre cilindri portalastra e tre porta telo gommato. La pressione viene esercitata tra due cilindri caucciù, nel caso di stampa di due colori in bianca ed uno in volta (2/I), oppure con l'ausilio di un cilindro gomma, usato come cilindro di pressione (3/0 o 1/2) ed il corrispondente cilindro porta lastra che stampa direttamente sul nastro di carta (fig. 254).

Allorché l'unità a sei cilindri sia utilizzata con il cilindro portalastra stampante direttamente sul nastro (3/0 o 1/2 in figura 254), si tratta di un'applicazione del procedimento di-lito, con tutti i problemi connessi con l'uso ditale procedimento di stampa. Ad esempio: la forma dovrà portare i grafismi rovesciati, come per tutti i procedimenti di stampa diretti; il contatto diretto della lastra con il nastro annulla il vantaggio della stampa indiretta, l'inchiostro non si trasferisce su una superficie elastica (che si adatta meglio a carte non liscie). Inoltre il tamburo intermedio elastico permette l'assorbimento di eventuali attriti tra il supporto e la superficie di trasferimento dell'inchiostro.

Combinando elementi offset da bobina a sei cilindri con altri caucciù contro caucciù, si possono ottenere configurazioni di stampa relativamente elastiche (fig. 255).

2.2. Macchine offset da bobina a satelliti

Il tipo di macchina offset da bobina a satelliti fu sviluppato con l'intento d'ottenere un miglior controllo del nastro rispetto a quanto teoricamente possibile nelle macchine ad elementi caucciù contro caucciù, La denominazione «elementi a satelliti» deriva dalla disposizione dei cilindri del gruppo stampa, in cui diverse coppie di cilindri lastra e del telo gommato, normalmente quattro, ma in alcune versioni anche cinque, trasferiscono l'inchiostro su una sola faccia del nastro per mezzo della pressione esercitata da un unico cilindro di pressione centrale (fig. 256).

Nel caso di presenza di una quinta coppia di cilindri portalastra e porta telo gommato, per un totale di undici cilindri per unità stampante, si può disporre di un elemento di scorta in caso di guasti ad un altro elemento o di operazioni di manutenzione che debbano mantenere inoperoso quest'ultimo, Talvolta il quinto elemento è usato per stampare separatamente il nero del testo dal nero delle illustrazioni, oppure per ottenere effetti cromatici speciali (rosa, celeste, colori metallici, ecc.) come nelle macchine pluricolori da foglio.

Poiché gli impianti da bobina sono utilizzati normalmente per stampare entrambe le facce del foglio a quattro colori, con il tipo a satelliti sono necessarie due unità di stampa, composte ognuna di nove cilindri, una per la stampa della bianca, l'altra per la stampa della volta.

In altri modelli di macchine a satelliti, il numero di cilindri dell'unità di stampa può essere inferiore a nove, ad esempio sette o cinque. In ogni caso si tratta di strutture composte da un unico cilindro di pressione e da due o tre coppie di cilindri portalastra e porta telo gommato, disposti attorno al cilindro di pressione.

In qualche raro caso, si può stampare in bianca e volta con asse dei cilindri doppio relativamente alla larghezza del nastro, ove metà della larghezza dei cilindri viene utilizzata per la stampa della bianca, quindi il nastro viene passato in forno d'essiccamento dell'inchiostro e girato per mezzo di barre d'inversione, successivamente riimmesso nel medesimo gruppo stampa ma spostato assialmente rispetto al primo passaggio, per la stampa della volta.

Inizialmente gli impianti offset a satelliti possedevano un'indubbia miglior efficienza di registro rispetto alle macchine caucciù contro caucciù, poiché il passaggio della carta su un'unico cilindro di pressione per le quattro impressioni pone minori problemi di controllo della tensione del nastro, che viene sottoposto a tensione solo dopo la fase di stampa. Attualmente le macchine offset da bobina caucciù contro caucciù offrono garanzie di registro analoghe a quelle di una macchina a satelliti.

Non sempre le macchine a satelliti possono offrire una nitidezza di stampa pari a quella raggiungibile con altri tipi di macchine, in cui la pressione si esercita tra cilindri di diametro assai più piccolo. Il cilindro di pressione possiede, in alcuni modelli, un diametro tale che la larghezza della striscia di contatto, nel momento del trasferimento del film d'inchiostro dal telo gommato al nastro di carta risulta assai elevata, quindi si scosta maggiormente dalla retta, che costituisce il luogo geometrico dei centri d'istantanea rotazione del movimento relativo, cioè dei punti ove si ha puro rotolamento; ciò genera deformazioni in stampa.

Le macchine a satelliti sono generalmente fabbricate su commissione, seguendo le prescrizioni del committente: infatti tali macchine non si prestano alle molteplici combinazioni delle macchine caucciù contro caucciù e risultano perciò meno versatili.

Il costo d'un impianto a satelliti è maggiore di un corrispondente impianto caucciù contro caucciù: esso inoltre richiede uno sviluppo del macchinario in altezza, e l'accessibilità ai diversi organi è quindi più lenta.

Come nelle macchine caucciù contro caucciù, le macchine da bobina offset a satelliti possono essere dotate dei dispositivi di controllo del nastro, d'inchiostrazione e di bagnatura centralizzati, con diversi meccanismi automatici di controllo.

La struttura dei gruppi stampanti può comprendere anche unità dette a «semi-satellite», composte da due coppie di cilindri lastra e telo gommato attorno ad un unico cilindro di pressione, per un totale di cinque cilindri ogni unità stampante. Tali unità possono essere riunite, ottenendo elementi stampanti a dieci cilindri.

L'impiego di elementi a satellite avviene generalmente nella stampa di quotidiani, in cui debbano essere stampati, anche saltuariamente, quattro colori. Quando debbano essere stampati uno, due o tre colori su un lato del nastro, il senso di rotazione di ogni coppia dei cilindri può essere reversibile, quindi uno o due dei gruppi a due cilindri lastra e telo gommato possono essere predisposti per poter funzionare caucciù contro caucciù.

Le possibilità di produzione sono numerose, sia con elementi a satellite a nove cilindri (fig. 257), sia con due unità a semi-satellite sovrapposte, a dieci cilindn:

  • - con due nastri: un colore in bianca e volta su entrambi i nastri (I/I e 1/1);
  • - con un nastro: a) un colore in bianca e due in volta (1/2), con un elemento funzionante caucciù contro caucciù; b) un colore in bianca e tre in volta (1/3) o viceversa (3/I), con un elemento funzionante caucciù; e) quattro colori da un lato del nastro, ecc.
L'elemento a dieci cilindri permette ancora un passaggio carta diverso: cioè la stampa di due nastri, di cui uno impresso solo in bianca (1/O) per mezzo di un gruppo formato da cilindri lastra, gomma ed un cilindro di pressione, l'altro nastro stampato a due colori in bianca e uno in volta (2/1), per mezzo di un gruppo funzionante caucciù contro caucciù, ed un altro gruppo formato dai cilindri lastra, telo gommato e pressione.

L'elemento a dieci cilindri e più costoso di un elemento a satellite a nove cilindri ed è utilizzato per esigenze di stampa particolari. Il percorso del nastro in un'unità a dieci cilindri ha alcuni tratti non perfettamente controllati, pertanto la carta può dare minori garanzie di registro.

La macchina a satelliti è, per sua natura, conveniente per la stampa di un solo tipo di lavoro standard ad elevata tiratura, oppure per una gamma molto limitata di variazioni.

Tra le macchine a satelliti, si ricordano le unità a sette cilindri (fig. 258), che sono normalmente composte da gruppi a cinque cilindri cui è sovrapposto un altro gruppo stampa.

Anche in questo caso si possono ottenere stampati non solo a tre colori su una faccia del nastro (3/0), ma anche con due colori in bianca ed uno in volta (2/1), oppure viceversa (1/2), con un opportuno passaggio del nastro (fig. 259).

La struttura pare simile a quella delle unità offset da bobina a sei cilindri, ma l'aggiunta del cilindro di pressione garantisce i vantaggi della stampa indiretta, anche se può apparire complicata, per le necessarie considerazioni di trasferimento dell'inchiostro in fase di formatura.

Il doppio trasferimento dell'immagine, nel caso di stampa in bianca e volta, impone che i colori della volta abbiano i grafismi della lastra relativa, rovesciati; inoltre il cilindro di pressione deve essere trattato opportunamente in superficie per poter trattenere l'inchiostro.

2.3. Macchine offset da bobina ad elementi aperti

Si tratta di macchine offset da bobina aventi la struttura del gruppo stampante costituita da elementi di tre cilindri, come gran parte delle macchine offset da foglio.

Ogni elemento comprende il cilindro portalastra, quello del telo gommato ed il cilindro di pressione, nonché tutti i dispositivi automatici per l'innesto della pressione, il controllo dei rulli inchiostratori e bagnatori, la registrazione dei diversi organi, ecc.

Ciascun elemento imprime solo su un lato del nastro, pertanto per stampare la bianca e la volta a quattro colori occorrono otto elementi identici ed apposite barre d'inversione del nastro interposte tra i due gruppi di macchine a quattro elementi.

La macchina ad elementi aperti (fig. 260) permette una buona accessibilità ai diversi organi di controllo e registrazione; nel complesso la macchina risulta compatta e versatile.

Teoricamente la qualità di stampa ottenibile con macchine da bobina offset ad elementi aperti potrebbe essere superiore a quella ottenibile con altri tipi di macchine offset da bobina, sia per la presenza del cilindro di pressione in acciaio, che garantisce un trasferimento dell'inchiostro più nitido, relativamente alla pressione esistente nelle macchine caucciù contro caucciù, sia per il lungo percorso del nastro tra due elementi di stampa successivi, che permette una parziale stabilizzazione dell'inchiostro prima della sovrastampa.

Possono esistere impianti ad elementi aperti a diverso numero di elementi (fig. 261), oppure contenenti degli elementi di stampa non-offset come avviene nelle rotative offset per moduli continui, di cui si tratterà in seguito.

Il percorso tra due elementi successivi, essendo piuttosto tortuoso, può provocare variazioni di tensione del nastro e rendere più difficile il mantenimento del registro.

Allo scopo d'ampliare le prestazioni dell'impianto, le barre d'inversione del nastro possono essere montate all'uscita di ogni elemento. Inoltre l'impianto può essere dotato all'uscita di piegatrice, oppure di dispositivi di ribobinatura, o ancora del dispositivo per l'uscita in fogli.

Le possibili combinazioni di colore per la stampa in bianca e volta, oppure solo in bianca, sono numerose. Installando un numero adeguato di portabobine, come per le macchine da bobina caucciù-contro-caucciù, si possono stampare più nastri contemporaneamente, poi sovrapponibili all'uscita.

3. Schemi di macchine offset da bobina

La possibilità d'abbinare diversi elementi offset da bobina rende arduo tentare di classificare schemi di rotative offset; si tenterà di esemplificare alcune strutture per sottolineare la vasta scelta esistente in relazione alle esigenze dei singoli stampati.

Molte delle rotative offset illustrate sono utilizzate per la stampa di quotidiani, ma possono essere usate anche per la stampa di lavori commerciali.

Per stampati commerciali s'intendono tutti quei lavori in cui le esigenze di qualità, per quanto diverse, sono prevalenti. Si usano perciò carte di buona qualità, generalmente patinate e si stampano due, quattro o più colori. Sono stampe commerciali i prospetti pubblicitari, i cataloghi, i periodici a colori, le etichette, ecc.

La stampa dei quotidiani è un lavoro editoriale piuttosto particolare, in cui la produttività è assai più importante della qualità. La composizione e la formatura del quotidiano avvengono pochi minuti prima dell'uscita delle prime copie dalla rotativa, inoltre la macchina da stampa deve garantire in 2 o 3 ore la tiratura completa. Soltanto dopo la diffusione delle offset da bobina si è iniziato ad introdurre il controllo di qualità per i quotidiani compatibilmente con la modesta qualità della carta, imposta da ovvie considerazioni di costo.

Nei confronti di una rotativa tipografica, la rotativa offset consente di stampare con maggior uniformità i fondi, le densità dell'inchiostro raggiungono valori più alti ed i neri risultano più contrastanti perciò più leggibili; le illustrazioni si possono retinare con un maggior numero di linee risultando più dettagliate, il numero dei colori può essere agevolmente aumentato.

Sia per le stampe commerciali, sia per i quotidiani vengono usate le macchine offset da bobina descritte nei paragrafi precedenti, oppure possono esser usati impianti più complessi, risultanti dalla combinazione di elementi caucciù contro caucciù ed elementi a satellite (fig. 262), o ancora con altre combinazioni, le cui differenze vanno ricercate nella struttura e nelle caratteristiche dei componenti della macchina e nelle velocità massime ottenibili, strettamente correlate con il prodotto e con le esigenze del committente.

3.1. Macchine offset da bobina di piccolo formato

Tali tipi di macchine offset da bobina si caratterizzano per il loro formato contenuto e per l'ampia applicazione nella stampa dei documenti meccanografici.

Il campo d'applicazione può riguardare oltre i moduli, anche la stampa di carte valori di pregiato contenuto, di pubblicità su carta patinata, di tovaglioli di carta e prodotti similari.

Generalmente l'asse dei cilindri non permette la stampa su bobine aventi larghezza maggiore di 50 cm. Il portabobine e, in quasi in tutti i modelli, a cambio manuale: infatti la quantità del prodotto richiesto è spesso tale che una sola bobina o pochi cambi permettono di smaltire la produzione. Il diametro della bobina può anche essere superiore a 120 cm. Per le esigenze di stampa dei formulari, in cui identiche copie debbano essere sovrapposte, possono essere montati fino a quattro alberi portabobine per la stampa contemporanea di quattro nastri ed il loro successivo accoppiamento.

Il diametro dei cilindri del gruppo stampante può essere fisso oppure variabile, poiché esiste la possibilità di sostituire i cilindri del gruppo stampante con altri aventi un diametro diverso (fig. 263). La variabilità del formato è contenuta entro certi limiti: ad es., in alcuni modelli la circonferenza dei cilindri del gruppo stampa può variare tra i 16 ed i 20 pollici, in altri tra 11 e 25 pollici, con incrementi di 1/3 di pollice, su richiesta del committente. La versatilità dei formati delle macchine offset da bobina per documenti meccanografici è, però, limitata sia dall'alto costo in investimenti immobilizzati per i cilindri supplementari di diverso diametro, sia dai costi per la registrazione della macchina, avvenuto il cambio del formato.

Normalmente una macchina offset da bobina di piccolo formato è dotata di una serie d'accessori per la produzione di formulari.

Uno di questi è costituito da uno o più sbobinatori supplementari per accoppiare il nastro o i nastri in fase di stampa con uno o più nastri di carta carbone. Nonostante la diffusione delle carte autocopianti, la carta carbone è ancora economicamente competitiva nel ricalco dei documenti meccanografici e dei moduli in genere.

Il nastro di carta carbone viene, generalmente, incollato sul nastro in corso di stampa. Qualora la sostanza collante sia termosensibile, è necessario un dispositivo per il riscaldamento della colla.

La stampa di documenti meccanografici necessita in numerosi casi di numerazione, pertanto può essere presente, tra gli elementi della macchina da bobina, un elemento tipografico per la stampa con numeratori, oppure per inserire colori supplementari (fig. 264).

Al termine della macchina da stampa possono essere presenti stazioni per lavorazioni paragrafiche, quali taglio o perforazione trasversale o longitudinale al nastro, fustellatura laterale del nastro per produrre fori utilizzati successivamente sia per la conduzione dei moduli in macchine di centri meccanografici, sia per archiviazione, ecc.

L'uscita del nastro dalla rotativa offset di piccolo formato può avvenire in tre modi: in bobina, in continuo, in fogli. Il nastro viene ribobinato nel caso di alte produzioni.

La velocità di produzione può essere relativamente aumentata nel caso di uscita con ribobinatore. Una successiva apparecchiatura permette la lavorazione paragrafica a valle: accoppiamenti di più nastri, perforazioni trasversali, confezione, ecc.

Qualora sia richiesta la stampa di un numero di colori superiore a quello permesso dal numero degli elementi della macchina, è possibile, in alcuni modelli dotati di dispositivi di controllo del registro, riimmettere il nastro stampato in macchina, per la sovrastampa di altri colori.

L'uscita in continuo, da cui la definizione di queste macchine come «rotative per moduli continui», avviene per mezzo di cilindri perforatori che operano un'incisione trasversale al senso d'avanzamento del nastro. Un meccanismo oscillatorio, detto piegatrice a zig-zag, obbliga il nastro in uscita a piegarsi lungo la perforazione trasversale prima in un senso e poi nell'altro, in modo da affiancare le pagine stampate una all'altra unite dai lembi della perforazione ancora integri. I moduli affiancati si convogliano tramite nastri ed un'apposita tavola d'uscita alla pila di raccolta (fig. 265).

La velocità massima con uscita in continuo si riduce del 20-30% se si adatta l'uscita con ribobinatura del nastro, poiché l'operazione della piegatura del nastro stampato introduce movimenti oscillatori in luogo, di rotazioni.

Nel caso di produzioni modeste, ad un solo colore, possono essere montate da due a quattro bobine su appositi alberi: i nastri stampati possono essere accoppiati prima dell'uscita ed essere avviati all'uscita continua.

Il tipo d'uscita può essere modificato, da bobina a continua o viceversa, con poche operazioni.

Per produzioni modeste, l'uscita può avvenire in fogli tagliati. L'operazione di taglio trasversale del nastro può avvenire mediante taglierine rotanti, oppure sostituendo i perforatori trasversali del gruppo per uscita in continuo con lame.

La velocità di produzione diminuisce considerevolmente con l'uscita a fogli, a causa dei problemi d'accumulo degli stessi sulla tavola e per l'asportazione degli stessi con metodi manuali.

3.2. Macchine offset da bobina di medio formato

Si tratta di rotative aventi un formato abbastanza standardizzato intorno a 58 cm di circonferenza dei cilindri e 91 cm di asse. Il portabobine è generalmente alloggiato nel basamento di ogni gruppo stampa, senza cambio automatico; oppure lateralmente alla macchina stessa.

Il formato dei cilindri permette la stampa di quattro pagine di un quotidiano ad un colore in bianca e volta per ogni elemento di stampa caucciù contro caucciù. Occorrono quindi tanti elementi di stampa di formato medio quante sono le pagine del quotidiano divise per quattro, oppure divise per otto. nel caso di uscita in formato tabloid. Evidentemente è necessario tenere conto dell'eventuale presenza di colori supplementari per la scelta del numero e della struttura degli elementi (fig. 266).

Gli elementi caucciù contro caucciù possono essere sovrapposti (fig. 267), si ottengono così blocchi anche di quattro elementi per la stampa in verticale di quattro colori in bianca e volta, con il vantaggio di ridurre lo spazio orizzontale occupato dalla macchina. La piega non necessita di precisione eccessiva, ma deve essere in grado di operare simultaneamente su un numero anche notevole di nastri sovrapposti.

3.3. Macchine offset da bobina di grande formato

Sono utilizzate generalmente per la stampa di quotidiani in centinaia di migliaia di copie. Poiché una macchina sola non sarebbe in grado di produrre tale quantità dì copie in breve tempo, l'impianto è formato da un insieme di macchine autonome funzionanti in parallelo. Il numero totale di macchine è determinabile dividendo la tiratura massima per il numero di copie che ciascuna uscita può dare nel tempo massimo concesso per la stampa, generalmente intorno alle tre ore.

Il formato del cilindro s'aggira intorno 95 cm di circonferenza e la larghezza del nastro intorno a 130 cm, pertanto ogni elemento può contenere otto pagine formato quotidiano. Il numero massimo di pagine del quotidiano determina quanti gruppi di stampa sono necessari per ogni macchina: ad esempio, volendo stampare un quotidiano di 32 pagine, occorrono 4 elementi stampanti per ogni macchina, utilizzando un solo colore. Occorrono inoltre, altrettanti elementi per ogni colore stampato in più, per ogni gruppo di 8 pagine di incremento. Se l'ipotetico quotidiano avesse una tiratura media di 450.000 copie, ammettendo una velocità di tiratura di 50.000 copie orarie, occorrerebbero 3 macchine uguali, ciascuna con una propria uscita, per poter eseguire la tiratura nella tre ore teoriche.

Poiché su ogni semicirconferenza del cilindro sono poste due lastre, è possibile stampare nastri più stretti del formato massimo, per produrre quotidiani aventi un numero totale di pagine inferiore a quello massimo possibile.

La complessità dell'impianto deriva pure dalle diverse combinazioni di pagine in bianco e nero e a colori che si vogliono realizzare, oltre che dal numero totale di pagine, che può superare anche di molto le 32 pagine.

In questi impianti è generalizzato l'uso di portabobine a cambio automatico, dato il grande numero di bobine in svolgimento ed il poco tempo a disposizione. Esistono anche impianti completamente automatizzati per il caricamento delle bobine sull'albero portabobine.

Gli elementi di stampa possono produrre ognuno otto pagine formato quotidiano ad ogni giro, se dotati di cilindri con larghezza semplice, altrimenti sedici pagine con larghezza del cilindro doppia.

Gli attacchi per le lastre sono autonomi per ogni pagina, onde sostituire, all'occorrenza, soltanto la lastra della pagina che ha subito modifiche (in un'edizione successiva).

Per il miglior sfruttamento dell'impianto si hanno spesso elementi trasformabili, con operazioni relativamente semplici, dalla stampa di più colori sulla medesima faccia del nastro, alla stampa di uno o più colori simultaneamente sulle due facce.

Gli elementi possono avere struttura come quelle già descritte, variamente assemblate, come risulterà dalla descrizione di alcuni impianti tipici di cui si esemplificherà più avanti.

La piegatrice è di struttura generalmente più complessa di quella delle rotative offset di medio formato e deve essere in grado di piegare un gran numero di pagine simultaneamente. Generalmente presenta due coni di piega affiancati, sfruttabili, ad esempio, per l'uscita di inserti affiancati allo stampato principale. In questo caso non è richiesta un'eccessiva precisione di piega.

Anche se la carta per quotidiano è di qualità non elevata e presenta porosità superficiale tendente ad assorbire parzialmente le frazioni più fluide dell'inchiostro, può essere usato, anche se non frequentemente, il forno d'essiccamento. Tale accessorio migliora la qualità dei neri e delle illustrazioni a colori, permettendo la manipolazione della copia stampata con sicurezza nella fase di confezione e spedizione.

3.3.1. Esempi di rotative di grande formato
Un esempio è illustrato in figura 268. i cinque portabobine sono posti al piano inferiore; gli elementi sono costituiti da tre gruppi caucciù contro caucciù (6. 7 e 8) e da due gruppi a sette cilindri, capaci di stampare tre colori in bianca (3/0) oppure due colori su una faccia del nastro ed uno sull'altra (2/1 o 1/2). Variando il percorso dal nastro si possono realizzare diverse combinazioni, ad esempio, un nastro può essere stampato a quattro colori su un lato ed un colore sull'altro (4/1) quando viene stampato dapprima da un'unità caucciù contro caucciù (1/1) e quindi inserito nell'unità a sette cilindri (nella configurazione tre colori su un lato).

La traiettoria verticale del nastro nei singoli elementi permette una buona accessibilità, sia agli organi stampanti, sia ai gruppi inchiostratori e bagnatori. La disposizione bassa dei cilindri offre una facilità di montaggio e smontaggio delle lastre e dei tessuti gommati.

Un secondo esempio di macchina offset da bobina di grande formato (della Köenig e Bauer) è costituita da sei unità fondamentali (fig. 269) combinabili in moltissimi modi, per ottenere diverse possibilità di stampa. Nei 36 schemi di figura 270 vengono illustrati le possibilità di combinazione dei sei elementi base citati.

Macchine tipografiche da bobina e macchine di-lito

1. Generalità

La stampa con macchine da bobina tipografiche ha cominciato a diffondersi nella seconda metà dell'800, trovando immediato campo d'applicazione nelle pubblicazioni periodi che, prima tra tutte la stampa dei quotidiani.

Attualmente le rotative tipografiche per la stampa dei quotidiani sono gradualmente sostituite da analoghe macchine da stampa offset e flessografiche. L'utilizzo delle lastre fotopolimeriche fornisce però ancora una certa convenienza all'impiego di rotative tipografiche, in particolare per lavori specializzati: guide telefoniche, cataloghi ad un solo colore in bianca e volta, ecc.

Le stereotipie, forme tipografiche avvolgibili sul cilindro, costituite da un guscio in lega tipografica ottenuta per duplicazione da una forma piana, non sono comunque quasi più utilizzate, poiché i mezzi di composizione meccanica a caldo sono superati da mezzi di fotocomposizione, fortemente computerizzati.

Una notevole limitazione delle macchine da bobina tipografiche è costituita dall'impossibilità di stampare a più colori, salvo il caso di prestampare il nastro con i colori opportuni. poiché gli elementi tipografici non sono progettati per la stampa pluricolore.

Con l'uso di forme fotopolimeriche, previo adattamento della circonferenza dei cilindri portaforma e di pressione, le macchine da bobina tipografiche sono ancora presenti nella produzione di quotidiani. Altre case editrici di giornali hanno modificato la rotativa tipografica adattandola alla stampa offset: oltre alla correzione del diametro dei cilindri del gruppo stampante, sono stati montati gruppi di bagnatura appositi. Poiché non esiste il cilindro del telo gommato, la stampa offset sulle rotative modificate risulta diretta, da qui la definizione di stampa «di-lito», derivante dalla contrazione della parola «diretta» e dal procedimento di stampa «litografico?»

La stampa dei quotidiani non presenta alte difficoltà, poiché il formato non varia, i titoli e le illustrazioni sono sistemati generalmente in modi analoghi, la qualità della carta e la densità dell'inchiostro sono relativamente costanti.

Come per le macchine offset, le rotative tipografiche da bobina dispongono di portabobine a cambio automatico e di piegatrici analoghe. Gli impianti tipografici da bobina più moderni dispongono di controllo a distanza del registro e dell'inchiostrazione.

Nella produzione dei quotidiani un impianto è costituito da alcuni gruppi stampanti, costituiti ognuno da alcuni elementi, per la stampa in contemporanea delle stesse pagine, in modo da moltiplicare il numero delle copie prodotte nel breve tempo disponibile per la tiratura (fig. 271).

2. Trasformazione delle macchine da bobina da tipografiche ad offset

Per la trasformazione di una macchina tipografica in offset, si devono considerare i seguenti punti:

  • - la velocità periferica dei cilindri portalastra dev'essere identica a quella dei cilindri del telo gommato, per evitare che le lastre o i tali gommati siano danneggiati e che si verifichino inconvenienti di stampa:
  • - le corone dentate della macchina rotativa devono essere in perfetto stato:
  • - le rotative tipografiche non hanno alcuna protezione particolare contro la ruggine, poiché operano senz'acqua. Pertanto, dopo la trasformazione, tutti i pezzi che lavorano nelle zone ove si trova acqua, devono essere protetti contro la ruggine. Ciò vale sia per i pezzi meccanici sia per le parti elettrice.
Il sistema di tubazioni per l'alimentazione dell'acqua deve resistere ai prodotti chimici contenuti nella soluzione di bagnatura; è raccomandabile ripulire il sistema di tubazioni giornalmente, inoltre è necessario evitare la formazione di umidità sulle parti della macchina.

Per la stampa a colori occorrono precisi comandi di regolazione per il registro circonferenziale e laterale; essi devono essere previsti nella conversione della macchina da tipo ad offset. La rotativa e l'ambiente in cui è installata devono essere costantemente puliti, ad esempio con sistemi d'aspirazione della polvere di carta in vicinanza delle lame di taglio, poiché in caso contrario, le probabilità di rottura del nastro aumentano anche del 50%.

I rivestimenti dei cilindri devono essere costantemente verificati ed eventualmente sostituiti, per garantire una tensione corretta del nastro ed una sua sicura guida. La tensione dei tessuti gommati sugli ex-cilindri tipografici di pressione è quasi sempre troppo debole per la stampa offset. La pressione sulla linea di contatto in stampa offset è infatti più elevata, di conseguenza i teli gommati tendono a scivolare in senso circonferenziale al cilindro per azione delle forze tangenziali di pressione, sottoponendo i morsetti di trazione a notevoli sforzi.

Benché sia difficile definire esattamente la variazione degli scarti, poiché essi sono legati al tipo di produzione, tuttavia alcuni esempi fanno notare che, con l'introduzione del colore e trasformazione della rotativa, la percentuale degli scarti, che risulta inferiore 3,5%, ha pur sempre un lieve aumento relativamente alla stampa tipografica.

L'introduzione delle modifiche necessarie in rotativa ha un costo di molto inferiore a quello dell'acquisto di una corrispondente rotativa offset nuova, infatti non supera il 10-20% ditale costo. Se però le modifiche interessano la sostituzione dei cilindri e delle relative ruote dentate, il costo sale al 30%, relativamente a quello di una macchina offset da bobina nuova.

La convenienza della trasformazione ha ragione d'esistere per il miglioramento della qualità di stampa, sia inteso come aumento delle densità dello stampato e dell'uniformità dei fondi, sia per la possibile introduzione del colore nella produzione di quotidiani.

3. Esempio di macchina di-lito

Negli anni '70 furono sviluppate macchine da bobina appositamente costruite in sostituzione delle macchine tipografiche, con stampa diretta di lastre offset.

Poiché furono progettate per l'uso della soluzione di bagnatura, le parti a contatto con l'acqua, per esempio il cilindro portalastra, sono appositamente protette dall'ossidazione con rivestimenti in acciaio inossidabile. I rulli inchiostratori metallici vengono protetti con rivestimenti in rame.

La disposizione degli organi stampanti e dei rulli inchiostratori in una macchina di-lito è analoga a quella del corrispondente elemento di una macchina tipografica (fig. 272). Può essere presente soltanto un gruppo di bagnatura a contatto dell'ultimo rullo metallico della distribuzione dell'inchiostro.

Altri esempi di macchine da bobina di-lito sono già stati segnalati nel capitolo riguardante le macchine da bobina offset, ad esempio nella figura riguardante il passaggio del nastro nei gruppi caucciù-contro-caucciù a sei cilindri (fig. 250).

Macchina rotocalco da bobina

1. Generalità

L'elemento stampante di una macchina rotocalco è costituito da un serbatoio contenente l'inchiostro, da un cilindro che ospita i grafismi incisi, da un gruppo di raclatura dell'inchiostro dalla superficie del cilindro inciso, da un gruppo di pressione costituito da uno o più cilindri, da un sistema per il passaggio del Supporto (fig. 273). Completano l'elemento di stampa rotocalco un dispositivo d'essiccazione dell'inchiostro e uno per il controllo del registro.

La stampa rotocalco si è affermata su larga scala negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, in particolare con lo sviluppo delle rotative da bobina.

La velocità di stampa, limitata a 15.000 giri/h del cilindro prima della seconda guerra mondiale, ha raggiunto i 30.000 giri/h del cilindro negli anni '60 ed attualmente tende a raggiungere i 50.000 giri/h, grazie al miglioramento delle tecnologie per il controllo del registro ed ai miglioramenti meccanici. Le macchine rotocalco da bobina trovano la loro più ampia applicazione nella stampa dei periodici ad alta tiratura, riccamente colorati.

Gli stampati su supporti non assorbenti (film plastici, alluminio, ecc.) sono realizzati con il processo rotocalco quando le esigenze di qualità lo richiedano. I laminati plastici sono tuttora un prodotto della Stampa rotocalco, come numerosi tipi di carte da parati.

Il processo rotocalco ha conosciuto un rapido progresso con l'automazione della formatura. Dapprima furono introdotti mezzi di controllo automatici per il controllo dell'incisione della forma in rame, attualmente si tende a produrre l'incisione solo con mezzi elettromeccanici (elioclisciografi). Negli anni '80 si sta assistendo alla fusione delle lavorazioni a monte della formatura, con il fine di produrre matrici intermedie utilizzabili per diversi processi di stampa, in particolare utilizzabili sia per la produzione di lastre offset sia per la produzione di cilindri rotocalco tramite incisione elettromeccanica. Ancora un cenno merita il tentativo d'introdurre l'incisione laser dei cilindri rotocalco, tramite deposizione sulla loro superficie di un sottile film plastico (Crosfiled).

La forma rotocalco è generalmente costituita da un cilindro ramato in superficie, spesso cromato dopo l'incisione per aumentarne la resistenza all'usura, su cui sono praticate incisioni, dette alveoli o cellette. La variazione di volume degli alveoli consente di modificare la quantità d'inchiostro trasferita sul supporto e, pertanto, la gradazione tonale.

L'inchiostro rotocalco presenta una bassa viscosità, relativamente agli altri inchiostri da stampa; esso può essere costituito sia da pigmenti dispersi nella vernice, sia da coloranti sciolti in esso. L'evaporazione della frazione a più basso punto d'ebollizione dell'inchiostro permette una rapida essicazione del film superficiale. La quantità d'inchiostro trasferita sul supporto dalla forma rotocalco è mediamente molto più alta che nei processi tipografico od offset, perché le massime incisioni possono raggiungere anche la profondità di alcune decine di micrometri; pertanto possono essere ottenuti risultati cromatici anche molto brillanti.

Comparando un impianto rotocalco da bobina con uno analogo offset, si può notare che, benché i costi per l'investimento iniziale siano superiori, la macchina rotocalco permette la stampa con cilindri di diametro e lunghezza maggiori e diversificati. mentre ciò è impossibile per una macchina offset da bobina. L'uso del formato variabile nella stampa da bobina rotocalco consente ad una medesima macchina la produzione di stampati molto differenti, anche per l'evoluzione seguita dalle piegatrici in linea con l'impianto, anch'esse dotate di formato variabile.

Mentre una macchina offset da bobina costituisce un impianto standard per produzioni ripetitive, una corrispondente macchina rotocalco risulta più flessibile.

Il cilindro inciso, può essere controllato qualitativamente con l'esecuzione di una prova di stampa mediante un'apposita macchina detta tiraprove. Esaminati i risultati ottenuti al tiraprove ed eseguite le opportune correzioni, i cilindri possono essere avviati alla macchina rotocalco da bobina per la tiratura.

2. Tiraprove e prova di Stampa rotocalco

2.1. Generalità

La prova di stampa può essere equiparata, fatte le debite proporzioni, con la bozza ottenuta in composizione; si tratta cioè un documento intermedio su cui controllare le operazioni eseguite a monte e per programmare la stampa successiva.

La prova di stampa rotocalco avviene al termine delle operazioni di formatura, quando il cilindro inciso è disponibile per un controllo qualitativo della produzione. La definizione della qualità dello stampato, nonostante le numerose tecniche di controllo disponibili, è ancora difficile da definire con chiarezza, a causa di numerosi fattori, che potrebbero essere riepilogati come segue:

- rilevante soggettività nel giudizio del prodotto stampato e nella sua comparazione con gli originali, in particolare nel confronto tra ciò che esiste sugli originali, ciò che il cliente vorrebbe che si vedesse, e ciò che è tecnicamente possibile ottenere con i mezzi di formatura e stampa rotocalco;

mancanza di procedure standard, comuni a più stampato, che abbiano rilevanza nella stampa rotocalco per edizioni;variazioni dei materiali usati per la stampa, delle tecniche di produzione grafiche e delle macchine.

La prova di stampa viene eseguita sul tiraprove per prodotti di elevata qualità, ad esempio cataloghi a quattro colori, per evitare scarti o reclami da parte del cliente, oppure costosi fermi della macchina rotocalco da bobina.

Eseguita la prova, i cilindri portaforma vengono corretti dalle eventuali imperfezioni, quindi cromati, se utilizzati per tirature elevate.

Tali cilindri sono poi nuovamente immessi nella macchina tiraprove rotocalco per produrre nuove prove di stampa da sottoporre al cliente. In questa fase si analizza sia l'uniformità dei fondi sia il bilanciamento cromatico.

2.2. Tiraprove rotocalco

I tiraprove rotocalco sono separabili in due classi: 1. tiraprove monocolori a tamburo. Si tratta di macchine rotocalco in grado di stampare su ogni supporto con un ridotto consumo di materiali ed un limitato impiego di personale. Sono utilizzati nel campo della stampa di periodici, d'imballaggi, per stampati per transfer, carta da parati, ecc.; 2. tiraprove multicolori a bobina (fig. 274). Si tratta di macchine rotocalco da bobina specializzate, costituite da quattro gruppi di stampa, uno sbobinatore ed una uscita a fogli (sheeter). Queste ultime macchine posseggono un'elevata flessibilità poiché in esse possono essere inseriti cilindri aventi assi di lunghezza diversa. Esse permettono un rapido avviamento, perché con cilindri di asse («tavola») Superiore ai due metri, la prova può essere completata nel giro di due ore.

La velocità di produzione è ridotta a 50-70 m/min, con un consumo di carta non Superiore ai 150 kg per ogni prova. Le caratteristiche principali di una rotativa tiraprove per rotocalco devono consentire una serie di possibilità riassumibili come segue:

1. Possibilità di cambiare rapidamente i cilindri ed il formato di stampa, mediante attrezzature di preregistro e dispositivi che permettono un rapido adattamento alle variazioni di larghezza carta, dello sviluppo circonferenziale o assiale del cilindro, ecc.

2. Uscita del nastro in fogli, con dispositivo di taglio trasversale della bobina stampata e meccanismi per l'accumulo dei fogli impilati.

3. Possibilità di controllo del registro tramite compensatori longitudinali al nastro oppure agenti sull'asse dei cilindri.

4. Possibilità di modificare le caratteristiche della pressione da parte del cilindro di pressione mediante una torretta rotante su cui sono montati diversi pressori, oppure con modificazione della forza con cui l'unico pressore agisce contro il cilindro forma.

5. Bacinella costituente il calamaio dell'inchiostro adattabile alle dimensioni dei cilindri forma immersi in essa, sia in senso circonferenziale, sia per le variazioni longitudinali.

Devono inoltre essere presenti i dispositivi simili a quelli delle macchine rotocalco da bobina propriamente dette, quali il comando del gruppo della rada, la presenza di cappe d'aspirazione dei solventi dell'inchiostro per ogni gruppo stampa, ecc.

2.3. Correzione dei cilindri rotocalco

Tenendo presente i risultati ottenuti mediante il tiraprove rotocalco, i cilindri incisi possono essere corretti modificando il volume degli alveoli incisi. La correzione può essere solo di due tipi: o il volume degli alveoli era troppo elevato, quindi è necessario ridurlo, oppure era esiguo, quindi è necessario aumentarlo. Per ridurre il volume degli alveoli si può agire asportando nella zona da correggere il rame in superficie per mezzo di abrasivi (scarbonatura, ecc.).

Un altro modo di ridurre il volume degli alveoli consiste nel depositare al loro interno materiali, sia per deposizione elettrolitica, sia per deposizione di lacche insolubili negli inchiostri rotocalco.

Per aumentare il volume degli alveoli è necessario reincidere le zone interessate, proteggendo opportunamente le coste degli alveoli.

2.4. Correlazioni tra il tiraprove e la rotativa da bobina rotocalco

Le condizioni operative di stampa su una macchina tiraprove ed una macchina da bobina rotocalco sono profondamente diverse. In particolare la velocità con cui vengono eseguite le prove è notevolmente inferiore a quella operativa in macchina da bobina. pertanto debbono essere eseguite correlazioni tra i risultati ottenuti in tiraprove e quelli in tiratura.

La qualità del trasferimento dell'inchiostro sul supporto dipende, in prima approssimazione, dalla velocità della macchina e dalla viscosità dell'inchiostro.

Per aumentare la velocità della macchina da stampa rotocalco, è necessario diminuire la viscosità dell'inchiostro, intesa come rapporto tra l'inchiostro puro e la percentuale di solvente aggiunto, con il fine d'ottenere valori tonali di trasferimento dell'inchiostro accettabili.

La velocità del tiraprove rotocalco impone l'uso d'inchiostri con viscosità più elevata, relativamente a quella degli inchiostri utilizzati in rotativa, ottenibile per mezzo di vernici aggiunte all'inchiostro. La qualità di solvente (generalmente toluolo) presente nell'inchiostro usato nel tiraprove è inferiore a quella presente nell'inchiostro usato in rotativa, a causa della diversità di velocità delle due macchine. Pertanto il risultato finale ottenuto in un tiraprove, a parità d'inchiostro puro, risulta di qualità superiore, a causa del diverso tipo di trasferimento dell'inchiostro.

Per correlare i risultati in tiraprove con quelli ottenuti in rotativa si possono definire dei valori standard mediante la stampa dei medesimi cilindri, contenenti incisioni controllate e conosciute, prima su una macchina e successivamente sull'altra, operando sperimentalmente con un opportuna gamma d'inchiostri e di carte e confrontando con metodi soggettivi ed oggettivi i risultati ottenuti, si può studiare su quali parametri intervenire per riprodurre fedelmente le gradazioni e le tonalità in condizioni standard, ad esempio operando sulla pressione e sul tipo di rade, ecc.

Successivamente le stampe sul tiraprove saranno eseguite osservando i valori standard già sperimentati.

La prova di stampa ottenuta al tiraprove rotocalco accompagna le forme alla macchina rotocalco, reca i valori densitometrici e le condizioni operative impiegate per il suo ottenimento.

3. Struttura delle macchine rotocalco da bobina

3.1. Generalità

La macchina rotocalco da bobina è composta da una serie di elementi modulari, in cui ogni gruppo stampante trasferisce un colore sul nastro in svolgimento.

A causa dell'elevata produzione, caratteristica degli impianti di grande formato, il portabobine è, generalmente, del tipo a cambio automatico.

Ogni gruppo stampante è dotato di un gruppo di pressione, formato da uno o più cilindri sovrapposti e dal cilindro forma inciso; quest'ultimo è posto quasi in tutti i modelli sotto il gruppo di pressione, in verticale.

Inferiormente al cilindro forma è situato il calamaio, ospitante l'inchiostro fluido. In alcuni modelli il gruppo d'inchiostrazione può essere costituito da una serie di ugelli che proiettano l'inchiostro sulla superficie del cilindro-forma.

Il gruppo di raclatura, composto da una lama appoggiata sulla superficie del cilindro e dai dispositivi per la sua regolazione, è sito lateralmente al cilindro forma e incide sulla sua superficie a non molta distanza dalla linea di contatto tra il cilindro pressore ed il cilindro forma.

L'elemento stampante è completato da un dispositivo atto a favorire l'evaporazione del solvente contenuto nello stampato e da una serie di elementi per il controllo del registro, della vistosità dell'inchiostro, ecc.

In alcune macchine, adatte alla stampa di specifici prodotti, può esistere un carrello su cui sono montati, oltre al cilindro forma, il gruppo d'inchiostrazione e quello di raclatura. Tale carrello può essere Sostituito da un altro che porta una forma flessografica con inchiostrazione «anilox» (v. oltre). Poiché la struttura della macchina è la medesima, la flessibilità aumenta considerevolmente, potendo mutare il procedimento di stampa.

3.1.1. Alimentazione del nastro
Il portabobine è già stato descritto nei paragrafi sul gruppo d'alimentazione delle macchine e ad essi si rimanda. Il percorso del nastro in una macchina rotocalco da bobina risulta notevolmente più complesso e lungo che in una macchina offset: pertanto potrebbero verificarsi, in assenza di controlli della tensione del nastro, maggiori probabilità di tiro differenziato tra i diversi elementi stampanti.

Il trascinamento del nastro in una macchina rotocalco da bobina può avvenire per mezzo:

  • - dell'attrito esistente tra il cilindro di pressione ed il cilindro inciso:
  • - dell'insieme dei rulli di trascinamento;
  • - dei rulli della piegatrice;
  • - dei tamburi essiccatori (su alcune macchine).
Affinché il trascinamento del nastro sia corretto, gli elementi trainanti devono avere, teoricamente, la medesima velocità periferica; per garantire la tensione del nastro in macchina, però, si usa l'accorgimento di impiegare velocità periferiche leggermente crescenti, a partire dal primo elemento stampante. Tale differenza di velocità periferica può essere ottenuta ponendo i cilindri forma di diametro più piccolo all'inizio della rotativa e, via via, quelli a diametro maggiore negli elementi successivi (le differenze di diametro sono dell'ordine di qualche micrometro).

Qualora non si osservasse questa precauzione, il tiro di un cilindro forma maggiore potrebbe provocare un'accumulo di nastro successivamente ad esso, durante la tiratura, non riassorbibile dai rulli compensatori della tensione.

Teoricamente si può calcolare l'accumulo di nastro, tenendo presente che lo spazio (s) percorso da un punto su una circonferenza, cioè di un punto sulla superficie del cilindro, è dato dal prodotto del raggio (r) della circonferenza per l'angolo (o) percorso dal punto, quest'ultimo misurato in radianti, dove: 2 V p rad = un giro = 3605.

Ammettendo una differenza di un decimo di mm (0,01 cm) tra il raggio di due successivi cilindri forma, dove il primo è maggiore del secondo, il nastro percorre uno spazio pari a 2 V p V 0,01 cm in più all'uscita del primo elemento ad ogni giro dei cilindri. Tale valore, pur molto piccolo, può essere avvertito con il procedere della tiratura: dopo 1.000 giri del cilindro assomma infatti a circa 63 cm teorici.

Se invece il cilindro di raggio maggiore è posto successivamente al primo, viene esercitata una certa tensione sul nastro e questo reagisce elasticamente alla sollecitazione.

I 63 cm teorici di differenza del calcolo precedente sarebbero da ripartire sulla tensione di alcune migliaia di metri di nastro (se il cilindro misura 50 cm di raggio, dopo l.000 giri sono passati 2 V p rad V 50 cm V 1.000 giri = 2 V p V 50.000 cm = 3.142 m di nastro), che inciderebbero sull'allungamento del nastro per circa lo 0,0002%.

Tali calcoli sono indicativi e non tengono conto di un'eventuale riscaldamento del nastro nel dispositivo d'essiccamento dell'inchiostro. in tal caso, con Supporti fibrosi igroscopici, si possono avere fenomeni di restringimento del nastro, quindi si dovrebbe usare una successione dei cilindri in modo opposto a quello accennato sopra.

Per edizioni in quadricromia, la differenza tra le circonferenze dei cilindri forma è contenuta intorno a 0,1 mm per ogni metro di circonferenza, operando in modo che il primo cilindro, di diametro inferiore, funzioni da freno, mentre l'ultimo, di diametro maggiore, garantisca un sufficiente tiro sul nastro per alimentare adeguatamente la piegatrice.

3.2. Organi di Stampa

3.2.1. Generalità
Gli organi stampanti in una macchina rotocalco da bobina sono costituiti dal cilindro inciso su cui preme un cilindro pressore, a cui è eventualmente sovrapposto un secondo cilindro premente.

Poiché il cilindro inciso presenta una superficie liscia e dura, il cilindro di pressione può essere rivestito da uno spessore in gomma relativamente duro.

La pressione di stampa può raggiungere valori anche molto elevati (50-100 kg/cm2), pertanto la costruzione del cilindro pressore ed il suo rivestimento sono particolarmente curati. I supporti dei cilindri forma rotocalco devono essere costruiti per permettere un rapido e comodo cambio degli stessi cilindri. Poiché in molti modelli esiste la possibilità di usare cilindri di diverso diametro, generalmente l'asse di rotazione ha posizione fissa, mentre il pressore può essere avvicinato o allontanato al variare del diametro della forma.

In altri modelli i costruttori hanno previsto il montaggio del cilindro inciso su slitte, le cui dimensioni variano in relazione allo sviluppo circonferenziale dello stesso per portarlo a contatto con il cilindro di pressione.

3.2.2. Cenno sulla rotocalco
3.2.2.1. Generalità. La forma rotocalco è costituita da una serie di alveoli, ospitanti un volume differenziato d'inchiostro in relazione alle tonalità da ottenere, incisi su una superficie quasi sempre di rame. L'ottenimento della forma di rame è descritta nella relativa formatura: in questa sede si ricorda solo che le lastre di rame montabili sul cilindro portaforme sono state sostituite da cilindri appositi su cui viene deposta una sottile foglia di rame per mezzo di bagni galvanici.

Thomas Bell nel 1874, definì il cilindro rotocalco come:

«... un'anima in ferro rivestita di rame, o altro materiale, sul quale si possa riportare, e poi eliminare tutte le volte che occorre, il motivo da stampare...». Il cilindro rotocalco era, nel secolo passato, limitato ad una larghezza di pochi decimetri, inoltre la velocità di rotazione non superava qualche giro al secondo.

Dagli anni '50 in avanti sorse la necessità di controllare maggiormente la precisione di costruzione del cilindro rotocalco, poiché si dovevano raggiungere velocità intorno ai 40.000 giri/h, con velocità periferiche anche maggiori di 12 m/s, e con passaggio di nastri di carta molto larghi.

Il cilindro rotocalco è assimilabile ad un organo meccanico che fa parte integrante della macchina da bobina e pertanto è richiesta un'elevata accuratezza e precisione di costruzione. Tale precisione meccanica dev'essere anche rapportata alle tolleranze di funzionamento dei dispositivi elettromeccanici o elettronici d'incisione.

3.2.2.2. Meccanica del cilindro portaforma. Il cilindro rotocalco è composto essenzialmente da un tubo d'acciaio, di spessore variabile, alle cui estremità sono fissate, a caldo, due flange. All'interno di esse sono saldamente collegati due perni (fig. 275).

Sui perni sono infilate due boccole, oppure cuscinetti ad anelli, che permettono la rotazione del cilindro nelle fiancate dell'elemento stampante con il minimo attrito.

Nella costruzione di un cilindro rotocalco si tiene conto di numerosi fattori, i più importanti dei quali sono la larghezza della «tavola» stampante e la variazione circonferenziale minima e massima ammessa.

A tali dati sono legate le sollecitazioni maggiori cui un cilindro rotocalco è sottoposto durante la rotazione nella macchina da stampa.

Le sollecitazioni che tendono a deformare il cilindro rotocalco possono essere riassunte come segue:

  • - sollecitazioni interne, come torsione, flessione e compressione.
    Si tratta di una combinazione di forze dipendenti dalla forza con cui il pressino agisce sul cilindro, dal momento agente trasmesso dal motore, dalle forze che insistono sui cuscinetti, dalla pressione della rada, ecc. (fig. 276).
  • - sollecitazioni esterne, provocate dalle variazioni termiche cui il cilindro viene sottoposto durante le operazioni di ramatura e cromatura. Le variazioni termiche possono influire sulle tensioni interne dei materiali: anche se contenute, esse possono dar luogo a deformazioni della forma geometrica del cilindro.
Com'è noto, il diametro esterno dei quattro cilindri è diverso di una minima quantità, circa 1/10 di mm; il cilindro di maggior diametro viene posto generalmente nell'ultimo elemento stampante e gli altri con diametro via via decrescente fino al primo elemento stampante (scala dei cilindri). Questo per garantire una corretta tensione del nastro in fase di Stampa, ottenibile se il cilindro successivo ha una velocità periferica leggermente superiore al precedente.

Il cilindro viene sottoposto a sollecitazioni anche durante le operazioni di formatura o di preformatura: cioè durante le operazioni di tornitura, pulitura e rettifica.

Calcolare esattamente le resistenze alle sollecitazioni di un cilindro rotocalco è assai difficile, a causa dell'eterogeneità dei materiali di cui esso è costituito.

Il corpo cilindrico della tavola stampante, come si è ricordato, è costituito quasi esclusivamente da tubi senza saldatura, in acciaio non legato. Si può usare un tubo di designazione UNI 2897-69 con Fe 55-2. Tali tubi sono normalmente posti in commercio nelle lunghezze da 1,5 a 7 m, nei diametri e Spessori di valore unificato, secondo le tabelle UNI 2987-69 e 2898-69.

Le condizioni che permettono un funzionamento corretto del cilindro durante la stampa possono essere riassunte in una sufficiente precisione geometrica del cilindro e nell'assenza di vibrazioni.

La precisione geometrica del cilindro dipende non solo dalla esatta circonferenza dello stesso, intesa come sviluppo nominale dell'acciaio addizionato dello spessore della «sfoglia» di rame (1-1,2 mm), ma anche dalle condizioni operative di finitura della superficie di rame.

In particolare sono da tenere sotto controllo la conicità del cilindro, la rugosità della tavola stampante, la geometria del bordo del cilindro. Quest'ultima si ottiene smussando la circonferenza esterna del cilindro, poiché se il bordo del cilindro fosse a spigolo vivo, si potrebbe danneggiare la rada durante il suo movimento di va e vieni, ed usurarla in modo anormale (fig. 277).

L'assenza di vibrazioni si ottiene con il controllo della precisione di rotazione del cilindro, della sua flessione, del corretto equilibramento assiale dello stesso.

Le difficoltà di rotazione sono contenute in valori accettabili allorché il gioco radiale del cuscinetto entro cui ruotano i perni rientra nelle previste tolleranze. Esse dipendono da una serie di fattori, quali: il massimo peso del cilindro, la velocità meccanica massima, lo spostamento assiale per l'estrazione dei cuscinetti, il coefficiente di carico, ecc.

Per evitare rotazioni o scorrimenti tra il cuscinetto ad anelli conici ed il perno, è necessario montare gli anelli interni con un sufficiente grado d'interferenza, in proporzione al carico del cilindro. Poiché un anello interno sottoposto a carico tende a dilatarsi, s'allenta l'accoppiamento con il perno e può verificarsi uno scorrimento tra i due corpi. Pertanto gli anelli vengono riscaldati, prima di essere immessi nei perni del cilindro, con il fine d'ottenere l'interferenza voluta, impiegando tabelle che pongono in relazione la differenza di temperatura tra perno e cuscinetti ad anelli conici e l'inerferenza consigliata.

Generalmente per cilindri con un peso oscillante tra 800 e 1000 kg si opera un forzamento di 0,03 mm. Non si possono superare certi valori d'interferenza poiché corrispondentemente diminuisce il gioco nel cuscinetto, a causa della dilatazione dell'anello sottoposto a carico.

Le operazioni di smontaggio del cuscinetto ad anelli conici sono facilitate da estrattori termici in lega leggera.

La flessione del cilindro (1), dipende dalla lunghezza della tavola stampante (1), dal carico applicato dal pressore (P), dal modulo d'elasticità (E) e dal momento d'inerzia della sezione del cilindro (1), tramite la formula:

Il momento d'inerzia è inoltre direttamente proporzionale allo spessore ed al diametro del tubo impiegato per la costruzione del cilindro. Pertanto, diminuendo il diametro del cilindro, occorre aumentare lo spessore del mantello, per mantenere costante la resistenza alla flessione.

La flessione del cilindro dovrebbe essere contenuta entro 1/10 di mm nel mezzo della tavola stampante, con un carico del pressore intorno a 25 kg/cm2. Tali valori sono difficili da ottenere con cilindri di grande tavola e piccolo diametro, poiché la flessione aumenta con il cubo della lunghezza della tavola stampante (1 3)e con una potenza del raggio del cilindro, tramite il momento d'inerzia (1). La rigidità del cilindro è invece facile da ottenere con tavola stampante piccola e grande diametro del cilindro.

Una delle maggiori fonti di vibrazioni nella rotativa rotocalco è costituita dalla squilibratura dei cilindri. La distribuzione delle masse poste su un corpo cilindrico in rotazione deve essere particolarmente equilibrata, poiché anche piccole differenze di massa locali possono produrre forti vibrazioni con frequenza periodica, a causa di sollecitazioni sui perni ruotanti nei cuscinetti, legate al numero di rotazioni nell'unità di tempo.

Apposite macchine equilibratrici permettono di misurare la distribuzione delle masse sul cilindro e, tramite piccole masse applicate opportunamente sui lati del cilindro, si può equilibrarne il corpo, affinché l'asse di rotazione coincida con l'asse principale d'inerzia. In queste condizioni la sollecitazione cui il vincolo è sottoposto, anche se in moto, viene a dipendere dalla sollecitazione attiva, cioè il cilindro si comporta, ruotando, come un corpo in quiete. Normalmente è accettabile una squilibratura non superiore a 80-120 g su un cilindro di tavola intorno ai 200 cm, tenendo presente che il peso del cilindro s'aggira su alcuni quintali.

L'elemento di collegamento che rende solidale il cilindro con la rotazione dell'organo trainante è la linguetta (fig. 278).

3.3. Gruppo di pressione

3.3.1. Generalità
Il problema della pressione nelle macchine da stampa rotocalco è notevole; in quelle con cilindri aventi asse superiore ai due metri coinvolge grossi problemi di Struttura meccanica, per l'elevata pressione (20-25 kg al cm lineare) richiesta per il trasferimento dell'inchiostro dagli alveoli al supporto (escludendo i fenomeni d'interferenza).

Il gruppo di pressione può essere costituito da uno o più rulli. Qualora venga usato un solo cilindro di pressione, la sua superficie dev'essere sufficientemente rigida. Usando rulli di contropressione, la superficie del cilindro pressore può essere più elastica. Ciò ha luogo per il fatto che la pressione esercitata in una macchina da bobina rotocalco, provoca una deformazione nella mezzeria dei cilindri prementi. La flessione può essere contenuta se viene aumentato il diametro dei cilindri costituenti il gruppo stampante, oppure con l'aggiunta di altri rulli prementi, che conferiscono maggiore rigidità al sistema premente.

Nelle rotative aventi asse del cilindro inferiore a un metro si ha un solo cilindro di pressione. Nelle macchine con asse del cilindro più lungo di un metro si impiega il «contropressino» ed anche due contropressini. Nelle macchine con asse del cilindro intorno a 240 cm, si ottiene una pressione di 20-25 kg/cm con un'interferenza nella mezzeria di 0,1 mm. Per garantire tale interferenza, un solo cilindro di pressione non è sufficiente, perché tenderebbe a flettere. Nei gruppi in cui vengono usati due cilindri di pressione, uno sovrapposto all'altro, quello superiore è dotato di una superficie metallica e su di esso agiscono due pistoni. In altri sistemi si usano blocchi oleodinamici, oppure pneumatici per agire sul secondo cilindro di contropressione, con lo scopo di garantire la rigidità del sistema.

La tecnologia con cui si cerca di evitare la flessione dei cilindri in rotocalco è analoga a quella usata nelle macchine continue per la fabbricazione della carta, in cui esistono cilindri con asse anche di sette metri, per cui modesti momenti flettenti producono forti variazioni di spessore della carta tra il centro e la periferia del nastro.

Una di queste tecnologie prevede l'uso di un cilindro avente una carcassa dotata di fori capillari, su cui è posta la gamma del pressino; aria compressa, all'interno dell'anima del pressino, agisce sui capillari per aumentare la pressione del cilindro. Tra il rivestimento in gomma ed il sistema pneumatico viene immessa una sostanza plastica, fluida, capace di autopolimerizzare con l'aumento della temperatura, divenendo più viscosa. quando ha luogo un innalzamento della temperatura superficiale del pressino a causa di attriti, la sostanza plastica reagisce con maggiore difficoltà alla pressione pneumatica interna, perché acquista maggiore viscosità, riducendo la pressione di stampa ed attenuando il fenomeno che ha provocato l'innalzamento della temperatura. Non si dimentichi che un aumento della temperatura superficiale della gomma del pressino, ha come conseguenza una dilatazione del materiale stesso, con esaltazione del problema degli attriti.

Altre case costruttrici hanno studiato sistemi analoghi, con pressione oleodinamica all'interno della carcassa del pressino, tramite un sistema di piccoli pistoni..

Per ovviare alla forte richiesta di pressione delle macchine rotocalco, esiste un'altra soluzione: quella di adottare il principio di trasferimento elettrostatico dell'inchiostro dalla forma al supporto, con una discreta riduzione di pressione. Gli apparecchi elettrostatici per favorire il trasferimento dell'inchiostro in rotocalco sono trattati in altra sede.

Il rullo di pressione non è comandato da alcun organo motore; esso ruota per la frizione esercitata dal cilindro forma. In tal modo vengono evitate differenze di velocità periferica nell'organo stampante che si tradurrebbero in attriti indesiderati.

Nelle macchine rotocalco da bobina molto veloci, il rullo pressore può riscaldarsi anche notevolmente e di conseguenza può usurarsi precocemente, dare problemi di variazioni dimensionali meccaniche, ecc.

La gomma con cui è rivestito il cilindro di pressione è, moderatamente, in grado di disperdere il calore accumulato sulla superficie a causa di attriti. in parte l'inchiostro fluido rotocalco, a forte evaporazione, funziona come mezzo refrigerante. Tra gli elementi estremi di una rotativa a otto elementi, però, può esistere una differenza di temperatura, misurata sulla superficie dei cilindri di pressione, anche di 5 5C. in casi estremi di attrito, si possono avere temperature di 80-85 5C, che pongono seri problemi alla tenuta sulla carcassa della gomma del pressino.

Una delle conseguenze dell'aumento di temperatura superficiale è la diminuzione della viscosità dell'inchiostro, con ripercussioni sulla stampabilità. Alcune ditte forniscono il cilindro di pressione dotato di collegamenti a tubazioni d'acqua, attraverso giunti speciali, per la refrigerazione interna del gruppo di pressione.

La superficie dei cilindri di pressione è rivestita di gomma molto dura, intorno a 80-85 5Sh A, per ridurre al minimo la striscia di contatto ed avvicinarla alla teorica linea di contatto tra due superfici curve. In tal modo viene aumentata la forza agente per cm lineare.

La durezza del rivestimento sul rullo pressore dipende da molti fattori: velocità di stampa della macchina, caratteristiche di compressibilità e liscio superficiale del supporto da stampare. abrasività del supporto e degli inchiostri, ecc.

Poiché i rulli pressori delle macchine rotocalco da bobina non sono collegati con corone dentate agli organi motori, il loro diametro può essere molto variabile. Un cilindro di pressione di piccolo diametro, però, ha lo svantaggio di essere maggiormente soggetto alla flessione. D'altra parte, la larghezza della striscia di contatto diminuisce con il diminuire del diametro del cilindro pressore. Pertanto un rullo pressore di piccolo diametro garantisce, a parità di altre condizioni, un trasferimento più nitido dell'inchiostro.

Il contatto tra il cilindro forma e quello di pressione avviene tramite una striscia di contatto, di larghezza variabile in relazione all'elasticità del rivestimento del pressore e alla pressione applicata, ma che misura mediamente 10-12 mm. Il rivestimento in gomma dovrebbe resistere almeno a 30 milioni di giri prima di dover essere rettificato; esso tende a rovinarsi soprattutto ai bordi.

L'innesto e il disinnesto nonché la regolazione della pressione avvengono tramite dispositivi meccanici o pneumatici.

Il valore della pressione può essere controllato sia mediante lettura della posizione di volantini, sia mediante lettura con apparecchi dinamometrici, che rilevano la forza d'appoggio.

Il valore della pressione può variare notevolmente in relazione alla durezza del rullo pressore ed alla natura del materiale da stampare. Cartwright indica i seguenti valori:

La pressione nelle macchine rotocalco da bobina dev'essere costante e ripetibile, sia per il mantenimento del registro tra i diversi elementi, sia per garantire una tensione uniforme del nastro.

Dispositivi automatici di disinnesto della pressione tolgono istantaneamente il contatto tra il cilindro forma ed il rullo pressore quando si verificano inconvenienti durante la tiratura, ad esempio con rottura del nastro. In tal modo il pressore non viene controstampato dalla forma, inoltre vengono evitate eccessive pressioni causate dall'improvviso aumento di diametro del cilindro forma sul quale s'avvolge parte del nastro rotto. I dispositivi automatici, comandati da rilevatori di rottura del nastro, staccano la pressione ed arrestano la macchina: per evitare che l'inchiostro essicchi negli alveoli della forma, un motore secondario trascina il cilindro rotocalco in rotazione nel calamaio a velocità ridotta.

3.3.2. Innesto della pressione
La regolazione della pressione è effettuabile alle due estremità del rullo pressore: l'innesto della pressione può avvenire sia per mezzo del controllo della discesa del rullo pressore entro apposite guide, sia mediante rotazione di eccentrici (fig. 279).

Altri costruttori preferiscono comandare l'innesto della pressione tramite un dispositivo pneumatico, che agisce su uno stantuffo, collegato o ad una boccola eccentrica (fig. 280) oppure operando direttamente sull'albero del rullo pressore.

3.3.3. Rullo flessibile
Tra i diversi sistemi per il controllo della pressione nelle macchine rotocalco da bobina, si cita, ad esempio, quello del rullo flessibile. Poiché è inevitabile il manifestarsi di fenomeni flessori lungo l'asse dei cilindri del gruppo stampante, una ditta costruttrice (Cerutti) ha realizzato un rullo di pressione capace di compensare la flessione del sistema.

Il rullo flessibile è costituito da un albero interno fisso, al cui interno è ricavato un condotto per alimentazione di aria compressa. esternamente all'albero è posta una camera pneumatica in grado di deformarsi all'aumentare della pressione dell'aria, per azione di anelli pressati pneumaticamente contro la camicia esterna. Questa è collegata all'albero fisso tramite due cuscinetti, che le permettono di ruotare solidalmente al cilindro forma (fig. 281).

Alle estremità dell'albero fisso può agire la forza premente di due pistoni. Operando su una o più delle tre forze pneumatiche, si possono ottenere striscie di contatto differenziate.

I principali vantaggi del sistema di pressione a rullo flessibile consistono nella possibilità di diminuire la pressione globale applicata, perciò calano, di conseguenza, il consumo d'energia e le possibilità di usura del rullo pressore. Inoltre l'adattamento della superficie del rullo pressore alla superficie del cilindro forma garantisce un corretto trasferimento dell'inchiostro sul supporto, attenuando il fenomeno della mancanza di punti nella «mezzeria» del gruppo stampante.

3.4. Gruppo di raclatura

3.4.1. Generalità
Lo scopo della rada è quello d'asportare dalla superficie del cilindro rotocalco l'eccesso d'inchiostro, lasciando colme le cellette. La corretta asportazione dell'inchiostro da parte della rada dipende da molti fattori, i principali dei quali sono:

  • - il tipo di metallo di cui è composta;
  • - la sua affilatura, lo spessore della lama e della controlama ed il rapporto tra le loro lunghezze ed il supporto portaracla;
  • - la pressione con cui la lama preme sul cilindro.
  • - l'angolo di contatto con la superficie del cilindro
  • - il movimento assiale della rada. la sua usura a causa dell'inchiostro o per altre cause.
Il posizionamento della racla sul cilindro avviene a qualche decina di gradi dal punto in cui l'inchiostro è trasferito sul supporto, misurando l'angolo al centro del cilindro forma. Minore è l'angolo al centro del cilindro, minore è l'arco di circonferenza che gli alveoli colmi d'inchiostro debbono percorrere nell'aria ambiente prima di essere stampati.

Nelle macchine a formato variabile il gruppo di raclatura deve possedere ampia flessibilità operativa: cioè deve poter essere avvicinato o allontanato dal cilindro forma in movimento, deve poter essere variato l'angolo d'incidenza con cui la lama preme sulla superficie del cilindro e regolata l'altezza della racla, ecc. (fig. 282).

Nelle macchine rotocalco da bobina a formato fisso le regolazioni del gruppo portaracla sono inferiori.

L'angolo d'incidenza si misura tra la tangente alla linea di contatto della rada al cilindro e l'asse della lama stessa (fig. 283) a partire dal lato di provenienza del moto rotatorio del cilindro; si possono usare angoli d'incidenza molto diversi. In generale si definisce rada «europea» quella con angolo d'incidenza intorno a 45-605, rada «americana» o «internazionale» quella con angolo d'incidenza tra 65-855, rada «rovescia» o «negativa» quella con angolo d'incidenza superiore a 905, I costruttori sono attualmente orientati a fornire gruppi di raclatura orientati intorno a 705 (figg. 284, 285).

L'azione del cilindro, che ruota sotto la racla, può essere assimilata a quella di una mola su un coltello. E intuibile che materiale verrà asportato sia dal filo della lama sia dalla superficie del cilindro. L'usura del cilindro è, comunque. notevolmente inferiore a quella della rada; si verifichino infatti significative variazioni del risultato di stampa prima che la tiratura abbia termine.

Il sottile film d'inchiostro residuo passante tra la racla e la superficie del cilindro svolge un'azione lubrificante, ciò spiega l'usura rapida dell'acciaio della rada rispetto alla superficie cromata del cilindro.

In alcuni modelli di macchine rotocalco da bobina, alcuni elementi possono essere dotati di comando del cilindro reversibile, per poter stampare in bianca o in volta mediante rotazione del gruppo di stampa in un senso o nell'altro, secondo le esigenze. In questo caso può essere eliminato il gruppo di barre d'inversione del nastro, facendo percorrere alla banda un percorso diverso relativamente alla stampa della bianca o della volta.

Anche il gruppo di raclatura deve poter agire sui due lati del cilindro forma, perciò sono previste due posizioni di raclatura sui due lati del cilindro (fig. 286).

La composizione chimica dell'acciaio costituente la racla è particolarmente importante, poiché le rigature che a volte si riscontrano sui cilindri sono molte volte provocate da microparticelle d'acciaio che si staccano dal filo della rada. Anche se con la cromatura del cilindro questi problemi possono essere superati, la prova di stampa con cilindro ancora da cromare può danneggiarlo.

L'acciaio usato per la fabbricazione delle rade contiene normalmente carbonio all' 1%, silicio per lo 0,20/o, manganese per lo 0,4%. Il carico di rottura è intorno a 1.800 Newton/mm2, corrispondenti a circa 185 kg/mm2, con durezza Vickers intorno a 5005. È dimostrato, però, che le normali misurazioni di durezza, sia superficiali, sia nella sezione della lama, non sono parametri significativi per garantire un acciaio che non dia rigature.

In certi casi, il distacco di particelle dal filo di rada lascia una notevole microirregolarità che può essere causa di rigatura, ciò avviene anche a causa di particelle del filo finite nel serbatoio dell'inchiostro e successivamente prese tra la rada e il cilindro.

La durezza del rame, normalmente intorno ai 1200 Vickers, può limitare la profondità delle righe se è più elevata, nel senso che le striature sono poco profonde e difficilmente visibili ad occhio nudo.

3.4.2. Spessore della racla e affilatura
I lamierini usati come rade possono variare da uno spessore minimo di 0,1 a 0,35 mm: la maggioranza degli stampatori usa lamierini di spessore 0,15 o 0,20 mm.

Le rade sottili sono usate con il nome di «autoaffilanti», poiché, dato il loro minimo spessore, non necessitano di bisello. Quest'ultimo consiste nell'ottenimento della necessaria affilatura sul bordo della rada per mezzo di apposite macchine molatrici (fig. 287). L'inclinazione del bisello può dipendere da diversi fattori; normalmente è contenuta da un minimo di 305 (fig. 288) ad un massimo di 655.

Poiché il filo della rada sarebbe troppo accentuato all'uscita della macchina molatrice e potrebbe flettersi a contatto del cilindro, penetrando parzialmente negli alveoli, si provvede a rifinire il filo per mezzo di sostanze abrasive passate manualmente su di esso. In tal modo viene prodotto un leggero arrotondamento del filo della rada e si elimina la «bava»; l'arrotondamento non è casuale, ma è eseguito in funzione del futuro angolo d'incidenza della rada sul cilindro e deve possedere un ben preciso raggio di curvatura.

3.4.3. Controracla
Per quanto la rada sia spessa, essa non è sufficientemente rigida da poter essere applicata senza un supporto: esiste perciò quasi sempre almeno una controracla, talora due, che, poggiando sulla lama, conferiscono rigidità alla racla.

A parità di spessore ed affilatura della rada, la flessibilità della stessa dipende dallo spessore della controracla, dalla distanza del filo di questa dal filo della racla. dalla distanza del filo racla dall'inizio del supporto di sostegno.

Tali valori debbono essere controllati sperimentalmente; in particolare la distanza tra il filo della racla ed il bordo della controracla dovrà essere ridotta quanto è più sottile lo spessore della racla oppure quando si desidera un effetto contrastante.

Possono esistere gruppi portaracla senza controracla: no detti di tipo «americano>: di essi si tratterà più avanti.

3.4.4. Portaracle
Il dispositivo portaracla é costituito da una o più barre tra le quali viene serrata la lama; i piani delle barre sono lavorati con un grado medio di finitura, sufficiente per mantenere rettilinea la racla e per permettere il controllo del parallelismo tra il filo della racla ed il cilindro mediante un calibro.

I portaracle si differenziano l'uno dall'altro per alcuni accorgimenti costruttivi: due tipi tra i più sono definiti di tipo «europeo» e «americano».

Il portaracle «europeo» (fig. 289) é costituito da tre pezzi metallici, accoppiati per fissare la racla e la controlama di sostegno. La racla fuoriesce dal portaracla di circa 40-50 mm, mentre la controracla incide obliquamente su di essa a circa 10-15 mm dal filo. La racla risulta molto elastica e facilmente adattabile alla superficie del cilindro, ma può subire vibrazioni che ne riducono la durata.

Il portaracle di tipo «americano» é costituito da due barre profilate in modo da permettere la fuoriuscita della racla incurvata (fig. 290); la sporgenza della racla dalle barre é limitata a 8-15 mm, pertanto la sua rigidità viene accentuata Ciò si traduce in attenuazione delle vibrazioni, ma impone anche un maggiore controllo dell'eccentricità e della conicità dei cilindri, che non devono essere superiori a 1/100 mm.

Allorché la macchina da bobina raggiunga alte velocità, può essere presente un dispositivo di preraclatura. Esso é costituito da una robusta lama, posta in prossimità della superficie del cilindro, il cui compito é d'arrestare una certa quantità d'inchiostro, lasciando passare un sottile film dello stesso. In tal modo la racla viene sottoposta a una minore pressione d'arresto dell'inchiostro e, conseguentemente, vengono attenuati organi di flessioni o vibrazioni.

Tuttavia le macchine a formato variabile, l'applicazione del preracla può far sorgere difficoltà, a causa della regolazione della distanza dal cilindro e dal mantenimento del suo parallelismo dalla superficie di questo.

3.4.5. Pressione sul cilindro e angolo d' incidenza
Per ottenere una pulizia perfetta della superficie del cilindro rotocalco. è necessario applicare la lama affilata sul cilindro con una determinata pressione. L' entità della pressione con cui il filo della racla preme sul cilindro è condizionata da diversi fattori: dalla viscosità dell'inchiostro. dal suo potere lubrificante. inteso come tendenza a formare un velo sulla superficie del cilindro. dalla pressione d'arresto dell'inchiostro contro la racla.

Per definire la pressione «arresto dell'inchiostro sulla racla, bisogna tener presente che il cilindro, nel suo movimento rotatorio, trascina con se una notevole quantità d'inchiostro, che verrà arrestato bruscamente dalla rada.

Il film d'inchiostro esercita una pressione sul filo della racla che tende a sollevarla staccandola dalla superficie del cilindro. La pressione con cui la rada preme sul cilindro, quindi, dovrà bilanciare la pressione d'arresto dell'inchiostro e consentire la completa rimozione dell'inchiostro dai contrografismi del cilindro.

La pressione d'arresto (Pa) dipende dalla densità apparente dell'inchiostro (d), dalla velocità periferica del cilindro forma (V), dall'angolo d'incidenza con cui la rada agisce sul cilindro. Considerando l'angolo formato dalla tangente al cilindro nel punto di contatto della rada e l'asse della rada stessa, la pressione d'arresto dell'inchiostro (P), sarà tanto maggiore quanto più piccolo è l'angolo d'incidenza (fig. 291).

Infatti l'inchiostro tenderebbe ad incunearsi tra il cilindro e la rada, tendendo a sollevarla, pertanto si dovrebbe applicare alla rada una maggiore pressione contro il cilindro. Poiché la massa volumica (densità) dell'inchiostro è costante e la velocità della macchina anche, si può attenuare la pressione d'arresto agendo sull'angolo d'incidenza della rada, oppure modificando la pressione con cui la rada preme sul cilindro.

Il generale l'angolo d'incidenza tra la rada ed il cilindro s'aggira intorno a 700, nelle macchine europee. Lavorando con angoli d'incidenza maggiori di 905, diminuisce notevolmente l'elasticità della lama, perciò sarà necessario controllare accuratamente la precisione meccanica del cilindro (eccentricità. conicità, sbilanciamenti, ecc.) per evitare elevati aumenti di pressione della racla e conseguenti usure premature.

La pressione con cui la racla, tramite il suo supporto, agisce sul cilindro può essere applicata al centro oppure ai lati della stessa. L'energia utilizzata per generare la pressione può essere, relativamente al costruttore, d'origine meccanica, pneumatica oppure idraulica. Agli impianti pneumatici o idraulici sono applicati manometri per poter leggere direttamente la pressione, misurata sulla superficie del pistone pneumatico o idraulico.

Normalmente la pressione applicata varia tra i 75-200 kg/m lineare, nel caso di racle con angolo d'incidenza inferiore a 905, si scende a circa 50 kg/m con racle aventi angolo d'incidenza negativo (maggiore di 905).

L'aumento della pressione della racla per compensare la pressione d'arresto dell'inchiostro può condurre a fenomeni indesiderati. Poiché la racla viene usurata durante la tiratura, sarà necessario aumentare la sua pressione. Infatti durante la tiratura il filo si sarà sicuramente modificato, adattandosi all'angolo d'incidenza con cui la racla preme sul cilindro. In particolare la superficie di contatto della rada sarà aumentata. modificando il prodotto tra la forza applicata e la pressione.

Poiché la pressione P è direttamente proporzionale alla forza applicata (F) e inversamente alla superficie di contatto (5), aumentando la superficie si dovrà aumentare anche la forza agente sulla rada per mantenere costante la pressione. Succede, però, un fenomeno, detto «effetto pompa», collegato all'aumento della pressione della racla. Infatti, all'aumento della pressione, aumenterà anche la flessione della racla e quindi si formerà una nuova linea di contatto tra lama e cilindro (quasi un nuovo bisello); contemporaneamente si formerà un nuovo angolo d'incidenza, notevolmente più acuto, tale da aumentare notevolmente l'effetto della pressione d'arresto dell'inchiostro contro la racla. Il bisello presenta una parte superiore con una lunga superficie leggermente staccata dal cilindro, con possibilità di risucchio dell'inchiostro dalle cellette, per depressione. Tale effetto, descritto come «effetto pompa», è tanto più visibile quanto maggiore è la larghezza della zona di contatto.

La flessione della lama all'aumentare della pressione applicata può variare in funzione dello spessore della rada e della distanza tra il filo della racla e l'inizio della controracla. Gli stampatori ricorrono sovente alla modificazione di tale distanza in funzione della pressione della rada per ottenere effetti diversi.

E da ricordare che il consumo del filo della rada non è uniforme su tutta la larghezza del cilindro, ma dipende dalla dislocazione sul cilindro dei massimi d'incisione e dallo stato delle loro coste.

3.4.6. Bancale di supporto e movimento assiale
Un gruppo di raclatura di una macchina rotocalco da bobina deve assicurare alcune funzioni meccaniche. Esse sono:

  • - rigoroso parallelismo tra filo della rada ed asse del cilindro;
  • - regolarità in altezza ed in avanzamento verso il cilindro, per adattarsi ad eventuali variazioni di diametro e per consentire la scelta di diversi angoli d'incidenza, variando la lunghezza dell'arco formato tra il punto di contatto della rada ed il punto in cui avviene la stampa;
  • - applicazione di una pressione misurabile, uniforme e ripetibile:
  • - smontabilità (o ribaltamento) qualora ciò sia necessario per l'estrazione del cilindro;
  • - lettura dell'inclinazione della rada.
Il gruppo di raclatura è costituito dalle seguenti parti: una banchina fissa, una banchina mobile ed un sostegno portaracla, il portaracla e il comando d'escursione assiale del portaracla.

La banchina fissa sostiene tutto il gruppo mobile, pertanto deve essere robusta, precisa ed esente da vibrazioni. La sua struttura e le dimensioni devono assorbire ed attenuare le vibrazioni trasmesse dalla parte mobile, scorrevole sulle guide portanti (fig. 292).

La banchina mobile costituisce il sostegno del portaracla e permette la registrazione ed il posizionamento della racla col cilindro rotocalco, oltre ad essere comandata da un dispositivo di movimento va e vieni assiale. I dispositivi di avvicinamento e controllo della pressione del gruppo portaracle possono essere comandati meccanicamente o pneumaticamente. Il dispositivo meccanico (fig. 293) permette l'avvicinamento o l'allontanamento del gruppo portaracla per mezzo dell'accoppiamento di un settore dentato e di una vite senza fine; pertanto l'avvicinamento della racla al cilindro può essere controllato e graduato con facilità. Anche il valore della pressione della rada sulla superficie del cilindro si può agevolmente regolare; se il dispositivo meccanico è rifinito accuratamente, si può ottenere parallelismo tra il filo della lama ed il cilindro.

Il dispositivo d'avvicinamento meccanico però, non consente l'uso di cilindri con diametri diversi.

L'elasticità del gruppo è permessa da due molle interposte tra il sostegno portaracla e la banchina mobile.

Il dispositivo d'avvicinamento pneumatico (fig. 294) fu progettato per permettere la raclatura su cilindri con diametri diversi. La struttura è composta da una banchina mobile inferiore e da un albero su cui è incernierata la parte superiore, che fa da sostegno al portaracle. Il comando pneumatico agisce sfruttando l'albero interposto tra le due parti in cui è divisa la banchina mobile come fulcro del movimento. Tale dispositivo non permette d'imprimere con una pressione iniziale ben conosciuta, poiché tale valore dipende dal peso della struttura meccanica appoggiata sul cilindro, inoltre non consente un aumento della pressione della rada graduale e controllabile agevolmente dall'operatore.

3.4.7. Movimento di traslazione assiale della racla
L'escursione assiale della racla è un fattore importante per garantirne l'usura costante ed uniforme. In generale i valori usati sono compresi tra i 20 ed i 40 mm d'escursione massima.

Nei modelli di macchine più recenti è posta molta cura nel determinare il rapporto tra il numero dei giri del cilindro ed il numero di traslazioni assiali della racla. Tale rapporto. generalmente compreso tra 10 e 20, tende ad essere progettato secondo una valore irrazionale, affinché lo stesso punto della rada venga a trovarsi nel medesimo punto del cilindro dopo un altissimo numero di giri.

Il movimento traslatorio assiale della racla può dar luogo, ai punti morti d'inversione del moto, a conseguenze sulla variazione delle tonalità con corso di stampa. La letteratura sull'argomento non ha dimostrato che tali variazioni siano dovute all'inversione del moto traslatorio della racla, asserendo genericamente che tali difetti sono imputabili a imprecisioni meccaniche.

Il rapporto tra la velocità di traslazione assiale della racla e la velocità periferica del cilindro è contenuto entro valori che vanno da 1:100 a 1:1000.

Il comando del movimento traslatorio può avvenire con numerosi dispositivi meccanici, ad esempio utilizzando eccentrici collegati a leve, a camme a profilo particolare (fig. 295), oppure con comando idraulico. Uno dei dispositivi di comando più semplici è costituito da una biella collegata eccentricamente ad un corpo in rotazione (fig. 296),' la velocità di traslazione della rada segue, in questo caso, una legge sinusoidale. Poiché l'azione d'asportazione dell'inchiostro dipende, in parte, dalla velocità relativa tra rada e cilindro, se la velocità di traslazione assiale della rada non è costante, ne consegue che il comando con biella e manovella ha un'azione meno regolare di un comando con camme, in cui la velocità della racla non varia che a fine corsa.

3.4.8. Usura della racla
Le racle vengono consumate durante la tiratura a causa di notevoli fenomeni d'attrito tra il loro filo e la superficie dei cilindri, con una diversa resa tonale tra l'inizio della loro vita ed il termine, allorché il bisello risulta consumato.

La rada tradizionale si usura con il consumo del suo filo. Esso, allorché viene esaurito, subisce una deformazione, con allargamento del contatto con il cilindro e quindi un'insufficiente azione d'asportazione dell'inchiostro. Poiché la sezione del filo è triangolare, con il procedere della tiratura si ottiene un aumento del bisello a contatto con il cilindro.

Normalmente, però, l'usura delle racle è in relazione all'abrasività delle particelle di pigmento presenti nei diversi inchiostri', a parità di altre condizioni, gli inchiostri neri e ciano tendono ad usurare il filo delle rade più rapidamente degli inchiostri magenta e giallo.

3.4.9. Racla a bisello costante
Per superare le difficoltà dovute al consumo del bisello durante la tiratura, che portava ad un aumento della larghezza della zona di contatto, verso la prima metà degli anni '70 furono poste in commercio rade a bisello costante appositamente fabbricate.

La racla a bisello costante (fig. 297) è costituita da una lama da 0,15 a cui viene asportata una parte di una o di entrambe le facce della lama. Pertanto essa è assimilabile ad una rada molto sottile, quindi flessibile. Però il filo della lama, spesso circa 50 mm, è costante per circa 8-10 mm di larghezza. Esso viene consumato gradualmente durante la tiratura, senza la necessità di sostituire la racla come avviene con quella tradizionale, allorché il filo è consumato (fig. 298).

Una rada tradizionale di spessore 0,15 mm, affilata con bisello intorno a 455, possiede una vita utile di circa 300-400.000 giri cilindro, dopo di che dev'essere sostituita; invece la rada a bisello costante può avere una vita anche quattro volte superiore; ciò garantisce una migliore costanza della riproduzione tonale durante la tiratura.

La riproduzione tonale con una rada a bisello costante è infatti garantita dallo spessore costante della lama; una rada tradizionale, invece, è maggiormente affilata all'inizio della sua vita, con risultati di stampa ben contrastati, poi l'usura del filo provoca valori tonali diversi, a parità di altre condizioni di stampa.

Altri vantaggi sono: l'eliminazione dell'affilatura e della rettifica della racla; una minore pressione applicata al gruppo di raclatura e quindi un minore consumo del cilindro. D'altra parte, le rade a bisello costante non sono riutilizzabili e, una volta consumate, debbono essere gettate; esse sono sensibili ai bordi del cilindro, che, se non viene smussato, può provocare la rottura del bisello. Tali racle possono anche essere danneggiate da abbassamenti troppo rapidi sul cilindro, oppure da carta aderente al cilindro, in caso di rottura della bobina in macchina.

Il fabbricante di lame a bisello costante può fornire l'affilatura richiesta dal cliente, conoscendo l'angolo d'incidenza della rada adottata.

3.5. Gruppo inchiostratore

3.5.1. Generalità
L'inchiostrazione nelle macchine rotocalco è molto semplificata rispetto a quella dei processi di stampa che impiegano inchiostri più densi, infatti, mentre gli inchiostri più viscosi debbono essere laminati da molti rulli prima di venir trasferiti sulla forma, l'inchiostro fluido deve più semplicemente riempire le cellette nella forma rotocalco. La viscosità dell'inchiostro è di fondamentale importanza affinché si colmino gli alveoli della forma e possa aver luogo un corretto trasferimento sul supporto.

Durante la tiratura, la viscosità dell'inchiostro contenuto nel calamaio tende ad aumentare per l'evaporazione del solvente, quindi l'impressore deve provvedere a ripristinare le condizioni di viscosità programmate con l'aggiunta di solvente; più sovente esistono impianti automatici per il controllo della viscosità dell'inchiostro.

L'inchiostro rotocalco è contenuto in un serbatoio, di solito posto inferiormente al cilindro, detto «bacinella» per via della sua forma, oppure calamaio, per analogia con i contenitori d'inchiostro tipografici e offset.

La capacità dei calamai è variabile non solo con il formato del cilindro, ma anche con il tipo d'inchiostrazione. Questa può avvenire per immersione parziale del cilindro forma nell'inchiostro oppure per proiezione dell'inchiostro sulla superficie del cilindro.

I calamai di piccole dimensioni richiedono una maggiore attenzione sulle caratteristiche reologiche dell'inchiostro durante la tiratura, a causa delle aggiunte d'inchiostro o per l'evaporazione del solvente.

I grandi volumi d'inchiostro sono generalmente necessari per lavori correnti con inchiostri standard, in questo caso l'inchiostro può essere prelevato da appositi contenitori, in cui viene reologicamente controllato anche per mezzo di dispositivi automatici e quindi condotto per mezzo di pompe al gruppo inchiostratore.

La dispersione di vapori del solvente viene limitata incapsulando il calamaio e tutto il gruppo d'inchiostrazione con appositi ripari, in alcuni modelli il complesso d'inchiostrazione è incapsulato fino a 3205-3405 intorno al cilindro forma, in modo che risulti esposto all'aria ambiente solo un piccolo arco del cilindro. Il contenimento dell'evaporazione del solvente mediante calamai stagni riduce i pericoli d'infortunio legati alla presenza di vapori di solventi infiammabili e tossici nell'ambiente di lavoro.

3.5.2. Sistemi d' inchiostrazione del cilindro rotocalco
La trasmissione dell'inchiostro dal calamaio al cilindro forma rotocalco può avvenire mediante l'immersione del cilindro nell'inchiostro, oppure per proiezione dell'inchiostro sulla superficie del cilindro. Esistono anche altri sistemi d'inchiostrazione basati sulla caduta dell'inchiostro sulla superficie del cilindro, detti ad irrorazione per cascata o per sgocciolamento dell'inchiostro; esistono anche sistemi d'inchiostrazione misti, per iniezione e per proiezione dell'inchiostro sulla forma.

L'inchiostrazione per immersione del cilindro avviene durante la rotazione; esso si ricopre d'inchiostro essendo parzialmente immerso nel fluido (fig. 299).

Quando il cilindro ruota ad alta velocità può creare turbolenze nell'inchiostro, producendo schiuma. Le bollicine possono aderire alla superficie del cilindro, essere spezzate dalla rada e lasciare, nelle zone sottostanti, alveoli non inchiostrati. Per ovviare alla formazione di eccessive quantità di schiuma, può essere prevista l'immersione di un rullo intermedio nell'inchiostro, che trasferisce l'inchiostro alla forma rotocalco (fig. 300).

Un rullo intermedio, però, aumenta la superficie libera da cui l'inchiostro può evaporare; infatti l'evaporazione del solvente dipende soprattutto dalla superficie libera dell'inchiostro e non dalla sua massa.

Nelle macchine rotocalco ad alta velocità, possono essere previsti sistemi d'inchiostrazione in cui l'inchiostro viene proiettato da appositi ugelli contro la superficie del cilindro (fig. 301). Gli ugelli sono posti su una barra parallela all'asse del cilindro.

L'impatto dell'inchiostro contro la forma garantisce il riempimento degli alveoli anche ad alto numero di giri del cilindro, inoltre non si ha generazione di schiuma, l'inchiostro eccedente viene raccolto inferiormente al gruppo stampante e condotto al serbatoio d'inchiostro principale, qui può essere controllato reologicamente con dispositivi automatici ed eventualmente integrato con aggiunte di solvente, filtrato e pompato nuovamente al sistema d'inchiostrazione.

Negli elementi stampanti di una macchina rotocalco da bobina dotati di reversibilità nella rotazione, è previsto che la posizione della racla possa essere scambiata con il gruppo d'iniezione d'inchiostro,

Nel e macchine rotocalco da bobina a formato variabile il dispositivo d'inchiostrazione deve poter essere avvicinato o allontanato dal cilindro forma al variare del suo diametro.

Poiché durante la tiratura la viscosità dell'inchiostro rotocalco viene continuamente modificata dall'evaporazione di solvente, questo, come si è detto, può essere aggiunto, manualmente o con dispositivi automatici. Un'eccessiva quantità di solvente nell'inchiostro non permette d'ottenere uno stampato con fondi uniformi, con colori brillanti; inoltre l'inchiostro diluito perde il suo potere coprente.

Una mancanza di solvente nell'inchiostro, al contrario, può generare stampati con caratteristiche colorimetriche inadeguate per l'eccessiva concentrazione di pigmento, per l'impastamento dell'inchiostro, per un superiore consumo di pigmento (più costoso del solvente), ecc.

Pertanto, è usuale il controllo della viscosità dell'inchiostro durante la tiratura. Allorché l'impressore rotocalcografo nota variazioni accentuate di viscosità, provvede a reintegrare l'inchiostro con opportune aggiunte di solvente.

La misura della viscosità dell'inchiostro rotocalco può essere effettuata con mezzi manuali o automatici. Lo strumento manuale più usato è costituito da un ,apposito recipiente (tazza Ford), dotato inferiormente di un apertura calibrata. Misurando il tempo d'efflusso dell'inchiostro dal recipiente, si ottiene un valore indiretto della sua viscosità,

Per il controllo automatico della viscosità dell'inchiostro esistono apparecchi, dotati di motore, in cui un cilindro ruota all'interno del calamaio: quando varia la viscosità dell'inchiostro, varia anche l'attrito sulla superficie del cilindretto, quindi anche la corrente elettrica assorbita dal motore. Misurando quest'ultimo valore, si può ripristinare la viscosità programmata con opportune aggiunte di solvente (fig. 302).

3.5.3. Trasferimento dell'inchiostro in rotocalco. I dispositivi elettrostatici
3.5.3.1. Generalità. Il trasferimento dell'inchiostro dagli alveoli della forma alla carta, è un fenomeno complesso e variabile per l'intervento di numerosi fattori.

Dapprima la superficie del cilindro viene completamente ricoperta d'inchiostro molto fluido, con viscosità di qualche centipoise. Successivamente, l'inchiostro viene rimosso dai contrografismi per azione della rada. Però il filo della racla aderisce anche all'inchiostro contenuto nelle cellette e parte di questo viene rimosso: pertanto gli alveoli della forma non sono completamente ricolmi d'inchiostro.

Nel percorso tra la rada e la linea di stampa il volume d'inchiostro tende ulteriormente a ridursi per l'evaporazione di una parte del solvente contenuto nell'inchiostro. Contemporaneamente le tensioni superficiali tra l'inchiostro e l'aria e tra l'inchiostro e il rame, costringono l'inchiostro contenuto nelle cellette ad assumere un menisco concavo.

Nelle celle poco incise questo fenomeno non si completa ed il risultato di stampa appare a forma di «V» o di freccia, caratteristica dei toni minimi stampati con cilindri incisi convenzionalmente (area degli alveoli costante e profondità variabile).

Quando gli alveoli contenenti l'inchiostro giungono a contatto del nastro, il trasferimento dell'inchiostro inizia in prossimità delle coste degli alveoli. Dopo il contatto iniziale, il trasferimento dell'inchiostro sul supporto continua per azione di forze capillari ed interfacciali.

Il grado di allargamento dell'inchiostro su una superficie di carta e/o la sua penetrazione nella carta stessa sono molto importanti per la definizione della qualità di stampa. Uscendo dalla linea di stampa, il nastro non interferisce più con gli alveoli incisi, ma in corrispondenza dei massimi toni incisi, la notevole quantità d'inchiostro trasferito s'allarga sulla superficie della carta, ricoprendola anche lateralmente. L'allargamento dell'inchiostro dipende dalle caratteristiche fisico-chimiche della carta (affinità della superficie verso l'inchiostro, liscio superficiale, ecc.), dalla viscosita dell'inchiostro e dalla velocità con cui nastro e cilindro inciso si separano.

Il trasferimento dell'inchiostro non è mai completo, una quantità variante tra il 30 ed il 60% del volume contenuto negli alveoli non viene trasferito sul supporto. L'inchiostro rimasto nelle cellette dopo la stampa perde ancora solvente per evaporazione fino a quando il cilindro, ruotando, conduce le aree incise nuovamente a contatto dell'inchiostro fresco contenuto nel calamaio. Qui l'inchiostro residuo nelle cellette viene sciolto dal solvente presente nell'inchiostro fresco e mescolato con esso. Se l'inchiostro residuo non si sciogliesse nuovamente si avrebbero fenomeni di scomparsa o fluttuazioni dei toni minimi.

Uno dei fattori influenzanti la qualità di stampa in rotocalco è la comparsa di punti mancanti (missing dots) nei toni minimi e medi (fig. 303). Il fenomeno dei punti mancanti è correlato in particolare con le caratteristiche di liscio e compressibilità della carta. Le ricerche più recenti associano il fenomeno dei punti mancanti all'irregolarità della superficie della carta, irregolarità dure e profonde da non poter essere eliminate dalla pressione.

Il fenomeno dei punti mancanti è perciò dovuto all'impossibilità di alcune piccole aree della superficie del nastro di carta di sfiorare l'inchiostro in prossimità dei bordi delle celle incise, nonostante la pressione applicata.

3.5.3.2. Trasferimento elettrostatico dell'inchiostro. Premesso che metodi elettrostatici possono essere usati nel trasferimento degli inchiostri o di altri fluidi anche in altri processi e tecnologie di stampa, il metodo di trasferimento elettrostatico dell'inchiostro in rotativa rotocalco utilizza moderate forze d'attrazione elettrostatica per modificare la superficie dell'inchiostro rotocalco in prossimità dei bordi delle celle, in modo che si e sfiori la superficie della carta (fig. 304).

Altri sostengono che l'azione elettrostatica modifica la compressibilità della carta, pertanto, applicando una differenza di potenziale tra il rullo pressore ed il cilindro forma, il nastro s'adatta meglio agli alveoli della forma rotocalco, compensando la mancanza di liscio del nastro.

In ogni caso l'inchiostro contenuto nelle cellette viene attratto sul supporto dalla forza elettrostatica applicata dalla superficie del rullo compressore (fig. 305) e la quantità d'inchiostro trasferita può essere parzialmente modificata applicando diverse differenze di potenziale. Il caricamento della superficie del rullo pressore provocherà un campo elettrico nella carta, in prossimità della linea di stampa, che indurrà cariche di opposta polarità sulla superficie metallica del cilindro inciso.

In favore della tesi che sostiene la deformazione del menisco al bordo degli alveoli, esiste la considerazione che parte delle cariche indotte sul cilindro s'accumuleranno in prossimità dei bordi delle celle incise, poiché sugli spigoli si concentra l'azione dei campi elettrici.

Da prove eseguite stampando la medesima carta senza trasferimento elettrostatico dell'inchiostro e con sistema elettrostatico si può notare che anche la curva di riproduzione tonale è influenzata dall'applicazione di un campo elettrico.

In particolare le densità di stampa vengono incrementate fino a + 0,1 di densità intorno a valori di D = 0,40 -: 0,50 con inchiostri neri su carta patinata. Su carte calandrate l'incremento di densità dello stampato con l'applicazione di un campo elettrostatico nel gruppo stampante è inferiore.

Un esempio del trasferimento dell'inchiostro con applicazione di campi elettrici via via crescenti è illustrato in figura 306. Uno dei vantaggi più significativi, dovuto all'uso di un sistema elettrostatico, è costituito dalla possibilità di imprimere con minore pressione del gruppo stampante, prolungando la vita del rullo pressore, abbassando i consumi energetici, limitando indesiderati riscaldamenti della superficie del rullo pressore a causa di attriti nel gruppo stampante.

Altre prove hanno dimostrato che ponendo una goccia di liquido (inchiostro) sotto un elettrodo ad alto voltaggio (10 kV), interponendo tra i due un foglio di carta ed un semiconduttore da 100 MW, il livello della goccia si rialza fino a 1,62 mm, mentre senza alcuna differenza di potenziale il livello della goccia raggiunge circa 0,36 mm.

Maggiore è il voltaggio applicato, maggiore è la polarizzazione ottenuta nel gruppo stampante e di conseguenza l'asportazione dell'inchiostro dalle cellette della forma rotocalco.

3.5.3.3. Rulli di pressione nella stampa rotocalco elettrostatica. I risultati di stampa e le condizioni di sicurezza del trasferimento elettrostatico sono fortemente condizionati dai rivestimenti di gomma dei rulli pressori. Il rullo di pressione è rivestito da due o tre strati, costituiti da:

  • - uno strato interno, a contatto dell'anima metallica, isolante, ad alta resistenza. ad esempio ebanite. per uno spessore di 3-5 mm.
  • - uno strato intermedio di materiale conduttore, tale strato può anche non essere previsto in alcuni metodi di pressione;
  • - uno strato superficiale di gomma semiconduttrice. ad alta resistenza ohmica, per prevenire la scintillazione. di spessore 8-13 mm.
Le due proprietà più importanti nel rivestimento del rullo di pressione sono: la resistenza elettrica della gomma semiconduttrice e l'isolamento del rivestimento relativamente all' anima metallica.

I materiali componenti il rivestimento semiconduttore del rullo di pressione possono essere sia gomme naturali sia elastomeri sintetici. ad esempio Buna N. La conducibilità elettrica può essere ottenuta aggiungendo additivi antistatici o alcuni carbon black. La differenza consiste nella considerazione che le gomme caricate con additivi antistatici hanno una migliore uniformità e stabilità elettrica, ma una minore resistenza meccanica delle gomme caricate con carbon black.

Se il gruppo di pressione è dotato di un rullo superiore, il secondo dev'essere rivestito da uno strato isolante, ad esempio Rilsan di circa 1.5 mm di spessore. per evitare la dispersione delle cariche elettriche.

3.5.3.4. Sistemi di trasferimento elettrostatico. Nei primi anni '60 fu dimostrato che l'applicazione di cariche elettriche influenzava il trasferimento dell'inchiostro rotocalco. Nella seconda metà di quel decennio fu applicato per la prima volta il principio elettrostatico negli USA. Il sistema realizzato è costituito da un rullo speciale denominato «conductrol». che, posto a contatto con il cilindro di pressione. trasferisce su questo le cariche elettriche (fig. 307). Se nella macchina rotocalco il gruppo di pressione è a due rulli. non occorre il rullo conductrol. ma la tensione viene applicata direttamente al rullo contropressore, purché i suoi cuscinetti siano isolati dalle fiancate della macchina.

Un sistema analogo fu sviluppato dalla Crosfield inglese con il nome Heliostat. Anche in questo caso un rullo generatore di tensione. posto a contatto del rullo pressore. trasferisce le cariche elettriche sulla sua superficie (fig. 308). Il rullo generatore è rivestito di gomma semiconduttrice. invece di essere d'alluminio come il rullo conductrol.

Nel sistema Heliostat è previsto l'inserimento del rullo generatore di cariche elettriche a lato del rullo di pressione quando il sistema di pressione avviene con più di un cilindro, in entrambi i sistemi esistono particolari accorgimenti per garantire la sicurezza: ad esempio viene automaticamente disinserita la tensione quando il nastro si strappa o esistono buchi nella carta; anche nel sistema Heliostat non viene generata tensione elettrica con rotativa ferma o in lento movimento. Speciali circuiti limitatori di corrente inseriti nel rullo generatore, minimizzano il formarsi di scintille elettriche a causa di una rottura della carta o di una qualsiasi forma di corto circuito.

In ogni sistema di trasferimento elettrostatico dell'inchiostro rotocalco devono essere rispettate le garanzie di sicurezza per il personale operante, in particolare è richiesta l'anti-deflagranza del sistema.

Due costruttori europei, Splenger Electronics (Svizzera) con l'Heliofurn e Eltex Rhein (Germania Federale) con l'Helio-Eltex, hanno sviluppato, a partire dal 1977, due sistemi per il trasferimento elettrostatico dell'inchiostro in rotocalco basati non più sul caricamento della superficie del rullo pressore tramite contatto diretto con un corpo caricato elettrostaticamente, ma sfruttando il principio dell'effetto corona. In tali sistemi il caricamento elettrostatico avviene per induzione e non per conduzione.

L'attrezzatura per il trasferimento elettrostatico dell'inchiostro rotocalco per induzione è composta da apparecchiature di controllo, da barre ionizzatrici, da un elettrodo induttore e da un rullo di pressione ricoperto da materiali opportuni.

Il nastro di carta viene neutralizzato da apposite barre, poste in entrata o in uscita al gruppo stampante, affinché la sua superficie non presenti cariche elettrostatiche all'entrata nel gruppo di pressione seguente.

Ad una distanza di circa 15 mm dalla superficie del rullo di pressione è posto un elettrodo, costituito da una barra induttrice parallela all'asse del rullo. Le cariche elettriche, trattenute dalla gomma semiconduttrice di cui è rivestito il rullo di pressione. permettono il trasferimento elettrostatico dell'inchiostro rotocalco (fig. 309).

Particolari dispositivi permettono di regolare il campo elettrostatico relativamente all'ampiezza del nastro stampato. Poiché il trasferimento dipende dal campo elettrico applicato e dalle caratteristiche del supporto (suo spessore, capacità dielettrica, ecc.), dall'unità di controllo si può variare la differenza di potenziale applicata all'elettrodo induttore.

Il sistema può essere applicato indifferentemente ai due lati del gruppo stampante per permettere il funzionamento reversibile.

3.6. Gruppo d'essiccamento inchiostro

3.6.1. Generalità
Gli inchiostri rotocalcografici essiccano principalmente per evaporazione del solvente. 1 solventi più usati sono costituiti da idrocarburi aromatici, ad esempio toluolo, in grado di mantenere le caratteristiche reologiche dell'inchiostro richieste per una buona stampabilità; si possono usare anche solventi meno pericolosi per la sicurezza ambientale, ad esempio l'acetato di etile.

Poiché i solventi tendono ad evaporare rapidamente e a disperdersi nell'ambiente, generando problemi di sicurezza e di spreco, le macchine rotocalco da bobina sono dotate di gruppi d'essiccamento dell'inchiostro, posti al di sopra dell'elemento di stampa, in grado di rimuovere i vapori dei solventi.

Il costo elevato dei solventi ne giustifica il recupero, che avviene tramite impianti che convogliano l'aria satura di solvente, proveniente dalle camere d'essiccazione dell'inchiostro, in appositi serbatoi, contenenti carboni attivi che sono in grado di adsorbire le molecole di solvente. In impianti correttamente progettati, si può recuperare anche il 100% del solvente miscelato all'inchiostro rotocalco, poiché viene recuperato anche parte del solvente immesso nell'inchiostro dal fabbricante.

Nel gruppo d'essiccamento la quantità di solvente asportabile per evaporazione dipende principalmente da:

  • - temperatura dello stesso solvente;
  • - temperatura dell'aria nel gruppo d'essiccamento;
  • - concentrazione del vapore del solvente nell'aria;
  • - area della superficie inchiostrata;
  • - velocità dell'aria che lambisce il nastro;
  • - pressione alla quale avviene l'evaporazione.
Non potendo modificare né l'area della superficie inchiostrata (funzione del tipo di lavoro in corso di stampa), né la pressione dell'ambiente, si può intervenire modificando gli altri parametri.

L'essiccamento dell'inchiostro è, in generale, correlato alle caratteristiche del supporto. Se questo è composto da materiale fibroso, una certa percentuale della frazione più fluida dell'inchiostro potrà essere assorbita dalla sua superficie. Un supporto in materiale plastico o in alluminio, invece, non potrà assorbire al suo interno l'inchiostro rotocalco, pertanto questo essiccherà più lentamente.

Il tempo d'essiccamento di un inchiostro rotocalco, inoltre, è proporzionale alla sua eventuale sovrapposizione su altri film d'inchiostro già stampati. L'inchiostro stampato per primo, a parità di altre condizioni, tende ad essiccare più rapidamente di quelli sovrapposti. Ad esempio, stampando su carta bianca calandrata, il secondo colore tende ad essiccare in un tempo superiore di circa il 50% relativamente a quello sottostante: il terzo inchiostro sovrapposto può impiegare un tempo doppio d'essiccamento relativamente a quello del primo, ecc.

3.6.2. Restringimento della carta in bobina nella rotativa rotocalco
3.6.2. 1. Generalità. Per «restringimento» della carta s'intende la modificazione della larghezza della carta in bobina dopo il suo passaggio nei diversi gruppi d'essiccamento rotocalco. Il primo colore stampato risulta più stretto relativamente ai colon successivi: il fuoriregistro è particolarmente evidente ai lati del nastro.

Poiché la successione dei colori della stampa rotocalco è generalmente: giallo, magenta, ciano e nero, il restringimento del nastro di carta può essere misurato osservando la differenza tra la posizione dei crocini di registro del giallo, primo colore stampato e la posizione dei crocini di registro dei colori successivi (fig. 310).

Il fenomeno del restringimento si manifesta quando il nastro supera la larghezza di 150 cm. Il restringimento si misura in mm/m, riferendosi alla differenza della misura tra la distanza fra i crocini ai lati della banda del primo colore e quelli dei colori successivi, rapportata alla larghezza del nastro.

La principale causa del restringimento del nastro su una macchina rotocalco è la graduale eliminazione dell'umidità interna alla carta nelle unità d'essiccazione di ciascun elemento di stampa.

3.6.2.2. Parametri che influenzano il restringimento del nastro. Le bobine di carta sono fornite dalle cartiere con un contenuto di umidità relativamente costante, sia per quanto riguarda intere partite, sia per le differenze d'umidità presenti tra la periferia e l'interno di una singola bobina. I rotoli di carta sono conservati in magazzini non sempre condizionati e possono giacere diverso tempo in ambienti non controllati; in ultimo. per una medesima tiratura possono essere utilizzati rotoli provenienti da partite diverse e quindi in diverse condizioni igrometriche.

Le misure espresse più avanti si riferiscono alla stampa su carta da stampa rotocalco bianca calandrata, di grammatura intorno a 60 g/m2. con successione dei colori: giallo. magenta, ciano e nero.

Il contenuto in umidità della carta in bobina può variare dal 4,5 al 6,5% del suo peso, al momento del suo arrivo dalla cartiera. Tutte le carte tendono a raggiungere un equilibrio tra la loro umidità interna e quella dell'ambiente in cui sono poste. Ad esempio, una permanenza di 40 ore in un'atmosfera con umidità relativa dell'aria al 45%, provoca in diversi tipi di carta bianca calandrata un equilibrio d'umidità interna compresa tra il 5.3 ed il 5.5% in peso.

La qualità della carta determina variazioni dell'entità del restringimento. Ad esempio, stampando a quattro colori in bianca e volta. con essiccazione mediante aria a 35 5C, su carta calandrata da 60 g/m2, il restringimento del nastro tra i colori della bianca raggiunge circa 0,25 mm/m tra il giallo ed il magenta. ma può variare tra 0.45 e 0,60 mm/m tra il giallo ed il ciano (primo e terzo colore) in relazione a diverse qualità di carta.

Il restringimento è particolarmente evidente nella stampa della bianca, mentre i valori di restringimento nella stampa della volta si riducono a circa 1/3 di quelli della bianca. Esiste anche una differenza di comportamento tra il restringimento all'inizio della bobina e quello del nastro all'esaurimento. In generale il restringimento è maggiore quando viene stampato il nastro proveniente dalla fine di una bobina perché l'umidità interna al rotolo tende ad essere maggiore che alla sua periferia, pertanto il gruppo d'essiccamento tende ad asportare una maggior quantità d'umidità interna alla carta.

La temperatura del gruppo d'essiccamento è anche molto importante per modificare il restringimento di un nastro di carta. Ad esempio, elevando la temperatura dell'aria del gruppo d'essiccamento da 35 5C a circa 70 5C, il restringimento può aumentare anche di 1 mm/m, sia tra giallo e magenta sia tra giallo e ciano.

Anche le condizioni di temperatura ed umidità relativa all'aria all'interno della sala rotative possono influenzare l'entità del restringimento, sebbene tali condizioni non varino eccessivamente in uno stabilimento rotocalco moderno.

Possono influenzare ancora il restringimento il tipo di macchina utilizzata, la temperatura degli inchiostri, la pressione del gruppo stampante, ecc.

3.6.2.3. Correzione del restringimento del nastro. Per ovviare al fuoriregistro provocato dal restringimento del nastro, possono essere usate tre diverse tecniche: correzione in formatura, essiccazione preliminare del nastro. umidificazione del medesimo.

La correzione in formatura si può usare conoscendo preliminarmente l'entità del fenomeno riferito ad una particolare carta ed ad una certa larghezza del rotolo. In tal caso il montaggio delle pagine o l'incisione dei cilindri con mezzi elettromeccanici può prevedere correzioni variabili tra cilindro e cilindro, tra bianca e volta e tra striscia e striscia. Operativamente si può tenere come base di misura il cilindro del nero, quindi allargare la disposizione delle pagine nei cilindri che precedono, oppure viceversa; in ogni caso si tratta di una compensazione programmata nella disposizione del montaggio per celare il successivo restringimento della carta. Un'eventuale eccessiva correzione del restringimento in fase di formatura. può essere compensata in macchina agendo sulla temperatura dell'aria nel gruppo d'essiccamento, incrementandone la temperatura.

Il secondo modo di compensare il restringimento della carta consiste nell'eliminare gran parte dell'umidità contenuta dal nastro nel percorso dallo svolgitore al primo gruppo stampante, per mezzo di apposite calandre o di una prima unità di stampa non utilizzata. Tale tecnica è abbandonata poiché l'elevata temperatura a cui è sottoposta la carta favorisce l'accumulo di cariche elettrostatiche sul nastro, inoltre la carta accumula tutti i difetti caratteristici che si presentano quando essa è priva d'umidità interna; aumento della fragilità, necessità di aumentare la pressione nel gruppo stampante. ecc.

Il terzo modo per compensare il restringimento del nastro prevede la riumidificazione della carta a valle di ogni gruppo d'essiccamento. Il dispositivo di riumidificazione del nastro provvede all'emissione, da parte di appositi ugelli, di microgocce d'acqua, spruzzate sul lato del nastro appena uscito dalla camera d'essiccazione. Tale soluzione appare come la più semplice ed efficace, perché tende a mantenere le condizioni del nastro di carta uniformi in tutta la macchina da stampa. Per la nebulizzazione viene utilizzato generalmente vapore secco a 120-130 5C, la cui quantità può essere modulata direttamente dal pulpito di comando della rotativa. Possono verificarsi inconvenienti, con un'eccessiva nebulizzazione, per il formarsi di gocce d'acqua sulle strutture metalliche che o possono cadere sul nastro, o possono provocare ossidazioni dalle parti metalliche poste in prossimità delle sorgenti di vapore.

3.6.3. Struttura dei gruppi d'essiccamento rotocalco
Gruppi essiccatori per macchine rotocalco da bobina possono presentarsi con due strutture diverse: quella più attuale prevede camere dotate di dispositivi a proiezione d'aria calda. quella adottata su modelli di macchine più vecchi è costituita da tamburi riscaldati internamente su cui s'avvolge il nastro.

Nelle macchine rotocalco da foglio sono utilizzati tunnel ad aria fredda. per evitare modificazioni dimensionali dei fogli. Tali dispositivi sono molti ingombranti, poiché la loro lunghezza è proporzionale alla velocità della macchina rotocalco da foglio.

3.6.3.1. Essiccatori a tamburo riscaldato. Sono ancora presenti su modelli di macchine rotocalco da bobina funzionanti; le ditte costruttrici hanno però abbandonato tale struttura perché onerosa e fonte di molti difetti. Il tamburo è posto superiormente all'elemento rotocalco stampante e sulla sua superficie s'avvolge il nastro, con la sua faccia non stampata (fig. 311). Il calore viene trasmesso per conduzione attraverso il supporto, nel breve tempo della sua permanenza nella camera d'essiccazione, pertanto la temperatura della calandra dev'essere relativamente alta. Il riscaldamento del tamburo può avvenire sia mediante resistenze elettriche, sia mediante il passaggio al suo interno di fluidi riscaldati (aria o vapor d'acqua). L'azione di riscaldamento del nastro è sempre combinata con una limitata ventilazione della camera, per favorire l'asportazione dell'aria satura di vapori del solvente. I limiti del dispositivo a tamburo riscaldato sono numerosi e riassumibili come segue.

La superficie del tamburo richiede un certo tempo per riscaldarsi o raffreddarsi, quindi. durante arresti della macchina, il nastro a contatto del tamburo si surriscalda. Se il nastro è di carta, questa viene disidratata, quindi subisce restringimenti, di conseguenza sarà maggiormente soggetta a fenomeni d'elettricità statica, diventerà più fragile, ecc.

Poiché il nastro di carta viene disidratato, si possono limitare le conseguenze calandrandolo in un elemento, prima della stampa, ma con risultati solo parzialmente utili. Per limitare la trasmissione di calore tra due elementi successivi, il nastro può essere fatto passare su rulli raffreddati posti successivamente al tamburo riscaldato. In Ogni caso, la temperatura del nastro viene difficilmente riportata ai valori iniziali.

Il nastro riscaldato può provocare un aumento di temperatura del cilindro forma successivo, anche di 5-6 5C. Il diametro del cilindro forma, per simili incrementi di temperatura, può aumentare di circa 0,025 mm, per una circonferenza di 100 cm. Inoltre l'elevato riscaldamento del nastro provocato dal tamburo, modifica le condizioni di tiro. Queste, unite alla variazione di diametro dei cilindri forma successivi al primo, possono provocare anche notevoli variazioni di registro.

3.6.3.2. Essiccatori ad aria calda. É la struttura attualmente più usata dai fabbricanti di macchine rotocalco da bobina. I gruppi essiccatori ad aria calda sono costituiti da una camera, posta superiormente ad ogni gruppo stampante rotocalco, in cui viene inviata aria calda sul nastro, mediante ugelli (fig. 312). L'aria fuoriesce sul nastro ad una velocità variante tra circa 15 e 45 m/s, con una portata d'aria di alcune migliaia di m3 all'ora (fig. 313).

La velocità d'efflusso dell'aria calda permette la rapida rimozione del solvente dal nastro: essa non può essere troppo elevata nella stampa di materiali poco resistenti, poiché questi tenderebbero a formare grinze sotto un'azione pneumatica troppo violenta.

Il riscaldamento dell'aria può avvenire per mezzo di molte tecniche: bruciatori a gas, radiatori a vapore o elettrici o, comunque, al cui interno scorrono fluidi termici.

Il nastro, all'interno del gruppo d'essiccamento, percorre un lungo tratto, quasi sempre superiore alla metà del percorso del nastro fra due elementi successivi, comunque sufficiente per l'asportazione della maggior quantità di solvente presente nell'inchiostro stampato. In alcune strutture, il percorso del nastro nel gruppo d'essiccamento può essere più o meno lungo, relativamente al tipo di stampato (fig. 314), alla velocità della macchina da stampa, ecc.

Infatti, nella stampa d'imballaggi, può essere necessario prolungare il percorso del nastro nel gruppo d'essiccamento per favorire l'evaporazione di prodotti particolari: vernici protettive stese sulla superficie del nastro dall'ultimo elemento stampante, colla adesiva a caldo (hot-melt), ecc. In tal caso il nastro può essere condotto attraverso gruppi d'essiccamento supplementari. Nel caso di stampati su nastri particolarmente sottili, ad esempio alluminio da 0,009 mm, il percorso nel gruppo d'essiccamento può essere ridotto, per garantire un maggior controllo della tensione del nastro.

Il controllo della temperatura dell'aria calda viene effettuato tramite appositi pannelli di comando: la temperatura dell'aria immessa nel gruppo d'essiccazione è particolarmente importante per la corretta evaporazione del solvente, senza influenzare il registro del nastro.

L'aria satura di solvente è aspirata e può essere condotta a dispositivi per il recupero dei solventi. Il volume d'aria aspirata da ogni gruppo d'essiccazione dell'inchiostro è di circa 5.000 m3/h con nastri larghi circa 200 cm. Al termine della camera d'essiccamento il nastro può essere raffreddato avvolgendolo su uno o più rulli refrigeranti; il nastro rivolge il suo lato non stampato verso la superficie del rullo raffreddato.

Il principale vantaggio del sistema d'essiccamento mediante proiezione d'aria calda sul nastro stampato, relativamente al sistema a tamburo riscaldato, consiste nella minore temperatura cui si opera. L'asportazione del solvente avviene per convezione dell'aria e non più per conduzione del calore attraverso il supporto.

La quantità di solvente asportato da un gruppo d'essiccamento ad aria calda dipende da numerosi fattori, i più importanti dei quali sono, a parità di temperatura e pressione:

  • - quantità d'aria immessa nel gruppo in relazione alla larghezza del nastro. Aumentando la larghezza del nastro stampato. dovrebbe corrispondentemente aumentare la quantità d'aria;
  • - lunghezza del percorso in cui il nastro subisce la ventilazione.
  • - Più esattamente dovrebbero essere correlati la lunghezza del percorso del nastro nel dispositivo d'essiccamento e la velocità massima del nastro. ottenendo la misura del tempo di permanenza del nastro nella camera d'essiccamento;
  • - velocità dell'aria incidente sull'inchiostro umido. L'effetto d'evaporazione del solvente è legato esponenzialmente alla velocità dell'aria in uscita dagli ugelli: raddoppiando la velocità dell'aria incidente sul nastro, l'effetto d'evaporazione del solvente aumenta di circa V 2;
  • - numero degli ugelli con cui l'aria viene proiettata sul nastro;
  • - umidità relativa dell'aria. Ad esempio il tempo per l'evaporazione del solvente raddoppia quando l'umidità relativa passa dal 65 al 75%.
Le condizioni d'evaporazione del solvente nei gruppi d'essiccamento ad aria calda possono essere automatizzate da dispositivi controllati da microprocessori. I parametri di controllo, rilevati da appositi sensori. riguardano il residuo dei solventi. la temperatura dell'aria immessa nel gruppo d'essiccamento. il volume della stessa e di quella espulsa dalla camera. il tiro del nastro in entrata ed uscita dalla camera.

L'elaborazione delle informazioni permette d'intervenire, con procedura automatica. sull'immissione d'aria, sul suo ricircolo e sulla sua temperatura. Ad esempio, la quantità d'aria immessa nel gruppo d'essiccazione può essere controllata modificando l'angolo di una valvola a farfalla, oppure variando la velocità di rotazione dei ventilatori. La prima soluzione risulta meno costosa. però può fornire basse velocità di pressione in uscita agli ugelli. La seconda soluzione ha un limite nella considerazione che la pressione totale emessa da un ventilatore varia con il quadrato del suo numero dei giri. cioè la pressione aumenta molto meno rapidamente all'aumentare del numero dei giri del ventilatore.

3.7. Gruppo d'uscita

3.7.1. Generalità
L'uscita della bobina stampata può avvenire. come già detto nel capitolo relativo ai sistemi d'uscita delle macchine da bobina, per mezzo di attrezzature molto diverse, in funzione del prodotto da ottenere: bobina stampata, fogli, segnature piegate, ecc.

Nel presente paragrafo si affronterà l'uscita tramite la piegatrice a formato variabile - poiché nelle macchine rotocalco da bobina tale sistema d'uscita è caratteristico - in funzione di stampati editoriali o paraeditoriali aventi formati diversi, prodotti sulla medesima macchina.

La produzione di tali stampati su macchine rotocalco da bobina è avvenuta, fino agli inizi degli anni '70. per mezzo di cilindri-forma ospitanti sul loro sviluppo circonferenziale «due incisioni». intendendo con tale dizione la presenza di quattro pagine sulla circonferenza del cilindro forma; ad ogni incisione corrisponde un cartesino nella stampa tipografica e offset (fig. 315).

Il numero totale di pagine ospitate sul cilindro-forma dipende dal formato dello stampato e dalla lunghezza assiale del cilindro stesso («tavola») che, fino a pochi anni or sono, non raggiungeva i 2000 mm. Attualmente le macchine rotocalco la bobina tendono ad ospitare cilindri-forma di diametro maggiore, che consentono l'incisione di sei pagine sul loro sviluppo circonferenziale, ovvero «tre incisioni» (fig. 316).

Nelle macchine rotocalco da bobina il formato della tavola del cilindro-forma tende a stabilizzarsi intorno ai 2 m, con punte intorno a 2.4-2.6 m, già impiegate nel mercato nord-americano. Nel confronto tra i cilindri forma a due o tre incisioni, questi ultimi consentono il raggiungimento di produttività più elevate. sia perché permettono l'ottenimento di segnature aventi un maggior numero di pagine, sia perché i cilindri aventi un maggior diametro sono maggiormente resistenti alla flessione. Il raggiungimento ditali obiettivi è permesso dallo sviluppo di piegatrici a formato variabile, in cui la velocità lineare della carta può raggiungere 14 m/s.

Generalmente, la bobina stampata in una macchina rotocalco viene tagliata in strisce; queste sono condotte alla piegatrice tramite un gruppo di barre diagonali e traini, che sovrappongono correttamente le strisce. Prima dell'entrata in piegatrice, le strisce possono subire una piega, parallela al senso d'avanzamento della bobina, per mezzo di uno o due coni di piega. Come già descritto nella parte generale relativa alle piegatrici, la presenza di due coni affiancati permette di sovrapporre le strisce piegate da un cono di piega a quelle di uscita dall'altro cono.

Le strisce possono però essere condotte alla piegatrice senza venir piegate dal cono: in questo caso le strisce sono tagliate mediante cilindri di taglio, sincronizzati per dividere il nastro in due pagine affiancate (fig. 317), corrispondenti ad una incisione sulla circonferenza del cilindro forma. Nella piegatrice a formato variabile (fig. 318) sono quindi presenti settori, detti di «strappo», che accelerano i fogli appena tagliati alla velocità di funzionamento dell'attrezzatura. Il loro compito consiste nel controllo dei fogli nel momento in cui essi sono tagliati trasversalmente dai cilindri di taglio.

I fogli accelerati dai settori strappo pervengono a pinze, o sugli aghi. posti alla periferia del cilindro d'accumulo. Su tale cilindro possono essere accumulati altri fogli ad ogni giro: due volte nel caso di cilindri-forma con due incisioni, tre volte nel caso di cilindri-forma ospitanti sul loro sviluppo circonferenziale 6 pagine diverse. In ultimo le segnature subiscono la seconda piega nel trasferimento dal cilindro d'accumulo a quello di piega, tramite una lamiera (ventalina) che fuoriesce dalla periferia del cilindro d'accumulo, a metà del formato trattenuto dalle pinze (fig. 319). La ventalina costringe i fogli trattenuti sul cilindro d'accumulo a penetrare in una scanalatura posta sul cilindro di piega, mentre robuste pinze (morsettoni) serrano il pacco di fogli e le pinze del cilindro d'accumulo si aprono lasciando la segnatura.

Altre attrezzature possono consentire lavorazioni complementari: ad esempio l'impiego di pinzatrici a punto metallico permette di confezionare prodotti editoriali o paraeditoriali all'interno della piegatrice, gli impilatori possono raccogliere le segnature in uscita per avviarle ad impianti di confezionamento automatico, ecc.

La piegatrice ha le seguenti funzioni principali:

  • - ricevere il nastro stampato, già diviso in strisce sovrapposte correttamente dal gruppo diagonali e traini;
  • - tagliare le strisce sovrapposte trasversalmente al loro avanzamento di fogli di lunghezza pari al formato dello stampato aperto (un'incisione);
  • - condurre i fogli tagliati al cilindro d'accumulo, dove altri gruppi di fogli tagliati possono essere sovrapposti ai primi per due o tre volte;
  • - piegare la segnatura nel passaggio dal cilindro d'accumulo a quello di piega, in senso trasversale a quello d'avanzamento del nastro;
  • - condurre la segnatura all'uscita o ai dispositivi di raccolta.
Tramite dispositivi particolari la segnatura può essere perforata, cordonata, pinzata sul dorso con punti metallici, ecc.

3.7.2. Gruppo barre diagonali e gruppo traino
Il nastro stampato dalla macchina rotocalco da bobina è condotto al gruppo diagonali e traino, mediante rulli folli ed un rullo compensatore del tiro, avente il compito di variare la lunghezza della banda compresa tra l'ultimo elemento stampante e la piegatrice (fig. 320, 321).

Il tiro del nastro stampato è garantito da un rullo detto di «traino principale» (fig. 322), la cui velocità di rotazione è comandata da un motore a corrente continua. Rullini dotati di pressione pneumatica regolabile garantiscono l'aderenza del nastro stampato al rullo traino. Il nastro viene quindi diviso in strisce di larghezza opportuna per mezzo di coltelli (fig. 323).

Gruppi pneumatici aspiratori, di rumorosità contenuta, asportano la polvere sollevata dall'operazione di taglio sul nastro di carta.

Normalmente la larghezza delle strisce è compresa tra 200 e 500 mm: la larghezza della striscia è proporzionale alla dimensione dello stampato, essendo. generalmente, corrispondente al lato più lungo dello stampato finito.

In casi particolari, ad esempio quando si vuole stampare a tre incisioni su una macchina prevista per due incisioni, oppure per aumentare la resistenza alla flessione del cilindro forma, la striscia può essere larga come il lato minore dello stampato finito.

Ogni striscia tagliata è composta da un nastro in cui si ripetono le medesime otto pagine (4 in bianca e 4 in volta) nel caso di stampa con un cilindro forma a due incisioni: oppure le medesime dodici pagine (6 in bianca e 6 in volta) nel caso di stampa con cilindro a tre incisioni. Ad esempio, se il cilindro forma ha una tavola di 2,5 m ed il lato del formato finito è di 250 mm, si può dividere il nastro in 10 strisce.

Il totale di pagine stampate corrisponde a 80 nel caso di cilindro a due incisioni, ed a 120 nel caso di stampa a tre incisioni.

Il tiro della banda tagliata in strisce può essere controllato da dispositivi appositi, prima che esse siano introdotte nel gruppo di barre diagonali. Le strisce sono condotte quindi al gruppo diagonali (fig. 324), costituito da un'alta struttura metallica su cui sono posti carrelli porta barre diagonali con un solo telaio oppure con telai modulari (fig. 325).

Il telaio modulare ospita due barre inclinate a 455 relativamente ai senso d'avanzamento della striscia: quando questa viene avvolta su una delle due barre diagonali, può essere ruotata di 905 nella direzione d'avanzamento.

Un ulteriore rullo folle, perpendicolare al senso di avanzamento della striscia, permette il ribaltamento della stessa.

Le barre diagonali possono essere dotate di dispositivi pneumatici in grado d'espellere aria lungo la superficie di contatto tra la barra e il nastro, per ridurre al massimo eventuali strisciamenti tra il nastro stampato e i rulli folli.

All'uscita del gruppo diagonali, le strisce sono controllate da rulli traino secondari (fig. 326), il cui comando di velocità è condotto da motori in corrente continua; in tal modo si garantisce una corretta tensione della carta.

Appositi rullini dotati di pressione regolabile pneumaticamente, garantiscono il contatto tra la striscia e il rullo di traino secondario.

La tensione di ogni striscia viene controllata da appositi dispositivi; il registro di ogni striscia è ottenuto con compensatori secondari: sono rulli in grado di variare la lunghezza delle singole strisce in modo da sovrapporle esattamente nella posizione richiesta.

Possono essere presenti coni semplici, sia fissi (fig. 327) sia con possibilità di spostamento trasversale (fig. 328). Possono anche essere previsti coni doppi, per piegatrici con prodotti affiancati, sia appaiati, sia sovrapposti.

Le strisce tagliate, quando sono disposte sul cilindro le pagine con il lato maggiore parallelo all'asse del cilindro stesso, possono essere condotte direttamente alla piegatrice senza subire la piega al cono.

Per un approfondimento sui gruppi diagonali e sul passaggio carta in uscita dalle macchine rotocalco da bobina si rimanda in appendice, alle illustrazioni del capitolo «Codice generale e passaggi carta nelle rotative rotocalco».

3.7.3. Piegatrici a formato fisso
Le piegatrici a formato fisso sono predisposte per la produzione di lavori standard, senza poter variare la lunghezza del nastro in senso trasversale al suo avanzamento.

Sono utilizzate per lavori il cui formato non cambi, oppure in uscita da macchine offset da bobina. Di esse si è già trattato nel paragrafo 3.6.1. relativo alle piegatrici nelle macchine da bobina.

In questa sede si descrivono in particolare le piegatrici a formato variabile, usate fin dai primi anni '70 in uscita dalle macchine rotocalco da bobina.

3.7.4. Piegatrici a formato variabile
3.7.4.1. Generalità. Mentre fino ad alcuni anni or sono le piegatrici per macchine rotocalco da bobina erano impostate per piegare da cilindri-forma aventi due incisioni sulla loro circonferenza, attualmente esse possono piegare anche con produzioni da cilindri-forma aventi tre incisioni, ovvero con sei pagine disposte sulla loro cinconferenza. Si ribadisce che per incisione si deve intendere, per analogia, il cartesino o quartino, ovvero due pagine affiancate sul cilindro-forma per il loro lato di cucitura.

La piegatrice a formato variabile (fig. 329) è collegata alla macchina da stampa tramite alberi di trasmissione, in modo che esista un rapporto ben preciso tra il numero dei giri dei cilindri-forma e quello degli organi della piegatrice.

Ad esempio, nel caso di forma con due incisioni, ad ogni giro del cilindro-forma corrispondono due giri dei cilindri di taglio trasversale delle strisce, 2/5 di giro del cilindro d'accumulo o pinze, 1/2 giro del cilindro morsettoni: quando il rapporto tra il cilindro pinze e quello morsettoni sia 5:4. Invece, nel caso di 3 incisioni sullo sviluppo circonferenziale del cilindro-forma, ad ogni suo giro devono rispondere tre giri dei cilindri di taglio trasversale delle strisce sovrapposte, 3/5 di giro del cilindro d'accumulo o pinze, 3/4 di giro del cilindro morsettoni.

La variazione del rapporto di trasmissione avviene con un innesto posto prima della piegatrice a formato variabile, per consentire l'accumulo di due o tre incisioni sul cilindro pinze.

A parità del numero di giri del cilindro-forma. la carta entra nella piegatrice ad una velocità lineare rapportata allo sviluppo circonferenziale dei cilindri-forma stessi.

Gli organi della piegatrice sono montati con diametri prestabiliti: infatti devono essere dimensionati per velocità corrispondenti allo sviluppo circonferenziale massimo dei cilindri forma usati in una certa macchina rotocalco da bobina.

Possono esistere anche piegatrici in cui i cilindri d'accumulo e di piega possono essere sostituiti da altri. di diametro diverso, per adeguare la velocità periferica di tali cilindri a quella del cilindro forma: tali piegatrici sono dette «a cassetta» e ad esse si accennerà pio avanti.

All'interno della piegatrice la velocità lineare della striscia di carta. dal momento in cui viene tagliata trasversalmente dai cilindri di taglio, deve assumere un valore determinato dal massimo formato che si stampa.

L'accelerazione dei fogli che si producono viene ottenuta mediante settori detti di «strappo» (fig. 330), che imprimono la nuova velocità. mentre controllano i fogli che devono ancora essere afferrati dal cilindro d'accumulo.

3.7.4.2. Cilindro d'accumulo. Il diametro del cilindro d'accumulo è progettato in funzione del massimo formato stampabile dal cilindro-forma. In particolare sarà anche funzione del numero di barre di pinze o porta aghi poste alla sua periferia, normalmente cinque o sette barre, ed dallo spazio occupato dalle stesse pinze, corrispondente a circa 50 mm. Pertanto la circonferenza del cilindro d'accumulo corrisponde al formato dell'incisione massima, più lo spazio occupato dalle pinze, per il numero di barre esistenti alla periferia del cilindro stesso. Nel caso di presenza di aghi, invece che di pinze, il dimensionamento del cilindro d'accumulo non sarà ovviamente legato allo spazio occupato dalle pinze.

I fogli accelerati dai settori di strappo pervengono alle pinze sul cilindro d'accumulo, oppure agli aghi, che li trattengono fino alla cessione al cilindro di piega. Nel caso di presenza di pinze, queste sono doppie: quelle che ricevono per prime la segnatura, sono dette «pinze gobbe» per la loro forma arcuata (fig. 331), la seconda serie di pinze è detta «pinze piane»; queste ultime intervengono nella presa dei fogli dopo l'azione di trattenimento da parte delle pinze gobbe.

Il cilindro d'accumulo nelle piegatrici a formato variabile è costituito da cinque o sette serie di pinze poste sulla periferia dello stesso cilindro, intervallate da un medesimo numero di feritoie, da cui può fuori uscire una lama, detta ventalina (fig. 332).

La posizione angolare delle barre di pinze dev'essere sincronizzata con il taglio trasversale della striscia di carta, al variare del formato dell'incisione. Infatti, variando il formato, varia anche la distanza tra i cilindri di taglio trasversale e la presa da parte delle pinze (fig. 333); tale distanza corrisponde ad una incisione, ovvero a due pagine affiancate. Il comando di fasatura tra i cilindri taglio e le pinze del cilindro d'accumulo, può avvenire mediante volantini esterni alla piegatrice.

Con la produzione per mezzo dei cilindri-forma a due incisioni, le pinze accumulano due gruppi di fogli uno sull'altro, cioè il primo gruppo di fogli rimarrà sul cilindro d'accumulo per un giro completo. sino a sovrapporre sullo stesso il secondo gruppo. Se i cilindri-forma contengono tre incisioni sul loro sviluppo circonferenziale, le pinze piane dovranno accumulare tre gruppi di fogli uno sull'altro: il primo gruppo di fogli rimarrà sul cilindro d'accumulo per due giri completi, perché su di esso si dovranno accumulare il secondo gruppo durante il primo giro ed il terzo nel secondo giro.

Una camma profilata opportunamente permette alle pinze d'accumulare due o tre gruppi di fogli, in relazione al numero d'incisioni sul cilindro forma. Tale camma, nel caso d'accumulo di due gruppi di fogli, riprende la sua posizione iniziale ad ogni giro del cilindro d'accumulo, mentre nel caso di tre incisioni la camma riprende la sua originale posizione ogni due giri del medesimo cilindro.

Nelle piegatrici a formato variabile dev'essere possibile anche variare la distanza tra la presa delle pinze e la linea di piegatura. Pertanto la ventalina ed il morsettone corrispondente del cilindro di piega, devono spostarsi insieme lungo la circonferenza, relativamente alla posizione dei gruppi di pinze, per assumere una distanza tra loro uguale alla metà dello sviluppo del foglio (fig. 334). La regolazione della posizione delle ventaline e dei corrispondenti morsettoni, è effettuabile mediante volantini esterni alla piegatrice.

La regolazione della posizione della ventalina può anche non essere perfettamente a metà dell'incisione, per ottenere la cosiddetta «unghiatura», ossia il bordo sporgente su una metà della segnatura, per consentire le successive lavorazioni sulle macchine di confezione.

3.7.4.3. Formazione della seconda piega. La piega trasversale al senso d'avanzamento del nastro di carta è detta «seconda piega», poiché può seguire la prima piega operata dal cono, che però è parallela al senso d'avanzamento del nastro, La seconda piega può anche essere l'unica operata sulle segnature raccolte dal cilindro d'accumulo: si tratta di un'operazione meccanica molto delicata, poiché richiede il trasferimento dei fogli dal cilindro d'accumulo a quello di piega in un tempo molto breve; mentre la ventalina spinge i fogli tra le ganasce dei morsetti, questi ultimi afferrano la segnatura e le pinze del cilindro d'accumulo abbandonano i fogli.

Nelle piegatrici a formato variabile il raggio dei cilindri d'accumulo e di piega risulta maggiore che nelle piegatrici a formato fisso; ciò per aumentare lo spazio percorso dalla ventalina all'interno dei morsetti (fig. 335) quando i due cilindri della piegatrice sono tangenti, al fine di prolungare il tempo per la formazione della piega, in particolare quando il numero di pagine costituenti la segnatura è uguale o maggiore di 96. L'aumento del raggio dei cilindri d'accumulo e di piega, non modifica eccessivamente l'entità della forza centrifuga sul foglio; si ricorda che, a parità di altre condizioni, la forza centrifuga (Fc) è direttamente proporzionale al raggio del cilindro in movimento rotatorio, secondo la relazione: Fc = m V w2 V r, essendo m la massa del corpo in movimento rotatorio, w V r la velocità periferica dello stesso e w la velocità angolare.

Da notare che la metà del pacco di fogli compreso tra le pinze e la ventalina, nel momento in cui avviene il passaggio ai morsettoni del cilindro piega (fig. 336), deve invertire la direzione la direzione del moto: i lembi liberi della carta frustano l'aria con una forza proporzionale alla forza centrifuga. La carta si scompone e può anche deformarsi producendo ondulazioni che possono tradursi in alterazioni permanenti.

Aumentando il raggio dei cilindri d'accumulo e di piega, tali problemi si riducono notevolmente,

3.7.4.4. Uscite dalle piegatrice a formato variabile. La piegatrice a formato variabile possiede tre distinte uscite (fig. 337), ciascuna dotata di «cilindri ragno» e nastri trasportatori. Le prime due (B e C in fig. 337) accolgono le copie provenienti dal cilindro piega con cilindri-forma ospitanti due incisioni sulla loro circonferenza; funzionano tutte e tre le uscite nel caso di produzione con cilindri-forma a tre incisioni.

Per ragioni di sicurezza, un dispositivo anti-ingolfatura conta le copie che lasciano il morsettone, confrontando il segnale con quello prelevato sull'albero del cilindro di piega. Se l'impulso elettrico proveniente dall'albero del cilindro non è cancellato dall'impulso della copia in uscita, vuol dire che la copia è ancora bloccata in piegatrice, pertanto le strisce di carta vengono automaticamente espulse e la rotativa fermata.

In uscita dalle macchine da bobina rotocalco, le segnature debbono essere raccolte automaticamente, a causa dell'alta velocità dell'impianto, da apposite attrezzature impilatrici, dette «stackers». Esse hanno il compito di accumulare un certo numero di copie della segnatura stampata in modo ordinato, per procedere senza intoppi all'alimentazione delle successive stazioni di macchine confezionatrici, ad esempio brossuratrici, o accavallatrici e cucitrici a punto metallico,

Le macchine raccoglitrici e impilatrici possono produrre «mazzette» di segnature sia a pacchi sciolti, sia a pacchi legati.

Per macchine da bobina non eccessivamente veloci, le mazzette possono essere raccolte manualmente, una alla volta, in pacchi sciolti. Altre uscite possono prevedere stackers che oltre a pareggiare e raccogliere le segnature, ruotano i pacchi di l805 l'uno rispetto all'altro, in modo che lo spessore del dorso sia ripartito sui due lati dei parchi.

In modelli più automatizzati, i pacchi, di circa 60-80 kg l'uno, vengono raccolti automaticamente e legati tra due tavolette (fig. 338). Successivamente possono essere trasportati alla linea di confezione automatica per l'alimentazione delle stazioni di raccolta delle segnature.

Quest'ultimo modello di stacker è utilizzabile maggiormente per produzioni di formato fisso, mentre la raccolta di segnature di formato diverso, può avvenire mediante stacker a mazzetta sciolta.

3.7.4.5. Velocità della piegatrice e del cilindro-forma. La velocità della piegatrice si misura considerando la velocità lineare massima dei fogli di carta al suo interno, corrispondente alla velocità periferica del cilindro d'accumulo e del cilindro piega. Il limite massimo raggiunto attualmente è di 12,5 m/s, pertanto tale velocità non può essere superata anche dalla bobina nell'elemento stampante.

Conoscendo lo sviluppo minimo e massimo circonferenziale dei cilindri-forma utilizzati in una macchina rotocalco, si può risalire alla velocità della macchina, espressa in giri del cilindro all'ora (g/h).

Ad esempio, se lo sviluppo circonferenziale massimo dei cilindri-forma è di 1,12 m, il numero massimo di giri cilindro-forma all'ora, in una certa macchina rotocalco corrisponde a:

12,5 (m/s) x 3600 (s/h) /1,12 (m) = 40,000 g/h circa.

Tale numero di g/h non può essere aumentato anche se il diametro del cilindro-forma viene diminuito al variare del formato dello stampato, perché i cilindri di taglio trasversale delle strisce sovrapposte hanno tale limite di velocità.

Ad esempio, utilizzando nella medesima macchina rotocalco cilindri-forma con sviluppo circonferenziale di 900 mm, essendo 40.000 g/h il numero massimo dei giri del cilindro-forma, la velocità lineare della carta negli elementi stampanti diminuisce a circa 10 m/s, ricavati dal calcolo:

40.000 (g/h) x 0,9 (m) / 3600 (s/h) = 10 (m/s).

Poiché la velocità della carta nella piegatrice a formato variabile sarà sempre di 12,5 m/s, questa sarà aumentata di circa 2,5 m/s dai cilindri taglio e dai settori strappo, che lavorano a tali velocità periferiche, in quanto dimensionate al formato massimo circonferenziale dei cilindri-forma.

Nel caso di cilindri-forma con tre incisioni, a parità di formato stampato, il loro sviluppo circonferenziale massimo aumenta del 50% raggiungendo i 1680 mm (= 1120 mm V 3/2).

Non potendo superare la velocità lineare della bobina di 12,5 m/s, il numero dei giri del cilindro-forma a tre incisioni deve diminuire di 1/3 del numero massimo dei giri all'ora ammessi, cioè:

12,5 (m/s) x 3600 (s/h) /1,68 (m) = 26.700 (g/h) circa.

Con un rapido calcolo, si può dimostrare che, utilizzando la medesima larghezza della bobina, la produzione oraria di area stampata, e' la medesima, sia con cilindri a due incisioni, sia a tre incisioni. Muteranno solo il diametro del cilindro-forma, che aumenta stampando a tre incisioni, e il numero dei giri/ora del cilindro-forma, che diminuisce stampando a tre incisioni.

Con cilindri-forma a tre incisioni e possibile aumentare la larghezza della bobina, il cilindro e' infatti soggetto ad una minore flessione in mezzeria, poiché il suo diametro aumenta. Si supponga di dover stampare, impiegando bobine larghe 2.000 mm, divise in otto strisce larghe 250 mm, avendo sviluppo circonferenziale del cilindro-forma di 1120 mm con due incisioni, oppure con sviluppo di 1680 mm, con tre incisioni. La produzione, in superficie massima di carta stampata nell'unità di tempo, corrisponde a quella ottenibile dalla piegatrice, cioè:

12,5 (m/s) x 2 (m) x 3600 (s/h) = 89.600 (m2/h).

Il calcolo relativo alla stampa con cilindro-forma a due incisioni sarà il seguente:

1,12 (m) x 2 (m) x 40.000 (g/h) = 89.600 (m2/h) copie all'ora:

  • - con accumulo (64 pagine) = 40,000 c/h,
  • - senza accumulo (32 pagine) = 80.000 c/h.
Per la stampa con cilindro-forma a tre incisioni, il calcolo sarà il seguente:

1,68 (m) x 2 (m) x 26666 (g/h) = 89.600 (m2/h)

copie all'ora:

  • - con accumulo (96 pagine) = 26.666 c/h;
  • - senza accumulo (32 pagine) = 80.000 c/h.
Come si nota dal calcolo può cambiare il modo di uscita della segnatura, che nel caso di cilindro a due incisioni potrà essere accumulata in sessantaquattresimi, con il cilindro a tre incisioni, si potrà accumulare in novantaseiesimi.

Ammettendo di poter aumentare la larghezza della bobina a 2.5 m, il cilindro con tre incisioni ha un diametro sufficiente per resistere alla flessione, mentre quello a due incisioni è al limite di resistenza. Si possono stampare, ad ogni giro del cilindro a tre incisioni, dieci strisce di larghezza 250 mm, invece di otto, quindi la produzione oraria aumenta nel seguente modo:

l,68 (m) x 2,5 (m) x 26.666 (g/h) = 1l2 000 (m2/h) copie all'ora:

  • - con accumulo (120 pagine) 26,666 c/h:
  • - senza accumulo (40 pagine) = 80.000 c/h.
Quindi, aumentando la larghezza della bobina, oltre ad una produzione in superficie stampata superiore, si ottengono segnature aventi un maggior numero di pagine ciascuna, comunque in quantità oraria identica, poiché non si possono superare i limiti della massima velocità lineare della carta nella piegatrice a formato variabile (12,5 m/s) ed il numero di giri dei cilindri di taglio trasversale delle strisce (40.000 giri/h).

3.7.4.6. Produttività nelle piegature a formato variabile. Per un prodotto avente le dimensioni finite di 200x 280 mm, operando con cilindri-forma a due incisioni, lo sviluppo circonferenziale di ogni cilindro dovrà essere di 1.120 mm, disponendo quattro pagine sulla circonferenza con la loro altezza perpendicolare all'asse del cilindro (280 mm x 4 = 1.120 mm).

Le strisce di carta avviate dal gruppo diagonali alla piegatrice saranno larghe 400 mm (200 mm x 2): queste saranno piegate a metà, parallelamente al senso d'avanzamento delle strisce, dal cono di piega.

Ammettendo di poter disporre di una bobina di larghezza 2000 mm, il numero di strisce sovrapposte sarà di 5, tutte di larghezza 400 mm.

La velocità di produzione della piegatrice, con terza piega incrociata, non supera i 22-23.000 giri/h del cilindro-forma. Pertanto, la produzione oraria di superficie stampata sarà pari al prodotto della superficie stampata (1.120 mm x 2.000 mm) per la velocità oraria, corrispondente ad un totale di circa 50.000 m2 di carta stampata all'ora.

Se invece di operare con cilindri a due incisioni, si decidesse di operare con cilindri a tre incisioni, sul loro sviluppo circonferenziale, la disposizione delle pagine sul cilindro-forma dovrebbe essere ruotata di 905. Perciò si disporranno sei pagine sulla circonferenza di ogni cilindro-forma, però con la base parallela allo sviluppo circonferenziale, che pertanto assommerà a 1200 mm (6 pagine x 200 mm). Con una bobina di larghezza eguale alla precedente, si possono disporre 7 strisce larghe 280 mm, per un totale di 1960 mm.

Se la velocità massima della carta in piegatrice non supera i 12,5 m/s, velocità comunque superiore a quella del massimo formato ospitato dalla macchina rotocalco, la velocità periferica del cilindro-forma potrà raggiungere i 26.666 giri all'ora, pertanto l'area di carta stampata all'ora sarà di:

1,2 (m) x 1,96 (m) x 26.666 (giri/h) = 63.718 (m2/h),

3.7.5. Piegatrici a cassetta
E impressione generale che 40.000 giri/h siano una velocità prossima ai limiti delle possibilità delle piegatrici variabili di struttura tradizionale, con un'ampia escursione di formati.

Un tentativo di semplificare i problemi delle piegatrici a formato fisso o variabile è costituito dalle piegatrici di costruzione modulare (piegatrici a cassetta), in cui il gruppo dei cilindri d'accumulo e di piega può essere sostituito quando è necessario un cambio del formato del prodotto da stampare (fig. 339).

Esistono cassette funzionanti sia a formato fisso, sia a formato variabile, ma quest'ultimo permette solo limitate variazioni al fine d'ottenere che la velocità periferica dei cilindri di piega sia il più possibile vicina alla velocità lineare della carta, ovvero sia proporzionale alla circonferenza dei cilindri-forma utilizzati.

Le piegatrici a cassetta furono costruite per aumentare la velocità della macchina rotocalco da bobina e per eliminare i problemi di rigatura delle copie di piccolo formato, che si generano utilizzando una piegatrice a formato variabile in condizioni non standard.

La piegatrice a cassetta mette inoltre a disposizione una piega di riserva per ogni eventualità: ad esempio le riparazioni e le manutenzioni programmate possono essere effettuate al di fuori della rotativa di produzione, inoltre, la piegatrice a cassetta permette, entro certi limiti, più facili adattamenti a evoluzioni future del tipo di prodotto. Un evidente svantaggio è l'alto costo della piegatrice a cassetta; il numero di cassette occorrenti è determinato dalla necessità di copri re tutta la gamma degli sviluppi circonferenziali dei cilindri-forma, ad esempio:

  • - cassetta n. 1, per sviluppi cilindri da 750 a 950 mm;
  • - cassetta n. 2, per sviluppi cilindri da 880 a 1120 mm, ecc.
Le cassette sono saldamente ancorate ai basamento dell'incastellatura della piegatrice e la loro estrazione ed immissione può essere motorizzata.

3.7.6. Terza piega
Sono prodotte in terza piega incrociata le segnature che, per le loro ridotte dimensioni, richiederebbero, se prodotte in seconda piega, cilindri di stampa con sviluppi circonferenziali troppo piccoli, con il pericolo che si flettano, se di tavola elevata. Sviluppi troppo piccoli dei cilindri-forma comprometterebbero il funzionamento delle piegatrici a formato variabile, normalmente progettate per sviluppi circonferenziali di cilindri per nastri in seconda piega.

La terza piega può essere ottenuta sia parallelamente al senso d'avanzamento della segnatura. sia trasversalmente, come per la seconda piega (fig. 340).

La terza piega viene attualmente evitata passando a cilindri-forma con tre incisioni sulla circonferenza e ruotando le pagine incise di 905: pertanto la piegatrice opera solo in seconda piega.

Ad esempio, si debba produrre uno stampato in terza piega incrociata avente dimensioni 200x280 mm. Il dorso dello stampato (280 mm) sarà posto parallelamente alla circonferenza dei cilindro-forma: perciò lo sviluppo circonferenziale sarà di 1120 mm, con due incisioni sui cilindro (= 280 mm x 4). La dimensione delle strisce inviate in piegatrice sarà di 400 mm (200 mm x 2) (fig. 341).

Si può ottenere il medesimo stampato in seconda piega, ruotando le pagine di 905 sul cilindro-forma: pertanto lo sviluppo circonferenziale ditali cilindri-forma sarà di 800 mm (= 200 mm x 4), con due incisioni, poiché le pagine saranno disposte con la loro base parallela alla circonferenza dei cilindri-forma.

Le strisce convogliate alla piegatrice avranno una larghezza di 280 mm. Lo sviluppo circonferenziale di 800 mm rientra negli standard minimi delle piegatrici, ma inizia a diventare critico nella resistenza alla flessione per cilindri forma aventi una tavola superiore a 1.800 mm.

L'ostacolo può essere superato con cilindri-forma a tre incisioni, poiché il loro sviluppo circonferenziale aumenta del 50% e, quindi, anche la loro resistenza alla flessione. Infatti, disponendo sullo sviluppo circonferenziale sei pagine di base 200 mm, il cilindro-forma avrà uno sviluppo di 1200 mm. con larghezza delle strisce di 280 mm ed uscita in seconda piega (fig. 342).

Gli elementi stampanti dovranno essere in grado di accettare cilindri stampa con sviluppi elevati.

3.7.7. Cuciture
Le segnature trattenute dal cilindro d'accumulo possono essere cucite con punti metallici, quando il numero di pagine del prodotto non è eccessivo (fino a 40-48 pagine), Con carte di grammatura bassa si possono cucire segnature aventi un maggiore numero di pagine,

La cucitrice può essere posta tangenzialmente ai cilindro d'accumulo ed esercita la sua azione lungo la feritoia della ventalina (fig. 343). É prevista per funzionare sia con due incisioni sia con tre incisioni raccolte dal cilindro d'accumulo: la cucitrice pone due punti metallici sul dorso di ogni segnatura, in modo da cucire dorsi compresi normalmente tra 220 e 400 mm.

Un esempio di cucitrice a punto metallico (fig. 344, 345) illustra il funzionamento, ogni gruppo di cucitura è formato da due o tre stazioni, di cui la terza di riserva, nel caso di avaria ad una delle prime due stazioni. L'intervento della stazione di riserva è controllato tramite sensori posti in prossimità del cilindro pinze, che avvertono la presenza o meno del punto metallico sulla copia. La stazione di riserva può entrare in funzione anche nel caso di sostituzione di una delle matasse di filo metallico per suo esaurimento, senza dover arrestare la macchina.

Intorno all'albero possono essere montate 2, 3 o 4 gruppi di testine cucitrici, relativamente alle scelte del fabbricante della macchina. il maggior numero di gruppi permette di ripartire il carico di lavoro tra un maggior numero di testine, riducendo l'usura per ogni stazione.

3.7.8. Segnature di poche pagine
Finora si è trattato di segnature aventi un numero cospicuo di pagine, ad esempio 96, corrispondenti a 6 pagine sulla circonferenza del cilindro-forma (tre incisioni) divise in otto strisce. Può accadere che debbano essere prodotte segnature con un basso numero di pagine per un alto numero di copie; queste possono essere impostate su una macchina rotocalco da bobina usata normalmente per edizioni, ma con alcuni accorgimenti.

Essenzialmente esistono due alternative: o ripetere la medesima segnatura lungo l'asse dei cilindro-forma, usando tutti gli elementi stampanti, oppure stampare su una metà del cilindro in bianca, utilizzare particolari barre diagonali per il ribaltamento dei nastro stampato in bianca onde ottenere un passaggio del nastro in volta nei medesimi elementi stampanti, sulla seconda metà della circonferenza dei cilindro-forma.

Più concretamente, si supponga di dover produrre un opuscolo di 12 pagine, a quattro colori, in bianca e volta. le soluzioni operative possono essere le seguenti:

1. Impostare quattro pagine sullo sviluppo circonferenziale dei cilindri-forma, che raccolte in tre strisce sui cilindro d'accumulo della piegatrice, daranno l'opuscolo. Poiché si potranno produrre contemporaneamente almeno altre tre strisce, ad ogni rivoluzione del cilindro-forma, le copie arriveranno in piegatrice su due uscite: si tratta della cosiddetta doppia produzione.

2. Una più conveniente utilizzazione degli elementi è possibile con le barre «pony», poiché gli elementi conterranno cilindri incisi con le pagine della bianca affiancate a quelle della volta. La bobina avrà una larghezza metà di quella precedente. dopo la stampa della bianca, il nastro viene ribaltato dalle barre dei gruppo «pony» e perviene ai medesimi gruppi stampanti, spostato assialmente rispetto alla prima entrata, per la stampa della volta. In questo caso occorrono solo quattro elementi stampanti, invece di otto (fig. 346).

Se la macchina rotocalco è dotata di due piegatrici alle estremità, con 8-10 elementi, è possibile utilizzare due metà della rotativa per una produzione contemporanea di due stampati identici, oppure diversi, acquistando in flessibilità operativa.

I due tipi di soluzioni prospettate per la produzione di segnature di poche pagine su grandi macchine rotocalco da bobina sono consentite per tirature non troppo elevate, in quanto non permettono di raggiungere le massime velocità di stampa; nessuno dei grandi stampatori europei utilizza correntemente l'inversione del nastro tramite il dispositivo pony.

La produttività può essere raddoppiata utilizzando contemporaneamente due piegatrici convenzionali.

Brevemente si espongono di seguito alcuni casi in cui è possibile produrre 12 pagine a quattro colori in bianca e volta, utilizzando rotative rotocalco con diverso posizionamento dei gruppi diagonali e di traino, delle piegatrici, mantenendo costante il numero dei portabobine e degli elementi (8 o l0).

l5 Caso: due gruppi diagonali e traino e due piegatrici poste agli estremi della rotativa (fig. 347) con un portabobine .

L'opuscolo di 12 pagine può essere prodotto utilizzando otto elementi su una bobina larga sei strisce, con cilindri incisi a due incisioni. La bobina stampata, allorché perviene ad un gruppo diagonali, viene spartita a metà della sua larghezza da coltello e controcoltello circolare. Quindi una metà continua il suo percorso sul castello di un gruppo diagonali, dove viene divisa in tre strisce, accumulata nella piegatrice, uscendo con due segnature contemporaneamente.

La seconda metà del nastro stampato viene inviato alla seconda piegatrice, superando tutti gli elementi stampanti, sempre con uscita in doppia produzione. Pertanto si possono ottenere quattro segnature di 12 pagine ciascuna per ogni giro dei cilindri-forma.

E evidente che tale soluzione non è razionale per l'impianto previsto, poiché una macchina rotocalco a 8-10 elementi e due piegatrici può essere utilizzata per produzioni diverse, come illustrato in figura 348. Poiché le piegatrici sono agli estremi dell'impianto, sarà necessario più personale per il controllo delle segnature in uscita.

25 Caso: due gruppi diagonali e trino e due piegatrici affiancate ad un estremo della rotativa (fig. 349).

Il trattamento del nastro stampato in questo caso è analogo al primo caso, poiché la banda viene dapprima separata a metà, parallelamente al suo avanzamento, prima dell'entrata in un gruppo diagonali: successivamente ogni metà viene ancora divisa in tre strisce, che vengono accumulate e piegate con due piegatrici affiancate. La produzione è ancora di quattro segnature di 12 pagine ciascuna, due per ogni piegatrice, in doppia produzione.

Poiché le piegatrici sono sistemate una accanto all'altra, le segnature in uscita possono essere controllate da un minor numero di persone.

35 Caso: un gruppo diagonali e di traino e due piegatrici sistemate dorso contro dorso (fig. 350).

Questa soluzione permette di avviare tutte le strisce su una o sull'altra delle due piegatrici, oppure di dividerle su ambedue, a seconda delle esigenze: è previsto un solo gruppo diagonali e di traino.

Nel nostro caso, ovvero per la produzione di 12 pagine a quattro colori in bianca e volta, si può operare con tre incisioni sui cilindri forma, otto strisce convogliate alle piegatrici. Le quattro strisce accumulate e piegate daranno due segnature all'uscita di ogni piegatrice, ad ogni giro del cilindro.

I costi per l'investimento di un impianto del tipo illustrato sono inferiori, perché viene utilizzato solo un gruppo diagonali e di traino.

La seconda piegatrice verrebbe inserita solo nei caso di produzione sdoppiata. Nei caso di stampa di prodotti con un alto numero di pagine, le strisce verrebbero condotte ad una sola piegatrice, dal medesimo gruppo diagonali e traino.

Unico problema dell'impianto di questo tipo è il grande ingombro occupato dalle uscite, che presuppone molto spazio a disposizione nella sala rotative.

Un'ulteriore possibilità per la produzione di segnatura di poche pagine su macchine di grande formato, consiste nell'installazione delle cosiddette piegatrici doppie.

La piegatrice doppia è utilizzata in particolare negli USA, poiché le produzioni di quel paese comprendono spesso lavori con poche pagine, anche stampati con diversi procedimenti. In Europa, tranne che in rari casi, si preferiscono due piegatrici, affiancate o dorso contro dorso.

Il numero di uscite totali con due piegatrici doppie, può essere:

  • - di due, nel caso che entrambe lavorino in accumulo;
  • - di quattro, nel caso che entrambe producano in doppia produzione;
  • - di tre, nel caso una piegatrice lavori in accumulo e l'altra in doppia produzione;
  • - di una o due se la produzione avviene con una sola delle due piegatrici sia in accumulo. sia in doppia produzione.

Macchine da stampa flessografiche

1. Generalità

Com'è noto, il processo di stampa flessografico è caratterizzato da:

  • - forma rilievografica;
  • - inchiostro a bassissima viscosità, essiccante per evaporazione;
  • - contatto diretto tra forma e supporto.
Il processo flessografico, brevettato nei secondo decennio di questo secolo, veniva detto «stampa all'anilina», per via dei coloranti con cui era composto l'inchiostro. Il termine attuale, «flessografia», è in uso dai primi anni '50 e si riferisce alle caratteristiche fisiche della forma, come in molti altri procedimenti di stampa.

Intorno agli anni '40 si stavano diffondendo supporti lisci, quali il cellophane, che permisero al processo flessografico di affermarsi in alternativa agli altri processi di stampa, per il suo relativo minor costo e per la più rapida essiccazione degli inchiostri.

Le lastre fotopolimeriche, realizzate già negli anni '60 per permettere ai processo tipografico di contenere l'avanzata di quello offset, hanno trovato un loro campo d'applicazione nella flessografia, in sostituzione o per affiancamento del metodo di ricavare la forma in gomma da un flano, a sua volta intermedio ottenuto da una forma tipografica. La migliore qualità di stampa ottenibile con le forme fotopolimeriche e il minor numero di passaggi necessario per ottenerle, hanno permesso un notevole miglioramento qualitativo dello stampato flessografico.

La situazione attuale del processo di stampa si può così sintetizzare:

  • - decisa affermazione nei settore della stampa di supporti derivati da idrocarburi o, comunque, con superficie non assorbente, per la stampa di prodotti cartotecnici o collegati al mercato dell'imballaggio;
  • - rapido passaggio alle forme fotopolimeriche invece di impiegare forme in gomma;
  • - modificazione delle caratteristiche iniziali degli inchiostri, i quali non impiegano più coloranti sciolti in solventi, ma complessi composti da pigmenti dispersi in un veicolo (recentemente costituito da acqua);
  • - modificazione dei gruppi inchiostratori, ulteriormente semplificati e resi più controllabili; evoluzione delle macchine da stampa specifiche.
Le strutture delle macchine flessografiche possono essere schematicamente classificate in tre gruppi principali: ad elementi in linea, ad elementi sovrapposti (stack), a tamburo di pressione centrale (con satelliti); di queste e della struttura delle flessografiche per quotidiani si tratterà più avanti.

La grande maggioranza delle macchine flessografiche stampa da bobina; tra di esse esistono notevoli differenziazioni non solo di struttura, ma anche nella larghezza dei nastri. Esistono, infatti, impianti in grado di stampare nastri di larghezza superiore a 150 cm, come esistono macchine flessografiche capaci di stampare nastri larghi pochi centimetri.

Il campo d'applicazione dei processo flessografico è vastissimo, ma nella maggioranza dei casi è collegato alla stampa degli imballaggi, oppure al settore dei quotidiani.

Le macchine flessografiche da bobina possono essere dotate di stazioni in linea per il taglio del nastro, la sua fustellatura, la piegatura e l'incollatura. A volte, ad esempio, per la stampa d'imballaggi in polietilene, le macchine flessografiche sono collegate in linea ad estrusori che forniscono direttamente il nastro da stampare. Generalmente però, le macchine flessografiche da bobina sono dotate di portabobine con cambio manuale o semiautomatico (raramente automatico), nonché di avvolgitore della bobina stampata.

Gli elementi flessografici possono essere utilizzati anche per operazioni complementari quali verniciatura o spalmatura di colle sui nastro stampato. il gruppo essiccatore di cui le macchine flessografiche sono dotate, permette l'essiccazione rapida degli inchiostri, per mezzo di sorgenti di irradiazione infrarossa tra i diversi elementi, oppure mediante insufflaggio sul nastro d'aria riscaldata, per l'evaporazione dei solventi, dopo la stampa dell'ultimo colore.

Per spiegare, anche preliminarmente, il funzionamento del processo flessografico, occorre accennare al particolare dispositivo di inchiostrazione, detto rullo anilox. Seguono perciò alcuni cenni storici sullo sviluppo del processo flessografico, con particolare riferimento al sistema d'inchiostrazione anilox.

Nel secondo decennio di questo secolo, un ingegnere francese, C. A. Holweg, ottenne un brevetto inglese per una rotativa tipografica che utilizzava forme rilievografiche in gomma e inchiostri liquidi all'anilina per la stampa di sacchetti di carta.

Verso la fine degli anni '30 furono lanciati sul mercato inchiostri terminanti con le lettere «ox», tra cui anche quelli a base d'anilina, che pertanto furono chiamati commercialmente «anilox»; essi contenevano coloranti all'anilina in soluzione alcoolica.

Nel 1939, Douglas E. Tuttle richiese un brevetto per la stampa con inchiostri fluidi mediante un rullo inciso che garantiva una notevole uniformità nel trasferimento dell'inchiostro, con ridotti interventi da parte dell'operatore. Il rullo di trasferimento dell'inchiostro fu realizzato dalla stessa ditta distributrice degli inchiostri anilox (International Printing Ink, divisione della Interchemical Corp., oggi Inmont) e divenne noto con il nome commerciale degli inchiostri all'anilina di cui si è detto.

Tra la fine degli anni '60 e i primi anni '70, Douglas Tuttle divenne l'ispiratore degli studi dell'ANPA per lo sviluppo dei sistemi d'inchiostrazione anilox per quotidiani; tali studi miravano alla progettazione di una nuova macchina da stampa leggera, che riducesse i costi sia d'impianto, sia di manutenzione rispetto ad una rotativa tradizionale.

Sin dagli anni '40 furono realizzate le prime stampe su cellophane per uso imballaggio di prodotti alimentari; ovviamente gli inchiostri a base d'anilina non potevano essere utilizzati, perché tossici; pertanto vennero sviluppati nuovi inchiostri a base di pigmenti dispersi in solventi alcoolici a cui erano aggiunte additivi, quali resine naturali, ecc.

La definizione di «stampa all'anilina», però continuò a caratterizzare il processo flessografico utilizzante inchiostri fluidi e forme in gomma, sconsigliando i produttori di generi alimentari all'utilizzazione ditale processo di stampa.

Nel 1952 la FIexographic Technical Association decise che il nome della stampa all'anilina divenisse flessografia. Il termine «rullo anilox», però, rimase a contraddistinguere il sistema d'inchiostrazione caratteristico della stampa per quotidiani, anche se l'inchiostro non possiede più anilina, ma normalmente è costituito da una base acquosa contenente ammonio, per mantenere l'inchiostro ad un pH elevato fino a quando è trasferito sulla carta da giornale, il che provoca, allontanata l'ammoniaca per evaporazione, una reazione di polimerizzazione nell'inchiostro con un rapido essiccamento dello stesso.

Per «anilox» si deve intendere un rullo d'acciaio inciso, la cui superficie viene indurita per cromatura o con altro metodo. Il «rullo anilox» trasferisce alla lastra flessografica una pellicola controllata d'inchiostro; il volume d'inchiostro trasferito è correlato al numero di cellette presenti per centimetro lineare, alle loro dimensioni, alla loro forma geometrica, ai rapporto di trama.

Il sistema comprende un gruppo inchiostratore formato dal rullo anilox, da un calamaio contenente l'inchiostro e da un dispositivo di spremitura dell'inchiostro, che può essere formato o da un rullo o da una racla appoggiata al rullo anilox.

Il settore dei quotidiani sta dimostrando molto interesse per l'applicazione del processo flessografico. Il sistema d'inchiostrazione anilox può essere utilizzato anche su rotative tipografiche già esistenti mediante la sostituzione del gruppo inchiostratore, sia impiegando forme stereotipiche, sia lastre fotopolimeriche.

Alcuni casi di conversione delle rotative per quotidiani da tipografiche e flessografiche hanno previsto il cambiamento del gruppo d'inchiostrazione solo di alcuni elementi dell'impianto. In parte si è già accennato alla conversione tipo-flessografica nel paragrafo relativo alle macchine tipografiche da bobina.

Le lastre flessografiche per quotidiani contengono fotopolimeri resistenti all'acqua, poiché gli inchiostri possono contenere tale solvente. Tali lastre hanno un costo superiore a quelle composte da fotopolimeri resistenti agli inchiostri a base di solventi lipofili. In ogni caso le lastre per quotidiani non possono essere del medesimo tipo di quelle utilizzate per la stampa flessografica commerciale, poiché debbono subire lavorazioni in un tempo molto più limitato.

Le proprietà richieste ad una lastra fotopolimerica flessografica adatta alle macchine da bobina per quotidiani, sono:

  • - resistenza alla trazione per assorbire le sollecitazioni a cui il fotopolimero viene sottoposto durante il suo contatto con il sistema d'inchiostrazione ed il nastro da stampare;
  • - elasticità definita come capacità di materiale fotopolimerico di riprendere la sua forma originaria dopo aver subito una sollecitazione; le attuali lastre danno un'eccellente risposta d'elasticità, poiché riprendono la loro forma originaria dopo circa 40-50 ms, tempo inferiore a quello intercorrente tra l'inchiostrazione della lastra e la stampa, in una rotativa con velocità di 30.000 giri/h;
  • - resistenza alla compressione ripetuta Infatti il fotopolimero potrebbe modificarsi nel suo spessore a causa della pressione a cui viene sottoposto ad ogni giro del cilindro porta-forma;
  • - resistenza alla' acqua. In particolare il fotopolimero non deve dilatarsi per assorbimento d'acqua, presente nell'inchiostro;
  • - risoluzione. In generale devono essere riprodotti i punti dal 3 al 95%, con lineatura di 34 linee/cm, mantenendo una sufficiente profondità nei contrografismi delle percentuali massime, affinché lo stampato non risulti scadente;
  • - stampabilità . Si vuole intendere, in questo caso, l'affinità del fotopolimero verso l'inchiostro. Quando la tensione superficiale del fotopolimero è di 38-40 dine/cm, utilizzando inchiostri ad acqua di 32-36 dine/cm, si ottengono risultati di buona stampabilità.
Poiché la compressione del fotopolimero durante la sua interferenza con il rullo inchiostratore o con il cilindro di pressione provoca una deformazione elastica del fotopolimero di 80-100 mm, l'elasticità della lastra può essere migliorata con la presenza di un supporto in schiuma espansa tra lastra e il metallo del cilindro (fig. 351).

La deformazione di circa 100 mm durante la compressione viene così ripartita tra il fotopolimero, per circa il 20%, e il supporto in schiuma espansa, per il restante 80%.

Poiché il supporto in acciaio del fotopolimero ripartisce la deformazione alla pressione su un'area più estesa della schiuma espansa, non si hanno riduzioni della periferia del cilindro lastra, se non dopo alcune centinaia di migliaia di copie. L'esperienza ha dimostrato che, sostituendo il supporto (in acciaio) d'ancoraggio del fotopolimero, con altri, in alluminio o in policarbonati, si ottengono deformazioni permanenti dello spessore della forma, in particolare quando passano in rotativa le giunzioni delle bobine o con rottura del nastro e suo avvolgimento sul cilindro forma.

Nella stampa flessografica dei quotidiani, il numero di linee/cm dei rulli anilox arriva a 100-150, con inclinazione delle celle a 450 rispetto alla racla. I retinati sulla lastra si realizzano a 25 linee/cm. Con una frequenza di linee/cm inferiore sul rullo anilox, si può presentare il fenomeno della marezzatura.

Nella stampa quadricromica si deve considerare l'inclinazione degli alveoli sul rullo anilox relativamente all'inclinazione dei retinati sulla lastra; in ogni caso l'inclinazione del nero deve divergere almeno di 15 sul rullo anilox relativamente all'inclinazione del retinato sulla lastra, altrimenti possono verificarsi fenomeni d'interferenza ottica.

Le inclinazioni consigliate per i retinati sulla lastra, essendo presenti sul rullo anilox alveoli inclinati a 450, sono le seguenti: giallo 300, magenta 750, ciano 900, nero 600.

La lastra fotopolimerica flessografica ha una durezza che si aggira intorno a 70-805 Shore A., mentre la lastra fotopolimerica per la stampa tipografica per quotidiani ha una durezza di circa 905 Sh A.. L'inferiore durezza del fotopolimero per flessografia è indispensabile per permettere alle celle del rullo anilox di adattarsi alla forma; ma tale caratteristica permette anche il raggiungimento di altri obiettivi, come un migliore trasferimento dell'inchiostro sulla carta da giornale, anche se questa presenta una certa rugosità superficiale, senza aumentare la pressione, che condurrebbe ad un maggiore allargamento dei grafismi.

Da notare che la gomma costituente la forma flessografica tradizionale ha una durezza anche molto bassa (45.600 Sh A), con pericoli d'allargamento dell'inchiostro accentuati.

Al contrario della tipografia, dove il primo strato d'inchiostro dev'essere più appiccicoso del secondo per permetterne l'adesione, il «trapping» dell'inchiostro flessografico, almeno nella stampa del cartone, richiede che la prima pellicola d'inchiostro venga assorbita dal supporto rapidamente: quindi il primo strato di colore viene stampato alla viscosità più bassa consentita.

Esistono, per esigenze particolari di stampa flessografica, camicie di rivestimento dei cilindri portaforme per la sostituzione rapida delle forme stesse.

Esse sono costituite da tubi di alluminio o altro materiale, su cui può essere steso un fotopolimero o montata la stereotipia in gomma. Sono particolarmente vantaggiose nella stampa di carta da parati o di prodotti analoghi, in cui non dev'essere visibile il legno di congiunzione del soggetto da stampare. Esse consentono, inoltre, un notevole risparmio nel magazzinaggio delle forme da archiviare, per esempio quando si devono immagazzinare i cilindri con disegni di tessuti o di carte «transfer». Originariamente le camicie di rivestimento furono realizzate per la stampa transfer a caldo, ma attualmente sono usate anche per la stampa di carta da parati e di imballaggi.

Il montaggio della camicia sul cilindro portaforme può essere realizzato velocemente per mezzo di mandrini e di un sistema ad aria compressa che, creando un cuscino d'aria tra la camicia e il cilindro portaforma, permette d'infilarla o sfilarla rapidamente dalla sua sede (fig. 352).

Il fotopolimero può essere fotoformato direttamente dall'utilizzatore per mezzo di un'apposito apparecchio espositore e di attrezzature di sviluppo del fotopolimero non esposto.

2. Gruppo d'inchiostrazione flessografico

2.1. Generalità

Il trasferimento dell'inchiostro fiessografico dalla vaschetta in cui è contenuto alla forma rilievografica è relativamente semplice, poiché la bassa viscosità dell'inchiostro permette un corretto trasporto, senza eccessive laminazioni attraverso rulli, come nei procedimenti utilizzanti inchiostri più viscosi.

Nelle macchine flessografiche di più vecchia costruzione l'inchiostrazione avveniva per mezzo di due o tre rulli, il primo dei quali funzionava da rullo calamaio, il secondo da «dosatore», il terzo da inchiostratore.

Il rullo calamaio era immerso parzialmente nella vaschetta dell'inchiostro: ruotando si ricopriva di una sottile pellicola il cui spessore poteva essere regolato dall'interferenza con cui il rullo dosatore premeva contro il medesimo.

A volte il rullo dosatore poteva non essere presente, poiché la sua funzione era esercitata direttamente dal rullo inchiostratore (fig. 353). Quest'ultimo, rivestito di materiale di durezza elevata (circa 605-705 Sh A), interferiva con i rilievi della forma in gomma distendendo su di essa una pellicola d'inchiostro fluido.

L'aumento del numero dei rulli nel gruppo inchiostratore flessografico, provoca un aumento della superficie su cui è disteso l'inchiostro, con un corrispondente aumento dell'evaporazione del solvente contenuto.

Attualmente possono essere montati gruppi inchiostratori flessografici con due rulli, di cui uno anilox, oppure con un solo rullo anilox. Alcuni definiscono il primo sistema d'inchiostrazione «indiretto», poiché l'inchiostro viene comunque trasferito per mezzo di un rullo intermedio rivestito in gomma che pesca nell'inchiostro contenuto nel calamaio (fig. 354)'

Allorché esista il solo rullo anilox, è necessario disporre della rada per asportare l'eccesso d'inchiostro dalla superficie del rullo.

Schematicamente esistono tre tipologie di gruppi inchiostratori flessografici:

  • - tipo indiretto senza rada sul rullo anilox, detto anche convenzionale, poiché l'unica differenza con i primi gruppi inchiostratori consiste nella presenza del rullo anilox come rullo inchiostratore;
  • - tipo indiretto con rada sul rullo anilox, composto anche da più di due rulli, con rullo anilox a volte funzionante come inchiostratore, a volte intermedio tra il calamaio e il sistema d'inchiostrazione;
  • - di tipo diretto, con il solo rullo anilox e racla.
Come nella stampa rotocalcografica, la racla appoggiata, sul rullo anilox può formare un angolo d'incidenza - tra il filo della lama e la tangente al rullo nel punto di contatto - in alcuni sistemi di 455-605, in altri di 1205- 1305, misurando l'angolo dal lato da cui proviene il movimento rotatoio del rullo anilox.

Nel processo flessografico quando l'angolo d'incidenza è inferiore a 905, si usa la dizione «racla positiva»; invece se l'angolo d'incidenza è superiore a 905, si usa dire «rada negativa». in quest'ultimo caso, altri utilizzano anche la terminologia «rada rovesciata», in opposizione a «rada positiva». Altri ancora affermano che la rada agisce «in controrotazione», Nel presente capitolo si useranno le dizioni «rada positiva» per intendere quella appoggiata sul rullo anilox con un angolo d'incidenza inferiore a 905 e «racla negativa» per intendere l'altra.

Come nel processo rotocalcografico, la racla positiva è soggetta alla pressione dell'inchiostro (fig. 355) all'aumentare della velocità di rotazione del gruppo inchiostratore.

Tale pressione d'impatto dell'inchiostro sulla lama tende a fletterla; per contrastarla, si può solo aumentare la forza con cui la rada preme sul rullo anilox, ma quest'azione provoca un'usura prematura del filo della lama,

La racla con inclinazione negativa (fig. 356), invece, può asportare l'inchiostro sul rullo anilox senza essere soggetta alla forza d'impatto del fluido su di essa, garantendo uniformità di trasporto di ugual volumi d'inchiostro anche al variare della velocità di tiratura.

Il sistema di raclatura è progettato in modo che la lama si usuri molto più rapidamente del rullo anilox: mentre una rada può funzionare per alcuni milioni di giri del rullo, quest'ultimo viene usurato solo dopo alcune decine di milioni di giri. Il numero corretto di giri a cui il sistema deve resistere prima di essere usurato non può essere determinato con precisione, poiché dipende da numerosi fattori, tra cui:

  • - la natura delle superfici a contatto;
  • - la pressione con cui la racla appoggia sul rullo anilox:
  • - il parallelismo tra il filo della lama ed il rullo stesso;
  • - l'abrasività degli inchiostri.
Anche il rullo anilox tende a logorarsi per l'attrito esercitato dal filo della rada, che tende a consumare le coste di sostegno degli alveoli e, quindi, a ridurre il volume dell'inchiostro in essi contenuto. A parità di altri fattori, tanto minore è la distanza tra gli alveoli, tanto è più probabile l'anticipata usura del rullo anilox. Il materiale di cui è costituito il rullo anilox può anche essere causa dell'usura prematura del filo della rada o della superficie del rullo stesso. Anche sostanze abrasive presenti nell'inchiostro o provenienti dallo spolverio della carta, possono ridurre la vita produttiva degli elementi del gruppo inchiostratore. Tale gruppo è collegato ad automatismi che permettono la rotazione lenta dei rulli inchiostratori anche con la fermata della macchina o per semplice distacco della pressione, in modo che l'inchiostro non essicchi sulla superficie dei rulli.

Comparando l'efficienza dei sistemi d'inchiostrazione flessografici al variare della velocità di produzione, si è notato che la trasmissione dell'inchiostro al supporto è notevolmente influenzata dal tipo di sistema con cui l'inchiostro viene asportato dal rullo anilox (fig. 357).

In particolare, all'aumentare della velocità di stampa, la trasmissione dell'inchiostro del sistema a due rulli aumenta esponenzialmente, quella del sistema inchiostratore con racla positiva raggiunge un minimo ad una certa velocità di rotazione del rullo anilox per poi crescere, quella del sistema inchiostratore con rada negativa è costante al variare della velocità di tiratura.

2.2. Sistema d'inchiostrazione flessografica indiretto

Come già accennato, tali gruppi inchiostratori nella loro versione più comune, sono costituiti essenzialmente da due rulli, il primo dei quali è rivestito in gomma sufficientemente dura (605805 Sh A) immerso parzialmente nel serbatoio del calamaio, il secondo di essi è invece il rullo anilox. L'azione del sistema è efficiente nel trasporto dell'inchiostro alla forma se la tensione superficiale dei materiali a contatto è corretta e se l'interferenza tra i due rulli è proporzionata alla richiesta d'inchiostro da parte del supporto (fig. 358).

In alcuni modelli di gruppi inchiostratori può avvenire che il rullo anilox peschi direttamente nel serbatoio dell'inchiostro intermedio (fig. 359): si tratta di variazioni del sistema a due rulli in cui dev'essere comunque presente una rada, per asportare l'eccesso d'inchiostro dalla superficie del rullo anilox. In particolare il sistema con rullo in gomma intermedio tra il rullo anilox e la forma fiessografica richiede che la durezza del rullo in gomma sia diversa da quella del sistema a due rulli senza racla, poiché il contatto fra questo rullo e la forma flessografica avverrebbe tra superfici troppo elastiche.

In altri modelli di gruppi inchiostratori a due rulli possono essere introdotte rade sul rullo anilox, sia con inclinazione positiva (fig. 360) sia con inclinazione negativa (fig. 361). In tali modelli, cioè. si è cercato d'abbinare i vantaggi del sistema a racla senza modificare sostanzialmente il gruppo inchiostratore a due rulli.

Il sistema d'inchiostrazione indiretto ha il vantaggio di contenere l'usura del rullo anilox, per la minima azione del rullo dosatore sulla superficie retinata. Inoltre il funzionamento del sistema a due rulli è particolarmente semplice, non necessitando di eccessive regolazioni come nei gruppi inchiostratori dotati di rada. Esiste però lo svantaggio della non costante trasmissione dello spessore d'inchiostro sul supporto al variare della velocità di tiratura.

Possono esistere gruppi inchiostratori dotati anche di più rulli inchiostratori, oltre a quello anilox (fig. 362), tuttavia il trasferimento dell'inchiostro dal calamaio alla forma flessografica, resta comunque indiretto.

L'aumento del trasporto dell'inchiostro nel sistema d'inchiostrazione a due rulli, con il crescere della velocità di rotazione del gruppo inchiostratore, dipende da numerosi fattori, quali: la viscosità dell'inchiostro, la durezza dei materiali a contatto, la loro interferenza. ecc. La causa prima del non costante trasporto dell'inchiostro è dovuta alla variazione della pressione d'impatto del film d'inchiostro steso tra i due rulli, come accade anche nell'inchiostrazione della forma rotocalco con rada disposta con angolo di contatto inferiore a 905, al variare della velocità di rotazione del corpo cilindrico.

Per ovviare, almeno parzialmente, al problema del maggior riporto d'inchiostro con l'aumentare della velocità di tiratura, si possono utilizzare diversi metodi, alcuni dei quali sono:

  • - aumentare la durezza del rullo rivestito in gomma, in modo da diminuire la quantità d'inchiostro trasferita tra il rullo anilox e quello in gomma, poiché si forma una linea di contatto più sottile ed una pressione maggiore che «spreme» l'inchiostro (attualmente la durezza della gomma del rullo s'aggira intorno a 800 Shore A);
  • - diminuire il numero di giri del rullo prenditore rispetto a quelli del rullo anilox, con l'aumentare della velocità di tiratura, mediante opportuni meccanismi di comando;
  • - variare la viscosità degli inchiostri, ovvero diluirli all'aumentare della velocità di tiratura;
  • - utilizzare rulli prenditori in gomma non perfettamente cilindrici, ma con un raggio lievemente superiore intorno alla loro mezzeria: tale sistema è ottimo per una certa velocità di tiratura, poiché varia il trasporto dell'inchiostro a velocità diverse.

2.3. Sistema d'inchiostrazione con solo rullo anilox, o «diretto»

Tali gruppi inchiostratori sono anche definiti diretti, poiché il trasferimento dell'inchiostro avviene con un solo rullo direttamente dal serbatoio dell'inchiostro alla forma, senza rulli dosatori intermedi: il rullo anilox assolve a funzioni diverse contemporaneamente, ad esempio accumula un certo volume d'inchiostro nelle sue incisioni, con l'aiuto della racla ne regolarizza lo spessore, quindi inchiostra direttamente la forma flessografica (fig. 363).

Nei gruppi inchiostratori flessografici composti soltanto da rullo anilox, è obbligatoria la presenza della racla per dosare correttamente la pellicola d'inchiostro trasferita sul supporto.

I gruppi inchiostratori flessografici si sono evoluti con l'utilizzazione di solo rullo anilox e racla, per ovviare alla difficoltà di trasporto dell'inchiostro caratteristica dei sistemi d'inchiostrazione a soli rulli.

L'azione premente e regolatrice della quantità d'inchiostro trasportata dal sistema è effettuata direttamente dalla racla. Questa, appoggiata sulle coste del rullo anilox asporta l'eccesso d'inchiostro dalla superficie, lasciandolo negli alveoli incisi e assicurando il trasporto di un volume d'inchiostro costante, anche al variare della velocità.

In particolare la stampa in flessografia con inchiostrazione con il solo rullo anilox e con la presenza della racla, può garantire una maggiore qualità impiegando forme retinate più finemente, anche con supporti ruvidi, con il risultato di avere densità di stampa più uniformi al variare della velocità di tiratura.

Molti sono i costruttori orientati alla struttura dell'inchiostratore costituito da rullo anilox e racla, anche se si continuano ad offrire gruppi inchiostratori più tradizionali, a due rulli.

L'inchiostro può essere depositato negli alveoli mediante due sistemi principali:

  • - per parziale immersione del rullo anilox nella vaschetta del calamaio (fig. 364);
  • - per proiezione dell'inchiostro sulla superficie del rullo anilox (fig. 365).
Nel primo sistema il rullo anilox, ruotando nell'inchiostro, si ricopre di uno strato del medesimo; l'eccesso viene asportato dalla racla, che può avere un'inclinazione o positiva o negativa, relativamente al tipo di gruppo inchiostratore. Nei gruppi inchiostratori in cui l'inchiostro viene iniettato a pressione negli alveoli, la racla ha un'inclinazione negativa; l'eccesso d'inchiostro viene raccolto entro una vaschetta posta inferiormente al rullo anilox e condotto ad un serbatoio, di dimensioni cospicue, in cui la viscosità può essere controllata e regolata da apposite apparecchiature, già descritte nel paragrafo relativo ai gruppi inchiostratori rotocalco. L'inchiostro può essere filtrato e depurato da eventuali corpi estranei, quindi inviato nuovamente all'iniettore sul rullo anilox, mediante condutture apposite.

Per l'approfondimento delle relazioni tra racla e rullo retinato si rimanda al paragrafo relativo nel capitolo sulle macchine rotocalco da bobina; tale sistema, fatte le debite differenze, presenta molte analogie con il gruppo inchiostratore flessografico.

Si fa notare però che, sebbene la racla con inclinazione negativa consenta il raggiungimento di risultati qualitativi migliori, il sistema è più rigido e l'usura del filo della rada e del rullo anilox avviene in un tempo inferiore che negli altri sistemi: anche il controllo della macchina richiede una maggiore accuratezza.

2.4. Rulli anilox

I rulli retinati anilox sono forniti in un'ampia gamma di trame, da 3 a 200 linee/cm, ma le più usate nel campo della stampa sono le lineature da 40 a 100 linee/cm. In generale il volume d'inchiostro teorico contenuto negli alveoli, per unità di superficie, diminuisce con l'aumentare della lineatura. La scelta della lineatura dipende dal tipo di supporto da stampare. dalla finezza del grafismo da riprodurre, ecc.

Le incisioni (fig. 366) possono presentarsi in forma di:

  • - piramide a base quadrata;
  • - tronco di piramide a base quadrata:
  • - semisfera.
Gli alveoli di forma piramidale hanno un angolo al vertice, misurato tra gli apotemi dei lati della piramide, compreso tra 80 e 1305: all'aumentare dell'angolo aumenta anche il volume d'inchiostro contenibile nel pozzetto poiché aumenta la profondità dell'incisione,

La superficie dell'apertura dell'alveolo dipende sia dalla lineatura, sia dal rapporto di trama, inteso analogamente all' incisione dei cilindri rotocalco, come rapporto tra il lato della base della piramide e la costa compresa tra due incisioni vicine. Aumentando la distanza intralveolare, a parità di altre condizioni, il volume d'inchiostro contenuto negli alveoli per unità di superficie, diminuisce.

Le incisioni a forma piramidale non permettono un'agevole trasferimento dell'inchiostro contenuto, specie nel vertice della piramide; esso tende ad essiccare, rendendo difficile la pulizia dei rulli retinati.

Si sono pertanto sviluppate incisioni con forma geometrica a tronco di piramide, con base quadrangolare e anche incisioni a forma di semisfera o calotta, che si ottengono utilizzando l'energia laser.

La superficie dei rulli retinati può essere in acciaio, in rame o in materiale ceramico. Tra le tecnologie per ottenere alveoli di volume conosciuto, le più attuali sono: l'incisione elettromeccanica, che avviene tramite un utensile, normalmente di diamante, che taglia ed asporta un truciolo dalla superficie metallica; l'incisione laser che ha luogo per cilindri d'acciaio rivestiti di materiale ceramico.

Il rivestimento in rame dei rulli anilox permette il recupero dei cilindri, allorché la loro superficie venga consumata dall'azione meccanica di sfregamento della rada. Poiché i rulli anilox sono ramati in superficie con la medesima tecnologia dei cilindri-forma rotocalco, si può asportare la sfoglia consumata, depositarne elettroliticamente un'altra e procedere ad una nuova incisione degli alveoli,

Per proteggere le pareti intralveolari dall'azione della racla, il rullo anilox può essere cromato superficialmente con un deposito elettrolitico di diversi pm di spessore. Tra lo strato di rame e la cromatura superficiale può essere presente un deposito di nichel, per contrastare la formazione di microrotture che tenderebbero a far saltare lo strato di cromo.

L'incisione degli alveoli per la forma del nero avviene con un angolo, misurato tra la direzione delle pareti intralveolari e la retta con cui la racla incide sul rullo anilox, di 450 (fig. 367).

In ogni caso, per attenuare il fenomeno d'interferenza ottica detto marezzatura, l'inclinazione degli alveoli sul rullo anilox deve divergere almeno di 150 da quella sul retinato della forma fotopolimerica. Sempre per attenuare la marezzatura è necessario considerare il rapporto tra il numero di linee/cm sul rullo anilox e quello presente sul retinato della forma: ad esempio, un retinato a 25 linee/cm della forma, viene agevolmente inchiostrato da un rullo anilox con lineatura 100- 50 linee/cm.

Nella stampa di quadricromie, per evitare la marezzatura, sono consigliate le seguenti inclinazioni dei retinati sui rulli anilox relativi: giallo 300, magenta 750, ciano 900, nero 600, se le angolazioni dei retinati sulla forma flessografica sono conformi alle norme UNI Le incisioni semisferiche, poiché sono ottenute con frequenza di trama casuale, non pongono problemi di marezzatura (fig. 368).

2.5. Volume dell'inchiostro sui rulli anilox

I rulli anilox sono forniti con caratteristiche molto diverse tra loro: le più importanti sono la lineatura, di cui si è già scritto ed il volume d'inchiostro trasportato nell'unità di superficie.

Il volume d'inchiostro trasportato (Vi) dipende da diversi fattori, ad esempio dalla viscosità dell'inchiostro (che a sua volta è fortemente influenzata dalla temperatura), dalla ricettività o affinità della superficie della forma e del supporto da stampare verso quell'inchiostro, dalla velocità di tiratura in relazione alla disposizione della racla sul rullo anilox, dalla pressione e dalla durezza del fotopolimero impiegato per la forma e per i rulli inchiostratori intermedi, ecc.

A parità di condizioni operative però, il trasferimento dell'inchiostro dal rullo anilox dipende essenzialmente dal volume teorico per unità di superficie (Vu) del rullo anilox. Tale valore si esprime in cm3/m2, ovviamente il medesimo numero esprime anche il numero di mm3/mm2, per una semplice equivalenza che diminuisce dì 12 ordini di grandezza sia il numeratore, sia il denominatore dell'unità di misura.

Il volume teorico (Vu) è influenzato da:

  • - forma dell'incisione (piramidale, tronco-piramidale o semisferica);
  • - dalla lineatura (L), misurata in linee/cm;
  • - dalla distanza intralveolare (d) misurata in mm;
  • - dall'angolo al vertice della piramide o del tronco di piramide, che fornisce la misura della profondità dell'incisione, note la lineatura e il rapporto di trama.
Il volume di una piramide (Vp) avente come base un quadrato dilato (1) ed un'altezza (h), vale la terza parte del prodotto dell'area della base per l'altezza:

Vp = h V 12 1

3

Il volume di un tronco di piramide (Vt) avente come lato del quadrato maggiore (a) e lato del quadrato minore (b), di altezza (h), equivale al prodotto di un terzo dell'altezza per la somma delle due aree delle basi più {a radice quadrata del prodotto delle medesime aree delle basi:

Vt = h V (a2 + b2 + a2 V b2)

3

Ad esempio, dovendo calcolare il trasporto di un rullo anilox con incisioni a piramide tronca, tipo «Anpa Special», avente come base maggiore il lato di 70 mm (= a), il lato della base minore di 25 mm (= b), un'altezza di 25 mm (= h), una distanza intralveolare di 30 mm (= d) (fig. 369), il volume d'inchiostro contenuto teoricamente in un alveolo vale:

60.025 mm3 = (702 + 252 + 702 V 252 ) V 25/3

Poiché la distanza intralveolare è di 30 mm, ogni incisione occupa 100 mm di lato modulare, per un'area di 10.000 mm2, il rapporto tra 60.625 e 10.000 vale 6,0625 mm3/mm2. Sarebbe più corretto riferirsi al numero di alveoli per unità di superficie basta elevare la lineatura al quadrato; nel caso su descritto, 100 linee/cm; infatti 70 mm, sommati alla spalla di 30 mm, sono contenuti 100 volte in un centimetro.

Poiché 6,0625 mm3/mm2 corrispondono a 6,0625 cm3/m2, si può anche calcolare il quantitativo di trasporto reale dell'inchiostro sul supporto, supponendo di conoscere la percentuale di trasferimento dell'inchiostro dal rullo anilox alla forma, sia ad esempio del 75%, e quella di trasferimento dalla forma al supporto, sia ad esempio l'80%. Moltiplicando il volume per unità di superficie per le percentuali conosciute (6,0625 x 0,75 )c 0,8) si ottiene un trasferimento d'inchiostro di 3.6 cm3/m2 sul supporto. Ammettendo di conoscere anche la massa volumica apparente dell'inchiostro, ad esempio di 1,2 g/cm3, si può anche calcolare il peso d'inchiostro trasferito sul supporto per unità di superficie. Nell'esempio su esposto, il peso d'inchiostro per ogni m2 di superficie del supporto corrisponde a circa 4,3 grammi.

Da notare che esprimere il volume in cm3/m2 è comodo sia perché è possibile moltiplicare il volume per la densità dell'inchiostro senza alcuna equivalenza, sia perché il medesimo numero esprime lo spessore medio dell'inchiostro in mm.

Più in generale si può calcolare il volume teorico per unità di superficie (Vu) moltiplicando il volume di un alveolo (Vp) per il numero di alveoli contenuti nell'unità di superficie (L2), correggendo la grandezza di un fattore d'equivalenza (F):

Vu = Vp . L2 E

dove L è la lineatura misurata in l/cm, Vp è misurato in mm3/12, e il fattore di correzione della grandezza, per misurare Vu in cm3/m2, equivale a:

10-12 (cm3/mm3) 1/10-4 (cm2/m2).

Il volume di un alveolo (Vp) si può calcolare conoscendo la forma geometrica dell'incisione, ad esempio il lato della base della piramide (P) e la sua profondità (h), misura strettamente correlata con l'angolo al vertice della piramide stessa. Nel caso di un angolo di 905 al vertice della piramide, la profondità della piramide (h) vale esattamente la metà del lato di base (P/2).

Per trovare il lato della piramide (P) è sufficiente dividere l'unità di lunghezza (in mm/cm) per la lineatura (L misurata in l/cm) e sottrarre al rapporto la distanza intralveolare (d misurata in mm):

Le variabili principali sono cinque (volume teorico, lineatura, forma dell'alveolo, distanza tra due alveoli ed angolo al vertice della piramide), nelle figure 370 e 371 sono rappresentate le relazioni schematiche tra lineatura (L), distanza intralveolare (d) e volume teorico (Vu), mantenendo costanti la forma dell'incisione (piramidale) e l'angolo al vertice della piramide (905).

Mutando la forma geometrica dell'incisione da piramidale a tronco di piramide, il volume teorico contenuto negli alveoli per unità di superficie non varia sostanzialmente, a parità di altre condizioni (distanza intralveolare, lineatura, angolo al vertice). Questo sia con base minore del tronco di piramide di 50 mm, usata per lineature comprese generalmente tra 20 e 50 l/cm, sia con base minore dell'incisione a tronco di piramide di 25 mm, usata per lineature comprese tra 60 e 100 l/cm, con valori di distanza intralveolare compresi tra 10 e 50 mm.

Il volume d'inchiostro trasferito da rulli anilox incisi per mezzo di energia laser (superfici ceramiche), non è ancora determinabile con sufficiente precisione se non vengono precisate le caratteristiche costruttive del rullo stesso. Infatti la sua rugosità superficiale è generata dalla fusione ad alta temperatura di materiali particolarmente resistenti (nitruri, siliciuri, borati, carburi, ecc.) sul rullo in acciaio, con formazione di leghe disposte irregolarmente sulla superficie e formanti fori irregolari o microzone sporgenti di diversa estensione e livello.

Se il rullo rivestito da «super porcellana» viene rertificato, le sporgenze vengono riportate, ma a seconda del grado di rettifica e del materiale rimosso si possono avere diversi volumi d'inchiostro teorico contenibili negli alveoli.

Il rullo anilox rivestito in materiale ceramico può anche essere utilizzato senza essere rettificato. In tal caso il trasporto dell'inchiostro avverra secondo le caratteristiche delle tensioni superficiali presenti nel sistema, ma non può esistere il modo di determinare a priori il volume d'inchiostro per unità di superficie.

Per determinare l'usura del rullo anilox, provocata dall'asportazione di parti dalla sua superficie per l'azione abrasiva del sistema racla-inchiostro, si può osservare empiricamente la quantità di diluente aggiunto all'inchiostro puro per ottenere una certa densità di stampa. Con l'aumentare dell'usura del rullo anilox, diminuirà la quantità di solvente aggiunta all'inchiostro, fino a quando, pur usando inchiostro puro, si nota che non vengono raggiunte le densità desiderate. Se le interferenze tra i corpi cilindrici sono corrette e le condizioni operative standard, ciò significa che il volume degli alveoli è diminuito considerevolmente ed il rullo anilox dev'essere sostituito.

3. Struttura delle macchine flessografiche da bobina

3.1. Generalità

Le macchine flessografiche da bobina, come è stato accennato, possono essere raggruppate, secondo la disposizione degli elementi stampanti, in:

  • - macchine con elementi in linea;
  • - macchine con elementi sovrapposti (stack);
  • - macchine a tamburo di pressione centrale (a satellite).
Il cilindro di pressione ha generalmente diametro fisso, mentre il cilindro portaforma può avere diametri diversi.

Il registro, in macchine pluricolori, è automatizzabile mediante sensori che rilevano sul nastro opportune tacche e dispositivi di tensione del nastro o di variazione della posizione dei cilindri portaforma, assiale o circonferenziale.

Altri automatismi sono previsti nel controllo della viscosità degli inchiostri, come nei calamai delle macchine rotocalcografiche.

Esistono tre sistemi base di pompe per la circolazione dell'inchiostro: centrifugo, rotativo o alternativo; tutti possono essere usati nelle macchine flessografiche da bobina.

Il nastro, dopo essere stato stampato, viene condotto in forni d'essiccamento, normalmente funzionanti con energia infrarossa, in cui viene convogliata aria riscaldata da appositi ventilatori e da cui l'aria satura dei vapori del solvente presente nell'inchiostro viene espulsa.

Possono esistere lampade o sistemi d'emissione d'energia nell'infrarosso tra due elementi stampanti successivi, non tanto per essiccare completamente l'inchiostro, quanto per evitare controstampe indesiderate o effetti di maculature.

L'inchiostro può essere essiccato a diverse temperature, a seconda della natura del materiale di cui è costituito il nastro.

La lunghezza del tunnel d'essiccamento dipende dalle caratteristiche del nastro da stampare e dalle operazioni che si prevedono (spalmatura, ecc.) sul nastro: la camera d'essiccamento può essere lunga anche più di sei metri.

L'energia utilizzata per riscaldare l'aria del gruppo d'essiccamento può essere di origine molto diversa: gas, resistenze elettriche oppure scambiatori di calore (radiatori che possono ospitare al loro interno vapore, acqua riscaldata, olio diatermico, ecc.). Uno o più ventilatori costringono l'aria riscaldata a lambire il nastro stampato nella camera d'essiccamento; altre condutture possono inviare l'aria calda nei gruppi d'essiccamento situati tra gli elementi stampanti, per permettere una relativa stabilizzazione dell'inchiostro umido sul nastro.

Al termine del tunnel d'essiccamento, il nastro viene raffreddato da apposite calandre di traino, affinché vengano recuperate le variazioni dimensionali che potrebbero generare grinzature nel riavvolgimento della bobina.

Dispositivi di spalmatura in linea con le macchine flessografiche da bobina sono ormai accettati dall'industria della carta da parati. Tali unità applicano alcuni g/m2 di uno strato plastico trasparente e flessibile sul nastro stampato, in modo da renderne lavabile la superficie.

Poiché i solventi della vernice possono intaccare la gomma delle forme flessografiche, alcuni modelli di macchine dispongono di elementi di spalmatura rotocalco, anche se il risultato di spalmatura è diverso soprattutto per il diverso spessore di vernice stendibile con una forma rotocalco (fig. 372).

Con macchine fiessografiche possono essere spalmati anche sigillanti a freddo, questi sono utilizzabili per l'incollaggio degli imballaggi contenenti prodotti che si danneggiano con sigillanti a caldo. Da notare che la spalmatura di colle su supporti è più vantaggiosa se eseguita in macchine flessograliche, relativamente alle macchine rotocalco, poiché le forme flessografiche sono preparabili in un tempo notevolmente inferiore ed a un costo inferiore di quelle rotocalco.

Alcuni costruttori di macchine fiessografiche offrono dispositivi di spalmatura in linea utilizzando un elemento stampante per tale operazione; la velocità di produzione risulta però considerevolmente ridotta. Per poter impiegare tali attrezzature (fig. 373) è necessario disporre di un sufficiente lore stampato può essere realizzata molto efficacemente, poiché può essere inserita tra gli elementi stampanti una camera d'essiccamento dimensionata alle esigenze del supporto, anche se tale soluzione aumenta i costi d'investimento e richiede un maggiore spazio a disposizione. Nella stampa pluricolore la sovrapposizione degli inchiostri avviene su altri già perfettamente essiccati, con notevoli vantaggi nella qualità dei retinati.

Nelle strutture ad elementi sovrapposti o a satelliti, l'inchiostro depositato per primo tende a ritenere il solvente lino al passaggio del nastro nel tunnel d'essiccamento. Se l'essiccamento tra gli elementi avviene mediante aria calda, getti di questa possono investire il gruppo stampante, posto nelle immediate vicinanze, con pericoli d'essiccamento dell'inchiostro sulla forma. Nelle macchine flessograliche con elementi in linea, invece, ogni camera d'essiccamento è indipendente dal gruppo stampante. Possono inoltre essere previste calandre di raffreddamento del nastro all'uscita di ogni gruppo d'essiccazione per riportare il nastro alle condizioni di temperatura iniziali, con un migliore controllo delle condizioni di stampa.

Si evita, quindi, di far ricorso a delicati sistemi di termostatazione del tamburo centrale di pressione, poiché la temperatura dei cilindri di pressione non viene influenzata dal gruppo d'essiccamento dell'inchiostro.

Gli elementi stampanti in linea hanno tutti un arrivo del nastro collocato dal basso verso l'altro; nelle altre strutture di macchine flessografiche, invece, il nastro può ai'rivare anche inversamente nell'elemento stampante. Esistono, quindi, minori pericoli di spruzzi d'inchiostro o di gocciolamento di un colore su quelli sottostanti. Inoltre, nelle macchine flessografiche ad elementi in linea, è particolarmente semplice applicare la rada sui rulli anilox e controllare l'inchiostrazione, mentre nelle strutture ad elementi sovrapposti, l'accessibilità al gruppo stampante risulta limitata dal nastro stesso.

La disposizione di tutti gli elementi stampanti al medesimo livello permette, nelle macchine con elementi in linea, un'ottima accessibilità ad ogni parte del gruppo stampante; le operazioni di cambio lavoro o di regolazione possono dunque essere standardizzate e quindi essere più rapide.

Poiché il percorso del nastro tra gli elementi in linea è sempre il medesimo, è agevole dotare tale struttura di mezzi di controllo del registro automatico, mediante rilevazione di apposite tacche stampate sul nastro da parte di sensori e opportuni comandi elaborati automaticamente da un sistema di controllo. I cilindri di pressione costituiscono un eccellente sistema di traino del nastro, assicurano una tensione uniforme dello stesso ed un migliore registro dei colori.

L'installazione di barre diagonali in punti strategici tra gli elementi stampanti permette di stampare contemporaneamente in bianca e volta il nastro.

Per la semplicità con cui sono costituiti gli attuali gruppi inchiostratori mediante rullo anilox, gli elementi stampanti flessografici di una macchina in linea possono essere identici a quelli rotocalco (fig. 374). Invece di disporre il cilindro forma rotocalco, la racla rotocalco e il gruppo inchiostratore, si possono sistemare su un apposito carrello il cilindro portaforma con lastre rilievografiche e il gruppo d'inchiostrazione anilox.

La flessibilità della macchina permette di stampare nella medesima sia con elementi rotocalco, sia flessografici, spalmare vernici, adesivi e ottenere un ottima evaporazione dei solventi mediante opportuni gruppi d'essiccazione.

Il comando dell'elemento stampante flessografico montato su carrello (fig. 375) viene derivato direttamente dagli ingranaggi che comandano il gruppo di pressione, mediante un opportuno rapporto, dipendente dallo sviluppo circonferenziale del cilindro portaforma flessografico. Anche il gruppo d'inchiostrazione è collegato mediante ingranaggi al gruppo di pressione.

Nel medesimo istante in cui viene staccata la pressione tra la forma e il cilindro di pressione, anche il gruppo inchiostratore va fuori contatto dalla forma automaticamente, rimanendo in rotazione lenta. Il meccanismo è indispensabile per evitare l'essiccazione dell'inchiostro sulla superficie del rullo anilox.

Tra le strutture di macchine fiessografiche, anche se derivato da idee precedenti, è da ricordare il dispositivo inchiostratore Comprinta, che si applica ad una struttura di macchina tipo Cameron, in cui la forma fotopolimerica viene condotta mediante nastri anche molto lunghi (fig. 376) che ruotano tra due cilindri. lì gruppo contiene un rullo anilox con rada, e utilizza inchiostri piuttosto fluidi. La realizzazione del sistema Cameron rendeva problematica la classificazione di tali macchine da stampa, che, comunque, impiega una forma rilievografica. L'uso di inchiostri fluidi e la presenza del gruppo d'inchiostrazione con rullo anilox permette di annoverare tali macchine nel gruppo delle macchine flessografiche.

Nelle macchine flessografiche da bobina possono essere presenti numerosi dispositivi opzionali, i più significativi dei quali sono i seguenti:

  • pompe per la circolazione dell'inchiostro dalle vaschette ad appositi serbatoi in cui la viscosità viene controllata automaticamente, come per gli inchiostri rotocalco;
  • coltelli circolari per il rifilo dei nastri stampati, con aspirazione ed accumulo dei rifili in appositi locali o contenitori mediante tubazioni opportune;
  • dispositivi di controllo del nastro (guida nastro) sia all'entrata dei gruppi stampanti, sia prima della ribobinatura;
  • barre diagonali per la stampa in bianca e volta, anche su macchine a tamburo centrale di pressione;
  • controllo automatico del registro;
  • controllo automatico della temperatura del cilindro di pressione e dei dispositivi d'essiccamento dell'inchiostro;
  • cappe d'aspirazione dell'aria satura del solvente evaporato nel tunnel d'essiccamento per la sua espulsione all'esterno del locale stampa;
  • stroboscopio per l'osservazione della qualità di stampa sulla bobina in movimento;
  • rotaie e paranchi, meccanici o elettrici, per la sostituzione dei cilindri portaforme.
Inoltre, in quasi tutte le macchine da bobina è previsto un dispositivo tachimetrico per il controllo della lunghezza del nastro stampato.

3.2. Macchine flessografiche da bobina con elementi in linea

Le macchine flessografiche ad elementi in linea comprendono un numero di elementi pari al numero massimo dei colori stampabili su quella macchina, disposti orizzontalmente in successione, come avviene per altri procedimenti di stampa (fig. 377).

Per la modularità con cui è disposto l'impianto ad elementi in linea e per la relativa minore massa delle strutture, dovuta alla bassa pressione di stampa, il costo d'investimento è inferiore rispetto ad altre macchine flessografiche.

Un limite di tale struttura consiste nel lungo percorso del nastro tra due elementi successivi in apposite camere per l'essiccamento dell'inchiostro: infatti quando il nastro è composto da materiali cedevoli alla tensione, ad esempio polietilene, è molto difficile controllare il registro nella stampa pluricolore.

La macchina ad elementi in linea è adatta per la stampa di bobine di carta, poiché tale materiale è notoriamente più controllabile nel suo allungamento.

Per la stampa dei quotidiani viene preferita la struttura degli elementi in linea: delle macchine flessografiche per quotidiani si tratterà più avanti, nel paragrafo 3.5.

Esistono anche macchine rotocalco da bobina convertibili in macchine flessografiche per mezzo della sostituzione del gruppo portaforma e di quello d'inchiostrazione, montato su apposito carrello (fig. 378).

3.3. Macchine flessografiche da bobina ad elementi sovrapposti (stack)

Si tratta di macchine flessografiche da bobina generalmente costituite da una struttura verticale, ai cui lati sono disposti, a coppie, elementi di stampa da un minimo di due ad un massimo di otto (fig. 379).

I principali vantaggi di questa struttura consistono:

  • - nella limitata distanza tra due elementi successivi, che permette di stampare anche su supporti cedevoli;
  • - nella possibilità di stampare agevolmente in bianca e volta, con un opportuno passaggio del nastro.
Ad esempio, una macchina flessografica a quattro elementi sovrapposti può stampare:

  • - quattro colori solo su un lato del foglio, sinteticamente indicato con 4/0;
  • - tre colori in bianca ed uno in volta, 3/1;
  • - due colori in bianca e due in volta, 2/2 (fig. 380).
Una macchina flessografica a sei elementi sovrapposti può stampare nei modi 6/0, 5/1, 4/2, 3/3, mentre una a otto elementi sovrapposti nei modi: 8/0; 6/2; 4/4,.

La disposizione verticale degli elementi riduce l'accessibilità ai gruppi stampanti, ma permette anche di ridurre l'ingombro della macchina da stampa.

Tra due elementi successivi possono essere presenti dispositivi d'essiccazione, ma l'evaporazione massiccia del solvente contenuto nell'inchiostro avviene nel tunnel d'essiccamento; questo è disposto nel ponte orizzontale alto che collega la struttura del gruppo stampante ai dispositivi del portabobine e del riavvolgitore. Nella camera viene posta in circolazione aria riscaldata con resistenze elettriche, per mezzo di condutture collegate a ventilatore.

Un ulteriore gruppo per l'evaporazione del solvente può essere posto inferiormente alla struttura di sostegno degli elementi sovrapposti, per l'essiccamento degli inchiostri stampati in volta.

Prima del suo riavvolgimento, il nastro viene raffreddato da una calandra, al cui interno circola un liquido refrigerante, essa esercita anche la funzione di traino del nastro.

Le eventuali tensioni a cui viene sottoposto il nastro a causa del riscaldamento nella camera d'essiccazione, possono così essere riassorbite, per ottenere una ribobinatura senza grinze.

La velocità di rotazione della calandra di raffreddamento è controllata da motori in corrente continua o da dispositivi analoghi per il trascinamento corretto del nastro. Anche l'albero del ribobinatore è comandato da un motore in corrente continua per controllare le variazioni della tensione del nastro stampato.

L'uscita con ribobinatore impone, per il controllo della qualità di stampa, l'uso di un dispositivo stroboscopico, di cui si è già trattato nella parte relativa alle macchine da bobina offset.

Il controllo del registro può essere automatizzato mediante rilevatori e automazione dei dispositivi d'intervento di correzione sia trasversale sia longitudinale al senso d'avanzamento del nastro (si veda Codice generale di composizione di base e passaggio carta nelle rotative rotocalcografiche in coda alla trattazione).

L'alimentazione del nastro al primo elemento stampante avviene per mezzo di un rullo traino, gommato in superficie, che controlla l'entrata del nastro nel gruppo stampante.

Lo sviluppo circonferenziale del cilindro portaforme può essere variato entro valori abbastanza ampi per un medesimo modello di macchina. Ad esempio, in alcuni modelli la circonferenza dei cilindri portaforme può variare tra 250-650 mm, in altri tra 300 e 1.200 mm. La trasmissione tra gli elementi stampanti può avvenire mediante cinghie dentate: il movimento viene trasmesso ai cilindri portaforme mediante corone dentate a profilo elicoidale.

Il registro può essere variato manualmente tra i diversi elementi entro valori limitati (+ 20 mm) sia longitudinalmente, sia trasversalmente al senso d'avanzamento del nastro. La larghezza della bobina può variare notevolmente secondo le esigenze del lavoro, ma non può avere una larghezza minore di un valore limite, relativo al modello di macchina: ad esempio in macchine ospitanti bobine larghe fino a l.600 mm non è possibile stampare con bobine aventi larghezza inferiore a 600 mm, per problemi di traino corretto del nastro.

L'unità per la stampa di quattro colori su un lato del nastro per i quotidiani (fig. 381), può essere assimilata ad una struttura ad elementi sovrapposti. Da notare che tale elemento dev'essere affiancato ad altri per la stampa della volta.

3.4. Macchine flessografiche da bobina a satelliti

La caratteristica saliente di tali macchine consiste nel possedere un solo cilindro di pressione, posto centralmente, con i gruppi stampanti tangenti alla circonferenza del medesimo (fig. 382)

Si tratta di una logica evoluzione delle macchine flessografiche per la stampa di supporti cedevoli, studiata per mantenere il più costante possibile la tensione del nastro, in modo che esso rimanga tangente al cilindro di pressione fino a quando non siamo stampati tutti i colori. È da notare che la stampa avviene solo su un lato del nastro: infatti la struttura a satelliti è specializzata per la stampa d'involucri in cui non viene richiesta, nella maggioranza dei casi, la stampa in bianca e volta.

Il numero di elementi stampanti può variare da quattro a sei: la disposizione dei cilindri rende la macchina particolarmente rigida e resistente alla flessione. Il tamburo centrale di pressione viene rifinito con particolare cura: nonostante le sue dimensioni, l'eccentricità viene contenuta a meno di 1/l0 di mm; la superficie viene cromata, sia per indurirla superficialmente, sia per renderla liscia.

Anche nelle macchine a satelliti, come in quelle ad elementi sovrapposti, è presente il tunnel d'essiccamento degli inchiostri, posto tra la struttura del gruppo stampante e quella di sostegno dei dispositivi di sbobinatura ed avvolgimento del nastro. Possono essere presenti anche lampade a raggi infrarossi o generatori d'energia termica tra i diversi elementi stampanti o sulla perferia del tamburo di pressione. La funzione di questi dispositivi è di limitare maculazioni d'inchiostro o controstampe.

È evidente, per la sua stessa struttura, che una macchina a satelliti provoca un allargamento dei grafismi più accentuato, poiché la stampa dell'inchiostro nei vari elementi avviene in una frazione di secondo dopo la stampa nell'elemento antecedente.

Nella stampa di fondini non sovrapposti, non si hanno effetti di maculature, mentre stampando in sovrapposizione si possono avere problemi di qualità che consigliano di montare dispositivi d'essiccazione supplementari tra due elementi successivì.

Al termine del tunnelì d'essiccamento il nastro stampato viene raffreddato e trainato da una calandra, prima d'essere riavvolto dal ribobinatore.

Anche nelle macchine flessografiche a satelliti il registro tra i colori può essere automatizzato mediante il controllo di tacche di registro rilevate da fotocellule (si veda Codice generale di composizione di base e passaggio carta nelle rotative rotocalcografiche).

Il formato dello stampato può essere agevolmente variato utilizzando cilindri portaforme di diametro diverso, entro limiti abbastanza elevati, passando ad esempio, da cilindri con sviluppo circonferenziale minimo di 30 cm fino ad un massimo di 80 cm, sul medesimo modello di macchina.

Lo svantaggio principale del cambio dei cilindri consiste nella necessità di rifornirsi di un numero di cilindri di diverso diametro, per tutti i colori di stampa, per poter stampare sviluppi circonferenziali diversi sulla bobina, con costi supplementari. Da notare, però, che tale metodo permette il montaggio delle forme fuori macchina, con possibilità di controllo del registro molto più accurata.

La struttura della macchina richiede l'utilizzo di un carro-ponte di una gru per il sollevamento dei cilindri portaforma da cambiare, ma anche per lo spostamento delle bobine nella o dalla macchina flessografica.

La registrazione del gruppo inchiostratore al variare del diametro dei cilindri portaforme è relativamente semplice e può essere ottenuta mediante motoriduttori pneumatici, con regolazioni micrometriche dell'avanzamento di tutto il gruppo stampante relativamente al cilindro di pressione (fig. 383).

Il tamburo centrale di pressione è soggetto a riscaldamento superficiale a causa della pressione esercitata dai cilindri portaforme e dell'emissione d'energia termica da parte dei gruppi d'essiccamento dell'inchiostro posti tra gli elementi stampanti; pertanto l'interno del cilindro di pressione può essere dotato di un sistema di refrigerazione.

Il movimento di tutto il gruppo stampante viene trasmesso, mediante ingranaggi a profilo elicoidale, dal tamburo centrale di pressione a tutti gli elementi di stampa ed ai relativi gruppi inchiostratori: la corona dentate del tamburo di pressione, ingranante con le corone dentato degli altri cilindri e rulli, garantisce la precisione e l'instantaneità del movimento.

3.5. Macchine flessografiche per quotidiani

L'elemento stampante flessografico per la stampa di quotidiani è molto simile, nella sua struttura, ad un analogo elemento tipografico (fig. 384). Esso è infatti costituito da due gruppi stampanti per la bianca e la volta, ognuno dei quali è composto da un cilindro di pressione, un portaforma ed un rullo anilox con rada come gruppo d'inchiostrazione. La dif ferenza significativa tra elemento fiessografico e tipografico sta nella diversa struttura del gruppo inchiostratore, qui essendo ridotto al solo rullo anilox o, al massimo a due rulli, mentre nell'elemento tipografico erano presenti diversi rulli distributori ed inchiostratori (fig. 385).

Poiché gli editori di giornali avvertono l'esigenza della stampa pluricolore, in particolare per le pagine pubblicitarie e per la prima, possono essere forniti anche elementi flessografici per la stampa di quattro colori in linea (fig. 386) sul medesimo lato del nastro.

Le macchine flessografiche da bobina per quotidiani risultano concorrenziali con le macchine offset per diversi fattori, i più significativi dei quali sono:

  • la struttura delle macchine flessografiche da bobina risulta meno pesante delle altre macchine, il che consente un risparmio di materiali e quindi un ridotto investimento, all'incirca la metà di quello necessario per una rotativa offset di pari formato. Tali macchine sono specificamente progettate per la stampa dei quotidiani e sfruttano le co noscenze degli ultimi anni per la soluzione dei problemi d'ingegneria meccanica ed elettronica;
  • gli inchiostri ad acqua, generalmente utilizzati nella stampa dei quotidiani. essiccano più rapidamente degli inchiostri a base oleosa tipografici od offset, consentono una maggiore pulizia dell'ambiente di lavoro, limitano i problemi di nebulizzazione (o, comunque, se esistono, le parti sottoposte a nebulizzazione sono ficilmente pulibili con solvente acquoso), non emettono odori una volta essiccati, non controstampano, non macchiano le mani dei lettori;
  • il controllo del trasporto dell'inchiostro è affidabile, essendo basato sulla tecnologia del rullo anilox. per cui risultano ridotti gli scarti all'avviamento della rotativa poiché il calamaio non necessita di viti di regolazione, ecc.
Secondo proiezioni di alcune case costruttrici di macchine da stampa. prima della fine di questo secolo circa la metà delle macchine da bobina per giornali saranno offsct o flessografiche.

Le macchine fiessografiche per quotidiani possono essere costituite da elementi per la stampa in bianca e volta oppure per la stampa pluricromica. Gli elementi per la stampa in bianca e volta possono essere dotati di portabobine inserito nell'elemento (fig. 387) oppure di portabobine posto al piano inferiore (fig. 388) o comunque non inserito nell'elemento stampante.

Le macchine flessografiche con portabobine inserito nell'elemento fanno palle d'impianti per bassa o media produzione, e raggiungono una velocità di 5 m/s con sviluppi dei cilindri non elevati. Gli elementi con portabobine non inserito nell'elemento possono invece disporre di cilindri ospitanti anche quattro lastre e permettono produttività più elevate, con velocità superiori a 1l m/s.

Per poter accedere ai gruppi stampanti, il passaggio del nastro è diverso nei due clementi, come è anche differenziata la disposizione dei cilindri porta lastra e di pressione: l'accessibilità ai diversi organi è comunque ottima, sia per montare le lastre sia perché non è necessario rompere il nastro per poter accedere ai cilindri portaforme.

L'elemento per la stampa quadricromica è costituito da quattro gruppi stampanti sovrapposti, senza alcun portabobine, poiché è dato per scontato che la stampa quadricromica avvenga solo su un lato del nastro e che la bobina debba prima essere stata impressa sull'altro lato mediante un elemento per la stampa in bianca e volta.

La struttura risultante sembrerebbe molto estesa in verticale, in realtà è contenuta; pur permettendo l'accessibilità ai cilindri portaforma ed al gruppo d'inchiostrazione, essa non supera infatti in altezza l'elemento stampante in bianca e volta (fig. 389).

Può essere previsto, in uscita dal gruppo stampante a quattro colon, un gruppo d'essiccamento dell'inchiostro. I formati stampati dipendono dal modello di macchina flessografica e variano da sviluppi circonferenziali di 56 cm per una larghezza dei cilindri portaforma e di pressione di 82 cm, fino a giungere a sviluppi circonferenziali di 115,6 cm con larghezza di 170 cm.

I portabobine a due bracci sono progettati per svolgere carta con grammatura compresa tra 40 e 65 g/m2. Il cambio automatico della bobina può avvenire comandando l'albero su cui è posizionata la nuova bobina mediante un motore in corrente continua, che ne controlla la velocità di rotazione per allinearla a quella del nastro in svolgimento.

Il trattamento del nastro in uscita è analogo a quello delle altre macchine per quotidiani, come già descritto nei capitoli relativi all'uscita delle macchine da bobina ed in particolare delle macchine offset da bobina; relativamente al modello di macchina ed alla larghezza del nastro, si possono ottenere, per ogni bobina, da 8 a 32 pagine in formato tabloid, oppure da 4 a 16 pagine in formato giornale, per mezzo di una piegatrice,

Gli schemi di macchine flessografiche per quotidiani (figg. 390-399), sono tratti dalla pubblicazione «Linea fiessografica per giornali», edito dalla ditta Cerutti di Casale Monferrato. Le figure 390-392 illustrano la possibilità d'inserire elementi flessografici in rotative già esistenti: gli elementi flessografici aggiunti sono rappresentati in grigio, quelli già esistenti in bianco.

La stampa quadricromica nei quotidiani viene prevista per la prima ed ultima pagina, pertanto, negli schemi seguenti, il nastro stampato in quadricromia perviene al gruppo del cono di piega sovrapposto agli altri quattro.

Le successive figure illustrano possibili disposizioni degli elementi per ottenere un quotidiano con cinque nastri sovrapposti: ogni rotativa si distingue dall'altra per la disposizione dei portabobine, della piegatrice e degli elementi, con il fine d'ottenere risultati analoghi ma con differenze d'impianto. Nelle figure il rullo anilox viene rappresentato da una circonferenza annerita, mentre i cilindri portaforme e di pressione sono rappresentati da una semplice circonferenza.

3.6. Macchine fiessografiche per la stampa da bobina stretta

Si tratta di macchine flessografiche adatte alla produzione di moduli, etichette adesive, piccole buste, ecc., in grado di stampare da bobine larghe da 10 a 45 cm circa, di compiere un certo numero di lavorazioni paragrafiche in linea (fustellatura, perforazione, incollatura, ecc.) o di riavvolgere la bobina stampata. Tali macchine sono analoghe ad attrezzature tipografiche simili, però in generale richiedono un investimento notevolmente inferiore.

Le unità di stampa delle macchine flessografiche da bobina stretta furono costruite per la prima volta agli inizi degli anni '50, per la stampa di etichette a uno o due colori e conseguente fustellatura. Attualmente tali macchine flessografiche sono composte da numerosi elementi in linea (fig. 400) ed equipaggiate da numerose attrezzature complementari, quali:

  • barre diagonali di rovesciamento del nastro per la stampa in bianca e volta;
  • sistemi d'essiccazione dell'inchiostro ad energia U.V., soprattutto per l'essiccazione della vernice stessa per protezione sul nastro già stampato;
  • stazione di laminatura a freddo per l'applicazione di film su un lato della bobina stampata;
  • gruppo di stampa rotocalco, per l'applicazione di fondini pieni, d'inchiostri magnetici, ecc.:
  • gruppo di stampa a caldo di nastro metallizzato;
  • unità per la numerazione o per la stampa di elementi tipografici o flessografici, sia trasversalmente, sia longitudinalmente all'avanzamento del nastro;
  • unità di fustellatura, mediante appositi utensili montati alla periferia di cilindri;
  • stazione di taglio trasversale ed impilamento, per l'uscita in fogli e raccolta degli stessi;
  • stazione di piegatura a zig-zag, impiegabile per tabulati o prodotti analoghi, di cui si è già trattato nelle macchine offset da bobina per moduli continui.
La progettazione e le esperienze derivate dalle macchine a banda larga sono servite anche per focalizzare determinate caratteristiche delle macchine flessografiche più piccole, tra cui:

  • la necessità d'equilibrare dinamicamente i cilindri ferma, di pressione, i rulli anilox ed i rulli di guida del nastro;
  • l'importanza di ottimi supporti ed alloggiamenti di tutti i perni dei cilindri e dei rulli;
  • la preferenza per movimenti orizzontali nel distacco della pressione del cilindro forma da quello di pressione o del cilindro ferma dal gruppo inchiostratore;
  • la necessità di automatizzare i movimenti d'avvicinamento o allontanamento del calamaio dal rullo anilox o dal rullo
  • calamaio.

Macchine da stampa serigrafiche

1.Generalità

Le macchine da stampa serigrafiche si sono diffuse solo nella seconda metà di questo secolo. Benché l'origine del processo serigrafico si richiami alle tecniche, usate intorno all'anno 1000 in Cina, basate su stampini (pochoir), solo nella seconda metà dell'800 i tessili francesi svilupparono la serigrafia. La nascita dello spremitore con lama di caucciù avviene intorno al 1920: in Italia il tipografo Frassinelli sviluppa il processo serigrafico negli anni `30.

Le macchine da stampa serigrafiche sono costituite da un supporto su cui viene appoggiato l'oggetto da stampare: quando si tratta di un foglio, esso è fisso (fig. 401). Un telaio, su cui è fissato un tessuto le cui maglie sono otturate nelle zone non stampanti, discende sul supporto nella fase di stampa: lo spremitore forza l'inchiostro posto all'interno del telaio attraverso le maglie del tessuto rimaste aperte. Poiché il tessuto utilizzato inizialmente era costituito da seta, il processo viene ancora detto «serigrafia», benché numerosi termini abbiano affiancato quello originario, come ad esempio «crivellografia».

Il movimento del telaio serigrafico relativamente ai piano di stampa può avvenire con rotazione dello stesso attorno ad un asse (fig. 402), detto anche con movimento «a libro», oppure mediante avvicinamento parallelo (fig. 403). Nei caso di stampa di oggetti cilindrici o di forma simile, è l'oggetto stesso a ruotare intorno al proprio asse, mentre il telaio si muove assialmente e lo spremitore rimane immobile.

Esistono anche macchine piano-cilindriche, in cui il foglio s'avvolge intorno ad un cilindro sottostante il telaio, tenuto da pinze e aspirato contro la periferia del cilindro, mentre il telaio compie un movimento di va e vieni analogo a quello delle macchine piano-cilindriche tipografiche.

Il movimento del telaio serigrafico può essere comandato da qispositivi meccanici, idraulici, o pneumatici.

È invaiso l'uso di distinguere le macchine scrigrafiche in manuali, semiautomatiche e automatiche, in relazione al tipo d'alimentazione dei fogli in macchina. Si tratta di una suddivisione grossolana per comparare la produttività delle macchine: manualmente, si possono alimentare le macchine a non più di 200-1000 copie/h; semiautomaticamente, la velocità di stampa s'aggira intorno a 1000/1200 copie/h: automaticamente, si possono raggiungere anche le 4000 copie/h.

Il movimento dello spremitore può essere manuale, meccanico, idraulico, pneumatico o misto.

Le macchine piano-cilindriche possono raggiungere le 5000 copie ora, però con formati di stampa limitati (35x50 cm). Le macchine serigrafiche da bobina possono raggiungere i 100 m/min, se completamente automatizzate.

Numerosi dispositivi possono completare le attrezzature di un reparto di serigrafia, tra cui i dispositivi d'essiccamento dell'inchiostro, i dispositivi d'alimentazione dei fogli e di controllo dei registro, ecc.

2. Macchine serigrafiche da foglio

2.1. Generalità

La stampa con il processo serigrafico è eseguita ancora oggi con mezzi prevalentemente manuali in numerose aziende artigianali. Essendo un prncedimento relativamente recente nell'uso industriale, ha conosciuto la meccanizzazione di alcune fasi di stampa solo da qualche decennio. I primi tentativi di meccanizzare alcune operazioni di stampa serigrafica, infatti, risalgono agli anni '30.

La macchina da stampa serigrafica da foglio, nella sua struttura più semplice, è costituita da:

  • un telaio serigrafico, da cui prende il nome di processo di stampa;
  • un dispositivo di spremitura dell'inchiostro, che io costringe ad attraversare le maglie aperte della ferma serigrafica;
  • un dispositivo di controllo dei supporto, generalmente costituito da un piano.
I principali movimenti per ogni ciclo di stampa di una macchina serigrafica da fogli sono:

  • puntatura del foglio a registro;
  • abbassamento dei telaio sui foglio;
  • traslazione dello spremitore ed azione di trasferimento dell'inchiostro sul foglio;
  • allontanamento del telaio dal foglio;
  • traslazione dello spremitore in senso contrario;
  • estrazione del foglio.
Possono esistere dispositivi per l'immissione e l'estrazione automatica dei fogli, per il controllo dei movimento del telaio e dello spremitore, per l'essiccamento dell'inchiostro e per la raccolta e l'impilamento dei fogli stampati.

La macchina da stampa serigrafica da foglio permette l'uso di diversi tipi d'inchiostro: a veicolo oleoso, per decalcomania, fluorescente, con conducibilità elettrica, lacca, ecc. Se è dotata di automatismi, la macchina da stampa serigrafica deve permettere di poter variare la velocità di produzione entro limiti relativamente ampi, a causa di fattori limitanti la produttività quali il formato di stampa, la natura dell'oggetto in fase di stampa, ecc. inoltre una macchina serigrafica da foglio deve permettere l'intercambiabilità dei telai, purché siano di dimensioni inferiori a quelle del formato massimo.

La distanza tra il quadro di stampa e il piano porta oggetti dev'essere registrabile, per permettere la stampa di fogli con spessori diversi. in molte macchine da stampa serigrafiche, il piano porta oggetti è spostabile micrometricamente lungo i due assi ortogonali, per consentire l'ottenimento del registro più rapidamente.

Lo spremitore, o racla, è costituito da una manopola, generalmente di legno, e da una lama elastica di gomma inserita e fissata nella manopola (fig. 404). L'azione dello spremitore consiste nello spingere l'inchiostro attraverso le maglie del tessuto serigrafico costituente la forma. La forza esercitata dai filo della lama in gomma sull'inchiostro e il movimento traslatorio dello spremitore all'interno del telaio, permettono all'inchiostro di trasferirsi su tratta la superficie del supporto sottostante.

La manopola dello spremitore dev'essere leggera per evitare affaticamenti eccessivi nell'operazione manuale di spremitura; deve inoltre presentare resistenza alla flessione. La manopola per la spremitura manuale offre superiormente una sagoma arrotondata, per favorire l'impugnatura dello strumento. In una scanaiatura posta all'altra estremità viene inserita la lama in gomma, fissata mediante viti o chiodi.

Le caratteristiche meccaniche della spatola in gomma devono essere curate, in quanto la sua azione avviene con flessione di un suo spigolo contro il tessuto del telaio serigrafico. La flessione della gomma sottoposta a sollecitazione è funzione delle caratteristiche della mescola usata, della distanza tra il suo spigolo inferiore e quello superiore, dello spessore della racla, ecc.

Le caratteristiche di resistenza richieste alla gomma sono numerose; si accenna, in particolare, alla resistenza all'umidità, all'abrasione, ai calore, ai solventi usati negli inchiostri; le sue caratteristiche meccaniche si devono conservare nel tempo, in particolare l'elasticità. Normalmente lo spigolo con cui la parte in gomma dello spremitore costringe l'inchiostro serigrafico entro le maglie, è «vivo» e bene affilato; per applicazioni particolari può però essere arrotondato.

Anche l'inclinazione con cui viene tenuto lo spremitore contro le maglie dei telaio è importante per il controllo del passaggio dell'inchiostro. Ai due limiti estremi esistono i seguenti casi;

  • lo spremitore è tenuto perpendicolarmente ai tessuto del telaio; la conseguenza è che l'inchiostro non viene pressato sufficientemente contro le maglie del telaio, il quadro risulta pulito dall'inchiostro per l'azione meccanica dello spremitore;
  • lo spremitore è azionato quasi perpendicolarmente alla superficie dei telaio; il risultato è ancora un'insufficiente passaggio dell'inchiostro tra le maglie, il quadro risulta con le maglie otturate dall'inchiostro, poiché la pressione della gomma dello spremitore è insufficiente ad agire su di esso. Controllando l'inclinazione dell'asse dello spremitore contro il tessuto del telaio e il filo del bordo di gomma, si può agire per ottenere un passaggio sufficiente dell'inchiostro tra le maglie aperte.
Il piano porta-supporto può presentarsi micro-forato, per trattenere il foglio aderente ad esso nella fase di stampa. Un compressore provvede ad esercitare un'adeguata depressione pneumatica per assicurare il registro dei supporto nei momento di spremitura dell'inchiostro, la cui adesività, potrebbe tendere a spostano, originando come conseguenza, uno stampato fuori registro, sbaveggiato.

La tendenza del foglio ad aderire all'inchiostro in fase di spremitura è tanto maggiore quanto diminuisce la grammatura o il suo spessore.

Il movimento di abbassamento e sollevamento del quadro di stampa è collegato ai dispositivo pneumatico per il trattenimento del foglio, pertanto l'azione pneumatica d'aspirazione avviene solo ad abbassamento del telaio iniziato e cessa con il rialzarsi di questo.

L'alimentazione dei supporto può essere manuale o automatica. Il registro, relativamente alle caratteristiche della macchina serigrafica, può essere ottenuto con mezzi automatici o manuali.

Esistono macchine che stampano alla prima passata dello spremitore, altre in cui la stampa avviene nella sua fase di ritorno e altre ancora in cui la stampa avviene ad ogni corsa dello spremitore. In quest'ultimo caso si possono ottenere spessori d'inchiostro consistenti per particolari supporti (feltro) e lavori (decalcomanie).

In alcune macchine il movimento di «va e vieni» è caratteristica dello spremitore, in altre questo è fisso ed avviene uno spostamento traslatorio dei telaio; quest'ultimo è il caso delle macchine per la stampa di superfici cilindriche o tronco coniche. Il movimento del telaio genera un certo attrito con la superficie circolare con cui è in contatto, provocandone la rotazione. Il trasferimento dell'inchiostro avviene sulla linea di contatto tra il telaio, in movimento trasiatorio, e il supporto cilindrico, in movimento rotatorio, mentre lo spremitore è posto superiormente a tale linea.

Gli inchiostri serigrafici possono essiccare secondo tre principi fondamentali;

  • essiccazione per ossido-poiimerizzazione
  • essiccazione per polimerizzazione ad alte energie (U.V.),
  • essiccazione per evaporazione dei solvente.
L'attrezzatura utilizzata per l'essiccazione dell'inchiostro serigrafico è rapportabile alla natura dell'inchiostro utilizzato e a quella del supporto su cui avviene la stampa.

L'essiccazione per ossido-polimerizzazione è favorita dall'aumento della temperatura, del ricambio dell'aria satura di solvente.

Un essiccatoio molto semplice è costituita da una struttura metallica, su cui ospitare i fogli stampati, costituita da ripiani in rete di filo di ferro a maglie molto larghe. Opportuni distanziatori permettono ai ripiani di non danneggiare l'inchiostro umido, quando questi sono abbassati l'uno sull'altro. Ogni ripiano è dotato di molle di richiamo ed è incernierato a piantoni posteriori, in modo tale di poter ruotare i ripiani intorno ai loro lato posteriore per disporio orizzontalmente, oppure inclinato (fig. 405).

Si ha stampa fuori contatto quando la forma flessibile del telaio viene in contatto solo momentaneamente e localmente con la superficie dell'oggetto da stampare, In tal caso, la superficie elastica della ferma, in posizione di riposo, è distanziata di alcuni millimetri dalla superficie di stampa: il contatto instantaneo è ottenuto per effetto della pressione esercitata dallo spremitore sulla superficie elastica dei telaio e questa, una volta cessata la sollecitazione, si allontana dalla superficie da stampare. La distanza fra la superficie elastica dei telaio scrigrafico e il piano porta supporto varia da 3 a 10 mm circa, in rapporto alle dimensioni della forma e alla tensione cui è sottoposta lateralmente.

La stampa fuori contatto è necessaria utilizzando supporti non assorbenti (vetro, metallo, materie plastiche, ecc.), poiché i bordi dei grafismi risultano più nitidi. Quasi sempre si utilizza la stampa «fuori contatto» nelle lavorazioni grafiche.

Si possono stampare in «contatto permanente» grandi superfici di fondo, oppure quando è necessario passare io spremitore più di una volta. Poiché nella stampa «a contatto permanente» l'inchiostro esce dalle maglie solo nel momento in cui viene rialzato il telaio, è opportuno scegliere un inchiostro con adeguata viscosità.

L'essiccamento degli inchiostri serigrafici riveste un'importanza ancora maggiore che negli altri procedimenti di stampa, perché lo spessore dello strato d'inchiostro può raggiungere qualche decina di micrometri, con film anche 50 volte maggiori di quelli degli altri processi di stampa. L'inchiostro serigrafico non deve essiccare troppo rapidamente, per evitare di occludere le maglie della forma stampante.

Utilizzando macchine serigrafiche manuali, l'attrezzatura adatta per favorire l'essiccamento dell'inchiostro può essere costituita da stenditoi, forrnati da telai metallici orizzontali su cui vengono deposti i fogli appena stampati, per un tempo sufficiente alla stabilizzazione dell'inchiostro, di cui si e già detto.

Le macchine serigrafiche semiautomatiche o automatiche debbono disporre di forni d'essiccamento dell'inchiostro; questi possono occupare estensioni orizzontali anche notevoli. I telai ospitanti i fogli stampati si dispongono in camere in cui l'aria riscaldata asporta i vapori del solvente dell'inchiostro. La temperatura massima all'interno dei forni può raggiungere i 120-150_C, la velocità del sistema di trasporto può essere regolata entro un'ampia gamma di valori, in funzione del tipo d'inchiostro e delle caratteristiche del supporto.

Allo scopo di ridurre l'ingombro orizzontale dei forni e per permettere l'essiccamento su supporti sottili, che si piegherebbero se ospitati su telai verticali, sono stati costruiti forni a sviluppo verticale (fig. 406). Questi occupano uno spazio in pianta circa tre volte inferiore a quello degli altri forni e sono costituiti da due camere, la prima delle quali ad aria calda per favorire l'evaporazione delle componenti volatili dell'inchiostro, la seconda ad aria fredda, per stabilizzare il supporto prima dell'uscita dal forno.

Possono essere utilizzati anche forni a radiazioni ultraviolette (U.V.), estremamente piu contenuti in estensione degli altri. L'uso di gruppi d'essiccamento a energia U.V., permette anche di disporre più gruppi stampanti in linea, per la stampa pluricromica in un solo passaggio in macchina.

Al termine del forno d'essiccamento può essere disposto un impilatore automatico dei fogli (stacker), per la loro raccolta in pila rismata e pareggiata.

Nella produzione dei circuiti stampati possono essere presenti attrezzature complementari, quali deviatori per trasferire ad altre linee i circuiti non stampati, oppure ribaltatori a 1800 per permettere la stampa su entrambe le facce del circuito, automaticamente in un solo passaggio in macchina.

Il registro del circuito stampato può essere ottenuto mediante una tecnica manuale, ovvero per mezzo di spinotti introdotti in appositi fori posti sul circuito e sul piano di stampa, oppure mediante un sistema automatico, costituito da sensori ottici che rilevano apposite tacche di riferimento sul circuito da stampare. Eventuali fuori registro tra il circuito e il telaio, rilevate dai sensori, sono corrette, entro tolleranze inferiori a + 30 m, mediante microspostamenti automatici lungo i due assi del telaio.

2.2. Esempi di macchine serigrafiche da foglio

Le macchine serigrafiche manuali sono costituite da un sistema a leva, in cui morsetti trattengono il telaio serigrafico ad un estremo, mentre all'altro le leve sono collegate ad un albero ruotante attorno al suo asse (fig. 407). Il peso del telaio viene bilanciato da un contropeso posto all'altro lato dell'asse di rotazione della forma serigrafica. Il meccanismo può già essere fornito con un piano di lavoro, oppure può essere fissato ad appositi tavoli.

Sul piano di lavoro sono fissati i dispositivi di registrazione del foglio, costituiti da fermi, funzionanti allo stesso modo della squadra laterale e dei registri frontali delle altre macchine a foglio. Nelle attrezzature di questo tipo le operazioni d'immissioni del foglio, della sua estrazione, d'abbassamento del telaio, di movimento dello spremitore, ecc. sono completamente manuali, pertanto non possono essere raggiunte alte velocità.

Le macchine semiautomatiche risultano automatizzate, rispetto a quelle manuali, relativamente al movimento del telaio e dello spremitore. L'operatore introduce ed estrae il foglio ancora manualmente dal piano di lavoro, però un dispositivo pneumatico permette il trattenimento del foglio aderente al piano di lavoro: mediante un comando generalmente a pedale l'operatore può avviare la discesa del telaio allorché abbia posto a registro il foglio sul piano di puntatura.

Esistono ancora macchine semiautomatiche (dette 3/4, automatiche) in cui la puntatura del foglio avviene su un apposita tavola fuori del piano di lavoro (fig. 408), azionando il comando di stampa, il foglio viene trasportato automaticamente sul piano di lavoro, quindi avviene la stampa e l'uscita del foglio stesso, per mezzo di nastri, sollevando l'operatore dalle operazioni di controllo del foglio in uscita.

Le macchine automatiche sono dotate di dispositivi per l'immissione e l'estrazione del foglio completamente automatizzati. Si tratta di dispositivi analoghi a quelli presenti nelle macchine da foglio già descritte: un gruppo pneumatico per l'aspirazione dei fogli, la tavola di trasporto, ecc. Poiché la produttività di tali macchine è alta, l'attrezzatura è collegata in linea ad un forno per l'essiccamento dell'inchiostro, proporzionato alle caratteristiche dell'inchiostro stesso ed a quelle del supporto stampato.

3. Macchine serigrafiche per la stampa su oggetti

Essendo la stampa serigrafica adatta alla stampa di oggetti aventi forma geometrica anche irregolare, si portano alcuni esempi d'attrezzature utilizzanti come forma un telaio sengrafico,comunque concepite per oggetti o supporti «specializzati».

Le macchine serigrafiche per la stampa su oggetti cilindrici o tronco-conici sono caratterizzate da (fig. 412):

  • - movimento rotatorio dell'oggetto da stampare intorno al proprio asse;
  • - posizionamento fisso della racla, parallelamente all'asse del corpo da stampare:
  • - movimento di va e vieni del telaio serigrafico, posto superiormente all'oggetto.
Il corpo cilindrico o tronco-conico è ospitato su un mandrino, di dimensione opportuna in proporzione all'oggetto da stampare, che ne permette la rotazione intorno al proprio asse. Le macchine serigrafiche in grado di stampare oggetti a forma di parallelepipedo, o comunque di notevole spessore, abbisognano di distanziatori dal piano di lavoro, registrabili.

La stampa di oggetti aventi forma geometrica irregolare necessitano di dispositivi di fermo sul piano di stampa, simili a quelli utilizzati nelle macchine da stampa tampografiche.

Le macchine serigrafiche per la stampa su tessuti sono costituite da un piano sagomato opportunamente per ospitare il prodotto da stampare; su di esso di dispone manualmente, per esempio, una maglietta. Poiché può essere necessario stampare più colori, esistono macchine dotate di più stazioni stampanti (4-6) per eseguire una sola immissione ed estrazione della maglia. Il gruppo portatelai è indipendente, nella rotazione, dal gruppo dei piani portamaglia: ruotando il dispositivo si possono ottenere stampe pluricromiche sulle magliette.

4. Macchine serigrafiche da bobina

Si tratta di macchine utilizzate principalmente nella produzione di tessuti stampati, carta da parati, etichette autoadesive. La tipologia delle macchine serigrafiche per la stampa da bobina risulta molto diversificata: possono essere montati telai lateralmente a tavoli più o meno lunghi, si possono utilizzare macchine rotative simili a quelle rotocalcografiche e flessografiche.

Le macchine serigrafiche costituite da piani di lavoro su cui sono svolte le bobine, ospitano il telaio lateralmente al piano. Qualora il piano sia sufficientemente lungo, può non essere necessario un gruppo d'essiccamento dell'inchiostro, altrimenti esso diviene indispensabile (fig. 419). L'avanzamento automatico del nastro è controllato da dispositivi di srotolamento sincronizzati con il modulo dei grafismi stampati. La stampa di diversi colori richiede lo srotolamento del nastro e il passaggio in macchina di tante volte quanti sono i colori di stampa.

La stampa da bobina di etichette autoadesive mediante il processo serigrafico, può avvenire per mezzo di macchine capaci di stampare più colori in un solo passaggio in macchina (fig. 420). Tra gli elementi stampanti sono disposti gruppi per l'essiccamento dell'inchiostro, generalmente funzionanti a raggi U.V. oppure I.R.. mentre prima del riavvolgitore viene posta una stazione di fustellatura.

Da alcuni anni sono apparse sul mercato rotative serigrafiche di struttura simile a quella di analoghe macchine rotocalcografiche o flessografiche da bobina, in grado, però, d'imprimere da forme serigrafiche cilindriche (figg. 421-423).

Il gruppo stampante è costituito da un cilindro cavo, sulla cui superficie sono disposte o la trama di un tessuto serigrafico, oppure sottili lamierini in nichel (spessi circa 80-100 m). portanti incisioni in corrispondenza dei grafismi.

L'inchiostro proviene dall'albero interno al cilindro serigrafico per mezzo di un dispositivo a pressione, sulla superficie interna del cilindro, lungo la linea di contatto di questo con il supporto. La quantità l'inchiostro depositata sulla bobina può essere regolata variando la pressione e l'angolo d'inclinazione della racla, la viscosità dell'inchiostro o la dimensione delle maglie del tessuto. Lo spremitore può essere costituito da una racla in acciaio, oppure da un piccolo rullo, ruotante all'interno del cilindro serigrafico, posta tangenzialmente alla linea di contatto tra la superficie interna della forma serigrafica e il nastro.

Poiché la velocità delle macchine da bobina serigrafiche può arrivare a circa 2 m/s, esse non sono concorrenziali con la altre rotative da bobina. Considerando però che il peso di un cilindro serigrafico è bassissimo e che quindi è notevolmente più maneggevole di un corrispondente cilindro rotocalcografico e che il costo per il suo ottenimento è circa un settimo dell'altro, si notano alcuni campi d'applicazione di tale rotativa serigrafica.

Nella medesima rotativa da bobina possono essere presenti elementi rotocalcografici e serigrafici, per ottenere, ad esempio, depositi di vernice lavabile su carta da parati consistenti, oppure speciali effetti di goffratura superficiale (fig. 424).

La stampa su rotativa serigrafica può anche essere utilizzata con inchiostri transfer, per la produzione di nastri prestampati, il cui inchiostro viene trasferito su tessuti per mezzo di pressione e calore, come nella stampa rotocalcografica da bobina.

Per un ampliamento della trattazione sulle macchine da stampa serigrafiche, si rimanda a Graflca 2, sezione 8: Stampa, parte: Permeogrqfla, capitolo 12: Macchine e attrezzature per la stampa serìgrafìca. pagg. 1274-1294.

Stampanti per la elaborazione dei dati

1. Generalità

Con il termine «stampante» s'intendono una serie di strumenti reprografici che consentono l'impressione delle informazioni contenute negli elaboratori elettronici su un supporto stabile, generalmente carta.

Benché gran parte delle stampanti siano mezzi reprografici, alcune stampanti hanno raggiunto livelli qualitativi ottimi, sia per quanto riguarda la risoluzione dei grafismi (stampanti xerograliche laser), sia per la velocità di riproduzione.

Il campo delle stampanti sta già affiancando il campo della stampa classico, nell'ambito della multimedialità di mezzi produttivi in funzione delle esigenze dello stampato, dell'economicità della scelta del mezzo stampante, del mezzo utilizzato per la gestione del testo, delle possibilità tipologiche ed editoriali. ecc.

Nella stampante sono conglobate varie operazioni: ideazione, composizione e impaginazione, formatura e stampa.

L'uso delle stampanti, in particolare di quelle aventi trasferimento dell'inchiostro sulla carta senza pressione o impatto, con carattere di qualità, permettono tirature economìcamente interessanti se inferiori a 1.000 copie per i prodotti editoriali, mentre per tirature di prodotti extraeditoriali può essere conveniente utilizzare stampanti se la produzione è inferiore a 2-3.000 copie. Per tirature superiori è economicamente conveniente utilizzare mezzi di stampa tradizionali.

Gli elementi in grado di generare i grafismi sulla carta, possono essere raggruppati in cinque grandi classi, relativamente alla tecnologia del mezzo di scrittura utilizzata, esse sono:

  • - meccanica (ad ago, con lamina a punta, con carattere coniato su materiale in acciaio o plastico);
  • - elettromeccanica (ugello a comando piezoelettrico);
  • - elettrica (elettrodo, resistore);
  • - magnetica (testina magnetica);
  • - ottica (laser, LED, LCD, LISA).
In due casi non vengono utilizzati inchiostri, ma si sfruttano caratteristiche proprie dei supporti riceventi, precisamente con le stampanti termiche dirette e con quelle a scarica elettrica o ad elettroerosione.

La carta usata nelle stampanti può presentarsi sia in forma di foglio, sia di nastro continuo, in quest'ultimo caso ripiegato su sé stesso a fisarmonica, mediante perforazioni generalmente ottenute per mezzo di macchine offset per moduli continui (nastri per tabulati).

I movimenti della carta nella stampante avvengono generalmente in verticale, ovvero in senso perpendicolare a quello di formazione della linea di caratten, per mezzo di meccanismi quali rulli a frizione, oppure motori passo-passo, ecc.

In molte stampanti sono presenti fori ai bordi della carta, per sincronizzare l'avanzamento verticale mediante pioli e produrre linee di carattere interlineate correttamente.

1.1. Tipologia delle stampanti

Le stampanti possono essere classificate, relativamente al tipo di contatto tra elemento stampante e supporto, in «stampanti a pressione» o a impatto (lmpact Print), e in «stampanti senza pressione» (Non lmpact Print).

Le stampanti a pressione (fig. 425) realizzano il trasferimento dei grafismi dalla forma al supporto mediante di spositivi meccanici, che vanno a contatto della carta trasferendo su di essa l'inchiostro. Si tratta di una tecnologia che permette di ottenere fino a sei copie contemporaneamente, mediante fogli di carta carbone o prodotti simili interposti tra i fogli di carta pressati. L'esempio più diffuso di stampante a pressione è rappresentato dalla macchina da scrivere tradizionale, in cui i caratteri, portati da leve o martelli, urtano il nastro inchiostrato, trasferendo sulla carta che poggia su apposito rullo di contropressione, particelle dell'elemento di contrasto.

La stampa ad impatto può anche essere generata «al volo», quando i caratteri sono in movimento continuo, ad esempio montati su un nastro posto in rotazione, con formazìone di velocità relative tra i caratteri stessi e la carta, immobile. La qualità di stampa in queste ultime macchine è infenore, relativamente a quella delle stampanti in cui il trasferimento dell'inchiostro avviene con mezzi di scrittura e supporto fermi.

Le stampanpanti senza pressione, invece, utilizzano principi tecnologici molto diversi, ad esempio impulsi elettrici, magnetici oppure ottici. Le parti in movimento sono, in generale, ridotte al minimo e la velocità di stampa può essere sensibilmente più alta che nelle stampanti con pressione. Un secondo vantaggio delle stampanti senza pressione, relativamente alle altre, è la quasi totale assenza di rumorosità durante la stampa, mentre in alcune stampanti con pressione si devono inserire pareti fonoassorbenti, per attutire il caratteristico rumore della «battuta» durante la stampa.

Il contatto tra l'elemento di scrittura, inteso come forma di stampa tradizionale, e il supporto, può essere diretto oppure indiretto, ovvero avvenire per mezzo di un elemento di trasferimento intermedio, analogamente a quanto avviene nelle macchine da stampa. Può anche esistere il trasferimento diretto sulla carta come immagine latente, con visibilità dei grafismi differita. La differenza principale tra la stampa diretta e indiretta consiste nel fatto che la generazione dei caratteri avviene da sinistra a destra nel caso di stampa indiretta, mentre la composizione risulta rovesciata nel caso di stampa diretta.

1.2. Tipologia dei caratteri per stampanti e loro generazione sul supporto

I caratteri usati nelle stampanti possono presentarsi in due tipi fondamentali (fig. 426):

  • a immagine intera o «pieni» (solid font), ovvero il carattere sul supporto stampato si presenta con il bordo continuo, con annerimento sostanzialmente costante al suo interno, come nelle macchine da scrivere tradizionali;
  • a matrice di punti (dot matrix), ovvero i caratteri sono formati da una serie di punti posti all'interno di una griglia rettangolare avente dimensioni verticali e orizzontali definite dalla risoluzione di scrittura, con punti ravvicinati o parzialmente sovrapposti, fino ad ottenere la percezione del segno alfanumerico, se si osserva ad una certa distanza.
Possono esistere anche stampanti in grado di generare i caratteri per segmenti, come ad esempio le macchine tabulatrici per schede perforate IBM, assimilabili più a stampanti fustellatrici

La scrittura delle informazioni sulla carta può avvenire sfruttando tre modalità diverse, che differenziano le stampanti soprattutto nella loro velocità di scrittura:

  • seriale (serial), cioè viene stampato un carattere alla volta sino al completamento della linea orizzontale, come nella macchina da scrivere tradizionale. È il caso di stampanti in cui il mezzo scrivente si muove orizzontalmente per stampare la linea, montato su un carrellino mobile. La velocità di stampa viene misurata in caratteri al secondo (c/s) ed al massimo raggiunge i 500 c/s;
  • parallela/lineare (line), con la generazione dei caratteri di una linea in un'unica operazione, grazie a mezzi di scrittura posti parallelamente alla linea dei caratteri ed a microavanzamenti verticali della carta. La velocità di stampa viene misurata in linee al minuto (1/min) e il numero dei caratteri contenuti in una linea (detti colonne di stampa) può corrispondere a quello della scrittura seriale; la velocità di stampa può raggiungere le 18.000 1/min;
  • paginale (page), ovvero la scrittura avviene su un'intera pagina, generalmente corrispondente al formato Uni A4, ad altissima velocità, misurata in pagine al minuto (anche 10-12 pag/min).
Lo svantaggio di una stampante a pagine intere consiste nei non poter verificare lo stampato fino a quando esso non èuscito dalla macchina. La visibilità dello stampato è quindi differita in generale perché esiste un'immagine latente da sviluppare, mentre nelle stampanti seriali o parallele/seriali la vìsibiiità dei caratteri è di solito immediata.

I caratteri a immagine piena sono coniati su rapporti in materiale plastico o in acciaio. I supporti ospitanti i caratteri possono contenere tutti i segni alfanumerici, i segni d'interpunzione, eventuali segni speciali, fino a 128 segni diversì. Tali supporti possono presentarsi in diverse forme, caratteristiche della stampante stessa: a nastro, a catena, a tamburo, a slera, a cesteilo, a cilindro, a margherita.

È caratteristica delle stampanti a sfera, a cilindro e a margherita un'ottima riproduzione del carattere, simile a quella grafica. Le stampanti che forniscono un'ottima qualità grafica sono però del tipo seriale ed hanno velocità nettamente inferiori a quelle aventi scrittura parallelo/lineare, come le stampanti a nastro o a catena; per contro, la qualità fornita da queste ultime stampanti, permette soltanto la leggibilità delle informazìoni.

Cambiare la serie o lo stile del carattere nelle stampanti a immagine intera rallenta la velocità, poiché si deve sostituire fisicamente il mezzo di scrittura con un altro. i caratteri a matrice di punti permettono invece, una rapida sostituzione della famiglia e del corpo mediante opportuni comandi al sistema di pilotaggio del generatore di caratteri. Fanno parte delle stampanti a matrice quelle ad aghi, a pettine (per quanto riguarda le stampanti con pressione), le termiche, le xerografiche, le elettrostatiche, le lonografiche o quelle a scarica elettrica (per quanto riguarda le stampanti senza pressione).

Per misurare la risoluzione dei grafismi stampati con matrice di punti, si utilizza un numero che esprime quanti elementi sono contenuti nell'unità di misura lineare, generalmente punti o linee al cm (l/cm), oppure per pollice (DPI = Dot Per lnch), ed un secondo numero, che esprime la risoiuztone anche verticale del carattere, ad esempio il numero di aghi in verticale dei carattere.

Benché le caratteristiche qualitative dei caratteri prodotti a matrice di punti siano nettamente inferiori a quelle dei caratteri pieni, quando i punti sono sovrapposti tra loro e la risoluzione è sufficientemente elevata, la qualità grafica dei grafismi tende a migliorare nettamente (fig. 427).

In alcune stampanti a matrice di punti, si possono ottenere risoluzioni dii 8 x 18 punti, o più dettagliate ancora, attraverso combinazioni di punti sovrapposti o con doppi o quadrupli passaggi: comunque la velocità della stampante diminuisce all'aumentare del dettaglio della matrice,

Utilizzando una scrittura con carattere pieno, la velocità non è legata alla qualità di stampa, ma alla tecnologia della stampante. Il tempo di stampa è indipendente dallo stile del carattere e, in certa misura, dal corpo usato.

Il numero dei caratteri presente in ogni polizza (set) è unificato dall'Iso (internationai Organization for Standardization) in sei gruppi, rispettivamente di 16, 32, 48, 64, 96, 128 caratteri diversi per ogni supporto stampante. Una polizza di 128 caratteri conterrà tutti i segni alfanumerici, sia maiuscoli sia minuscoli, mentre una polizza di soli 32 caratteri conterrà solo l'alfabeto maiuscolo e i numeri, oppure dei segni speciali.

Le famiglie di caratteri utilizzabili nelle stampanti sono poco numerose e derivano dalla tecnologia delle macchine da scrivere, piuttosto dalla stampa. Esistono però eccezioni nelle stampanti di tecnologia più recente, ad esempio in quelle con laser, in cui il disegno del carattere è più curato, gli avvicinamenti interlettera o interparola s'avvicinano a quelli grafici tradizionali, ecc.

Le possibilità grafiche delle stampanti permettono, in generale, di miscelare caratteri di diverso corpo, stretti o larghi, tondi o corsivi, chiari o neretti (normalmente mediante più passaggi del mezzo scrivente sulla carta), sottolineati, con spaziatura proporzionale, ecc.: di costruire istogrammi, diagrammi, grafici, oppure di utilizzare caratteri speciali (OCR, codici a barre, ecc,),

Il numero di caratteri per pollice può variare da un mìnimo di 4 a un massimo di 20 (fig. 428) anche in relazione al corpo da stampare.

I risultati che avvicinano maggiormente le stampanti alle macchine compositrici sono ottenuti mediante la spaziatura proporzionale (PS), poiché nella stampa si tiene conto del, diverso ingombro fisico orizzontale delle diverse lettere (fig. 429).

1.3. Inchiostri per stampanti

Ad eccezione delle stampanti termiche e di quelle ad elettroerosione che non depongono inchiostro sulla carta, gli inchiostri per stampanti possono essere raggruppati in quattro tipi principali, relativamente alla loro funzione:

  • - per scrittura a impatto;
  • - per scrittura a getto d'inchiostro:
  • - per scrittura termica a trasferimento d'inchiostro;
  • - per scrittura xerografica, elettrostatica, magnetografica e iconografica.
Gli inchiostri del primo tipo, per stampanti con pressione, sono ospitati su un nastro, composto da un tessuto di spessore intorno a 100 pm; fatte le debite proporzioni, l'inchiostro depositato sul nastro è simile, nella sua composizione, a quelli per la stampa tradizionale. Il nastro inchiostrato è fornito in bobina, a volte contenuta in particolari cartucce (cartridge), per facilitarne la sostituzione; i colori possono essere disposti parallelamente al senso di avanzamento del nastro, in strisce e condotti sotto la testa scrivente da opportuni mezzi. Possono essere usati anche nastri su cui viene depositato un solo strato d'inchiostro, rivolto verso la carta: all'azione meccanica di un carattere a pressione, l'inchiostro si stacca completamente dal nastro, depositandosi sulla carta; si tratta di nastri monouso per stampanti di qualità. Altri nastri possono essere riutilizzati diverse volte, fino a 6-8 passaggi sotto il mezzo di scrittura, con risultati di deposito d'inchiostro via via decrescenti.

Il secondo gruppo d'inchiostri, per stampanti a getto, si presenta con una notevole fluidità; la bassa viscosità è importantissima per facilitare lo scorrimento del fluido nei condotti e nella testa di scrittura; l'essiccazione dell'inchiostro sulla carta deve però avvenire in un tempo ragionevolmente limitato. Possono essere usati, nella stampa a getto, anche inchiostri solidi, costituiti da microparticelle inviate sulla carta.

Gli inchiostri per scrittura termica con trasferimento d'inchiostro sono depositati su un nastro, per uno spessore di pochi micrometri; si tratta di nastri monouso, già descritti. Il sottile strato d'inchiostro, se riscaldato dai caratteri, fonde, trasferendosi parzialmente sulla carta. Con questa tecnologia è possibile stampare tricromie, utilizzando nastri colorati in cìano, magenta e giallo.

Gli inchiostri del quarto gruppo si differenziano dagli altri poiché le microparticelle di cui sono costituiti devono essere in grado di accettare una carica eletrostatica; l'inchiostro, detto «toner», può presentarsi secco monocomposto, oppure bicomposto, secco e liquido, a seconda del tipo di stampante usata.

Il toner ad un solo componente è costituito da granuli di pigmento magnetizzabile, di pochi micron di diametro, i quali vengono caricati elettrostaticamente con segno appropriato, in modo che siano attratti dall'immagine latente su un materiale intermedio. Il fissaggio del toner sulla carta avviene generalmente con pressione.

Il toner a due componenti è formato da microparticelle di pigmento e da granuli di materiale plastico o resinoso (carrier) trasportanti sulla loro superficie i pigmenti stessi. Le particelle in plastica o resina sono caricate elettrostaticamente in modo da trasportare i pigmenti sul mezzo di scrittura; la parte liquida del toner è realizzata con pigmenti miscelati ad un liquido dielettrico che funge da legante. Il fissaggio sulla carta degli inchiostri a due componenti è del tipo a pressione e calore.

La stampa pluricromica può essere realizzata in alcune stampanti per mezzo di pigmenti colorati, come quelli degli inchiostri per selezione usati in altri processi di stampa. Nelle stampanti ad energia luminosa, ad esempio, filtrando opportunamente la luce bianca ed utilizzando pigmenti tricromici, si possono ottenere stampati di sufficiente qualità.

Le stampanti a getto, a causa delle microgocce d'inchiostro inviate sulla carta, formanti uno spessore d'inchiostro ancora non in grado di mascherare sufficientemente le radiazioni luminose riflesse, forniscono risultati ancora spenmentali, comunque interessanti per applicazioni pluricromiche.

1.4. Carte per stampanti

La carta utilizzata dalle stampanti può essere comune oppure trattata superficialmente.

La carta comune è più economica e reperibile; essa viene usata nelle stampanti con pressione, in quelle a getto d'inchiostro, nelle termiche a traslerimento, nelle magnetiche. ionografiche e xerografiche. È possibile, nelle stampanti a impatto, riprodurre più copie contemporaneamente mediante tre modi: carta carbone interposta tra i fogli di carta, carta carbonata sul retro, carta chimica contenente microcapsule che, rotte dalla pressione, reagiscono con altri componenti e generano dei coloranti in loco, «autocopiando» i grafismi sui fogli sottostanti,

Le carte trattate o speciali sono costruite deponendo superficialmente uno strato di sostanza richiesta dalla tecnologia della stampante. Le carte più diffuse sono caratterizzate dai seguenti strati superficiali:

  • - isolante, per stampanti elettrostatiche;
  • - termosensibile, per stampanti termiche dirette;
  • - conduttore, per stampanti ad elettroerosione (con uno strato più interno di colore nero).
Generalmente le carte trattate devono essere maneggiate con cura e presentano lo svantaggio che l'annerimento dei grafismi tende ad attenuarsi nel tempo.

Le stampanti a scrittura seriale sono più flessibili delle altre per quanto riguarda l'impiego di carta in foglio o in bobina. Infatti possono stampare sia su fogli singoli (fig. 430) sìa su nastri continui, In particolare possono essere usate per la stampa di libretti bancari, schede contabili, moduli continui (fig. 431), bobine, ecc.

Le stampanti a scrittura parallelo/lineare utilizzano quasi sempre carta in moduli continui, mentre le stampanti a scrittura su pagina, utilizzano generalmente fogli singoli in formato Uni A4 o multiplo.

Il moto della carta nella stampante avviene, nella quasi generalità dei casi, ortogonalmente al senso di formazione delle linee, determinando lo spazio dell'interlinea mediante opportuni meccanismi di avanzamento della carta. La velocità del moto della carta, in senso verticale a quello di formazione della pagina, può essere espresso in cm/s, oppure in pollici al secondo (IPS), oppure in linee scritte al secondo. in alcune stampanti particolarmente veloci, ad esempio xerografiche a scrittura laser, la velocità della carta raggiunge anche un m/s (circa 40 IPS).

L'avanzamento automatico della carta nella stampante può avvenire mediante alcuni dispositivi, schematizzabili in:

  • - trattori (fig. 432, 433);
  • - frizione (fig. 434);
  • - pioli fissi (fig. 435);
  • - rullini mobili (fig. 436);
  • - alimentatore automatico dei fogli (fig. 437).
La massima velocità di trascinamento della carta è ottenibile per mezzo di trattori, utilizzando supporti in bobina o moduli continui forati ai bordi. Il movimento di rotazione dei trattori è comandato da un motore passo-passo, collegato a un albero solidale ai dispositivi di trascinamento della carta.

Per i fogli, l'alimentatore automatico permette il raggiungirnento di velocità cospicue grazie al prelevamento di ogni foglio da appositi cassetti posti in linea con la macchina, il meccanismo di prelevamento dei fogli è generalmente costituito da metti fogli a frizione, che esercitano attrito sul primo foglio della pila e, mediante un movimento rotatorio o alternativo dell'organo di presa, inseriscono il foglio in macchina. Tale meccanismo è analogo a quello usato nelle macchine reprografiche e presenta i limiti di non garantire un registro preciso e di non permettere il prelevamento di fogli aventi superficie molto liscia.

In ogni stampante sono sempre disposti dispositivi di controllo della carta durante il suo passaggio in macchina (fig. 438); sono sensori più o meno sofisticati, in grado di avvertire l'operatore dell'inizio-linea, della fine della carta, di eventuali rotture della carta in nastro, ecc. Il funzionamento dei sensori può avvenire per mezzo di dispositivi elettromeccanici (microinterruttori), oppure fotoottici (cellule fotoelettriche).

2. Tecnologie delle stampanti

2.1. Generalità

La velocità delle stampanti, variabile che più le caratterizza, può oscillare entro vasti limiti: da l0 a l05 caratteri al secondo.

Il metodo di generazione del carattere, pieno o a punti, è un primo fattore discriminante circa la velocità della macchina, poiché è diverso ottenere il carattere in un «unico colpo», oppure con file di punti sequenziali (fig. 439»).

La tecnologia usata per la stampa, è un secondo fattore discriminante circa la sua velocità di produzione: è diverso utilizzare tecnologie di trasferimento dei grafismi meccanìche, elettromeccaniche, xerografiche.

Le stampanti possono generare i caratteri, relativamente al contatto tra mezzo di scrittura e carta, in due modi diversi: per contatto diretto oppure indirettamente, cioè mediante un mezzo interposto.

Altro fattore interessante consiste nella possibilità di vedere immediatamente il carattere durante la sua formazione, oppure dopo un tempo più o meno lungo.

Il carattere a immagine piena, con stampa diretta e visibilità immediata del grafismo, è caratteristica delle stampanti a margherita, a cestello, a cilindro, a sfera, a nastro, a catena e a tamburo; si tratta di stampanti ad impatto, con inchiostrazìone a nastro.

Il carattere ottenuto con matrice di punti può essere stampato per contatto diretto oppure indiretto con la carta.

Le stampanti dirette con visibilità immediata del testo, possono essere ad aghi, termiche dirette, termiche a trasferimento d'inchiostro, a getto d'inchiostro «a domanda», getto d'inchiostro continuo, a getto d'inchiostro solido, a pettine e a scarica elettrica. Hanno visibilità differita solo le stampanti elettrostatiche,

Hanno contatto indiretto e visibilità differita, le stampanti xerografiche a laser, xerografiche a LED o LCD o LISA, magnetografiche, ionografiche. Da notare che solo in quest'ultimo gruppo sono comprese le stampanti con contatto indiretto tra mezzo di scrittura e carta, in tutte le precedenti il contatto è diretto.

Le stampanti possono generare i caratteri sulla linea di stampa in tre modi principali:

  • - un carattere alla volta (fig. 440);
  • - per linee intere (fig. 441);
  • - a pagina intera.
Le stampanti che riproducono un carattere alla volta, dette seriali dal tipo di interfaccia con cui sono collegate all'unità di comando, richiedono pochi fili d'interconnessione con l'unità centrale; possono essere utilizzate per trasmissioni a grande distanza, anche se a bassa velocità.

Le stampanti in grado di riprodurre linee intere oppure a pagina, richiedono memorie tamponi («buffer»), per ospitare contemporaneamente le informazioni: la generazione dei caratteri avviene per linee intere, eventualmente suddivìse in microlinee o micropunti, parallelamente alla linea di scrittura. L'interfaccia con cui le stampanti sono collegate all'unità centrale è del tipo parallelo, intendendo con tale termine la trasmissione contemporanea delle informazioni di un'intera linea in un unico istante, mediante interconnessione con molti fili.

In ultimo saranno descritte le stampanti ad interfaccia parallela e generazione a pagina intera, sia per le stampanti pressione sia per quelle senza pressione. Non saranno descritte le stampanti a pressione con generazione intera della pagina poiché attualmente non più significative.

2.2. Stampanti seriali a impatto (fig. 442)

Si tratta di stampanti in cui il mezzo di scrittura è meccanico ed è situato su un cartellino che trasla parallelamente al senso della linea dei caratteri, ad una velocità costante. Il moto al carrellino è impresso tramite una cinghia dentata o altro mezzo analogo, dal motore elettrico, controllato da dispositivi di sincronismo. Questi segnalano alla parte logica, responsabile della formazione dei caratteri (generatore di caratteri), la posizione della testina di scrittura lungo la linea di stampa.

Terminata la stampa della linea, la carta viene fatta avanzare del valore prefissato, mentre il carrelli no può essere ricondotto all'inizio della linea succesiva, oppure seguire un percorso bustrofedico o ancora altri percorsi ottimizzati (fig. 443).

Le stampanti con caratteri a matrice di punti permettono un migliore dosaggio dell'energia meccanica impartita al carattere in fase di stampa, mentre nelle stampanti a carattere pieno esiste un'unica energia meccanica d'impatto sia per i caratteri sia per i segni d'interpunzione, benché questi ultimi posseggano una superficie limitata.

2.2.1. Stampanti ad aghi (fig. 444)
Il carattere viene formato dall'avvicinamento di una serie di piccoli punti, o aghi, aventi diametro medio di 0,35 mm, disposti in una matrice rettangolare, ad esempio di 5x7 punti.

Nelle stampanti seriali, gli aghi sono allineati verticalmente, in modo da formare i caratteri per file di punti verticali (colonne). Ogni ago è comandato da un elettromagnete: quando questo è attivato dal generatore di caratteri, un'armatura, collegata all'ago, viene attratta magneticamente dal dispositivo, costringendo il mezzo di scrittura ad avanzare verso la carta, guidato entro appositi canali di scorrimento. L'ago preme su un nastro inchiostrato lasciando una traccia puntiforme sulla carta, il suo percorso è di pochi decimi di mm. Una molla provvede a richiamare l'ago indietro al cessare dell'azione dell'elettromagnete.

2.2.2. Stampanti a margherita (fig. 445)
In tali stampanti, poiché il carattere è del tipo a immagine piena, la qualità è molto alta. Uno svantaggio è costituito dalla diminuita capacità produttiva delle stampanti a margherita allorché si debba cambiare corpo o tipo di carattere, poiché dev'essere sostituita manualmente la forma.

I caratteri sono sistemati alla periferia di una circonferenza, alla sommità di lamine disposte radialmente, richiamando per analogia la forma di una margherita in cui i «petali» sono rappresentati dalle lamine di sostegno dei caratteri.

La rotazione della margherita permette la selezione del grafismo desiderato: il movimento rotatorio è comandato da un motore elettrico, l'escursione angolare è controllata da un dispositivo di sincronismo che segnala la corrispondenza tra il carattere selezionato e l'area da stampare.

Un martello, posteriormente alla lamina, viene attivato da un elettromagnete, in modo da imprimere il carattere sulla carta per mezzo di un nastro inchiostrato interposto. L'elasticità del «petalo» permette il rapido ritorno della lamina nella posizione iniziale al cessare dell'azione del martello. L'energia con cui il martello urta il petalo, può essere variata in funzione del corpo del carattere, ma non tra due segni medesima margherita.

La stampa è diretta con visibilità immediata.

2.2.3. Stampanti a cestello (fig. 446)
Il tipo di gestione e posizionamento dei caratteri è simile a quello usato nelle stampanti a margherita. In ogni lamina, però, sono coniati due caratteri sovrapposti.

Il vantaggio principale delle stampanti e cestello, relativamente a quelle a margherita, consiste nel ridotto tempo per la selezione del carattere dato dal minor spazio angolare percorso dall'elemento di scrittura; tuttavia esistendo anche la necessità di spostare verticalmente il cestello per selezionare uno dei due caratteri sul petalo, tale vantaggio viene limitato.

2.2.4. Stampanti a Cilindro (fig. 447)
I caratteri, di tipo pieno, sono coniati sulla periferia di un cilindro, su circonferenze parallele.

Ogni carattere viene selezionato grazie al movimento rotatorio e assiale del cilindro, per mezzo di motori elettrici. Non esiste più il martello, ma il cilindro stesso è condotto in pressione verso la carta, con un nastro inchiostrato interposto. Un sistema di contropressione o incudine, sostiene la carta durante la stampa, come nelle stampanti viste precedentemente.

La visibilità dei caratteri è immediata; la stampa, diretta, avviene in posizione ferma, durante l'impatto del carattere.

2.2.5. Stampanti a sfera (fig. 448)
I caratteri sono coniati sulla superficie di una piccola sfera in acciaio o plastica metallizzata; essi sono dislocati nelle intersezioni di linee immaginarie assimilabili a meridiani e paralleli. La selezione del carattere da stampare è ottenuta con mezzi elettromeccanici, che agiscono sia sulla rotazione della sfera, sia sulla sua altezza, con movimento della sfera verso la carta per premere il carattere da stampare mediante un nastro inchiostrato interposto.

La sfera è condotta su un cartellino parallelamente alla linea da stampare. Come per le stampanti a margherita, quelle a sfera forniscono un'ottima qualità del carattere stampato.

La stampa avviene da posizione ferma, è diretta, con visIbilità immediata.

2.3. Stampanti ad impatto parallelo/lineare

In tali stampanti, i caratteri, di tipo pieno, sono coniati su supporti meccanici, montati su nastro o banda metallica, catena o tamburo. Si tratta di stampanti di scarse capacità grafiche, utilizzate soprattutto nei centri EDP per visualizzare su carta le informazioni contenute nella memoria di elaboratori elettronici.

2.3.1. Stampanti a nastro o catena (fig. 449)
Un nastro o una catena metallica costituiscono il supporto dei caratteri; essi sono chiusi ad anello. La tecnica a catena è più veloce di quella a nastro, ma analoga.

I caratteri sono montati su lamine elastiche fissate al nastro. Il loro passo, ovvero la distanza tra due successivi caratteri, è leggermente superiore al passo dei martelli, in modo che questi non agiscano simultaneamente, ma leggermente sfasati nel tempo (fig. 450).

Quando i caratteri selezionati si presentano davanti ai martelli, un dispositivo di sincronismo comanda gli elettromagneti relativi. Il martello preme contro la carta, questa urta contro un nastro inchiostrato che, a sua volta, imprime il grafismo, grazie all'azione dell'incudine di contropressione, retrostante il carattere.

Molte stampanti a nastro o a catena consentono di cambiare lo stile dei caratteri, sostituendo l'intero nastro o la catena, contenuti in una speciale cartuccia.

La rumorosità ditali stampanti richiede l'insonorizzazione degli ambienti ed ha condotto agli studi per la produzione di macchine non rumorose, sviluppate tra gli anni '70 e '80.

I caratteri, nelle stampanti a catena o a nastro, sono posti sulla periferia dei mezzi stampanti e traslano a velocità costante lungo la linea di stampa. I martelli sono posti posteriormente a ogni carattere (oppure alla carta), in numero pari alle colonne di stampa, sono fissi e intervengono «al volo» quando il carattere sta per transitare dinnanzi ad essi. Caratteristica delle stampanti parallelo/lineare è, infatti, di stampare i caratteri sulla linea nella posizione richiesta dalla memoria, anche cominciando dalla fine della linea, se il carattere si trova in quel momento nella giusta posìzione.

Nelle stampanti a tamburo i caratteri sono posti alla periferia dello stesso, in anelli che determinano le colonne di stampa; perciò su ogni anello sono coniati tutti i caratteri della polizza. I martelli sono ancora fissi e in numero uguale alle colonne di stampa. Il movimento degli elementi di supporto dei caratteri è controllato da motori elettrici; la posizione relativa di ogni carattere è sincronizzata da appositi dispositivi di controllo.

Nelle stampanti ad impatto parallelo/lineare possono essere montati forme di caratteri contenenti più di una polizza, o comunque con una frequenza delle lettere alfabetiche proporzionale all'uso reale, in modo da aumentare la velocità di stampa, cosicché il martello che deve stampare una certa lettera, potrà funzionare senza dover aspettare un carattere appena transitato nella posizione desiderata. La velocità viene espressa in linee al minuto, intendendo per linea l'effettiva riga stampata. A tale categoria appartiene anche la stampante a pettine oscillante, in grado di stampare caratteri con matrice di punti.

2.3.2. Stampanti a tamburo (fig. 451)
In tali stampanti i caratteri sono disposti alla periferia di un tamburo, montati su anelli rotanti, su ognuno dei quali è disposta una polizza di caratteri. Mediante un dispositivo di sìncronizzazione, il tamburo ruota, in modo da presentare verso la carta il carattere selezionato; ad ogni anello corri-sponde una colonna di stampa.

Una fila di martelli fissi e posta posteriormente alla carta (fig. 452); la stampa avviene per pressione della carta verso il nastro inchiostrato e verso i caratteri, essendo il tamburo stesso l'elemento di contropressione. Ad ogni giro del tamburo corrisponde la stampa di una linea completa, che avviene al «volo». Il tempo d'impatto del martello dev'essere limitato e uniforme, per evitare sbaveggi o rotture della carta.

Un fattore di limitazione della stampante a tamburo e costituito dalla necessità d'aumentare il numero dei caratteri della polizza. In tal caso e necessario aumentare il diametro del tamburo, conseguentemente aumenterebbe anche la sua velocità periferica. Poiché non sarebbe possibile stampare a velocità superiore a quella prevista, è necessario provvedere, cambiando il tamburo con un altro di diametro maggiore, alla diminuzione del numero di giri nell'unità di tempo (velocità angolare), al fine di mantenere costante la velocità perifenca. Il risultato è una diminuita velocità di stampa.

Un'analoga diminuzione di velocità di stampa avviene anche nelle stampanti a nastro o a catena, quando si aumenta la lunghezza del supporto di sostegno dei caratteri.

2.3.3. Stampanti a pettine oscillante (fig. 453)
Le stampanti a pettine oscillante generano caratteri a matrice di punti per mezzo di una fila orizzontale di lamine elastiche, disposte come un pettine lungo la linea in fase di stampa.

Sull'estremità superiore di ogni lamina è disposto un mìicropunto in rilievo, in grado di stampare sulla carta per mezzo di un nastro inchiostrato. Ad ogni lamina corrisponde un carattere a matrice di punti, stampato con tante oscillazioni orizzontali quante sono le colonne e tanti micropassi verticali della carta quante sono le righe della matrice di punti meno uno. Ad esempio, con un carattere a matrice di punti di 5 colonne per 7 righe, il gruppo stampante oscilla in orizzontale di 4 spostamenti, stampando la prima riga di punti, quindi la carta avanza di un micropasso e il gruppo stampante ripetere l'operazione, fino al completamento della linea, per 6 volte. Le lamine, attivate selettivamente, provvedono, a ogni riga della matrice (fase), a stampare, con micropassi onzzontali, un punto.

Il sincronismo orizzontale del gruppo portalamine e in verticale della carta, è controllato da dispositivi coincidenti con i segnali provenienti dal generatore di caratteri.

La stampa è del tipo «al volo», con contatto diretto e visibilità immediata.

2.4. Stampanti seriali senza pressione

La stampa avviene con caratteri generati a matrice di punti mediante le tecnologie termiche, a getto d'inchiostro ed elettrolitica. Gli elementi di scrittura sono montati su un carrellino che trasla parallelamente alla linea in formazione a velocità costante, come nelle stampanti ad impatto seriale. Si tratta di stampanti simili a quelle a impatto seriale a matrice di punti, salvo che la stampa avviene senza pressione dell'elemento scrivente.

Motori elettrici e dispositivi di sincronismo provvedono a muovere il carrellino orizzontalmente e la carta verticalmente, controllando la posizione degli elementi scriventi. E' caratteristica di queste stampanti una notevole silenziosità.

Tra le stampanti non a contatto, con generazione seriale dei caratteri, esistono anche quelle a getto d'inchiostrn (Ink jet), dette anche «guttografiche». Esse utilizzano tecnologie elettrostatiche ed elettromagnetiche per la guida di mìcroscopiche gocce d'inchiostro verso la carta.

Alcune applicazioni di stampanti ink jet prevedono la miniaturizzazione del dispositivo di scrittura per l'uscita da calcolatrici da tavolo.

Altre applicazioni hanno permesso lo sviluppo di uno scanner per la produzione di prove colori, in cui i fori d'espulsione dell'inchiostro hanno un diametro di circa 20 m, con una risoluzione di scrittura di circa 180 punti/cm.

Anche le stampanti a getto d'inchiostro «a domanda» permettono la stampa pluricromica ad alta risoluzione, fornendo un foglio in formato Uni A4 in meno di un minuto.

Le stampanti senza pressione permettono:

  • velocità produttive maggiori;
  • maggiore silenziosità operativa;
  • possibilità di miscelazione di diversi stili e/o corpi dei caratteri; restringimento (compressione orizzontale) o ampliamento verticale dei caratteri;
  • inserimento di logotipi, marchi, disegni o altri elementi estratesto;
  • esecuzione di fincature o dati fissi contemporaneamente a quelli delle informazioni elaborate;
  • esecuzione di qualsiasi numerazione, in ordine progressivo o saltuario, in quantità illuminata, in qualsiasi posizione sulla carta, ecc.;
  • esecuzione di qualsiasi marcatura o codificazione (ad esempio le barre di codifica);
  • rotazione dei testi di 905 o 2705;
  • stampa dei dati in linea o fuori linea dall'elaboratore;
  • qualsiasi personalizzazione dello stampato.
La stampa a getto d'inchiostro (ink jet) accomuna una serie di tecnologie mediante le quali microgocce d'inchiostro vengono proiettate su una superficie per formare un'immagine permanente. Schematicamente, le tecniche di stampa a getto d'inchiostro possono essere suddivise in tre tipi principali:

  • a getto continuo;
  • a getto su richiesta;
  • a getto ad impulso.
Le stampanti a getto continuo (v. oltre) generano le microgocce rompendo un getto continuo d'inchiostro fluido. I getti di liquidi sono fisicamente instabili, rompendosi in gocce sotto l'azione della tensione superficiale. Stimolando il getto alla sua frequenza ottimale, si producono gocce uniformi e regolarmente spaziate fra loro. Le gocce vengono caricate elettrostaticamente o elettromagneticamente nel momento della loro formazione, essendo poi deflesse da un successivo sistema per far giungere alla carta quelle necessarie per formare i grafismi, mentre le altre, generalmente molto numerose, vengono raccolte e rinviate in circolo. La tecnica a getto continuo presenta il vantaggio dell'alta velocità di produzione, che raggiunge gli 0,5 MHz, ma con una velocità media di 50 kHz.

Le stampanti a getto d'inchiostro «su richiesta» (v. oltre), non richiedono il ricircolo dell'inchiostro non utilizzato, poiché le microgocce vengono prodotte solo quando sono necessarie per la formazione del grafismo. I mezzi per generare la microgoccia possono essere costituiti o da cristalli piezoelettrici, fissati intorno agli ugelli dell'inchiostro, oppure da microscopici generatori termici in grado di creare bolle di vapore nell'inchiostro: in entrambi i casi gli ugelli attivati subiscono una variazione di pressione dell'inchiostro per generare la microgoccia.

Un'altra tecnica, quella a getto intermittente, è meno impiegata; essa genera l'estrazione delle microgocce mediante l'applicazione di un elevato potenziale elettrico nelle vicinanze dell'ugello. L'inchiostro viene guidato sulla carta mediante dispositivi analoglii a quelli delle altre tecnologie a getto d'inchiostro.

Il principale vantaggio di quest'ultima tecnologia consiste nel fatto che il diametro dell'ugello può avere dimensioni maggiori che negli altri sistemi ink jet, riducendo le possibilità d'otturazione degli ugelli per essiccazione dell'inchiostro, caratteristica delle tecnologie a getto d'inchiostro continuo o su richiesta. La velocità di produzione delle microgocce nelle stampanti ink jet ad impulso è piuttosto bassa, 1-2 kHz.

2.4.1. Stampanti termiche dirette (fig. 454)
Poiché la carta rivela l'elemento di contrasto grazie al riscaldamento di alcune sue parti, non è necessario un sistema d'inchiostrazione. Il dispositivo termico generatore dei caratteri a matrice di punti è costituito da una testina, in cui sono allineati verticalmente microresistori, ognuno avente forma circolare; la testina è posta a leggero contatto della carta e il numero dei microresist9ri dipende dalla matrice dei punti di generazione dei caratten.

Sincronizzando i segnali elettrici che attivano selettivamente uno o più microresistori della testina con quelli che permettono l'avanzamento della testina orizzontalmente, si ottiene la fusione dei componenti nello strato superficiale della carta, con formazione di punti neri nei caratteri.

La stampa è diretta con visibilità immediata dei grafismi.

2.4.2. Stampanti termiche a trasferimento d'inchiostro (fig. 455)
Come nelle stampanti termiche, la testina è formata da microresistori disposti verticalmente, con formazione dei caratteri a matrice di punti per spostamento del mezzo di scrittura lungo la linea in formazione. La differenza è costituita dalla presenza di un nastro inchiostrato tra la testina e la carta: l'inchiostro è depositato solo sulla faccia del nastro rivolta verso la carta da stampare e si presenta allo stato solido a temperatura ambiente. Il calore generato dai microresistori attraversa il nastro, permettendo il rammollimento dell'inchiostro nei punti opportuni e, quindi, il suo trasferimento sulla carta; questa è del tipo comune. Il nastro non può essere riutilizzato poiché l'inchiostro depositato sulla carta viene quasi completamente staccato dal nastro.

2.4.3. Stampanti a getto continuo d'inchiostro (fig. 456)
I grafismi sono realizzati dalla proiezione di microgocce d'inchiostro (aventi un diametro di circa 0,1 mm), gettate contro la carta, nelle posizioni opportune, per formare caratteri a matrice di punti.

L'inchiostro, avente una notevole fluidità, viene inviato a pressione in un piccolo serbatoio dotato di un solo ugello d'uscita. Un cristallo piezoelettrico, dal lato opposto dell'ugello, vibra ad alta frequenza oltre 100.000 vibrazioni al secondo nel serbatoio, provocando onde di pressione nell'inchiostro fluido, e, quindi, la fuoriuscita di microgocce dall'ugello, equidistanti fra loro ed in rapida successione.

La formazione del carattere a punti dipende dalla deviazione verticale subita dalle microgocce mediante due armature, poste orizzontalmente, che creano un campo elettrico nello spazio fra loro interposto. Le microgocce dapprima attraversano un campo magnetico che le carica elettrostaticamente, quindi attraversano il campo elettrico generato dalle due piastre orizzontali; queste ultime deflettono verticalmente le microgocce inviandole verso la carta, nella posizione opportuna per generare i caratteri, oppure lasciandole proseguire orizzontalmente, per finire in un piccolo carter e quindi essere riciclate alla pompa d'inchiostrazione.

Il dispositivo di scrittura è montato su un carrellino dotato di movimento traslatorio orizzontale costante, per scrivere tutta la linea.

Ogni carattere è stampato per punti, prima con la deflessione verticale delle microgocce, quindi con la traslazione orizzontale della testina, per poter eseguire le altre deflessioni verticali. Alcuni modelli di stampanti a getto d'inchiostro continuo sono dotate di più ugelli in linea, per stampare a maggiori velocità.

Utilizzando inchiostri magnetici, ed un opportuno campo magnetico di deflessione delle microgocce, la stampante a getto d'inchiostro continuo può utilizzare una tecnologia di scrittura non elettrostatica.

2.4.4. Stampanti a getto d'inchiostro «a richiesta» (fig. 457)
La stampante è simile a quella a getto d'inchiostro continuo, però la testina è dotata di una serie d'ugelli verticali (12-28), per generare caratteri a matrice di punti per serie di colonne di punti. Anche la tecnologia utilizzata è quella piezoelettrica, però applicata ad ogni condotto d'inchiostro della testina. mediante un trasduttore piezoelettrico che reagisce ad un segnale elettrico provocando un restringimento istantaneo della sezione del condotto e, quindi, espellendo una mìcrogoccia dall'ugello del condotto sollecitato.

Ogni ugello è controllato dal generatore di caratteri, per mezzo di un cavo elettrico, sincronizzando il movimento di spostamento orizzontale della testina con la generazione dei caratteri.

La distanza degli ugelli dalla carta varia, secondo il modello di stampante, da un minimo di 0,7 mm a un massimo di 2 mm, ottenendo una stampa diretta con visibilità immediata.

Relativamente alle stampanti a flusso d'inchiostro continuo, quelle ad azione selettiva (Drop-On-Demand), producono circa un numero di gocce al secondo assai inferiore (circa 1/20), cioè non più di poche migliaia di microgocce nell'unità di tempo. Poiché nelle stampanti a getto d'inchiostro continuo gran parte delle microgocce non viene utilizzato, la velocità di stampa è simile in entrambe le stampanti.

La stampa pluricromica, con quattro ugelli contenenti i quattro inchiostri di selezione, permette una limitata resa cromatica, costituita solo dai quattro colori base più le possibili combinazioni bicromiche (4) e tricromiche, pertanto si sono sviluppate stampanti a getto d'inchiostro a domanda, in grado di variare la saturazione degli inchiostri primari mediamente miscelazione degli stessi con diverse combinazioni di bianco: ciò produce variazioni tonali più estese, anche se non molto contrastate.

2.4.5. Stampanti a getto d'inchiostro solido (fig. 458)
La testa di scrittura è formata da una cartuccia contenente inchiostro solido, conduttore d'elettricità. La cartuccia rivolge verso la carta un ugello, distante circa 1mm dalla superficie del supporto, mentre una molla provvede a pressare l'inchiostro solido verso l'ugello.

Applicando un'opportuna differenza di potenziale tra la cartuccia e un elettrodo, posto nelle vicinanze dell'ugello, si genera una scarica elettrica, come in un arco voltaico, provocando il distacco di microparticelle solide d'inchiostro. La scarica elettrica genera un'istantaneo aumento di calore all'interno della cartuccia, espandendo i gas in essa contenuti, che escono violentemente dall'ugello trascinando nel loro moto verso la carta microparticelle d'inchiostro.

Poiché è presente un solo ugello per generare caratteri a matrice di punti, la testina di scrittura compie tante scansioni orizzontali quante sono le righe di punti di quella matrice e la carta si sposta di altrettanti micropassi verticali al termine di ogni traslazione orizzontale della testina, quante sono le righe di punti di quella matrice. Ad esempio, per generare caratteri a matrice di punti 5x7, la testina compie sette traslazioni orizzontali per formare una linea, mentre la carta si sposta verticalmente di sei micropassi, alla fine di ogni scansione orizzontale della testina.

La stampa è diretta con visibilità immediata dei grafismi sul supporto.

2.4.6. Stampanti elettrolitiche (fig. 459)
Tale stampante trasferisce l'elemento di contrasto per mezzo del parziale dissolvimento di una piastra di tellurio. sita a contatto della carta. Una fila d'elettrodi, posta verticalmente alla linea in formazione, sul retro della carta, scorre orizzontalmente lungo la linea. Gli elettrodi vengono attivati selettivamente per formare il carattere a matrice di punti.

La carta deve possedere una buona conduttività elettrica, pertanto dev'essere leggermente inumidita. Ogni elettrodo, attivato da un opportuno potenziale positivo, attira atomi di tellurio dalla piastra, collegata al polo negativo, posta dall'altro lato della carta; questi si depongono sulla superficie della carta, fornendo un certo grado d'annerimento.

I limiti delle stampanti che utilizzano tecnologia elettrolitica, sono costituiti principalmente dal maneggiare carta inumidita e dall'usura degli elettrodi, fatti che hanno impedito ulteriori sviluppi del procedimento.

2.5. Stampanti parallelo-lineare senza pressione

La stampa avviene solo su carta trattata superficialmente, con generazione di caratteri a matrice di punti.

Il mezzo di scrittura è costituito da microelettrodi montati su un supporto fisso, mentre la carta si sposta perpendicolarmente al senso di formazione delle linee, i microelettrodi sono posti in prossimità della superficie della carta, alla distanza di pochi decimi di mm; il loro numero dipende dalla risoluzione orizzontale ottenibile.

Poiché il mezzo di scrittura è immobile, la carta esegue microspostamenti verticali per generare le linee di carattere. Il moto della carta è controllato da opportuni motori elettrici, sia per l'avanzamento verticale, sia per il sincronismo d'allineamento orizzontale degli elettrodi.

Le stampanti a scrittura parallelo/lineare formano quindi i caratteri ortogonalmente alla direzione di scrittura delle stampanti seriali a matrice di punti. Infatti, mentre nelle stampanti ad aghi la formazione dei caratteri avviene per colonne di punti, in quelle parallelo/lineare vengono stampati tutti i punti di una riga della matrice, quindi si sposta verticalmente la carta e si genera un'altra riga di punti, fino alla formazione di tutte le righe contenute nella matrice di punti impiegata.

Esistono anche stampanti a getto d'inchiostro con generazione dei caratteri parallelo/lineare, in grado di produrre stampati ad altissima velocità. Ad esempio, utilizzando carta in bobina, si sono raggiunti i 180 m/min, mediante una testa di scrittura composta da l.000 ugelli posti parallelamente alla linea, su una lunghezza di circa 20 cm, in grado di stampare 70.000 linee/min.

Altre stampanti a getto d'inchiostro sono utilizzate per la stampa ad un solo colore in bianca e volta, su bobine di larghezza massima di 40 cm.

Le stampanti a getto d'inchiostro più usate sono progettate per imprimere rapidamente indirizzi; possono produrre oltre l.000 caratteri al secondo, fino ad otto linee di stampa per copia da indirizzare, ad una velocità di alcune decine di migliaia d'indirizzi all'ora (da 40.000 per i quotidiani fino a 55.000 per le buste). Tali apparecchiature non vengono descritte nel presente capitolo perché molto simili a quelle a getto d'inchiostro descritte nel capitolo riguardante le stampanti non a contatto con generazione seriale dei caratteri; l'unica differenza è il modo di generazione dei caratteri, parallelo/lineare in quest'ultimo tipo di stampanti.

2.5.1. Stampanti elettrostatiche (fig. 460)
La carta è isolante, e quella usata nelle stampanti elettrostatiche, è trattata superficialmente per assicurare il trattenimento di cariche elettrostatiche.

I caratteri sono generati a matrice di punti da una serie d'elettrodi fissi, allineati perpendicolarmente al movimento d'avanzamento della carta, in grado d'emettere cariche elettriche selettivamente nei punti dove sarà depositato l'inchiostro. Le cariche elettrostatiche sono trattenute superficialmente dalla carta formando un'immagine latente elettrostatica della linea di caratteri, fino al suo sviluppo nella stazione d'inchiostrazione mediante toner in polvere. Le microparticelle d'inchiostro sono caricate elettrostaticamente di segno opposto a quello delle cariche presenti sulla carta, in modo che possano essere trattenute da esse.

Ad ogni emissione di una riga di punti della matrice, la carta esegue un microspostamento in avanti, per ottenere le successive emissioni di cariche elettriche allineate alle precedenti fino alla formazione di un'intera linea di caratteri.

In ultimo, una stazione di fissaggio del toner, del tipo a pressione e calore, provvede a far inglobare le particelle d'inchiostro nella carta,

La stampa è diretta e la visibilità dei grafismi è differita.

2.5.2. Stampanti a scarica elettrica o ad elettroerosione (fig. 461)
La carta è composta, vista in sezione, da uno strato superficiale conduttore (in alluminio), da uno interno isolante di vernice nera e da un supporto cartaceo. La formazione del carattere è a matrice di punti, e avviene per erosione dello strato superficiale, composto da un sottile film di alluminio grigio.

Il mezzo di scrittura è composto da una fila d'elettrodi, fissi e disposti perpendicolarmente alla direzione d'avanzamento della carta, in modo simile a quelli delle stampanti elettrostatiche.

Attivando selettivamente gli elettrodi (aventi un diametro di circa 80 um) per formare una riga di punti, secondo le informazioni del generatore di caratteri, si producono scanche elettriche tra gli elettrodi attivati e la superficie conduttrice, posta ad un potenziale diverso. La scarica «consuma» lo strato superficiale della carta, scoprendo l'interno, nero. La somma di diverse scariche, parallelamente alla linea in formazione, genera le righe stampate per punti, mediante microavanzamenti della carta.

Non esiste alcun sistema d'inchiostrazione, poiché la differenziazione tra grafismi e contrografismi avviene per contrasto tra la superficie della carta non erosa (contrografismi) e l'interno eroso (grafismi).

La stampa avviene con contatto diretto tra mezzo di scrittura e supporto, con visibilità immediata dei grafismi. La velocità, per il corpo 8, può raggiungere le 400-500 1/min, con una risoluzione di oltre 100 punti/cm. La larghezza della pagina può raggiungere i 30 cm.

2.5.3. Stampanti a plasma (fig. 462)
Le stampanti a plasma (plasma jet) consentono la riproduzione diretta su carta comune, con generazione di caratteri a matrice di punti.

Il mezzo di scrittura è costituito da una serie d'elettrodi, posti in vicinanza della carta, parallelamente alla linea di caratteri in formazione costituiti da materiale poroso, in grado d'intrappolate molecole dei gas atmosferici. Tra gli elettrodi e la carta fluisce uno sottile strato gassoso costituito da particelle d'inchiostro caricate negativamente.

Attivando selettivamente gli elettrodi, le molecole di gas atmosferici intrappolate si ionizzano, sfuggendo dalle punte attivate, attraverso lo strato d'inchiostro e proiettando le sue particelle sulla carta, nelle posizioni richieste. Le particelle d'inchiostro, caricate negativamente, sono attirate da ioni positivi nel loro breve tragitto verso la carta: un elettrodo negativo è posto posteriormente alla carta per guidare il moto degli ioni positivi.

Microavanzamenti della carta permettono di generare le linee di caratteri per righe parallele di punti.

2.6. Stampanti senza pressione a pagina intera

Recentemente introdotte sul mercato, tali stampanti si distinguono dalle altre per una serie di vantaggi, riassumibili come segue: elevata velocità di stampa, ottima qualità dei caratteri, discrete capacità grafiche, basso rumore prodotto durante il loro funzionamento. Gli svantaggi consistono nell'alto costo d'acquisto e nella loro incapacità di permettere la stampa contemporanea di più copie.

La loro velocità si misura in pagine al minuto, generalmente in formato Uni A4, oppure in metri di carta composta al minuto: in ogni caso si tratta di velocità elevate, anche di oltre 10.000 linee al minuto. La risoluzione di alcune stampanti raggiunge, in alcuni casi, le centinaia di linee al cm. La generazione dei caratteri avviene per microlinee parallele alla direzione delle linee di composizione, con numero di scansioni dipendente dal corpo del carattere impiegato.

2.6.1. Stampanti xerografiche laser
Il procedimento xerografico, detto anche fotoelettrografico, è basato sulla formazione di un'immagine latente elettrostatica sulla superficie di un materiale fotoconduttore, generalmente posto alla periferia di un tamburo (fig. 463). Tale materiale possiede la caratteristica di trattenere cariche elettrostatiche allorché viene mantenuto al buio, comportandosi come un isolante, mentre disperde le cariche nell'ambiente allorché venga esposto ad una fonte d'energia luminosa, comportandosi come un conduttore; di qui la definizione di «fotoconduttore». L'applicazione più comune di tale principio si ha nelle fotocopiatrici, macchine fotoelettrografiche come quelle descritte nel presente paragrafo.

Le stampanti xerografiche laser possono generare punti aventi un diametro minimo di circa 60 m, con risultati qualitativi di definizione dei carattere ottimi, essendo la risoluzione di circa 160 linee/cm.

La superficie del fotoconduttore, viene innanzitutto pulita da residui d'inchiostro oppure di cariche elettrostatiche in un'apposita stazione, quindi, essendo il tamburo della stampante dotato di movimento rotatorio, la superficie fotoconduttrice viene caricata elettrostaticamente mediante il passaggio in prossimità di un filo caricato ad alcune migliaia di volts, per effetto corona. Successivamente una sorgente laser a gas emette un raggio, modulato opportunamente, ovvero interrotto dove esisteranno grafismi e lasciato passare nei contrografismi. Con sorgenti laser a semiconduttore la modulazione è effettuata direttamente dal diodo emettitore, collegato al generatore di caratteri.

Il raggio laser, suddiviso in impulsi, è concentrato per mezzo di lenti, quindi viene riflesso da un dispositivo a specchi rotanti sulla superficie del tamburo fotoconduttore (fig. 464). Ad ogni scansione orizzontale di uno specchio rotante corrisponde la cancellazione delle cariche elettrostatiche su una corrispondente microlinea del tamburo. Si ottiene quindi l'immagine latente dei grafismi sulla superficie del fotoconduttore, composta da cariche elettrostatiche giacenti nei punti in cui il raggio laser non ha inciso.

La frequenza, la modulazione del raggio laser e la rotazione degli specchi sono controllate da appositi strumenti per sincronizzare il generatore dei caratteri con la rotazione del tamburo. L'interlinea e l'altezza dei caratteri sono controllati dalla velocità di rotazione del tamburo relativamente a quella del sistema ottico. Ad esempio, il testo con cui è prodotto questo libro è alto circa 3 mm: supponendo di doverlo riprodurre con una stampante laser avente una densità di 160 linee/cm, per stampare una riga di questo libro occorrerebbero circa 48 microlinee orizzontali.

Data l'alta velocità di scansione orizzontale, l'allineamente delle microlinee risulta ottimo, poiché nell'esempio appena riportato, il tamburo avrebbe ruotato per uno spazio di 3 mm, mentre il dispositivo a specchi rotanti avrebbe analizzato circa 48 volte la superficie del tamburo,

Lo sviluppo dell'immagine latente avviene in un'altra stazione in cui particelle di toner, caricate elettrostaticamente di segno contrario, vengono attratte dai grafismi, caricati sulla superficie del fotoconduttore, Generalmente la carta ed il tamburo sono in contatto nella fase di trasferimento del toner, per evitare velocità relative diverse. Lo svantaggio del contatto è la prematura usura del rivestimento del tamburo, dopo alcune decine di migliaia di copie, dopo le quali il tamburo stesso viene sostituito,

Il toner viene fissato sulla carta mediante pressione e calore con inchiostri liquidi a due componenti, oppure con sola pressione utilizzando inchiostri ad un solo componente.

2.6.2. Stampanti fotoelettrografiche a LED, LCD o LISA
Si tratta di macchine molto simili alle precedenti, con sorgenti luminose diverse per la generazione dei caratteri, Infatti non si tratta più di sorgenti laser, ma di emettitori a stato solido, come i LED (Light Emitting Diode), oppure di altre sorgenti luminose opportunamente modulate (fig, 465),

Anche in questo caso il mezzo di scrittura è costituito da una serie di sorgenti miniaturizzate disposte parallelamente alla linea di caratteri, come nelle stampanti parallelo/lineare. I mezzi di scrittura LCD (Liquid Cristal Diode) si comportano come microinterruttori ottici, ovvero come microtturaton, in grado di lasciare passare l'energia luminosa nei contrografismi e di trattenerla nei grafismi. La sorgente luminosa può essere costituita da una lampada metall-alogena.

Nel sistema LISA il microtturatore è attivato da un campo magnetico, mentre nel sistema LCD da un campo elettrico; in ogni caso le cellette attivate permettono all'energia luminosa di pervenire sul materiale fotoconduttore,

In tali zone, corrispondenti ai contrografismi, il toner non sarà trattenuto elettrostaticamente, mentre nelle zone su cui non è giunta l'energia luminosa il toner potrà aderire, poiché le cariche elettrostatiche sono ancora presenti,

Relativamente alle stampanti laser, quelle LED, LCD o LISA denunciano velocità e risoluzione inferiore, comunque compensate da un minor consumo energetico durante l'esercizio dell'apparecchiatura.

La traslazione della carta sincronizzata con il dispositivo di generazione dei caratteri permette una corretta formazione delle linee di caratteri generati a matrice di punti. Il trasferimento del toner sul materiale fotoconduttore e le operazioni successive sono analoghe a quelle svolte nelle stampanti elettrostatiche.

2.6.3. Stampanti magnetogrqfiche
Il mezzo di scrittura è costituito da una serie di testine magnetiche fisse, disposte parallelamente alla linea di formazione dei caratteri, situate a leggero contatto di un materiale magnetico, di opportune caratteristiche. Le testine sono costituite da sottili nuclei metallici ad elevata sensibilità inserite in bobine. Tale materiale generalmente riveste un tamburo, ruotante a velocità costante.

Ogni testina può magnetizzare, se attivata, un punto o, comunque, una piccola area del tamburo, analogamente alle stampanti fotoelettrografiche LED, LCD o LISA (fig. 466). Durante la rotazione del tamburo si ottiene la formazione di un'immagine latente magnetica della linea di caratteri.

Il toner è composto da microparticelle di ferrite al Ni-Zn, nvestite di plastica, per cui viene attratto dalle zone magnetizzate del tamburo, sviluppando l'immagine magnetica latente. La risoluzione raggiunge circa 100 punti/cm, con velocità di 6000 1/min.

Il trasferimento del toner alla carta è analogo al procedimento fotoelettrografico.

La principale differenza delle stampanti fotoelettrografiche da quelle magnetografiche, tecnologia costruttiva a parte, consiste nel fatto che nelle prime i mezzi ottici agiscono sui contrografismi, mentre nelle seconde i mezzi di scrittura magnetici agiscono nei grafismi.

Eventuali particelle residue di toner sono eliminate dalla superficie del tamburo mediante una lama a contatto, mentre un'apposita stazione, posta anteriormente a quella di stampa, provvede a rimuovere particelle magnetiche ancora presenti sul tamburo.

La visibilità dei grafismi è differita e la stampa è indiretta, come nelle stampanti fotoelettrografiche.

2.6.4 Stampanti ionografiche (fig. 467)
Concettualmente, le stampanti ionografiche sono simili a quelle fotoelettrografiche e magnetografiche. Il tamburo, però, non è più rivestito da materiale fotoconduttore o magnetizzabile, ma più semplicemente da uno strato isolante, ad esempio plastica vinilica.

Il mezzo di scrittura è formato da una fila di microcelle, disposte parallelamente alla linea di scrittura, in prossimitàdella superficie del tamburo, in grado d'emettere ioni. L'aria contenuta in ciascuna microcella, infatti, può essere ionizzata applicando un certo potenziale elettrico agli elettrodi presenti in essa. Tali elettrodi sono costituiti da materiale poroso in grado d'intrappolare gas atmosferici, generando ioni liberi.

Applicando un campo elettrico tra ogni microcella e il tamburo, gli ioni negativi vengono accelerati verso la superficie isolante del tamburo, mentre quelli positivi vengono intrappolati da uno schermo, posto tra microcelle e tamburo e scaricate a terra; gli ioni negativi trattenuti nelle microaree isolanti danno origine ai grafismi, latenti, dei caratteri. Come nelle stampanti fotoelettrografiche e magnetografiche, la generazione dei caratteri avviene mediante micropunti, in questo caso ionizzati, disposti parallelamente al senso di scrittura della linea. Le fasi d'inchiostrazione. mediante toner magnetico, di trasferimento sulla carta e di fissaggio sono simili a quelle già descritte.

L'attivazione delle microcelle ionizzanti e la rotazione a velocità costante del tamburo, sincronizzata con il sistema di generazione dei caratteri, consente d'ottenere le linee di caratteri, ionizzando le aree correspondenti ai grafismi: pertanto le stampanti ionografiche sono maggiormente simili a quelle magnetografiche che a quelle fotoelettrografiche.

La stampa è indiretta, con visibilità della pagina differita.

2.6.5. Stampanti termiche con trasferimento d'inchiostro
Sebbene la tecnologia adottata in queste stampanti sia molto simile a quella già descritta nel medesimo paragrafo delle stampanti seriali, a cui si rimanda per la descrizione, il mezzo di scrittura, in questo caso, è disposto parallelamente alla linea dei caratteri (fig. 468).

La formazione dei punti, infatti, avviene per mezzo di microresistori allineati ed in posizione fissa, con movimento verticale della carta comune,

La disposizione dei microresistori e la formazione dei caratteri è simile alla disposizione dei mezzi di scrittura nelle stampanti a elettroerosione o elettrografiche: aumentando il numero di microresistori per unità di lunghezza si ottiene una migliore definizione dei caratteri.

Lo spostamento verticale è eseguito dalla carta, che essendo del tipo comune, ospita l'inchiostro da un nastro inchiostrato.

La stampa è diretta e la visibilità dei grafismi è immediata sul supporto.