Bruno
Caletti, Federico Capetti. Domenico Ferro, Alessandro Gusmano
L'evoluzione
tecnologica, che ha segnato indelebilmente il campo della stampa e
dell'informazione, non poteva non coinvolgere le macchine da stampa che sono il
mezzo basilare di tale industria. Senza richiamare in questa sede la storia dei
mezzi per la stampa (si veda l'Enciclopedia della stampa) e bene
riflettere sulle connessioni e implicazioni che esistono tra le vecchie e le
nuove tecnologie. onde trarre vantaggio da quanto il presente ci offre e da ciò
che il futuro ci impegna a conoscere sin d'ora
Dopo i fasti della tipografia e della stampa rotocalcografica e la
spettacolare diffusione della stampa offset, nuovi sistemi di stampa si fanno
competitivi sia per l'economicità dei mezzi richiesti, sia per la migliorata
qualità dei prodotti ottenibili. È il caso della flessografia, che minaccia da
vicino alcuni settori della stampa commerciale ed editoriale. della Serigrafia
che s'inserisce nella stampa di alcune particolari produzioni, della stampa
senza contatto o senza impatto. che gia si e appropriata di alcune produzioni
specifiche.
In questa sede, lungi dal voler trattare di meccanica o di altre componenti
specifiche di costruzioni delle macchine. si vuol illustrare la struttura
generale delle principali realizzazioni del settore, vista dal lato utenza,
ossia dalla parte di chi, imprenditore grafico, tecnico della stampa, tecnologo,
responsabile di acquisti, insegnante di tecnologia grafica, vuol conoscere
quant'è indispensabile oggi per affrontare l'acquisto, la gestione, l'impegno
opportuno del mezzo stampante.
I procedimenti di
stampi non costituiscono un criterio sufficiente per la classificazione delle
macchine da stampa. Un'utile elemento di classificazione e costituito dal
principio di funzionamento. cioè dagli organi che realizzano la stampa. La loro
importanza e peraltro evidente se si considera che proprio ad essi e affidata
l'operazione più importante. quella cioè di portare a contatto. sotto pressione
(direttamente od indirettamente), forma inchiostrata e supporto. Vengono perciò
denominati organi della pressione.
Gli organi della pressione sono il porta-forma e il portasupporto.
Teoricamente forma e supporto potrebbero essere portati da superfici geometriche
di qualunque tipo: in pratica si usano però superfici piane o cilindriche.
Tralasciando il caso di stampa di supporto costituiti da oggetti di varia
forma e chiaro che e sempre possibile applicare e tenere disteso un foglio od un
nastro di carta su di un piano o su di un cilindro, le forme di stampa sono
generalmente avvolgibili su superficie cilindriche: altre forme richiedono un
portaforme piano ma sono usate su macchine ormai obsolete.
Il porta-forma e il porta-supporto devono possedere un moto relativo, per
consentire l'introduzione del supporto e inchiostrazione della forma, quindi il
contatto per la stampa.
Concorrono a differenziare il principio di funzionamento di una macchina da
stampa le seguenti caratteristiche degli organi della pressione:
- - la figura geometrica;
- - il movimento del porta-supporto e del porta-forma:
- - le caratteristiche del movimento dell'organo o degli organi meccanici.
1 Figura. Per quanto riguarda la figura dagli organi della
pressione si avranno tre combinazioni possibili:
- - porta-forma e porta-supporto entrambi piani (macchine piane).
- - porta-forma piano e porta-supporto cilindrico (macchine
piano-cilindriche):
- - porta forma e porta-supporto entrambi cilindrici (macchine rotative).
2 Movimento Il litto che il porta-forma e/o il porta supporto
siano in movimento. costituisce un altro importante criterio di classificazione
delle macchine. Sono possibili tre combinazioni:
- - porta-forma fermo e porta-supporto mobile:
- - porta-forma mobile e porta-supporto fermo:
- - porta-forma e porta-supporto entrambi mobili.
3.
Caratteristiche del moto. Per Quanto riguarda le caratteristiche del
moto degli organi che realizzano la stampa si accenna per ora che esse possono
variare da un tipo di macchina all'altro (si veda oltre).
Gli aspetti sotto i quali si può presentare il supporto sono diversi: oggi si
stampano vari materiali per altrettanti impieghi. I supporti si possono dividere
genericamente (v. Grafica 3: Principali materiali da stampa, la
trattazione Carta) in:
- - fogli:
- - nastri continui:
- - oggetti.
Tralasciando la stampa di oggetti (che richiede
macchine speciali), e fondamentale la distinzione tra foglio e nastro continuo
per l'importanza e la diversità delle rispettive macchine da stampa' denominate
appunto:
- - macchine da foglio:
- - macchine da bobina.
Altro elemento discriminante sono le
caratteristiche dell'inchiostro impiegato. Si possono genericamente suddividere
gli inchiostri a seconda della loro viscosità (v. Grafica 3: Principali
materiali da stampa, la trattazione Inchiostri da stampa) in:
- - consistenti:
- - fluidi:
- - speciali.
Il tipo d'inchiostro condiziona la struttura del
gruppo incaricato della sua distribuzione sulla forma Nel caso d'inchiostri
consistenti. il gruppo inchiostratore e costituito da numerosi rulli: per gli
inchiostri fluidi il numero dei rulli scende drasticamente, tanto che per alcuni
sistemi di stampa si possono addirittura eliminare. Per inchiostri speciali si
possono avere diversissime strutture: serbatoi d'inchiostro in polvere.
nebulizzatori d'inchiostro liquido guidati elettrostaticamente. ecc.
Naturalmente anche altre componenti differenziano i vari tipi di macchine da
stampa, per esempio i gruppi stampanti rotativi hanno caratteristiche diverse a
seconda delle realizzazioni. anche per uno stesso sistema d'impressione:
tuttavia dal punto di vista della geometria dell'insieme, rientrano nella
definizione citata.
I diversi mezzi di trasporto dei fogli, di controllo e i dispositivi
ausiliari che sovente accompagnano le macchine da stampa saranno illustrati nel
prosieguo.
1. GeneralitàLe parti principali
che costituiscono una macchina da foglio, nonostante la varietà di tipo e la
diversità di realizzazione, sono:
- - gli organi della pressione. che comprendono i mezzi atti a realizzare,
per reciproca azione. la pressione necessaria al trasferimento dell'immagine
della forma al supporto:
- - il gruppo inchiostratore, costituito da vari dispositivi per il
passaggio dell'inchiostro da un serbatoio alla forma;
- - il gruppo alimentatore, comprendente i dispositivi per far affluire il
supporto agli organi della pressione;
- - gli organi di registrazione ossia i dispositivi atti ad assicurare una
posizione costante del supporto rispetto agli organi della pressione onde
conseguire un perfetto registro, cioè l'esatta sovrapposizione delle stampe
eseguite successivamente:
- - gli organi d'uscita. costituite da vari dispositivi che prelevano.
convogliano e raccolgono in modo idoneo il prodotto stampato.
Completano una macchina da stampa organi ausiliari quali servocomandi,
accessori, automatismi e vari dispositivi di controllo per assicurare la piena
funzionalità.
2. Organi della professioneI
principi di funzionamento delle macchine da stampa si fondano, come già
accennato. su alcune caratteristiche degli organi della pressione: la figura
geometrica che contraddistingue il loro movimento, le leggi del moto cui sono
sottoposti.
1e macchine da stampa ripetono periodicamente una successione di operazioni.
Il periodo. inteso come intervallo di tempo tra l'inizio di due cicli
consecutivi, può essere più o meno breve a seconda delle caratteristiche della
macchina: da alcuni secondi nelle lente macchine a platina, a frazione di
secondo nelle moderne rotative da bobina. Anche le operazioni che si succedono
nel ciclo di stampa possono essere diverse: sono però sempre coordinate al fine
principale della macchina, che quello di produrre un'impronta inchiostrata su di
un supporto
L'importanza degli organi di pressione deriva proprio da questa loro
caratteristica di condizionare struttura e funzionamento degli altri organi
della macchina. Per quanto diversi come figura, posizionamento e movimenti essi
presentano nel ciclo di stampa due fasi distinte:
- - fase di pressione o stampa,. durante la quale il supporto
riceve l'impronta inchiostrata dalla forma (in essa il porta-forma e
porta-supporto assumono la posizione e le posizioni necessarie affinché la
stampa si compia):
- - fase di non stampa. durante la quale le superfici attive dcl
porta-forma e del porta-supporto si caricano di inchiostro e del supporto per
riportarsi in posizione idonea per l'inizio della fase di stampa nel ciclo
successivo.
Il modo in cui avviene la stampa in stretta relazione con
la figura geometrica degli organi della pressione: Questo concetto verrà perciò
sviluppato nelle pagine seguenti.
2.1. Figura degli organi della
pressioneIl trasferimento dell'inchiostro dalla forma al supporto comporta
un contatto sotto pressione degli elementi stampanti della forma con le zone del
supporto destinate a ricevere l'impronta inchiostrata. I valori della pressione
di stampa possono essere molto diversi e dipendono:
- - dal procedimento di stampa:
- - dallo stampato che si deve realizzare:
- - dal materiale costituente la forma:
- - dalle caratteristiche dell'inchiostro usato:
- - dal tipo di supporto da stampare con particolare riferimento alla sua
stampabilità (v. in Stampabilità, prove e controlli la trattazione
Stampabilità della carta).
La pressione di stampa può variare entro
una gamma molto estesa di valori. Nella stampa serigrafica per esempio, grazie
alle grandi masse d'inchiostro in gioco, si ha contatto tra forma e supporto con
pressione minima: nella stampa rotocalco il supporto deve essere fortemente
premuto, fino a valori di 100 kg/cm2. affinché esso prelevi inchiostro dai
pozzetti costituenti la forma.
Il contatto forma-supporto può essere limitato soltanto alle parti stampanti,
come avviene per le forme rilievografiche, o esteso a tutta la superficie del
supporto. come si ha per le forme planografiche ed incavografiche: nel secondo
caso, a parità di pressione di stampa. la forza o le forze risultanti dal
contatto forma-supporto solleciteranno gli organi della pressione con intensità
maggiore, indipendente dall'estensione delle zone stampanti.
La pressione di stampa interessa simultaneamente tutto la forma nelle
macchine piane (fig. 1). Nelle macchine piano cilindriche e rotative invece solo
una stretta striscia di forma, estendendosi per tutta la larghezza è sottoposta
contemporaneamente alla pressione di stampa (fig. 3). Le dimensioni della
striscia oltreché dalla pressione stessa dipendono dalla curvatura delle
superfici a contatto del porta-forma e del porta-supporto: la stampa avviene
espressivamente, striscia dopo striscia. grazie al movimento combinato del
porta-forma e del porta-supporto.
Le sollecitazioni negli organi della pressione e le reazioni dei loro vincoli
(guide prismatiche o accoppiamenti rotoidali del porta-forma e del
porta-supporto), saranno ovviamente molto minori rispetto al caso di pressioni
di stampa esercitate simultaneamente su tutto il formato.
In pratica la pressione di stampa si ottiene forzando il porta-supporto e il
porta-forma uno contro l'altro: il caso tipico del timbro che viene premuto
contro il foglio trova il suo corrispondente nelle macchine piane con forma in
rilievo, per esempio torchi e le macchine (a platina), ove però è generalmente
il porta-supporto mobile che preme il supporto contro la forma fissa (spostare
la forma sarebbe rischioso e non economico).
Nelle macchine piano cilindriche e rotative, partendo dalla posizione di
semplice contatto tra forma e supporto, si ottiene la pressione di stampa
aggiungendo spessori (generalmente di carta) sotto il supporto o sotto la forma
o sotto entrambi.
Un altro modo per ottenere la pressione è quello di ridurre la distanza tra
porta-forma e porta supporto rispetto alla distanza corrispondente a forma e
supporto a contatto senza pressione. Nelle macchine piane ciò corrisponde ad
avvicinare il piano porta-supporto al piano porta forma, facendo sì che la
distanza che questi tendono ad assumere al momento della stampa sia leggermente
minore dello spessore della forma. Nelle macchine piano cilindriche e rotative
occorre. invece avvicinare l'asse di rotazione del cilindro porta-supporto al
piano porta-forma, oppure rispettivamente all'asse di rotazione del cilindro
porta-forma.
Sia che si aumentino i rivestimenti, sia che si avvicinino porta-forma e
porta-supporto, la pressione di stampa risultante dipende:
- - dall'entità dell'avvicinamento e del rivestimento;
- - alla natura dei rivestimenti. ivi compreso il supporto da stampare:
- - dalla rigidità della macchina o più precisamente dalle strutture degli
organi della pressione e della parte d'incastellatura della macchina
interessata alla pressione di stampa.
In realtà, per quanto rigido sia
il complesso, esso ammette dei cedimenti: nell'ipotesi assurda che il tutto
fosse assolutamente rigido, la pressione di stampa' in qualunque modo ottenuto,
raggiungerebbe immediatamente valori infiniti (si andrebbe perciò incontro a
grandi difficoltà pratiche nel eseguire la stampa).
La cedevolezza dell'insieme deve però non superare determinati valori, per
non generare vari inconvenienti. quali per esempio disuniformità di pressione da
punto a punto. rapida usura della forma, allungamento dei tempi di preparazione
alla stampa, sbaveggi dello stampato ed altri ancora.
3. Pressione di stampa nelle macchine
pianeCon porta-forma e porta-supporto entrambi piani, la pressione di
stampa viene esercitata simultaneamente su tutto il formato o, se si tratta di
forme in rilievo, sulle parti stampanti comprese nel formato, in precedenza si è
fatto accenno all'entità delle pressioni occorrenti per stampare: valori
ricorrenti, per esempio nella stampa tipografica, sono compresi tra 20 e 50
kg/cm2. Stampando fondi pieni, estesi a tutto il formato, si hanno razioni molto
ingenti applicate al portaforma, al porta-supporto e ai loro vincoli.
Anche in macchine di piccolo formato la risultante F delle pressioni di
stampa raggiunge rapidamente valori molto forti, calcolabili con la semplice
formula:
F=p V S
ove p (kg/cm2) è la pressione specifica occorrente per il genere di stampa
considerato ed 5 la superficie stampata (in cm2). Un fondo pieno stampato
tipograficamente su di una platina di piccolo formato, per esempio cm 25 x
35, supponendo per p un valore di 50 kg/cm richiede perciò una forza:
F= 50 x 25 x 35 = kg 43.750
Valori proporzionalmente maggiori si ottengono per macchine di formato
maggiore. 1e reazioni nel porta-forma. nel porta-supporto e nelle strutture che
li collegano assumono valori cosi forti da richiedere, per ottenere una stampa
corretta configurazioni estremamente rigide. al fine di contenere le
deformazioni.
Anche gli organi di comando risentono delle sollecitazione di breve durata,
ma intensissime, che si producono durante la stampa 1a potenza necessaria a
mantenere in marcia la macchina raggiunge valori così alti che il normale motore
di comando non è in grado di fornire. Si ricorre allora all'uso di volani che
immagazzinano energia cinetica negli istanti che procedono la stampa e la
mettono a disposizione (in aiuto al motore) durante la stampa, evitando
rallentamenti troppo pronunciati (è il caso delle macchine a platina).
Oggi le macchine a platina di grande formato s'impiegano soltanto per il
completamento del ciclo di lavoro nella produzione di scatole ed incarti in
genere. Nella fustellatura i coltelli tagliatori e solcatori occupano superfici
assai limitate e, per quanto le pressioni specifiche necessarie per tagliare e
per solcare ai supporti siano ingenti, la loro risultante è relativamente poco
elevata.
4. Pressione di stampa nelle macchine
pianocilindricheIl contatto tra superficie cilindrica ed una piana è
teoricamente una linea retta: una sezione normale all'asse del cilindro taglia
le superfici cilindrica e piana secondo una circonferenza ed una retta tangente
ed il contatto si riduce ad un punto (fig. 4).
Praticamente, comprimendo le due superfici una contro l' altra, la retta di
contatto diventa un'area di contatto e nel piano di figura un segmento (b', fig.
5).
Nel caso in esame le cose sono complicate dal fatto che il materiale
costituente il cilindro non è omogeneo a causa del necessario rivestimento,
costituito da diversi strati di carta e da sottili teli (a volte gommati) (fig.
6), che è necessario sia avvolto sul cilindro medesimo per diversi scopi.
- - «ammorbidire» una delle superfici tra cui viene schiacciato il foglio di
carta (se la forma costituita da elementi rigidi tale rivestimento giace sul
porta-supporto):
- - poter variare, entro certi limiti, il diametro della superficie
cilindrica attorno a cui il foglio si avvolge, sia per poter stampare fogli
compresi entro una gamma di spessori abbastanza vasta (da 0.04 a 1 mm). sia
per poter aumentare o diminuire entro certi limiti la pressione;
- - compensare, inserendo o togliendo pezzetti di carta su uno o più fogli
costituenti il rivestimento (taccheggio), le eventuali differenze di altezza
degli elementi della forma, oppure aumentare, di proposito lo spessore del
rivestimento e quindi la pressione di stampa nelle zone che si vogliono
ottenere più scure. pratica ancora seguita nella stampa tipografica.
Per la determinazione della lunghezza del segmento b si parte
dall'esperienza qua insegna che per effetto della pressione di stampa la
superficie del cilindro si appiattisce al contatto e la compenetrazione e
interferenza generalmente compresa tra 0 e 0,2 mm a seconda della
cedevolezza del materiale che costituisce il rivestimento.
Considerando il triangolo rettangolo AEC (fig. 7) si ricava.
b« = D 2 - D 2 - i 2
2 2 2
dove:
i= interferenza
d= diametro del cilindro
b«= larghezza della striscia di contatto.
Risolvendo le parentesi si ha:
D2 - D2 + iD - i2 = iD - i2
4 4
Dato che i e una quantità assai piccola, il suo quadrato può essere
trascurato relativamente al prodotto iD, quindi si potrà scrivere:
b« 2 = iD da cui b« = 2 i D
2
Paragonando le forze richieste per una macchina a platina e per una
piano-cilindrica a parità di larghezza di forma L e di lunghezza di stampa Lu,
si otterrà nei due casi la forza totale F:
macchine a platina F= p x Lu x La (fig. 2)
macchine pianocilindriche F= p x b x La (fig. 8)
b ha un valore sempre assai minore di Lu, essendo, come si e visto,
dell'ordine di grandezza di 1P2 cm. Inoltre b indipendente da Lu essendo
influenzato soltanto dal diametro del cilindro di stampa e dal valore
dell'interferenza.
Se ne conclude che in una macchina pianocilindrica si hanno sollecitazioni
molto minori di quelle esistenti in una macchina a platina; del resto ciò é
intuitivo, solo che si consideri il modo secondo il quale avviene la stampa:
simultaneamente su tutta la forma per una macchina a platina, progressivamente
striscia dopo striscia per una macchina pianocilindrica.
5. Pressione di stampa nelle macchine
rotativeLa zona di contatto tra un porta-forma ed una porta-supporto,
entrambi cilindrici, si può determinare in modo analogo a quanto visto per le
macchine pianocilindriche, tenendo presente che le tracce degli organi della
pressione nel piano di figura sono due circonferenze tangenti in A (fig. 9). Il
punto di tangenza diventa un tratto di linea per effetto della pressione di
stampa e della cedevolezza dei materiali a contatto (fig. 10).
Supponendo eguali i diametri dei due cilindri, e cioè D1= D2=D si può
determinare b in funzione dell'interferenza i; b infatti é uguale a 2EC e cioè
due volte il cateto EC del triangolo rettangolo ECA1 di cui l' altro cateto A1C
è uguale a D - i e l'ipotenusa A1E è uguale a D
2
b 2 = D 2 - D - i 2 = D2 - D2 + i2 - 2iD2 =
2 2 2 4 4
= D2 - D2 + i2 + 2iD 1)
4
e trascurando i2 che ha un valore molto piccolo rispetto a D
b = iD da cui b = 2 V iD 2)
2 2
Confrontando la 2) e la 1) risulta che, a parità di interferenza e di
diametro, la lunghezza del tratto di contatto diminuisce pestando dalle macchine
pianocilindriche alle macchine rotative: in queste ultime la striscia sottoposta
simultaneamente alla pressione di stampa e perciò più stretta e le
sollecitazioni risultanti dalle pressioni di stampa sono minori.
Da quanto precede emerge che la macchina da stampa ideale, grazie ad una
sapiente dosatura della rigidità dei vari organi, si presenta nel suo insieme ne
troppo rigida né troppo elastica; per fissare un ordine di grandezza la zona di
massimo cedimento, che é sempre quella della «mezzeria» della macchina, perché
più lontana dai supporti, deve corrispondere ad un allontanamento del
porta-forma dal porta-supporto dell'ordine di grandezza di ,1 mm.
Intorno a questo valore medio e con differenze di pochi centesimi di
millimetro si ritrovano tutti i valori dei cedimenti per i vari procedimenti di
stampa, e per i tipi di stampato che si vuole ottenere. Resta però inteso che la
misura del cedimento massimo, oggi rilevabile con strumenti precisi, non é di
per sé stessa un indice della pressione di stampa, anche se spesso a tale misura
si ricorre per comodità, almeno limitatamente a macchine che suppone presentino
una rigidità similare.
Le forze risultanti dall'insieme delle pressioni di stampa sono influenzate,
oltreché dai valori delle pressioni stesse, dalla superficie sulla quale le
pressioni agiscono simultaneamente. Questa superficie o zona di contatto
forma-supporto e determinata dalla figura geometrica alla quale si possono
assimilare gli organi della pressione.
La misura della zona di contatto e di notevole importanza, ai fini della
valutazione degli sforzi che sollecitano durante la stampa il porta-forma. il
porta-supporto e le strutture portanti della macchina. Questo problema interessa
soprattutto il fabbricante della macchina, ma anche lo stampatore non deve
ignorarlo se vuole ottenere il massimo dalla macchina sia per la qualità del
lavoro reso sia per l'efficienza della stessa nel tempo.
6. Struttura degli organi di
pressione nelle macchine rotative Nelle macchine a stampa diretta il
porta-forma ed il porta supporto sono costituiti da due cilindri rotanti con
moto circolare uniforme, ingranati a mezzo di due corone dentate per la
trasmissione del movimento ad entrambi (fig. 11).
Nelle macchine a stampa indiretta tra il cilindro porta-forma ed il cilindro
porta-supporto vi e un cilindro intermedio, rivestito nella zona di stampa da un
telo gommato, che riceve la stampa dalla forma e la trasmette al supporto (fig.
12).
Il cilindro porta-supporto, o cilindro di stampa, ha in entrambi i casi una
struttura simile all'analogo organo delle macchine pianocilindriche, salvo che,
essendo la stampa indiretta (fig. 12), non e necessario il rivestimento (o
maestra).
Il cilindro porta-forma presenta dei dispositivi per l'applicazione della
forma. che sono vari:
- - scannellature elicoidali per il fissaggio delle forme curvate (fig. 13);
- - superfici lisce per l'incollaggio di forme flessibili in gomma od in
plastica(fig. 14).
- - ganasce tendilastra per il fissaggio e la tensione di lastre (fig. 15).
I bulloni (1 fig. 15) servono per la tensione e lo spostamento
circonferenziale, mentre le viti (2 fig. 15) servono per lo spostamento
laterale.
Le macchine rotative sono generalmente più rigide delle
macchine piano-cilindriche, anche perché la struttura cilindrica del porta-forma
si presta a limitare le deformazioni. E buona regola che sotto la pressione
massima di stampa l'allontanamento tra i cilindri, in mezzeria, non superi mm
0,06 0,08 (fig. 16).
Macchine tipografiche da foglio
1. GeneralitàLa stampa
tipografica è un procedimento di stampa rilievografico che ha utilizzato in
passato forme prevalentemente metalliche. Un grande impulso alla tipografia fu
dato dalla possibilità di duplicazione della forma (stereotipia galvanotipia,
ecc.), che permette di utilizzare macchine rotative in quanto si producono forme
curve.
La tipografia è indubbiamente il procedimento di stampa che ha avuto in
passato la maggior importanza sia perché è stato il primo, sia perché ha
consentito finalmente una certa velocità di produzione, Essa ha mantenuto un
dominio incontrastato fino agli anni '50 nel settore della stampa di giornali e
di libri. Oggi la stampa tipografica e stata largamente superata sul piano della
produzione industriale da altri procedimenti, i cui vantaggi si possono
facilmente riassumere in velocità di produzione maggiori e. di conseguenza.
costi minori (non si prendono qui in considerazione problemi di formato
fotoriproduzione. composizione. ecc.).
Conviene tuttavia accennare alle principali realizzazioni in questo campo.
Brevemente le macchine tipografiche si possono suddividere in:
- -macchine piane;
- -macchine pianocilindriche.
- -macchine rotative.
Le macchine rotative possono venire ancora
suddivise in:
- - macchine da foglio:
- - macchine da bobina
Si dà ora una breve descrizione delle
categorie citate, escludendo le macchine da bobina. trattate più avanti.
2. Macchine pianeVengono
definite macchine piane tutte quelle macchine tipografiche che hanno portaforma
piano. Di esse le uniche che possiedono ancora una certa funzione produttiva
sono le platine, come vedremo in seguito. Anche le macchine pianocilindriche
vengono usate ormai soltanto per tirature limitate e ad un solo colore.
2.1. Macchine a platinaLe
macchine a platina hanno la caratteristica di essere formate da un porta-forma
ed un porta-supporto, detto appunto (platina), entrambe piani. Il movimento
d'incontro di questi due piani può essere «parallelo» (fig. 17) se tutti i punti
del supporto vengono a toccare contemporaneamente la forma. oppure «non
parallelo» nel caso che una zona stampante venga a toccare il supporto prima del
resto della forma. Questo tipo di macchina trova oggi un suo mercato, seppur
limitato, nelle piccole tipografie in quanto è il tipo di macchina più
conveniente per effettuare certi lavori di poca entità; si tratta di biglietti
da visita carte intestate, inviti, partecipazioni, etichette, lavorazioni
paragrafiche quali fustellatura, cordonatura, ecc.
La fustellatura di stampati viene spesso effettuata a parte con platine che
hanno tale specifico compito. Queste platine spesso sono dei veri e propri
derivati dalle platine tipografiche anche se tendono a differenziarsene sempre
più. Si tratta di macchine che possono lavorare su grande formato poiché
richiedono globalmente una bassa pressione, essendo quest'ultima elevata solo
sul profilo delle lame fustellanti.
Particolarità delle platine sono i mettifogli che risultano imitazioni del
lavoro manuale. Si ricorda il diffusissimo mettifogli della platina Heidelberg,
che ha dato il nome alla macchina stessa, definita «a stella» oppure «a
mulinello», dal movimento rotante della barra che porta due pinze (fig. 22). Un
altro tipo di mettifogli-levafogli relativamente diffuso in Italia e il
dispositivo della ditta Saroglia (fig. 23).
Alcuni modelli di platina (Heidelberg TP) (in fig. 18) consentono lavorazioni
particolari quali la stampa con nastri metallici in alluminio (dorato,
argentato, ecc.) che producono fondi metallizzati a specchio, assai apprezzati
commercialmente. La stampa su nastro metallico può essere effettuata entro un
formato massimo corrispondente alla larghezza del nastro steso (fig. 19).
Per l' impressione a caldo da nastri con le macchine Heidelberg sono
richiesti punzoni (alti 7 mm) incisi, realizzati in un materiale che sia il più
possibile buon conduttore di calore (metalli oppure le leghe metalliche). I
punzoni possono essere realizzati, a partire dal massimo grado di durezza come
segue:
- - incisioni su acciaio;
- - incisioni su ottone o bronzo temprato;
- - incisioni su rame Printac;
- - incisioni su leghe di zinco.
A causa del riscaldamento dei
fianchi del punzone può succedere di rilevare un' impressione non voluta anche
nelle zone intermedie vuote. I filetti e le lettere risultano più larghe ed
esiste il pericolo che punzonature sottili, diano un immagine «riempita». Tali
eventualità possono essere però evitate quasi sempre mediante una scelta
accurata del materiale di rivestimento e mediante l'impiego di nastri difficili
da far fondere (fig. 20).
3. Macchine pianocilindriche Le
macchine tipografiche pianocilindriche sono caratterizzate dall'avere un
portaforma piano, detto «carro», ed un portasupporto cilindrico, detto appunto
«cilindro». Generalmente il portafortuna compie un moto alternativo al di sotto
del cilindro, il quale ruota intorno al proprio asse.
La storia della costruzione di macchine pianocilindriche ha offerto nel tempo
diverse soluzioni, tese allo scopo di permettere al carro di ritornare nella
posizione iniziale senza interferire con il cilindro di stampa.
Essenzialmente si sono adottate due soluzioni:
- - incavare o ribassare parte della circonferenza del cilindro in modo tale
che l'arco di questo con raggio minore fosse rivolto verso il carro durante la
sua fase di ritorno:
- - sollevare il cilindro di qualche millimetro durante la fase di ritorno
del carro.
Le soluzioni meccaniche hanno generato categorie di
macchine che hanno preso il nome dal tipo di movimento del cilindro
relativamente a quello del carro (macchine ad arresto, ad un giro del cilindro,
a doppio giro, ecc.).
Per la descrizione dettagliata degli organi di alimentazione, trasferimento
ed uscita del foglio si rimanda al capitolo seguente, in questa sede si
ricordano solo alcune caratteristiche peculiari delle macchine tipografiche.
In particolare, la forma è inchiostrata in due passaggi sia per il moto
alternativo del carro (macchine pianocilindriche) sia mediante il moto
alternativo dei rulli inchiostratori (platine). Il numero totale dei rulli è
pertanto decisamente inferiore a quello delle macchine rotative, in cui la forma
è inchiostrata in un solo passaggio.
Il complesso di macinazione dell'inchiostro e d'inchiostrazione della forma
ha dei limiti nel suo sviluppo longitudinale, in quanto dev'essere ospitato, tra
il punto morto anteriore e il cilindro; il gruppo inchiostratore si inserisce
tra inizio carro e cilindro (fig. 21).
In altezza il massimo sviluppo della macchina è limitato dagli organi di
uscita del foglio (altezza corrispondente all'incirca al diametro del cilindro
di pressione). Per evitare l'impolveramento del gruppo di macinazione (dovuto al
passaggio dei fogli sul sovrastante levafogli frontale) viene solitamente posto
un carter al di sopra dei rulli stessi.
In alcune macchine pianocilindriche il mettifogli ed il levafogli sono posti
dallo stesso lato della macchina: ciò comporta la necessità di dotare la
macchina di un dispositivo per il ribaltamento del foglio, affinché la stampa
sulla pila del levafogli sia rivolta verso l' alto e visibile per l'operatore.
In figura 24 è schematizzato il sistema di uscita con catene: è da notare che la
stampa è rivolta verso il basso, con appoggio del foglio appena stampato su
barre trasversali e relativo pericolo di danneggiamento dello stampato. In
figura 25 un altro sistema, con tamburo voltafogli e nastri, provvede al
ribaltamento del foglio: anche in questo esso può esistere il problema del
danneggiamento dello stampato a causa dell'appoggio sul tamburo.
3.1. Macchine ad arresto del
cilindroLe macchine ad arresto del cilindro sono caratterizzate dall'avere
il cilindro che si «arresta», cioè si ferma, durante la fase di ritorno del
carro; esso riceve il foglio direttamente dalla tavola di puntatura senza
ausilio di pinze oscillanti (fig. 26).
In tali macchine il moto del carro è realizzato mediante un sistema a
cremagliere ruota dentata che viene fatta muovere vere per mezzo di un comando
biella-manovella (fig. 27), dal volano. L'accoppiamento carro-cilindro è in tal
caso di tipo diretto (fig. 28); il cilindro viene cioè fatto ruotare, durante la
corsa di andata del carro, da un altro accoppiamento cremagliera-ruota dentata.
La struttura della macchina è organizzata in maniera da permettere l'entrata
e l'uscita dei fogli (previo ribaltamento) dallo stesso lato, penciò la pila di
carta caricabile risulta «bassa» cioè l'autonomia di carico è limitata.
Le regolazioni di registro laterale vengono effettuate mediante la squadretta
sulla tavola di puntatura, mentre il registro frontale viene fornito dagli
arresti presenti sul cilindro di pressione (v. oltre).
Durante la fase di stampa l'operatore lavora prevalentemente sul lato
sinistro della macchina, ove sono posti la forma, il calamaio, i rulli
macinatori e inchiostratori e ove si può verificare il regolare arrivo dei fogli
in macchina.
Tutte queste caratteristiche hanno reso le macchine ad arresto adatte a
formati piccoli e medi, meno invece per i formati maggiori.
3.2. Macchine ad arresto ridotto del
cilindroTali macchine rappresentano un'evoluzione delle macchine ad arresto
(fig. 29). Si differenziano da queste ultime per il tempo d'arresto inferiore
ridotto appunto corrispondente al solo tempo necessario per la registrazione e
la conseguente presa del foglio. Ciò consente al cilindro di mettersi in
movimento prima dell'inizio della corsa di andata del carro e d'arrestarsi dopo
la sua fine. Si ottengono così un avvio ed un rallentamento più graduale, che
rendono l'intera struttura meno soggetta a urti, sforzi, vibrazioni, consentono,
in definitiva, velocità più elevate e affidabilità, anche dal punto di vista dei
risultati ottenuti.
Le macchine di questo tipo sono caratterizzate da una tavola di puntatura con
forte inclinazione, per mezzo della
quale i fogli si assestano più facilmente ai registri frontali posti sul
cilindro. Il ribaltamento del foglio e' operato da un cilindro di grande
diametro che non deteriora le carte di forte spessore.
Dal diagramma di figura 30 si fa notare quanto segue:
- - il carro portaforme al punto morto anteriore (P.M.A.) inverte il suo
moto traslatorio con massima accelerazione (tangente alla curva);
- - il cilindro é invece comandato da un settore dentato che lo accelera
gradatamente a partire dall'origine degli assi;
- - quando cilindro e carro hanno raggiunto la medesima velocità (inizio
stampa) si ha ingranamento della corona dentata del cilindro con la
cremagliera laterale del carro;
- - da questo momento il comando del sistema è affidato al carro (in questa
fase avviene la stampa);
- - a fine stampa si ha il distacco del comando, mediante l'intervento di un
settore dentato sul cilindro, onde frenarlo del tutto, mentre il carro
prosegue la sua corsa comandato con il meccanismo biella-manovella;
- - al punto morto posteriore (P.M.P.) il carro inverte il moto e ritorna
con velocità negativa (non visibile in figura) mentre il cilindro è tenuto
fermo da un apposito meccanismo. Le corone del cilindro sono prive di
dentatura per un arco di 3O-405 per evitare che le cremagliere del carro
durante il ritorno urtino con i denti del cilindro. In tale zona anche il
raggio del cilindro ha un valore leggermente inferiore.
In definitiva
il meccanismo della forcella «sgancia» il cilindro dal comando del carro, lo
tiene fermo per tutta la corsa di ritorno, infine lo «riaggancia» al carro. Gli
eccentrici che comandano la forcella sono in acciaio indurito e, dalla loro
forma, prendono il nome di cuore e controcuore.
Il movimento del carro si può assimilare ad un moto armonico.
3.3. Macchine ad un giro del
cilindroQueste macchine sono caratterizzate dall'avere il cilindro in moto
rotatorio continuo con velocità angolare pressocché costante. Esso viene
comandato, durante la corsa di stampa, dal carro porta-forma e durante la corsa
di ritorno da ingranaggi che gli trasmettono il moto direttamente dall'albero di
comando (fig. 28). Il moto del carro è, come per le macchine ad arresto del
cilindro, comandato a biella-manovella.
La struttura delle macchine ad un giro può essere molto simile a quella delle
macchine ad arresto e ad arresto ridotto (fig. 31); visibilità del portaforma e
regolazioni del calamaio e dei rulli inchiostratori risultano sulla sinistra,
entrata e uscita fogli sulla destra. Il ribaltamento del foglio può essere
effettuato con catene quando la pila del mettifogli è dallo stesso lato di
quella del levafogli. Il foglio viene fatto adagiare sulla pila dei fogli in
uscita da un carrellino mobile con stecche di sostegno (fig. 31). In altri tipi
di macchine ad un giro del cilindro, la pila del mettifogli è apposta all'uscita
fogli. In questo caso un apposito tamburo ospita lo stampato, per permettere
alle pinze del cilindro di prelevare un nuovo foglio dalle pinze oscillanti
(fig. 32).
Nelle macchine ad un giro la superficie del cilindro sfruttabile per la
stampa è poco più della metà della circonferenza. L'altra parte è leggermente
incavata per permettere il ritorno del carro senza interferire con il cilindro.
3.4. Macchine a doppio giro del
cilindro.La caratteristica fondamentale delle macchine a doppio giro è il
fatto che in un giro del cilindro si esegue la stampa, mentre il secondo giro è
utilizzato per il ritorno del carro (il cilindro è sollevato di qualche
millimetro per permettere il passaggio del carro).
Di conseguenza il comando del movimento del cilindro non può derivare dal
carro, ma dallo stesso albero di comando per entrambi (fig. 34).
Il sincronismo è creato da un rotismo nel cilindro e da una doppia dentiera
sotto il carro. Questo accoppiamento fa in modo che il carro accumuli un'inerzia
(data dal moto rotatorio del cilindro),che deve venire dapprima ammortizzata in
prossimità del punto di fine corsa del carro ed in seguito restituita al carro
stesso nella fase successiva di accelerazione, dopo l'inversione del moto.
Il moto rotatorio continuo del cilindro permette una certa velocità di stampa
con precisione d'esecuzione anche nei grandi formati. L'uscita dei fogli avviene
con la stampa rivolta verso l'alto, dalla parte opposta del mettifogli.
Nelle macchine a doppio giro di tipo classico si hanno diagrammi (tempo,
velocità) con velocità del carro costante nella fase di stampa (fig. 34).
L'accelerazione e la decelerazione del carro ai punti morti sono però notevoli
(visibili dalla pendenza della curva [t, V] della fig. 34). Quindi, per
ammortizzare le forti variazioni di velocità ai punti morti, si usarono sistemi
di decelerazione costituiti da stantuffi che, entrando in apposite camere,
permisero di attenuare gli effetti e di frenare grandi masse dotate di un forte
momento d'inerzia.
Nella macchina a doppio giro «Urania» della Nebiolo, invece, durante la fase
di stampa si ha accoppiamento tra cilindro e carro, dove quest'ultimo,
muovendosi di moto armonico perché comandato da biella e manovella, dà movimento
al primo mediante un comando diretto. Tra la fase di «non stampa» e quella di
«inizio stampa», e tra la fase di «fine stampa» e quella di «non stampa»,
due coppie di settori a profilo speciale ingranano per rendere le accelerazioni
eguali a quelle del comando che si sta per impartire. Grazie alle boccole
eccentriche del cilindro di stampa, quest'ultimo viene sollevato di qualche
millimetro nella fase di ritorno del carro. In questa macchina a doppio giro il
cilindro non ha la velocità costante (fig. 35) nella fase di stampa. In fig. 36
è schematizzata la macchina a doppio giro del cilindro «Urania».
Il comando del carro che consente il movimento a velocità costante, almeno
per la bozza di stampa, è piuttosto complesso. Due cremagliere, poste l'una
sopra l'altra (fig. 37) vengono ingranate alternativamente da una ruota dentata
che si sposta assialmente. In prossimità del punto di fine corsa interviene un
manovellismo a doppia rotella (fig. 38) che entra all'interno di una feritoia;
in tal modo si guida il telaio del carro mentre la ruota dentata si sposta
assialmente.
Con il sistema qui descritto sommariamente si accumula però una forza viva
proporzionale al quadrato della velocità del carro. Occorre quindi utilizzare
dei dispositivi ammortizzatori che accumilino una parte di tale energia al
termine della corsa del carro e la restituiscono per la ripresa del moto nel
senso opposto.
3.5. Macchine pianocilindriche
bicoloriSono macchine che costruì la Heidelberg, definite «pianocurve»,
progettate ,per i casi in cui si dovessero effettuare lavorazioni bicolori a
carattere prevalentemente commerciale. Sono nella loro struttura eguali in tutte
le parti alle macchine ad un giro del cilindro, con la differenza che oltre ad
avere una forma piana con relativo sistema di macinazione ed inchiostrazione
della forma, posseggono un cilindro portaforma atto a montare lastre del tipo
Nyloprint, alimentato da un gruppo di macinazione ed inchiostrazione
autonomo, posto a contatto col cilindro di pressione, in modo da rendere
possibile una prima stampa attraverso la forma curva ed una seconda stampa
attraverso la forma piana durante lo stesso giro del cilindro (fig. 39).
Queste macchine vennero costruite con lo scopo di creare una certa
concorrenza alle macchine offset bicolori, ma con scarsi risultati. La velocità
massima nel formato 38 x 56 risulta infatti di 5.000 fogli/h in stampa bicolore,
mentre per il formato 61 x 87 si scende a 4.000 fogli/h.
4. Macchine tipografiche
rotativeLa stampa tipografica con macchine rotative da foglio rappresentò
l'evoluzione logica verso mezzi capaci di assicurare velocità e produttività
maggiori. L'esigenza di velocità fu dapprima sentita soprattutto per la stampa
di pubblicazioni quotidiane, per le quali la tiratura doveva essere compiuta in
poche ore.
Nel campo dei giornali e dei periodici le macchine rotative da bobina
soppiantarono le macchine da foglio per il fatto di consentire produzioni ad un
ritmo assai più rapido. Infatti si passa dalle 10.000 c/h a 30-40.000 c/h. Le
macchine rotative tipografiche da foglio sono perciò obsolete, usate ancora in
alcuni casi per la loro capacità di fornire un'ottima qualità di stampa, a
condizione di disporre di adeguate forme rilievografiche. Le forme tipografiche
ottenute per fusione o modellazione non sono più utilizzate; si impiegano forme
flessibili, ottenute mediante fotoformatura, con buoni risultati per medie
tirature ad un solo colore.
La diffusione di questo metodo di stampa è stata impedita dal costo elevato
delle lastre e dal lungo tempo richiesto per l'avviamento in macchina; i
continui perfezionamenti delle forme planografiche non hanno consentito alle
lastre rilievografiche «avvolgibili» di raccogliere i frutti dei progressi
veramente notevoli compiuti nel settore dei fotopolimeri. Si fornisce ora
qualche schema, a titolo indicativo generale, di macchine rotative tipografiche
tra le più note.
4.1. Macchine monocoloriLa fig.
41 illustra schematicamente la macchine rotativa tipografica monocolore da
foglio PAX della Koënig & Bauer. Il foglio alimentato dal mettifogli (1), è
immesso in macchina dalle pinze oscillanti (2) e dal tamburo rotante (3). Il
cilindro di stampa (4) comprime il foglio contro il cilindro porta forma (5) e
lo cede quindi al trasportatore a catene (6) che lo porta fin sulla pila (7).
Il cilindro porta forma (5) è munito di scanalature lungo le quali scorrono i
morsetti per fissare le forme curve.
4.2. Macchine bicoloriLa figura
42 illustra una significativa realizzazione (Koënig & Bauer - Rotafolio). I
due gruppi stampanti (I e 2), composti ciascuno da un gruppo inchiostratore ed
un cilindro portaforma, stampano su di un cilindro comune (3) sul quale si
avvolge il foglio afferrato dalle pinze. Si devono usare lastre avvolgibili di
ottima qualità e perfettamente calibrate dato che non è ovviamente possibile
compensare le eventuali imperfezioni di spessore con
aggiunte al rivestimento del cilindro (taccheggio).
Le operazioni di avviamento, non sempre evitabili, soprattutto quando occorra
stampare quadricromie, devono essere effettuate con aggiunta e rimozione di
spessori di carta sotto le lastre: operazione possibile, ma lunga ed onerosa.
Il mettifogli (4) la tavola di alimentazione (5) e l'uscita del foglio (6)
completano la macchina.
4.3. Macchine rotative tipografiche
bianca e voltaLa possibilità di stampare entrambe le facce del foglio in un
unico passaggio in macchina raddoppia la produttività di una macchina
monocolore. I grandi formati, per i quali le macchine bianca e volta furono
costruite, consentirono produzioni di stampati (fig. 43) sempre adeguate alle
necessità dell'editoria periodica.
I cilindri porta-forma (I) e (2) possono presentare diversi tipi di attacco,
idonei per le varie forme, inoltre sono facilmente smontabili e sostituibili.
Le due facce del foglio vengono stampate successivamente: durante la stampa
della «volta» la stampa fresca della «bianca» può subire deterioramenti
(sdoppiamenti, sbaveggi, ecc.). Si ovvia almeno in parte a tali inconvenienti
rivestendo il cilindro di pressione del secondo elemento (3), con materiale
repellente all'inchiostro, usando inchiostri a rapida essicazione, agevolando
l'essicazione con lunghi percorsi del foglio tra la prima e la seconda stampa e
ricorrendo all'azione di soffi d'aria sulla stampa fresca.
La fig. 43 illustra schematicamente la macchina Victoria Poligraph. Tra la
stampa della volta eseguita del cilindro (3) e quella della bianca eseguito dal
cilindro (4) sono interposti quattro cilindri di trasferimento (T) che hanno la
duplice funzione di lasciare maggior tempo per l'essicamento della stampa e
consentire una buona accessibilità tra i due elementi.
5. AvviamentoLa parola
«avviamento» può avere due significati: in senso lato comprende tutte le
operazioni per la preparazione della macchina da stampa, dal controllo del
passaggio dei fogli alla regolazione dell'inchiostrazione; in senso stretto per
«avviamento» s'intendono solo le operazioni per il livellamento dei grafismi in
modo da renderli uniformemente stampanti.
Nella stampa rilievografica con forme rigide si hanno zone a diversa
pressione per i seguenti motivi:
- - imperfezione nell'altezza dei grafismi della forma;
- - diverso comportamento alla pressione di grafismi aventi area
diversa;
differenze di comportamento dei materiali usati nel rivestimento
dell'organo di pressione ospitante il foglio;
- - elasticità degli organi di pressione;
- - usura della macchina da stampa.
5.1. TaccheggioPer ovviare alle
disuniformità di pressione si costruisce il foglio del taccheggio, costituito da
un supporto su cui vengono fissati, nelle aree con minor pressione, spessori di
carta sottile (20-50 u). In particolare l'impressore cura che la pressione media
sia rispettata entro una tolleranza di +20 u m di interferenza su tutta la
superficie stampata. Il foglio del taccheggio è fissato sotto il rivestimento
dell'organo di pressione con notevole precisione. In alcuni modi operativi si
usa porre il taccheggio al di sotto della forma, anche se ciò è sconsigliabile
per la modificazione dell'interferenza tra grafismi e rulli inchiostratori.
Il taccheggio può avere funzioni non solo di livellamento, ma anche di
protezione dei grafismi microscopici. Infatti, dopo un notevole numero di
impressioni si verificano deformazioni maggiori sui grafismi piccoli, specie sui
microscopici punti dei retinati, o sui filetti, con inevitabile deterioramento
della forma. Nella fig. 44 si nota che, a parità di schiacciamento, il punto
minore ha raddoppiato la sua area, mentre il maggiore, ha incrementato la sua
superficie di un valore relativamente limitato.
Per la preventiva protezione dei micrografismi, quindi, si esegue un
taccheggio dei retinati aumentando la pressione nelle zone a percentuale di
punto maggiore, con il ritaglio manuale su di un foglio di prova stampato, delle
aree dei retinati interessate al taccheggio; esse sono poi applicate a registro
sul foglio di «maestra» sul cilindro di pressione (fig. 45).
In fig. 44, in alto sono schematizzati i punti a minima e massima percentuale
di un retinato, alla prima copia di stampa. Dopo un consistente numero di
impressioni, si ipotizza che entrambi i punti siano schiacciati come indicato
nello schema sottostante. E visibile, anche senza alcun calcolo, che il punto
più piccolo si è ingrandito percentualmente in quantità maggiore. Per
controllare l'ingrandimento dello schema si tenga presente che un punto al 5% di
un retinato a 48 linee/cm misura un raggio di circa 25 mm
5.2. Taccheggi non manuali per
illustrazioniSi tratta di adattamenti del taccheggio per ottenere
rapidamente il risultato. Per esempio con il sistema MKZ si sfrutta
l'azione di corrosione di un bagno contenente ipoclorito di sodio su di una
carta patinata stampata con l' illustrazione in esame. Nelle zone maggiormente
protette dall'inchiostro (a percentuale di punto maggiore), l'azione corrosiva é
inferiore, viceversa le zone a percentuale di punto minore. È evidente che
l'asciugamento del foglio rende lento il processo , si hanno inoltre
corrispondenze di registro non perfette tra la stampa e la dimensione del foglio
MKZ una volta che sia essicato.
Con il tacco alle polveri (sistema Primaton o altri), si
utilizza il potere dell'inchiostro ancora fresco di trattenere particelle di
polveri diverse aventi diametro calibrato: da circa 10-20 mm a 200-250 mm. Esse
vengono distribuite sulla superficie del foglio appena stampato, successivamente
si asportano con pennello dalle zone non interessate al rinforzo. Col sistema
Primaton le particelle vengono fuse con stufetta a circa 130-160 'C, con altri
sistemi si hanno soluzioni fissativi della polvere. La procedura è comunque
relativamente lunga e qualitativamente fornisce risultati non brillantissimi in
quanto a registro, a causa o dell'essiccamento del foglio o dell'imbizione del
medesimo dovuta ai fissativi. Il sistema di taccheggio 3 M usa un
particolare supporto termosensibile, capace di rigonfiare di 110-170 m le zone a
percentuale di punto maggiore; il supporto stampato con inchiostro nero viene
immesso in un'apparecchiatura dotata di sorgente di raggi infrarossi. Pur
essendo il sistema più costoso, è decisamente rapido, anche se è provato che il
tacco 3 M non resiste ad alte tirature.
Macchine offset da foglio
1. Nota storica La litografia è
un procedimento di stampa con forma piana che si può considerare la diretta
antenata della moderna stampa offset. Tale principio di stampa fu scoperto alla
fine del '700 da Louis Senefelder. Dopo molti tentativi, egli riuscì a stampare
con una pietra calcarea resa perfettamente piana, sulla quale aveva
precedentemente scritto con una matita grassa (a base di resine e nerofumo).
Successivamente, egli inumidì la pietra con acqua, e le zone idrofile (ricettive
all'acqua) assorbirono il liquido che fu invece respinto dalle zone ricoperte
dalla matita grassa. In queste ultime egli distribuì l'inchiostro, depositato
con apposito rullo; le operazioni si dovevano ripetere in sequenza. lì principio
della stampa litografica si basa appunto sull'affinità dell'inchiostro con le
zone lipofile e dell'acqua con le zone idrofile.
Dalla fase sperimentale si passò presto a quella pratica e lo stesso
Senefelder costruì il primo torchio litografico, poi perfezionato da Brisset nel
1833. Tale torchio, detto a stella (fig. 46), è essenzialmente costituito da un
piano scorrevole sul quale viene deposta la pietra litografica, bagnata ed
inchiostrata a mano. In seguito, la pietra si ricopre con un foglio di carta,
che dovrà ricevere l'impressione, e con una lamina di zinco, dello spessore di
0,8 -: 0,9 mm, che ha lo scopo di assicurare la necessaria pressione tra la
carta e la pietra litografica.
Negli anni che seguirono il torchio litografico fu ancora perfezionato e
vennero costruite le prime macchine litografiche piano-cilindriche. Esse
differivano dal torchio litografico per l'inchiostrazione e la bagnatura,
assicurata da appositi rulli, e per la pressione, regolabile.
Bisogna però attendere sino ai primi del '900 perché si costruiscano le prime
macchine litografiche (fig. 47), che utilizzavano come forma lastre di zinco, in
luogo della pietra litografica (macchine pianocilindriche).
A cominciare dalla prima metà del '900, furono perfezionati i procedimenti
fotomeccanici di formatura delle lastre che contribuirono in modo notevole alla
diffusione delle macchine litografiche dirette; negli anni che seguirono si
verificò il vertiginoso sviluppo della stampa offset da foglio e da bobina.
2. GeneralitàLa stampa offset è
un sistema di stampa planografica Indiretto, impiega cioè forme piane e in essa
il supporto non è a contatto con la forma. Ciò consente d'aumentare la durata
delle forme (che sarebbero rapidamente deteriorate dall'abrasività della carta),
inoltre consente d'impiegare un'immagine «diretta» sulla forma ed una minore
pressione per la presenza di una superficie elastica tra forma e foglio.
Si usa dividere le diverse macchine da stampa offset da foglio a seconda del
numero di colori o di facciate impresse. Il gruppo-stampa monocolore è il più
semplice: è formato da tre cilindri (porta forma, porta telo gommato, di
pressione) posti in una struttura che permette loro di ricevere, stampare e
rilasciare agevolmente il foglio (fig. 48).
Una diversa disposizione dei cilindri è stata realizzata con la costruzione
di una macchina in cui essi sono disposti in orizzontale, al fine di migliorare
l'accessibilità alle parti meccaniche e la comodità di lavoro. Si tratta di
strutture possibili solo per piccoli formati (fig. 49).
Tale macchina risulta una modifica della struttura delle corrispondenti
macchine tipografiche; fu sostituita da altre aventi il mettifogli dal lato
opposto a quello del levafogli, con il vantaggio di poter operare con pila alta.
Il problema dell'accessibilità nelle macchine offset è molto sentito in
quanto ad ogni fermo macchina bisogna subito coprire la lastra con uno strato di
gomma arabica, per prevenirne l'ossidazione. In queste piccole macchine non vi
sono dispositivi per il lavaggio del caucciù che pertanto dev'essere eseguito
manualmente.
Si accenna ora brevemente ad alcuni problemi generali relativi alla stampa
con macchine offset, rimandando ad altre parti per l'approfondimento.
La stampa successiva di due colori non è un problema per le macchine rotative
(per quanto riguarda la meccanica); essa inoltre consente di ridurre quasi a
metà i tempi di lavoro, rispetto ai due passaggi separati necessari con macchine
monocolori. Esistono però alcuni problemi di stampa, per esempio:
1. Durante la stampa del secondo colore è possibile che l'inchiostro della
prima impressione non sia totalmente essiccato. La pressione di stampa, che è
normalmente elevata (circa 30 kg/cml), può quindi danneggiarlo; in queste
condizioni si impiega perciò esclusivamente inchiostro ad essiccazione rapida
che in frazioni di secondo dalla deposizione presenta uno strato superficiale di
resine che conferiscono un'apparente essiccazione. La vera essiccazione ha luogo
invece in un tempo assai più lungo, ma così non si hanno eccessivi problemi nel
secondo elemento di stampa, inoltre si può utilizzare il sistema di uscita «a
pila alta».
2. Lo strato superficiale del tessuto gommato (caucciù) presenta una notevole
adesività verso l'inchiostro. Ogni impressione successiva alla prima tende sia a
sottrarre alla carta particelle inchiostrate e non, sia a deformare i punti già
stampati. Si forma, così, un deposito d'inchiostro dei colori precedenti sul
telo gommato dei colori successivi. che viene pressato più volte sulla carta.
Oltre ad un inevitabile schiacciamento del puntino (fig. 50). il parziale
deposito dei colori già stampati sul caucciù può, in certe condizioni, alterare
il colore iniziale.
3. Queste impronte parassite vengono stampate sui fogli successivi: se esse
presentano una posizione leggermente variata rispetto alla posizione iniziale di
stampa, si ha sdoppiamento del puntino (fig. 51). Questo fenomeno non si
presenta a condizione che i fogli siano a perfetto registro ad ogni passaggio,
cosa non sempre realizzabile, poiché, nel passaggio da un elemento di stampa
all'altro, sono sufficienti differenze dell'ordine dei centesimi di millimetro
per originare sdoppiamento nella stampa. Questo fenomeno si manifesta con
repentini aumenti di tonalità, particolarmente evidenti nelle zone di passaggi
tonali molto tenui: per esempio carnagioni, alte luci, ecc.
4. Lo «sventagliamento della stampa» verso la coda del foglio si presenta
come un progressivo restringimento dei colori successivi al primo, come se il
foglio si allargasse in retropinza. Il fenomeno si produce per l'azione di
stiramento che si ha all'atto della stampa. Il foglio viene stampato in coda
mentre è sottoposto ad un'azione di stiramento dal bordo d'inizio stampa verso
gli angoli di fine stampa: una volta cessata quest'azione, il foglio riprende le
dimensioni iniziali. Per contrastare il fenomeno si tende a far entrare il
foglio in stampa con il suo bordo anteriore leggermente arcuato, in modo da
creare una reazione contraria allo stiramento, oppure equipaggiando il cilindro
con speciali ganasce registrabili, che consentono di correggere il difetto,
deformando leggemente le lastre in coda.
Le macchine da stampa sono state perfezionate gradualmente anche per quanto
riguarda gli organi meccanici di comando ed i meccanismi di trasferimento dei
fogli. I primi problemi a cui si è andati incontro erano rappresentati da:
- - striature o barrature dovute a ingranaggi: questo inconveniente portava
ad un serio danneggiamento della lastra dopo poche migliaia di copie. E stato
risolto con un migliore taglio dei denti, l'introduzione degli ingranaggi
elicoidali (fig. 52) e con una corretta scelta dello spessore dei rivestimenti
dei cilindri porta lastra e porta tessuto gommato
- - accoppiamenti tra i perni dei cilindri e le relative boccole sono state
per lungo tempo causa di notevoli imperfezioni di stampa.
Oggi gli
inconvenienti sono stati superati grazie al miglioramento degli accoppiamenti
perni dei cilindri-boccole (fig. 53) o ricorrendo all'uso di cuscinetti di
rotolamento di alta precisione. Troviamo così macchine dotate di cuscinetti ad
aghi, costituiti da gabbie rotanti con una doppia serie di cilindretti (aghi).
Essi, per la loro dimensione e forma e per il
3. Organi di alimentazione e di
registroTali organi hanno il compito di portare il foglio dalla pila alla
tavola di puntatura, e di qui condurlo alle pinze del cilindro di stampa in modo
corretto. Essi, pur dovendo svolgere funzioni diverse, hanno in comune
l'esigenza di lavorare con grande precisione anche ad alte velocità.
Nelle macchine da stampa reprografiche ed in alcune offset di piccolo
formato, esistono mettifogli molto semplici, basati su un meccanismo in moto
alternativo che, premendo sulla pila di carta con una serie di rullini,
costringe, per attrito, il foglio superiore ad immettersi in macchina.
Tali mettifogli non saranno analizzati nel seguito; si tratterà infatti solo
di mettifogli pneumatici.
3.1. Mettifogli pneumaticiVi
sono due tipi principali di mettifogli: a presa anteriore del foglio (con
puntatura a foglio singolo) e a presa posteriore (con puntatura a «squame»). I
mettifogli a presa anteriore (fig. 55) si usano su macchine con velocità non
superiori ai 5000 fogli/h. Il loro funzionamento è semplice; una barra dotata di
ventose solleva il lembo anteriore del foglio e lo cede ad un sistema di
trasporto posto sulla tavola di puntatura, ove il foglio deve procedere molto
velocemente, per togliersi dalla traiettoria delle ventose e consentire a
quest'ultime di afferrare il foglio successivo.
Si può valutare pari a due volte la lunghezza del foglio la distanza tra il
bordo di un foglio ed il successivo. La velocità del foglio, per quanto
attenuata da un forte rallentamento in prossimità dei registri frontali, limita
la possibilità di puntatura dei mettifogli a presa anteriore alle macchine lente
e di piccolo formato.
Tale problema non sussiste per il mettifoglio a presa posteriore (fig. 56),
poiché le ventose agiscono sulla parte posteriore della pila, e la distanza tra
i due fogli successivi si può ridurre a circa 1/3 o 1/4 della lunghezza di un
foglio. Dopo che si è sollevato il bordo del foglio, interviene un altro
dispositivo di ventose di trasporto che ha il compito di trasportare il foglio
fino ad un sistema di rulli e nastri posto sulla tavola di puntatura, che
trasportano i fogli parzialmente sovrapposti fino ai registri frontali.
Dalla sovrapposizione dei fogli sulla tavola questo mettifoglio deriva la
denominazione a «squame». I vantaggi e gli svantaggi dei due sistemi si possono
così riassumere: per quanto riguarda il mettifoglio a presa anteriore consente
breve tempi di registrazione e costi contenuti di fabbricazione. I vantaggi del
mettifoglio posteriore, invece, sono: alte velocità di alimentazione (più di
10.000 fogli/h), grandi formati, marcia del foglio assai più tranquilla, ecc.
3.2. Mettifogli a foglio singolo (o
a presa anteriore)Nonostante le limitazioni in fatto di velocità e formato,
è particolarmente adatto per piccole tirature, ed ha una grande versatilità per
la stampa di carte di svariato tipo e dimensioni. Il tavolo porta pila è dotato
di salita automatica comandata da una barra a contatto con la pila, la quale fa
sollevare la pila di fogli man mano che essi si esauriscono. Siccome tale barra
è a contatto con i fogli, occorre prendere precauzioni quando si devono stampare
il secondo, il terzo ed il quarto colore, infatti se il colore che precede non è
ancora asciutto la barra potrebbe macchiare i fogli sottostanti. L'inconveniente
può essere evitato inserendo nella barra rullini di gomma che poggiano nelle
zone bianche del foglio.
L'aria in uscita dalle ventose può essere regolata a seconda del tipo di
carta, inoltre sul lato anteriore della pila vi sono soffierie d'aria regolabili
per la migliore separazione dei fogli (fig. 57).
3.3. Mettifogli a squame (o a presa
posteriore)In questo caso la velocità più alta ed il formato maggiore
richiedono una costruzione più complessa. Il sistema è dotato di una serie di
ventose aspiranti per la presa del foglio (fig. 58) e di un'altra serie di
ventose aspiranti con funzioni di trasporto (fig. 59).
Tali organi sono comandati da camme: il funzionamento è molto silenzioso,
grazie al largo impiego di cuscinetti a sfere, che garantiscono la precisione e
semplificano la manutenzione. In questo complesso, il piedino tastatore svolge
anche il compito di trattenere i fogli sottostanti, coadiuvato da mollette e
spazzole che frenano l'azione smazzatrice delle soffierie.
Il foglio, giunto sulla tavola di puntatura, viene guidato da nastri e
rullini (fig. 60) ai registri frontali, che raggiunge in fase di rallentamento.
La successiva azione della squadretta laterale sposta i fogli fin contro un
margine, completandone l'esatto e costante posizionamento prima dell'immissione
in macchina,
3.3.1. Metti fogli non stopPer
aumentare la produttività, si è generalizzato l'uso di dispositivi tendenti a
ridurre i tempi morti di fermo macchina e, tra questi, il mettifoglio «non
stop», che troviamo soprattutto su macchine pluricolori o di grande formato.
Un tipico mettifoglio non stop comprende: una tavola di caricamento dei fogli
con scanalature parallele al senso di avanzamento dei fogli in macchina e una
serie di sbarre metalliche, infilabili nelle scanalature (fig. 61).
Quando la pila dei fogli sta per terminare, s'introducono nelle scanalature
le sbarre metalliche, che vengono appoggiate alle estremità anteriore e
posteriore su barre trasversali facenti parte di un dispositivo di sollevamento
supplementare che consente al mettifoglio di continuare a smaltire regolarmente
i fogli. Contemporaneamente la tavola con scanalature viene asportata e la pila
sottostante, preparata in precedenza, viene sollevata fino a contatto delle
barre metalliche. Il cauto sfilamento di quest'ultime completa l'operazione,
senza arrestare il funzionamento della macchina.
Soluzione più semplice è quella che prevede un breve arresto per portare in
posizione la nuova pila pre impilata in macchina o fuori macchina.
3.4. Tavola di
puntaturaAnticamente, per immettere i fogli in macchina a perfetto
registro, i fogli venivano «bucati» da due aghi retrattili posti sulla tavola
all'estremità del bordo di inizio stampa. Nei successivi passaggi, i fogli
venivano piazzati facendo coincidere ogni volta i buchi con gli aghi della
tavola. Quest'operazione, denominata «puntatura», ha dato il nome a questa
tavola.
Costruita in legno o lamiera metallica, essa adempie a molteplici funzioni,
grazie ai dispositivi di cui è dotata:
- - trasportare il foglio fino ai registri frontali;
- - controllare l'arrivo da quando è abbandonato dal sistema di
trasporto;
registrare frontalmente i fogli, in senso trasversale a quello
di avanzamento;
- - registrare lateralmente i fogli, in senso parallelo a quello di
avanzamento.
La tavola di puntatura sostiene quindi i fogli durante il
trasporto operato da una serie di pinze (fig. 62) oppure, più in generale, da
una serie di rullini che pigiano sul foglio e sui nastri di accompagnamento
(fig. 63).
In figura 64 è illustrato il modello di trasporto del foglio con nastri e
rullini.
4. Dispositivi di registrazione del
foglio
4.1. PreregistroIn alcune
macchine di medio e grande formato un dispositivo, denominato «preregistro»,
viene piazzato a monte dei registri per svolgere una duplice funzione:
- -ricevere il foglio in movimento e correggerne eventuali difetti
d'allineamento;
- - accompagnare il foglio, sempre in movimento, ma a velocità via via
ridotta, fino ai registri frontali, per ridurne l'impatto soprattutto quando
la macchina gira ad alta velocità.
Con l'aumento delle velocità
massime, questo dispositivo, meccanicamente assai complesso, è stato sostituito
da un semplice rallentamento dei fogli, ottenuto grazie a nastri a velocità
variabile con il minimo corrispondente all'arrivo dei fogli contro i registri
(fig. 65).
4.2. Registri o marginiSi hanno
due tipi di registri: frontali e laterali. La loro azione combinata permette al
foglio d'essere posizionato correttamente, con la massima precisione, prima
d'essere introdotto nel gruppo stampante.
4.3. Registri frontali Sono
posti al termine della tavola di puntatura, e si inseriscono per pochi
millimetri all'interno della stessa, in apposite scannellature, che
costituiscono il cosiddetto «pettine» della tavola di puntatura. Hanno lo scopo
di:
- - arrestare il foglio al termine della tavola di puntatura e consentirne
la registrazione laterale;
- - attendere che le pinze oscillanti abbiano afferrato il foglio;
- - ruotare per lasciare passare il foglio ormai controllato dalle pinze
oscillanti.
In alcuni modelli di macchine i margini frontali sono
posti sulle pinze oscillanti. I registri frontali sono costituiti da lamelle
metalliche, calettate ad un albero dotato di moto oscillante (fig. 66). Viti
micrometriche permettono il loro spostamento in senso perpendicolare a quello di
avanzamento del foglio, sia per variare la distanza tra il bordo anteriore del
foglio (pinza) ed inizio stampa, sia per permettere piccole registrazioni
angolari del foglio.
In alcune macchine, i registri frontali possono essere spostati lungo il loro
asse, perpendicolarmente alla direzione di avanzamento del foglio, per essere
disposti a circa 1/4 e 3/4 del lato del foglio. In condizioni non critiche
vengono registrati solamente i due registri suddetti. Nel caso di formati molto
grandi (80x120 cm ed oltre), oppure con carte sottili o poco rigide, può
convenire far lavorare più di due registri, ma in tal caso i registri
supplementari non devono interferire con l'azione dei primi due: essi hanno lo
scopo di attenuare l'impatto del bordo del foglio contro i due registri
principali, essendo arretrati rispetto a questi di alcuni centesimi di mm.
La posizione del centro di rotazione dei registri può essere superiore (fig.
67) o inferiore alla tavola di puntatura (fig. 68).
L'anticipato ritorno in posizione di lavoro dei registri frontali, possibile
con il tipo avente centro di rotazione sotto la tavola, migliora il registro,
perché il foglio può arrivare ai registri frontali prima ancora che la «coda»
del foglio precedente abbia lasciato la tavola di puntatura, si aumenta, così il
tempo disponibile per l'assorbimento del foglio sui registri frontali e
laterale. L'invito metallico, parallelo alla tavola di puntatura, utile a
permettere un accostamento corretto del foglio ai registri frontali, è definito
controregistro. Può essere conglobato nello stesso registro frontale, quando
questo ha centro di rotazione superiore alla tavola di puntatura. Oppure può
essere comandato da un altro albero (fig. 69), nel caso opposto.
La registrazione della luce del controregistro è funzione dello spessore del
foglio (fig. 70). Con fogli di spessore minimo, 50-100 mm, viene prevista una
distanza tra il controregistro e il pettine della tavola di puntatura pari a
tre, quattro volte lo spessore del foglio. L'esperienza insegna che con fogli di
spessore superiore (200 millesimi di mm ed oltre) non è consigliabile aumentare
la luce del controregistro oltre il doppio dello spessore del foglio. Infatti lo
spessore aumenta la rigidità del foglio che può urtare i registri frontali e
rimbalzare indietro. Il controregistro svolge, in questo caso, la duplice azione
di guidare e stabilizzare i fogli contro i registri.
4.4. Registro laterale o
squadrettaE un dispositivo che permette il posizionamento laterale del
foglio spostandolo o per trazione o per spinta. I dispositivi di registrazione
laterale del foglio hanno in comune fra loro alcune caratteristiche:
- - hanno un margine laterale, posto verticalmente alla tavola di puntatura
che stabilisce la posizione di arresto del foglio;
- - sono dotati di un elemento scorrevole entro la tavola di puntatura
(cursore) che opera spostandosi verso l'esterno della tavola di puntatura
nelle squadrette a trazione e verso il centro in quelle a spinta;
- - le squadrette a trazione sono dotate di un mezzo che esercita una
pressione idonea sul foglio per trascinarlo grazie al cursore verso il margine
laterale.
Altre squadrette a trazione possiedono un cursore che aspira
il foglio e lo trascina lateralmente senza mezzi meccanici di pressione.
La registrazione laterale deve avvenire nel tempo limitato che intercorre tra
l'assestamento del foglio sui registri frontali e la chiusura delle pinze
oscillanti sul foglio registrato. Le sempre maggiori velocità hanno costretto i
fabbricanti di macchine da stampa a continui perfezionamenti degli organi di
registrazione.
Nelle squadrette a spinta (fig. 72) un dispositivo, normalmente unico, è
montato su un cursore. L'azione di spinta del foglio può essere difettosa con
carte sottili e poco rigide perché queste possono deformarsi sotto l'azione
meccanica, viceversa, con carte spesse e rigide, il foglio può staccarsi dal
margine per l'urto cui è soggetto. In entrambi i casi si ha un registro laterale
imperfetto.
La squadra a martelletto opera a trazione del foglio, con possibilità di
regolazione della pressione con cui il mezzo meccanico pigia sul foglio (fig.
73). E un'evoluzione rispetto alla squadra a spinta, ma il movimento alternativo
della parte mobile costituisce un limite al suo funzionamento che non può
superare le 5/6000 copie ora.
Naturale evoluzione per le alte velocità è la squadretta a rullino, molto più
affidabile (fig. 74). Un'ulteriore evoluzione si ha con il sistema di trazione
pneumatico: tramite un cursore forato e aspirante, il foglio viene trascinato
verso l'arresto laterale (fig. 75).
5. Dispositivi di controllo
dell'immissione del foglioUn foglio può creare inconvenienti nel gruppo
stampante quando:
- - non arriva al gruppo stesso;
- - giunge obliquamente ai registri frontali;
- - viene prelevato in più di un esemplare dal mettifoglio.
Nel
primo caso il difetto é provocato o dalla mancata presa da parte delle ventose
del mettifoglio o da ostacoli solitamente meccanici, generato da componenti
della tavola di puntatura; nel secondo caso si hanno problemi analoghi; nel
terzo il difetto principale ha origine nel mettifoglio, non registrato
accuratamente o in fenomeni di elettricità statica che non permette il rapido
distacco dei fogli.
I dispositivi di controllo della presenza del foglio sono disposti al termine
della tavola di puntatura.
Si usano almeno due meccanismi che sondano lateralmente il bordo anteriore
del foglio. Il dispositivo di controllo del doppio foglio é disposto sulla prima
parte della tavola di puntatura.
Vengono descritti qui di seguito i principali meccanismi applicati sulle
macchine da stampa, suddivisi in base alla funzione da essi svolta:
- - verifica della mancanza del foglio;
- - controllo del doppio foglio.
1. Verifica della mancanza del
foglio. Quando il foglio non è immesso nel gruppo stampante, l'impressione
viene trasferita sul cilindro di pressione; al passaggio dei fogli successivi si
verifica una «controstampa» sul loro verso. Se il foglio viene afferrato dalle
pinze solo da una parte del lato anteriore, perché è giunto obliquamente ai
margini frontali, si può avere, come conseguenza, una serie di inconvenienti
quali: lacerazione del foglio, trasferimento parziale o totale del foglio nel
gruppo inchiostratore, deformazione permanente del telo gommato per compressione
di carta ripiegata più volte (con spessore elevato rispetto al normale).
Esistono dispositivi per il controllo della presenza del foglio basati su
sistemi pneumatici, meccanici o fotoelettrici.
Nelle macchine con trasporto del foglio sulla tavola di puntatura per mezzo
di pinze (per piccoli formati), può essere utilizzato un sistema di controllo
pneumatico (fig. 76). Un foro situato sulle pinze lascia passare aria compressa
se il foglio non è afferrato, oppure se è disposto obliquamente, creando uno
scompenso pneumatico in un'apposita camera a pressione.
Automaticamente si ha il disinnesto della pressione e l'arresto nel
mettifoglio.
Un dispositivo analogo è costituito da sonde meccaniche rigide (aghi, fig.
77) che esplorano, con movimento alternativo, la tavola di puntatura. In assenza
del foglio gli aghi penetrano in apposite scanalature. provocando lo scatto di
un microinterruttore ed effetti opportuni sui meccanismi di comando della
macchina.
Per evitare strisciamenti e contatti meccanici sulla superficie del foglio
esistono dispositivi più raffinati: fotocellule e sorgenti luminose. Sul bordo
anteriore del foglio gia registrato al termine della tavola di puntatura, viene
regolata una sorgente luminosa, in modo che la sua energia sia riflessa dalla
superficie del foglio e captata da una fotoresistenza, come in fig. 78.
Il non corretto arrivo del foglio ai margini frontali provoca la dispersione
del raggio luminoso, reazione della fotocellula ed arresto del mettifoglio e
contemporaneo distacco della pressione tra i cilindri. Esistono dispositivi di
controllo con fotocellula funzionanti sia al di sopra, sia al di sotto della
tavola di puntatura. In alcuni modelli è prevista una doppia fotocellula per
controllare anche il superamento dei registri da parte del bordo anteriore del
foglio.
2. Dispositivo per il controllo del doppio foglio. Sulla tavola di
puntatura esistono dispositivi per il controllo del passaggio dei fogli. Può
infatti succedere che le ventose afferrino due o più fogli contemporaneamente
per difettosa registrazione o per cane difficili, quali, ad esempio, carte di
bassa grammatura, con scarsa umidità relativa nell'ambiente (che provoca
fenomeni di elettricità statica tra i fogli della pila), con carte molto porose
(permeabili all'aria), ecc. I dispositivi che rivelano l'inconveniente vengono
regolati sullo spessore dei fogli immessi in macchina e segnalano lo spessore
maggiore che si ha quando viene afferrato un doppio foglio. L'eventuale
passaggio di doppi fogli genera, ovviamente, la presenza di fogli non stampati
all'interno della pila con prevedibili conseguenze.
Altri effetti possibili sono: non corretta registrazione laterale per
l'elevato spessore del doppio foglio, mancata registrazione sui margini
frontali, con pericolo di spiegazzamento del foglio in pinza e la creazione di
elevati spessori che, nella fase di stampa, possono danneggiare la superficie
del telo gommato.
La presenza di uno o più fogli in eccesso tra quelli che scorrono lungo la
tavola di puntatura può essere rivelata o da dispositivi elettromeccanici (fig.
79) oppure da dispositivi elettronici che entrano in funzione a seguito della
variazione di capacità elettrica dovuta alla presenza di un foglio in più tra le
due piastre di un condensatore facente pane di un circuito oscillante (fig. 80).
6. Organi per il trasferimento del
foglio al gruppo stampanteNelle prime rotative offset questo compito era
svolto dalla cosidetta «scatola delle pinze» posta direttamente sul cilindro di
pressione con il compito di afferrare il foglio fermo e portarlo di colpo alla
velocità del cilindro. Tale meccanismo presentava inconvenienti sia per le
brusche accelerazioni a cui era sottoposto sia per l'insicurezza del registro di
stampa ottenibile. L'evoluzione tecnologica ha visto la diffusione delle pinze
oscillanti quale meccanismo più idoneo e diffuso per il trasferimento del foglio
dalla tavola di puntatura al gruppo stampante.
Altri sistemi simili o assai diversi rispetto alle pinze oscillanti, hanno
pure trovato una certa diffusione. Di questi si accennerà alla fine del presente
paragrafo.
6.1. Pinze oscillantiLe pinze
oscillanti hanno lo scopo di prelevare il foglio fermo sulla tavola di
puntatura, di accelerano e di consegnarlo al cilindro di pressione alla medesima
velocità periferica di quest'ultimo.
Il diagramma di velocità è generalmente quello indicato dallo schema di
figura . 81
Dal diagramma si osserva che l'accelerazione a cui vengono sottoposte le
pinze oscillanti è piuttosto alta e questa constatazione permette di affermare
che la robustezza delle citate pinze non deve andare a scapito del peso, ovvero
della massa; infatti ai fini dell'inerzia e della forza centrifuga, un peso
eccessivo delle pinze può causare flessioni dell'albero stesso.
Per ottenere il richiesto andamento della velocità, apposite leve delle pinze
terminano con un rullino, la cui superficie scorre sulla pista di una camma;
l'aderenza è assicurata da robuste molle (fig. 82).
In alcune macchine il centro di rotazione delle pinze oscillanti è fisso. Sia
nell'andata sia nel ritorno queste compiono la medesima traiettoria. Per non
interferire con la periferia del cilindro di pressione, tale tipo di pinze
oscillanti, dette a bilanciere semplice, deve attendere al punto morto superiore
che il cilindro rivolga verso di esse la pane incavata. Pertanto tali pinze
subiscono forti accelerazioni anche nella fase di ritorno (fig. 83).
In altre macchine anche il centro di oscillazione ha un movimento
traslatorio, in modo tale che le pinze oscillanti abbiano un moto rotatorio
tangente al cilindro nella fase di salita e un moto traslatorio e rotatorio
(allontanamento dal cilindro di pressione) durante la fase di ritorno. Con tale
accorgimento le pinze oscillanti possono iniziare il moto di discesa senza
interferire con il cilindro di stampa, immediatamente dopo aver raggiunto il
punto morto superiore, con minore accelerazione (fig. 84).
Il comando di apertura e chiusura delle pinze oscillanti è analogo ai comandi
di tutte le pinze. Per la chiusura si preferisce, per garantire un sicuro
registro, comandare l'albero portapinze con una camma opportunamente sagomata
che agisce su un cuscinetto posto eccentricamente rispetto all'albero stesso
(fig. 85). L'apertura delle pinze è garantita da molle.
6.2. Sistemi speciali d'immissione
del foglioSi fornisce una breve descrizione di alcuni dispositivi di
immissione del foglio di recente realizzazione:
- - sistema «vacuum belt»:
- - dispositivo Soma;
- - sistema Heidelberg.
6.2.1 Sistema «Vacuum Belt»
(OMCSA)Si tratta di un sistema di trasferimento del foglio al cilindro di
stampa che sfrutta l'azione di cinghie pneumatiche (fig. 86). Non
esistono pinze oscillanti: l'accelerazione del foglio per raggiungere la
velocità periferica del cilindro stampa è assicurata dal sistema pneumatico. I
margini frontali per la registrazione del foglio sono posti sul cilindro, mentre
sulla tavola d'immissione sono posti altri margini per il preregistro del
foglio. Dopo la registrazione laterale del foglio le cinghie aspiranti, poste
sotto la sua superficie, ruotano per accelerarlo ad una velocità leggermente
superiore a quella del cilindro stampa. lì foglio è costretto ad aderire ai
margini posti sul cilindro stampa con un debole inarcamento, provocato dalla
maggiore velocità del foglio. Con la chiusura della barra delle pinze del
cilindro stampa, le cinghie pneumatiche emettono aria compressa, favorendo
l'avanzamento della coda del foglio.
6.2.2. Dispositivi SolnaLa
ditta Soma ha prodotto un mettifoglio caratterizzato da una nuova sequenza di
movimenti. Il dispositivo consta di vari elementi:
1. Separatore. Oltre ai fori che emettono aria verso il bordo
superiore della pila, il dispositivo contiene altri orifici che gettano aria
sulla superficie del primo foglio. Ciò crea una zona a pressione ridotta sulla
parte superiore del foglio facilitando la sua separazione da quelli sottostanti
(fig. 87).
2. Piedino tastatore. E fornito di due soli fori, diretti
diagonalmente verso i due lati opposti del foglio (fig. 88). Con il piedino
contenente diversi fori come accade di solito non si ottiene una buona
distribuzione dei soffi, poiché in questo caso l'aria tende ad agire soprattutto
al centro del foglio.
3. Testa separatrice. Impiega solo cinque elementi mobili, la metà del
normale, ma è ugualmente efficiente. Il movimento delle ventose è dovuto a un
sistema di due camme e due braccia tra loro collegati che servono per il
movimento orizzontale e verticale delle ventose.
4. Ventose. Hanno due momenti di pausa, per non influenzare la
velocità del sistema e per ridurre al minimo le vibrazioni: (1) l'istante
precedente la presa della carta da parte delle ventose e (2) quello
immediatamente seguente la presa del foglio, in modo da permettere all'aria di
passare sotto il foglio ed agire sul foglio successivo (fig. 89 e 90).
6.2.3. Dispositivi HeidelbergI
dispositivi dei mettifogli Heidelberg prevedono l'applicazione di vari
meccanismi, a volte diversi da macchina a macchina. Si accenna ad alcune
caratteristiche degli organi compresi in tali dispositivi di alimentazione.
1. Mettifoglio. Nei piccoli formati è del tipo a presa anteriore, con
i vantaggi e gli svantaggi che ne conseguono; il trasporto del foglio sulla
tavola di immissione avviene tramite pinze, senza spostamenti di rullini con il
cambio del formato carta. Le pinze di alimentazione posseggono un sistema di
controllo elettropneumatico di mancato passaggio del foglio. Per il controllo
del doppio foglio vi è un dispositivo elettromeccanico a rotella. Nel sistema
Speedmaster, il mettifoglio a squame prevede un'aspirazione comandata attraverso
una valvola rotante. Le rotazioni del corpo valvola aprono e chiudono le
condutture dell'aria in compressione o in depressione; il sistema è silenzioso,
si verifica minor usura e quindi la manutenzione è meno frequente.
2. Preregistro. La segnalazione viene effettuata da quattro fermi
rotanti.
3. Registri frontali. Sono otto, regolabili con spostamenti
millimetrici. Loro caratteristica è di arretrare leggermente quando il foglio
poggia su di essi per permettere un miglior assestamento del bordo anteriore del
foglio.
4. Tamburo di registro. Per l'immissione del foglio nel gruppo
stampante, alcuni modelli di macchine Heidelberg, non possiedono pinze
oscillanti, sostituite da un tamburo di registro. Questo organo ha movimento
rotatorio (non oscillatorio) con velocità periferica costante, eguale a quella
del cilindro di pressione. Una serie di pinze fissate al tamburo sono mosse per
mezzo di una camma; tali pinze si aprono e si chiudono grazie ad un sincronismo
che permette loro anche di ruotare intorno alloro asse, in modo da afferrare il
foglio sulla tavola di immissione a velocità nulla (fig. 91).
5. Tavola di immissione. E dotata di barre quadrate per il fissaggio
di rotelle e spazzole. Al posto dei nastri sono situati ugelli aspiranti che
permettono un contatto migliore tra il foglio e la tavola. Uno dei vantaggi di
questo sistema è la possibilità di estrarre solo il foglio disposto erroneamente
senza disturbare gli altri fogli a squame. La registrazione dei margini frontali
e della squadretta può essere effettuata anche con macchina in movimento.
7. Gruppo stampanteIl gruppo
stampante offset più comune è costituito da una terna di cilindri di egual
diametro. Sul primo di essi viene avvolta la forma, da cui l'appellativo di
«cilindro porta lastra»; sul secondo si fissa un tessuto gommato, per cui è
detto brevemente «cilindro caucciù» o «cilindro gomma»; sul terzo viene ospitato
il foglio, per cui è detto «cilindro porta supporto» o «cilindro stampa» o
«cilindro di pressione». Nel seguito del testo si useranno i termini: cilindro
porta lastra, cilindro telo gommato e cilindro di pressione (fig. 92).
7.1. GeneralitàL'inchiostro e
l'acqua, depositati sulla forma (primo cilindro) dai gruppi inchiostratore
bagnatore, vengono trasmessi al cilindro del telo gommato e da quest'ultimo al
foglio avvolto sul terzo cilindro. La superficie dei tre cilindri è dunque molto
diversa. Il cilindro del telo gommato presenta una superficie piuttosto
cedevole: per effetto della pressione entra in interferenza con gli altri due
cilindri deformandosi alla sollecitazione. Gli altri due cilindri presentano una
superficie più rigida, in particolare quello porta lastra, mentre quello di
pressione è rivestito dal foglio.
Nelle macchine da stampa da foglio, i tre cilindri hanno ciascuno una «gola»
nella periferia, non destinata a ricevere la stampa; tale zona, detta
comunemente «vuoto», è utilizzata per l'inserimento degli organi per la tenuta
della lastra. per la tensione del rivestimento o del tessuto gommato, per la
sistemazione delle pinze di tenuta del foglio. L'ampiezza angolare di tale vuoto
dipende dal tempo di messa a registro del foglio e dal tempo impiegato dalle
pinze oscillanti per afferrare il foglio ed accelerano alla velocità periferica
del cilindro. Nelle macchine da bobina il vuoto dei cilindri risulta molto
ridotto sia perché non sono presenti le pinze oscillanti, sia per la mancanza
degli organi di tenuta del foglio (v. oltre).
I cilindri descritti terminano lateralmente con due dischi chiamati fasce,
la cui funzione è quella di servire come superficie di controllo per
misurare i rivestimenti e per regolare la distanza tra gli assi di rotazione dei
corrispondenti cilindri, nelle macchine di fabbricazione europea.
Nelle macchine offset a schema classico i tre cilindri hanno
all'incirca il medesimo diametro e ruotano con velocità angolare costante; la
velocità periferica è però funzione del raggio del cilindro e della velocità
angolare; pertanto la velocità con cui avviene la stampa, intesa come istante in
cui avviene il trasferimento del grafismo, è tanto maggiore quanto cresce il
raggio dei cilindri e quanto cresce la velocità angolare (numero dei giri
nell'unità di tempo).
I diametri delle fasce di tutti i cilindri sono tra loro uguali, ma il
diametro effettivo del cilindro varia con i rivestimenti adottati. Il
rivestimento del cilindro porta lastra è costituito da una serie di fogli di
carta su cui è avvolta la lastra. Lo spessore totale è determinato dalla casa
costruttrice e oscilla tra 0,6 e 0,9 mm; può essere considerato, con sufficiente
approssimazione, rigido.
Il cilindro gomma possiede invece un rivestimento elastico, costituito da uno
o più teli gommati che avvolgono uno strato di fogli di carta teso sul cilindro
nudo. Normalmente la durezza del telo gommato avvolto è di 70-805 Sh A. Lo
spessore totale del rivestimento varia tra i 2 e i 4 mm circa
(fig. 93).
Il cilindro di pressione ospita il foglio da stampare e perciò possiede un
raggio di rivestimento variabile in funzione dello spessore della carta da
stampare. lì costruttore della macchina di solito consiglia lo spessore dei
rivestimenti da adottare sul cilindro porta lastra e sul cilindro gomma in
funzione dello spessore della carta e dell'interferenza tra i cilindri (fig.
94).
Nella maggioranza delle macchine offset la distanza fra i centri di rotazione
tra i diversi cilindri può essere variata per realizzare le più opportune
condizioni di funzionamento.
Nella tabella degli spessori dei rivestimenti sono riportati i valori delle
luci tra le fasce; per realizzare determinati interassi, le macchine offset
hanno i cilindri montati su boccole eccentriche, le quali permettono il loro
spostamento reciproco.
In alcuni tipi l'asse del cilindro gomma può essere registrato sia rispetto
al cilindro lastra sia rispetto al cilindro di pressione. Un'altra soluzione
prevede la registrazione singola del cilindro porta lastra e del cilindro di
pressione relativamente al cilindro del telo gommato.
Per considerazioni puramente meccaniche, la condizione ideale affinché due
cilindri si trasmettano l'immagine senza deformazioni è quella di imporre che i
raggi dei rispettivi rivestimenti siano esattamente identici ai raggi primiviti
di lavoro degli ingranaggi di comando (fig. 95). Per ottenere la stampa è però
necessaria la compenetrazione di una superficie nell'altra (interferenza),
affinché abbia luogo il trasferimento d'inchiostro.
La superficie del telo gommato, elastica, è direttamente responsabile
dell'interferenza tra i cilindri. La sua deformazione influenza in larga misura
«l'allargamento del grafismo», la laminazione dell'inchiostro, il trasferimento
dello stesso in relazione alle sue caratteristiche fisico-meccaniche ed al tipo
di macchina usata.
lì caso teorico prevede un'interferenza nulla tra i cilindri in assenza di
scorrimento, in modo che la velocità relativa di un cilindro rispetto ad un
altro sia nulla, Questa è l'unica garanzia per evitare deformazioni del punto
stampato. per ottenere uno stampato di lunghezza uguale al grafismo misurato
sulla lastra in piano e per evitare un'usura prematura della lastra stessa. Si
tratta in definitiva di rendere minimi gli scorrimenti per contenere entro
limiti trascurabili sia la deformazione del puntino, sia l'usura della forma.
7.2. Organi del gruppo
stampanteSi accenna ora ad alcuni dispositivi, presenti nei cilindri del
gruppo stampante; precisamente si tratta dei dispositivi di fissaggio della
lastra, del telo gommato e delle pinze per trattenere il foglio.
Le ganasce sono utilizzate per serrare e tendere la lastra o il
telo gommato sul relativo cilindro. tenuto conto che al di sotto di essi si pone
il rivestimento.
Nei modelli più semplici le ganasce sono costituiti da barre che, tramite
bulloni, chiudono la lastra o il telo gommato e sono successivamente fissabili
ai cilindri sistemandoli nella parte incava di questi ultimi (fig. 96).
Le barre tendilastra sono spostabili per microregistrazioni sia
parallelamente, sia in direzione perpendicolare all'asse dei cilindri, Esse
quindi costituiscono uno degli strumenti per la messa a registro delle lastre;
altra loro importante funzione è quella di tendere la lastra o il telo gommato
in senso circonferenziale. Ad una tensione maggiore corrisponde una deformazione
nel materiale, sottoposto a trazione. In particolare la lastra se sottoposta a
forti trazioni, può essere deformata in modo permanente. oppure può subire
deformazioni elastiche della lunghezza.
Il telo gommato, se sottoposto a eccessiva tensione da parte delle barre
tenditrici, può sia assottigliarsi e modificare il proprio spessore, sia dar
luogo a maggiore durezza superficiale.
Esistono su alcune macchine, barre tendi-lastre. divise in settori (fig. 97);
normalmente vengono fornite solo per la parte posteriore della lastra infatti il
foglio, al passaggio nel gruppo stampante, subisce deformazioni di stiramento in
senso circonferenziale e subisce allargamento ai lati del foglio stesso.
Operando sia sulla trazione sia sullo scorrimento laterale dei segmenti in cui è
divisa la barra, è possibile deformare le lastre fino ad i mm, s~ di alluminio,
meno con lastre plurimetalliche. Pertanto, durante la stampa di un secondo
colore, si può intervenire per correggere eventuali difetti di registro dovuti a
stiramenti del foglio.
Le ganasce «a chiusura rapida» sono sempre più usate per abbreviare il tempo
di montaggio lastra. La sezione di figura 99 mostra il loro funzionamento.
Molto importanti sono i dispositivi di preregistro delle lastre, che
consentono di piazzare quest'ultime sui rispettivi cilindri in posizione tale da
ottenere un registro quasi perfetto, limitando al minimo i successivi ritocchi.
La figura 98 illustra uno dei sistemi più usati, consistente nell'eseguire dei
fori sulle lastre e farli corrispondere a perni piazzati sui tendilastra o
direttamente sui cilindri.
Sul cilindro di pressione sono previsti nell'apposita gola gli organi per
trattenere il foglio durante la stampa. Essi sono costituiti da una barra di
pinze (fig. 86) che si apre per prelevare il foglio dalle pinze oscillanti,
quindi lo trattiene saldamente durante la fase di stampa, infine trasferisce il
foglio stampato al sistema d'uscita. il comando di chiusura delle pinze è nella
generalità dei casi azionato da una camma a profilo idoneo.
L'apertura delle pinze avviene, invece, per rotazione dell'albero sotto
l'azione di molle. Particolare attenzione viene dedicata alla registrazione
della pressione con cui le pinze agiscono sul foglio. Essa non deve essere
troppo elevata per non danneggiare il bordo anteriore (lato pinza del foglio);
nello stesso tempo la pressione di chiusura deve assicurare che il foglio non si
muova sotto la stampa. Attualmente la registrazione della pressione delle pinze
viene effettuata con sonde di opportuno spessore. sottoposte a trazione
dall'operatore. E auspicabile una prossima introduzione di sonde collegate a
dinamometri, per controlli standard più accurati e meno artigianali sulle pinze
stesse. Ogni pinza preme il foglio su blocchetti metallici zigrinati detti
battute (fig. 101).
La barra delle pinze sul cilindro di pressione. in alcune macchine offset,
può essere spostata in senso perpendicolare all'asse del cilindro, essendo
divisa al centro. In tal modo si possono modificare eventuali fuori registro in
coda al foglio, entro tolleranze limitate (fig. 102). Si tratta di un
dispositivo analogo alle barre tendi-lastra segmentate; presenta lo svantaggio,
quando la correzione è accentuata relativamente alla rigidità della carta, di
provocare spiegazzamenti al foglio. Con carte molto rigide (spesse) si può non
avere alcun effetto.
7.3. Generalità sui
rivestimentiPer rivestimento s'intende un insieme di spessori, costituiti
generalmente da carta, cartoncini o teli gommati, avvolti su un cilindro e
ricoperti rispettivamente o dalla lastra o dal tessuto gommato. Aumentare il
rivestimento vuol dire aggiungere fogli sotto la lastra o sotto il telo gommato
e diminuire il rivestimento significa togliere fogli in modo da ridurre lo
spessore.
Sul cilindro di pressione non è possibile variare il rivestimento in quanto
il foglio poggia direttamente sulla superficie del cilindro, perciò si è detto
che il raggio del cilindro varia proporzionalmente allo spessore del foglio
usato.
Gli scopi del rivestimento si possono così elencare: 1. per il cilindro del
tessuto gommato, il rivestimento crea una superficie cedevole per la stampa,
inoltre fornisce il modo di portarlo alla dimensione circonferenziale voluta;
2. adatta la macchina da stampa a fogli di diverso spessore. senza
scostarsi troppo dalle condizioni di puro rotolamento delle superfici dei
cilindri; 3. corregge le variazioni di lunghezza di stampa che possono
aver luogo su fogli stampati a colori nei successivi passaggi in macchina (tra
le cause del fenomeno si ricorda l'azione dell'umidità e lo stiramento che si
produce sul foglio per effetto della pressione di stampa).
7.3.1. Condizioni teoriche e
pratiche dei rivestimentiI tre cilindri sono comandati da tre ingranaggi
aventi la medesima circonferenza primitiva; pertanto, se i diametri del cilindro
lastra e del cilindro del telo gommato. compresi i rispettivi rivestimenti, e
quello del cilindro di pressione, compreso il foglio da stampare, fossero uguali
tra loro e uguali al diametro primitivo degli ingranaggi da cui ricevono il
comando (supponendo tutti costituiti da una superficie dura) i tre cilindri
messi a contatto rotolerebbero l'uno sull'altro e non si avrebbe strisciamento
nella zona di contatto. In tali condizioni il contatto tra i cilindri avverrebbe
lungo una generatrice e non si realizzerebbero le condizioni indispensabili per
stampare.
E la superficie cedevole del tessuto gommato che, per effetto della pressione
di stampa, determina sia nel contatto con la lastra, sia nel contatto col foglio
un allargamento della zona di contatto proporzionale alla pressione stessa ed al
diametro dei cilindri.
Lo schiacciamento del tessuto gommato è causa di strisciamenti che aumentano
con l'aumentare della zona di contatto e possono deteriorare la stampa.
In particolare le migliori condizioni di stampa si ottengono: I. con il
diametro esterno del tessuto gommato maggiorato di un'entità pari allo
schiacciamento che si ha sotto pressione; 2. con il diametro esterno
della lastra quasi eguale a quello del tessuto gommato; 3. con cilindri
lastra, tessuto gommato e stampa assai rigidi onde ottenere la necessaria
pressione di stampa con il minimo schiacciamento del tessuto gommato.
7.3.2. Variazione della lunghezza di
stampa in funzione dello spessore del rivestimento.La lunghezza dell'area
stampata sul supporto dipende dal raggio dei cilindri porta lastra e del telo
gommato e varia con loro modificazioni.
Supponendo di conservare l'interferenza costante, per ottenere un giusto
trasferimento dell'inchiostro tra i cilindri, si possono avere tre casi limite.
1. Caso. Diminuzione del rivestimento sul cilindro porta lastra.
Ragionando per limiti, si supponga di togliere dal rivestimento sotto la
lastra uno spessore considerevole di fogli. Come conseguenza la lastra si
avvolgerà su una circonferenza di diametro inferiore. Poiché i due cilindri sono
condotti da corone dentate che li costringono a ruotare contemporaneamente
percorrendo il medesimo numero di gradi. la lastra avvolta tra i punti A e B
(fig. 103) trasferirà l'immagine sul cilindro del telo gommato tra i punti A' e
B'. Esisterà, essendo un caso limite, un forte attrito tra le due superfici, con
deformazioni dei grafismi molto accentuate dovute allo slittamento che si
origina. E infatti ovvio che le differenze di lunghezza si traducono in
strisciamenti superficiali perché in angoli eguali passano a contatto superfici
di lunghezza diversa. Come conseguenza si avrà in questo caso una maggiore
lunghezza di stampa, in direzione parallela alla circonferenza dei cilindri. In
direzione, parallela all'asse dei cilindri non si ha alcuna variazione.
2. Caso. Aumento dello spessore del rivestimento sul cilindro porta
lastra. Supponiamo ora di aumentare il rivestimento sotto la lastra, in modo
che il raggio della superficie stampante sia maggiore di quello del cilindro del
telo gommato. In primo luogo si ha un avvolgimento della lastra su un angolo
inferiore. Secondariamente, con effetto analogo ma opposto al precedente,
l'angolo a5 comprendente la superficie stampante tra i punti AB (fig. 104) verrà
riportato sull'identico angolo a5 A«B«' della superficie del cilindro del telo
gommato, di lunghezza minore. Come effetto si noterà un accorciamento della
lunghezza di stampa sul telo gommato, provocato dalla differenza dei raggi dei
due cilindri che ruotano con la medesima velocità angolare
3. Caso. Quando lo spessore del rivestimento dei cilindri lastra e
telo gommato sono corretti, non si hanno effetti di allungamento o accorciamento
della stampa in senso parallelo alla circonferenza dei cilindri. La variazione
dimensionale (Ds) è direttamente proporzionale alla differenza dei raggi dei
cilindri (Dr) e non dipende dalla velocità angolare (w).
In conclusione si deve affermare che la lunghezza della stampa dipende dal
raggio (del rivestimento più cilindro) perché i cilindri ruotano sempre di una
stessa quantità angolare.
Se si suppone che i cilindri lastra e stampa siano esattamente eguali di
raggio e che, invece, il cilindro del telo gommato abbia un rivestimento
qualsiasi, la deformazione di stampa dovuta ai cilindri lastra e del telo
gommato avrà luogo, però nel senso opposto, tra i cilindri gomma e stampa.
Per quanto precede, se la stampa risultasse troppo lunga, occorrerebbe
aumentare il rivestimento del cilindro lastra, se troppo corta, bisognerebbe
diminuirlo,
7.3.3. Calcolo dei
rivestimentiLe vie seguite per il calcolo dei rivestimenti sono numerose,
ma si richiamano a due criteri generali che, conducono ad impiegare cilindri con
diametri eguali o diversi.
Supponendo d'avere due cilindri di identico diametro (compresi i
rivestimenti) e d'impiegare un'interferenza di 0,1 mm, al momento della stampa
il cilindro del telo gommato subirà una deformazione, il suo diametro sarà
perciò di 0,1 mm inferiore a quello del cilindro porta lastra. Anche se la
velocità periferica del cilindro del telo gommato è leggermente inferiore, non
si hanno eccessivi scadimenti della qualità di stampa e la variazione può aver
luogo senza uscire dalle tolleranze previste, anche se ha luogo l'interferenza.
Un secondo criterio consiste nel rivestire il cilindro lastra con uno
spessore eccedente pari a quanto vale l'interferenza; si parte cioè da diametri
diversi. Questo metodo si basa sul fatto che molte esperienze hanno dimostrato
che il cilindro del telo gommato per effetto della pressione provoca un
allungamento della stampa. Infatti facendo rotolare un rullo rivestito in gomma
ed inchiostrato in una striscia di riferimento, si nota che il suo sviluppo
circonferenziale è correlabile alla pressione che grava sul rullo. Aumentando la
pressione si ottiene un maggiore sviluppo della circonferenza del rullo.
Per evitare l'allungamento sul telo gommato, si effettua un rivestimento
sotto il telo esattamente uguale al diametro primitivo della corona dentata e
sia sul cilindro porta lastra, sia sul cilindro di pressione si opera con
rivestimenti Superiori, generalmente di 0,1 mm. Le velocità relative di
scorrimento delle superfici cilindriche a contatto sono leggermente diverse con
entrambi i metodi, ma sono contenute in tolleranze molto ristrette. Con il
secondo metodo si ottiene un miglior controllo dell'allungamento dell'immagine
in senso circonferenziale ai cilindri e pertanto viene eseguito in pratica.
Con l'avvento dei teli gommati «comprimibili», dotati di maggior elasticità
relativamente ai tradizionali, è consigliato un rivestimento del telo gommato
superiore di 0,1 mm al diametro del primitivo, perché l'elasticità del materiale
permette l'assorbimento della deformazione meccanica dovuta alla pressione, con
minimi allargamenti del punto. Da prove di laboratorio e d'azienda si è
dimostrato che con un telo gommato comprimibile, a parità di altre condizioni e
con un'interferenza aumentata di 0,1 mm, si ha una riduzione dell'allargamento
del 50% circa.
7.3.4. Effetto di un rivestimento
non corretto.Lo spessore non corretto del rivestimento può produrre
rigonfiamenti sul tessuto gommato in prossimità della zona di stampa. Se il
rivestimento del cilindro del telo gommato è notevolmente maggiore della
tolleranza prevista, il cilindro gomma trascina l'altro mediante l'attrito
presente nella zona di contatto, la deformazione non è più assorbita e si ha
perciò un rigonfiamento della superficie gommata prima (a monte) della zona di
contatto tra i cilindri. Viceversa con insufficiente spessore di rivestimento
del telo gommato si ha deformazione meccanica della superficie gommata, dovuta
al fatto che gli altri cilindri hanno velocità superiori e trascineranno il telo
con suo rigonfiamento appena oltre la zona di stampa.
In entrambi i casi si otterrà una notevole diversità di velocità periferica
delle superfici a contatto. Come conseguenza si avranno scorrimenti delle
superfici, dimostrate da deformazione di micrografismi tondi che si
presenteranno ovalizzati invece che rotondeggianti. Altra conseguenza è la
rapida usura della forma e del telo gommato a causa dell'attrito esistente tra
le due superfici. A questi inconvenienti va aggiunta la variazione dimensionale
della stampa relativamente alla forma, di cui si è già accennato in altra parte.
Lo scopo del cilindro elastico intermedio, caratteristica della stampa offset,
viene in gran parte vanificato da non corretti spessori dei rivestimenti. La
tolleranza dello spessore del rivestimento è circa + 0,05 mm, valore entro cui
gli scorrimenti sono contenuti in termini trascurabili, oppure sono assorbiti
dalla deformazione elastica del telo gommato.
La realizzazione di un corretto rivestimento ha Io scopo di rendere minime le
velocità relative che nascono nella zona di stampa, in modo che gli scorrimenti
che si originano tra cilindro lastra e cilindro del telo gommato siano
trascurabili.
7.4. Pressione di stampaPer
ottenere il trasferimento dell'inchiostro dalla forma al supporto si devono
comprimere gli organi stampanti. Nelle macchine offset la compressione
necessaria per l'ottenimento della stampa viene fornita dal telo gommato.
Regolando il cilindro lastra ed il cilindro del telo gommato in modo che il
loro interasse di funzionamento consenta di avere le due superfici semplicemente
tangenti, non si ha nè pressione nè stampa. Variando l'interasse di
funzionamento in modo che diventi più piccolo, ad esempio 0,05 mm in meno, si
nota che il trasferimento dell'inchiostro sul telo gommato inizia ad avvenire.
Dunque la superficie dura della lastra ha iniziato a deformare quella elastica
del tessuto gommato. Dalla deformazione è nata la pressione. Riducendo ancora
l'interasse di funzionamento di 0,05 mm (in totale 0,1 mm) si noterà un miglior
trasferimento dell'inchiostro dalla lastra al tessuto gommato. Aumentando la
compressione, si ottiene una certa interferenza.
Nel linguaggio comune la pressione di stampa non viene misurata in kg/cm2, ma
in decimi di mm di penetrazione nel tessuto gommato. In via del tutto
approssimativa si può affermare che 0,1 mm d'interferenza del tessuto gommato
equivalgono a una pressione oscillante tra 6 e 13 kg/cml (centimetro
lineare); a 0,15 mm d'interferenza corrisponde una pressione di circa 20 kg/cml;
a 0,20 mm una pressione intorno ai 35 kg/cml. La pressione specifica, riferita
ad una striscia parallela all'asse del cilindro, può essere riportata in
diagramma; la legge con cui varia la pressione di stampa in funzione
dell'interferenza è di tipo parabolico (fig. 105). In ultimo si fa notare che in
questo caso la pressione non dipende solo dalla forza esercitata sulla
superficie, ma che è anche correlata con la rigidità dei materiali a contatto.
7.4.1. Striscia di contattoLa
striscia di contatto è la superficie che pone a contatto due superfici quando
esse interferiscono. Essa si misura in millimetri di larghezza, e dipende da
diversi fattori in correlazione tra di loro:
1. interferenza tra le due superfici;
1.1. grado di assorbimento dei solventi delle superfici;
1.2. temperatura delle superfici;
2. durezza o elasticità dei materiali posti a contatto;
2.1 tensione circonferenziale a cui sono sottoposti le superfici elastiche
(teli gommati);
3. figura degli organi geometrici a contatto;
3.1 misura statica o dinamica della larghezza della Striscia.
1. E intuitivo che all'aumentare dell'interferenza corrisponde l'aumento
della larghezza della striscia di contatto. Una delle due superfici deve essere
elastica (telo gommato) perché esista interferenza considerevole. Se le due
superfici fossero entrambe rigide, ad una minima interferenza si avrebbero
altissimi valori di pressione; all'aumentare della compressione nella situazione
reale si otterrebbe la rottura, previa deformazione, degli oggetti a contatto.
1.1. Se il telo gommato è lavato con solventi e in una qualche misura li
assorbe, può rigonfiare, provocando una variazione di interferenza tra i
cilindri e quindi una variazione della larghezza della striscia di contatto.
1.2. Le variazioni di temperatura hanno, in generale, effetto sulle
variazioni dimensionali degli organi di pressione. In generale tali variazioni
avvengono nell'ambito di limitate escursioni termiche; sono più accentuate negli
ambienti non condizionati.
2. Mantenendo costante la pressione agente, si possono avere notevoli
variazioni nella striscia di contatto con il variare della durezza dei materiali
in compressione. La deformazione e quindi la striscia di contatto sono
strettamente correlate alla rigidità o all'elasticità delle superfici a
contatto.
2.1. La deformazione circonferenziale a cui è sottoposto il telo gommato.
dipende dalla tensione applicata ai morsetti del tenditelo. All'aumentare della
tensione del telo gommato corrisponderà un maggiore assottigliamento dello
stesso (misurabile in micrometri: mm) ed una reazione superficiale del telo che
si presenterà con una maggiore durezza superficiale.
3. La configurazione dei materiali a contatto ha notevole influenza
sulla striscia di contatto. Con due superfici piane in compressione
l'interferenza si estende a tutta l'area in contatto, quindi esiste una
superficie di contatto molto estesa con un minimo di interferenza. Con una
superficie cilindrica a contatto di una piana la striscia di contatto è
proporzionale al raggio della superficie cilindrica. All'aumentare del raggio,
aumenta la larghezza della striscia di contatto. Si richiamano le formule del
paragrafo 1.3. e l.4. Con due superfici cilindriche a contatto. a parità
d'interferenza, la striscia di contatto cresce all'aumentare del raggio dei
cilindri in compressione.
4. La misura più attendibile dell'interferenza di un corpo rigido
(cilindro porta lastra) con un corpo elastico (cilindro del telo gommato)
potrebbe sembrare quella che si ottiene misurando la striscia di contatto dei
due corpi posti a contatto a macchina ferma. In realtà il tempo di contatto tra
i due cilindri è brevissimo. La deformazione è istantanea, con una riduzione
della striscia di contatto a causa della situazione di dinamicità. In generale
all'aumentare della velocità della macchina da stampa corrisponde una
diminuzione delle densità e dell'allargamento del punto, a parità di altre
condizioni.
7.4.2. Effetti di una eccessiva
pressione di stampa .Già si è visto che la pressione nella macchina offset
viene misurata in mm di compenetrazione o interferenza nel cilindro gomma.
I valori più correnti che i costruttori delle macchine consigliano, vanno da
0,1 mm a 0,25 mm tra cilindro forma e cilindro gomma e 0,15 -:0,30 mm tra
cilindro gomma e cilindro stampa: le massime pressioni devono essere usate in
casi eccezionali.
Una compenetrazione di 0,15 mm tra gomma e lastra e di 0,2 mm tra gomma e
stampa sono le normali condizioni di lavoro di una macchina offset.
Esaminiamo ora il caso in cui, con interasse di funzionamento esatto, si
debba aumentare la pressione. E ovvio che, per avere una pressione superiore ai
valori dati come massimi. si deve aumentare il rivestimento, ad esempio del
tessuto gommato. per avere un'interferenza superiore.
Si viene così ad avere un volume maggiore di gomma deformata, e questo non
avrebbe tanta influenza sulla stampa, in quanto il puntino sarebbe deformato ma
di poco.
L'inconveniente che ne deriva è Io scorrimento eccessivo tra tessuto gommato
e lastra che si genera quando i due cilindri entrano in pressione, oppure quando
ne escono. perché i raggi di rivestimento sono molto diversi; inoltre si produce
un inevitabile rigonfiamento che accresce ancora di più l'usura della lastra e
del tessuto gommato, accentuando l'allungamento del puntino sulla carta.
Durante la fase di stampa, Io slittamento tra le due superfici non è
graduale, avviene a scatti, producendo al limite un moto sussultorio origine di
striature sulla stampa. Questo slittamento non costante tra le superfici esterne
produce anche uno stiramento eccessivo sul rivestimento gommato e si può
arrivare sino a far scivolare il rivestimento completo sul metallo del cilindro,
difetto che si traduce in sbaveggio sulla carta stampata.
Un eccesso di pressione anche modesto (dell'ordine di 0,1 mm) può dare
origine ai difetti principali prima visti. Se invece la pressione di stampa non
supera i valori forniti dal costruttore della macchina lo scorrimento della
gomma sugli altri rivestimenti è continuo e piccolo, e non si hanno condizioni
di funzionamento anormali
A volte si è portati ad aumentare la pressione perché non si ha il tempo di
apportare sotto i rivestimenti tutte le correzioni locali necessarie.
Questo incremento di pressione che può sembrare soddisfacente per ottenere un
determinato risultato di stampa, porta come conseguenza inevitabile un'usura
prematura della lastra.
Dal punto di vista meccanico un eccesso di pressione sovraccarica le boccole
di sostegno dei perni dei cilindri, e la forza necessaria alla rotazione che gli
ingranaggi si scambiano diventa maggiore. rendendo la lubrificazione precaria ed
accentuando il logoramento.
Da quanto si è visto si può dedurre che la pressione di stampa dipende
dall'interferenza, ma dipende anche dal tipo di gomma che si usa e dalla sua
durezza.
I tipi dei tessuti gommati comunemente usati hanno una durezza che va da 70'
a 80' Shore.
Usando caucciù soffice. a parità d'interferenza, si ottiene una pressione di
stampa bassa; aumentando la durezza della gomma, sempre a parità di
interferenza, la pressione di stampa aumenta.
Occorre quindi saper scegliere, in base all'esperienza, il giusto valore di
durezza del tessuto gommato per un determinato lavoro.
Durante la tiratura il tessuto gommato, per effetto delle sostanze di cui è
composto l'inchiostro tende a gonfiarsi; praticamente però tale incremento non
supera mai gli 0.05 mm e non produce difetti marcati nè sulla lastra nè sulla
stampa; la pressione di stampa, anche se aumenta leggermente, non deve essere
perciò diminuita durante la tiratura.
Formula per il calcolo dello spessore con cui correggere il rivestimento
sotto la lastra.
Indicando con:
jf = il diametro esterno in mm del cilindro portaforma, con la lastra
montata;
jst = il diametro in mm del cilindro stampa, che è uguale al diametro
primitivo di lavoro degli ingranaggi di comando;
ao = l'angolo in gradi sotteso al centro dal formato massimo di stampa
avvolto sul cilindro stampa (si trascura lo spessore della carta);
+ DL = differenza tra le lunghezze sul foglio stampato e sulla lastra in
piano (se è maggiore di zero, si ha un allungamento; se è minore di zero,
invece, un accorciamento).
+ s = spessore da aggiungere (+) o togliere (-) sotto la lastra per
pareggiare le lunghezze (=1/2 Dj) 2
Le formule che danno le lunghezze della forma (Lf) e della stampa (Lst) sono:
Lf = a5 p V jf; Lst = a5 V p V jst
3605; 3605
Sapendo che:
a5 - 3605 x formato max
p jst
e applicando la formula per la lastra e lo stampato, si ottiene:
DL = Lst - Lf = a5 V p V Dj
3605
in valore e segno.
Se ad esempio DL risultasse positivo, la stampa si allungherebbe del valore
DL rispetto alla forma. Per accorciarla, come si è visto in precedenza, bisogna
aumentare il diametro del cilindro porta forma di una quantità Dj che fornisce
una nuova lunghezza L«f in relazione all'angolo di stampa a:
L«f = a5 x p (jst + Dj) = Lst + a5
3605 3605
pDj = Lst + DL
tale da fare variare la stampa di una quantità negativa AL uguale e contraria
all'allungamento:
DL = L«f - Lst = a5 p V Dj
3605
Si ricava così la variazione di diametro necessaria per la compensazione:
Dj = DL x 3605
p a5
Siccome Dj = 2 s, si ha
s = DL x 3605
2p a5
Esempio. Dopo aver effettuato i rivestimenti e dopo aver stampato, si nota
che la lunghezza stampata sul foglio ha un valore inferiore di 1 mm rispetto
alla lunghezza nella lastra (formato max). Occorrerà allora togliere uno
spessore dal cilindro lastra dato dalla:
s = 1 mm x 3605 = 0,19 mm @ 0,2 mm
3,14 x 2 3005
(si è supposto a = 3005).
In conclusione la lunghezza stampata sul cilindro successivo è costante come
angolo, mentre la lunghezza periferica è funzione del raggio del cilindro.
7.4.3. Fenomeni di variazione
dimensionale nella stampaLa lastra che si avvolge sul cilindro forma
possiede un certo spessore (ad es. di 0,6 mm). Poiché tutti i corpi elastici (la
lastra può essere considerata di materiale elastico) quando assumono una
curvatura si deformano, si vengono a produrre degli accorciamenti nelle parti
più interne della lastra: mentre la parte stampante si allungherà.
Se il materiale fosse omogeneo e isotropo, tanto si allungherebbe all'esterno
quando si accorgerebbe all'interno. Se si indica con j il diametro in mm del
cilindro su cui si avvolge la lastra, con s lo spessore della lastra in mm, la
lunghezza della lastra in piano è quella che corrisponde al raggio medio:
Rm = j + s1
2 2
mentre il raggio esterno della lastra è di
Re = j + s1
2
Se a5 è l'angolo espresso in gradi necessario per la stampa, l'allungamento
dell'immagine prodotto dall'avvolgimento della lastra risulta:
DL = a5 V 2p V DR
3605
perciò:
DL = a5 V 2p [(j + s1) - (j + s1)] = a5 V p s1
3605 2 2 2 3605
Poiché a5 è proporzionale ad L (lunghezza della lastra in piano) e
3605 è proporzionale a pj sostituendo si ha:
DL = L V s1 = Ls1
j j
Da ciò si deduce che per la stampa non si può prendere come base la misura
dell'immagine sulla lastra in piano ma occorre farne la correzione.
1. Accorciamento dovuto allo svolgimento del foglio dal cilindro di
stampa
La lastra avvolta sul cilindro aumentata come si è visto, la sua lunghezza
sulla superficie stampante e precisamente:
L' = L + DL = L + s1 L = L(1 + s1) (3)
j j
dove:
L' = lunghezza superficie esterna, lastra avvolta
L = lunghezza lastra in piano.
Il foglio invece si presenta curvo al momento della stampa, per cui,
analogamente a quanto visto per la lastra. si provocherà una riduzione della
lunghezza di stampa quando il foglio stesso esce dall'elemento stampante e si
deposita in piano. Pertanto si può scrivere in analogia a quanto visto:
L disteso = L curvo (1 - sf)
j
ove sf è lo spessore del foglio in mm.
Ad esempio quando si stampa cartone da 1 mm su un cilindro avente un diametro
di 385 mm ed una lunghezza di stampa di L = 800 mm, l'accorciamento subito
risulta di:
- DL = L disteso - L curvo = sp V L =
j
= - 1 x 800 = - 2,06 mm.
385
Da quest'esempio si può dedurre l'entità dell'allungamento complessivo, di
cui occorre tenere conto nei lavori delicati, per mantenere un adeguato
registro.
La conclusione ci porta ad affermare che la lastra causa un allungamento di
stampa, perché al momento del montaggio passa da piana a curva; il foglio
invece, poiché deve passare da curvo a piano, produce un accorciamento. In
definitiva la formula di correzione della lunghezza, che tiene conto dei
fenomeni citati nonché dello spessore della lastra e del foglio, diventa:
DL = L (s1 - sf)
j
ove:
DL = allungamento (positivo o negativo) di stampa in mm sul foglio stampato
rispetto alla lunghezza della lastra, supposti foglio e lastra entrambi in
piano.
L = lunghezza lastra stampante in mm
s1 = spessore lastra in mm
sf = spessore foglio in mm.
Dalla precedente formula si osserva che affinché l'allungamento sia nullo
(nessuna variazione di lunghezza di stampa) occorre che s1 sia uguale a sf ossia
che gli spessori della lastra e del foglio siano uguali.
2. Allungamento della lastra per la tensione della lastra stessa.
Affinché la lastra rimanga aderente al rivestimento del rispettivo cilindro,
occorre che sia tesa da appositi tendilastra. E ovvio che tutti i corpi soggetti
a trazione si allungano, per cui anche la lastra, dopo che è stata tirata, ha
subito un allungamento che è proporzionale alla forza applicata dai tendilastra.
Poiché l'arco di avvolgimento della lastra sul cilindro è piuttosto grande
(= 3005) rispetto all'intera circonferenza e poiché l'attrito che
si genera tra rivestimento e cilindro nudo è piuttosto elevato (ed aumenta con
la tensione dei tendilastre), occorre fare attenzione alla rottura per trazione
della lastra stessa.
Tralasciando i calcoli piuttosto laboriosi che portano alla effettiva
deformazione, si può senz'altro affermare che per una tensione moderata, la
deformazione in oggetto non è praticamente sensibile ai fini della stampa a meno
che si debbano raggiungere determinati scopi, nel qual caso la tensione viene
volutamente accentuata.
La lastra comunque dev'essere tirata quanto è necessario in modo che il
rivestimento sottostante sul cilindro sia sufficientemente compresso e vi
aderisca bene.
7.4.4. Macchine con luce tra le
fasce e con fasce a contattoLe macchine aventi le fasce a contatto, di
costruzione prevalentemente nord-americana, presentano una rigidità maggiore
delle macchine con fasce non a contatto, di costruzione prevalentemente europea,
che occupano la maggior parte del mercato.
Con le prime, lo spessore dei rivestimenti dev'essere particolarmente curato,
le operazioni di avviamento (taccheggio) sono più elaborate per la maggior
precisione richiesta dall'interferenza tra i cilindri. Con le seconde
l'interferenza tra i cilindri è variabile, quindi si ha maggior elasticità
nell'uso dei materiali (spessori dei rivestimenti, dei fogli da stampare, ecc.);
evidentemente si hanno standard operativi variabili. Il costruttore della
macchina offset raccomanda agli operatori, con apposite tabelle, le interferenze
tra i cilindri in relazione ai lavori da eseguire.
Avendo definito genericamente la pressione da ottenere «leggera», «media» o
«forte» in relazione al tipo di lavoro da eseguire, si nota che le macchine con
luce tra le fasce hanno interferenze consigliate superiori a quelle delle
macchine con fasce a contatto.
Le tabelle 1 e 2 sono compilate tenendo conto dei possibili strisciamenti tra
le superfici a diversa velocità periferica, in modo che essi siano molto
contenuti. Per attenersi alle indicazioni, si deve controllare con opportuni
strumenti di misura gli spessori dei rivestimenti. Con il calibro Palmer, tipo a
piattelli, si possono misurare gli spessori dei rivestimenti. Con sonde di
spessore variabile da 5 a 50 centesimi di mm si controllano le luci tra le
fasce, quando la struttura della macchina lo permette. Con comparatori
centesimali, si può controllare l'esatto spessore del rivestimento, posto in
tensione sul cilindro, riferendosi alla fascia laterale del cilindro.
Nelle macchine con fasce non a contatto si può modificare la registrazione
della pressione entro limitati valori, si può variare l'interasse tra i cilindri
finché l'ingranamento risulta regolare, ciò consente di ritoccare la pressione
senza dover smontare i rivestimenti ed eventualmente rifare il taccheggio. Nelle
macchine che lavorano con luce tra le fasce, la circonferenza di queste ultime
non coincide con i diametri primitivi di lavoro degli ingranaggi di comando.
Nelle macchine, che lavorano con le fasce a contatto, queste sono premute una
contro l'altra con una forza superiore a quella esercitata tra i cilindri stessi
durante la stampa. In tal caso le fasce rappresentano le superfici primitive di
funzionamento; pertanto l'interasse di funzionamento è sempre costante, il gioco
tra gli ingranaggi è quello previsto dal costruttore e non varia da tiratura a
tiratura. Poiché le fasce sono a contatto e precaricate, l'inizio stampa, ovvero
l'entrata in pressione dei due cilindri, è meno sentita; quindi il «sussulto»
dovuto all'inizio del contatto tra i cilindri, dopo la «gola di attacco» è molto
attenuato.
In definitiva, per permettere una variazione di pressione occorre agire sullo
spessore dei rivestimenti; non si può operare con avvicinamenti o allontanamenti
dei cilindri. La rigidità del contatto tra le fasce obbliga a correzioni locali
sotto i rivestimenti per compensare variazioni d'interferenza (taccheggio).
7.5. Accessori del gruppo
stampanteDispositivo per il lavaggio del telo gommato. E particolarmente
usato nelle macchine offset pluricolori per sveltire e semplificare l'operazione
di pulizia del telo gommato, inoltre consente di non dover «gommare» la lastra
per il fermo della macchina, in quanto la si tiene sempre in movimento. Un altro
vantaggio non trascurabile è la diminuzione della percentuale di infortuni,
sensibilmente elevata nell'operazione di lavaggio del telo gommato.
Il lavaggio automatizzato del telo gommato può avvenire tramite un
dispositivo analogo al lavarulli (fig. 107) in cui una lama asporta da rulli
inumiditi da apposito solvente il residuo di lavaggio, che cade in una vaschetta
di raccolta. Altro sistema (fig. 108) prevede l'uso di spazzole che
automaticamente vengono poste a contatto del telo gommato e, con un movimento
rotatorio, vengono pulite in una stazione retrostante il meccanismo.
Dispositivi supplementari riguardanti il gruppo stampante sono costituiti da
sistemi pneumatici aventi molteplici finalità. Uno di questi prevede
l'aspirazione di particelle di fibre, polvere ed altre impurità dalla superficie
della carta, prima che questa pervenga alla stampa, in modo da favorire la
qualità di stampa con carte non collate perfettamente (fig. 109).
8. Il gruppo inchiostratore nelle
macchine offsetNelle macchine offset, come in quelle tipografiche, la
struttura del gruppo inchiostratore è del tipo per inchiostri «consistenti»,
ovvero per fluidi dotati di un'elevata viscosità ed un certo tiro.
La funzione del gruppo inchiostratore consiste nel prelevare l'inchiostro dal
calamaio nella quantità ceduta alla copia stampata, nel laminare la pellicola
d'inchiostro uniformemente tra i rulli distributori, nel trasferire
correttamente l'inchiostro su tutti i grafismi della forma.
8.1. GeneralitàIl gruppo
inchiostratore è generalmente formato da:
- - serbatoio per l'inchiostro, detto «calamaio», dotato di un cilindro
parzialmente immerso nell'inchiostro (rullo calamaio);
- - rullo rivestito in materiale idoneo (ad es. gomma sintetica o resine
poliuretaniche), sostenuto da due braccioli oscillanti (detto rullo
«prenditore»), il quale oscilla e giunge a contatto con il rullo calamaio dal
quale preleva una certa quantità d'inchiostro trasferendolo poi sui rulli
distributori;
- - gruppo distributore, ossia una serie di rulli alternativamente in
metallo e rivestiti, ruotanti a contatto con lo scopo di uniformare lo
strato d'inchiostro su ogni zona del gruppo;
- - gruppo inchiostratore, formato da una serie di rulli rivestiti, posti a
contatto della forma.
Anche nella stampa offset la pellicola
d'inchiostro dev'essere di spessore rigorosamente costante. Esiste una
regolazione del flusso d'inchiostro in direzione trasversale per adeguare
l'entità del flusso alla disposizione dei grafismi della forma; dove la
superficie stampante è più ampia occorre un flusso d'inchiostro relativamente
maggiore.
Esiste inoltre la possibilità di aumentare o diminuire il flusso
dell'inchiostro su tutta la superficie stampata al fine di realizzare la densità
ottica richiesta. Numerose sono le cause che possono produrre variazioni nello
spessore dell'inchiostro durante una tiratura. L'uniformità dello spessore della
pellicola d'inchiostro sui rulli è assicurata dal moto rotatorio dei rulli
stessi e dallo spostamento assiale di alcuni rulli metallici del gruppo
distributore.
Dalle premesse, derivano le seguenti considerazioni per un corretto
funzionamento del gruppo inchiostratore:
- - ogni rullo deve avere il proprio asse di rotazione rigorosamente
parallelo agli altri e deve presentarsi perfettamente cilindrico, con
ristrette tolleranze;
- - rulli rivestiti di materia plastica o di gomma devono avere una
superficie omogenea, senza indurimenti parziali o locali, con una durezza
appropriata alla funzione a cui il rullo è destinato;
- - opportuno che i rulli inchiostratori abbiano diametri diversi, per
attenuare barrature o riporti d'inchiostro;
- - la laminazione dell'inchiostro è più efficiente con l'aumentare del
numero dei contatti tra i rulli distributori: pertanto un numero maggiore di
rulli distributori migliora la corretta laminazione dell'inchiostro.
Benché simili, i gruppi inchiostratori delle macchine tipografiche
platine o pianocilindriche differiscono da quelli offset o delle rotative
tipografiche per il diverso numero di rulli. Per esempio, nelle macchine
tipografiche pianocilindriche, la forma passa a contatto dei rulli
inchiostratori due volte per ogni ciclo di stampa, facilitando la laminazione
dell'inchiostro. Nelle macchine con organi stampanti dotati di moto rotatorio,
invece, i rulli inchiostratori agiscono sulla forma con un solo passaggio per
copia; perciò la laminazione dell'inchiostro viene migliorata predisponendo un
numero di rulli distributori all'incirca doppio delle corrispondenti macchine
tipografiche alternative.
8.2. Il gruppo calamaioIl
serbatoio del calamaio e costituito da una lama flessibile tangente alla
superficie di un cilindro metallico, delimitato ai lati da due fianchi di
superficie approssimativamente triangolare, con un lato terminante ad arco di
cerchio (fig. 110). Tra la lama ed il rullo fluisce l'inchiostro.
La quantità d'inchiostro ceduto dal gruppo calamaio dipende da:
- - distanza tra lama e rullo calamaio, che determina lo spessore dello
strato d'inchiostro.'
- - angolo di rotazione del rullo calamaio ad ogni ciclo di stampa, per la
determinazione dell'area di inchiostro trasmessa dal gruppo'.
- - caratteristiche reologiche dell'inchiostro.
Mentre i primi due
parametri sono variabili a discrezione dell'operatore ed automaticamente
controllabili, il terzo parametro e di ancora difficile controllo, per la
dipendenza delle caratteristiche reologiche degli inchiostri da vari fattori, in
particolare della temperatura.
L'apertura della fessura tra lama e rullo calamaio e regolabile localmente
con Viti micrometriche, per la variazione del flusso dell'inchiostro in base
alle esigenze delle varie zone della forma.
L'angolo di rotazione del rullo può essere azionato sia con un dispositivo ad
intermittenza, tramite un nottolino che agisce su una ruota dentata solidale
all'albero del rullo, sia con un motore a velocità variabile, entro valori
minimi e massimi, dipendenti dalla macchina stessa.
Il rullo «prenditore» opera il trasferimento dell'inchiostro dal rullo
calamaio al gruppo della distribuzione e inchiostrazione. Esso è dotato di
movimento alternativo: aderisce al rullo calamaio per il prelievo
dell'inchiostro durante la rotazione di quest'ultimo, quindi si sposta a
contatto con il primo rullo distributore,. esso ruota folle, perciò acquista la
velocità di rotazione del gruppo distributore mentre lo rifornisce
dell'inchiostro (fig. 111).
Nelle macchine rotative di grande formato e molto veloci il movimento
oscillante del rullo prenditore può avvenire ogni due o tre cicli di stampa, per
evitare movimenti troppo bruschi dei braccioli di sostegno del rullo ed urti
accentuati contro i rulli.
8.3. Disposizione dei rulli del
gruppo distributoreEsistono svariate soluzioni nella disposizione dei
rulli, però la struttura a piramide (fig. 112) è quella normalmente adottata. La
successione dei rulli è analoga alle macchine tipografiche, ossia tra due rulli
metallici è sempre interposto un rullo rivestito.
Si possono distinguere nella citata struttura.
1. Una premacinazione, effettuata da un rullo metallico, animato da un moto
di va e vieni, su cui agiscono rulli rivestiti, sui quali premono due rulli
metallici, che vengono chiamati anche cavalieri o cannelle, il cui compito è
quello di livellare, ed eventualmente di rifornire e travasare l'inchiostro,
quando ciò si renda necessario.
Il prenditore, a contatto con il rullo calamaio, riceve una striscia
delimitata agli estremi dai piombi del calamio, variabile circonferenzialmente
in funzione dell'angolo di rotazione del rullo ed in spessore dalla
registrazione delle viti del calamaio. Il prenditore, rivestito di gomma o di
sostanza elastica, cede la quantità d'inchiostro ricevuta alla premacinazione.
Compito della premacinazione è proprio quello di incominciare a trafilare
l'inchiostro e di distenderlo lateralmente e circonferenzialmente, in modo che
lo spessore del velo d'inchiostro risulti adeguato alle esigenze della stampa e
costante lungo l'intera circonferenza del rullo. A tale scopo servono
egregiamente le coppie di rulli cavalieri inseriti.
2. Un gruppo distributore, costituito da un rullo rivestito a contatto con un
rullo cavaliere e da un rullo metallico che ha un diametro più grande degli
altri.
Da quest'ultimo l'inchiostro va a due rulli rivestiti su cui agiscono due
«cannelle» e dai rulli rivestiti viene ceduto a due rulli metallici dotati di
movimento va e vieni (fig. 113). Su questi ultimi agiscono rispettivamente due
altri rulli rivestiti, sormontati a loro volta da cannelle.
Nella laminazione dell'inchiostro occorre distinguere due operazioni
fondamentali le quali vengono eseguite contemporaneamente.
L'uniformità dell'inchiostro in senso circonferenziale viene data dal moto
circolare dei rulli e dalla pressione regolabile che i rulli rivestiti
esercitano sui rulli metallici. I rulli metallici infatti girano intorno ad assi
fissi, e sono comandati mediante ingranaggi elicoidali, che ingranano con altri
di rinvio, comandati a loro volta da una corona dentata solidale al cilindro
lastra, in modo da conferire a ciascun rullo una velocità periferica uguale a
quella della lastra (fig. 114).
i rulli rivestiti, essendo trascinati in rotazione per attrito, possono
essere regolati in modo da esercitare più o meno pressione rispetto agli altri.
Accanto all'azione circonferenziale, il movimento assiale dei rulli
macinatori metallici provoca la laminazione laterale e la regolazione
dell'ampiezza della corsa del va e vieni migliorando la laminazione stessa.
3. L'inchiostrazione della lastra è effettuata almeno da tre rulli rivestiti,
frequentemente da quattro, raramente da cinque. I rulli inchiostratori prendono
l'inchiostro da uno degli ultimi rulli metallici dotati di va e vieni; essi
hanno una piccola interferenza con la forma, per garantire il contatto lungo una
striscia, cosi che l'inchiostro possa aderire nelle zone stampanti della lastra.
Il compito dei rulli inchiostratori è proprio d'inchiostrare uniformemente la
lastra, in direzione assiale e circonferenziale, con un film continuo.
La laminazione circonferenziale e laterale provvede per i primi due scopi; la
continuità dell'inchiostrazione invece viene migliorata a volte dalla presenza
di rulli cavalieri, i quali non solo contribuiscono a caricare il rullo
inchiostratore, ma sopperiscono, quando è necessario, alle eventuali deficienze
d'inchiostro sugli inchiostratori stessi, dovute ad esempio a particolari
disposizioni geometriche delle aree stampanti sulla forma.
La presenza in macchina di rulli inchiostratori con diametro diverso ed
abbastanza grande è una caratteristica positiva, perché si viene ad avere uno
sviluppo notevole di superficie attiva dei rulli.
L'interferenza tra i rulli inchiostratori e la lastra non può superare certi
valori, per non dare origine a barrature parallele all'asse dei cilindri oppure
a righe all'inizio della lastra. I rulli che gravitano, infatti, sulla lastra,
in corrispondenza del «vuoto» del cilindro porta lastra tendono a flettere ed
urtare con l'inizio stampa del cilindro quando cessa il vuoto. Per ovviare a
questo inconveniente la zona che precede l'inizio stampa sul cilindro presenta
un profilo variabile che fa da invito ai rulli e ne annulla gradualmente la
flessione.
8.4. Caratteristiche dei rulli del
gruppo distributore-inchiostratoreI rulli metallici devono avere una
superficie rettificata, perfettamente cilindrica e devono girare «centrati». I
rulli cavalieri. che si possono facilmente smontare. devono appoggiare
uniformemente sui rulli rivestiti, mentre i distributori fissi non devono avere
gioco.
Quelli poi dotati di movimento alternativo assiale non devono presentare
giochi ai punti morti del medesimo.
I rulli metallici. costruiti in acciaio, possono avere la superficie ramata,
per essere protetti contro l'ossidazione che si avrebbe per la presenza del
liquido di bagnatura; si usa il rame perché più degli altri metalli presenta
affinità per l'inchiostro. In luogo della ramatura si è negli ultimi anni.
generalizzato l'uso del rivestimento «rilsan».
I rulli rivestiti di gomma sintetica oppure di materia plastica (resine
poliuretaniche) devono possedere le caratteristiche seguenti, non sempre
facilmente reperibili in uno stesso materiale:
- - una perfetta cilindricità nelle varie sezioni ed un raggio costante da
sezione a sezione;
- - un'usura costante in senso assiale e circonferenziale;
- - un facile trattamento di pulizia. qualunque sia l'inchiostro;
- - non reagire con i prodotti chimici contenuti negli inchiostri, in modo
da non indurire superficialmente:
- - una buona aderenza con il rullo con cui vengono a contatto e capacità di
riprendere subito la forma circolare primitiva;
- - non si devono rigonfiare per la presenza di solventi e plastificanti:
non diventare più morbidi per effetto dell'aumento di temperatura o più duri
per effetto della luce.
La durezza dei rulli distributori è in
generale diversa da quella degli inchiostratori. Per i primi la durezza
richiesta è sui 30-325 Sh, per i secondi invece è sui 405 Sh. La differenza
consiste nel fatto che per l'inchiostrazione è necessaria una pressione di
contatto superiore che per laminare l'inchiostro.
8.5. Distribuzione
dell'inchiostroDall'esperienza si è constatato che se la forma stampante è
inchiostrata con uno spessore unitario d'inchiostro, sul tessuto gommato si
trasmette il 50% dello spessore primitivo; in realtà la percentuale è superiore
se la lastra è plurimetallica ed è minore se è d'alluminio.
Di questo 50% che si trova sul tessuto gommato, una quantità pari all'80%
viene trasmessa al foglio, ossia in definitiva viene trasmessa alla carta la
quantità 1x 0,5 x 0,8 = 40% della quantità iniziale sulla lastra. L'inchiostro
trasmesso dal prenditore alla distribuzione, viene inizialmente laminato da una
serie di rulli che fanno capo ad un rullo metallico più grande degli altri.
Da questo l'inchiostro viene prelevato da due serie di rulli di cui una
trasferisce l'inchiostro ai primi due rulli inchiostratori e la seconda agli
altri due inchiostratori.
Esperienze fatte hanno dimostrato che l'azione inchiostratrice viene svolta
in modo essenziale dai primi due rulli, mentre gli altri due servono solo ad
uniformare, aggiungere o togliere inchiostro. in modo che la lastra sia
perfettamente inchiostrata all'uscita del quarto rullo.
Stando a questa teoria si deve concludere che il flusso dell'inchiostro per
il 70 -; 80% arriva ai primi due inchiostratori e per il restante agli altri.
Da quanto precede la disposizione dei rulli distributori può essere prevista
in modo da rifornire con maggiore flusso i primi due rulli inchiostratori (fig.
115). Vantaggio di questa disposizione è la più rapida risposta del gruppo
inchiostratore alle variazioni di flusso d'inchiostro provenienti dal calamaio.
Quando i rulli inchiostratori passano nel settore «vuoto» del cilindro
lastra. si ricoprono di uno strato d'inchiostro più spesso perché sono a
contatto con la distribuzione che li alimenta in continuità, mentre non cedono
inchiostro alla lastra.
Quando i rulli iniziano ad inchiostrare la lastra. depositano più inchiostro
nel primo giro e meno nei successivi. dando luogo a variazioni di tonalità che
si possono in parte attenuare usando diametri diversi per i rulli inchiostratori
(fig. 116).
Altro inconveniente, evidenziato da «barrature di inizio stampa». è dovuto
all'entrata in interferenza della lastra con i rulli inchiostratori.
Questo improvviso aumento della pressione degli inchiostratori sulla lastra
può avvenire con urto e può produrre delle barrature, per eliminare le quali
occorre diminuire per quanto possibile l'interferenza degli inchiostratori sulla
lastra.
Il fenomeno può essere fortemente attenuato, se non eliminato. facendo sul
cilindro porta lastra un raccordo che attenui l'urto all'entrata dei rulli.
8.6. Controllo della temperatura
nell'inchiostrazioneAl procedere della tiratura si verifica un costante,
anche se ridotto. aumento di temperatura. Dopo circa otto ore di tiratura
consecutiva, l'aumento della temperatura risulta intorno a 35 C5, con un
incremento all'incirca costante sia sul cilindro porta-lastra, sia sui rulli
inchiostratori, meno accentuato sui rulli distributori. L'aumento della
temperatura modifica alcuni parametri. per esempio:
- - diminuisce la viscosità dell'inchiostro;
- - aumenta l'evaporazione d'acqua sulla lastra.
É stato dimostrato
da esperimenti che il raffreddamento dell'acqua di bagnatura non incide molto
sulla qualità della stampa, ma è assai importante per il controllo di alcuni
fattori (mantenimento di una concentrazione di alcool nella bagnatura, parziale
controllo della vischiosità dell'inchiostro ecc.). In particolare con la
variazione della temperatura dell'acqua di bagnatura non si modifica lo spessore
dello «strato» di umidità.
Alcune ditte hanno scelto di effettuare il controllo della temperatura degli
ultimi rulli laminatori, posti a contatto dei rulli inchiostratori. Tali rulli
(fig. 117) sono dotati di una camera interna in cui fluisce un liquido
pre-condizionato. Il liquido stabilizza la temperatura del mantello degli ultimi
due rulli metallici a contatto degli inchiostratori, favorendo il controllo
delle caratteristiche reologiche degli inchiostri.
8.7. Inchiostrazione monorullo per
macchine offsetAlcune case costruttrici hanno cercato di applicare gruppi
d'inchiostrazione meno complessi dei consueti. Per distribuire sulla forma uno
strato d'inchiostro uniforme, infatti, sarebbe necessario un solo rullo. capace
di ricaricarsi del film d'inchiostro ceduto alla forma per mezzo di un opportuno
sistema di rifornimento.
La Rotaprint ha già applicato tale principio nel campo delle piccole offset.
Un'altra ditta ha sviluppato un sistema d'inchiostrazione monorullo, applicato
attualmente in alcuni tiraprove. Tale sistema (Equalink) si sviluppò dapprima
utilizzando un rullo rivestito di materiale elastico di circonferenza pari a
quella del cilindro portalastra (fig. 118). Un secondo rullo, metallico.
provvedeva ad egualizzare il film d'inchiostro sull'unico rullo inchiostratore.
L'inchiostro veniva contenuto tra i due rulli del gruppo inchiostratore e una
rada impediva che esso venisse trasportato al di fuori del serbatoio a causa
della rotazione del rullo metallico. La laminazione dell'inchiostro tra i due
rulli poteva essere regolata tramite la variazione della velocità periferica del
rullo metallico.
In una successiva applicazione del sistema d'inchiostrazione monorullo, la
laminazione dell'inchiostro avviene tramite la pressione del rullo in materiale
elastico contro un blocco metallico (fig. 119), a sezione trapezoidale, con la
base minore a contatto del rullo. Nella zona di contatto tra il rullo e il
blocco metallico è praticata una scanalatura a forma di V, in cui ruota un rullo
di minimo diametro premuto dal blocco metallico contro il rullo inchiostratore e
avente la funzione di laminare lo strato d'inchiostro. Tale principio
d'inchiostrazione. se controllato e sufficientemente sperimentato, potrà essere
applicato nelle macchine offset del futuro.
9. Sistemi di controllo e
regolazione automatica dell'inchiostroAlla fine degli anni settanta furono
realizzati dispositivi per il controllo automatico a distanza dell'inchiostro.
L'ideazione dei nuovi sistemi partiva dal presupposto che la regolazione
dell'inchiostro tramite la lama del calamaio non potesse essere facilmente
controllata. Infatti la lama flessibile si comporta come uno strumento di scarsa
precisione in cui ad una variazione di comando corrisponde una deformazione più
o meno accentuata su tutta la struttura. La prima decisione, adottata da alcune
fabbriche costruttrici di macchine da stampa, fu di sezionare la lama in
numerosi settori. larghi circa 5 cm, comandabili separatamente a distanza; in
seguito si ebbero soluzioni più complete.
9.1. Sistema RCI (Roland)RCI
significa «remote controlled inking», cioè controllo a distanza
dell'inchiostrazione. Il sistema è costituito da una serie di cursori, vicini,
l'uno all'altro, terminanti con una piastra in materiale plastico.
L'avvicinamento dei cursori di regolazione del flusso al rullo calamaio è
radiale (fig. 120) e non tangenziale al rullo (come si verifica all'incirca per
la lama); tale manovra consente un più preciso flusso di inchiostro.
Ne risultano evidenti diminuzioni degli sforzi di flessione dei cursori per
la rotazione del rullo calamaio (a causa della vischiosità dell'inchiostro).
Ogni cursore è dotato di potenziometro e di motorino per l'automazione del
movimento. I comandi possono essere impartiti da un pulpito, o consolle di
comando su cui sono disposti anche i controlli dell'apertura dei cursori tramite
diodi luminosi (fig. 121). L'automazione del comando d'apertura dei cursori può
avvenire, oltre che localmente. con comandi di modificazione contemporanea di
tutti i cursori.
Con una regolazione di tipo RCI si ottengono i seguenti vantaggi:
- - valori oggettivi di regolazione della distanza dei cursori;
- - controllo efficace del flusso dell'inchiostro;
- - operazioni comandate a distanza anche per diversi gruppi inchiostratori
con minor spreco di tempo da parte dell'operatore.
9.1.1. Sistema CCI della
RolandCCI significa «computer controlled inking». cioè inchiostrazione
controllata mediante calcolatore. Il sistema CCI è un ampliamento del sistema
RCI. Il sistema CCI prevede:
- - la rilevazione della densità sullo stampato;
- - il confronto automatico della densità rilevata sullo stampato con i
valori di densità prefissati;
- - il calcolo, mediante un sistema di microprocessori che agisce comandando
automaticamente i cursori del calamaio.
La densità di riferimento è
tratta dal foglio di macchina approvato. La misurazione delle densità avviene su
un'apposita striscia, contenente i diversi campi di misurazione necessari,
tramite un solo densitometro (fig. 122). Il sistema CCI prevede l'uso di una
sola testa di lettura perché due densitometri diversi, con la tecnologia
attuale, non sono ancora in grado di indicare due misure perfettamente
concordanti. Il tempo esplorazione di una striscia di circa 100 cm è di 34 s.
con la rilevazione di circa 240 valori diversi, immessi automaticamente
nell'unità di calcolo ed elaborazione dati. Il tempo di calcolo risulta di circa
1 s e la registrazione automatica dei cursori prevede circa 7 5 per ogni unità
di stampa. Dunque in una macchina offset a 4 colori, occorre circa un minuto per
la regolazione dei calamai dal momento in cui si deposita il foglio di
riferimento sul tavolo di controllo della macchina. L'intervento dell'operatore
nella procedura non è escluso, anche se l'automazione del sistema può avvenire
sulla base di soli due parametri: densità rilevata sulla striscia di controllo e
apertura dei cursori corrispondenti sul rullo calamaio.
Alcune unità periferiche possono essere collegate al sistema CCI per ottenere
dati (stampante, perforatore di nastro) o per introdurre dati (lettore di nastri
perforati).
Il sistema è completato da un lettore di lastre (EPS), il quale esplora zona
per zona i grafismi determinandoli in valori percentuali. Le rilevazioni attiche
sono memorizzate in cassetta, per la successiva regolazione dei cursori del
calamaio, tramite l'introduzione della cassetta nel pulpito RCI oppure CCI. Tale
possibilità è molto utile in caso di ristampa.
9.2. Il CPC HeidelbergIl CPC
Heidelberg nato nel '77 e nello stesso anno presentato al DRUPA, mira a dotare
le macchine da stampa di un sistema in grado di assicurare un controllo della
qualità pratico ed efficiente.
Lo scopo finale del programma CPC è quello di poter fornire, compatibilmente
con la lavorazione in corso i valori d'inchiostrazione, di registro, ecc. allo
scopo di migliorare e sveltire tutte quelle operazioni indispensabili per la
perfetta regolazione della macchina. Il sistema CPC (articolato in CPC 1, CPC 2
e CPC 3), è stato progettato e realizzato esplicitamente per la serie
«Speedmaster» Heidelberg. ossia per macchine in cui più si fanno sentire i
problemi connessi ai tempi morti della tiratura (avviamento, regolazione del
calamaio, registro di stampa, ecc.). Risulta quindi evidente che l'adozione del
sistema CPC (che permette delle regolazioni più veloci, cioè meno fermi
macchina) va di pari passo con la produttività, quindi con il massimo utilizzo
della macchina stessa.
9.2.1. Il calamaio di
HeidelbergIl calamaio Heidelberg è costituito da una serie di cilindri
dosatori, posti in prossimità del rullo calamaio. I cilindri (fig. 123) sono
montati su uno snodo, a sua volta collegato ad un albero filettato.
La superficie dei cilindri è eccentrica, mentre due fasce poste lateralmente
garantiscono il contatto controllato tra il cilindro e il rullo calamaio (fig.
124).
Ruotando il cilindro varia di larghezza la fessura tra di esso ed il rullo
calamaio. Le strisce poco inchiostrate sul rullo calamaio. provocate dagli
anelli di sostegno dei cilindri, sono compensate dal movimento assiale dei rulli
distributori.
L'albero filettato a cui sono collegati i cilindri di regolazione, è
comandato da un motore elettrico, a sua volta funzionante da comando situato dal
pulpito dell'unità CPC 1 (v. oltre).
L'applicazione più semplice del sistema CPC prevede la segmentazione del
calamaio con cilindri di regolazione, comando a distanza degli stessi tramite il
pulpito del CPC 1 dopo valutazione soggettiva della quantità d'inchiostro
occorrente alle diverse zone della lastra.
9.2.2. Impiego del CPCL'unità
CPC I permette la regolazione a distanza del calamaio, tramite opportuni comandi
che agiscono sui cilindri dosatori di cui si è detto. Tramite l'unità CPC 1
l'operatore può intervenire anche sul registro, sia circonferenziale sia
assiale, con macchina in movimento. Ogni macchina da stampa dev'essere
attrezzata con unità CPC 1 indipendenti, ognuna delle quali può intervenire solo
ed esclusivamente sulla macchina da stampa a cui è collegata. E facile
constatare che l'investimento nell'attrezzatura di comando a distanza è tanto
più favorevole quanto aumentano il numero dei cambi lastra, per rendere più
rapide le operazioni di avviamento macchina. particolarmente nelle macchine
pluricolori.
L'unità CPC 2 è addetta alla funzione di controllo qualità, ma il suo uso può
essere esteso, tramite collegamento con l'unità CPC 1, al comando a distanza
della macchina. Dotata di microdensitometro, essa rileva automaticamente i dati
dal foglio stampato, può confrontarli con parametri interni memorizzati e può
agire sull'unità CPC 1, gerarchicamente inferiore, per modificare il flusso
d'inchiostro dal calamaio. L'unità CPC 2 può anche ricevere dati registrati
dall'unità CPC 3.
L'unità CPC 3 assolve alla funzione di preregolare il calamaio. Essa è dotata
di microdensitometri in grado di analizzare la lastra e registrare (entro certe
tolleranze), su apposito supporto magnetico, la quantità di inchiostro
necessaria per ogni zona di stampa. I dati registrati per divenire operativi
devono essere inseriti nell'unità CPC 2.
Ora che i vantaggi e gli scopi costruttivi del sistema CPC sono chiariti,
passiamo a studiare il possibile inserimento del CPC in un'azienda grafica di
medie dimensioni (fig. 125).
Nella sala di fotoformatura trovano posto i tavoli luminosi per i montaggi,
lo scanner, ed il CPC 3, che esamina la lastra pronta e ne rivela
istantaneamente le zone da modificare in sede di stampa. mediante
un'inchiostrazione più o meno abbondante.
Quindi, la lastra con il foglietto-guida del CPC 3 arriva nella sala stampa,
dove viene montata sulla macchina mentre i dati del foglietto-guida vengono
immessi (mediante videotastiera di cui è dotato il CPC 2) nel CPC 2 stesso.
Questo, tramite i pulpiti ad esso collegati (CPC 1) regola di conseguenza la
macchina.
A questo punto entra in gioco l'unità CPC 2. Tenendo conto dei dati in uscita
del CPC 3, s'impostano sulla tastiera-video i valori cromatici di riferimento e
le tolleranze relative alla stampa di un determinato lavoro. Questi valori sono
inviati ai pulpiti di controllo CPC 1, che provvedono a regolare tutti gli
organi interessati secondo gli «ordini» del CPC 2 (calamaio, registro laterale e
periferico, ecc.). Tali regolazioni avvengono per mezzo di motorini montati
sulla macchina stessa e comandati dal CPC I.
Ora la macchina può entrare in tiratura vera e propria, essendo perfettamente
messa a punto. Il foglio stampato che viene approvato si analizza con i
microdensitometri posti sul CPC 2, che provvedono a trasferire i dati relativi
(densità del colore, sdoppiamento del puntino, sbaveggio, ecc.) al calcolatore
centrale sito nel CPC 2, dove vengono confrontati con i valori di riferimento
prescritti.
Questi valori sono visualizzati sul video del CPC 2, e quindi convogliati
alle postazioni di comando CPC 1, che provvedono a confrontarli con i valori
«esistenti» sulla macchina e, se necessario, a cambiarli, adeguandosi ai valori
provenienti dal CPC 2.
I vantaggi del sistema CPC si possono così identificare:
- - meno scarti d'avviamento e minore tempo di messa a punto, perché la
stampa ottimale viene raggiunta in modo rapido;
- - meno variazioni di colore, perché il CPC 2 «sorveglia» la tiratura e
interviene prontamente sull'errore, qualunque esso sia (registro, variazioni
di colore, sbaveggio ecc.);
- - pre-regolazione dell'inchiostro, inchiostrazione automatica.
registrazioni del profilo cromatico dello stampato su floppy disc o cassetta
magnetica; velocità elevata di analisi delle strisce di misurazione Brünner (8
s per 208 fondini!).
L'unità CPC 3,
accanto al CPC 2, svolge la funzione di pianificazione dei dati e banca-dati,
ripartendoli man mano al CPC 1. Il CPC 3 «lavora» allo scopo di abbreviare
ulteriormente i tempi di messa a punto della macchina da stampa. Il lavoro viene
gestito in pratica in maniera tale da sfruttare appieno (cioè nel modo più
produttivo possibile) le macchine da stampa che gli richiedono un notevole
investimento di capitale per l'acquisto, per la gestione, e per la manutenzione.
La funzione principale del CPC 3 è quella di «anticipare» i dati prima che
essi siano «stampati» e analizzati. In questa maniera, si ha una pre-regolazione
del colore prima della stampa e (cosa fondamentale) fuori macchina.
Il CPC 3 è praticamente un lettore di lastre (fig. 126) che vengono esplorate
da una serie di microdensitometri posti su una sbarra trasversale scorrevole a
contatto della lastra e posta sull'apparecchio. Con questa operazione si
determina automaticamente la percentuale di punto (in ognuna delle 32 zone la
striscia d'inchiostro ha una lunghezza di 32,5 mm). I dati vengono registrati su
cassetta o floppy disc per poi essere inseriti nel CPC 2.
Oltre alla registrazione magnetica dei dati, il CPC 3 stampa una striscia di
carta che può comprendere, a scelta dello stampatore, o i valori riferiti per
zona (cioè per ognuna delle 32 zone si ha l'indicazione del valore
d'inchiostrazione), o i valori dei colori primari, sempre per zona (ossia, per
ognuna delle 32 zone il CPC 3 rileva i valori di ciano, giallo, e magenta da
porre sul calamaio).
Inoltre, grazie al protocollo stampato, anche le macchine che non sono
asservite al CPC 1 possono usufruire del lettore di lastre CPC 3. Con esse i
tempi di regolazione sono abbreviati, come si è detto, grazie alla
pre-regolazione automatica dell'inchiostro: ciò significa miglior sfruttamento
delle macchine collegate al CPC e meno tempi morti durante la tiratura, che a
lungo andare dovrebbero ridursi solo ai cambi lastra.
L'unità CPC 2 è
l'elaboratore del sistema, dal quale dipendono direttamente o indirettamente
tutti gli altri componenti. Il CPC 2 è composto da tre parti essenziali: un
video con il quale è possibile dialogare e che serve per l'immissione dati (fig.
127); l'elemento di analisi, composto da un microdensitometro scorrevole sulle
strisce di misurazione (Brünner, Fogra PMS, ecc.), e il calcolatore che deve
decidere dove intervenire sulla macchina da stampa (calamaio, registri laterale
/periferico, ecc.).
Il funzionamento del CPC 2 è semplice: si posiziona il foglio campione, in
squadra e sotto le marcature luminose poste nella barra di misurazione, quindi
si inserisce il disco floppy del lavoro (fig. 128) (o la cassetta) nel video e
si procede alla misurazione dei fondini.
Nella sua corsa, il microdensitometro rileva i dati, per esempio, la densità
del colore, l'ingrossamento del punto, il doppieggio, lo spostamento del
puntino, il contrasto tra i colori, ecc. I valori ottenuti e visualizzati sul
video, vengono confrontati dal calcolatore con i valori di riferimento
registrati nel disco del lavoro. La lettura è veloce.
È possibile sia affidarsi al calcolatore CPC 2 per mantenere la tiratura
sugli stessi valori, sia inserire una proposta di adeguamento, secondo la quale
lo stampatore decide che la stampa avvenga entro certe tolleranze, che la
macchina rispetterà. Una sola unità CPC 2 può essere collegata a diverse unità
periferiche (fig. 129).
La funzione del
CPC I è quella di mettere in atto i comandi che provengono dall'unità CPC 2.
Il CPC 1 si compone di tre parti essenziali (fig. 130): 1. una parte logica.
comprendente i tasti di adattamento dei comandi che giungono dal CPC 2 (registro
periferico/ laterale, indicatore densità inchiostro, indicatore del profilo
cromatico in valori percentuali, ecc.); 2. un quadro luminoso posto a fianco dei
suddetti tasti, che ha lo scopo di visualizzare gli adattamenti compiuti
dall'operatore/stampatore; 3. un display a 32 elementi che riproduce fedelmente
il profilo dello strato d'inchiostro nel calamaio (fig. 131).
Nel CPC 1 è possibile regolare lo strato d'inchiostro. sia a distanza (con i
tasti posti sotto ognuna delle 32 zone del display), sia con la penna luminosa.
In questo caso, la regolazione sarà soggettiva e dettata esclusivamente
dall'esperienza dello stampatore. Si può regolare lo strato d'inchiostro anche
automaticamente, mediante cassetta magnetica ottenuta dal CPC 3. oppure con
collegamento in linea con l'unità di controllo qualità CPC 2.
Il profilo dell'inchiostro può essere registrato su cassetta magnetica o su
disco floppy (nelle due versioni più recenti CPC 1-02 e CPC 1-03), per la rapida
impostazione dei dati in caso di ristampa.
9.2.6. Alimentazione automatica
dell'inchiostroAlcune ditte fabbricanti di macchine da stampa hanno posto
in commercio dispositivi per l'alimentazione automatica dell'inchiostro al
serbatoio del calamaio.
Generalmente tali dispositivi sono costituiti da una pompa elettrica che
aspira una certa quantità d'inchiostro (fig. 132) tramite uno stantuffo:
l'inchiostro è compresso in tubo flessibile raccordato al calamaio. Una piastra
preme sulla superficie dell'inchiostro: il diametro della piastra deve
corrispondere a quello del contenitore dell'inchiostro. Sul serbatoio del
calamaio l'inchiostro è distribuito tramite una barra forata (fig. 133) che
permette la discesa del fluido per gravita dello stesso. Un tastatore interrompe
il flusso d'inchiostro quando il serbatoio del calamaio raggiunge il livello
predeterminato.
lì dispositivo è utilizzabile in lavori che richiedono un cospicuo consumo
d'inchiostro, ad esempio nella stampa dei fondi, oppure nella stesura di vernici
protettive. Ipotizzando un consumo d'inchiostro di un micrometro di spessore, su
una superficie a fondino di 70x100 cm. con velocità di tirature di 10.000 copie
all'ora, occorrono circa 7 dm3 di materia colorante o di vernice. Ammettendo una
densità relativa di 0,9 dell'inchiostro, ogni ora occorrono 6 kg d'inchiostro
per eseguire la tiratura.
10. Il gruppo bagnatoreLa
regolazione del flusso dell'acqua di bagnatura, in rapporto alla quantità
d'inchiostro, distribuito sulla forma ha costituito da sempre uno degli scogli
principali del procedimento di stampa offset.
L'immissione di una determinata quantità di liquido bagnatore dipende da
fattori sia intrinseci allo stesso liquido (sua tensione superficiale,
temperatura, pH, ecc.) sia correlati con le caratteristiche dell'inchiostro (sua
reologia al variare dell'emulsione acqua/inchiostro) e dell'ambiente o della
macchina da stampa (natura fisico-chimica della superficie dei rulli bagnatori,
velocità di tiratura, tipo di sistema di bagnatura, temperatura dell'ambiente e
sua umidità relativa, ecc.).
Dominare scientificamente il complesso di variabili tra l'acqua di bagnatura
e l'ambiente circostante non è facile.
La riprova della difficoltà nel controllo dell'acqua di bagnatura è
riscontrabile nelle diversissime soluzioni, più o meno innovatrici presentate
dai fabbricanti di macchine da stampa. I brevetti studiati ed in parte applicati
prevedevano l'uso di sistemi di bagnatura a spazzola, a condensa, a ugelli, a
stoppino, ecc. Più avanti si accennerà solo ai sistemi di bagnatura più usati.
Molti tentativi furono abbandonati per il ritorno ai sistemi di bagnatura
tradizionali, che, del resto, offrivano una garanzia maggiore.
Il trattamento superficiale della lastra ha una forte influenza sulla
quantità di acqua trasmessa dal gruppo bagnatore. La granitura delle lastre
monometalliche, aumentando la rugosità superficiale, crea microscopici alveoli
irregolari, rendendo le caratteristiche superficiali della forma affini
all'acqua. Il tipo di granitura, la natura del metallo e le sue caratteristiche
chimico-fisiche superficiali, hanno una forte influenza sulla quantità di
liquido di bagnatura occorrente per la stampa offset. Ad esempio le lastre
plurimetalliche necessitano di un afflusso di liquido di bagnatura decisamente
inferiore a quello occorrente per le lastre monometalliche.
Il gruppo inchiostratore di una macchina offset opera sempre emulsionando una
determinata quantità d'acqua nell'inchiostro.
Tale quantità d'acqua, suddivisa in microscopiche gocce, non può essere
inferiore al 5-10% e non deve superare il 30% dell'inchiostro. Quando tali
valori sono superati si ha la rottura della stabilità dell'emulsione, con
formazione di grosse quantità d'acqua nel gruppo inchiostratore che impediscono
la stampa corretta. Il controllo della stabilità dell'emulsione acqua in
inchiostro è uno dei fattori di maggiore difficoltà nel procedimento di stampa
offset, su cui si deve ancora indagare scientificamente.
10.1. Cenni alla bagnaturaLe
principali esigenze a cui deve soddisfare il gruppo bagnatore possono essere
riassunte come di seguito: 1. la bagnatura della lastra deve essere
uniforme sia nei contrografismi più estesi sia in quelli microscopici. L'acqua
dovrebbe essere distesa secondo le esigenze delle singole zone; 2. la quantità
d'acqua per copia deve essere regolata con precisione con il variare dei
parametri collegati (velocità della macchina, quantità d'inchiostro, ecc.); 3.
l'equilibrio acqua/inchiostro deve essere raggiunto con il minimo consumo di
copie.
I contrografismi di superficie estesa necessitano di un volume di acqua
elevato. L'eccesso di umidità, però, può dare origine ad un'emulsione con
l'inchiostro, provocando la diminuzione della densità massima di stampa e un
allargamento considerevole. La velocità della macchina da stampa è inversamente
proporzionale alla richiesta del volume d'acqua sulla lastra. All'aumentare
della velocità della macchina da stampa, diminuisce il volume d'acqua richiesto
dalla lastra. L'equilibrio acqua/inchiostro può essere maggiormente controllata
e raggiunto in un minor tempo con l'introduzione di miscele alcool
isopropilico/acqua nel gruppo bagnatore.
Gli automatismi della macchina offset determinano, ad un difetto
nell'ammissione del foglio, l'arresto, del gruppo del mettifoglio ed il distacco
della pressione, mentre gli altri organi della macchina continuano nel loro
funzionamento. Ciò ad evitare di interrompere il funzionamento dei gruppi
inchiostratore e bagnatore, con conseguente modifica dell'equilibrio
acqua-inchiostro.
10.2. Gruppo bagnatore
tradizionaleIl sistema di bagnatura tradizionale è costituito da un rullo
parzialmente immerso in un serbatoio contenente il liquido di bagnatura, un
rullo rivestito per il prelevamento dell'acqua dal contenitore, un rullo cromato
intermedio e due rulli bagnatori rivestiti a contatto della lastra (fig. 134).
Il rullo semi-immerso nel serbatoio viene detto «bagnino». Il livello
dell'acqua nel serbatoio viene mantenuto costante da un tubo sfioratore,
collegato ad un serbatoio di alimentazione a tenuta stagna, capovolto sopra la
bacinella. L'acqua scende allora nella vaschetta facendo alzare il livello, fino
a quando il pelo del liquido chiude l'orifizio del tubo di alimentazione.
Il rullo bagnino è dotato di moto rotatorio intermittente, la cui ampiezza,
analogamente al rullo calamaio, è regolabile. Per alcuni lavori può essere
opportuno collocare, a contatto con il rullo bagnino, in corrispondenza delle
zone in cui la lastra richiede meno liquido per la scarsità di contrografismi,
sistemi di spremitura del liquido di bagnatura in eccesso.
Il rullo prenditore preleva l'acqua dal rullo bagnino e lo cede al
gruppo distributore, con movimento oscillante, analogo a quello del prenditore
dell'inchiostro.
Il gruppo distributore dell'acqua comprende un rullo metallico cromato,
dotato di movimento assiale di va e vieni, e due rulli bagnatori rivestiti, i
quali da un lato laminano l'acqua prendendola dal rullo distributore, dall'altra
bagnano la lastra. Per ottenere una bagnatura efficiente occorre regolare
l'ampiezza di rotazione angolare del rullo bagnino e l'interferenza dei
bagnatori con la lastra e il distributore.
Il rullo distributore ha una velocità periferica uguale a quella della
lastra, essendo comandato nella rotazione da ingranaggi che, mediante un rinvio,
prendono il comando da una corona dentata solidale al cilindro porta lastra.
Il prenditore e i bagnatori, invece, sono trascinati per attrito. Il
distributore è cromato superficialmente, perché tale metallo presenta affinità
per le soluzioni acquose, mentre rifiuta l'inchiostro, di natura grassa.
L'inchiostro può, in carenza di acqua, risalire nel gruppo bagnatore, sporcando
i rivestimenti del bagnino e del prenditore.
Il deposito d'inchiostro sui rivestimenti dei rulli del gruppo di bagnatura
costringe a periodiche operazioni di sgrassaggio dei rulli bagnatori, con
eventuale sostituzione dei rivestimenti. I rulli bagnatori possono essere
costituiti da un'anima metallica rivestita da strati di tessuto, normalmente di
cotone, oppure possono essere rivestiti da gomma sintetica, di durezza intorno
ai 22-255 Shore A, al di sopra della quale si può aggiungere il tessuto. Il
rivestimento dei rulli, sia in cotone sia in altro materiale poroso e capillare,
è definito «calza» o «mollettone».
I rulli bagnatori devono:
- - essere perfettamente cilindrici in senso assiale e perfettamente
centrati nella rotazione;
- - essere relativamente duri, all'interno del rivestimento.
- ma anche elastici, per assorbire le sollecitazioni di contatto con le
altre superfici cilindriche;
- - essere superficialmente soffici, per evitare la formazione di accumuli
di acqua per strizzamento dei rivestimenti, prima della linea di contatto con
la lastra e con il rullo distributore;
- - essere lateralmente più lunghi della lastra di circa due cm, per
garantire che tutto il formato, in senso assiale, sia inumidito.
Il
gruppo di bagnatura tradizionale prevede la sostituzione dei rivestimenti in
tessuto periodicamente, con calze infilate sui rulli, tagliate e cucite alle
estremità. Altri rivestimenti, nati per ovviare ai problemi di sfilacciamento
dei mollettoni di cotone, sono costituiti da strisce di carta avvolte a spirale
sui rulli bagnatori (Plast-O-Damp) oppure da carta tubolare, che si restringe
attorno al rullo per azione dell'acqua (3M).
Ogni rullo bagnatore può essere regolato separatamente sia per il contatto
con il cilindro lastra sia per quello con il rullo distributore in acciaio.
10.3. Moderni sistemi di
bagnaturaIl movimento intermittente del rullo prenditore ed i rulli
rivestiti in tessuto o in carta provocano una certa inerzia del sistema nel
momento in cui è necessario modificare il flusso di liquido in arrivo al gruppo
stampante. I rulli rivestiti tendono ad essiccare più rapidamente ai lati,
rendendo irregolare la distribuzione dell'acqua alla lastra.
L'alimentazione dell'acqua in senso parallelo all'asse dei cilindri può
essere parzialmente controllata con sistemi empirici: aria soffiante sui rulli,
strisce di gomma appoggiate su di essi, rullini a pressione o piccole rade sul
cilindro di alimentazione.
Per controllare il flusso di acqua del gruppo bagnatore, i costruttori di
macchine da stampa offset hanno seguito diverse logiche, raggruppabili in due
categorie. La prima, applicata notevolmente in Nord America e poi diffusa in
Europa, prevede la miscelazione di alcool con l'acqua di bagnatura. La seconda,
privilegia il controllo degli aspetti meccanici di trasmissione dell'acqua. I
due sistemi di controllo possono essere abbinati nella medesima macchina da
stampa.
10.3.1. Bagnatura senza
prenditoreUna caratteristica meccanica dei sistemi moderni di bagnatura
prevede l'eliminazione del prenditore. La motorizzazione del rullo bagnino (fig.
135) riduce notevolmente l'inerzia del gruppo di bagnatura tradizionale,
provocata dall'oscillazione del rullo prenditore e dall'avanzamento a scatti del
rullo bagnino. La velocità di rotazione del rullo bagnino è regolabile con fini
variazioni, indipendentemente dalla velocità periferica degli altri rulli. Il
vantaggio della regolazione micrometrica dell'afflusso dell'umidità nel gruppo
bagnatore è, in parte, compensato dalla diversa velocità periferica del rullo
bagnino relativamente al distributore vicino, con generazione di strisciamenti.
10.3.2. Bagnatura con
alcoolL'uso dell'alcool isopropilico, miscelato con l'acqua di bagnatura in
percentuali variabili tra il 10 ed il 30% a seconda dei sistemi, provoca i
seguenti effetti:
1. Diminuzione della tensione superficiale dell'acqua di bagnatura (fig.
136), cioè un consistente aumento del potere umidificante della soluzione.
Conseguentemente diminuisce il volume di liquido occorrente per inumidire i
contrografismi, quindi il gruppo bagnatore deve far affluire un minor volume di
soluzione alla lastra.
2. Aumento della velocità di evaporazione del liquido di bagnatura. Quindi
l'emulsione acqua-inchiostro è più controllabile, come la densità
dell'inchiostro sullo stampato ed il relativo allargamento del punto. Anche il
supporto cartaceo riceve un minor volume di umidità, con riduzione dei problemi
di fuori registro legati all'anisotropia dei supporti fibrosi igroscopici.
3. Rivestimento dei rulli in gomma sintetica invece che con materiali
igroscopici. Il vantaggio dell'eliminazione dei mollettoni consiste sia
nell'assenza di particelle estranee (fili di cotone, ecc.) trasmesse alla forma,
sia nel risparmio dei tempi occorrenti per rivestire i rulli.
Il numero dei rulli del gruppo bagnatore con alcool viene ridotto nella quasi
totalità dei sistemi, per l'aumentata velocità di evaporazione del liquido.
L'unico rullo bagnatore può essere a contatto direttamente con il gruppo
inchiostratore, funzionando contemporaneamente sia come bagnatore sia come primo
rullo inchiostratore. L'emulsione acqua inchiostro è volutamente provocata, per
la relativa facilità di controllo della miscela acqua-alcool. Si accenna,
brevemente, ad alcuni sistemi di bagnatura ad alcool.
10.3.3. Sistema DahlgrenE uno
dei più usati nel Nord America, con applicazioni nella trasformazione di
macchine tipografiche da bobina in macchine Di-litho. li sistema Dahlgren (fig.
137) prevede un rullo bagnatore, a contatto diretto con il gruppo
inchiostratore, funzionante anche come primo rullo inchiostratore. Il rullo,
rivestito in gomma, è anche direttamente a contatto con il rullo bagnino, a sua
volta con superficie cromata. La regolazione del flusso della soluzione
acqua-alcool è operata attraverso la regolazione della pressione con cui un
rullo dosatore preme sul rullo duttore. L'interferenza del rullo dosatore può
essere regolata con la variazione della pressione su uno dei lati o sul centro,
modificando conseguentemente lo spessore della pellicola del liquido di
bagnatura.
10.3.4. Sistema Harris
Micro-flòIl sistema Harris Micro-flò (fig. 138) è analogo a quello
Dahlgren. In Italia viene applicato sulle macchine offset OMCSA. Il sistema
Miehle Matic presenta la particolarità del rullo bagnatore non a contatto con il
gruppo dell'inchiostrazione (fig. 139); inoltre un rullo dosatore lamina lo
strato di liquido sul rullo bagnatore.
10.3.4. Sistema ROLAND-maticIl
gruppo di bagnatura ROLAND-matic prevede cinque rulli (fig. 140). Le
particolarità del sistema sono:
- - un ruolo livellatore supplementare a contatto con il rullo bagnatore;
- - il gruppo della bagnatura non è a contatto diretto con il gruppo della
distribuzione dell'inchiostro;
- - la regolazione del flusso del liquido bagnatore da parte del rullo
dosatore (fig. 141) avviene modificando il parallelismo tra il suo asse e
quello del rullo bagnino, come in altri sistemi;
- - la quantità d'alcool isopropilico consigliata nella soluzione è intorno
al 15%, inferiore alle percentuali usate con sistemi a minor numero di rulli
del gruppo di bagnatura.
10.3.5. Sistema AlcolorIl
sistema dell'Heidelberg (fig. 142) prevede le seguenti particolarità:
- - il rullo dosatore (b in fig. 142) svolge contemporaneamente le funzioni
di regolatore del flusso del liquido e di trasmettitore dello stesso;
- - Il gruppo di bagnatura è direttamente a contatto del gruppo
d'inchiostrazione;
- - l'innesto della bagnatura avviene automaticamente (con la procedura
indicata in fig. i43) con lo scopo di rendere meno intenso e improvviso
l'afflusso del liquido di bagna tura sulla lastra.
11. Organi per l'uscita del
foglioHanno la funzione di afferrare il foglio stampato, trasportalo fino
alla tavola di raccolta e depositano, formando una pila ben rismata, ove i fogli
si sovrappongano esattamente l'uno all'altro.
Per il prelievo dei fogli dagli organi di stampa il mezzo più usato è
costituito da organi di presa, detti pinze, costituiti da una parte d'appoggio
denominata battuta (B) ed una parte che si apre e si chiude, ruotando
attorno ad una cerniera, detta pinza (A) (fig. 144). Le pinze, in numero
crescente col crescere del formato massimo della macchina, distano l'una
dall'altra alcuni centimetri e sono portate da un complesso formato da un albero
porta pinze e da una traversa porta battute (fig. 145).
L'albero porta pinze, durante la fase di presa del foglio. è comandato da
camme con profilo idoneo (fig. 146 A e B). Le pinze eseguono la presa del foglio
ruotando di una frazione di arco superiore a quella necessaria per toccare la
battuta. Tale quantità è detta precarico e corrisponde alla penetrazione
che avrebbe la pinza nella battuta se non ci fosse quest'ultima.
E molto importante che all'atto del trasferimento del foglio gli organi
cedenti (pinze del cilindro di stampa) e gli organi riceventi (pinze del
trasportatore a catene) restino serrati contemporaneamente per un tratto di
alcuni millimetri: la presa contemporanea impedisce che il foglio risulti
abbandonato.
L'insieme delle barre citate è generalmente sostenuto agli estremi da due
catene a circuito chiuso che, grazie al loro movimento, costituiscono l'organo
trasportatore.
E necessario che il foglio raggiunga la tavola di raccolta con la faccia
stampata ben visibile onde l'operatore possa continuamente sorvegliare la
stampa.
Quando il gruppo mettifoglio e d'uscita fogli sono disposti dallo stesso lato
della macchina, la parte stampata del foglio risulterà necessariamente rivolta
verso il basso. Si debbono perciò usare dispositivi per il ribaltamento del
foglio, già visti nel capitolo relativo alle macchine tipografiche. Nelle
macchine offset non esiste tale problema, perché il mettifogli è sempre
sistemato dalla parte opposta all'uscita fogli, quindi il lato stampato del
foglio risulta verso l'alto in uscita fogli.
L'uscita fogli nelle macchine da ufficio o di limitata produzione consiste
solamente nel distacco del foglio dal cilindro stampa mediante linguette, segue
la spinta del foglio mediante due rotelle poste ai suoi lati, per farlo giungere
alla tavola di ricezione per effetto della sua inerzia.
Nelle macchine offset di medio e grande formato sono previsti due sistemi di
raccolta del foglio: «a bassa pila», con catene di uscita disposte all'incirca
orizzontalmente, e «ad alta pila»; il percorso delle catene, in quest'ultimo
caso, prevede la risalita del foglio, con tavola di raccolta molto più alta del
punto di uscita del foglio dal gruppo stampante.
Le catene su cui sono fissate le barre delle pinze poggiano su guide fisse
d'acciaio oppure di materiale plastico, per favorire la silenziosità
dell'insieme. Le catene prelevano il moto da ruote dentate poste agli estremi
delle stesse, al termine della tavola del leva fogli ed a contatto del cilindro
di pressione. Nell'afferrare il foglio da quest'ultimo cilindro, le catene,
compiono una rotazione di 1805 e prelevano il foglio con la stampa fresca
rivolta verso l'interno; esistono, perciò, problemi di strisciamento
dell'inchiostro fresco contro l'albero dell'ingranaggio di comando delle catene.
In molte macchine si sono montati dei settori circolari, dei rullini o
dispositivi analoghi di supporto al foglio durante la rotazione, ciò consente
una minima superficie di contatto tra settori e foglio appena stampato, chi
evita imbrattature della superficie del foglio (fig. 147).
Un dispositivo particolare, brevettato dalla Roland, prevede l'uso di un
cuscino d'aria in uscita dal tamburo (fig. 148) su cui avviene la rotazione del
foglio. Quando si ristampa su tutta la superficie del foglio, il dispositivo è
particolarmente utile, perché altri sistemi meccanici striscerebbero sui
grafismi.
Il flusso pneumatico attraverso il mantello permeabile all'aria sostiene la
superficie del foglio appena stampato, mentre esso viene sottoposto alla
rotazione di 1805 dalle pinze montate sulle catene (fig. 149).
Un dispositivo utilizzabile nelle macchine ad alta pila per facilitare sia la
rismatura dei fogli sulla tavola di uscita, sia per spianare la superficie del
foglio è il cosiddetto stendifogli. Esso è costituito da due barre di
acciaio levigato, poste trasversalmente alla direzione del moto del foglio, tra
le quali viene creata una depressione (fig. 150). Con fogli stampati su tutta la
superficie e/o con grammatura bassa, il dispositivo stendifogli opera per
contrastare arrotolamenti al bordo posteriore dei fogli e per facilitare la
spianatura dei medesimi (fig. 151).
Sulla tavola di uscita fogli sono disposti diversi organi meccanici per
facilitare l'impilamento corretto, tra cui i rismatori frontali e laterali, che
sono dotati di un movimento di va e vieni.
Sulla tavola d'uscita fogli ha luogo l'apertura delle pinze collegate alle
catene per il rilascio del foglio. Il comando d'apertura delle pinze avviene
tramite una camma, la cui posizione può essere modificata per anticipare o
ritardare il comando pinze in funzione della velocità della macchina e della
rigidità del foglio.
Sulla coda del foglio agiscono i frena-fogli, costituiti da dischi metallici
forati (fig. 152), ruotanti a velocità inferiore a quella dei fogli, attraverso
i quali viene aspirata aria. Il foglio trascinato dalle pinze montate sulle
catene viene rallentato dall'azione aspirante degli anelli frena-fogli.
Nel caso di carte troppo flosce oppure dotate di troppa rigidità il
dispositivo di rallento-fogli può rivelare i suoi limiti. specie se non esiste
la possibilità di regolazione dell'intensità del flusso d'aria aspirato.
11.1. Dispositivi di taglio e di
perforazioneSono situati tra il gruppo stampante, l'ultimo nel caso di
macchine pluricolori, e l'uscita fogli. Sono costituiti da dispositivi che
agiscono parallelamente al senso di avanzamento del foglio, operando
generalmente solo con perforazioni o taglio rigorosamente rettilinei. Le
lavorazioni complementari quali la fustellatura, la cordonatura, ecc. sono
destinate a macchine appositamente costruite, generalmente operanti mediante
platina.
I dispositivi di taglio e/o perforazione, trovano applicazione non solo nelle
macchine di grande formato, ma anche in quelle minori, adatte alla produzione di
lavori commerciali, fatture, etichette, ecc. Si possono anche sistemare altri
dispositivi per esempio per la numerazione, sia parallelamente al senso di
avanzamento del foglio sia perpendicolarmente ad esso. Di queste ultime macchine
si accennerà in altra parte. Il dispositivo di perforazione (fig. 153) è
costituito da una rotella portante alla periferia una serie di lame segmentate.
La rotella può essere appoggiata a settori circolari; con il passaggio del
foglio si produrrà sulla superficie una perforazione a tratti.
Il dispositivo di taglio è formato da una rotella portante lungo tutta la sua
periferia una adatta lama (fig. 154). Essa può essere abbassata su una
controruota dotata di una scanalatura in cui si inserisce la lama della rotella.
Con l'inserimento del foglio si ottiene il taglio dello stesso in due parti. E
una lavorazione utilizzata prevalentemente per la spartitura in macchina di
segnature stampate in doppio, in bianca e volta assieme, ecc. Sulla tavola di
uscita fogli esisteranno dispositivi per favorire la formazione di pile separate
sullo stesso bancale.
11.2. Dispositivo
antiscartinoIl termine antiscartino deriva dall'antica necessità dei
tipografi di frapporre tra due copie stampate un foglio di carta per evitare la
controstampa del foglio sottostante sulla volta del foglio superiore. Tale
operazione era detta «cartinare». Successivamente, quando l'inchiostro era
essiccato, si procedeva a «scartinare», ovvero ad estrarre i fogli di carta
interposti tra quelli della tiratura. Dopo la prima guerra mondiale furono
introdotti spruzzatori sia di materiale liquido, sia in polvere, sull'uscita
fogli, aventi la funzione di creare uno strato inerte, microscopico, che
evitasse la controstampa. Di qui il termine curioso di «antiscartino», a
significare l'abolizione della noiosa operazione di estrazione dei «cartini».
Il consueto dispositivo antiscartino è posto nei pressi dell'uscita fogli ed
è costituito da una serie di condotti regolabili in posizione, collegati ad un
serbatoio di materiale pulverulento, per esempio talco, da cui fluisce, al
passaggio di ogni copia stampata, una piccola quantità di polvere per azione
pneumatica. Nonostante i continui progressi nella formulazione degli inchiostri,
salvo poche eccezioni, l'uso della polvere antiscartino è indispensabile, specie
nella stampa di superfici estese.
La quantità in eccesso di polvere antiscartino dispersa sulla superficie del
foglio può avere notevole importanza nel caso di stampa di lavoro pluricolore su
macchine mono o bicolori. Può verificarsi che l'eccesso di polvere sia
incorporata nell'inchiostro, ancora fresco, dei primi colori, con difficoltà di
deposito degli inchiostri dei colori successivi ai primi.
Esternamente al settore di uscita-fogli sono posti i comandi della macchina,
su un apposito pannello in alto o lateralmente alla pila: infatti il controllo
della tiratura avviene in questa posizione; l'operatore deve avere l'opportunità
di agire rapidamente sulla macchina, all'uscita fogli. Analogamente a quanto
avviene nel mettifogli, esistono dispositivi per estrarre la pila di fogli
stampati senza fermare la macchina (levafogli non stop). Specie con i cartoni lo
spessore del foglio rende oneroso il fermo macchine, per i continui prelievi
dalla pila di fogli stampati. Esistono dispositivi costituiti da una
rastrelliera (fig. 155), nell'uscita-fogli a bassa pila. tale dispositivo viene
inserito in apposite guide quando la pila di fogli stampata è quasi completa. Su
di essa si accumulano i fogli mentre l'operatore provvede alla sostituzione
della tavola del leva fogli. Sfilando la rastrelliera, i fogli depositati su di
essa, cadono per gravità sulla tavola del leva fogli. Un dispositivo automatico
di leva fogli non-stop è formato da una serie di rulli collegati ad un telaio
(fig. 156) che, con apposito comando, scorrono sulla pila di fogli stampati per
supporre i nuovi fogli, mentre l'operatore provvede alla sostituzione della
tavola del leva fogli.
Il tempo con cui può avvenire l'operazione è proporzionale alla velocità
della macchina da stampa ed inversamente proporzionale allo spessore dei fogli
in tiratura.
Ad esempio un cartoncino di spessore 0,4 mm, stampato ad una velocità di
10.000 fogli/ora, raggiunge uno spessore di 30 cm sul levafogli non-stop in
circa 6 minuti. Ovviamente diminuendo la velocità di tiratura oppure lo spessore
del foglio in tiratura, aumenta il tempo a disposizione per la sostituzione
della pila. Il dispositivo levafogli non-stop è particolarmente indicato nella
stampa di fogli spessi con alte tirature.
12. Macchine offset pluricolori e
convertibili
12.1. GeneralitàLa disposizione
di due o più elementi stampanti in linea ha condotto alla costruzione di
macchine pluricolori da foglio, la cui particolarità consiste nella stampa
successiva di tutti i colori su una facciata del foglio.
Molte di queste macchine, però, sono attrezzate anche per il ribaltamento del
foglio tra gli elementi stampanti, per cui possono fornire o stampati impressi a
più colori su un solo lato del foglio, oppure stampati impressi su entrambe le
facce del foglio. Dotando una macchina quadricolore di un dispositivo di
conversione intermedio, si può acquistare una maggiore flessibilità nella
programmazione della produzione.
Benché sia difficile tracciare una linea di demarcazione netta tra macchine
offset pluricolori e convertibili, perché molte delle prime possono essere
dotate di dispositivo d'inversione del foglio, per ragioni didattiche le
macchine da stampa trattate di seguito saranno divise in: pluricolori,
convertibili e per la stampa bianca e volta.
Nonostante nelle macchine pluricolori esista il vantaggio di una sola
squadratura del foglio sulla tavola di puntatura, possono verificarsi
inconvenienti nel trasporto del foglio da un elemento all'altro.
Attualmente vengono usati inchiostri a rapida essiccazione, per i quali
l'intervallo di tempo che intercorre tra il deposito dell'inchiostro e la
formazione di uno strato pellicolare protettivo sulla sua superficie è piccolo,
comunque non ridottissimo. Nelle stampe pluricolori il foglio, entrando nel
secondo elemento, si presenta con la superficie del primo strato d'inchiostro
non ancora protetto da un film consistente. Il secondo inchiostro viene
depositato, perciò, su una superficie umida, e può mescolarsi con il precedente,
alterando la tonalità del colore.
Se il foglio non mantiene il registro durante il trasferimento tra due
elementi successivi, si ha il fenomeno dello sdoppiamento del puntino; infatti
l'inchiostro stampato per primo, controstampa sul telo gommato dell'elemento
successivo, conseguentemente, se il foglio successivo non si presenta nella
stessa posizione del precedente, preleva dal tessuto gommato l'inchiostro
controstampato non a registro. Si ha, in definitiva, sopra a questo foglio, sia
la stampa normale del puntino, sia un'alonatura dovuta alla controstampa da
parte del secondo tessuto gommato. Lo sdoppiamento del puntino è un fenomeno più
grave del normale errore di registro, conseguente a più passaggi su una
monocolore, perché il puntino, oltre a trovarsi «fuori posto», allarga la sua
area, alterando il colore.
La tecnologia attuale ha, comunque, introdotto numerosi accorgimenti
meccanici per il mantenimento del registro nel trasporto del foglio tra due
elementi di una macchina da stampa (aumento del numero di pinze di tenuta del
foglio, regolazione radiale delle pinze in funzione dello spessore del foglio da
stampare, ecc.). La logica dei costruttori di macchine offset pluricolori ha
seguito due schemi diversi: la struttura ad elementi stampanti con tre cilindri
e la struttura ad elementi a cinque cilindri per ogni gruppo di stampa. Dei due
sistemi si darà cenno più avanti.
12.2. Macchine offset
pluricoloriLe macchine offset pluricolori possono essere costituite da due,
quattro, cinque, sei elementi stampanti. Il vantaggio delle macchine
pluricolori, relativamente alle monocolori, è il forte aumento di produttività.
Di conseguenza si realizza un minor consumo di fogli nella fase di avviamento,
un maggior controllo tecnologico sul prodotto finito (sovrapposizione dei
colori, trapping, registro, ecc.), riduzione dei costi del personale, ecc.
Possono nascere, però, inconvenienti nella stampa dell'inchiostro degli
elementi successivi al primo, poiché l'inchiostro depositato dal primo elemento
sul foglio non è ancora essiccato (stampa «umido su umido»). Come si è detto,
sul telo gommato dei colori successivi al primo si deposita uno strato del
colore precedente. La conseguenza più evidente è l'allargamento dei punti dei
colori stampati per primi, oltre a fenomeni di sdoppiamento dell'immagine,
quando il trasporto del foglio da un elemento all'altro non avviene entro
tolleranze molto ristrette.
L'allargamento dei punti si origina dallo schiacciamento dovuto alla
pressione tra il cilindro del telo gommato e il cilindro di pressione. Il
fenomeno è provocato da numerosi fattori presenti anche nelle macchine
monocolori. Nelle macchine pluricolori l'allargamento del punto è però esaltato
dal numero degli elementi di stampa, perché lo strato d'inchiostro depositato
per primo sul foglio è via via parzialmente trasmesso ai teli gommati degli
elementi successivi. I fogli stampati in seguito riceveranno uno schiacciamento
e un conseguente allargamento del punto non solo al momento della stampa nel
primo elemento, ma anche dai teli gommati successivi.
Il fenomeno dello schiacciamento del punto è attenuato se l'intervallo di
tempo tra due stampe successive è sufficiente, per cui, usando inchiostri
adatti, il foglio si presenta all'elemento di stampa successivo con l'inchiostro
parzialmente protetto da una pellicola allo stato di gel. La successione dei
colori di stampa è di fondamentale importanza per i fenomeni di rifiuto o
accettazione dei colori sovrastampati (trapping). Alcuni inchiostri della serie
quadricromica tendono a rifiutare un ulteriore deposito (trapping) nel caso di
fondi vicini al 100% di copertura.
Un altro inconveniente tipico delle offset pluricolori è il fenomeno detto
«fan out» o «sfarfallamento in coda». Esso si manifesta quando il foglio tende a
deformarsi in coda durante la stampa, con conseguente perdita di registro. E da
imputarsi ad un effetto combinato della presenza dell'umidità della bagnatura,
che tende a rigonfiare la carta particolarmente in senso perpendicolare a quello
di fibra, della non perfetta rettilinearità del bordo del foglio dal lato pinza
e della calandratura che il foglio subisce fra i cilindri del telo gommato e di
pressione durante la fase di stampa. Il fenomeno di sfarfallamento in coda si
esalta via via che si stampano i successivi colori, per cui le ultime
impressioni sono le più deformate.
Si sono tentati diversi metodi per rimediare allo sfarfallamento in coda. ma
il più efficace sembra essere quello di deformare, mediante opportuni
dispositivi meccanici, il bordo anteriore del foglio. prima dell'entrata in
stampa di ciascun colore, in modo da provocare, per effetto della calandratura
fra i cilindri, una deformazione del foglio uguale e contraria a quella che la
carta tenderebbe ad assumere spontaneamente (fig. 157).
12.2.1. Sistema a tre
cilindriIl gruppo stampante è costituito da un cilindro portalastra, da
quello del telo gommato e del cilindro di pressione, come nelle offset
monocolori. E una delle soluzioni costruttive più usate; per realizzare la
macchina pluricolore, vengono affiancati diversi elementi a tre cilindri (fig.
158).
Il foglio viene trasportato da un elemento all'altro mediante tamburi di
trasferimento. dotati di pinze. Il numero dei tamburi è necessariamente dispari,
affinché il lato del foglio impresso da un elemento sia stampato dallo stesso
lato nel successivo. Il trasferimento mediante cilindri pone alcuni problemi. Ad
esempio il numero di tamburi eccessivo, se da un lato è vantaggioso per
aumentare il tempo di stabilizzazione dell'inchiostro, dall'altro aumenta anche
il numero degli scambi-carta, con probabilità maggiori di fuori registro.
Inoltre il tamburo di trasferimento intermedio avrà a contatto della sua
superficie il lato del foglio appena impresso. con pericoli di danneggiamento
della superficie del foglio per deposito o strisciamento dello strato
d'inchiostro sulla superficie del cilindro di trasferimento. Per ovviare al
problema molti costruttori hanno rivestito i settori circolari posti sui tamburi
di trasferimento con materiale repellente agli inchiostri, altri hanno
brevettato dispositivi pneumatici per mantenere il foglio disteso durante la
rotazione dei tamburi.
Alcune case hanno scelto un solo tamburo di trasferimento tra due elementi di
stampa (fig. 159); la maggioranza ha scelto però tre tamburi di trasferimento.
lì numero dei tamburi è legato anche a problemi di accessibilità agli organi
stampanti.
Il trasferimento del foglio tra gli elementi di una macchina offset
pluricolore è stato sfruttato per realizzare macchine convertibili (v. oltre),
utilizzando o il secondo o il terzo tamburo, nelle macchine con tre cilindri di
trasferimento; soluzioni diverse s'impiegano per le macchine con un solo
cilindro di trasferimento.
12.2.2. Sistema a cinque
cilindriTale macchina offset è composta da uno o più elementi in cui due
gruppi di stampa, composti dal cilindro portalastra e quello del telo gommato
ognuno, interferiscono con un solo cilindro di pressione. Ogni elemento è
assimilabile ad una macchina offset da foglio bicolore. La macchina risulta
molto più compatta relativamente al sistema a tre cilindri (fig. 160).
La macchina offset da foglio a cinque cilindri offre alcuni vantaggi e alcuni
svantaggi; si elencano brevemente.
Il foglio afferrato dalle pinze dell'unico cilindro di pressione, subisce il
trasferimento dell'inchiostro da parte dei due teli gommati in rapida
successione, in circa un decimo di secondo. Sono evidenti i pericoli di aderenza
del foglio sul secondo telo gommato (fig. 161), mentre avviene lo scambio carta
tra le pinze del cilindro di pressione e il sistema di trasferimento.
Anche l'essiccamento dell'inchiostro non può assolutamente avvenire per
assorbimento selettivo della frazione più fluida nel tempo che intercorre tra la
stampa del primo strato d'inchiostro e il secondo. Quindi il fenomeno di
trasporto dell'inchiostro sul secondo telo gommato da parte del foglio appena
stampato viene esaltato, con conseguente accentuazione dell'allargamento dei
grafismi.
Un indubbio vantaggio del sistema a cinque cilindri è costituito dalla
maggiore sicurezza del registro tra i due colori stampati nel medesimo elemento.
Infatti le pinze del cilindro di pressione trattengono il foglio per la durata
di entrambe le impressioni. Il foglio viene ceduto al sistema di trasferimento
solo dopo aver iniziato e portato avanti la stampa con il secondo telo gommato.
Il trasferimento del foglio tra due elementi successivi può avvenire mediante
catene dotate di speciali pinze montate su solide barre (wagen della
Roland); oppure i carri pinze sono montati su catene che collegano
gli elementi di stampa successivi (fig. 162). Non esistendo tamburi di
trasferimento, la superficie del foglio non può avere attriti con altre
superfici, con minori pericoli di danneggiamento della pellicola d'inchiostro
fresco nel trasferimento da un elemento all'altro. La superficie appena stampata
si presenta con il lato verso un organo di trasferimento solo quando viene
afferrata dal carro pinze (figg. 144. 145) in uscita dall'elemento di stampa ed
il foglio è costretto a subire una rotazione considerevole (circa 1505) per cui
il tamburo è dotato di un sistema pneumatico per distanziare il foglio dalla sua
superficie. Il tempo che intercorre affinché il foglio arrivi al secondo
elemento è relativamente lungo il che favorisce la stabilizzazione degli
inchiostri polidispersi.
Le maglie delle catene a cui sono collegati i carri-pinze, benché composte da
strutture molto resistenti, abbisognano di manutenzione periodica, affinché sia
garantito il corretto trasferimento a registro dei fogli tra due elementi di una
macchina.
Una soluzione diversa per il trasferimento del foglio è costituita dall'uso
di un solo tamburo tra i due elementi (fig. 163). Poiché il lato stampato dai
primi due colori è rivolto verso la superficie del tamburo di trasferimento, la
ditta costruttrice ha previsto un sistema pneumatico per evitare striciamenti
del foglio, in fase di trasferimento, sulla superficie del cilindro intermedio.
Da notare che il diametro del cilindro di pressione è doppio relativamente a
quello dei cilindri del telo gommato e portalastra. Il fenomeno di aderenza del
foglio al tessuto gommato viene perciò ridotto, sia perché le pinze del cilindro
di pressione svolgono la loro opera di trazione tangenziale agendo solo
relativamente ad un gruppo di stampa per volta, sia perché aumentando il
diametro del cilindro di pressione si permette al foglio, al momento dello
scambio carta tra il cilindro di pressione e quello di trasferimento, di essere
uscito dalla fase di stampa. Il tempo intercorrente per le due impressioni
corrisponde a tre cicli di stampa, grazie al diametro doppio dei cilindri di
pressione e di trasferimento, ciò favorisce la stabilizzazione dell'inchiostro.
12.3. Organi di trasferimento del
foglio Nelle macchine offset da foglio pluricolori il trasferimento del
foglio da un elemento stampante all'altro viene effettuato mediante una serie di
pinze montate su cilindri intermedi, oppure con una serie di pinze montate su
catene.
Quando un foglio passa da una serie di pinze (ad esempio sul cilindro di
pressione) aduna succesiva (ad esempio quelle delle catene), avviene il
cosiddetto «scambio carta»
È necessario che ciò abbia luogo in modo controllato e precisamente:
- 1. le pinze che ricevono e quelle che cedono il foglio devono avere un
tratto di percorso durante il quale tengono contemporaneamente ed
uniformemente il foglio, per qualsiasi suo spessore;
- 2. l'istante di chiusura delle pinze dev'essere costante per qualsiasi
velocità e carico di molla;
- 3. tra gli appoggi che lasciano il foglio e quelli che lo ricevono ci
dev'essere esattamente una luce uguale allo spessore del foglio;
- 4. la fasatura degli organi che collaborano allo scambio dev'essere
perfetta.
La condizione 1 garantisce uno scambio non «volante», tale
che il foglio resti sempre tenuto dalle pinze di uno o dell'altro degli organi
che partecipano allo scambio e per conseguenza non si abbia variazione di
registro. Normalmente le pinze montate sulle macchine offset moderne sono
robuste e molleggiate singolarmente e questo per garantire la tenuta del foglio,
anche se una o più pinze non sono state perfettamente registrate o se, per cause
naturalmente accidentali, hanno perso la loro registrazione.
La condizione 2, ovvero che la chiusura delle pinze avvenga al momento
opportuno e con legge prefissata, viene realizzata solamente affidando al
profilo della sagoma (camme), la chiusura delle pinze e alle molle l'apertura
(fig. 164). In alcune macchine capita il contrario: è la molla che le fa
chiudere ed la pista della sagoma su cui scorre il rullino che le fa aprire.
Per garantire la condizione 3 si può dotare la macchina di un dispositivo
adatto a regolare gli appoggi delle pinze (battute). Nelle macchine pluricolori
è particolarmente sentito il problema di adattare le battute ai diversi spessori
di carta, perché gli organi di trasporto del foglio sono numerosi e ad ogni
scambio carta si possono manifestare ondulazioni, quando le battute delle pinze
non sono registrate per lo spessore del foglio.
Durante l'istante di scambio, infatti, se la luce tra le battute dei due
organi di trasferimento è superiore od inferiore allo spessore del foglio, esso
viene deformato con una leggera ondulazione quando viene tenuto
contemporaneamente dalle due serie di pinze, di conseguenza si ha un
restringimento del foglio ai lati (figg. 165, 166).
Per ovviare a ciò è necessario rendere le battute registrabili in funzione
dello spessore della carta, allo scopo di garantire allo scambio tra due
cilindri una luce tra gli appoggi uguale allo spessore della carta (fig. 167).
Nelle macchine offset le più frequenti cause di fuori registro sono provocate
da un'azione imperfetta delle pinze che prelevano e che cedono il foglio, sia
per le vaste ondulazioni che avvengono sul bordo anteriore del foglio (se le
battute non sono registrate), sia per sfasamenti circonferenziali o anche
assiali che si possono manifestare tra i due organi durante lo scambio. La
condizione 4 è meglio garantita se gli organi che collaborano negli scambi
(cilindri di pressione, curletti, pinze oscillanti) sono provvisti di settori
dentati situati in corrispondenza dei cambi pinza, che ingranano tra loro senza
gioco durante lo scambio.
Le pinze che trattengono il foglio durante la stampa, oltre ad esercitare un
forte carico sulla punta, hanno sovente la superficie di tenuta irruvidita con
speciali procedimenti, per garantire una buona presa sulla carta. Questa,
essendo sottoposta durante la fase di stampa all'azione combinata di trazione da
parte del tiro dell'inchiostro e del telo gommato, tende a rimanere aderente a
quest'ultima e potrebbe muoversi sotto le pinze in presa del cilindro di
pressione, con conseguente perdita del registro nello scambio o, addirittura,
sfilarsi e finire, ad esempio, tra i rulli dell'inchiostrazione (fig. 168).
12.4. Macchine offset da foglio
convertibiliSi tratta di particolari macchine offset da foglio pluricolori,
in cui è possibile ribaltare il foglio all'interno della macchina stessa, per
mezzo di dispositivi automatici, per la stampa su entrambi i lati. La macchina
offset può essere usata sia come pluricolore sia per la stampa bianca e volta.
La «conversione» del foglio consiste nel suo ribaltamento di 1805
parallelamente al lato pinza dello stesso, affinché venga afferrato dal bordo di
retropinza dai meccanismi di trazione successivi e presenti il lato del foglio
non ancora stampato verso la superficie del telo gommato dell'elemento di stampa
successivo.
I lati del foglio sono definiti bianca e volta. Il modo di girare il foglio
per la stampa della volta mutando il bordo della pinza con quello della
retropinza è tecnicamente detto «girare in 12». La maggioranza delle macchine
offset pluricolori da foglio è dotata di due o quattro, cinque o sei, elementi
di stampa. Fornendo una macchina bicolore di un dispositivo intermedio di
conversione, essa acquista maggiore flessibilità produttiva; si possono avere
indifferentemente stampati a due colori su un lato oppure un colore in bianca ed
uno in volta ad ogni passaggio in macchina.
Il perfezionamento meccanico dei dispositivi di conversione garantisce una
notevole precisione dell'operazione, le cui tolleranze sono maggiormente legate
al comportamento anisotropo e generale della carta, piuttosto che alle
caratteristiche meccaniche dei dispositivi.
Il ribaltamento del foglio nella macchina offset pluricolore genera problemi
nel trattamento della superficie del foglio su cui è steso un film d'inchiostro
umido. Essa può essere danneggiata per attrito o per compressione contro altri
organi della macchina. I punti della macchina in cui la superficie del foglio
con inchiostro umido può essere soggetta a danneggiamenti sono: il dispositivo
stesso di conversione, il cilindro di pressione degli elementi successivi a
quello in cui il foglio viene ribaltato, il percorso d'uscita dei fogli. La
superficie del foglio umido è rivolta verso il basso e può essere soggetta ad
attriti contro la parte inferiore della macchina sia per effetto del peso del
foglio sia perché la sua coda oscilla per mancanza di rigidità.
Anche nei sistemi di trasferimento successivi a quello in cui avviene la
conversione possono verificarsi problemi di danneggiamento della superficie del
foglio con inchiostro umido; nei sistemi che impiegano tamburi, la superficie
stampata in bianca sarà a contatto con la superficie dei tamburi di numero pari;
nei sistemi di trasferimento mediante carri-pinze montati su catene tale
superficie sarà rivolta verso il basso.
Il foglio sottoposto alla stampa in bianca e volta con macchina offset
convertibile, deve disporre di due margini di pinza: infatti il bordo di pinza
viene scambiato con quello di retropinza nel dispositivo di conversione.
Nelle macchine a cinque o sei colori, il dispositivo di conversione è posto,
generalmente, tra il primo ed il secondo elemento, oppure tra il secondo ed il
terzo. Con macchina pluricolore a 5 elementi, se il dispositivo di conversione è
posto tra il primo ed il secondo elemento. si potranno stampare sia fogli con
cinque colori in bianca, sia un colore in bianca e quattro in volta.
L'indicazione tecnica per chiarire le possibilità della macchina pluricolore è,
ad esempio 5/0 e 1/4, dove il tratto obliquo indica la divisione tra i colori
stampati in bianca e quelli stampati in volta, fornisce indicazioni sul punto in
cui si trova il dispositivo di conversione .
I cilindri di pressione a valle del dispositivo di conversione sono rivestiti
di materiale repellente all'inchiostro, generalmente cromo, perché la superficie
stampata in bianca presenterà verso di essi lo strato umido d'inchiostro.
Generalmente sono necessari sempre almeno due passaggi nell'elemento volta
fogli, tra barre porta pinze o tra sistemi pneumatici e una barra di pinze,
affinché lo scambio con le pinze del cilindro di pressione successivo avvenga
correttamente.
Supporti dotati di un notevole grado di liscio superficiale (carte patinate)
non sono molto adatte alla stampa offset convertibile, per l'accentuarsi del
fenomeno dell'allargamento del punto e per il possibile deterioramento per
attrito dell'inchiostro non ancora essiccato sulle parti della macchina da
stampa, ecc.
Gli inchiostri per la stampa in bianca è opportuno siano provati
accuratamente, poiché il pericolo di allargamenti del punto è maggiore.
Le diverse case costruttrici che hanno adottato un dispositivo di conversione
garantiscono che il tempo per registrare il meccanismo è breve e le operazioni
per trasformare la macchina offset da pluricolore in bianca e volta sono
semplici.
I fogli non rifilati correttamente nella distanza tra il bordo pinza e quello
retropinza possono generare inconvenienti quando sono inferiori al formato
registrato sulla macchina. Infatti il bordo pinza e quello retropinza vengono
scambiati dal dispositivo di conversione: se il foglio è troppo corto,
relativamente alla dimensione circonferenziale registrata sul dispositivo di
conversione, può non essere afferrato in retropinza e cadere all'interno della
macchina.
Esistono dispositivi di rilevazione della mancanza del foglio per il
disinnesto della pressione negli elementi successivi. Entro limiti abbastanza
ampi (3-4 mm), i fogli di dimensioni maggiori di quelle registrate nel
dispositivo di ribaltamento non influiscono sul registro tra la bianca e volta,
perché l'eccesso di carta in più è assorbito dal margine di pinza degli elementi
a valle del dispositivo.
12.4.1. Dispositivo di conversione
per macchine offset da foglio aventi tre tamburi di trasferimento tra gli
elementi stampantiTali macchine hanno la caratteristica di possedere il
tamburo intermedio di trasferimento di diametro doppio di quello degli altri
(fig. 169).
Si descrive un tipico dispositivo di conversione (Miller) che è usato con
qualche modifica da diverse altre case costruttrici (fig. 170). Il primo tamburo
di trasferimento ospita il foglio con la superficie stampata verso l'interno.
Sul tamburo di dimensioni maggiori (di accumulo) sono poste due barre porta
pinza: mentre una di queste afferra il foglio dal primo tamburo di
trasferimento, l'altra trattiene un secondo foglio per trasportarlo verso il
terzo tamburo. Quando il foglio è trattenuto dalle pinze del 25 tamburo,
dispositivi pneumatici aspirano il suo bordo posteriore, affinché rimanga
aderente alla superficie del tamburo (fig. 171).
Allorché le pinze del 25 hanno compiuto un considerevole arco di cerchio
(circa 2705 nel formato massimo di stampa) dal momento in cui hanno afferrato il
foglio, rivolgono verso il 35 tamburo il bordo di retropinza del foglio. Il 35
tamburo (volta fogli) è dotato di due barre porta pinze, aventi la
caratteristica di poter ruotare attorno al proprio asse. Una barra porta pinze
del tamburo volta fogli afferra il foglio dal bordo di retropinza, mentre il
sistema pneumatico del tamburo di accumulo non trattiene più il foglio aderente,
ma collabora espellendo aria per facilitare il suo distacco dalla superficie.
In questa fase viene cambiata la direzione della velocità del foglio: esso
deve rallentare il proprio moto, fermarsi ed accelerare alla medesima velocità
precedente, ma in direzione opposta. Le pinze del tamburo di accumulo, comandate
da camme, si aprono per permettere al foglio di sfilarsi ed essere sottoposto a
trazione da parte delle pinze del tamburo volta fogli. Le pinze di quest'ultimo
compiono una rotazione attorno al proprio asse in direzione opposta alla
rotazione dello stesso tamburo, per scambiare il foglio con una seconda serie di
pinze poste all'interno del volta fogli.
Grazie alla rotazione delle prime pinze e poiché l'accelerazione impartita al
foglio in direzione opposta a quella precedente segue una legge assimilabile ad
un moto armonico, il movimento di scambio carta, benché relativamente complesso.
avviene in condizioni favorevoli. Da notare che la superficie stampata si
presenta all'esterno anche nel tamburo volta fogli; se la macchina fosse usata
come pluricolore su tale tamburo essa si presenterebbe verso l'interno.
Lo scambio tra le due serie di pinze all'interno del tamburo volta fogli.
permette alle ultime pinze di presentarsi in modo corretto al successivo scambio
con le pinze del cilindro di pressione dell'elemento stampante la volta.
12.4.2. Dispositivi di conversione
in macchine offset pluricolori da foglio mediante unico tamburo di trasferimento
tra gli elementi stampantiSi porta, a titolo d'esempio, un dispositivo
utilizzato nelle offset pluricolori OMCSA ed uno impiegato nelle macchine
Planeta. Le macchine con un solo tamburo di trasferimento tra gli elementi di
stampa offset presentano la caratteristica di possedere un tamburo di diametro
doppio relativamente a quello dei cilindri portalastra e del telo gommato. Ciò
sia per aumentare il tempo di trasferimento del foglio tra due elementi e
permettere una maggiore stabilizzazione dell'inchiostro umido, sia per offrire
al foglio in fase di trasferimento, un appoggio di raggio maggiore. Infatti,
fogli molto rigidi (la rigidità è, in prima approssimazione, funzione della
natura del materiale e dello spessore dello stesso', la grammatura influisce
relativamente) quali i cartoncini, si arrotolano con difficoltà attorno a corpi
cilindrici di diametro troppo piccolo. Il tamburo di trasferimento è
evidentemente dotato di due barre porta pinze, poste a 1805 l'una dall'altra.
In un tipo di dispositivo di conversione (fig. 172) il tamburo di
trasferimento è affiancato da un secondo, di diametro uguale al primo, da pinze
oscillanti all'interno della macchina e da un sistema pneumatico.
Come illustrato in figura 173, durante il percorso in uscita dal primo
elemento di stampa, il foglio viene trasmesso al tamburo di trasferimento.
Compiuto un breve arco di circonferenza (circa 805), esso viene scambiato con le
pinze del tamburo d'accumulo, con la superficie in cui è depositato il film
d'inchiostro umido disposta verso l'esterno. Per tenere il foglio aderente al
tamburo d'accumulo, si sfrutta un sistema pneumatico. Il foglio presenta la coda
verso le pinze oscillanti, situate tangenzialmente ai due tamburi; queste lo
afferrano, lo decelerano, lo accelerano in direzione opposta e lo scambiano con
la seconda barra porta pinze del tamburo di trasferimento.
In un diverso sistema di ribaltamento del foglio con un solo tamburo di
trasferimento (Planeta), si opera per mezzo dello stesso tamburo, attrezzato con
una barra di ventose.
La macchina pluricolore presenta i cilindri di pressione di diametro doppio
relativamente a quelli del telo gommato e portalastra (fig. 174).
Sia i cilindri di pressione, sia il tamburo di trasferimento sono dotati di
due barre porta pinze, a i 1805 l'una dall'altra. Inoltre il tamburo intermedio
dispone di due barre, in grado di oscillare attorno al proprio asse, su cui sono
montate ventose, poste vicino alle barre porta pinze (fig. 175).
La funzione delle ventose è di prelevare la coda del foglio. quando è ancora
trattenuto dalle pinze del cilindro di pressione dell'elemento della bianca,
decelerare il foglio stesso ed accelerano in direzione opposta. ruotando
contemporaneamente verso l'interno del tamburo. Quindi le ventose scambiano la
coda del foglio con le vicine pinze del tamburo. anch'esse ruotanti attorno al
proprio asse.
Da notare che la superficie stampata del foglio, durante il trasferimento, è
rivolta verso il basso, estremamente al tamburo: per cui rischierebbe di
strisciare contro la parte inferiore della macchina. Per ovviare a tale
pericolo, dispositivi pneumatici comprimono aria verso il foglio stesso. in modo
da tenerlo aderente al tamburo intermedio.
12.4.3. Dispositivo di conversione
nelle macchine offset pluricolori da foglio con trasferimento del foglio
mediante pinze su cateneIn tali macchine il gruppo di pressione è formato
da un sistema a cinque cilindri. Si tratta di elementi di stampa bicolori, a
volte collegati anche a elementi monocolori (ad esempio 5/0 e 1/4 come in fig.
176).
Il dispositivo di conversione è disposto tra il termine del trasporto foglio
(per mezzo di carri pinze montate su catene) e l'elemento stampante a cinque
cilindri. Esso è composto da tre tamburi di trasferimento analoghi a quelli
degli altri sistemi di conversione, corredati da un sistema pneumatico (fig.
177).
Sul primo tamburo, i fogli vengono avvolti con il lato stampato in bianca
verso la superficie dello stesso, qui vengono sottoposti a trazione da parte dei
carri pinze che ancora non hanno lasciato il foglio.
In prima approssimazione, lo schema di funzionamento del dispositivo di
conversione con trasferimento del foglio tra gli elementi mediante catene è
molto simile a quello con tre tamburi di trasferimento. A prima vista la
differenza principale consiste nella sostituzione del primo tamburo di
trasferimento con il sistema a catene. In realtà il sistema è più complesso: sia
perché sono applicati sistemi di protezione della superficie stampata
(pneumatici e meccanici), sia perché il tamburo voltafogli non è l'ultimo di
trasferimento, bensì il secondo.
I fogli trascinati dai carri pinze, vengono avvolti sul primo tamburo (fig.
177, tamburo A) con il lato stampato verso la superficie di quest'ultimo. In
coda ai fogli agisce un dispositivo di spianatura, costituito da cassette
aspiranti, che sono provviste di movimento assiale dalla mezzeria del cilindro
verso la periferia, parallelamente all'asse del cilindro (fig. 178), per tenere
disteso il supporto. Da parte sua, il 15 tamburo esercita un'aspirazione
(depressione) sulla superficie del cilindro: quest'ultima è costituita da
microsolchi circonferenziali, tra cui sono posti i fori collegati al sistema
pneumatico.
Le scanalature e la rugosità superficiale permettono un contatto puntiforme
con la superficie stampata, mentre l'aspirazione pneumatica garantisce la
precisione dello scambio successivo.
Quando la coda del foglio è rivolta verso il cilindro volta fogli (B in fig.
177), una barra di pinze rotanti afferra il bordo di retropinza e inizia la
rotazione antioraria del foglio stesso. All'interno del cilindro volta fogli
avviene lo scambio tra le due barre porta pinze, entrambe rotanti attorno al
proprio asse.
Successivamente può avvenire lo scambio con le pinze del tamburo di
trasferimento (C in fig. 177), utile a permettere la corretta rotazione nello
scambio del foglio con il cilindro di pressione (D in fig. 177). In ultimo il
foglio è trasferito alle pinze del cilindro di pressione dell'elemento
successivo (D in fig. 177).
Nella conduzione del foglio mediante catene, la superficie stampata è rivolta
verso il basso dopo la conversione; quindi può strisciare contro la parte
inferiore della macchina con pericolo di danneggiamento della superficie umida.
Il costruttore ha previsto, tra gli elementi successivi a quello di conversione,
la presenza di un cuscino d'aria, proveniente dal basso della macchina (fig.
179); il flusso pneumatico è regolabile in funzione della rigidità del materiale
in corso di stampa. Gli elementi possono essere agevolmente estratti per
l'inevitabile loro pulizia.
12.5. Macchine offset da foglio per
la stampa in bianca e volta
Una discreta
percentuale di stampati richiede di ricevere la stampa di un solo colore,
generalmente il nero, sui due lati del foglio: settimanali locali, libri,
pieghevoli, ecc. Le macchine che permettono la stampa su entrambi i lati del
foglio in un solo passaggio sono dette in italia «bianca e volta». «à
rétiration» in Francia, «perfector» nei Paesi di lingua inglese. Le macchine da
stampa offset bicolori convertibili potrebbero essere comprese in questo
paragrafo, ma poiché rappresentano una variazione costruttiva delle macchine
offset da foglio pluricolori, sono state inserite in un apposito paragrafo.
Nelle macchine dalla bobina. la stampa su entrambe le facce è diventata una
regola, ma anche nel campo del foglio questo indirizzo ha condotto i costruttori
a molteplici realizzazioni.
Oltre alle macchine convertibili bicolori offset, le macchine offset da
foglio per la stampa in bianca e volta possono comprendere due categorie:
- - macchine per la stampa in bianca e volta in due fasi successive;
- - macchine per la stampa in bianca e volta contemporanea.
12.5.2. Macchine per la stampa in
bianca e volta in due fasi successive Si tratta di macchine che non hanno
ottenuto molto successo; esse sono costituite da due gruppi di stampa a tre
cilindri, stampanti ciascuno un lato del foglio (fig. 180).
La disposizione inferiore dell'elemento della bianca rende difficile
l'accessibilità ai cilindri porta lastra e telo gommato, con necessità di
spostare i gruppi inchiostratore e bagnatore per poter accedere ai cilindri
della bianca.
il passaggio diretto del foglio tra i due cilindri di pressione non permette
un tempo sufficiente per la stabilizzazione dell'inchiostro stampato in bianca,
che verrà compreso sul mantello del cilindro di pressione della volta durante la
seconda stampa.
La superficie del cilindro di pressione della volta è generalmente cromata
per ridurre il deposito dell'inchiostro ancora umido.
12.5.3. Macchine per la stampa in
bianca e volta contemporaneaSono costituite da un gruppo stampante composto
da due cilindri portalastra e da due cilindri porta telo gommato: questi ultimi
esercitano la pressione sul foglio comprimendolo tra loro. Non esistono, quindi.
cilindri di pressione (fig. 181).
Una soluzione di questo tipo è possibile solo con macchine a stampa
indiretta, poiché i teli gommati della bianca e della volta sono dotati
dell'elasticità necessaria per il trasferimento del film d'inchiostro al
supporto interposto tra loro.
Gli inconvenienti riscontrabili su macchine per la stampa in bianca e volta
in due fasi successive o nelle macchine convertibili. sono notevolmente ridotti
nelle offset da foglio per la stampa in bianca e volta contemporanea. Tuttavia,
benché il risultato finale sia indubbiamente superiore qualitativamente per i
minori problemi legati al deterioramento della stampa, occorrono delle
precisazioni collegate al tipo di macchine in oggetto.
Uno dei due cilindri del telo gommato dovrà essere dotato di una serie di
pinze e battute per il controllo del foglio durante la stampa: perciò la
tensione del telo gommato potrà essere effettuata solo da una sua estremità,
mentre nei cilindri normali il tessuto gommato può essere teso da entrambe le
estremità.
Il foglio, dopo essere stato stampato, è trascinato dalle pinze del telo
gommato fino allo scambio con un tamburo o con le pinze situate sulle catene
d'uscita: l'aderenza del foglio al telo gommato è accentuata dal prolungato
contatto con il tessuto comprimibile e, nel caso di velocità relative tra la
velocità del sistema di uscita e del cilindro gommato, possono verificarsi
strisciamenti.
La velocità periferica dei due tessuti gommati dovrà essere particolarmente
controllata tramite corretti rivestimenti, poiché in caso contrario i due lati
del foglio nella fase di stampa sarebbero sottoposti a forze tangenziali alla
superficie, con probabile formazione di sbaveggio.
L'accessibilità all'elemento inferiore è generalmente scarsa: i costruttori
hanno in parte ovviato a tale difficoltà dotando la macchina da stampa di
tamburi intermedi posti tra la valvola di puntatura ed il gruppo stampante e
sistemando al di sotto della tavola stessa l'elemento di stampa inferiore.
Le macchine offset da foglio per la stampa in bianca e volta contemporanea
sono generalmente usate per grandi formati, oltre il formato 70x 100 cm, campo
in cui i problemi di accessibilità al gruppo di stampa inferiore sono meno
avvertiti.
12.6. Caratteristiche tecniche di
alcuni modelli di macchine offset da foglio pluricoloriSi accenna, di
seguito, ad alcune macchine offset da foglio tra le più diffuse. Si fa presente
che tutti i costruttori si riservano ovviamente di apportare modifiche delle
caratteristiche tecniche delle macchine illustrate nelle loro pubblicazioni.
Si riporta la tabella 3 delle caratteristiche tecniche principali di macchine
offset da foglio fabbricate da diverse ditte. Sono illustrate in tabella
macchine offset da foglio con formato massimo intorno ai 70x100 cm.
Si illustrano ora brevemente alcuni modelli delle macchine citate.
Speedmaster (Heidelberg), fig. 182. Si tratta di una serie di macchine nei
formati massimi del foglio 52x72 cm e 72x102 cm. Il numero dei colori
stampabili, per ogni modello, può essere di 2, 4, 5 e 6 colori. La macchina può
essere dotata di dispositivo per la conversione del foglio posto tra il primo ed
il secondo elemento, oppure tra il secondo ed il terzo (modelli Perfektor).
I rulli bagnini sono dotati di motori indipendenti, che permettono,
variandone la velocità periferica, di controllare l'afflusso d'acqua sulla
lastra.
Il corredo di serie di ogni macchina prevede: mettifoglio ed uscita ad alta
pila, comando a distanza dall'uscita fogli, stendifogli, raccogligrumi e
dispositivo lavacaucciù su ogni unità di stampa.
I cilindri del gruppo stampante sono dotati di fasce a contatto, con
corrispondente, accresciuta rigidità ditali organi.
La disposizione dei cilindri del gruppo stampante è caratteristica: l'angolo
formato tra le linee congiungenti i centri di rotazione è all'incirca uguale a
quello di altri modelli, però disposto sul verso opposto. Il cilindro di
pressione è infatti alloggiato dal lato dell'elemento successivo. Pertanto, lo
scambio del foglio con il primo tamburo di trasferimento avviene quando il
foglio è stampato quasi interamente ovvero per circa 1805 di rotazione del
cilindro di pressione.
Il trasferimento del foglio tra due elementi di stampa avviene per mezzo di
tre tamburi, di cui quello intermedio ha diametro doppio. L'intervallo tra due
impressioni consecutive è, quindi, sufficiente per ottenere una prima
stabilizzazione dell'inchiostro sulla superficie del foglio.
Rekord (Roland), fig. 183. Poiché l'elemento standard della macchina
Roland è bicolore, con il sistema a cinque cilindri, la componibilità degli
elementi per formare una macchina da stampa offset da foglio risulta limitata.
La Roland ha sviluppato anche un elemento monocolore, situabile all'inizio della
macchina, per cui, oggi, si possono osservare anche macchine a numero di colori
dispari.
Dalla tabella 3 si nota che le dimensioni d'ingombro delle macchine Roland
sono le più contenute, perché il sistema del gruppo stampante a cinque cilindri
permette di compattare la macchina.
La conversione del foglio avviene tra il primo elemento ed il secondo. Il
movimento delle pinze oscillanti è eccentrico, con discesa sulla tavola di
puntatura quando il cilindro di pressione presenta verso le pinze ancora il
mantello ed un tempo per afferrare il foglio sulla tavola di puntatura più
lungo, a parità di altre condizioni.
Il trasferimento del foglio tra due elementi stampanti avviene mediante pinze
montate su catene. Il tempo di stabilizzazione dell'inchiostro, prima che il
foglio venga stampato con un colore successivo, corrisponde a cinque cicli di
stampa, quando il trasferimento avviene tra due elementi successivi. Invece,
all'interno dello stesso elemento bicolore, la stabilizzazione dell'inchiostro
non può avvenire, perché la stampa del colore successivo avviene dopo solo 1/4
circa di ciclo di stampa. Comunque la garanzia di registro è alta, poiché le
pinze del cilindro di pressione trattengono il foglio durante l'impressione di
due colori nello stesso elemento, mentre i carri pinze montati su catene
consentono due soli scambi foglio tra due elementi successivi.
Il dispositivo di conversione, a tre cilindri posti al termine del percorso
delle catene, è originale. La struttura della macchina e le soluzioni escogitate
dai costruttori non permettono alcune soluzioni, ad esempio una macchina
convertibile 3/1 e 1/3: infatti, gli elementi a cinque cilindri permettono solo
la soluzione 4/O e 2/2.
Le fasce laterali non sono a contatto: le pressioni possono essere variate
tra i cilindri entro una discreta gamma di valori, mediante volantini ed
indicatori di pressione.
La velocità della macchina può variare entro limiti molto ampi: ad esempio la
velocità minima è di solo 1600 fogli/h, la massima supera i 10.000 fogli/h.
All'uscita fogli è disposta una rastrelliera soffiante per agevolare la caduta
dei fogli sulla pila.
L'accessibilità al cilindro stampa e del telo gommato degli elementi pari non
è molto soddisfacente nelle macchine a cinque cilindri. Infatti tali cilindri
sono situati inferiormente al gruppo stampante.
Nebiolo, fig. 184. La famiglia di modelli spazia da formati intorno al
70xl00 (mod. 41) fino a l20xl60 cm circa (mod. 63-L). La componibilità prevede
modelli ad elementi standard, da due colori fino a sette, per la stampa in
bianca. Per la stampa in volta è previsto l'inserimento di un apposito elemento
all'inizio della macchina; sono perciò disponibili nove combinazioni di ogni
formato.
Ogni modello è fornito di dispositivo centralizzato per lo spostamento
radiale delle battute di tutte le pinze (in funzione dello spessore del supporto
da stampare). Le pinze oscillanti sono dotate di rotazione eccentrica.
Poiché il trasferimento del foglio tra due elementi avviene per mezzo di tre
tamburi, il tempo di stabilizzazione dell'inchiostro, corrispondente a tre cicli
di stampa, è sufficiente.
L'accessibilità ai cilindri del gruppo stampante è abbastanza buona.
Il comando degli elementi è ottenuto mediante un albero longitudinale per
mezzo di coppie d'ingranaggi conici spiroidali, una coppia ogni due elementi.
Gli sforzi necessari per trasmettere il moto agli elementi successivi al secondo
non devono gravare sulle corone dentate di cilindri e tamburi di trasferimento,
si avrebbero carichi eccessivi sulle dentature ed il loro consumo prematuro
provocherebbe sfasamenti nel registro. La torsione dell'albero longitudinale è
controllata da ingranaggi posti sui tamburi di trasferimento che ingranano tra
loro nel momento dello scambio del foglio. In questo modo un'eventuale
sfasamento della trasmissione del moto da pane dell'albero, provocato dal suo
momento torcente al carico applicato, non influisce minimamente sul registro.
perché la posizione d'entrata del foglio sui tamburi di trasferimento è
rigorosamente costante.
Le fasce non sono a contatto, quindi la macchina risulta elastica.
Planeta (Polygraph), fig. 185. Di struttura robusta (risulta la più
pesante tra le macchine portate in tabella 3) compone una serie di macchine
prodotte in elementi standard. Particolarità costruttiva è quella di
avere un cilindro di pressione di diametro doppio relativamente a quelli
del telo gommato e porta lastra. I formati delle macchine offset Planeta variano
entro valori simili a quelli della Nebiolo.
L'immissione del foglio in macchina dalla tavola di puntatura avviene con
pinze poste sotto la tavola stessa e mediante un tamburo intermedio di
trasferimento.
lì trasferimento del foglio avviene con un solo tamburo. però di diametro
doppio rispetto a quello dei cilindri porta lastra e del telo gommato. Quindi
l'intervallo tra due stampe successive sul medesimo foglio corrisponde a 1,5
cicli. tempo abbastanza breve per permettere la stabilizzazione dell'inchiostro.
Il diametro doppio del cilindro di pressione e del tamburo di trasferimento
riduce la curvatura dei fogli con vantaggi notevoli nel caso di fogli rigidi
(cartoncini). La macchina è fornibile con dispositivo di conversione sul tamburo
di trasferimento.
L'accessibilità ai cilindri del gruppo di stampa è abbastanza buona: la
presenza di un solo tamburo tra gli elementi riduce notevolmente lo spazio tra
essi.
Ogni gruppo stampa è alimentato con gruppi differenziali dal motore: è una
soluzione diversa da quella Nebiolo per gestire il momento torcente dell'albero
di trasmissione ed evitare che il moto sia condotto dalle corone dentate dei
cilindri di pressione e dei tamburi di trasferimento, con pericoli sulla durata
delle dentature delle corone.
TP 104 (Miller), fig. 186. La componibilità dei modelli TP 104 è ottima.
come per le macchine ad elementi standard. La famiglia dei modelli TP comprende
i formati del 52x74 cm fino al 72x104, attraverso due formati intermedi.
Il trasferimento del foglio tra due elementi successivi avviene con tre
tamburi, di cui quello intermedio di diametro doppio, come
nell'Heidelberg. Quindi il tempo di stabilizzazione dell'inchiostro è
relativamente sufficiente.
L'accessibilità ai cilindri del gruppo stampante ed a quelli di trasferimento
è abbastanza buona.
Tra il cilindro lastra e quello del telo gommato le fasce sono a contatto,
mentre il cilindro di pressione non ha la fascia laterale a contatto.
L'immissione del foglio avviene con possibilità di correggere il fenomeno
dello sfarfallamento in coda.
I modelli TP possono essere dotati del dispositivo di conversione, del cui
uso la Miller è stata la prima realizzatrice.
12.7. Dispositivi di
sovrastampa
La
verniciatura dello stampato è un'operazione paragrafica che conferisce allo
stesso una maggior resistenza all'abrasione ed alle sollecitazioni meccaniche
superficiali, una maggior lucidità superficiale, una maggior scorrevolezza, ecc.
Poiché la maggior parte degli stampati su cui è stesa la vernice è costituita da
quadricromie (copertine, astucci, carte da gioco, ecc.), è usuale utilizzare per
la verniciatura l'ultimo elemento di una macchina offset pluricolore, umido su
umido. La vernice è costituita da una lacca o da un prodotto sintetico
trasparente, diluito in acqua o alcool, compatibile con inchiostri offset.
Se viene usato l'ultimo elemento di una normale macchina offset pluricolore,
la vernice può essere immessa nel calamaio: il suo percorso è relativamente
lungo fino allo stampato, dovendo essere trasferita ai rulli laminatori, a
quelli inchiostratori, alla lastra, al telo gommato e finalmente allo stampato.
Quindi non possono essere usate vernici con brevi tempi d'essiccazione; il
risultato è, generalmente, di maggiore lucidità dello stampato. Si può anche
utilizzare a tal fine il gruppo della bagnatura; il percorso della vernice
risulta più breve per giungere allo stampato, quindi possono essere utilizzate
vernici con minor tempo d'essiccazione. In questi due casi, però, il controllo
della viscosità della vernice e il suo trasferimento sulla superficie da
stampare può porre seri problemi. Inoltre, poiché la vernice è trasferita a
tutta la superficie della lastra, il foglio risulterà completamente spalmato,
anche nelle eventuali zone da riservare a lavorazioni successive.
Per ovviare a tali inconvenienti, alcune ditte offrono apparecchiature
costituiti da miscelatori di vernici collegabili ad apposito calamaio,
applicabili all'elemento da stampa offset. Altre ditte propongono di dotare le
macchine offset di un apposito elemento spalmatore, inseribile tra l'ultimo
elemento di una macchina offset pluricolore da foglio ed il gruppo dei
levafogli.
12.7.2. Gruppo
spalmatoreL'unità di spalmatura è costituita da (fig. 187):
- - un rullo cromato, dotato di microalveoli (da 50 a 120 al cm lineare),
immerso nella vaschetta della vernice;
- - un cilindro di pressione;
- - un cilindro portaforma;
- - un dispositivo per il controllo della viscosità e per il riciclo della
vernice.
Il cilindro portaforma ospita sulla sua superficie una forma
rilievografica, generalmente di «linoleum» sagomato opportunamente, a registro
con le zone dello stampato da verniciare. Il foglio è controllato dalle pinze
situate sul cilindro portaforma.
Con l'uso dell'apposito gruppo spalmatore la superficie del foglio da
verniciare può essere delimitata dalla forma: ciò può essere importante per
salvaguardare le zone d'incollatura degli astucci.
Esistono vernici in grado d'essiccare molto rapidamente sulla superficie del
foglio, fino a permettere l'eliminazione dell'antiscartino. Nel gruppo
spalmatore, però, è previsto l'inserimento di un dispositivo a getti di aria
calda per facilitare l'evaporazione del solvente della vernice. Il dispositivo
spalmatore è inoltre dotato di cappe aspiranti per l'eliminazione dei vapori.
Nel caso di arresto macchina, i primi due rulli continuano a ruotare e la
vernice a circolare nell'impianto, per evitare fenomeni di essiccamento sul
gruppo.
13. Macchine offset di piccolo
formatoNumerose ditte produttrici di grandi macchine industriali ed altre
specializzate nella costruzione di piccole macchine, hanno posto sul mercato una
serie di modelli di attrezzature di formato carta intorno al 35x50 cm. Quasi
tutti i modelli sono dotati di una serie di accessori per lavorazioni di
numerazione, perforazione, ecc. Le soluzioni, pur seguendo una linea costruttiva
analoga, si caratterizzano per una serie di piccoli particolari, utili sia per
lavori di reprografia, sia per fornire attrezzature alternative alle macchine
tipografiche nelle piccole aziende.
E da notare che alcune di queste macchine sono assi milabili a grandi
macchine offset, in cui il formato è stato ridotto per permettere lavorazioni
apposite. Altre macchine sono adatte a centri reprografici, in cui la qualità di
stampa non raggiunge alti livelli, per fornire, però, lavori celeri ed a costo
contenuto. Quasi tutte le macchine offset di piccolo formato sono dotate di
dispositivi (in uscita fogli) per la numerazione, la stampa di piccole forme
rilievografiche e la perforazione; altre possono eseguire semplici operazioni di
cartotecnica come cordonatura, taglio, ecc. La presenza sul mercato di macchine
offset di piccolo formato ha permesso da un lato a numerose tipografie di
ristrutturare le proprie attività per lavori commerciali, dall'altro la nascita
di numerosissimi centri stampa all'interno di aziende di medie e grandi
dimensioni, nonché il fiorire di centri reprografici per un servizio rapido di
prodotti stampati. Si descrivono, di seguito, alcune di queste macchine.
13.1. GTO della HeidelbergE
prodotta per la stampa del formato carta di cm 33x46, oppure nella versione di
36x52 cm. Il formato minimo stampabile, con dispositivo extra, è di 8x14 cm,
mentre senza alcun dispositivo può immettere in macchina fogli di formato minimo
10,5x18 cm. La struttura della macchina è del tutto simile a quella di una
macchina offset da foglio (fig. 188).
A contatto del cilindro di pressione, però, possono essere montati su un
apposito albero settori circolari per imprimere rilievograficamente piccole
forme, oppure numeratori appositi, filetti perforatori o fustellatori, ecc. Un
blocco di rulli, completo di calamaio, è utilizzato per l'inchiostrazione delle
forme rilievografiche. Benché la macchina GTO sia diffusa come monocolore dal
1972, sono oggi presenti anche modelli pluricolori (fig. 189), dotabili di
dispositivi di conversione, in cui il gruppo di stampa rilievografica è posto al
termine degli elementi offset.
13.2. Praktika della Edelmann
(licenza M.A.N.-Roland)Strutturalmente e simile alla GTO: le differenze
riguardano soprattutto il formato carta, che varia tra 35x50 cm e 46x65 cm, ed
il sistema di immissione del foglio in macchina (fig. 190).
La tavola di puntatura (fig. 191) ospita nastri forati che trattengono i
fogli per aspirazione pneumatica. La registrazione laterale del foglio avviene
con squadra pneumatica, secondo la tecnologia Roland. Sulla tavola di puntatura
non sono più visibili e utilizzati strumenti quali pinze o rullini e nastri per
condurre i fogli ai margini frontali. Poiché il mettifogli è a squame, la
velocità di tiratura raggiunge punte elevate. E interessante notare la serie di
soluzioni antinfortunistiche adottate per la protezione dei cinematismi (sbarre
di protezione che segregano i rulli ed i cilindri, molto robuste e
sufficientemente ravvicinate). Anche nella Praktika è presente un dispositivo
per numerare, stampare piccole forme rilievografiche, perforare.
13.3 Perfector della
AFT-DavidsonDel tutto particolare è la soluzione del gruppo stampante nel
modello «Perfector», progettato per la stampa in bianca e volta. Viene inserita
nel gruppo delle macchine offset di piccolo formato perché fornisce prestazioni
analoghe, anche se presenta la caratteristica di stampare in bianca e volta. I
modelli forniti stampano formati massimi carta di 20x38 cm, oppure 38x46 cm. Il
gruppo stampante (fig. 192) è formato da tre cilindri, due dei quali hanno
diametro doppio del terzo.
Sul cilindro di grande diametro superiore è ospitata, per circa metà della
circonferenza, la lastra per la stampa della bianca. Il cilindro intermedio
porta su mezza circonferenza il telo gommato della bianca, mentre all'incirca
metà della circonferenza è riservata alla lastra della volta. Il piccolo
cilindro inferiore ospita il telo gommato della volta, pertanto, quando i due
teli gommati ruotano a contatto, avviene la stampa sul supporto interposto,
mentre il trasferimento dell'inchiostro dalla lastra al telo gommato avviene
allorché il foglio non passa in macchina.
Oltre ai soliti dispositivi opzionali di numerazione, perforazione,
sovrastampa, la macchina può essere dotata di un alimentatore da bobina che può
ospitare diametri fino a 106 cm. di larghezza massima 46 cm. Tale macchina pare
molto diffusa nei centri stampa del Nord America.
13.4. R37 della RotaprintLa
ditta Rotaprint si è specializzata nella fabbricazione di macchine da stampa per
centri reprografici. L'uso della bagnatura con liquido a base di glicerina.
scoperta da un tecnico danese della Rotaprint nel 1953. permise di non usare più
i rulli bagnatori. ma di miscelare la soluzione direttamente nel gruppo
inchiostratore, facilitando le operazioni di controllo dell'equilibrio
acqua-inchiostro (fig. 193).
La ditta Rotaprint fornisce anche macchine dotate di bagnatura tradizionale
con mollettoni. Tra le macchine di piccolo formato, si segnala la R37 per il
gruppo inchiostratore (fig. 194). Esso è formato da un solo rullo
inchiostratore, di circonferenza pari alla lunghezza della lastra, su cui
premono sette piccoli rulli metallici.
Il gruppo bagnatore (fig. 195) è del tipo ad alcool, con un solo rullo
bagnatore, di diametro simile a quello dell'unico rullo inchiostratore. Altri
rulli hanno le funzioni di prelevare la miscela acqua-alcool (bagnino e
spremitore) e di egualizzare lo strato sul rullo umidificatore. Un apposito
rullo pone in contatto i gruppi di bagnatura e quello d'inchiostrazione durante
il lavaggio della macchina.
La macchina da
stampa Ryobi è fornita di un cilindro apposito per le lavorazioni cartotecniche
in uscita dal gruppo stampante (fig. 196).
Pur essendo un'offset da foglio di piccolo formato, grazie al cilindro
complementare per le lavorazioni paragrafiche, la Ryobi è maggiormente
flessibile, anche se il suo campo d'applicazione è riservato alle lavorazioni di
non alta qualità (notare il numero dei rulli inchiostratori e distributori del
gruppo di sovrastampa e numerazione). Nelle macchine da stampa con dispositivi
analoghi si è ricorso al montaggio di accessori che agiscono in pressione con lo
stesso cilindro del gruppo stampante.
Una soluzione
originale, anche se tecnologicamente discutibile. nel campo delle piccole offset
è presentata dalla ditta Hamada. Sul gruppo stampante è montabile un secondo
cilindro portalastra, con relativi gruppi di inchiostrazione e bagnatura (fig.
197). Il film d'inchiostro è trasferito sull'unico cilindro del telo gommato.
Sono intuibili i problemi di sovrapposizione dell'inchiostro sul telo gommato
da parte dei due colori. La macchina risulta molto compatta, anche se fornita
del secondo elemento. È dotabile di gruppo di numerazione, sovrastampa.
perforazione e cordonatura.
14. Macchine lito-latta o
metallografiche
14.1. GeneralitàL'uso di
contenitori in lamiera stagnata pare risalga ai primi dell'800 in Inghilterra.
Intorno alla seconda metà dello stesso secolo furono costruite le prime macchine
litografiche per la stampa su lamiera, costituite da un cilindro rivestito in
gomma posto superiormente alla pietra litografica e da un secondo cilindro di
pressione, posto ancora più in alto. Qualcuno sostiene che l'ispirazione per
l'invenzione della macchina offset (primi del '900) provenga dalle prime
macchine per la stampa su banda stagnata.
Le macchine lito-latta sono, a prima vista, molto simili a quelle offset: ne
differiscono per il gigantismo di alcuni organi, adattati a sopportare il peso
di lamiere spesse, in casi limite, fino ad 1 mm. Da parte loro, le lamiere,
essendo più rigide dei supporti cartacei, non pongono eccessivi problemi di
registro. L'adesione dell'inchiostro sulla loro superficie può originare
inconvenienti; inoltre, l'inchiostro non può essiccare per assorbimento del
supporto, per cui sono necessarie fonti anche notevoli di energia per
l'essiccazione.
Per favorire l'adesione dell'inchiostro alla superficie della lamiera, essa
viene, generalmente, verniciata o smaltata. Anche per proteggere l'inchiostro
nelle lavorazioni successive a quelle della stampa (fustellatura e formatura) la
superficie stampata viene rivestita da uno strato di vernice. Può essere
necessaria la verniciatura anche del lato interno alla latta, quando questo sia
soggetto a corrosione.
14.2. Particolarità delle macchine
lito-lattaPoiché la struttura delle macchine offset è analoga a quella
delle macchine lito-latta, si rimanda agli appositi capitoli relativi alle
macchine offset. Nel seguente paragrafo si accennerà alle differenze più
significative tra gli organi delle macchine lito-latta e quelli delle macchine
offset.
Il mettifogli è particolarmente robusto. poiché gli aspiratori debbono
sollevare lamiere anche pesanti; i soffiatori devono esercitare una notevole
azione pneumatica per separare la lamiera superiore da quelle sottostanti. Se la
lamiera è costituita da materiale ferroso (non in lega di alluminio), vengono
utilizzati magneti per il sollevamento della lamiera da quelle sottostanti nella
pila del mettifoglio. Come nelle macchine offset, il foglio è trasmesso alla
tavola di puntatura per mezzo di ventose aspiranti aventi moto alternativo.
Apposite rotelle di frizione permettono l'avanzamento della lamiera sulla
tavola di puntatura. Questa è disposta orizzontalmente: la lamiera non si presta
ad essere curvata, pertanto non segue alcuna deviazione verticale dal
mettifoglio ai registri frontali. Sulla tavola sono disposti controlli meccanici
per il rilevamento del doppio foglio. Al termine della tavola, la lamiera è
arrestata dai registri frontali; quindi viene registrata da un'apposita
squadretta laterale.
L'immissione del foglio nel gruppo stampante avviene mediante rullini di
frizione a pressione regolabile, oppure con pinze oscillanti.
Il gruppo stampante è dotato di cilindri di grande diametro, per evitare
percorsi non lineari alla lamiera. Per lo stesso motivo, la disposizione dei
cilindri è quasi verticale e gli assi che separano i loro centri di rotazione
tendono ad essere verticali. Infatti, per evitare percorsi curvi alla lamiera,
sarebbe teoricamente necessario disporre l'asse che separa il centro di
rotazione del cilindro gommato relativamente a quello del cilindro di pressione,
normale alla superficie del foglio.
La struttura dei cilindri è particolarmente robusta, i perni ruotano entro
cuscinetti a rullo immersi in bagno d'olio. La regolazione dell'interferenza tra
il cilindro del telo gommato e quello di pressione deve disporre di
un'escursione elevata. Normalmente vengono stampate lamiere comprese entro 180 e
450 mm, ma tali valori possono anche essere superati.
Il telo gommato è costituito da materiali diversi da quello per offset. La
sua durezza è leggermente più elevata (76-845 Sh A), la sua resistenza ai
solventi degli inchiostri dev'essere eccellente; esso, inoltre, deve permettere
un buon distacco della lamiera stampata dalla sua superficie.
Le macchine lito-latta pluricolori si presentano essenzialmente con due
strutture: a tre cilindri e a quattro cilindri.
Nelle macchine lito-latta pluricolori con elementi stampanti a tre cilindri
esiste il problema del trasferimento della lamiera tra due elementi. Può essere
adottata la soluzione di trasferire il foglio mediante un tamburo intermedio di
grande diametro (fig. 198); ciò al fine di ridurre le curvature accentuate, poco
desiderabili per la lamiera.
Esistono macchine lito-latta ad elementi di tre cilindri fino a tre colori:
la stampa di un numero superiore di colori in un solo passaggio in macchina,
senza essiccamento dell'inchiostro, può creare inconvenienti.
Esistono anche macchine metallografiche con struttura del gruppo stampante a
quattro cilindri, per impressioni di due colori contemporaneamente sullo stesso
lato della lamiera. Questa disposizione non trova molti riscontri nelle macchine
offset: in questo tipo di macchina due cilindri portalastra trasferiscono i
grafismi sul medesimo telo gommato. L'angolo formato tra gli assi colleganti i
centri di rotazione è di circa 605. Il telo gommato riceve, in rapida
successione, due colori, trasferendoli contemporaneamente alla lamiera.
Successivamente all'elemento di stampa bicolore a quattro cilindri è necessaria
un'attrezzatura per l'essiccamento dell'inchiostro.
All'uscita della macchina lito-latta è generalmente disposto un forno
d'essiccamento dell'inchiostro, oppure una macchina verniciatrice seguita da un
dispositivo di essiccamento.
14.3. Attrezzatura
complementariPer la rifinitura dello stampato lito-latta occorrono almeno
due attrezzature complementari: un gruppo di essiccazione dell'inchiostro ed una
macchina verniciatrice.
Il forno di essiccamento è, finora, l'attrezzatura più usata per la
stabilizzazione dell'inchiostro. Esso è costituito da un tunnel, lungo da 15 ad
oltre 40 m, in cui le lamiere transitano su rastrelliere verticali. La lunghezza
del forno o la sua temperatura sono determinati dalla lavorazione a monte (solo
stampa, stampa e verniciatura, solo verniciatura), dallo spessore del film
disteso sulla banda stagnata e dalla sua composizione, dalla velocità della
macchina a monte. Nel forno sono situati uno o più bruciatori (a gas o a nafta),
una ventola ed un sistema di condutture, al fine di convogliare aria calda
(110-200 'C) verso le lamiere. L'aria esercita anche una pressione avente come
scopo di mantenere le lamiere aderenti ai telai.
L'introduzione degli inchiostri ad essiccamento con radiazioni ultraviolette
(U.V.), ha incontrato notevole favore presso gli stampatori lito-latta; infatti
lo spazio occupato dai forni può essere fortemente ridotto con le batterie di
lampade ad emissione U.V. Ad esempio, per realizzare una quadricromia con due
macchine bicolori di quattro cilindri ognuna, occorrono due forni, per una
lunghezza lineare di circa 110 m (fig. 199), mentre con un sistema di
essiccamento a raggi U.V. Lo spazio lineare occupato si riduce a 30 m circa.
Inoltre le lamiere stampate con inchiostro essiccante a radiazioni U.V, si
presenteranno senza odori di solventi residui e con migliori caratteristiche
generali.
La verniciatrice può essere posta in linea con la macchina da stampa
lito-latta (umido su umido), oppure può operare staccata. Nel primo caso
opportuni convogliatori di lamiere permettono l'inserimento in macchina. Nel
secondo caso la verniciatrice deve essere fornita di mettifoglio come quello
delle macchine lito-latta.
Il gruppo di verniciatura è schematicamente formato da un cilindro su cui
viene disteso uno strato uniforme di vernice, analogamente agli elementi
spalmatori delle macchine offset, per mezzo di rulli. Un secondo cilindro, posto
inferiormente al primo, esercita un'adeguata pressione per permettere il
trasferimento della vernice sulla lamiera.
La verniciatrice può essere utilizzata per stendere sulla lamiera vergine uno
smalto (bianco o colorato) di fondo, per favorire l'adesione dell'inchiostro.
1.5. Macchine lettersetLa
stampa letterset è anche detta «rilievografica indiretta». Il procedimento
letterset avviene con una forma rilievografica e con una macchina con
trasferimento indiretto dell'inchiostro tra forma e supporto. Poiché il
procedimento di stampa indiretto più diffuso è quello offset, le macchine offset
sono, a volte, adattabili alla stampa letterset.
1 principali vantaggi del procedimento letterset sono:
1. Eliminazione della bagnatura. Oltre all'esclusione del gruppo della
bagnatura, sono importanti le conseguenze legate alla presenza d'acqua: sono
perciò evitati i problemi di emulsione acqua-inchiostro, quelli relativi a fuori
registro per assorbimento di umidità da parte del supporto fibroso, ecc.
2. Versatilità della macchina La macchina da stampa letterset è anche
una macchina offset: i requisiti per poter funzionare come macchina letterset
sono due: a) l'incavo sul cilindro porta forma deve permettere l'inserimento di
lastre to rilievo, di maggior spessore relativamente a quelle offset; b) il
disinnesto del gruppo di bagnatura.
3. Stampa indiretta .Relativamente al procedimento tipografico, la
macchina letterset offre tutti i vantaggi di un procedimento di stampa
indiretto, riassumibili come segue:
- - i grafismi sulla forma si presentano «diritti» e quindi sono leggibili.
mentre nei procedimenti diretti i grafismi sulla forma risultano rovesciati;
- - la forma e il supporto non sono a contatto. L'introduzione del cilindro
del telo gommato permette l'assorbimento delle tensioni provocate da piccole
differenze di velocità periferica dei cilindri. Inoltre, non esistendo
abrasioni tra forma e supporto, la durata delle forme viene prolungata;
- - i fondi a stampa si presentano uniformi, poiché il telo gommato
intermedio può elasticamente adattarsi a superfici rugose e/o dure.
Storicamente, lo sviluppo delle macchine letterset è situato nella
ricerca di forme rilievografiche per la tipografia piana avvenuta agli inizi
degli anni '50. Il tentativo di alcune industrie chimiche sfociò nella
produzione di sostanze fotopolimere stendibili su lastre.
Poiché lo sviluppo del procedimento offset ha ridotto le potenzialità del
mercato tipografico, le lastre fotopolimere, anche se più spesse di quelle
offset, hanno trovato sbocco nelle macchine letterset.
Non risulta siano state progettate macchine da stampa indiretto per la stampa
di lastre rilievografiche, pertanto le macchine letterset sono essenzialmente
macchine da stampa offset da foglio adattate alla stampa di forme
rilievografiche.
Macchine rotative da bobina
1. GeneralitàLa tendenza ad
alimentare i gruppi stampanti di una macchina da stampa con un nastro continuo
anziché con fogli tagliati in formato prelevati da una pila, è stata
determinata, nel corso dell'evoluzione della tecnologia grafica, da diversi
fattori, i più importanti dei quali si possono così riassumere:
1. Velocità. L'alimentazione di un nastro che si svolge da una bobina
consente di superare ampiamente i limiti di velocità insiti nel sistema di
alimentazione dei fogli a mezzo di mettifogli. Quest'ultimo dispositivo, per
quanto via via perfezionato, ha dei limiti invalicabili di velocità, dovuti
all'azione intermittente degli organi di presa (mettifogli) e di immissione
(pinze oscillanti); legati inoltre al tipo di carta usata che, se leggera,
inconsistente o scadente, fa sorgere gravosi problemi di separazione ed
avanzamento dei fogli. Nelle macchine da bobina, dotate di movimenti quasi
totalmente rotatori, la velocità di produzione, a parità di altri fattori, sale
di 3-4 volte relativamente alla velocità delle macchine da foglio.
2. Numero di colori che si possono stampare in un'unica passata in macchina.
Anche se non sono infrequenti i casi di macchine da foglio che stampano fino a
sei colori o convertibili, le macchine da bobina presentano talvolta otto e più
elementi di stampa; i colori vengono applicati spesso su entrambe le facce del
nastro: si è generalizzata cioè la stampa in bianca e volta, che ha un impiego
limitato nelle macchine da foglio per difficoltà insite nel sistema. Il nastro
di carta entra bianco ed esce completamente stampato.
3. Numero di operazioni che un impianto da bobina può compiere sulla materia
prima (nastro di carta o altro materiale idoneo). Oltre stampare si può
perforare, incollare e soprattutto piegare sullo stesso impianto, ottenendo un
prodotto finito senza ulteriori necessità, che rappresentano perdite di tempo e
maggiori costi di manodopera.
4. Minor costo della materia prima, dato che la carta e gli altri materiali
stampabili vengono prodotti all'origine in rotoli o bobine e come tali possono
venire usati in un impianto da bobina, mentre per ottenere fogli sono necessarie
varie operazioni di confezionatura quali il taglio in formato, il rifilo sui
quattro lati e l'impacchettatura. Il minor costo del materiale in bobina
rispetto a quello in fogli varia notevolmente al variare dei tipi: mediamente è
valutabile nel 1,5% ma in certi casi limite può anche raggiungere il 45%.
5. Tempo di avviamento di un impianto per esempio a quattro elementi in
linea, minore di quello per una corrispondente macchina a quattro colori da
foglio.
Di fronte a questi vantaggi le macchine da bobina presentano ovviamente delle
limitazioni che hanno impedito di generalizzarne l'impiego, lasciando di
conseguenza campo allo sviluppo delle macchine da foglio.
Le ragioni di tale dinamica si possono così elencare:
1. Costo dell'impianto assai più elevato rispetto alle macchine da foglio,
per la maggior mole e complessità, per la maggiore sollecitazione degli organi
meccanici, impegnati a lavorare a velocità più elevate, La macchina da bobina è
più impianto che macchina, con una molteplicità di componenti, accessori e
servocomandi necessari per assicurarne l'alta produttività ed il completo ciclo
di lavoro.
2. Versatilità inferiore a quella delle macchine da foglio, a causa
soprattutto del formato fisso (o variabile in una gamma ristretta) in direzione
circonferenziale. Inoltre il passaggio da un tipo di lavoro ad un altro assai
diverso richiede, negli impianti da bobina, maggior tempo e più registrazione,
proprio per la complessità dell'impianto.
3. Specializzazione dei responsabili della conduzione dell'impianto, maggiore
negli impianti da bobina per la complessità dell'impianto, la molteplicità delle
operazioni che esso compie per fornire un prodotto finito.
Tuttavia la recente evoluzione degli impianti da bobina se ha portato a
sviluppare complessi specializzati nella produzione di un solo tipo di lavoro,
ha anche consentito la produzione di macchine sempre meno costose, più versatili
e più facili da condurre, in grado di fare concorrenza alle macchine da foglio
nei loro tradizionali campi di impiego. I dispositivi automatici di controllo
delle varie operazioni di stampa, l'introduzione, entro certi limiti, del
formato variabile ed altre innovazioni, hanno abbassato il numero di copie
minimo conveniente per il passaggio di una commessa dalla stampa a fogli a
quella da bobina. Anche se il numero di scarti rimane alto, esso tende a
ridursi, in rapporto agli scarti tollerati nella stampa da foglio, con
l'aumentare della tiratura (cfr. tabella 4).
La scelta del passaggio dalla stampa a foglio a quella a bobina è anche
legata alle caratteristiche funzionali del prodotto, al procedimento di stampa,
ai tempi di consegna, ecc.
Nella tabella 4 si nota che a basse tirature, lo scarto tollerato è
notevolmente superiore nelle macchine da bobina, fino a tre volte, relativamente
a quelle da foglio. Intorno a 15.000 copie è tollerato uno scarto doppio,
successivamente la forbice degli scarti tende a scendere ulteriormente.
1.1. Struttura di una macchina da
bobinaI componenti di una macchina da bobina sono analoghi, fatte le debite
differenze, a quelli delle macchine da foglio, con l'aggiunta di una serie di
dispositivi specifici per il controllo del nastro, per l'essiccazione
dell'inchiostro, per i dispositivi di alimentazione e di uscita dalla macchina
da stampa. Tali dispositivi saranno analizzati più avanti.
Raramente le macchine da bobina sono dotate di un solo gruppo stampante per
l'impressione di un solo lato del foglio. Più in generale, sono dotate almeno di
gruppi stampanti in grado d'imprimere un colore su entrambi i lati del foglio.
La struttura della macchina da bobina per la stampa monocolore in bianca e
volta, può essere composta da un solo elemento, oppure da due elementi in linea.
Ad esempio le macchine offset da bobina «caucciù contro caucciù» appartengono
alla prima soluzione costruttiva; in esse il nastro di carta passa attraverso ai
due cilindri del telo gommato. ciascuno dei quali imprime una faccia del foglio.
In generale appartengono alla seconda soluzione, cioè sono dotate di elementi
singoli per ogni colore stampato, le macchine da bobina che stampano per via
diretta dalla forma al supporto.
Sono sempre più diffusi gli impianti in grado di fornire stampati pluricolori
su entrambi i lati del foglio. L'indirizzo verso questi impianti è accentuato
sia dalla tendenza all'uso del colore negli stampati in generale, sia dai
continui perfezionamenti della stampa multicolore.
Le rotative multicolori da bobina possono essere classificate a grandi linee
in due categorie costruttive, anche se esistono numerose intermedie:
1. Macchine ad elementi ognuno dei quali stampa un solo colore su di
una sola faccia del nastro, od ancora due colori (eguali o diversi) uno per lato
del nastro; questi ultimi sono denominati elementi «in bianca e volta» (fig.
200). Gli elementi di questo tipo possono essere disposti in linea su di uno
stesso piano orizzontale, oppure sovrapposti, oppure parzialmente in linea e
parzialmente sovrapposti.
2. Macchine a satelliti, composte da un cilindro di pressione comune
di grande diametro, attorno al quale sono disposti gli elementi di colore in
numero di tre, quattro ed anche sei. Il nastro si avvolge sul cilindro centrale
e riceve in successione i vari colori uscendo completamente stampato su di un
lato. La stampa dell'altra faccia è ottenuta in modo analogo su di un altro
gruppo stampante identico al primo.
Nelle macchine a satellite (fig. 201) esiste anche una soluzione secondo la
quale il cilindro di pressione presenta una larghezza doppia rispetto al nastro
e questo viene fatto passare una prima volta su metà larghezza del cilindro di
pressione comune e quindi ribaltato e fatto passare sull'altra metà, uscendone
quindi completamente stampato sia in bianca sia in volta. Le macchine a
satelliti costituiscono impianti più complessi, più costosi, meno versatili e
con preparazione alla stampa più lunga e difficoltosa, ma, grazie alla maggiore
velocità di stampa, hanno trovato condizioni favorevoli di impiego quando si
debba eseguire sempre lo stesso tipo di lavoro, oppure pochi lavori simili nel
tipo di supporto e di stampa richiesti in modo che il passaggio dall'uno
all'altro comporti un numero limitato di operazioni di avviamento (si vedano le
macchine flessografiche).
Nelle pagine che seguono sono descritti i principali componenti che,
unitamente ai gruppi stampanti, costituiscono un impianto da bobina; essi sono:
a) Il gruppo alimentatore , che ha la funzione di far svolgere il
nastro dalla bobina ed alimentarlo agli elementi di stampa mantenendo costante
la tensione, condizione questa essenziale per un perfetto registro tra i colori.
I gruppi alimentatori più evoluti realizzano pure il cambio automatico della
bobina esaurita con una nuova senza che l'impianto debba essere arrestato.
b) Dispositivi per il controllo del nastro, che comprendono:
- - dispositivi per la guida laterale per il perfetto registro tra le parti
che vengono stampate ed i bordi del nastro;
- - rivelatori della rottura del nastro, per l'arresto immediato
dell'impianto qualora si verifichi la rottura del nastro o anche solo la
lesione dello stesso;
- - dispositivi per il controllo del registro di stampa tra i vari colori;
- - dispositivi per il controllo del registro del taglio del nastro, qualora
questo non venga riavvolto, bensì trasformato in segnature piegate oppure in
fogli singoli.
c) Altri dispositivi che comprendono quelli
relativi al controllo dell'inchiostrazione, all'essiccamento dell'inchiostro,
nonché i dispositivi per il raffreddamento e/o l'umidificazione del nastro e i
dispositivi di sicurezza.
d) Gruppi di uscita, che hanno la funzione di trasformare il nastro
stampato in segnature, oppure in fogli singoli, di riavvolgerlo stampato per le
successive operazioni di trasformazione necessarie per dare il prodotto finito.
2. Gruppo alimentatoreQuesto
dispositivo ha due funzioni principali: alloggiare la bobina di carta e far
svolgere il nastro a tensione costante.
Comunemente i gruppi per il semplice alloggiamento della bobina vengono detti
«portabobine»; possono assumere forme e disposizioni molto diverse in rapporto
con le dimensioni della bobina e con il tipo di impianto che servono.
Con un portabobine doppio (fig. 202) si riduce il tempo di arresto
dell'impianto per la sostituzione della bobina, dato che la nuova bobina può
essere caricata prima di fermare l'impianto. Ci si limita pertanto ad incollare
la parte iniziale del nuovo nastro sulla parte finale del nastro pressoché
svolto, operare a monte di tale incollaggio il taglio del nastro della bobina
vecchia e riavviare l'impianto.
I portabobine possono essere disposti in linea con gli altri componenti
l'impianto oppure ad un livello diverso, per esempio al piano di sotto, nel
locale usato per il magazzinaggio delle bobine.
Il importante tuttavia che il percorso del nastro, prima dell'ingresso negli
elementi di stampa, non venga allungato inutilmente; per tale ragione si
impiegano, anche, portabobine disposti lateralmente all'impianto, che fanno
entrare il nastro nel punto più opportuno, grazie a rulli di rinvio e barre
angolari che variano, per esempio di 9O5, la direzione d'immissione del
nastro (fig. 203).
2.1. Portabobine a cambio
automaticoL'arresto di un impianto da bobina, anche se di breve durata, è
pur sempre un'operazione costosa e lo è tanto più quanto più alta è la velocità
di stampa. E logico quindi che all'aumentare della potenzialità e della velocità
degli impianti sia sorto il problema del cambio della bobina senza arresto.
Si sono così realizzati i portabobine a cambio automatico, che sono diventati
d'impiego generale in tutti gli impianti veloci e destinati a lavori con lunghe
tirature.
Tali portabobine si possono far appartenere a due categorie, a seconda che
l'incollaggio del nuovo nastro sul vecchio sia condotto in piena velocità,
oppure da fermo. Oggi numerosi impianti sono dotati di cambi automatici con
incollaggio in piena velocità o incollaggio volante (flying paster), per mezzo
di portabobine a stella (fig. 204). Esso è costituito da tre alberi, sfasati di
l205, su cui vengono immesse le bobine, ruotanti su un unico centro. Inoltre un
dispositivo di controllo della velocità periferica, un sistema per l'incollaggio
della nuova bobina e di taglio di quella in fase di esaurimento, completano il
portabobine stellare (fig. 205).
Il gruppo di controllo della tensione deve avere una risposta molto rapida e
deve essere in grado di assorbire in un lasso di tempo assai breve le variazioni
di tensione dovute al cambiamento tra la bobina nuova e quella in via
d'esaurimento. In particolare sono controllate le variazioni di tensione del
nastro da un rullo «ballerino», in grado di compiere limitate escursioni lungo
il senso d'avanzamento del nastro, e dalla cinghia che controlla la velocità
periferica della bobina. Non si deve trascurare che se la velocità periferica
della bobina non e efficacemente sincronizzata, è inevitabile sottoporre il
nastro a tensioni che possono avere come conseguenza la sua rottura, cioè
perdite di tempo e materiale.
Un moderno portabobine (fig. 206) può essere utilizzato sulle rotative con
velocità fino a 500 m/min. Questo dispositivo non esige nessun collegamento con
la rotativa e assicura un montaggio ed una messa in servizio molto rapidi.
La sua struttura permette di sovrapporre i diversi organi in una
configurazione compatta molto accessibile. Tutti i meccanismi necessari al
supporto delle bobine, alla loro rotazione ed all'arresto sono raggruppati
attorno ad un albero-supporto situato alla base del portabobine. Il peso è
quindi concentrato in questo punto e assicura perciò una maggiore stabilità.
I meccanismi secondari sono situati nella parte superiore. Siccome i cicli
d'incollatura sono molto ravvicinati, conviene che le operazioni siano ridotte
al solo cambio delle bobine. Lo sbobinatore viene equipaggiato con un pannello
di controllo a distanza, incorporato nella consolle della rotativa, comprendente
le seguenti regolazioni:
- - controllo e modifica della trazione del nastro,
- - modifica della posizione laterale della bobina in srotolamento.
- - segnalazione dell'operazione d'incollatura.
Le operazioni che
restano all'operatore sono la messa in posizione delle bobine e la loro
predisposizione all'incollatura. L'innesto del ciclo d'incollatura è automatico,
a seconda del diametro predeterminato della bobina, e avviene a qualsiasi
velocità.
Fra gli altri vantaggi possiamo annoverare il caricamento automatico delle
bobine al suolo, la regolazione automatizzata del margine e la possibilità
d'incollare una bobina di diametro massimo su di una bobina di diametro minimo.
Storicamente più recenti sono i portabobine automatici che effettuano tutte
le operazioni di cambio da fermo, senza peraltro fermare o rallentare la stampa.
Questa è la caratteristica peculiare del portabobine automatico fabbricato dalla
Butler Automatic Machine (fig. 207) predisposto per l'alloggiamento di due
bobine. Mentre una bobina si sta svolgendo in fase di produzione, la seconda
viene collocata sull'altro asse e preparata per l'incollaggio.
Il portabobine comprende un dispositivo d'immagazzinamento del nastro di
carta, detto «a festoni», posto appena dopo l'alloggiamento delle bobine. Il
settore d'accumulo del nastro è costituito da una serie di rulli ballerini (3 in
fig. 207) superiori ed una serie di rulli folli (4 in fig. 207) inferiori. Il
nastro viene avvolto alternativamente da un rullo ballerino e da uno folle,
durante lo svolgimento della bobina, assumendo un andamento a festoni.
Poiché i rulli superiori sono collegati ad un equipaggio mobile in senso
verticale, allorché si procede al cambio della bobina, la macchina viene
alimentata dal nastro presente nel dispositivo d'accumulazione, mentre i rulli
ballerini si abbassano: intanto il nuovo nastro viene incollato sul vecchio e si
procede al taglio di quest'ultimo con velocità della carta nulla. Prima che il
festone sia esaurito, l'incollaggio è completato ed il sistema trascina la nuova
bobina. Un dispositivo pneumatico fa successivamente sollevare i rulli ballerini
fino alla posizione d'estensione.
Benché il costo dell'impianto di un portabobine automatico sia decisamente
superiore a quello di uno manuale, qualora il numero dei cambi-bobina per lavoro
superi le 2-3 unità, inizia ad essere conveniente l'uso di un portabobine
automatico.
Gli svantaggi dei portabobine automatici, relativamente a quelli manuali,
possono essere così riassunti:
- - maggiore costo per macchine ed impianti,
- - maggiori spese di manutenzione.
- - operai più qualificati per i dispositivi a cambio semiautomatico;
- - minor utilizzazione dei rotoli per maggior scarto di fine
- bobina;
- - maggior ingombro;
- - possibilità di fallimento dei cambi.
L'introduzione dei
portabobine automatici a festoni, con cambio a bobine ferme, ha condotto a
numerosi
- - affidabilità, perché l'incollaggio eseguito a bobine ferme, è garantito
praticamente al 100%;
- - sicurezza, perché i due nastri vengono giuntati mediante un biadesivo su
tutta la loro larghezza e con una sovrapposizione di soli dieci centimetri;
ciò evita il pericolo di danneggiare il caucciù o d'inceppare la piegatrice;
- - semplicità, perché non è richiesta alcuna manodopera specializzata;
versatilità, perché potendo alternare a piacimento il senso di
svolgimento delle bobine si arriva a ridurre la frequenza dei lavaggi del
caucciù, altrimenti necessari per eliminare i depositi di particelle di carta.
Un ulteriore vantaggio proviene dai ripetuti passaggi della carta sui rulli
che provvedono a «spolverarla», stabilizzarla e adattarla alle condizioni
ambientali.
Inoltre è possibile prestabilire un deternato vare di tensione della carta,
che viene poi mantenuto automaticamente tramite la frenatura della bobina
controllata dal gruppo ballerino dell'accumulatore.
La frequenza dei cambi dipende da tre fattori: spessore della carta usata,
velocità di stampa, diametro della bobina. A titolo d'esempio, con carta con
spessore di cm 0,01, velocità di 250 m/min e bobina di diametro 100 cm,
l'esaurimento del nastro richiede 30 -: 40 minuti.
Una formula empirica per calcolare la lunghezza del nastro di una bobina è la
seguente:
1 = aV p V (D2 - d2)
4
Dove:
- - 1 = lunghezza del nastro in cm;
- - p = 3,14159;
- - a = reciproco dello spessore del materiale in cm;
- - D = diametro esterno della bobina, in cm;
- - d = diametro interno (dell'anima), in cm.
Conoscendo la velocità
di svolgimento della bobina, è sufficiente dividere la lunghezza (1) per la
velocità di svolgimento, per ottenere il tempo d'esaurimento di una bobina.
3. Dispositivi di controllo del
nastro
3.1. Dispositivi di controllo della
tensione del nastroSono parte essenziale del gruppo alimentatore, in
aggiunta a ciascuno dei vari tipi di portabobine di cui si è detto. Sono cioè
necessari nell'impianto tanti dispositivi di controllo della tensione, quanti
sono i nastri in lavoro. Non è possibile infatti ottenere buoni risultati di
stampa da un impianto operante da bobina se la tensione del nastro non è
mantenuta costantemente ad un valore ottimale.
Per questa loro importante funzione questi dispositivi di controllo della
tensione vengono comunemente denominati «dispositivi di alimentazione»
(infeed units).
La tensione del nastro è la forza da imprimergli nel corso del suo
svolgimento per ottenere una lavorazione corretta dal portabobine al prodotto
finito, nelle condizioni prestabilite. Il «tiro» da applicare al nastro è
indicato, in molte macchine, dal peso di un rullo mobile in verticale, o
«ballerino», sito nel portabobine. Questo rullo, più o meno contrappesato, può
fornire la misura del tiro medio, tenendo conto dell'angolo d'avvolgimento del
nastro su di esso. La tensione effettiva (F), misurata sul rullo successivo a
quello ballerino, è proporzionale al rapporto della forza applicata al ballerino
(F') diviso il seno dell'angolo a, formato dai prolungamenti del nastro intorno
al rullo ballerino (fig. 208).
La tensione applicabile ad un nastro è fortemente correlata con diversi
fattori. Ad esempio, dipende dalla natura del materiale di cui è costituito il
nastro, e dalla sua grammatura (come indicato in tabella 5).
Altro fattore influenzante la tensione del nastro, se composto di materiale
fibroso, è il variare dell'umidità relativa nell'ambiente. Ad altre umidità
relative, corrisponde una diminuzione della tensione, poiché la carta tende,
assorbendo umidità dall'ambiente, ad allungarsi (fig. 209). Nel caso di carta
povera di umidità, si hanno inconvenienti legati alla formazione di elettricità
statica sulla sua superficie.
Si accenna, di seguito, ad alcuni problemi costruttivi e di stampa, da
analizzare per il controllo della tensione del nastro. Qualora l'asse
dell'albero non possa sufficientemente rigido, si potrebbero verificare momenti
di torsione, che si ripercuotono sulla tensione del nastro: essa si presenta
diversa sui due bordi del medesimo. Ad esempio, durante il cambio di
bobina di uno svolgitore stellare, sono state misurate differenze di tensione,
tra i due bordi del nastro, fino a 0,091 kg/cm. Poiché possono esistere piccoli
tagli sui bordi, gli sbalzi di tensione possono provocare la rottura del
materiale in svolgimento.
Un fenomeno analogo può avvenire nel caso di eccentricità dei cilindri o dei
rulli; ciò si verifica anche nel caso di mancanza di parallelismo tra rulli di
trazione.
Il fenomeno della variazione di tensione ai bordi del nastro è esaltato
dall'aumentare dell'angolo d'avvolgimento del nastro al rullo non parallelo o
eccentrico. Variazioni della tensione del nastro sono inevitabili durante lo
spostamento assiale della bobina, necessario per la regolazione della stampa a
registro. I due bordi della bobina sono sottoposti a tensioni diverse, che sono
proporzionali all'aumento della velocità di spostamento assiale della bobina ed
alla bassa velocità di srotolamento della stessa.
Finora sono stati analizzati fenomeni di variazione della tensione del nastro
in senso trasversale alla direzione di avanzamento dello stesso. Fenomeni ancora
più appariscenti accadono con piccole variazioni di diametro in cilindri di
stampa rigidi, come quelli rotocalco. Quando le variazioni di diametro dei
cilindri rotocalco raggiungono valori troppo elevati (superiori a 50 mm),
possono esistere problemi di registro, legati alle variazioni di tensione del
nastro fra due elementi successivi. Molti stampatori rotocalco pongono i
cilindri con minore diametro per primi, per assicurare la tensione del nastro
tra i diversi elementi.
Il diametro dei cilindri di stampa in una macchina da bobina è legato alla
trazione del nastro da molti fattori: procedimento di stampa, numero dei colori;
tipo di essiccamento dell'inchiostro, tipo di supporto cartaceo, costanza del
suo spessore, tipo di rotativa, lunghezza nastro tra due elementi successivi,
umidità di equilibrio dei supporti cartacei, ecc.
Anche il momento flettente di un rullo di trazione è molto importante ai fini
della tensione del nastro. Poiché un rullo è trattenuto agli estremi, il massimo
della flessione può aver luogo in mezzeria dello stesso (fig. 210). Il momento
flettente, a parità di altre condizioni, cresce con l'aumentare dell'angolo
d'avvolgimento del nastro al rullo sottoposto a sollecitazione.
Un dispositivo per il controllo della tensione del nastro, usato in macchine
offset da bobina, è costituito da un gruppo di rulli collegato al gruppo di
alimentazione. Il rullo superiore è rivestito in gomma ed è dotato di
sollevamento a comando manuale per l'inserimento del nastro in fase di
preparazione. I due rulli inferiori, in acciaio, hanno un diametro maggiore: il
primo è denominato «rullo guida», il secondo «rullo trascinatore» (fig. 211).
I rulli inferiori sono azionati dal motore principale dell'impianto
attraverso una trasmissione di potenza ad ingranaggi ed un gruppo differenziale
per mezzo del quale si può variare, entro un certo campo di regolazione, la
velocità dei rulli «trascinatore» e «guida». Il nastro, durante il
funzionamento, è costantemente tirato dai rulli di trascinamento della
piegatrice e dalla calandra del gruppo di raffreddamento.
Ora, regolando opportunamente la velocità dei rulli «trascinatore» e «guida»
del gruppo di alimentazione in modo da renderla leggermente inferiore a quella
dell'impianto, si può ottenere la tensione necessaria per determinate condizioni
di lavoro.
Per un controllo più accurato della tensione è buona norma nelle offset da
bobina, installare un analogo dispositivo differenziale, per variare la velocità
sulla calandra di raffreddamento (fig. 212). In questo modo la tensione del
nastro può venir rigorosamente controllata durante il suo percorso attraverso
gli elementi ed il forno.
Dispositivi di regolazione e controllo automatico della tensione, basati su
principi elettronici, sono diffusi soprattutto per impianti di una certa
portata. Un dispositivo di controllo della tensione del nastro più attuale è
basato su un'apparecchiatura pneumatica (fig. 213).
Il meccanismo di controllo della velocità è composto da un rullo in acciaio
comandato dalla rotativa e da un rullo di tensione deformabile ricoperto di
poliuretano montato su eccentrici controllati dal sistema ad aria compressa. Su
un secondo rullo in acciaio (rullo libero) si avvolge la banda di carta.
Il sistema di controllo della tensione agisce come segue: la banda si avvolge
su di un rullo compensatore, i cui bracci di supporto sono controllati da un
giogo di molle; questi oscillano secondo le variazioni di tensione della banda
di carta. Il movimento dei bracci di supporto del rullo compensatore viene
trasmesso ad una membrana che, muovendosi, fa variare le distribuzioni delle
pressioni dell'aria in uscita da due ugelli montati sui due lati opposti della
membrana stessa. Un ugello è collegato all'indicatore di tensione per fornire
una lettura istantanea e continua della stessa. L'altro è regolabile
dall'operatore per controllare e regolare il livello di tensione. I due ugelli
sono collegati alle due estremità di un dispositivo pneumatico che comanda il
rullo di pressione in poliuretano. L'equilibrio delle pressioni si traduce in un
livello costante della tensione della banda.
La velocità angolare del rullo deformabile in poliuretano varia con il
variare della pressione che esso esercita sul rullo conduttore collegato al moto
della rotativa: se aumenta la pressione la velocità diminuisce e viceversa.
Le variazioni segnalate dal meccanismo di misurazione della tensione agiscono
sul dispositivo pneumatico, il quale comanda gli eccentrici che muovono nei due
sensi il rullo di pressione. Le differenze di pressione che si realizzano a
causa dei cambiamenti di tensione del nastro, man mano che questo si svolge
dalla bobina, fanno sì che gli eccentrici agiscano in modo che il rullo di
pressione ristabilisca la tensione voluta.
3.2. Dispositivi per la regolazione
del registro
Nelle macchine
da foglio si fa distinzione tra il registro di puntatura ed il registro tra gli
elementi di stampa. Il primo è importante per piazzare nella esatta posizione la
stampa rispetto ai bordi del foglio, ma anche per assicurare un perfetto
registro tra i colori, qualora il lavoro venga eseguito in più passate.
Nelle macchine da bobina esistono dispositivi del tutto simili per la
registrazione laterale e circonferenziale, ma il problema del perfetto registro
tra i successivi colori presenta aspetti più complessi a causa dell'instabilità
del nastro, che può spostarsi lateralmente causando errori di registro e può,
inoltre, variare di lunghezza nel percorso tra un elemento di stampa e il
seguente, causando errori di registro circonferenziale.
In molte macchine offset da bobina non si usano dispositivi per il controllo
del registro, grazie al fatto che il percorso del foglio tra un elemento ed il
successivo è breve ed il nastro può essere assoggettato ad una notevole
tensione, che lo stabilizza. Nelle rotative rotocalco invece il nastro è
costretto a compiere lunghi percorsi tra gli elementi di stampa: piccole
variazioni nella tensione o nelle caratteristiche stesse del nastro causano
errori di registro che devono essere rilevati e corretti istantaneamente. Molti
di questi dispositivi, alcuni dei quali assai sofisticati, sono di uso corrente,
con ottimi risultati.
La trattazione perciò si riferirà ad entrambi i procedimenti di stampa. I
controlli del registro circonferenziale e della tensione del nastro riducono lo
scarto al cambio bobina a valori estremamente bassi, spesso inferiori ai 20
metri di nastro. Contemporaneamente Io scarto causato dal controllo manuale del
registro laterale, è aumentato a causa soprattutto dell'aumento delle velocità
di stampa avvenuto negli ultimi anni. Conseguentemente si sente l'esigenza di un
controllo automatico del registro per ridurre lo scarto al cambio di bobina
entro valori ragionevoli.
3.2.2. Registro lateraleMentre
le variazioni nel registro circonferenziale sono causate da mutamenti della
tensione e dell'elasticità del nastro, le variazioni di registro laterale sono
causate anzitutto da caratteristiche della carta che possono modificare
leggermente la traiettoria del nastro lungo la macchina. Ciò sovente avviene
dopo un cambio. La seconda causa di variazioni di registro laterale è data
dall'instabilità nella posizione laterale del cilindro di stampa.
Infine una variazione di tensione del nastro può causare un errore laterale,
pertanto è preferibile piazzare il dispositivo di controllo del registro
laterale a metà della larghezza del nastro, per facilitare la sovrapposizione
del secondo colore sul primo.
3.2.3. Misura del registro
lateraleLa misura del registro circonferenziale è relativamente facile
poiché il movimento del nastro può essere utilizzato per portare il contrassegno
di registro sotto un sensore ottico. La misura del registro laterale è invece
più complicata perché non vi è una componente laterale della velocità del
nastro. E bensì possibile realizzare un sensore ottico nel quale una lama di
luce attraversi trasversalmente il nastro, ma ciò crea complicazioni,
particolarmente dove le esigenze di velocità sono alte ed i contrassegni di
registro sono piccoli.
Una soluzione alternativa è usare contrassegni di registro nei quali un lato
forma un angolo con la direzione del nastro (fig. 214).
Per chiarire il problema del controllo automatico del registro laterale (ed
anche parzialmente quello circonferenziale) si accenna ai dispositivi necessari
in una macchina da bobina rotocalco (fig. 215).
Il controllo del registro laterale in una macchina da bobina rotocalco
avviene: all'entrata del nastro nel primo elemento di stampa, all'entrata nel
primo elemento della volta, all'entrata della taglierina ed all'entrata della
piegatrice.
In un sistema automatizzato di controllo del registro laterale, il
rilevamento della posizione del nastro può essere effettuato con due
dispositivi, ottici o pneumatici, disposti ai bordi del nastro. Esistono anche
rilevatori disponibili ad un solo bordo del nastro.
La correzione dell'errore laterale all'entrata del nastro nel primo elemento
di stampa rotocalco avviene agendo sullo spostamento assiale del portabobine.
Qualora si verifichi uno spostamento laterale del nastro negli elementi di
stampa successivi al primo si potrebbe agire sia con un sistema di rulli di
guida All'entrata di quell'elemento, sia sullo spostamento assiale del cilindro
rotocalco. La prima soluzione non è preferibile perché potrebbe essere causa di
tensioni del nastro, con pericoli di rottura dello stesso. Inoltre, tramite un
guidanastro, la correzione laterale avverrebbe in un tempo relativamente lungo,
proporzionale a diversi fattori quali: forze tangenziali operanti sul nastro,
elasticità del supporto, pressione dell'elemento di stampa, modificata geometria
del dispositivo di guida, ecc.
Pertanto, in una macchina da bobina rotocalco, si preferisce agire sullo
spostamento assiale del cilindro per la correzione del registro laterale negli
elementi di stampa successivi al primo. La correzione del registro laterale
all'entrata del primo elemento stampante la volta, oppure all'entrata del nastro
nella piegatrice avviene, generalmente, con rulli guidanastro.
I dispositivi per la guida laterale del nastro sono costituiti da: un sistema
di rilevazione, un sistema di controllo, un dispositivo per l'effettivo
spostamento fisico del nastro. Si accennerà di seguito ad alcune caratteristiche
ditali dispositivi.
3.2.4. Rilevatori del registro
lateraleIl sistema di rilevazione è composto da testine di esplorazione del
bordo del nastro o di un elemento stampato sullo stesso. Le teste inviano sul
nastro radiazioni elettromagnetiche: nel caso esse siano nel campo del visibile,
il fascio luminoso ha mediamente un diametro di circa 1 mm e può rilevare, per
riflessione, segni stampati di pochi millimetri. Vengono usate anche teste
emettenti nell'infrarosso, con lettura per trasparenza, per il controllo del
bordo del nastro.
E usata una sola testa di rilevazione nel caso di controllo di un segno
stampato o di un bordo del nastro. Sono usate due teste di rilevazione nel
controllo di entrambi i bordi del nastro.
La rilevazione del segnale può avvenire sia su materiali opachi (carta), sia
su materiali trasparenti (cellophane), sia su materiali riflettenti (alluminio),
tramite potenziometri che controllano la rilevazione del segnale. Ogni testa di
lettura è dotata di fotoresistenza per la misurazione dell'energia
elettromagnetica riflessa o trasmessa. I segnali elettromagnetici, convertiti in
segnali elettrici, sono inviati all'unità di controllo.
Il dispositivo di controllo comanda il sistema di spostamento laterale del
nastro, confrontando i dati rilevati dal sistema di lettura con quelli impostati
dall'operatore. Sull'unità di controllo sono disposti alcuni comandi molto
semplici: potenziometri per la regolazione del segnale rilevato e per
l'azzeramento di lettura, commutatore per il funzionamento manuale o automatico,
eventuali scale di lettura del segnale rilevato.
Il comando di spostamento laterale può agire su diversi organi della macchina
da stampa; a volte agisce sugli organi stampanti, altre sulla bobina, altre
ancora su rulli guida del nastro.
3.2.5. Dispositivi di spostamento
laterale del nastroNel processo rotocalcografico, come già accennato, lo
spostamento laterale tra gli elementi di stampa avviene, generalmente, per
traslazione assiale dei cilindri stampanti.
Per il controllo dello svolgimento della bobina, oppure nel caso di
riavvolgimento della stessa per successive lavorazioni, nel gruppo alimentatore,
viene preferito il comando dello spostamento laterale della stessa. L'unità di
controllo corregge l'errore tramite una valvola elettro-idraulica (o pneumatica)
che agisce su un cilindro collegato all'asse della bobina (fig. 216).
Altro sistema per la guida laterale del nastro può avvenire per mezzo di
rulli pivottanti, disposti nei punti adatti della macchina da stampa. I rulli
guidanastro sono costituiti da una coppia di cilindri di acciaio in grado di
ruotare attorno al loro asse (fig. 217). Essi sono comandati dall'unità di
controllo, a sua volta connessa con la testa di rilevazione, posta a valle dei
rulli guida.
Il carrello ospitante i rulli guidanastro costringe la banda ad una rotazione
complessiva di 3605 nella quasi totalità dei casi. Infatti il nastro viene
deviato nel carrello tramite un rullo di rinvio, con un angolo di circa 905. Sui
rulli guida, il nastro segue una deviazione di 1805, ovvero viene nuovamente
inviato nella direzione di provenienza. In ultimo, un rullo di rinvio, costringe
il nastro ad un'altra deviazione di circa 905, in modo tale che la direzione
ultima della banda sia pari a quella di provenienza.
Il nastro sottoposto all'azione dei rulli pivottanti può subire tensioni ai
suoi bordi, che comunque saranno ripartite dal sistema di rulli.
La velocità di spostamento laterale della banda tramite carrelli di rulli
pivottanti è di qualche mm al secondo.
3.2.6. Registro
circonferenzialeLa variazione del registro in senso parallelo alla
circonferenza degli elementi stampanti è principalmente dovuto a variazioni di
tensione del nastro, per effetti diversi. La causa più comune di variazione del
registro longitudinale del nastro è il cambio bobina (fig. 218).
Possono verificarsi, però, inconvenienti di registro anche per motivi legati
all'elasticità del materiale di cui è costituito il nastro, alla sua
anisotropia, alla non corretta umidificazione interna della bobina, ecc.
I sistemi automatici di correzione del registro comprendono: dispositivi di
rilevazione e di confronto tra due segni di riferimento, l'elaborazione dei
segnali rilevati, sistemi di compensazione della tensione del nastro oppure
sistemi che agiscono sulla velocità angolare dei cilindri di stampa.
E indispensabile il controllo automatico del registro circonferenziale nelle
macchine da bobina in cui il percorso del nastro tra gli elementi stampanti sia
lungo e tortuoso, oppure nei procedimenti di stampa in cui occorre essiccare
l'inchiostro tramite energia termica tra due elementi di stampa successivi. In
quest'ultimo caso sono inevitabili deformazioni dei supporti cartacei.
3.2.7. Misura del registro
circonferenzialeLa misura del registro in senso longitudinale allo
svolgimento del nastro può avvenire con due metodi di rilevazione diversi: il
sistema «marca/marca» (o nastro/nastro) o quello «marca/cilindro».
Nel primo metodo di lavoro, caratteristico di alcuni procedimenti di stampa
come, ad esempio, il rotocalco per edizioni, avviene il confronto di due segni
di riferimento, stampati sullo stesso lato del foglio, paragonando la loro
posizione reciproca sul nastro. Nel controllo marca/cilindro avviene il
confronto tra un unico segno di registro, rilevato sul nastro, e la posizione
angolare di ciascun cilindro di stampa successivo, rilevato da un sistema
sincronizzato alla velocità della macchina da stampa oppure da un generatore
d'impulsi.
Nel caso di controllo nastro/nastro, possono essere usate due teste di
rilevazione per ogni gruppo stampante successivo al primo: esistono, però, teste
di rilevazione in grado di leggere la distanza reciproca di due segni di
riferimento contemporaneamente. Se il principio di lavoro prevede l'uso del
controllo nastro/cilindro, occorre una sola testa di lettura. Tramite un
commutatore si può spostare il comando da un sistema di rilevazione all'altro.
Il sistema di controllo nastro/cilindro è anche usato nella stampa
d'imballaggi, dove esiste una minore disponibilità di spazio per la marca sul
nastro; oppure nel controllo del registro tra la bianca e la volta, nelle
macchine rotocalco o offset a satellite, all'entrata del nastro nella
piegatrice.
Nelle macchine offset da bobina con elementi in linea le variazioni di
registro circonferenziale sono provocate soprattutto da differenti tensioni del
nastro. Nella stampa pluricolore, il percorso del nastro è lineare tra gli
elementi di stampa, senza rulli compensatori della tensione intermedi, perciò la
verifica del registro avviene soprattutto confrontando il registro tra bianca e
volta, comunque dopo il gruppo essiccatore (fig. 219).
In sistemi di controllo più sofisticati del registro nelle macchine offset da
bobina ad elementi, viene previsto il controllo dei colori tramite tante teste
rilevatrici quanti sono i colori, meno il primo, con correzione del registro di
ogni elemento della bianca e della volta. La correzione del registro può allora
avvenire operando, se non esistono problemi meccanici di sfasamento tra i
cilindri, sulla rotazione angolare dei cilindri della bianca relativamente a
quelli della volta.
Nelle macchine offset da bobina a satellite (fig. 220), ove i gruppi
stampanti sono piazzati intorno ad un comune cilindro di pressione centrale,
grazie sia al breve tratto di nastro tra i gruppi stampanti di un lato del
foglio, sia al buon controllo del grande cilindro di pressione, non sono
necessari dispositivi di controllo del registro, salvo quelli tra la bianca e la
volta.
La testa di lettura è costituita da una lampada, il cui fascio
luminoso incidente sul supporto è captato da una o più fotoresistenze; possono
esistere anche sistemi di rilevazione costruiti con semiconduttori.
In alcuni dispositivi la ricerca dei riferimenti di registro è
automatica; le teste di lettura sono in grado di individuare i grafismi
interessati tra la rimanente stampa, per mezzo di particolari circuiti logici.
E usato obbligatoriamente il sistema di rilevazione marca/cilindro nel caso
di stampa di riferimenti ambigui come vernici trasparenti, registri tra bianca e
volta, ecc. Le teste di lettura sono collegate a potenziometri per il controllo
di riferimenti di cui è difficoltoso leggere la densità.
I costruttori dei dispositivi di correzione del registro hanno
disposto circuiti di rilevamento dell'ampiezza del segnale letto. In tal modo
possono essere compensati difetti di funzionamento quali: lampade
parzialmente esaurite, variazioni di tensione della corrente e di intensità
luminosa delle lampade, polvere sui rilevatori, colori tenui o con scarso
contrasto, macchie o segni accidentali sul nastro, ecc.
Il contrassegno da rilevare, come già accennato, si presenta con forme
diverse, generalmente con forma trapezoidale (fig. 221) o a triangolo
rettangolo. L'altezza dei contrassegni è parallela alla circonferenza del
cilindro di stampa, in modo tale che la lettura della marca avvenga con la
rilevazione ottica della marca nella sua parte obliqua. La testa di lettura
rileva il tempo di permanenza sotto di essa di due marche identiche, stampate da
due elementi diversi.
Il segnale luminoso è convertito in segnali elettrici, questi sono inviati
all'unità di calcolo e controllo per la valutazione dell'eventuale errore.
L'elaboratore provvede al confronto tra i due segnali rilevati, precedentemente
trasformati in oscillogrammi ad onda quadra, comandando il rullo tenditore
apposito. I più evoluti tra questi dispositivi sono in grado non soltanto di
rilevare l'errore istantaneo di registro, ma anche di prevedere gli errori
susseguenti, prendendo come base l'andamento dell'errore tra due rilevazioni
consecutive. Anziché correggere il registro in base all'errore, si opera in
funzione della «tendenza» degli errori, con il vantaggio di ottenere una
risposta più pronta e, quindi, una correzione più tempestiva.
La correzione del registro longitudinale avviene mediante motoriduttori in
corrente continua, molto più rapidi dei motori trifase, oppure con motori
slo-syn, che agiscono sui rulli tenditori opportunamente dislocati nei punti
adatti della macchina da stampa.
La capacità di correzione massima di quasi tutti i dispositivi Si aggira
intorno a + 10 mm. La sensibilità di rilevazione e controllo del registro,
garantita da tutti i dispositivi, è compresa tra i + 20 mm.
3.3. Rilevatore della rottura del
nastroLa sua funzione è quella di fermare immediatamente l'impianto appena
si verifichi una rottura del nastro od anche una lesione dello stesso. Gli
impianti che stampano da bobina girano generalmente molto veloci e se l'arresto
per la rottura del nastro non è automatico ed istantaneo, i cilindri possono
compiere alcune decine di giri prima che l'operatore riesca a fermare
l'impianto. Ciò può significare che nel frattempo il nastro è andato ad
avvolgersi intorno ai cilindri, ai rulli inchiostratori, e le operazioni di
riavviamento, già di per sé lunghe e scomode, sono ancora aggravate dal tempo
occorrente per liberare la macchina dai residui di carta.
Con un rilevatore efficiente e una frenatura rapida dell'impianto, questo può
essere fermato automaticamente entro 3 o 4 giri dei cilindri.
I rilevatori di rottura dovrebbero essere piazzati in diversi punti
dell'impianto, come per esempio dopo ogni elemento di stampa e prima della
piegatrice o della macchina per uscita a fogli. Inoltre dovrebbero essere in
numero sufficiente a controllare tutti i nastri che l'impianto stampa
contemporaneamente. I rilevatori di rottura si costruivano inizialmente di tipo
interamente meccanico; oggi si preferiscono tipi pneumatici o fotoelettronici
per la garanzia di funzionamento e perché operano senza toccare il nastro.
Nei rilevatori di rottura del nastro di tipo pneumatico, un getto costante
d'aria viene emesso da un ugello (fig. 222) lateralmente al nastro. L'elemento
sensibile sottostante non può reagire fino a quando il nastro è integro. Quando
il nastro si rompe, il getto raggiunge l'elemento sensibile che immediatamente
aziona il sistema di bloccaggio di emergenza.
Nei tipi elettronici la funzione di elemento rilevatore è affidata a cellule
fotoelettriche che generalmente portano incorporata anche la sorgente luminosa
(fig. 223). Se il nastro è presente il raggio di luce emesso dalla sorgente
luminosa viene riflesso dalla superficie del nastro, va a colpire l'elemento
fotosensibile ed il funzionamento dell'impianto continua regolarmente. Se
viceversa manca il nastro, la riflessione del raggio di luce non avviene più e
l'elemento fotosensibile reagisce azionando il sistema di bloccaggio di
emergenza.
3.4. Dispositivi per l'essiccamento
dell'inchiostro
Negli impianti
da bobina l'essiccamento dell'inchiostro è una necessità più sentita che nelle
macchine da foglio. Infatti mentre in queste ultime i fogli escono stesi e
vengono impilati, negli impianti da bobina il nastro stampato viene generalmente
tagliato e piegato subendo delle manipolazioni e delle pressioni che rendono
inevitabili il danneggiamento della stampa fresca e la controstampa, a meno che
gli inchiostri siano stati prima perfettamente essiccati.
Nelle macchine da foglio l'impilaggio degli stampati può provocare fenomeni
di controstampa, ma a ciò si può ovviare più semplicemente spruzzando sui fogli
in arrivo liquidi o sostanze pulverulente. Ciò non è possibile negli impianti da
bobina e, comunque, non sarebbe sufficiente nel caso di piegatura ed uscita
dello stampato sotto forma di segnatura.
Le diverse tipologie degli impianti d'essiccamento, dipendono principalmente
dalla composizione degli inchiostri usati. Per esempio gli inchiostri grassi
usati in tipografia ed in offset richiedono un trattamento di essiccazione
assai diverso dagli inchiostri fluidi con solventi volatili usati in
flessografia e rotocalcografia.
Compito di un essiccatore è quello di portare, in un tempo relativamente
breve, la pellicola d'inchiostro stampata sul nastro ad una temperatura
sufficientemente elevata, in modo che i solventi contenuti nell'inchiostro
evaporino completamente, senza danneggiare il supporto. L'essiccatore deve anche
asportare i vapori dei solventi e condurli fuori dell'ambiente di lavoro, senza
inquinare l'ambiente esterno.
Gli inchiostri termoessiccanti, però, contengono anche sostanze resinose che
possono trattenere energicamente le ultime tracce di solvente. Inoltre, la
carta, essendo un cattivo conduttore di calore, nelle zone sottostanti alla
pellicola d'inchiostro collabora a rendere difficile l'evaporazione di quel
solvente già penetrato al suo interno per fenomeni di capillarità. I problemi
riguardanti l'essiccamento dell'inchiostro nelle macchine da bobina offset non
sono ancora definitivamente risolti, in quanto riscaldando la superficie
stampata si possono formare pellicole secche superficiali che racchiudono
all'interno del solvente. Anche l'umidità interna del nastro di carta può
formare vapore racchiuso in bolle al di sotto della pellicola d'inchiostro
superficialmente essiccato.
Gli essiccatori si basano sui seguenti tipi di funzionamento:
- - tamburo riscaldato su cui si avvolge il nastro nella sua faccia non
stampata, contenuto in recipiente dove viene soffiata aria calda;
- - bruciatori multipli e fiammelle di gas a contatto diretto con il nastro
di carta per un tempo brevissimo;
- - successione di lame d'aria calda e di zone d'aspirazione, con aria calda
iniettata a grande velocità.
Nella descrizione che segue verranno
trattati esempi tipici di dispositivi di essiccamento usati rispettivamente per
inchiostri grassi (stampa offset) e per inchiostri fluidi (flessografia e
rotocalcografia).
3.4.2. Dispositivi d'essiccamento
per stampa offset da bobinaI primi impianti offset da bobina non avevano il
forno e producevano lavori di bassa qualità su carta scadente, ora confinati
alla stampa dei quotidiani. Si sentì la necessità del forno quando si cercò di
eguagliare la qualità di stampa delle offset da foglio con carta di buona
qualità ed anche patinata.
Oggi tutte le offset da bobina per la stampa di qualità sono progettate e
costruite per funzionare con il forno a bruciatori multipli oppure con il
dispositivo ad aria calda, specialmente in considerazione delle numerose
piegature da effettuare e delle alte velocità alle quali oggi il nastro procede
in fase di produzione, oltreché ovviamente degli organi e delle superfici
metalliche con i quali il nastro stampato viene a contatto
Esistono anche dispositivi combinati che uniscono gli effetti dei bruciatori
multipli a quelli della successione di zone d'aria calda intervallate da zone
d'aspirazione (fig. 224).
La presenza del dispositivo ad aria calda risulta necessario perché il nastro
procedendo a velocità sostenuta, trascina con sé filetti di gas ad esso
adiacenti; necessita quindi un getto d'aria, trasversale alla direzione del
movimento del nastro, alquanto veloce per portare via questi gas indesiderati.
Per ogni nastro occorrono due sezioni come quella descritta.
Generalmente si costruiscono forni capaci d'essiccare fino a quattro nastri;
per più di quattro nastri occorrono più forni.
Si sono sviluppati forni d'essiccamento per macchine da bobina offset con
ugelli ad aria calda, posti su entrambi i lati del nastro; questi, non
sviluppando fiamme come i bruciatori, sono meno pericolosi. Anche se il percorso
del nastro in un forno a bruciatori è inferiore a mezzo secondo ed un
dispositivo automatico spegne le fiamme dei bruciatori nel caso di rallentamento
della velocità del nastro, può esistere l'inconveniente che il nastro urti gli
ugelli delle fiammelle ancora molto caldi, subendo graffiature superficiali
della pellicola d'inchiostro oppure subendo tracce di bruciature. Usando forni
d'essiccamento ad aria calda (fig. 225) con espulsione di questa ad altissima
velocità (circa 1400 m/min), il nastro viene mantenuto lontano dalla zona
d'emissione dalla stessa forza pneumatica (fig. 226).
Usando un dispositivo ad aria calda possono verificarsi problemi di
condensazione all'entrata dell'aria calda nelle fessure, inoltre ogni forno può
essere utilizzato per una sola bobina, mentre i forni a bruciatori possono
essere costituiti da sezioni spostabili per lavorare con più nastri
contemporaneamente o per aumentare la capacità d'essiccamento dell'inchiostro di
un nastro introdotto in due sezioni d'essiccamento.
Il controllo dell'emissione dei vapori nell'ambiente esterno può avvenire con
post bruciatori, nei quali le tracce di solventi dell'inchiostro offset sono
trattate a caldo con catalizzatori e, quindi, emesse senza contaminare l'aria
esterna.
3.4.3. Dispositivi d'essiccamento
per stampa flessografica e rotocalcograficaI veicoli degli inchiostri
flessografici e rotocalcografici sono composti prevalentemente da sostanze
liquide alla temperatura di impiego, ma con basso punto di ebollizione.
L'evaporazione è facilitata ed accelerata quando gli inchiostri, dopo il
trasferimento sul supporto (nastri di carta o altro materiale stampabile),
vengono esposti all'azione di correnti di aria calda. Gli inchiostri in tal modo
essiccano per evaporazione del solvente.
Il problema dell'essiccamento dell'inchiostro può essere risolto diversamente
nelle macchine flessografiche relativamente a quelle rotocalco, anche se gli
elementi stampanti rotocalco possono essere anche usati come elementi
flessografici in alcuni modelli di macchine, in cui la struttura del gruppo
essiccatore è la medesima per i due procedimenti.
Nelle macchine flessografiche da bobina è sovente necessario l'impiego di
apparecchiature di essiccazione effettuata tramite riscaldamento e ventilazione,
non tanto nella stampa della carta, materia di per sé stessa molto assorbente,
quanto nella stampa di materie poco assorbenti quali laminati d'alluminio,
cellophane e materie plastiche in generale.
Nelle macchine flessografiche a satellite, con cilindro centrale di pressione
(fig. 227), spesso usate per lavori di qualità, si semplifica l'inserimento di
dispositivi d'essiccamento aumentando la distanza tra le unità di stampa.
I più diffusi tra questi dispositivi sono rappresentati da lampade a raggi
infrarossi inserite tra un'unità e la successiva, oppure dispositivi soffiatori
di lame d'aria calda.
I dispositivi d'essiccazione posti tra gli elementi stampanti della macchina
flessografica favoriscono solo un'essiccazione parziale dell'inchiostro, ma
sufficiente per una buona sovrapposizione dei colori. L'essiccazione completa
dell'inchiostro flessografico avviene nel tunnel posto sulla campata del ponte
della rotativa. Qui una serie di ugelli proietta getti di aria calda là dove il
nastro appoggia su rulli guida-nastro, per evitare alterazioni dimensionali del
supporto stampato. Uscite aspiranti sono intorno ad ogni ugello emettitore
d'aria calda, in modo da eliminare i gas ed i prodotti esausti dalla zona
d'essiccamento.
I gruppi d'essiccamento delle macchine rotocalco da bobina sono posti nelle
dirette vicinanze di ogni gruppo stampante. Generalmente sono disposti sopra
all'elemento stampante e sono costituiti da una cappa aspirante che ricopre un
tamburo o una serie di rulli, i quali permettono l'avanzamento del nastro,
venendo a contatto della superficie non stampata di questo (fig. 228).
Mentre in generale gli inchiostri tipografici ed offset essiccano per
penetrazione e soprattutto per ossidazione della pellicola, gli inchiostri
rotocalcografici essiccano principalmente per evaporazione del solvente.
Tra i vari metodi per l'evaporazione del solvente, quello ottenuto
proiettando grandi quantità d'aria si è dimostrato come il più conveniente.
Si usa aria a temperatura ambiente o moderatamente riscaldata in modo da non
avere variazioni dimensionali del nastro di carta nel passaggio da un gruppo di
stampa al successivo e per non creare situazioni di pericolo per il basso punto
d'infiammabilità dei solventi usati. Questi, infatti, necessari per mantenere la
corretta fluidità dell'inchiostro, potrebbero disperdersi nell'ambiente di
lavoro, e creare problemi per la sicurezza delle persone e di economicità per
l'azienda,
Le esalazioni dei vapori dei solventi degli inchiostri rotocalco sono infatti
nocive per il personale esposto per lunghi periodi, inoltre sono facilmente
infiammabili, per cui per effetto di fenomeni di elettricità statica o a causa
di altri inneschi, potrebbero dare origine ad incendi. Il costo elevato dei
solventi, inoltre, ne giustifica il recupero, anche sotto il profilo economico.
L'impianto della macchina rotocalco da bobina, quindi, prevede l'aspirazione
dei solventi evaporati non solo dalla superficie del nastro stampato, ma anche
sul gruppo stampante e sul calamaio dell'inchiostro. I vapori captati dal gruppo
aspirante sono inviati, tramite tubazioni, nell'impianto di recupero dei
solventi.
In taluni casi, disponendo di aspiratori e di cappe ottimizzate, si arriva a
recuperare oltre il 100% del solvente immesso nell'inchiostro dallo stampatore,
poiché si recupera anche la quantità di solvente messa dai fabbricanti
d'inchiostro.
3.5. Dispositivi di
raffreddamentoPrima che il nastro di carta, proveniente dai forni
essiccatori o dai tunnel di essiccazione, subisca ulteriori operazioni quali il
taglio e la piega oppure il riavvolgimento in bobina, è necessario riportare la
carta nelle condizioni di temperatura normale.
Il nastro, in una macchina offset da bobina, raggiunge nel forno, per un
lavoro a quattro colori con media copertura d'inchiostro, una temperatura di
circa 150 5C. E quindi necessario ritornare alle condizioni normali sia perché
l'inchiostro dev'essere raffreddato per ancorarsi alla carta, sia perché il
nastro, che a questa temperatura ha subito alterazioni dimensionali, riprenda le
sue normali caratteristiche prima di giungere alla piegatrice.
In una macchina da bobina offset il nastro viene fatto passare,
immediatamente a valle del forno d'essiccazione, su calandre di raffreddamento.
Ciascuna calandra è formata da due cilindri coassiali, nell'intercapedine scorre
l'acqua di raffreddamento.
Nell'intercapedine stessa si trova anche un inserto elicoidale in gomma che
regola il flusso dell'acqua in modo che il raffreddamento risulti più uniforme
possibile lungo tutta la superficie della calandra stessa, aumentandone
l'efficienza (fig. 229). Le calandre di raffreddamento, in un sistema ad
elementi in linea, sono azionate dal motore principale dell'impianto attraverso
un gruppo differenziale a velocità variabile, simile a quello descritto e
installato sui gruppi di alimentazione del nastro.
La regolazione della differenza di velocità della calandra e di quella dei
rulli a piramide del gruppo d'alimentazione, determina la tensione del nastro in
una macchina offset da bobina. Nelle macchine da stampa flessografiche a
satellite in cui si possono trovare i dispositivi per l'essiccazione anche tra
gli elementi stampanti, oltre al tunnel d'essiccamento, il medesimo cilindro di
pressione può svolgere la funzione di calandra di raffreddamento per il nastro,
grazie alla circolazione d'acqua fredda internamente al cilindro, nelle zone
adiacenti alla sua superficie.
Oltre alle calandre di raffreddamento, sono previsti, in alcune macchine da
bobina dei gruppi di riumidificazione del nastro di carta. Dopo il passaggio in
forno, infatti, il nastro di carta perde una certa quantità d'umidità interna.
Quando la carta non è collata sufficientemente possono verificarsi problemi di
distacco di piccole fibre dalla superficie del nastro, che, oltre a provocare
fastidi all'ambiente di lavoro, possono depositarsi all'interno della macchina
da stampa stessa, costringendo a fermi macchina inopportuni.
Con la riumidificazione del nastro, per mezzo di nebulizzatori, posti
all'uscita della calandra o, comunque, prima della piegatrice, la carta
riacquista alcune caratteristiche originarie; vengono evitati fenomeni di
elettricità statica dovuti alla scarsa umidità interna del nastro in uscita dal
forno e con carte di scarsa qualità, le fibre non vengono portate nell'ambiente.
Di queste s'accennerà più avanti, nella sezione riguardante l'uscita delle
macchine da bobina offset.
In una macchina offset da bobina (Man-Roland) è presente anche un dispositivo
di sicurezza contro le rotture dei nastri di carta. La lunghezza relativamente
grande di quel tratto di nastro compreso tra l'ultimo gruppo di stampa offset e
la calandra di raffreddamento, senza supporti e Sotto l'azione del calore
sviluppato dal forno, comporta il rischio della rottura del nastro.
Quando ciò avviene, l'estremità del nastro spezzato, non sottoposto ad alcuna
tensione, tende ad avvolgersi attorno al cilindro del telo gommato dell'ultimo
gruppo stampante, per effetto della forza d'adesione dell'inchiostro. Nel
periodo che intercorre tra la rottura del nastro ed il completo arresto della
macchina, il nastro di carta entra ancora a grande velocità nell'ultimo gruppo
stampante, avvolgendosi attorno al cilindro del telo gommato, con evidenti
pericoli di danneggiamento dello stesso e di sicure perdite di tempo per la
pulizia dell'elemento di stampa.
Il dispositivo di sicurezza contro le rotture del nastro è situato tra
l'ultimo elemento di stampa ed il forno essiccatore. Esso è costituito da una
coppia di rulli che, ruotando alla medesima velocità del nastro, sfiorano la
superficie della carta senza toccarla durante le fasi normali di stampa. Nel
caso di rottura del nastro, viene trasmesso dai rilevatori un segnale ad un
elettromagnete, il quale permette l'azione di molle precaricate, a loro volta
agenti sui due rulli, che afferrano il nastro e lo trascinano fino a quando
questo è fermo. Sui due rulli il nastro può avvolgersi senza pericolo di danni
agli elementi stampanti. Per mezzo di giunti a frizione collegati ai due rulli,
inoltre, il nastro può avvolgersi anche aumentando notevolmente il diametro di
un rullo, senza pericolo di rottura secondaria provocata dall'aumentata velocità
periferica del rullo di trazione il cui diametro è aumentato (fig. 230).
3.6. Sistemi di uscita del nastro
dalle macchine da bobinaUn impianto rotativo da bobina può presentare
uscite molto diversificate in relazione alle esigenze degli stampati per cui è
progettato. Nella maggioranza dei casi si può riassumere il tipo di
uscita secondo tre casi generali: uscita in segnatura nel formato desiderato,
riavvolgimento del nastro in bobina per ulteriori operazioni, uscita in foglio
piano.
Le attrezzature che realizzano i diversi tipi d'uscita da una macchina da
bobina sono denominati:
- - piegatrice;
- - macchina per uscita a fogli;
- - riavvolgitrice.
Ditali dispositivi e di altri complementari ad
essi si tratterà nei paragrafi che seguono.
La piegatrice
è l'elemento che maggiormente caratterizza una rotativa da bobina e ne
stabilisce la versatilità. La vasta gamma di operazioni che possono essere
effettuate in questo elemento rende ardua una classificazione delle piegatrici e
delle loro funzioni.
Tramite dispositivi particolari si può, secondo le esigenze tagliare il
nastro, piegare la segnatura una o più volte, perforarla, incollarne il dorso
oppure pinzarlo o cordonarlo, apporre etichette, raccogliere ed impacchettare le
segnature in uscita.
In generale sono da distinguere le piegatrici per macchine rotocalco da
bobina, in cui il formato della segnatura in uscita può, entro certi limiti,
essere variabile, da quelle per offset da bobina, che non possono variare la
circonferenza dei cilindri portalastra (eccetto nelle macchine senza
piegatrice). Quindi l'impianto offset da bobina risulta più rigido, nella gamma
dei formati, di un corrispondente impianto rotocalco, in cui il diametro dei
cilindri portaforma può relativamente variare. La piegatrice a formato variabile
è caratteristica delle macchine rotocalco da bobina.
La piegatrice comunque ha le seguenti funzioni principali: ricevere il nastro
stampato a registro, tagliarlo, piegare più volte il foglio a seconda del
formato desiderato. Le piegature del nastro o del foglio hanno in comune una
prima piega eseguita sul cono, quindi il nastro viene tagliato e piegato da
altri dispositivi, che in una macchina offset da bobina sono comunemente i
seguenti:
- - Tabloid: formato ottenuto mediante una seconda piega,
parallela all'asse dei cilindri, controfibra e denominata piega parallela.
- - Doppio Digest: formato ottenuto mediante una terza piega,
parallela all'asse dei cilindri, controfibra e denominata doppia piega
parallela.
- - Rivista (Magazine): formato ottenuto mediante una prima
piega parallela all'asse dei cilindri (come il tabloid) ed una seconda
trasversale, mediante un coltello.
Sono numerosi i tipi di piega
ottenibili con l'aggiunta di dispositivi opzionali (formato album, digest,
quadrato, ecc.) oppure con il passaggio di nastri di larghezza inferiore a
quello dei cilindri.
Il nastro, oppure i nastri sovrapposti fino ad un massimo di sei, purché non
superino un certo spessore complessivo per un corretto lavoro della piegatrice,
viene condotto a registro dal gruppo di raffreddamento, o direttamente
dall'ultimo elemento di stampa, alla parte superiore del cono di piega (fig.
231). Superiormente a questo è posto un rullino che può tagliare il nastro
stesso a metà larghezza, oppure può perforarlo per facilitare le operazioni di
piegatura successive.
Il cono di piega è una piastra metallica, cromata, di forma triangolare,
fornita di ugelli attraverso i quali viene soffiata aria con una certa
pressione.
Il nastro continuo scorre su questa piastra, piegandosi nella sua linea
mediana, scivolando sul cuscino d'aria che si viene a formare tra cono di piega
e nastro. Si evita così un contatto diretto tra metallo e carta stampata.
Il nastro, al termine del cono di piega, viene pressato nella prima piega
trasversale ai cilindri, da due rulli guida, la cui funzione è importantissima
per assicurare la tensione del nastro in uscita dalla macchina da stampa e per
modificare la forza di trazione allorché si debba operare con spessori diversi.
Il nastro prosegue il suo percorso nella piegatrice incontrando due coppie di
rulli, uno dei quali lo perfora parallelamente al senso di avanzamento del
nastro, l'altro in senso controfibra. Le perforazioni vengono effettuate là dove
avverrà l'eventuale piega successiva, per facilitarla, specie nel caso di più
nastri sovrapposti. La perforazione longitudinale (parallela al senso fibra)
favorisce la piega a coltello del formato rivista, la perforazione trasversale
al senso di marcia dei nastro avviene là dove avverrà la piega parallela che
definisce il formato tabloid (fig. 232).
Il nastro viene condotto, tramite rulli di trazione, al gruppo costituito dal
cilindro di taglio, da quello d'accumulo e dal cilindro di piega trasversale
(fig. 233). Il cilindro d'accumulo afferra il nastro dove questo è tagliato
trasversalmente alla sua direzione di marcia dalla lama posta sul cilindro di
taglio.
Nelle piegatrici di modelli più vecchi, sul cilindro d'accumulo erano posti
aghi per trattenere il nastro nel momento del taglio trasversale, nelle
piegatrici attuali esistono barre portapinze. Sul cilindro d'accumulo è montato
un coltello che, fuoriuscendo circa a metà dello sviluppo longitudinale del
foglio tagliato, lo inserisce nelle ganasce dell'adiacente cilindro di piega.
Queste, afferrando il foglio, ne determinano la prima piega parallela. Da notare
che in questa fase il nastro ha subito due pieghe, una dal cono ed una dalle
ganasce del cilindro piega, perpendicolare alla prima, pertanto il prodotto è
costituito, se l'entrata in piegatrice è avvenuta con un solo nastro, da otto
pagine di grande formato (circa 30x50 cm), le cui dimensioni corrispondono a
metà della circonferenza della lastra, per un lato, ed a metà della larghezza
della lastra, per l'altro.
La segnatura, a questo punto, può essere condotta direttamente all'uscita
tramite nastri trasportatori, dando origine al formato tabloid. Per ottenere
altri formati, la segnatura deve subire altre lavorazioni. Ad esempio, nel caso
di ottenimento del formato rivista, la segnatura viene arrestata in una stazione
intermedia in cui un coltello di piega, che agisce trasversalmente alla
piegatura precedente, inserisce la segnatura stessa tra due cilindri accostati,
effettuando la terza piega (fig. 233 a sinistra). Si ottiene così la segnatura
nel formato «rivista», costituita da sedici pagine, le cui dimensioni
corrispondono, se l'entrata in piegatrice è avvenuta con un solo nastro, a mezza
circonferenza della forma stampante, per il lato cucitura, e ad un quarto
dell'asse del cilindro di stampa, per la base del fascicolo.
Qualora si voglia ottenere il formato «doppio digest», la segnatura che ha
subito le prime due pieghe, al cono e tra le ganasce del cilindro di piega, può
essere trasferita in un secondo cilindro di piega (fig. 233 a destra). Una lama
posta sul primo cilindro di piega (di diametro doppio) inserisce la segnatura
sul secondo cilindro di piega (di diametro metà del primo). Apposite ganasce
afferrano il fascicolo effettuando la seconda piega parallela alla prima. Si
ottiene una segnatura costituita da 16 pagine, le cui dimensioni sono, nel caso
d'entrata di un solo nastro in piegatrice, pari a mezza lunghezza dell'asse del
cilindro di stampa nel senso della cucitura e ad un quarto della circonferenza
del cilindro di stampa nel senso della base del fascicolo.
Ovviamente i cilindri di perforazione e di piega sono muniti di regolazioni
per il registro circonferenziale. Questo è importante sia per una messa a
registro della piega sia per ottenere l'unghiatura desiderata.
A questa che è la piegatrice vista nella sua configurazione standard può
essere aggiunta tutta una serie di dispositivi particolari per eseguire
determinate operazioni, di cui si accennerà brevemente al termine del presente
paragrafo.
Possono esistere anche piegatrici dotate di due coni di piega affiancati, che
permettono di lavorare con due nastri per segnature speciali (fig. 234).
Si descrive, accennando alle piegatrici delle rotative da bobina rotocalco,
un modello della ditta Cerutti, il cui aspetto più saliente è la presenza di una
taglierina «formato variabile», ovvero in cui è possibile controllare l'azione
del coltello di taglio trasversale del nastro.
Nell'uscita delle macchine rotocalco da bobina, generalmente usate con
piegatrici per la produzione di lavori paraeditoriali, il nastro presenta una
larghezza quasi sempre maggiore di quello usato nelle rotative offset: può
raggiungere i 240 cm di larghezza. Pertanto il nastro viene dapprima tagliato
longitudinalmente da coltelli circolari folli e controcoltelli comandati
meccanicamente (fig. 235). Il gruppo di taglio può lavorare in una camera in cui
esiste una depressione pneumatica, affinché la polvere prodotta dall'azione di
taglio possa essere asportata dalla piegatrice. Le strisce tagliate
longitudinalmente vengono condotte al gruppo delle barre diagonali.
Queste sono montate su carrelli, il cui spostamento trasversale è
controllabile tramite motori Slo-syn. Anche i rulli compensatori che controllano
le strisce del nastro in uscita dal gruppo barre diagonali sono registrabili
accuratamente, affinché le strisce stesse giungano sovrapposte a registro al
cono di piega, o a due coni di piega (fig. 236). Al termine del cono, le strisce
sono controllate da una serie di rulli di traino, analoghi a quelli delle
piegatrici già descritte (fig. 237). Quindi le strisce sono tagliate
trasversalmente per ottenere il formato desiderato da un rullo su cui sono
montati due coltelli, parallelamente all'asse del rullo, i quali
esercitano la loro azione di taglio pressando le strisce contro l'invito in un
controrullo. La rotazione dei rulli di taglio è controllabile mediante un motore
Slo-syn, per le operazioni di fasatura. Il primo cilindro pinze accumula le
segnature, quindi le trasferisce al secondo cilindro pinze, il quale le
predispone per l'uscita del ragno, mediante un dispositivo di rallentamento
della velocità di uscita.
Si accenna, di seguito, ad altri dispositivi presenti nelle piegatrici, per
il loro corretto funzionamento.
Il dispositivo per collatura e/o umidificazione (fig. 238) può essere
installato nella parte superiore della piegatrice, per migliorare la qualità
delle pieghe nel formato rivista, se usato come umidificatore, oppure per
incollare i fogli della segnatura, se utilizzato come stazione di collatura.
Il dispositivo permette di disporre sul nastro, parallelamente al suo senso
d'avanzamento, una sottile striscia di colla o di acqua, nella posizione
desiderata.
Con l'applicazione della colla si ottiene, nel formato rivista, una segnatura
incollata sul dorso, già preparata per il rifilo. L'umidificazione determina un
ammorbidimento della carta con conseguente miglioramento della piega successiva.
I raccoglitori o impilatori delle segnature in uscita dalla piegatrice
consentono l'immagazzinamento ordinato dei pacchi per le Successive operazioni
di legatura e spedizione.
All'uscita della piegatrice, le segnature, eventualmente già suddivise da un
dispositivo per il conteggio, possono venire raccolte da apposite attrezzature
in vicinanza della stessa piegatrice, oppure condotte, mediante catene, nei
locali d'allestimento, nei quali esistono raccoglitori.
Gli impilatori possono funzionare raccogliendo le segnature orizzontalmente o
verticalmente. Essi permettono l'inserimento di piatti robusti all'inizio ed
alla fine della pila di segnature raccolte, in modo da poterle poi legare e
consentirne il trasporto alle attrezzature di confezione.
Il raggruppamento delle segnature, la compressione delle stesse e la legatura
della pila sono automatizzate, negli impianti più moderni, applicando
microprocessori di controllo delle fasi del lavoro.
Il dispositivo per il registro dei nastri in entrata sulla piegatrice
provvede ad un accurato controllo automatico della corretta sovrapposizione
degli stessi sul cono di piega, affinché le segnature giungano a registro sul
cilindro di taglio trasversale. L'apparecchiatura è costituita da un dispositivo
di rilevazione, da motori per l'azionamento di rulli compensatori della tensione
del nastro, da un motore e da un'unità di controllo (fig. 239). Nel caso di
controllo del registro dei nastri in arrivo alla piegatrice, oltre alla
possibilità d'intervenire su un gruppo
tenditore variando la lunghezza del nastro tra l'ultimo gruppo di stampa e il
cono di piega, si può intervenire anche con ingranaggi differenziali applicati
al meccanismo di taglio trasversale. La correzione avviene per mezzo di motori
sincroni di tipo «passo-passo», che hanno la caratteristica di avviarsi o
fermarsi istantaneamente.
Grazie a tali motori, si possono condurre ripetute correzioni di registro, ad
altissima velocità, senza surriscaldamento. I medesimi possono essere forniti
nelle versioni «antideflagranti» e «stagni», per gli evidenti pericoli connessi
con l'uso di solventi degli inchiostri rotocalco o flessografici.
L'apparecchiatura di controllo citata può essere utilizzata, con i debiti
adattamenti, anche nel controllo dell'uscita del nastro in fogli, come si
accennerà più avanti.
3.6.2. Macchine per l'uscita a
fogliSono utilizzabili in uscita dalle macchine da bobina per lavori di
tipo commerciale che non devono essere piegati. A volte i nastri subiscono
lavorazioni intermedie, tra l'ultimo gruppo di stampa ed il dispositivo di
taglio del nastro in fogli, quali: rifilo del bordo laterale mediante coltelli
circolari; perforazioni mediante fustelle montate su rulli; ecc. Il
funzionamento è molto semplice e simile all'uscita delle macchine da stampa da
foglio.
Il nastro stampato arriva dal gruppo di raffreddamento dopo essere passato,
attraverso un dispositivo d'umidificazione (fig. 240). Nel caso di uscita a
fogli, l'umidificazione del nastro è importante per due motivi principali:
- - ridare alla carta l'umidità persa nel forno d'essiccamento;
- - eliminare o attenuare l'elettricità statica venutasi a creare sulla
superficie del nastro durante le fasi di lavorazione a monte; essa renderebbe
problematico l'impilamento regolare dei fogli all'uscita.
L'umidificazione permette alla carta di essere maggiormente stabile;
il nastro con bassa umidità interna è infatti più fragile, poiché i legami
interfibra tendono a rompersi. Inoltre fibre di carta troppo secca tendono a
diffondersi nell'ambiente di lavoro al momento del taglio trasversale, con
problemi di pulizia ed igiene dell'ambiente.
Nella macchina per l'uscita a fogli, il nastro è guidato per mezzo di rulli
traino verso un coltello rotante disposto alla periferia di un cilindro
parallelamente al suo asse, in modo da tagliare la banda trasversalmente alla
sua direzione d'avanzamento. Successivamente, i fogli tagliati sono condotti da
dispositivi speciali, generalmente costituiti da nastri rotanti, che portano i
fogli, disposti a squame uno sull'altro, alla pila d'uscita (fig. 241).
Analogamente alle macchine da foglio, sistemi pneumatici e di controllo
dell'avanzamento dei fogli, provvedono al rallentamento dei fogli ed al loro
corretto impilamento.
Come nella piegatrice così anche nell'uscita a fogli abbiamo un dispositivo
per il registro del taglio che può essere di tipo a controllo elettronico ed a
funzionamento automatico (fig. 242).
Nonostante i fogli tagliati siano convogliati all'uscita parzialmente
sovrapposti (a squame), la velocità deve rimanere notevolmente elevata. Un
problema fondamentale è quindi quello di utilizzare l'uscita a fogli solo con
carte che permettono di ottenere elevate velocità di stampa, in modo che il
rendimento dell'impianto non sia troppo basso.
Anche nell'uscita a fogli come già nella piegatrice si possono, con
l'aggiunta di dispositivi particolari, effettuare determinate operazioni quale
ad esempio quella di rifilare il foglio in macchina, Un breve cenno merita un
particolare dispositivo perforatore o fustellatore che agisce col sistema detto
«Litho-perf». Il sistema consiste in due cilindri uno analogo ad un ordinario
cilindro caucciù e l'altro ad un cilindro lastra.
Gli elementi perforanti vengono fissati nella disposizione desiderata, sulla
lastra montata sul cilindro. Il vantaggio di questo sistema è che la
perforazione può essere predisposta facilmente in qualunque punto sia necessaria
ed in qualunque configurazione.
3.6.3. RiavvolgitricePer talune
esigenze particolari può rendersi necessario riavvolgere il nastro stampato in
bobina, sia perché debba subire ulteriori lavorazioni, quali per esempio la
verniciatura, sia per usarlo in un secondo tempo, ad esempio dopo aver stampato
un altro nastro, per essere inviati insieme nella piegatrice.
In altri casi si riavvolge il nastro stampato in modo da riformare una bobina
che servirà ad alimentare speciali macchine confezionatrici, per esempio quelle
per borse in polietilene, per confezioni da rivestire con stampati (fustini
detersivo, ecc.); oppure per stampati in rotocalco da impregnare con resine per
la produzione di laminati plastici, carta da parati, ecc.
La struttura ed il principio di funzionamento della riavvolgitrice (fig. 243)
sono semplici. Un albero portabobina con mandrini ad espansione, o con serraggio
ad aria compressa, blocca il nucleo centrale su cui inizierà l'avvolgimento;
esso è comandato da un motore indipendente dall'azionamento dell'impianto.
Il problema principale di una riavvolgitrice è rappresentato dalla velocità
di rotazione dell'albero portabobina; essa deve variare con una legge tale che
la velocità del nastro che si avvolge si mantenga rigorosamente costante ed
uguale a quella della macchina.
Si ricorda, a questo proposito, che la velocità periferica (v) di un punto
che si muove sulla circonferenza è direttamente proporzionale al raggio (r) di
questa ed alla velocità angolare (w), misurata in numero di giri nell'unità di
tempo. Poiché il nastro si avvolge sulla bobina in formazione facendo variare il
raggio ad ogni giro dello spessore del supporto stampato, occorre intervenire
sulla velocità angolare per mantenere la velocità d'avvolgimento costante:
v = r V w = m Vrad
s
Un dispositivo indispensabile per la riavvolgitrice è quello che permette,
malgrado l'elevata velocità della bobina riavvolgentesi, di poter «vedere»
l'immagine ferma sfruttando un principio stroboscopico, allo scopo di
controllare il registro.
Una delle realizzazioni più comuni è lo stroboscopio a specchi rotanti,
costituito da un prisma a molte facce speculari e da uno specchio fisso (fig.
244).
Il prisma ruota sul suo asse con una velocità che è in una ben definita
relazione con la velocità del nastro: può così riflettere su di uno specchio
fisso, di fronte a cui si pone l'osservatore, una serie di immagini della stessa
zona stampata. Per il fenomeno della persistenza delle immagini nella retina
umana, l'osservatore vede in modo continuo e fermo quella zona stampata.
L'osservatore ispeziona il nastro in movimento da una fessura larga qualche
decina di centimetri ed alta pochi centimetri, potendo spostare la zona
d'osservazione con dispositivi appositi. Possono essere applicati dispositivi
d'ingrandimento dell'immagine osservata. Per i materiali trasparenti sono
fornibili illuminatori anche retrostanti al nastro.
Un'attrezzatura più semplice per l'osservazione di immagini in movimento è
costituita da lampade stroboscopiche. Esse possono far variare la frequenza dei
lampeggiamenti, illuminando la zona d'osservazione nel momento in cui transita
sempre la stessa porzione dello stampato; in tal modo si ha la sensazione di
vedere l'immagine ferma. Il periodo di lampeggiamento può essere sincronizzato
automaticamente con ogni giro di rivoluzione dei cilindri di stampa, oppure
manualmente.
Macchine offset da bobina
1. GeneralitàI fattori che
hanno favorito lo sviluppo su larga scala delle macchine rotative da bobina
sono, in larga parte, i medesimi che hanno determinato l'affermazione del
procedimento offset nel campo delle macchine da foglio:
- - qualità dello stampato, rapidità di preparazione e basso costo delle
lastre offset;
- - tempi di preparazione per l'avviamento della macchina ridotti rispetto
agli altri procedimenti di stampa;
- - ottenimento in uscita della macchina di un semilavorato già piegato o,
comunque, di uno stampato che ha subito lavorazioni paragrafiche direttamente
in linea con la macchina da stampa rotativa.
Per lungo tempo questi
requisiti non furono sufficienti a suscitare interesse intorno a queste
macchine, a causa dei molteplici problemi da risolvere. Infatti, per quanto la
prima rotativa offset da bobina si faccia risalire al 1906, soltanto dopo il
1950 la stampa da bobina offset ha assunto un notevole ritmo d'espansione.
Difficoltà tecniche di diversa natura furono superate a prezzo di studi,
esperienza, e tanti insuccessi. Anche motivi di parziale diffidenza da parte
degli utilizzatori hanno rallentato, la diffusione delle macchine offset da
bobina in molti paesi.
Il passaggio dall'offset da foglio all'offset da bobina non crea tanto
problemi a livello di sala stampa, quanto a livello di direzione; occorre
infatti sapere se esiste la possibilità di vendere l'alta produzione offerta
dalla macchina.
Una macchina da foglio mono o pluricolore può essere scelta sulla base della
sua capacità di stampare la più vasta gamma di lavori già prodotti dallo
stabilimento, mentre l'offset da bobina è, per sua natura, un'impianto
specializzato.
Generalmente una macchina offset da bobina è studiata per stampare
particolari tipi di lavoro; l'impossibilità di variare il formato in direzione
circonferenziale, costituisce una limitazione spesso determinante al momento di
prendere la decisione d'acquisto. Tale svantaggio è largamente compensato dalle
operazioni di taglio e piega del nastro eseguite in macchina, ad una velocità
decisamente superiore di quella delle macchine da foglio.
Alcune macchine rotative offset da bobina, specializzate per la stampa di
moduli continui, non posseggono la limitazione di formato in senso
circonferenziale (ai cilindri di stampa): si tratta però di sostituire i
cilindri di ogni gruppo stampante con altri aventi diametri diversi, con limiti
allo sviluppo circonferenziale ben precisi; si hanno perciò costi supplementari
sia per l'acquisto dei cilindri sia per il cambio di formato.
Altro fattore limitante la scelta di un impianto offset da bobina è l'aumento
della percentuale di carta di scarto, relativamente alle macchine da foglio.
Tale svantaggio può essere compensato dai ridotti tempi per la preparazione
della macchina da bobina.
Il cambio della larghezza del nastro, nel passaggio da un lavoro all'altro,
può ridurre la convenienza della scelta di una macchina offset da bobina.
Infatti è necessaria la regolazione dei rulli di traino e della piegatrice, con
tempi di avviamento relativamente lunghi.
La carta in bobina si acquista a peso come la carta in fogli, però possono
esistere differenze di spessore del nastro o di contenuto in umidità interna
della carta, che possono far correre il rischio di avere nastri più brevi con
disfunzioni al termine della tiratura, per le variazioni di grammatura che sì
creano.
Un'ultima considerazione importante per i costi della rotativa da bobina
offset è il consumo di combustibile per il forno di essiccazione
dell'inchiostro. Tale costo è relativamente importante, tenendo presente che il
consumo di un forno, a macchina in movimento, può raggiungere i tre litri di
gasolio al minuto.
Il maggior vantaggio di una macchina rotativa offset da bobina, relativamente
ad una a foglio, è dato dall'alta velocità di stampa e la grande produttività
che ne risulta. Normalmente si raggiungono velocità di circa 25.000/30.000
giri/h del cilindro.
Oltre al vantaggio di poter disporre in linea alla macchina di dispositivi
supplementari che possono permettere una vasta gamma di operazioni in uscita
(taglio, perforazione, ribobinatura, numerazione, fustellatura, uscita in fogli
o in segnature, ecc.), si aggiunge la possibilità di stampare più nastri di
carta simultaneamente che possono essere sovrapposti all'uscita, ottenendo più
segnature in un solo passaggio in macchina.
Il sempre maggior interesse intorno all'offset da bobina sta in parte nel
continuo sviluppo del procedimento offset in parte nei miglioramenti dei
materiali, delle tecniche e degli impianti per le offset da bobina, che
conducono a sempre più elevate qualità del prodotto.
1.1. Le lastreNelle macchine da
foglio il «vuoto» del cilindro lastra (gap) rappresenta circa un terzo
dell'intera circonferenza, mentre il corrispondente «vuoto» in un'offset da
bobina è meno di un centimetro. La stretta scanalatura in cui inserire la lastra
sul cilindro presentò all'inizio seri inconvenienti, poiché i metalli di cui era
costituita la lastra non resistevano ad una piegatura accentuata. Oggi questo
problema non esiste più, grazie al miglioramento dei materiali di cui è
costituita la lastra ed alla realizzazione di precisi dispositivi piegalastre e
di eccellenti sistemi di fissaggio delle lastre ai cilindri (fig. 245).
Le lastre plurimetalliche e quelle presensibilizzate con trattamento termico,
possono sostenere milioni di copie di tiratura, con buoni risultati qualitativi.
1.2. La carta Il supporto
cartaceo usabile in una macchina offset da bobina pose molti problemi
all'inizio, oggi ridotti grazie alla produzione di carte ben collate
superficialmente e alla riduzione dell'acqua di bagnatura; tuttavia il distacco
di particelle superficiali dal nastro di carta viene esaltato all'uscita del
forno d'essiccamento.
Impiegando carte di bassa qualità si può verificare che fibre di carta
superficiali o particelle di polvere della patina si depositino sul telo
gommato, costringendo ad arresti della macchina per la pulizia del telo stesso.
L'instabilità dimensionale della carta e molto meno sentita nelle offset da
bobina che nelle offset da foglio, in quanto la fibra della carta e disposta
obbligatoriamente in senso parallelo all'asse del nastro e le deformazioni
dovute alle variazioni di umidità, hanno pochissimo tempo per manifestarsi data
la grande velocità di passaggio del nastro in macchina.
Possono essere usate carte di diversa grammatura senza necessità di
registrazioni particolari della macchina: generalmente una rotativa offset
permette il passaggio di carta comprese tra i 40 ed i 140 g/m2. La carta
patinata per macchina da bobina deve presentare una superficie più porosa di
quella per macchina offset da foglio, al fine di facilitare l'assorbimento per
capillarità della frazione più fluida dell'inchiostro all'interno del supporto e
per eliminare l'eventuale formazione di «bolle» da parte dei fondini
nell'essiccamento rapido in forno (per accumulo di frazioni gassose tra il film
superficiale dell'inchiostro e la superficie poco porosa della carta).
1.3. Gli inchiostriUn problema
universale per qualsiasi macchina da bobina ad alta velocità e l'essiccazione
dell'inchiostro. Attualmente, gli inchiostri di tipo «heat set» permettono
l'evaporazione della frazione più liquida a circa 1705, mediante passaggio del
nastro in forni a tunnel dove fiamme combinate a soffi di aria calda permettono
la rapida essiccazione dell'inchiostro. La calandra di raffreddamento, a valle
del forno, stabilizza ulteriormente l'inchiostro raffreddando il nastro in
uscita mediante circolazione di liquidi refrigeranti. A causa dell'alta velocità
di tiratura, l'inchiostro tende ad accumularsi nei retinati intorno alle zone in
cui i punti dei grafismi iniziano a «chiudere». I fabbricanti di retini hanno
parzialmente risolto il problema della compressione tonale nelle zone scure
fabbricando retini a punto ellittico oppure a punto rotondo. Tali retini sono
caratteristici dei retinati stampati su macchine rotative offset da bobina.
Il fenomeno dello sdoppiamento del punto, consistente in un'alonatura che
compare in prossimità del puntino stampato, provocato dalla controstampa di un
colore non asciutto depositato irregolarmente sul tessuto gommato dal foglio
precedente, può apparire quando la tensione del nastro non e controllata con
sufficiente precisione. Tale fenomeno, del resto, e una caratteristica delle
macchine pluricolori stampanti inchiostri consistenti umido su umido.
Il trattamento opportuno dei grafismi in fase di formatura permette il
controllo dell'allargamento dei medesimi.
1.4. Gruppo bagnatore ed
inchiostratoreLa bagnatura nelle macchine offset da bobina di medio e
grande formato avviene mediante dispositivi che permettono un'afflusso di
umidità alla lastra in quantità sufficiente, connesso all'alta velocità di
rotazione degli organi stampanti. Uno ditali dispositivi e costituito da un
rullo rivestito da una spazzola rotante che spruzza il velo d'umidità dalla
superficie del rullo bagnino verso un terzo rullo, il quale trasferisce
l'umidità al rullo bagnatore (fig. 246). Non esistendo contatto fisico tra il
rullo rivestito di setole ed il distributore d'acqua, le particelle di cotone o
di fibre di carta non possono risalire al serbatoio dell'acqua: si evitano così
l'accumulo di sporchi nella vaschetta o variazioni del pH dell'acqua. L'afflusso
d'acqua alla lastra e controllato dalla velocità di rotazione del rullo bagnino,
mediante un potenziometro. Anche con tale tipo di gruppo di bagnatura si può
usare alcool per diminuire la tensione superficiale dell'acqua.
Il gruppo inchiostratore nelle macchine da bobina offset, come in quelle
tipografiche, e costituito da un numero di rulli non elevato, ma di grande
diametro (fig. 247).
La grande richiesta d'inchiostro da parte della forma e l'alta velocità di
rotazione dei cilindri hanno imposto che il rullo prenditore, nelle macchine di
maggior formato, non sia più dotato di movimento alternativo ed intermittente
come nelle macchine da foglio, ma sia in contatto continuo con il rullo calamaio
da un lato e con il primo rullo distributore dall'altro. L'afflusso d'inchiostro
e controllato sia da viti poste a contatto di una lama, come nei calamai delle
macchine da foglio, sia dalla velocità di rotazione del rullo calamaio. Poiché
la velocità di rotazione del rullo calamaio e notevolmente inferiore a quella
del gruppo inchiostratore, si creerebbero notevoli attriti sulla superficie del
rullo prenditore, intermedio ai due sistemi. Per ovviare parzialmente al
fenomeno, la superficie del rullo prenditore viene sfaccettata. Tali facce non
sono parallele all'asse del rullo, ma sono poste obliquamente, affinché il
contatto con gli altri rulli si riduca notevolmente (fig. 248).
In altri modelli di macchine offset da bobina possono esistere rulli
prenditori doppi, dotati di moto alternativo, come nelle macchine da foglio. Il
contatto ditali rulli con quello calamaio e con il primo distributore, però, non
può avvenire ad ogni giro del cilindro, stampa a causa della sua alta velocità
di rotazione (all'incirca 10 giri/s), ma ogni due giri. Il percorso traslatorio
del rullo prenditore e nelle macchine da bobina offset, ridotto al minimo. per
gli stessi motivi di alta velocità di cui si e già detto.
Il controllo a distanza della macchina da bobina avviene tramite un pulpito
di comando da cui si possono determinare le variabili principali: velocità di
stampa, bagnatura, inchiostrazione, velocità della piegatrice, ecc., sul pulpito
si possono anche rilevare i dati principali: conteggio delle copie, posizione di
rottura del nastro, ecc. Possono essere affiancati alla consolle di comando
altri pulpiti per il controllo a distanza del registro, dell'inchiostrazione e
della bagnatura; essi sono costituiti da un pulpito su cui si può intervenire
per la regolazione del registro circonferenziale o assiale (circa 2-3 mm in più
o in meno relativamente ad una posizione centrale standard). Tramite un altro
pulpito si può operare a distanza sia sulle viti del calamaio, sia sulla
velocità di rotazione del rullo relativo, sia sulla velocità di rotazione del
rullo bagnino, per ogni gruppo di stampa. Come nei comandi a distanza delle
macchine da foglio, l'apertura delle viti del calamaio e segnalata da sistemi
ottici. Il controllo dell'inchiostrazione e della bagnatura può essere
relativamente automatizzato, con la rilevazione densitometrica di valori
standard stampati, tramite apposite apparecchiature di controllo ed elaborazione
dei valori di densità misurati sullo stampato.
2. Struttura delle macchine offset
da bobinaLe macchine offset da bobina possono essere distinte dalla
struttura del gruppo stampante di ogni unità di cui sono costituite. Le
strutture principali possono essere raggruppate in tre versioni principali:
- - ad elementi caucciù contro caucciù (4 o 6 cilindri);
- - a satelliti (5, 7 o 9 cilindri);
- - ad elementi aperti (3 cilindri), simili a quelli delle macchine da
foglio.
Esistono numerose macchine in cui i gruppi di stampa (unità)
sono miscelati per ottenere stampati con caratteristiche particolari, oppure per
aumentare la versatilità della macchina.
Dal tipo di struttura s'intuisce che i primi due gruppi sono utilizzati per
la stampa di lavori in bianca e volta, l'ultimo per la stampa di lavori solo in
bianca, ma e possibile, con l'aggiunta di elementi e di barre per l'inversione
della bobina, stampare in bianca e volta anche con macchine ad elementi aperti.
2.1. Macchine offset da bobina
«caucciù contro caucciù»Tale struttura e molto diffusa; in essa ciascun
cilindro che porta telo gommato agisce come cilindro di pressione nei confronti
dell'altro cilindro gomma, con cui lavora a contatto, e viceversa (fig. 249).
Ogni unità e formata da 4 cilindri: due porta lastra e due porta telo gommato.
Il nastro di carta, passando tra i due cilindri gomma, riceve la stampa
simultaneamente sulle due facce o, come si usa dire, in bianca e volta. In una
macchina ad elementi caucciù contro caucciù, il nastro di carta può seguire un
percorso orizzontale tra i diversi elementi. Esistono anche versioni in cui la
struttura della macchina caucciù contro caucciù permette il passaggio del nastro
con un percorso verticale (fig. 250). Di essi si tratterà esemplificando modelli
di macchine da bobina offset.
In generale il percorso del nastro in senso verticale e preferito nella
stampa di quotidiani ad un solo colore in bianca e volta, oppure con un colore
supplementare. La disposizione dei cilindri garantisce la massima accessibilità
per il fissaggio delle lastre.
Il percorso in senso orizzontale del nastro viene usato per la stampa di
lavori paraeditoriali nei quali occorra stampare quattro colori in bianca e in
volta.
Il controllo della tensione del nastro e particolarmente importante per
garantire il mantenimento del registro tra i diversi elementi.
In ogni elemento di stampa i cilindri lastra e gomma lavorano (in parecchi
modelli), con le fasce a contatto, con i vantaggi caratteristici di questa
tecnica di progettazione, gia descritti per le macchine da foglio.
Il registro circonferenziale e laterale può essere corretto a macchina in
movimento, mediante volantini meccanici oppure comandi centralizzati,
elettromeccanici.
Il basso profilo di ogni elemento consente, sulle macchine di medio formato,
una buona accessibilità da terra a tutti gli organi di manovra.
Il nastro (fig. 251) proviene da un dispositivo di srotolamento e da uno
d'alimentazione, che ne controlla la tensione, quindi viene immesso nei quattro
elementi stampanti, dove riceve la stampa su entrambe le facce.
Successivamente il nastro entra nel dispositivo essicatore e poi in un
dispositivo di raffreddamento, nel quale entrambe le facce sono raffreddate da
un sistema a due cilindri refrigerati internamente con circolazione d'acqua.
Il nastro può quindi essere immesso nella piegatrice da dove esce sotto forma
di segnature con il numero di pagine e di pieghe desiderato.
Secondo altri sistemi d'uscita, il nastro stampato può essere riavvolto,
oppure, mediante una macchina per l'uscita a fogli stesi, tagliato in fogli che
vengono impilati.
Gli assi dei cilindri per la stampa della bianca sono posti lungo una linea
obliqua relativamente agli assi dei cilindri del gruppo di pressione della
volta. Ciò consente un sufficiente avvolgimento del nastro su ambedue i caucciù,
eliminando la necessità di rulli di trazione. In tal modo si migliora
l'accessibilità tra gli elementi e si riduce il pericolo di sporcare lo strato
d'inchiostro stampato, ancora umido.
La pressione di stampa nelle macchine da bobina offset del tipo caucciù
contro caucciù dev'essere particolarmente curata. La durezza del rivestimento
del telo gommato e superiore a quella delle corrispondenti macchine a foglio; le
forze tangenziali che si manifestano sul nastro durante ed appena dopo la
stampa, dovute sia al tiro dell'inchiostro, sia ai fenomeni di adesione del
nastro alla superficie del telo gommato, possono far variare la tensione del
nastro e far perdere il registro tra elemento ed elemento. Lo sviluppo
circonferenziale dei cilindri e della massima importanza, poiché anche una
piccola variazione del loro raggio oltre i valori dati dal costruttore, può
causare variazioni di stampa inaccettabili.
Le possibilità di stampa di un impianto offset da bobina del tipo caucciù
contro caucciù sono numerose:
- realizzare qualsiasi combinazione di elementi in bianca e volta piazzandoli
in serie (normalmente da uno a sei);
- utilizzare l'impianto in modi diversi, variando il numero dei gruppi
d'alimentazione; per esempio per un'impianto di quattro elementi si possono
avere le seguenti configurazioni: a) un solo nastro può essere stampato con
quattro colori in bianca e volta (4/4); b) due nastri possono essere stampati
ciascuno con due colori in bianca e volta (2/2 e 2/2), oppure con tre colori in
bianca e volta su un nastro ed un colore in bianca e volta sull'altro (3/3 e
1/1); e) quattro nastri possono essere stampati ciascuno con un colore in bianca
ed uno in volta (I/I, I/I, 1/1 e I/i), come illustrato in figura 252.
Si può aggiungere che:
- - nei formati standard (intorno a 58:64 cm in direzione circonferenziale
ai cilindri e 91 -:97 cm in direzione assiale) l'impianto presenta un'altezza
limitata ed i componenti sono quasi tutti accessibili dal piano terra;
- - l'impianto e relativamente economico, essendo composto di elementi
uguali e costruibili in serie;
- - i tempi morti sono in genere ridotti, grazie all'accessibilità ed
all'identicità delle manovre per i diversi elementi. Inoltre, dopo
un'eventuale rottura del nastro, l'avviamento e più rapido perché il percorso
del nastro e rettilineo.
Gli elementi delle rotative offset caucciù
contro caucciù possono essere utilizzati in modo anomalo come elementi bicolori,
sfruttando un cilindro del telo gommato come cilindro di pressione sia nei
confronti di un colore stampato su un lato del nastro contro l'altro caucciù,
sia nei confronti della lastra a contatto dello stesso cilindro del telo
gommato. Si tratta di un'applicazione «di-lito», ovvero di stampa offset
diretta, di cui si scriverà più avanti (fig. 253).
Si accenna ora alla struttura a sei cilindri, caucciù contro caucciù. In tali
macchine offset ogni unità stampante è composta da tre cilindri portalastra e
tre porta telo gommato. La pressione viene esercitata tra due cilindri caucciù,
nel caso di stampa di due colori in bianca ed uno in volta (2/I), oppure con
l'ausilio di un cilindro gomma, usato come cilindro di pressione (3/0 o 1/2) ed
il corrispondente cilindro porta lastra che stampa direttamente sul nastro di
carta (fig. 254).
Allorché l'unità a sei cilindri sia utilizzata con il cilindro portalastra
stampante direttamente sul nastro (3/0 o 1/2 in figura 254), si tratta di
un'applicazione del procedimento di-lito, con tutti i problemi connessi con
l'uso ditale procedimento di stampa. Ad esempio: la forma dovrà portare i
grafismi rovesciati, come per tutti i procedimenti di stampa diretti; il
contatto diretto della lastra con il nastro annulla il vantaggio della stampa
indiretta, l'inchiostro non si trasferisce su una superficie elastica (che si
adatta meglio a carte non liscie). Inoltre il tamburo intermedio elastico
permette l'assorbimento di eventuali attriti tra il supporto e la superficie di
trasferimento dell'inchiostro.
Combinando elementi offset da bobina a sei cilindri con altri caucciù contro
caucciù, si possono ottenere configurazioni di stampa relativamente elastiche
(fig. 255).
2.2. Macchine offset da bobina a
satellitiIl tipo di macchina offset da bobina a satelliti fu sviluppato con
l'intento d'ottenere un miglior controllo del nastro rispetto a quanto
teoricamente possibile nelle macchine ad elementi caucciù contro caucciù, La
denominazione «elementi a satelliti» deriva dalla disposizione dei cilindri del
gruppo stampa, in cui diverse coppie di cilindri lastra e del telo gommato,
normalmente quattro, ma in alcune versioni anche cinque, trasferiscono
l'inchiostro su una sola faccia del nastro per mezzo della pressione esercitata
da un unico cilindro di pressione centrale (fig. 256).
Nel caso di presenza di una quinta coppia di cilindri portalastra e porta
telo gommato, per un totale di undici cilindri per unità stampante, si può
disporre di un elemento di scorta in caso di guasti ad un altro elemento o di
operazioni di manutenzione che debbano mantenere inoperoso quest'ultimo,
Talvolta il quinto elemento è usato per stampare separatamente il nero del testo
dal nero delle illustrazioni, oppure per ottenere effetti cromatici speciali
(rosa, celeste, colori metallici, ecc.) come nelle macchine pluricolori da
foglio.
Poiché gli impianti da bobina sono utilizzati normalmente per stampare
entrambe le facce del foglio a quattro colori, con il tipo a satelliti sono
necessarie due unità di stampa, composte ognuna di nove cilindri, una per la
stampa della bianca, l'altra per la stampa della volta.
In altri modelli di macchine a satelliti, il numero di cilindri dell'unità di
stampa può essere inferiore a nove, ad esempio sette o cinque. In ogni caso si
tratta di strutture composte da un unico cilindro di pressione e da due o tre
coppie di cilindri portalastra e porta telo gommato, disposti attorno al
cilindro di pressione.
In qualche raro caso, si può stampare in bianca e volta con asse dei cilindri
doppio relativamente alla larghezza del nastro, ove metà della larghezza dei
cilindri viene utilizzata per la stampa della bianca, quindi il nastro viene
passato in forno d'essiccamento dell'inchiostro e girato per mezzo di barre
d'inversione, successivamente riimmesso nel medesimo gruppo stampa ma spostato
assialmente rispetto al primo passaggio, per la stampa della volta.
Inizialmente gli impianti offset a satelliti possedevano un'indubbia miglior
efficienza di registro rispetto alle macchine caucciù contro caucciù, poiché il
passaggio della carta su un'unico cilindro di pressione per le quattro
impressioni pone minori problemi di controllo della tensione del nastro, che
viene sottoposto a tensione solo dopo la fase di stampa. Attualmente le macchine
offset da bobina caucciù contro caucciù offrono garanzie di registro analoghe a
quelle di una macchina a satelliti.
Non sempre le macchine a satelliti possono offrire una nitidezza di stampa
pari a quella raggiungibile con altri tipi di macchine, in cui la pressione si
esercita tra cilindri di diametro assai più piccolo. Il cilindro di pressione
possiede, in alcuni modelli, un diametro tale che la larghezza della striscia di
contatto, nel momento del trasferimento del film d'inchiostro dal telo gommato
al nastro di carta risulta assai elevata, quindi si scosta maggiormente dalla
retta, che costituisce il luogo geometrico dei centri d'istantanea rotazione del
movimento relativo, cioè dei punti ove si ha puro rotolamento; ciò genera
deformazioni in stampa.
Le macchine a satelliti sono generalmente fabbricate su commissione, seguendo
le prescrizioni del committente: infatti tali macchine non si prestano alle
molteplici combinazioni delle macchine caucciù contro caucciù e risultano perciò
meno versatili.
Il costo d'un impianto a satelliti è maggiore di un corrispondente impianto
caucciù contro caucciù: esso inoltre richiede uno sviluppo del macchinario in
altezza, e l'accessibilità ai diversi organi è quindi più lenta.
Come nelle macchine caucciù contro caucciù, le macchine da bobina offset a
satelliti possono essere dotate dei dispositivi di controllo del nastro,
d'inchiostrazione e di bagnatura centralizzati, con diversi meccanismi
automatici di controllo.
La struttura dei gruppi stampanti può comprendere anche unità dette a
«semi-satellite», composte da due coppie di cilindri lastra e telo gommato
attorno ad un unico cilindro di pressione, per un totale di cinque cilindri ogni
unità stampante. Tali unità possono essere riunite, ottenendo elementi stampanti
a dieci cilindri.
L'impiego di elementi a satellite avviene generalmente nella stampa di
quotidiani, in cui debbano essere stampati, anche saltuariamente, quattro
colori. Quando debbano essere stampati uno, due o tre colori su un lato del
nastro, il senso di rotazione di ogni coppia dei cilindri può essere
reversibile, quindi uno o due dei gruppi a due cilindri lastra e telo gommato
possono essere predisposti per poter funzionare caucciù contro caucciù.
Le possibilità di produzione sono numerose, sia con elementi a satellite a
nove cilindri (fig. 257), sia con due unità a semi-satellite sovrapposte, a
dieci cilindn:
- - con due nastri: un colore in bianca e volta su entrambi i nastri (I/I e
1/1);
- - con un nastro: a) un colore in bianca e due in volta (1/2), con un
elemento funzionante caucciù contro caucciù; b) un colore in bianca e tre in
volta (1/3) o viceversa (3/I), con un elemento funzionante caucciù; e) quattro
colori da un lato del nastro, ecc.
L'elemento a dieci cilindri
permette ancora un passaggio carta diverso: cioè la stampa di due nastri, di cui
uno impresso solo in bianca (1/O) per mezzo di un gruppo formato da cilindri
lastra, gomma ed un cilindro di pressione, l'altro nastro stampato a due colori
in bianca e uno in volta (2/1), per mezzo di un gruppo funzionante caucciù
contro caucciù, ed un altro gruppo formato dai cilindri lastra, telo gommato e
pressione.
L'elemento a dieci cilindri e più costoso di un elemento a satellite a nove
cilindri ed è utilizzato per esigenze di stampa particolari. Il percorso del
nastro in un'unità a dieci cilindri ha alcuni tratti non perfettamente
controllati, pertanto la carta può dare minori garanzie di registro.
La macchina a satelliti è, per sua natura, conveniente per la stampa di un
solo tipo di lavoro standard ad elevata tiratura, oppure per una gamma molto
limitata di variazioni.
Tra le macchine a satelliti, si ricordano le unità a sette cilindri (fig.
258), che sono normalmente composte da gruppi a cinque cilindri cui è
sovrapposto un altro gruppo stampa.
Anche in questo caso si possono ottenere stampati non solo a tre colori su
una faccia del nastro (3/0), ma anche con due colori in bianca ed uno in volta
(2/1), oppure viceversa (1/2), con un opportuno passaggio del nastro (fig. 259).
La struttura pare simile a quella delle unità offset da bobina a sei
cilindri, ma l'aggiunta del cilindro di pressione garantisce i vantaggi della
stampa indiretta, anche se può apparire complicata, per le necessarie
considerazioni di trasferimento dell'inchiostro in fase di formatura.
Il doppio trasferimento dell'immagine, nel caso di stampa in bianca e volta,
impone che i colori della volta abbiano i grafismi della lastra relativa,
rovesciati; inoltre il cilindro di pressione deve essere trattato opportunamente
in superficie per poter trattenere l'inchiostro.
2.3. Macchine offset da bobina ad
elementi apertiSi tratta di macchine offset da bobina aventi la struttura
del gruppo stampante costituita da elementi di tre cilindri, come gran parte
delle macchine offset da foglio.
Ogni elemento comprende il cilindro portalastra, quello del telo gommato ed
il cilindro di pressione, nonché tutti i dispositivi automatici per l'innesto
della pressione, il controllo dei rulli inchiostratori e bagnatori, la
registrazione dei diversi organi, ecc.
Ciascun elemento imprime solo su un lato del nastro, pertanto per stampare la
bianca e la volta a quattro colori occorrono otto elementi identici ed apposite
barre d'inversione del nastro interposte tra i due gruppi di macchine a quattro
elementi.
La macchina ad elementi aperti (fig. 260) permette una buona accessibilità ai
diversi organi di controllo e registrazione; nel complesso la macchina risulta
compatta e versatile.
Teoricamente la qualità di stampa ottenibile con macchine da bobina offset ad
elementi aperti potrebbe essere superiore a quella ottenibile con altri tipi di
macchine offset da bobina, sia per la presenza del cilindro di pressione in
acciaio, che garantisce un trasferimento dell'inchiostro più nitido,
relativamente alla pressione esistente nelle macchine caucciù contro caucciù,
sia per il lungo percorso del nastro tra due elementi di stampa successivi, che
permette una parziale stabilizzazione dell'inchiostro prima della sovrastampa.
Possono esistere impianti ad elementi aperti a diverso numero di elementi
(fig. 261), oppure contenenti degli elementi di stampa non-offset come avviene
nelle rotative offset per moduli continui, di cui si tratterà in seguito.
Il percorso tra due elementi successivi, essendo piuttosto tortuoso, può
provocare variazioni di tensione del nastro e rendere più difficile il
mantenimento del registro.
Allo scopo d'ampliare le prestazioni dell'impianto, le barre d'inversione del
nastro possono essere montate all'uscita di ogni elemento. Inoltre l'impianto
può essere dotato all'uscita di piegatrice, oppure di dispositivi di
ribobinatura, o ancora del dispositivo per l'uscita in fogli.
Le possibili combinazioni di colore per la stampa in bianca e volta, oppure
solo in bianca, sono numerose. Installando un numero adeguato di portabobine,
come per le macchine da bobina caucciù-contro-caucciù, si possono stampare più
nastri contemporaneamente, poi sovrapponibili all'uscita.
3. Schemi di macchine offset da
bobinaLa possibilità d'abbinare diversi elementi offset da bobina rende
arduo tentare di classificare schemi di rotative offset; si tenterà di
esemplificare alcune strutture per sottolineare la vasta scelta esistente in
relazione alle esigenze dei singoli stampati.
Molte delle rotative offset illustrate sono utilizzate per la stampa di
quotidiani, ma possono essere usate anche per la stampa di lavori commerciali.
Per stampati commerciali s'intendono tutti quei lavori in cui le
esigenze di qualità, per quanto diverse, sono prevalenti. Si usano perciò carte
di buona qualità, generalmente patinate e si stampano due, quattro o più colori.
Sono stampe commerciali i prospetti pubblicitari, i cataloghi, i periodici a
colori, le etichette, ecc.
La stampa dei quotidiani è un lavoro editoriale piuttosto particolare,
in cui la produttività è assai più importante della qualità. La composizione e
la formatura del quotidiano avvengono pochi minuti prima dell'uscita delle prime
copie dalla rotativa, inoltre la macchina da stampa deve garantire in 2 o 3 ore
la tiratura completa. Soltanto dopo la diffusione delle offset da bobina si è
iniziato ad introdurre il controllo di qualità per i quotidiani compatibilmente
con la modesta qualità della carta, imposta da ovvie considerazioni di costo.
Nei confronti di una rotativa tipografica, la rotativa offset consente di
stampare con maggior uniformità i fondi, le densità dell'inchiostro raggiungono
valori più alti ed i neri risultano più contrastanti perciò più leggibili; le
illustrazioni si possono retinare con un maggior numero di linee risultando più
dettagliate, il numero dei colori può essere agevolmente aumentato.
Sia per le stampe commerciali, sia per i quotidiani vengono usate le macchine
offset da bobina descritte nei paragrafi precedenti, oppure possono esser usati
impianti più complessi, risultanti dalla combinazione di elementi caucciù contro
caucciù ed elementi a satellite (fig. 262), o ancora con altre combinazioni, le
cui differenze vanno ricercate nella struttura e nelle caratteristiche dei
componenti della macchina e nelle velocità massime ottenibili, strettamente
correlate con il prodotto e con le esigenze del committente.
3.1. Macchine offset da bobina di
piccolo formatoTali tipi di macchine offset da bobina si caratterizzano per
il loro formato contenuto e per l'ampia applicazione nella stampa dei documenti
meccanografici.
Il campo d'applicazione può riguardare oltre i moduli, anche la stampa di
carte valori di pregiato contenuto, di pubblicità su carta patinata, di
tovaglioli di carta e prodotti similari.
Generalmente l'asse dei cilindri non permette la stampa su bobine aventi
larghezza maggiore di 50 cm. Il portabobine e, in quasi in tutti i modelli, a
cambio manuale: infatti la quantità del prodotto richiesto è spesso tale che una
sola bobina o pochi cambi permettono di smaltire la produzione. Il diametro
della bobina può anche essere superiore a 120 cm. Per le esigenze di stampa dei
formulari, in cui identiche copie debbano essere sovrapposte, possono essere
montati fino a quattro alberi portabobine per la stampa contemporanea di quattro
nastri ed il loro successivo accoppiamento.
Il diametro dei cilindri del gruppo stampante può essere fisso oppure
variabile, poiché esiste la possibilità di sostituire i cilindri del gruppo
stampante con altri aventi un diametro diverso (fig. 263). La variabilità del
formato è contenuta entro certi limiti: ad es., in alcuni modelli la
circonferenza dei cilindri del gruppo stampa può variare tra i 16 ed i 20
pollici, in altri tra 11 e 25 pollici, con incrementi di 1/3 di pollice, su
richiesta del committente. La versatilità dei formati delle macchine offset da
bobina per documenti meccanografici è, però, limitata sia dall'alto costo in
investimenti immobilizzati per i cilindri supplementari di diverso diametro, sia
dai costi per la registrazione della macchina, avvenuto il cambio del formato.
Normalmente una macchina offset da bobina di piccolo formato è dotata di una
serie d'accessori per la produzione di formulari.
Uno di questi è costituito da uno o più sbobinatori supplementari per
accoppiare il nastro o i nastri in fase di stampa con uno o più nastri di carta
carbone. Nonostante la diffusione delle carte autocopianti, la carta carbone è
ancora economicamente competitiva nel ricalco dei documenti meccanografici e dei
moduli in genere.
Il nastro di carta carbone viene, generalmente, incollato sul nastro in corso
di stampa. Qualora la sostanza collante sia termosensibile, è necessario un
dispositivo per il riscaldamento della colla.
La stampa di documenti meccanografici necessita in numerosi casi di
numerazione, pertanto può essere presente, tra gli elementi della macchina da
bobina, un elemento tipografico per la stampa con numeratori, oppure per
inserire colori supplementari (fig. 264).
Al termine della macchina da stampa possono essere presenti stazioni per
lavorazioni paragrafiche, quali taglio o perforazione trasversale o
longitudinale al nastro, fustellatura laterale del nastro per produrre fori
utilizzati successivamente sia per la conduzione dei moduli in macchine di
centri meccanografici, sia per archiviazione, ecc.
L'uscita del nastro dalla rotativa offset di piccolo formato può avvenire in
tre modi: in bobina, in continuo, in fogli. Il nastro viene ribobinato nel caso
di alte produzioni.
La velocità di produzione può essere relativamente aumentata nel caso di
uscita con ribobinatore. Una successiva apparecchiatura permette la lavorazione
paragrafica a valle: accoppiamenti di più nastri, perforazioni trasversali,
confezione, ecc.
Qualora sia richiesta la stampa di un numero di colori superiore a quello
permesso dal numero degli elementi della macchina, è possibile, in alcuni
modelli dotati di dispositivi di controllo del registro, riimmettere il nastro
stampato in macchina, per la sovrastampa di altri colori.
L'uscita in continuo, da cui la definizione di queste macchine come «rotative
per moduli continui», avviene per mezzo di cilindri perforatori che operano
un'incisione trasversale al senso d'avanzamento del nastro. Un meccanismo
oscillatorio, detto piegatrice a zig-zag, obbliga il nastro in uscita a piegarsi
lungo la perforazione trasversale prima in un senso e poi nell'altro, in modo da
affiancare le pagine stampate una all'altra unite dai lembi della perforazione
ancora integri. I moduli affiancati si convogliano tramite nastri ed un'apposita
tavola d'uscita alla pila di raccolta (fig. 265).
La velocità massima con uscita in continuo si riduce del 20-30% se si adatta
l'uscita con ribobinatura del nastro, poiché l'operazione della piegatura del
nastro stampato introduce movimenti oscillatori in luogo, di rotazioni.
Nel caso di produzioni modeste, ad un solo colore, possono essere montate da
due a quattro bobine su appositi alberi: i nastri stampati possono essere
accoppiati prima dell'uscita ed essere avviati all'uscita continua.
Il tipo d'uscita può essere modificato, da bobina a continua o viceversa, con
poche operazioni.
Per produzioni modeste, l'uscita può avvenire in fogli tagliati. L'operazione
di taglio trasversale del nastro può avvenire mediante taglierine rotanti,
oppure sostituendo i perforatori trasversali del gruppo per uscita in continuo
con lame.
La velocità di produzione diminuisce considerevolmente con l'uscita a fogli,
a causa dei problemi d'accumulo degli stessi sulla tavola e per l'asportazione
degli stessi con metodi manuali.
3.2. Macchine offset da bobina di
medio formatoSi tratta di rotative aventi un formato abbastanza
standardizzato intorno a 58 cm di circonferenza dei cilindri e 91 cm di asse. Il
portabobine è generalmente alloggiato nel basamento di ogni gruppo stampa, senza
cambio automatico; oppure lateralmente alla macchina stessa.
Il formato dei cilindri permette la stampa di quattro pagine di un quotidiano
ad un colore in bianca e volta per ogni elemento di stampa caucciù contro
caucciù. Occorrono quindi tanti elementi di stampa di formato medio quante sono
le pagine del quotidiano divise per quattro, oppure divise per otto. nel caso di
uscita in formato tabloid. Evidentemente è necessario tenere conto
dell'eventuale presenza di colori supplementari per la scelta del numero e della
struttura degli elementi (fig. 266).
Gli elementi caucciù contro caucciù possono essere sovrapposti (fig. 267), si
ottengono così blocchi anche di quattro elementi per la stampa in verticale di
quattro colori in bianca e volta, con il vantaggio di ridurre lo spazio
orizzontale occupato dalla macchina. La piega non necessita di precisione
eccessiva, ma deve essere in grado di operare simultaneamente su un numero anche
notevole di nastri sovrapposti.
3.3. Macchine offset da bobina di
grande formatoSono utilizzate generalmente per la stampa di quotidiani in
centinaia di migliaia di copie. Poiché una macchina sola non sarebbe in grado di
produrre tale quantità dì copie in breve tempo, l'impianto è formato da un
insieme di macchine autonome funzionanti in parallelo. Il numero totale di
macchine è determinabile dividendo la tiratura massima per il numero di copie
che ciascuna uscita può dare nel tempo massimo concesso per la stampa,
generalmente intorno alle tre ore.
Il formato del cilindro s'aggira intorno 95 cm di circonferenza e la
larghezza del nastro intorno a 130 cm, pertanto ogni elemento può contenere otto
pagine formato quotidiano. Il numero massimo di pagine del quotidiano determina
quanti gruppi di stampa sono necessari per ogni macchina: ad esempio, volendo
stampare un quotidiano di 32 pagine, occorrono 4 elementi stampanti per ogni
macchina, utilizzando un solo colore. Occorrono inoltre, altrettanti elementi
per ogni colore stampato in più, per ogni gruppo di 8 pagine di incremento. Se
l'ipotetico quotidiano avesse una tiratura media di 450.000 copie, ammettendo
una velocità di tiratura di 50.000 copie orarie, occorrerebbero 3 macchine
uguali, ciascuna con una propria uscita, per poter eseguire la tiratura nella
tre ore teoriche.
Poiché su ogni semicirconferenza del cilindro sono poste due lastre, è
possibile stampare nastri più stretti del formato massimo, per produrre
quotidiani aventi un numero totale di pagine inferiore a quello massimo
possibile.
La complessità dell'impianto deriva pure dalle diverse combinazioni di pagine
in bianco e nero e a colori che si vogliono realizzare, oltre che dal numero
totale di pagine, che può superare anche di molto le 32 pagine.
In questi impianti è generalizzato l'uso di portabobine a cambio automatico,
dato il grande numero di bobine in svolgimento ed il poco tempo a disposizione.
Esistono anche impianti completamente automatizzati per il caricamento delle
bobine sull'albero portabobine.
Gli elementi di stampa possono produrre ognuno otto pagine formato quotidiano
ad ogni giro, se dotati di cilindri con larghezza semplice, altrimenti sedici
pagine con larghezza del cilindro doppia.
Gli attacchi per le lastre sono autonomi per ogni pagina, onde sostituire,
all'occorrenza, soltanto la lastra della pagina che ha subito modifiche (in
un'edizione successiva).
Per il miglior sfruttamento dell'impianto si hanno spesso elementi
trasformabili, con operazioni relativamente semplici, dalla stampa di più colori
sulla medesima faccia del nastro, alla stampa di uno o più colori
simultaneamente sulle due facce.
Gli elementi possono avere struttura come quelle già descritte, variamente
assemblate, come risulterà dalla descrizione di alcuni impianti tipici di cui si
esemplificherà più avanti.
La piegatrice è di struttura generalmente più complessa di quella delle
rotative offset di medio formato e deve essere in grado di piegare un gran
numero di pagine simultaneamente. Generalmente presenta due coni di piega
affiancati, sfruttabili, ad esempio, per l'uscita di inserti affiancati allo
stampato principale. In questo caso non è richiesta un'eccessiva precisione di
piega.
Anche se la carta per quotidiano è di qualità non elevata e presenta porosità
superficiale tendente ad assorbire parzialmente le frazioni più fluide
dell'inchiostro, può essere usato, anche se non frequentemente, il forno
d'essiccamento. Tale accessorio migliora la qualità dei neri e delle
illustrazioni a colori, permettendo la manipolazione della copia stampata con
sicurezza nella fase di confezione e spedizione.
3.3.1. Esempi di rotative di grande
formatoUn esempio è illustrato in figura 268. i cinque portabobine sono
posti al piano inferiore; gli elementi sono costituiti da tre gruppi caucciù
contro caucciù (6. 7 e 8) e da due gruppi a sette cilindri, capaci di stampare
tre colori in bianca (3/0) oppure due colori su una faccia del nastro ed uno
sull'altra (2/1 o 1/2). Variando il percorso dal nastro si possono realizzare
diverse combinazioni, ad esempio, un nastro può essere stampato a quattro colori
su un lato ed un colore sull'altro (4/1) quando viene stampato dapprima da
un'unità caucciù contro caucciù (1/1) e quindi inserito nell'unità a sette
cilindri (nella configurazione tre colori su un lato).
La traiettoria verticale del nastro nei singoli elementi permette una buona
accessibilità, sia agli organi stampanti, sia ai gruppi inchiostratori e
bagnatori. La disposizione bassa dei cilindri offre una facilità di montaggio e
smontaggio delle lastre e dei tessuti gommati.
Un secondo esempio di macchina offset da bobina di grande formato (della
Köenig e Bauer) è costituita da sei unità fondamentali (fig. 269) combinabili in
moltissimi modi, per ottenere diverse possibilità di stampa. Nei 36 schemi di
figura 270 vengono illustrati le possibilità di combinazione dei sei elementi
base citati.
Macchine tipografiche da bobina e
macchine di-lito
1. GeneralitàLa stampa con
macchine da bobina tipografiche ha cominciato a diffondersi nella seconda metà
dell'800, trovando immediato campo d'applicazione nelle pubblicazioni periodi
che, prima tra tutte la stampa dei quotidiani.
Attualmente le rotative tipografiche per la stampa dei quotidiani sono
gradualmente sostituite da analoghe macchine da stampa offset e flessografiche.
L'utilizzo delle lastre fotopolimeriche fornisce però ancora una certa
convenienza all'impiego di rotative tipografiche, in particolare per lavori
specializzati: guide telefoniche, cataloghi ad un solo colore in bianca e volta,
ecc.
Le stereotipie, forme tipografiche avvolgibili sul cilindro, costituite da un
guscio in lega tipografica ottenuta per duplicazione da una forma piana, non
sono comunque quasi più utilizzate, poiché i mezzi di composizione meccanica a
caldo sono superati da mezzi di fotocomposizione, fortemente computerizzati.
Una notevole limitazione delle macchine da bobina tipografiche è costituita
dall'impossibilità di stampare a più colori, salvo il caso di prestampare il
nastro con i colori opportuni. poiché gli elementi tipografici non sono
progettati per la stampa pluricolore.
Con l'uso di forme fotopolimeriche, previo adattamento della circonferenza
dei cilindri portaforma e di pressione, le macchine da bobina tipografiche sono
ancora presenti nella produzione di quotidiani. Altre case editrici di giornali
hanno modificato la rotativa tipografica adattandola alla stampa offset: oltre
alla correzione del diametro dei cilindri del gruppo stampante, sono stati
montati gruppi di bagnatura appositi. Poiché non esiste il cilindro del telo
gommato, la stampa offset sulle rotative modificate risulta diretta, da qui la
definizione di stampa «di-lito», derivante dalla contrazione della parola
«diretta» e dal procedimento di stampa «litografico?»
La stampa dei quotidiani non presenta alte difficoltà, poiché il formato non
varia, i titoli e le illustrazioni sono sistemati generalmente in modi analoghi,
la qualità della carta e la densità dell'inchiostro sono relativamente costanti.
Come per le macchine offset, le rotative tipografiche da bobina dispongono di
portabobine a cambio automatico e di piegatrici analoghe. Gli impianti
tipografici da bobina più moderni dispongono di controllo a distanza del
registro e dell'inchiostrazione.
Nella produzione dei quotidiani un impianto è costituito da alcuni gruppi
stampanti, costituiti ognuno da alcuni elementi, per la stampa in contemporanea
delle stesse pagine, in modo da moltiplicare il numero delle copie prodotte nel
breve tempo disponibile per la tiratura (fig. 271).
2. Trasformazione delle macchine da
bobina da tipografiche ad offsetPer la trasformazione di una macchina
tipografica in offset, si devono considerare i seguenti punti:
- - la velocità periferica dei cilindri portalastra dev'essere identica a
quella dei cilindri del telo gommato, per evitare che le lastre o i tali
gommati siano danneggiati e che si verifichino inconvenienti di stampa:
- - le corone dentate della macchina rotativa devono essere in perfetto
stato:
- - le rotative tipografiche non hanno alcuna protezione particolare contro
la ruggine, poiché operano senz'acqua. Pertanto, dopo la trasformazione, tutti
i pezzi che lavorano nelle zone ove si trova acqua, devono essere protetti
contro la ruggine. Ciò vale sia per i pezzi meccanici sia per le parti
elettrice.
Il sistema di tubazioni per l'alimentazione dell'acqua deve
resistere ai prodotti chimici contenuti nella soluzione di bagnatura; è
raccomandabile ripulire il sistema di tubazioni giornalmente, inoltre è
necessario evitare la formazione di umidità sulle parti della macchina.
Per la stampa a colori occorrono precisi comandi di regolazione per il
registro circonferenziale e laterale; essi devono essere previsti nella
conversione della macchina da tipo ad offset. La rotativa e l'ambiente in cui è
installata devono essere costantemente puliti, ad esempio con sistemi
d'aspirazione della polvere di carta in vicinanza delle lame di taglio, poiché
in caso contrario, le probabilità di rottura del nastro aumentano anche del 50%.
I rivestimenti dei cilindri devono essere costantemente verificati ed
eventualmente sostituiti, per garantire una tensione corretta del nastro ed una
sua sicura guida. La tensione dei tessuti gommati sugli ex-cilindri tipografici
di pressione è quasi sempre troppo debole per la stampa offset. La pressione
sulla linea di contatto in stampa offset è infatti più elevata, di conseguenza i
teli gommati tendono a scivolare in senso circonferenziale al cilindro per
azione delle forze tangenziali di pressione, sottoponendo i morsetti di trazione
a notevoli sforzi.
Benché sia difficile definire esattamente la variazione degli scarti, poiché
essi sono legati al tipo di produzione, tuttavia alcuni esempi fanno notare che,
con l'introduzione del colore e trasformazione della rotativa, la percentuale
degli scarti, che risulta inferiore 3,5%, ha pur sempre un lieve aumento
relativamente alla stampa tipografica.
L'introduzione delle modifiche necessarie in rotativa ha un costo di molto
inferiore a quello dell'acquisto di una corrispondente rotativa offset nuova,
infatti non supera il 10-20% ditale costo. Se però le modifiche interessano la
sostituzione dei cilindri e delle relative ruote dentate, il costo sale al 30%,
relativamente a quello di una macchina offset da bobina nuova.
La convenienza della trasformazione ha ragione d'esistere per il
miglioramento della qualità di stampa, sia inteso come aumento delle densità
dello stampato e dell'uniformità dei fondi, sia per la possibile introduzione
del colore nella produzione di quotidiani.
3. Esempio di macchina
di-litoNegli anni '70 furono sviluppate macchine da bobina appositamente
costruite in sostituzione delle macchine tipografiche, con stampa diretta di
lastre offset.
Poiché furono progettate per l'uso della soluzione di bagnatura, le parti a
contatto con l'acqua, per esempio il cilindro portalastra, sono appositamente
protette dall'ossidazione con rivestimenti in acciaio inossidabile. I rulli
inchiostratori metallici vengono protetti con rivestimenti in rame.
La disposizione degli organi stampanti e dei rulli inchiostratori in una
macchina di-lito è analoga a quella del corrispondente elemento di una macchina
tipografica (fig. 272). Può essere presente soltanto un gruppo di bagnatura a
contatto dell'ultimo rullo metallico della distribuzione dell'inchiostro.
Altri esempi di macchine da bobina di-lito sono già stati segnalati nel
capitolo riguardante le macchine da bobina offset, ad esempio nella figura
riguardante il passaggio del nastro nei gruppi caucciù-contro-caucciù a sei
cilindri (fig. 250).
Macchina rotocalco da bobina
1. GeneralitàL'elemento
stampante di una macchina rotocalco è costituito da un serbatoio contenente
l'inchiostro, da un cilindro che ospita i grafismi incisi, da un gruppo di
raclatura dell'inchiostro dalla superficie del cilindro inciso, da un gruppo di
pressione costituito da uno o più cilindri, da un sistema per il passaggio del
Supporto (fig. 273). Completano l'elemento di stampa rotocalco un dispositivo
d'essiccazione dell'inchiostro e uno per il controllo del registro.
La stampa rotocalco si è affermata su larga scala negli anni successivi alla
seconda guerra mondiale, in particolare con lo sviluppo delle rotative da
bobina.
La velocità di stampa, limitata a 15.000 giri/h del cilindro prima della
seconda guerra mondiale, ha raggiunto i 30.000 giri/h del cilindro negli anni
'60 ed attualmente tende a raggiungere i 50.000 giri/h, grazie al miglioramento
delle tecnologie per il controllo del registro ed ai miglioramenti meccanici. Le
macchine rotocalco da bobina trovano la loro più ampia applicazione nella stampa
dei periodici ad alta tiratura, riccamente colorati.
Gli stampati su supporti non assorbenti (film plastici, alluminio, ecc.) sono
realizzati con il processo rotocalco quando le esigenze di qualità lo
richiedano. I laminati plastici sono tuttora un prodotto della Stampa rotocalco,
come numerosi tipi di carte da parati.
Il processo rotocalco ha conosciuto un rapido progresso con l'automazione
della formatura. Dapprima furono introdotti mezzi di controllo automatici per il
controllo dell'incisione della forma in rame, attualmente si tende a produrre
l'incisione solo con mezzi elettromeccanici (elioclisciografi). Negli anni '80
si sta assistendo alla fusione delle lavorazioni a monte della formatura, con il
fine di produrre matrici intermedie utilizzabili per diversi processi di stampa,
in particolare utilizzabili sia per la produzione di lastre offset sia per la
produzione di cilindri rotocalco tramite incisione elettromeccanica. Ancora un
cenno merita il tentativo d'introdurre l'incisione laser dei cilindri rotocalco,
tramite deposizione sulla loro superficie di un sottile film plastico
(Crosfiled).
La forma rotocalco è generalmente costituita da un cilindro ramato in
superficie, spesso cromato dopo l'incisione per aumentarne la resistenza
all'usura, su cui sono praticate incisioni, dette alveoli o cellette. La
variazione di volume degli alveoli consente di modificare la quantità
d'inchiostro trasferita sul supporto e, pertanto, la gradazione tonale.
L'inchiostro rotocalco presenta una bassa viscosità, relativamente agli altri
inchiostri da stampa; esso può essere costituito sia da pigmenti dispersi nella
vernice, sia da coloranti sciolti in esso. L'evaporazione della frazione a più
basso punto d'ebollizione dell'inchiostro permette una rapida essicazione del
film superficiale. La quantità d'inchiostro trasferita sul supporto dalla forma
rotocalco è mediamente molto più alta che nei processi tipografico od offset,
perché le massime incisioni possono raggiungere anche la profondità di alcune
decine di micrometri; pertanto possono essere ottenuti risultati cromatici anche
molto brillanti.
Comparando un impianto rotocalco da bobina con uno analogo offset, si può
notare che, benché i costi per l'investimento iniziale siano superiori, la
macchina rotocalco permette la stampa con cilindri di diametro e lunghezza
maggiori e diversificati. mentre ciò è impossibile per una macchina offset da
bobina. L'uso del formato variabile nella stampa da bobina rotocalco consente ad
una medesima macchina la produzione di stampati molto differenti, anche per
l'evoluzione seguita dalle piegatrici in linea con l'impianto, anch'esse dotate
di formato variabile.
Mentre una macchina offset da bobina costituisce un impianto standard per
produzioni ripetitive, una corrispondente macchina rotocalco risulta più
flessibile.
Il cilindro inciso, può essere controllato qualitativamente con l'esecuzione
di una prova di stampa mediante un'apposita macchina detta tiraprove. Esaminati
i risultati ottenuti al tiraprove ed eseguite le opportune correzioni, i
cilindri possono essere avviati alla macchina rotocalco da bobina per la
tiratura.
2. Tiraprove e prova di Stampa
rotocalco
2.1. GeneralitàLa prova di
stampa può essere equiparata, fatte le debite proporzioni, con la bozza ottenuta
in composizione; si tratta cioè un documento intermedio su cui controllare le
operazioni eseguite a monte e per programmare la stampa successiva.
La prova di stampa rotocalco avviene al termine delle operazioni di
formatura, quando il cilindro inciso è disponibile per un controllo qualitativo
della produzione. La definizione della qualità dello stampato, nonostante le
numerose tecniche di controllo disponibili, è ancora difficile da definire con
chiarezza, a causa di numerosi fattori, che potrebbero essere riepilogati come
segue:
- rilevante soggettività nel giudizio del prodotto stampato e nella sua
comparazione con gli originali, in particolare nel confronto tra ciò che esiste
sugli originali, ciò che il cliente vorrebbe che si vedesse, e ciò che è
tecnicamente possibile ottenere con i mezzi di formatura e stampa rotocalco;
mancanza di procedure standard, comuni a più stampato, che abbiano rilevanza
nella stampa rotocalco per edizioni;variazioni dei materiali usati per la
stampa, delle tecniche di produzione grafiche e delle macchine.
La prova di stampa viene eseguita sul tiraprove per prodotti di elevata
qualità, ad esempio cataloghi a quattro colori, per evitare scarti o reclami da
parte del cliente, oppure costosi fermi della macchina rotocalco da bobina.
Eseguita la prova, i cilindri portaforma vengono corretti dalle eventuali
imperfezioni, quindi cromati, se utilizzati per tirature elevate.
Tali cilindri sono poi nuovamente immessi nella macchina tiraprove rotocalco
per produrre nuove prove di stampa da sottoporre al cliente. In questa fase si
analizza sia l'uniformità dei fondi sia il bilanciamento cromatico.
2.2. Tiraprove rotocalcoI
tiraprove rotocalco sono separabili in due classi: 1. tiraprove monocolori a
tamburo. Si tratta di macchine rotocalco in grado di stampare su ogni
supporto con un ridotto consumo di materiali ed un limitato impiego di
personale. Sono utilizzati nel campo della stampa di periodici, d'imballaggi,
per stampati per transfer, carta da parati, ecc.; 2. tiraprove multicolori a
bobina (fig. 274). Si tratta di macchine rotocalco da bobina specializzate,
costituite da quattro gruppi di stampa, uno sbobinatore ed una uscita a fogli
(sheeter). Queste ultime macchine posseggono un'elevata flessibilità
poiché in esse possono essere inseriti cilindri aventi assi di lunghezza
diversa. Esse permettono un rapido avviamento, perché con cilindri di asse
(«tavola») Superiore ai due metri, la prova può essere completata nel giro di
due ore.
La velocità di produzione è ridotta a 50-70 m/min, con un consumo di carta
non Superiore ai 150 kg per ogni prova. Le caratteristiche principali di una
rotativa tiraprove per rotocalco devono consentire una serie di possibilità
riassumibili come segue:
1. Possibilità di cambiare rapidamente i cilindri ed il formato di stampa,
mediante attrezzature di preregistro e dispositivi che permettono un rapido
adattamento alle variazioni di larghezza carta, dello sviluppo circonferenziale
o assiale del cilindro, ecc.
2. Uscita del nastro in fogli, con dispositivo di taglio trasversale della
bobina stampata e meccanismi per l'accumulo dei fogli impilati.
3. Possibilità di controllo del registro tramite compensatori longitudinali
al nastro oppure agenti sull'asse dei cilindri.
4. Possibilità di modificare le caratteristiche della pressione da parte del
cilindro di pressione mediante una torretta rotante su cui sono montati diversi
pressori, oppure con modificazione della forza con cui l'unico pressore agisce
contro il cilindro forma.
5. Bacinella costituente il calamaio dell'inchiostro adattabile alle
dimensioni dei cilindri forma immersi in essa, sia in senso circonferenziale,
sia per le variazioni longitudinali.
Devono inoltre essere presenti i dispositivi simili a quelli delle macchine
rotocalco da bobina propriamente dette, quali il comando del gruppo della rada,
la presenza di cappe d'aspirazione dei solventi dell'inchiostro per ogni gruppo
stampa, ecc.
2.3. Correzione dei cilindri
rotocalcoTenendo presente i risultati ottenuti mediante il tiraprove
rotocalco, i cilindri incisi possono essere corretti modificando il volume degli
alveoli incisi. La correzione può essere solo di due tipi: o il volume degli
alveoli era troppo elevato, quindi è necessario ridurlo, oppure era esiguo,
quindi è necessario aumentarlo. Per ridurre il volume degli alveoli si può agire
asportando nella zona da correggere il rame in superficie per mezzo di abrasivi
(scarbonatura, ecc.).
Un altro modo di ridurre il volume degli alveoli consiste nel depositare al
loro interno materiali, sia per deposizione elettrolitica, sia per deposizione
di lacche insolubili negli inchiostri rotocalco.
Per aumentare il volume degli alveoli è necessario reincidere le zone
interessate, proteggendo opportunamente le coste degli alveoli.
2.4. Correlazioni tra il tiraprove e
la rotativa da bobina rotocalcoLe condizioni operative di stampa su una
macchina tiraprove ed una macchina da bobina rotocalco sono profondamente
diverse. In particolare la velocità con cui vengono eseguite le prove è
notevolmente inferiore a quella operativa in macchina da bobina. pertanto
debbono essere eseguite correlazioni tra i risultati ottenuti in tiraprove e
quelli in tiratura.
La qualità del trasferimento dell'inchiostro sul supporto dipende, in prima
approssimazione, dalla velocità della macchina e dalla viscosità
dell'inchiostro.
Per aumentare la velocità della macchina da stampa rotocalco, è necessario
diminuire la viscosità dell'inchiostro, intesa come rapporto tra l'inchiostro
puro e la percentuale di solvente aggiunto, con il fine d'ottenere valori tonali
di trasferimento dell'inchiostro accettabili.
La velocità del tiraprove rotocalco impone l'uso d'inchiostri con viscosità
più elevata, relativamente a quella degli inchiostri utilizzati in rotativa,
ottenibile per mezzo di vernici aggiunte all'inchiostro. La qualità di solvente
(generalmente toluolo) presente nell'inchiostro usato nel tiraprove è inferiore
a quella presente nell'inchiostro usato in rotativa, a causa della diversità di
velocità delle due macchine. Pertanto il risultato finale ottenuto in un
tiraprove, a parità d'inchiostro puro, risulta di qualità superiore, a causa del
diverso tipo di trasferimento dell'inchiostro.
Per correlare i risultati in tiraprove con quelli ottenuti in rotativa si
possono definire dei valori standard mediante la stampa dei medesimi cilindri,
contenenti incisioni controllate e conosciute, prima su una macchina e
successivamente sull'altra, operando sperimentalmente con un opportuna gamma
d'inchiostri e di carte e confrontando con metodi soggettivi ed oggettivi i
risultati ottenuti, si può studiare su quali parametri intervenire per
riprodurre fedelmente le gradazioni e le tonalità in condizioni standard, ad
esempio operando sulla pressione e sul tipo di rade, ecc.
Successivamente le stampe sul tiraprove saranno eseguite osservando i valori
standard già sperimentati.
La prova di stampa ottenuta al tiraprove rotocalco accompagna le forme alla
macchina rotocalco, reca i valori densitometrici e le condizioni operative
impiegate per il suo ottenimento.
3. Struttura delle macchine
rotocalco da bobina
3.1. GeneralitàLa macchina
rotocalco da bobina è composta da una serie di elementi modulari, in cui ogni
gruppo stampante trasferisce un colore sul nastro in svolgimento.
A causa dell'elevata produzione, caratteristica degli impianti di grande
formato, il portabobine è, generalmente, del tipo a cambio automatico.
Ogni gruppo stampante è dotato di un gruppo di pressione, formato da uno o
più cilindri sovrapposti e dal cilindro forma inciso; quest'ultimo è posto quasi
in tutti i modelli sotto il gruppo di pressione, in verticale.
Inferiormente al cilindro forma è situato il calamaio, ospitante l'inchiostro
fluido. In alcuni modelli il gruppo d'inchiostrazione può essere costituito da
una serie di ugelli che proiettano l'inchiostro sulla superficie del
cilindro-forma.
Il gruppo di raclatura, composto da una lama appoggiata sulla
superficie del cilindro e dai dispositivi per la sua regolazione, è sito
lateralmente al cilindro forma e incide sulla sua superficie a non molta
distanza dalla linea di contatto tra il cilindro pressore ed il cilindro forma.
L'elemento stampante è completato da un dispositivo atto a favorire
l'evaporazione del solvente contenuto nello stampato e da una serie di elementi
per il controllo del registro, della vistosità dell'inchiostro, ecc.
In alcune macchine, adatte alla stampa di specifici prodotti, può esistere un
carrello su cui sono montati, oltre al cilindro forma, il gruppo
d'inchiostrazione e quello di raclatura. Tale carrello può essere Sostituito da
un altro che porta una forma flessografica con inchiostrazione «anilox» (v.
oltre). Poiché la struttura della macchina è la medesima, la flessibilità
aumenta considerevolmente, potendo mutare il procedimento di stampa.
3.1.1. Alimentazione del
nastroIl portabobine è già stato descritto nei paragrafi sul gruppo
d'alimentazione delle macchine e ad essi si rimanda. Il percorso del nastro in
una macchina rotocalco da bobina risulta notevolmente più complesso e lungo che
in una macchina offset: pertanto potrebbero verificarsi, in assenza di controlli
della tensione del nastro, maggiori probabilità di tiro differenziato tra i
diversi elementi stampanti.
Il trascinamento del nastro in una macchina rotocalco da bobina può
avvenire per mezzo:
- - dell'attrito esistente tra il cilindro di pressione ed il cilindro
inciso:
- - dell'insieme dei rulli di trascinamento;
- - dei rulli della piegatrice;
- - dei tamburi essiccatori (su alcune macchine).
Affinché il
trascinamento del nastro sia corretto, gli elementi trainanti devono avere,
teoricamente, la medesima velocità periferica; per garantire la tensione del
nastro in macchina, però, si usa l'accorgimento di impiegare velocità
periferiche leggermente crescenti, a partire dal primo elemento stampante. Tale
differenza di velocità periferica può essere ottenuta ponendo i cilindri forma
di diametro più piccolo all'inizio della rotativa e, via via, quelli a diametro
maggiore negli elementi successivi (le differenze di diametro sono dell'ordine
di qualche micrometro).
Qualora non si osservasse questa precauzione, il tiro di un cilindro forma
maggiore potrebbe provocare un'accumulo di nastro successivamente ad esso,
durante la tiratura, non riassorbibile dai rulli compensatori della tensione.
Teoricamente si può calcolare l'accumulo di nastro, tenendo presente che lo
spazio (s) percorso da un punto su una circonferenza, cioè di un punto sulla
superficie del cilindro, è dato dal prodotto del raggio (r) della circonferenza
per l'angolo (o) percorso dal punto, quest'ultimo misurato in radianti, dove: 2
V p rad = un giro = 3605.
Ammettendo una differenza di un decimo di mm (0,01 cm) tra il raggio di due
successivi cilindri forma, dove il primo è maggiore del secondo, il nastro
percorre uno spazio pari a 2 V p V 0,01 cm in più all'uscita del primo elemento
ad ogni giro dei cilindri. Tale valore, pur molto piccolo, può essere avvertito
con il procedere della tiratura: dopo 1.000 giri del cilindro assomma infatti a
circa 63 cm teorici.
Se invece il cilindro di raggio maggiore è posto successivamente al primo,
viene esercitata una certa tensione sul nastro e questo reagisce elasticamente
alla sollecitazione.
I 63 cm teorici di differenza del calcolo precedente sarebbero da ripartire
sulla tensione di alcune migliaia di metri di nastro (se il cilindro misura 50
cm di raggio, dopo l.000 giri sono passati 2 V p rad V 50 cm V 1.000 giri = 2 V
p V 50.000 cm = 3.142 m di nastro), che inciderebbero sull'allungamento del
nastro per circa lo 0,0002%.
Tali calcoli sono indicativi e non tengono conto di un'eventuale
riscaldamento del nastro nel dispositivo d'essiccamento dell'inchiostro. in
tal caso, con Supporti fibrosi igroscopici, si possono avere fenomeni di
restringimento del nastro, quindi si dovrebbe usare una successione dei cilindri
in modo opposto a quello accennato sopra.
Per edizioni in quadricromia, la differenza tra le circonferenze dei cilindri
forma è contenuta intorno a 0,1 mm per ogni metro di circonferenza, operando in
modo che il primo cilindro, di diametro inferiore, funzioni da freno, mentre
l'ultimo, di diametro maggiore, garantisca un sufficiente tiro sul nastro per
alimentare adeguatamente la piegatrice.
3.2. Organi di Stampa
Gli organi
stampanti in una macchina rotocalco da bobina sono costituiti dal cilindro
inciso su cui preme un cilindro pressore, a cui è eventualmente sovrapposto un
secondo cilindro premente.
Poiché il cilindro inciso presenta una superficie liscia e dura, il cilindro
di pressione può essere rivestito da uno spessore in gomma relativamente duro.
La pressione di stampa può raggiungere valori anche molto elevati (50-100
kg/cm2), pertanto la costruzione del cilindro pressore ed il suo rivestimento
sono particolarmente curati. I supporti dei cilindri forma rotocalco
devono essere costruiti per permettere un rapido e comodo cambio degli stessi
cilindri. Poiché in molti modelli esiste la possibilità di usare cilindri di
diverso diametro, generalmente l'asse di rotazione ha posizione fissa, mentre il
pressore può essere avvicinato o allontanato al variare del diametro della
forma.
In altri modelli i costruttori hanno previsto il montaggio del cilindro
inciso su slitte, le cui dimensioni variano in relazione allo sviluppo
circonferenziale dello stesso per portarlo a contatto con il cilindro di
pressione.
3.2.2. Cenno sulla
rotocalco3.2.2.1. Generalità. La forma rotocalco è costituita da una
serie di alveoli, ospitanti un volume differenziato d'inchiostro in relazione
alle tonalità da ottenere, incisi su una superficie quasi sempre di rame.
L'ottenimento della forma di rame è descritta nella relativa formatura: in
questa sede si ricorda solo che le lastre di rame montabili sul cilindro
portaforme sono state sostituite da cilindri appositi su cui viene deposta una
sottile foglia di rame per mezzo di bagni galvanici.
Thomas Bell nel 1874, definì il cilindro rotocalco come:
«... un'anima in ferro rivestita di rame, o altro materiale, sul quale si
possa riportare, e poi eliminare tutte le volte che occorre, il motivo da
stampare...». Il cilindro rotocalco era, nel secolo passato, limitato ad una
larghezza di pochi decimetri, inoltre la velocità di rotazione non superava
qualche giro al secondo.
Dagli anni '50 in avanti sorse la necessità di controllare maggiormente la
precisione di costruzione del cilindro rotocalco, poiché si dovevano raggiungere
velocità intorno ai 40.000 giri/h, con velocità periferiche anche maggiori di 12
m/s, e con passaggio di nastri di carta molto larghi.
Il cilindro rotocalco è assimilabile ad un organo meccanico che fa
parte integrante della macchina da bobina e pertanto è richiesta un'elevata
accuratezza e precisione di costruzione. Tale precisione meccanica dev'essere
anche rapportata alle tolleranze di funzionamento dei dispositivi
elettromeccanici o elettronici d'incisione.
3.2.2.2. Meccanica del cilindro portaforma. Il cilindro rotocalco è
composto essenzialmente da un tubo d'acciaio, di spessore variabile, alle cui
estremità sono fissate, a caldo, due flange. All'interno di esse sono saldamente
collegati due perni (fig. 275).
Sui perni sono infilate due boccole, oppure cuscinetti ad anelli, che
permettono la rotazione del cilindro nelle fiancate dell'elemento stampante con
il minimo attrito.
Nella costruzione di un cilindro rotocalco si tiene conto di numerosi
fattori, i più importanti dei quali sono la larghezza della «tavola» stampante e
la variazione circonferenziale minima e massima ammessa.
A tali dati sono legate le sollecitazioni maggiori cui un cilindro rotocalco
è sottoposto durante la rotazione nella macchina da stampa.
Le sollecitazioni che tendono a deformare il cilindro rotocalco possono
essere riassunte come segue:
- - sollecitazioni interne, come torsione, flessione e compressione.
Si
tratta di una combinazione di forze dipendenti dalla forza con cui il pressino
agisce sul cilindro, dal momento agente trasmesso dal motore, dalle forze che
insistono sui cuscinetti, dalla pressione della rada, ecc. (fig. 276).
- - sollecitazioni esterne, provocate dalle variazioni termiche cui il
cilindro viene sottoposto durante le operazioni di ramatura e cromatura. Le
variazioni termiche possono influire sulle tensioni interne dei materiali:
anche se contenute, esse possono dar luogo a deformazioni della forma
geometrica del cilindro.
Com'è noto, il diametro esterno dei quattro
cilindri è diverso di una minima quantità, circa 1/10 di mm; il cilindro di
maggior diametro viene posto generalmente nell'ultimo elemento stampante e gli
altri con diametro via via decrescente fino al primo elemento stampante (scala
dei cilindri). Questo per garantire una corretta tensione del nastro in fase di
Stampa, ottenibile se il cilindro successivo ha una velocità periferica
leggermente superiore al precedente.
Il cilindro viene sottoposto a sollecitazioni anche durante le
operazioni di formatura o di preformatura: cioè durante le operazioni di
tornitura, pulitura e rettifica.
Calcolare esattamente le resistenze alle sollecitazioni di un cilindro
rotocalco è assai difficile, a causa dell'eterogeneità dei materiali di cui esso
è costituito.
Il corpo cilindrico della tavola stampante, come si è ricordato, è costituito
quasi esclusivamente da tubi senza saldatura, in acciaio non legato. Si può
usare un tubo di designazione UNI 2897-69 con Fe 55-2. Tali tubi sono
normalmente posti in commercio nelle lunghezze da 1,5 a 7 m, nei diametri e
Spessori di valore unificato, secondo le tabelle UNI 2987-69 e 2898-69.
Le condizioni che permettono un funzionamento corretto del cilindro durante
la stampa possono essere riassunte in una sufficiente precisione geometrica del
cilindro e nell'assenza di vibrazioni.
La precisione geometrica del cilindro dipende non solo dalla esatta
circonferenza dello stesso, intesa come sviluppo nominale dell'acciaio
addizionato dello spessore della «sfoglia» di rame (1-1,2 mm), ma anche dalle
condizioni operative di finitura della superficie di rame.
In particolare sono da tenere sotto controllo la conicità del cilindro, la
rugosità della tavola stampante, la geometria del bordo del cilindro.
Quest'ultima si ottiene smussando la circonferenza esterna del cilindro, poiché
se il bordo del cilindro fosse a spigolo vivo, si potrebbe danneggiare la rada
durante il suo movimento di va e vieni, ed usurarla in modo anormale (fig. 277).
L'assenza di vibrazioni si ottiene con il controllo della precisione di
rotazione del cilindro, della sua flessione, del corretto equilibramento assiale
dello stesso.
Le difficoltà di rotazione sono contenute in valori accettabili allorché il
gioco radiale del cuscinetto entro cui ruotano i perni rientra nelle previste
tolleranze. Esse dipendono da una serie di fattori, quali: il massimo peso del
cilindro, la velocità meccanica massima, lo spostamento assiale per l'estrazione
dei cuscinetti, il coefficiente di carico, ecc.
Per evitare rotazioni o scorrimenti tra il cuscinetto ad anelli conici ed il
perno, è necessario montare gli anelli interni con un sufficiente grado
d'interferenza, in proporzione al carico del cilindro. Poiché un anello interno
sottoposto a carico tende a dilatarsi, s'allenta l'accoppiamento con il perno e
può verificarsi uno scorrimento tra i due corpi. Pertanto gli anelli vengono
riscaldati, prima di essere immessi nei perni del cilindro, con il fine
d'ottenere l'interferenza voluta, impiegando tabelle che pongono in relazione la
differenza di temperatura tra perno e cuscinetti ad anelli conici e
l'inerferenza consigliata.
Generalmente per cilindri con un peso oscillante tra 800 e 1000 kg si opera
un forzamento di 0,03 mm. Non si possono superare certi valori d'interferenza
poiché corrispondentemente diminuisce il gioco nel cuscinetto, a causa della
dilatazione dell'anello sottoposto a carico.
Le operazioni di smontaggio del cuscinetto ad anelli conici sono facilitate
da estrattori termici in lega leggera.
La flessione del cilindro (1), dipende dalla lunghezza della tavola stampante
(1), dal carico applicato dal pressore (P), dal modulo d'elasticità (E) e dal
momento d'inerzia della sezione del cilindro (1), tramite la formula:
Il momento d'inerzia è inoltre direttamente proporzionale allo spessore ed al
diametro del tubo impiegato per la costruzione del cilindro. Pertanto,
diminuendo il diametro del cilindro, occorre aumentare lo spessore del mantello,
per mantenere costante la resistenza alla flessione.
La flessione del cilindro dovrebbe essere contenuta entro 1/10 di mm nel
mezzo della tavola stampante, con un carico del pressore intorno a 25 kg/cm2.
Tali valori sono difficili da ottenere con cilindri di grande tavola e piccolo
diametro, poiché la flessione aumenta con il cubo della lunghezza della tavola
stampante (1 3)e con una potenza del raggio del cilindro, tramite il momento
d'inerzia (1). La rigidità del cilindro è invece facile da ottenere con tavola
stampante piccola e grande diametro del cilindro.
Una delle maggiori fonti di vibrazioni nella rotativa rotocalco è costituita
dalla squilibratura dei cilindri. La distribuzione delle masse poste su un corpo
cilindrico in rotazione deve essere particolarmente equilibrata, poiché anche
piccole differenze di massa locali possono produrre forti vibrazioni con
frequenza periodica, a causa di sollecitazioni sui perni ruotanti nei
cuscinetti, legate al numero di rotazioni nell'unità di tempo.
Apposite macchine equilibratrici permettono di misurare la distribuzione
delle masse sul cilindro e, tramite piccole masse applicate opportunamente sui
lati del cilindro, si può equilibrarne il corpo, affinché l'asse di rotazione
coincida con l'asse principale d'inerzia. In queste condizioni la sollecitazione
cui il vincolo è sottoposto, anche se in moto, viene a dipendere dalla
sollecitazione attiva, cioè il cilindro si comporta, ruotando, come un corpo in
quiete. Normalmente è accettabile una squilibratura non superiore a 80-120 g su
un cilindro di tavola intorno ai 200 cm, tenendo presente che il peso del
cilindro s'aggira su alcuni quintali.
L'elemento di collegamento che rende solidale il cilindro con la rotazione
dell'organo trainante è la linguetta (fig. 278).
3.3. Gruppo di pressione
Il problema
della pressione nelle macchine da stampa rotocalco è notevole; in quelle con
cilindri aventi asse superiore ai due metri coinvolge grossi problemi di
Struttura meccanica, per l'elevata pressione (20-25 kg al cm lineare) richiesta
per il trasferimento dell'inchiostro dagli alveoli al supporto (escludendo i
fenomeni d'interferenza).
Il gruppo di pressione può essere costituito da uno o più rulli. Qualora
venga usato un solo cilindro di pressione, la sua superficie dev'essere
sufficientemente rigida. Usando rulli di contropressione, la superficie del
cilindro pressore può essere più elastica. Ciò ha luogo per il fatto che la
pressione esercitata in una macchina da bobina rotocalco, provoca una
deformazione nella mezzeria dei cilindri prementi. La flessione può essere
contenuta se viene aumentato il diametro dei cilindri costituenti il gruppo
stampante, oppure con l'aggiunta di altri rulli prementi, che conferiscono
maggiore rigidità al sistema premente.
Nelle rotative aventi asse del cilindro inferiore a un metro si ha un solo
cilindro di pressione. Nelle macchine con asse del cilindro più lungo di un
metro si impiega il «contropressino» ed anche due contropressini. Nelle macchine
con asse del cilindro intorno a 240 cm, si ottiene una pressione di 20-25 kg/cm
con un'interferenza nella mezzeria di 0,1 mm. Per garantire tale interferenza,
un solo cilindro di pressione non è sufficiente, perché tenderebbe a flettere.
Nei gruppi in cui vengono usati due cilindri di pressione, uno sovrapposto
all'altro, quello superiore è dotato di una superficie metallica e su di esso
agiscono due pistoni. In altri sistemi si usano blocchi oleodinamici, oppure
pneumatici per agire sul secondo cilindro di contropressione, con lo scopo di
garantire la rigidità del sistema.
La tecnologia con cui si cerca di evitare la flessione dei cilindri in
rotocalco è analoga a quella usata nelle macchine continue per la fabbricazione
della carta, in cui esistono cilindri con asse anche di sette metri, per cui
modesti momenti flettenti producono forti variazioni di spessore della carta tra
il centro e la periferia del nastro.
Una di queste tecnologie prevede l'uso di un cilindro avente una carcassa
dotata di fori capillari, su cui è posta la gamma del pressino; aria compressa,
all'interno dell'anima del pressino, agisce sui capillari per aumentare la
pressione del cilindro. Tra il rivestimento in gomma ed il sistema pneumatico
viene immessa una sostanza plastica, fluida, capace di autopolimerizzare con
l'aumento della temperatura, divenendo più viscosa. quando ha luogo un
innalzamento della temperatura superficiale del pressino a causa di attriti, la
sostanza plastica reagisce con maggiore difficoltà alla pressione pneumatica
interna, perché acquista maggiore viscosità, riducendo la pressione di stampa ed
attenuando il fenomeno che ha provocato l'innalzamento della temperatura. Non si
dimentichi che un aumento della temperatura superficiale della gomma del
pressino, ha come conseguenza una dilatazione del materiale stesso, con
esaltazione del problema degli attriti.
Altre case costruttrici hanno studiato sistemi analoghi, con pressione
oleodinamica all'interno della carcassa del pressino, tramite un sistema di
piccoli pistoni..
Per ovviare alla forte richiesta di pressione delle macchine rotocalco,
esiste un'altra soluzione: quella di adottare il principio di trasferimento
elettrostatico dell'inchiostro dalla forma al supporto, con una discreta
riduzione di pressione. Gli apparecchi elettrostatici per favorire il
trasferimento dell'inchiostro in rotocalco sono trattati in altra sede.
Il rullo di pressione non è comandato da alcun organo motore; esso ruota per
la frizione esercitata dal cilindro forma. In tal modo vengono evitate
differenze di velocità periferica nell'organo stampante che si tradurrebbero in
attriti indesiderati.
Nelle macchine rotocalco da bobina molto veloci, il rullo pressore può
riscaldarsi anche notevolmente e di conseguenza può usurarsi precocemente, dare
problemi di variazioni dimensionali meccaniche, ecc.
La gomma con cui è rivestito il cilindro di pressione è, moderatamente, in
grado di disperdere il calore accumulato sulla superficie a causa di attriti. in
parte l'inchiostro fluido rotocalco, a forte evaporazione, funziona come mezzo
refrigerante. Tra gli elementi estremi di una rotativa a otto elementi, però,
può esistere una differenza di temperatura, misurata sulla superficie dei
cilindri di pressione, anche di 5 5C. in casi estremi di attrito, si possono
avere temperature di 80-85 5C, che pongono seri problemi alla tenuta sulla
carcassa della gomma del pressino.
Una delle conseguenze dell'aumento di temperatura superficiale è la
diminuzione della viscosità dell'inchiostro, con ripercussioni sulla
stampabilità. Alcune ditte forniscono il cilindro di pressione dotato di
collegamenti a tubazioni d'acqua, attraverso giunti speciali, per la
refrigerazione interna del gruppo di pressione.
La superficie dei cilindri di pressione è rivestita di gomma molto dura,
intorno a 80-85 5Sh A, per ridurre al minimo la striscia di contatto ed
avvicinarla alla teorica linea di contatto tra due superfici curve. In tal modo
viene aumentata la forza agente per cm lineare.
La durezza del rivestimento sul rullo pressore dipende da molti fattori:
velocità di stampa della macchina, caratteristiche di compressibilità e liscio
superficiale del supporto da stampare. abrasività del supporto e degli
inchiostri, ecc.
Poiché i rulli pressori delle macchine rotocalco da bobina non sono collegati
con corone dentate agli organi motori, il loro diametro può essere molto
variabile. Un cilindro di pressione di piccolo diametro, però, ha lo svantaggio
di essere maggiormente soggetto alla flessione. D'altra parte, la larghezza
della striscia di contatto diminuisce con il diminuire del diametro del cilindro
pressore. Pertanto un rullo pressore di piccolo diametro garantisce, a parità di
altre condizioni, un trasferimento più nitido dell'inchiostro.
Il contatto tra il cilindro forma e quello di pressione avviene tramite una
striscia di contatto, di larghezza variabile in relazione all'elasticità del
rivestimento del pressore e alla pressione applicata, ma che misura mediamente
10-12 mm. Il rivestimento in gomma dovrebbe resistere almeno a 30 milioni di
giri prima di dover essere rettificato; esso tende a rovinarsi soprattutto ai
bordi.
L'innesto e il disinnesto nonché la regolazione della pressione avvengono
tramite dispositivi meccanici o pneumatici.
Il valore della pressione può essere controllato sia mediante lettura della
posizione di volantini, sia mediante lettura con apparecchi dinamometrici, che
rilevano la forza d'appoggio.
Il valore della pressione può variare notevolmente in relazione alla durezza
del rullo pressore ed alla natura del materiale da stampare. Cartwright indica i
seguenti valori:
La pressione nelle macchine rotocalco da bobina dev'essere costante e
ripetibile, sia per il mantenimento del registro tra i diversi elementi, sia per
garantire una tensione uniforme del nastro.
Dispositivi automatici di disinnesto della pressione tolgono istantaneamente
il contatto tra il cilindro forma ed il rullo pressore quando si verificano
inconvenienti durante la tiratura, ad esempio con rottura del nastro. In tal
modo il pressore non viene controstampato dalla forma, inoltre vengono evitate
eccessive pressioni causate dall'improvviso aumento di diametro del cilindro
forma sul quale s'avvolge parte del nastro rotto. I dispositivi automatici,
comandati da rilevatori di rottura del nastro, staccano la pressione ed
arrestano la macchina: per evitare che l'inchiostro essicchi negli alveoli della
forma, un motore secondario trascina il cilindro rotocalco in rotazione nel
calamaio a velocità ridotta.
3.3.2. Innesto della pressione
La regolazione della pressione è effettuabile alle due estremità del rullo
pressore: l'innesto della pressione può avvenire sia per mezzo del controllo
della discesa del rullo pressore entro apposite guide, sia mediante rotazione di
eccentrici (fig. 279).
Altri costruttori preferiscono comandare l'innesto della pressione tramite un
dispositivo pneumatico, che agisce su uno stantuffo, collegato o ad una boccola
eccentrica (fig. 280) oppure operando direttamente sull'albero del rullo
pressore.
3.3.3. Rullo flessibileTra i
diversi sistemi per il controllo della pressione nelle macchine rotocalco da
bobina, si cita, ad esempio, quello del rullo flessibile. Poiché è inevitabile
il manifestarsi di fenomeni flessori lungo l'asse dei cilindri del gruppo
stampante, una ditta costruttrice (Cerutti) ha realizzato un rullo di pressione
capace di compensare la flessione del sistema.
Il rullo flessibile è costituito da un albero interno fisso, al cui interno è
ricavato un condotto per alimentazione di aria compressa. esternamente
all'albero è posta una camera pneumatica in grado di deformarsi all'aumentare
della pressione dell'aria, per azione di anelli pressati pneumaticamente contro
la camicia esterna. Questa è collegata all'albero fisso tramite due cuscinetti,
che le permettono di ruotare solidalmente al cilindro forma (fig. 281).
Alle estremità dell'albero fisso può agire la forza premente di due pistoni.
Operando su una o più delle tre forze pneumatiche, si possono ottenere striscie
di contatto differenziate.
I principali vantaggi del sistema di pressione a rullo flessibile consistono
nella possibilità di diminuire la pressione globale applicata, perciò calano, di
conseguenza, il consumo d'energia e le possibilità di usura del rullo pressore.
Inoltre l'adattamento della superficie del rullo pressore alla superficie del
cilindro forma garantisce un corretto trasferimento dell'inchiostro sul
supporto, attenuando il fenomeno della mancanza di punti nella «mezzeria» del
gruppo stampante.
3.4. Gruppo di raclatura
Lo scopo della
rada è quello d'asportare dalla superficie del cilindro rotocalco l'eccesso
d'inchiostro, lasciando colme le cellette. La corretta asportazione
dell'inchiostro da parte della rada dipende da molti fattori, i principali dei
quali sono:
- - il tipo di metallo di cui è composta;
- - la sua affilatura, lo spessore della lama e della controlama ed il
rapporto tra le loro lunghezze ed il supporto portaracla;
- - la pressione con cui la lama preme sul cilindro.
- - l'angolo di contatto con la superficie del cilindro
- - il movimento assiale della rada. la sua usura a causa dell'inchiostro o
per altre cause.
Il posizionamento della racla sul cilindro avviene a
qualche decina di gradi dal punto in cui l'inchiostro è trasferito sul supporto,
misurando l'angolo al centro del cilindro forma. Minore è l'angolo al centro del
cilindro, minore è l'arco di circonferenza che gli alveoli colmi d'inchiostro
debbono percorrere nell'aria ambiente prima di essere stampati.
Nelle macchine a formato variabile il gruppo di raclatura deve possedere
ampia flessibilità operativa: cioè deve poter essere avvicinato o allontanato
dal cilindro forma in movimento, deve poter essere variato l'angolo d'incidenza
con cui la lama preme sulla superficie del cilindro e regolata l'altezza della
racla, ecc. (fig. 282).
Nelle macchine rotocalco da bobina a formato fisso le regolazioni del gruppo
portaracla sono inferiori.
L'angolo d'incidenza si misura tra la tangente alla linea di contatto della
rada al cilindro e l'asse della lama stessa (fig. 283) a partire dal lato di
provenienza del moto rotatorio del cilindro; si possono usare angoli d'incidenza
molto diversi. In generale si definisce rada «europea» quella con angolo
d'incidenza intorno a 45-605, rada «americana» o «internazionale» quella con
angolo d'incidenza tra 65-855, rada «rovescia» o «negativa» quella con angolo
d'incidenza superiore a 905, I costruttori sono attualmente
orientati a fornire gruppi di raclatura orientati intorno a 705 (figg. 284,
285).
L'azione del cilindro, che ruota sotto la racla, può essere assimilata a
quella di una mola su un coltello. E intuibile che materiale verrà asportato sia
dal filo della lama sia dalla superficie del cilindro. L'usura del cilindro è,
comunque. notevolmente inferiore a quella della rada; si verifichino infatti
significative variazioni del risultato di stampa prima che la tiratura abbia
termine.
Il sottile film d'inchiostro residuo passante tra la racla e la superficie
del cilindro svolge un'azione lubrificante, ciò spiega l'usura rapida
dell'acciaio della rada rispetto alla superficie cromata del cilindro.
In alcuni modelli di macchine rotocalco da bobina, alcuni elementi possono
essere dotati di comando del cilindro reversibile, per poter stampare in bianca
o in volta mediante rotazione del gruppo di stampa in un senso o nell'altro,
secondo le esigenze. In questo caso può essere eliminato il gruppo di barre
d'inversione del nastro, facendo percorrere alla banda un percorso diverso
relativamente alla stampa della bianca o della volta.
Anche il gruppo di raclatura deve poter agire sui due lati del cilindro
forma, perciò sono previste due posizioni di raclatura sui due lati del cilindro
(fig. 286).
La composizione chimica dell'acciaio costituente la racla è particolarmente
importante, poiché le rigature che a volte si riscontrano sui cilindri sono
molte volte provocate da microparticelle d'acciaio che si staccano dal filo
della rada. Anche se con la cromatura del cilindro questi problemi possono
essere superati, la prova di stampa con cilindro ancora da cromare può
danneggiarlo.
L'acciaio usato per la fabbricazione delle rade contiene normalmente carbonio
all' 1%, silicio per lo 0,20/o, manganese per lo 0,4%. Il carico di
rottura è intorno a 1.800 Newton/mm2, corrispondenti a circa 185 kg/mm2, con
durezza Vickers intorno a 5005. È dimostrato, però, che le normali misurazioni
di durezza, sia superficiali, sia nella sezione della lama, non sono parametri
significativi per garantire un acciaio che non dia rigature.
In certi casi, il distacco di particelle dal filo di rada lascia una notevole
microirregolarità che può essere causa di rigatura, ciò avviene anche a causa di
particelle del filo finite nel serbatoio dell'inchiostro e successivamente prese
tra la rada e il cilindro.
La durezza del rame, normalmente intorno ai 1200 Vickers, può limitare la
profondità delle righe se è più elevata, nel senso che le striature sono poco
profonde e difficilmente visibili ad occhio nudo.
3.4.2. Spessore della racla e
affilaturaI lamierini usati come rade possono variare da uno spessore
minimo di 0,1 a 0,35 mm: la maggioranza degli stampatori usa lamierini di
spessore 0,15 o 0,20 mm.
Le rade sottili sono usate con il nome di «autoaffilanti», poiché, dato il
loro minimo spessore, non necessitano di bisello. Quest'ultimo consiste
nell'ottenimento della necessaria affilatura sul bordo della rada per mezzo di
apposite macchine molatrici (fig. 287). L'inclinazione del bisello può dipendere
da diversi fattori; normalmente è contenuta da un minimo di 305 (fig. 288) ad un
massimo di 655.
Poiché il filo della rada sarebbe troppo accentuato all'uscita della macchina
molatrice e potrebbe flettersi a contatto del cilindro, penetrando parzialmente
negli alveoli, si provvede a rifinire il filo per mezzo di sostanze abrasive
passate manualmente su di esso. In tal modo viene prodotto un leggero
arrotondamento del filo della rada e si elimina la «bava»; l'arrotondamento non
è casuale, ma è eseguito in funzione del futuro angolo d'incidenza della rada
sul cilindro e deve possedere un ben preciso raggio di curvatura.
Per quanto la
rada sia spessa, essa non è sufficientemente rigida da poter essere applicata
senza un supporto: esiste perciò quasi sempre almeno una controracla, talora
due, che, poggiando sulla lama, conferiscono rigidità alla racla.
A parità di spessore ed affilatura della rada, la flessibilità della stessa
dipende dallo spessore della controracla, dalla distanza del filo di questa dal
filo della racla. dalla distanza del filo racla dall'inizio del supporto di
sostegno.
Tali valori debbono essere controllati sperimentalmente; in particolare la
distanza tra il filo della racla ed il bordo della controracla dovrà essere
ridotta quanto è più sottile lo spessore della racla oppure quando si desidera
un effetto contrastante.
Possono esistere gruppi portaracla senza controracla: no detti di tipo
«americano>: di essi si tratterà più avanti.
Il dispositivo
portaracla é costituito da una o più barre tra le quali viene serrata la lama; i
piani delle barre sono lavorati con un grado medio di finitura, sufficiente per
mantenere rettilinea la racla e per permettere il controllo del parallelismo tra
il filo della racla ed il cilindro mediante un calibro.
I portaracle si differenziano l'uno dall'altro per alcuni accorgimenti
costruttivi: due tipi tra i più sono definiti di tipo «europeo» e «americano».
Il portaracle «europeo» (fig. 289) é costituito da tre pezzi metallici,
accoppiati per fissare la racla e la controlama di sostegno. La racla fuoriesce
dal portaracla di circa 40-50 mm, mentre la controracla incide obliquamente su
di essa a circa 10-15 mm dal filo. La racla risulta molto elastica e facilmente
adattabile alla superficie del cilindro, ma può subire vibrazioni che ne
riducono la durata.
Il portaracle di tipo «americano» é costituito da due barre profilate in modo
da permettere la fuoriuscita della racla incurvata (fig. 290); la sporgenza
della racla dalle barre é limitata a 8-15 mm, pertanto la sua rigidità viene
accentuata Ciò si traduce in attenuazione delle vibrazioni, ma impone anche un
maggiore controllo dell'eccentricità e della conicità dei cilindri, che non
devono essere superiori a 1/100 mm.
Allorché la macchina da bobina raggiunga alte velocità, può essere presente
un dispositivo di preraclatura. Esso é costituito da una robusta lama, posta in
prossimità della superficie del cilindro, il cui compito é d'arrestare una certa
quantità d'inchiostro, lasciando passare un sottile film dello stesso. In tal
modo la racla viene sottoposta a una minore pressione d'arresto dell'inchiostro
e, conseguentemente, vengono attenuati organi di flessioni o vibrazioni.
Tuttavia le macchine a formato variabile, l'applicazione del preracla può far
sorgere difficoltà, a causa della regolazione della distanza dal cilindro e dal
mantenimento del suo parallelismo dalla superficie di questo.
3.4.5. Pressione sul cilindro e
angolo d' incidenzaPer ottenere una pulizia perfetta della superficie del
cilindro rotocalco. è necessario applicare la lama affilata sul cilindro con una
determinata pressione. L' entità della pressione con cui il filo della racla
preme sul cilindro è condizionata da diversi fattori: dalla viscosità
dell'inchiostro. dal suo potere lubrificante. inteso come tendenza a formare un
velo sulla superficie del cilindro. dalla pressione d'arresto dell'inchiostro
contro la racla.
Per definire la pressione «arresto dell'inchiostro sulla racla, bisogna tener
presente che il cilindro, nel suo movimento rotatorio, trascina con se
una notevole quantità d'inchiostro, che verrà arrestato bruscamente dalla rada.
Il film d'inchiostro esercita una pressione sul filo della racla che tende a
sollevarla staccandola dalla superficie del cilindro. La pressione con cui la
rada preme sul cilindro, quindi, dovrà bilanciare la pressione d'arresto
dell'inchiostro e consentire la completa rimozione dell'inchiostro dai
contrografismi del cilindro.
La pressione d'arresto (Pa) dipende dalla densità apparente dell'inchiostro
(d), dalla velocità periferica del cilindro forma (V), dall'angolo d'incidenza
con cui la rada agisce sul cilindro. Considerando l'angolo formato dalla
tangente al cilindro nel punto di contatto della rada e l'asse della rada
stessa, la pressione d'arresto dell'inchiostro (P), sarà tanto maggiore quanto
più piccolo è l'angolo d'incidenza (fig. 291).
Infatti l'inchiostro tenderebbe ad incunearsi tra il cilindro e la rada,
tendendo a sollevarla, pertanto si dovrebbe applicare alla rada una maggiore
pressione contro il cilindro. Poiché la massa volumica (densità) dell'inchiostro
è costante e la velocità della macchina anche, si può attenuare la pressione
d'arresto agendo sull'angolo d'incidenza della rada, oppure modificando la
pressione con cui la rada preme sul cilindro.
Il generale l'angolo d'incidenza tra la rada ed il cilindro s'aggira intorno
a 700, nelle macchine europee. Lavorando con angoli d'incidenza maggiori di 905,
diminuisce notevolmente l'elasticità della lama, perciò sarà necessario
controllare accuratamente la precisione meccanica del cilindro (eccentricità.
conicità, sbilanciamenti, ecc.) per evitare elevati aumenti di pressione
della racla e conseguenti usure premature.
La pressione con cui la racla, tramite il suo supporto, agisce sul cilindro
può essere applicata al centro oppure ai lati della stessa. L'energia utilizzata
per generare la pressione può essere, relativamente al costruttore, d'origine
meccanica, pneumatica oppure idraulica. Agli impianti pneumatici o idraulici
sono applicati manometri per poter leggere direttamente la pressione, misurata
sulla superficie del pistone pneumatico o idraulico.
Normalmente la pressione applicata varia tra i 75-200 kg/m lineare, nel caso
di racle con angolo d'incidenza inferiore a 905, si scende a circa 50 kg/m con
racle aventi angolo d'incidenza negativo (maggiore di 905).
L'aumento della pressione della racla per compensare la pressione d'arresto
dell'inchiostro può condurre a fenomeni indesiderati. Poiché la racla viene
usurata durante la tiratura, sarà necessario aumentare la sua pressione. Infatti
durante la tiratura il filo si sarà sicuramente modificato, adattandosi
all'angolo d'incidenza con cui la racla preme sul cilindro. In particolare la
superficie di contatto della rada sarà aumentata. modificando il prodotto tra la
forza applicata e la pressione.
Poiché la pressione P è direttamente proporzionale alla forza applicata (F) e
inversamente alla superficie di contatto (5), aumentando la superficie si dovrà
aumentare anche la forza agente sulla rada per mantenere costante la pressione.
Succede, però, un fenomeno, detto «effetto pompa», collegato all'aumento della
pressione della racla. Infatti, all'aumento della pressione, aumenterà anche la
flessione della racla e quindi si formerà una nuova linea di contatto tra lama e
cilindro (quasi un nuovo bisello); contemporaneamente si formerà un nuovo angolo
d'incidenza, notevolmente più acuto, tale da aumentare notevolmente l'effetto
della pressione d'arresto dell'inchiostro contro la racla. Il bisello presenta
una parte superiore con una lunga superficie leggermente staccata dal cilindro,
con possibilità di risucchio dell'inchiostro dalle cellette, per depressione.
Tale effetto, descritto come «effetto pompa», è tanto più visibile quanto
maggiore è la larghezza della zona di contatto.
La flessione della lama all'aumentare della pressione applicata può variare
in funzione dello spessore della rada e della distanza tra il filo della racla e
l'inizio della controracla. Gli stampatori ricorrono sovente alla modificazione
di tale distanza in funzione della pressione della rada per ottenere effetti
diversi.
E da ricordare che il consumo del filo della rada non è uniforme su tutta la
larghezza del cilindro, ma dipende dalla dislocazione sul cilindro dei massimi
d'incisione e dallo stato delle loro coste.
3.4.6. Bancale di supporto e
movimento assialeUn gruppo di raclatura di una macchina rotocalco da bobina
deve assicurare alcune funzioni meccaniche. Esse sono:
- - rigoroso parallelismo tra filo della rada ed asse del cilindro;
- - regolarità in altezza ed in avanzamento verso il cilindro, per adattarsi
ad eventuali variazioni di diametro e per consentire la scelta di diversi
angoli d'incidenza, variando la lunghezza dell'arco formato tra il punto di
contatto della rada ed il punto in cui avviene la stampa;
- - applicazione di una pressione misurabile, uniforme e ripetibile:
- - smontabilità (o ribaltamento) qualora ciò sia necessario per
l'estrazione del cilindro;
- - lettura dell'inclinazione della rada.
Il gruppo di raclatura è
costituito dalle seguenti parti: una banchina fissa, una banchina mobile ed un
sostegno portaracla, il portaracla e il comando d'escursione assiale del
portaracla.
La banchina fissa sostiene tutto il gruppo mobile, pertanto deve essere
robusta, precisa ed esente da vibrazioni. La sua struttura e le dimensioni
devono assorbire ed attenuare le vibrazioni trasmesse dalla parte mobile,
scorrevole sulle guide portanti (fig. 292).
La banchina mobile costituisce il sostegno del portaracla e permette la
registrazione ed il posizionamento della racla col cilindro rotocalco, oltre ad
essere comandata da un dispositivo di movimento va e vieni assiale. I
dispositivi di avvicinamento e controllo della pressione del gruppo portaracle
possono essere comandati meccanicamente o pneumaticamente. Il dispositivo
meccanico (fig. 293) permette l'avvicinamento o l'allontanamento del gruppo
portaracla per mezzo dell'accoppiamento di un settore dentato e di una vite
senza fine; pertanto l'avvicinamento della racla al cilindro può essere
controllato e graduato con facilità. Anche il valore della pressione della rada
sulla superficie del cilindro si può agevolmente regolare; se il dispositivo
meccanico è rifinito accuratamente, si può ottenere parallelismo tra il filo
della lama ed il cilindro.
Il dispositivo d'avvicinamento meccanico però, non consente l'uso di cilindri
con diametri diversi.
L'elasticità del gruppo è permessa da due molle interposte tra il sostegno
portaracla e la banchina mobile.
Il dispositivo d'avvicinamento pneumatico (fig. 294) fu progettato per
permettere la raclatura su cilindri con diametri diversi. La struttura è
composta da una banchina mobile inferiore e da un albero su cui è incernierata
la parte superiore, che fa da sostegno al portaracle. Il comando pneumatico
agisce sfruttando l'albero interposto tra le due parti in cui è divisa la
banchina mobile come fulcro del movimento. Tale dispositivo non permette
d'imprimere con una pressione iniziale ben conosciuta, poiché tale valore
dipende dal peso della struttura meccanica appoggiata sul cilindro, inoltre non
consente un aumento della pressione della rada graduale e controllabile
agevolmente dall'operatore.
3.4.7. Movimento di traslazione
assiale della raclaL'escursione assiale della racla è un fattore importante
per garantirne l'usura costante ed uniforme. In generale i valori usati sono
compresi tra i 20 ed i 40 mm d'escursione massima.
Nei modelli di macchine più recenti è posta molta cura nel determinare il
rapporto tra il numero dei giri del cilindro ed il numero di traslazioni assiali
della racla. Tale rapporto. generalmente compreso tra 10 e 20, tende ad essere
progettato secondo una valore irrazionale, affinché lo stesso punto della rada
venga a trovarsi nel medesimo punto del cilindro dopo un altissimo numero di
giri.
Il movimento traslatorio assiale della racla può dar luogo, ai punti morti
d'inversione del moto, a conseguenze sulla variazione delle tonalità con corso
di stampa. La letteratura sull'argomento non ha dimostrato che tali variazioni
siano dovute all'inversione del moto traslatorio della racla, asserendo
genericamente che tali difetti sono imputabili a imprecisioni meccaniche.
Il rapporto tra la velocità di traslazione assiale della racla e la velocità
periferica del cilindro è contenuto entro valori che vanno da 1:100 a 1:1000.
Il comando del movimento traslatorio può avvenire con numerosi dispositivi
meccanici, ad esempio utilizzando eccentrici collegati a leve, a camme a profilo
particolare (fig. 295), oppure con comando idraulico. Uno dei dispositivi di
comando più semplici è costituito da una biella collegata eccentricamente ad un
corpo in rotazione (fig. 296),' la velocità di traslazione della rada segue, in
questo caso, una legge sinusoidale. Poiché l'azione d'asportazione
dell'inchiostro dipende, in parte, dalla velocità relativa tra rada e cilindro,
se la velocità di traslazione assiale della rada non è costante, ne consegue che
il comando con biella e manovella ha un'azione meno regolare di un comando con
camme, in cui la velocità della racla non varia che a fine corsa.
3.4.8. Usura della raclaLe
racle vengono consumate durante la tiratura a causa di notevoli fenomeni
d'attrito tra il loro filo e la superficie dei cilindri, con una diversa resa
tonale tra l'inizio della loro vita ed il termine, allorché il bisello risulta
consumato.
La rada tradizionale si usura con il consumo del suo filo. Esso, allorché
viene esaurito, subisce una deformazione, con allargamento del contatto con il
cilindro e quindi un'insufficiente azione d'asportazione dell'inchiostro. Poiché
la sezione del filo è triangolare, con il procedere della tiratura si ottiene un
aumento del bisello a contatto con il cilindro.
Normalmente, però, l'usura delle racle è in relazione all'abrasività delle
particelle di pigmento presenti nei diversi inchiostri', a parità di altre
condizioni, gli inchiostri neri e ciano tendono ad usurare il filo delle rade
più rapidamente degli inchiostri magenta e giallo.
3.4.9. Racla a bisello
costantePer superare le difficoltà dovute al consumo del bisello durante la
tiratura, che portava ad un aumento della larghezza della zona di contatto,
verso la prima metà degli anni '70 furono poste in commercio rade a bisello
costante appositamente fabbricate.
La racla a bisello costante (fig. 297) è costituita da una lama da 0,15 a cui
viene asportata una parte di una o di entrambe le facce della lama. Pertanto
essa è assimilabile ad una rada molto sottile, quindi flessibile. Però il filo
della lama, spesso circa 50 mm, è costante per circa 8-10 mm di larghezza. Esso
viene consumato gradualmente durante la tiratura, senza la necessità di
sostituire la racla come avviene con quella tradizionale, allorché il filo è
consumato (fig. 298).
Una rada tradizionale di spessore 0,15 mm, affilata con bisello intorno a
455, possiede una vita utile di circa 300-400.000 giri cilindro, dopo di che
dev'essere sostituita; invece la rada a bisello costante può avere una vita
anche quattro volte superiore; ciò garantisce una migliore costanza della
riproduzione tonale durante la tiratura.
La riproduzione tonale con una rada a bisello costante è infatti garantita
dallo spessore costante della lama; una rada tradizionale, invece, è
maggiormente affilata all'inizio della sua vita, con risultati di stampa ben
contrastati, poi l'usura del filo provoca valori tonali diversi, a parità di
altre condizioni di stampa.
Altri vantaggi sono: l'eliminazione dell'affilatura e della rettifica della
racla; una minore pressione applicata al gruppo di raclatura e quindi un minore
consumo del cilindro. D'altra parte, le rade a bisello costante non sono
riutilizzabili e, una volta consumate, debbono essere gettate; esse sono
sensibili ai bordi del cilindro, che, se non viene smussato, può provocare la
rottura del bisello. Tali racle possono anche essere danneggiate da abbassamenti
troppo rapidi sul cilindro, oppure da carta aderente al cilindro, in caso di
rottura della bobina in macchina.
Il fabbricante di lame a bisello costante può fornire l'affilatura richiesta
dal cliente, conoscendo l'angolo d'incidenza della rada adottata.
3.5. Gruppo inchiostratore
L'inchiostrazione nelle macchine rotocalco è molto semplificata
rispetto a quella dei processi di stampa che impiegano inchiostri più densi,
infatti, mentre gli inchiostri più viscosi debbono essere laminati da molti
rulli prima di venir trasferiti sulla forma, l'inchiostro fluido deve più
semplicemente riempire le cellette nella forma rotocalco. La viscosità
dell'inchiostro è di fondamentale importanza affinché si colmino gli alveoli
della forma e possa aver luogo un corretto trasferimento sul supporto.
Durante la tiratura, la viscosità dell'inchiostro contenuto nel calamaio
tende ad aumentare per l'evaporazione del solvente, quindi l'impressore deve
provvedere a ripristinare le condizioni di viscosità programmate con l'aggiunta
di solvente; più sovente esistono impianti automatici per il controllo della
viscosità dell'inchiostro.
L'inchiostro rotocalco è contenuto in un serbatoio, di solito posto
inferiormente al cilindro, detto «bacinella» per via della sua forma, oppure
calamaio, per analogia con i contenitori d'inchiostro tipografici e offset.
La capacità dei calamai è variabile non solo con il formato del cilindro, ma
anche con il tipo d'inchiostrazione. Questa può avvenire per immersione parziale
del cilindro forma nell'inchiostro oppure per proiezione dell'inchiostro sulla
superficie del cilindro.
I calamai di piccole dimensioni richiedono una maggiore attenzione sulle
caratteristiche reologiche dell'inchiostro durante la tiratura, a causa delle
aggiunte d'inchiostro o per l'evaporazione del solvente.
I grandi volumi d'inchiostro sono generalmente necessari per lavori correnti
con inchiostri standard, in questo caso l'inchiostro può essere prelevato da
appositi contenitori, in cui viene reologicamente controllato anche per mezzo di
dispositivi automatici e quindi condotto per mezzo di pompe al gruppo
inchiostratore.
La dispersione di vapori del solvente viene limitata incapsulando il calamaio
e tutto il gruppo d'inchiostrazione con appositi ripari, in alcuni modelli il
complesso d'inchiostrazione è incapsulato fino a 3205-3405 intorno al cilindro
forma, in modo che risulti esposto all'aria ambiente solo un piccolo arco del
cilindro. Il contenimento dell'evaporazione del solvente mediante calamai stagni
riduce i pericoli d'infortunio legati alla presenza di vapori di solventi
infiammabili e tossici nell'ambiente di lavoro.
3.5.2. Sistemi d' inchiostrazione
del cilindro rotocalcoLa trasmissione dell'inchiostro dal calamaio al
cilindro forma rotocalco può avvenire mediante l'immersione del cilindro
nell'inchiostro, oppure per proiezione dell'inchiostro sulla superficie del
cilindro. Esistono anche altri sistemi d'inchiostrazione basati sulla caduta
dell'inchiostro sulla superficie del cilindro, detti ad irrorazione per cascata
o per sgocciolamento dell'inchiostro; esistono anche sistemi d'inchiostrazione
misti, per iniezione e per proiezione dell'inchiostro sulla forma.
L'inchiostrazione per immersione del cilindro avviene durante la rotazione;
esso si ricopre d'inchiostro essendo parzialmente immerso nel fluido (fig. 299).
Quando il cilindro ruota ad alta velocità può creare turbolenze
nell'inchiostro, producendo schiuma. Le bollicine possono aderire alla
superficie del cilindro, essere spezzate dalla rada e lasciare, nelle zone
sottostanti, alveoli non inchiostrati. Per ovviare alla formazione di eccessive
quantità di schiuma, può essere prevista l'immersione di un rullo intermedio
nell'inchiostro, che trasferisce l'inchiostro alla forma rotocalco (fig. 300).
Un rullo intermedio, però, aumenta la superficie libera da cui l'inchiostro
può evaporare; infatti l'evaporazione del solvente dipende soprattutto dalla
superficie libera dell'inchiostro e non dalla sua massa.
Nelle macchine rotocalco ad alta velocità, possono essere previsti sistemi
d'inchiostrazione in cui l'inchiostro viene proiettato da appositi ugelli contro
la superficie del cilindro (fig. 301). Gli ugelli sono posti su una barra
parallela all'asse del cilindro.
L'impatto dell'inchiostro contro la forma garantisce il riempimento degli
alveoli anche ad alto numero di giri del cilindro, inoltre non si ha generazione
di schiuma, l'inchiostro eccedente viene raccolto inferiormente al gruppo
stampante e condotto al serbatoio d'inchiostro principale, qui può essere
controllato reologicamente con dispositivi automatici ed eventualmente integrato
con aggiunte di solvente, filtrato e pompato nuovamente al sistema
d'inchiostrazione.
Negli elementi stampanti di una macchina rotocalco da bobina dotati di
reversibilità nella rotazione, è previsto che la posizione della racla possa
essere scambiata con il gruppo d'iniezione d'inchiostro,
Nel e macchine rotocalco da bobina a formato variabile il dispositivo
d'inchiostrazione deve poter essere avvicinato o allontanato dal cilindro
forma al variare del suo diametro.
Poiché durante la tiratura la viscosità dell'inchiostro rotocalco viene
continuamente modificata dall'evaporazione di solvente, questo, come si è detto,
può essere aggiunto, manualmente o con dispositivi automatici. Un'eccessiva
quantità di solvente nell'inchiostro non permette d'ottenere uno stampato con
fondi uniformi, con colori brillanti; inoltre l'inchiostro diluito perde il suo
potere coprente.
Una mancanza di solvente nell'inchiostro, al contrario, può generare stampati
con caratteristiche colorimetriche inadeguate per l'eccessiva concentrazione di
pigmento, per l'impastamento dell'inchiostro, per un superiore consumo di
pigmento (più costoso del solvente), ecc.
Pertanto, è usuale il controllo della viscosità dell'inchiostro durante la
tiratura. Allorché l'impressore rotocalcografo nota variazioni accentuate di
viscosità, provvede a reintegrare l'inchiostro con opportune aggiunte di
solvente.
La misura della viscosità dell'inchiostro rotocalco può essere effettuata con
mezzi manuali o automatici. Lo strumento manuale più usato è costituito da un
,apposito recipiente (tazza Ford), dotato inferiormente di un apertura
calibrata. Misurando il tempo d'efflusso dell'inchiostro dal recipiente, si
ottiene un valore indiretto della sua viscosità,
Per il controllo automatico della viscosità dell'inchiostro esistono
apparecchi, dotati di motore, in cui un cilindro ruota all'interno del calamaio:
quando varia la viscosità dell'inchiostro, varia anche l'attrito sulla
superficie del cilindretto, quindi anche la corrente elettrica assorbita dal
motore. Misurando quest'ultimo valore, si può ripristinare la viscosità
programmata con opportune aggiunte di solvente (fig. 302).
3.5.3. Trasferimento dell'inchiostro
in rotocalco. I dispositivi elettrostatici3.5.3.1. Generalità. Il
trasferimento dell'inchiostro dagli alveoli della forma alla carta, è un
fenomeno complesso e variabile per l'intervento di numerosi fattori.
Dapprima la superficie del cilindro viene completamente ricoperta
d'inchiostro molto fluido, con viscosità di qualche centipoise. Successivamente,
l'inchiostro viene rimosso dai contrografismi per azione della rada. Però
il filo della racla aderisce anche all'inchiostro contenuto nelle cellette e
parte di questo viene rimosso: pertanto gli alveoli della forma non sono
completamente ricolmi d'inchiostro.
Nel percorso tra la rada e la linea di stampa il volume d'inchiostro tende
ulteriormente a ridursi per l'evaporazione di una parte del solvente contenuto
nell'inchiostro. Contemporaneamente le tensioni superficiali tra l'inchiostro e
l'aria e tra l'inchiostro e il rame, costringono l'inchiostro contenuto nelle
cellette ad assumere un menisco concavo.
Nelle celle poco incise questo fenomeno non si completa ed il
risultato di stampa appare a forma di «V» o di freccia, caratteristica dei toni
minimi stampati con cilindri incisi convenzionalmente (area degli alveoli
costante e profondità variabile).
Quando gli alveoli contenenti l'inchiostro giungono a contatto del nastro, il
trasferimento dell'inchiostro inizia in prossimità delle coste degli alveoli.
Dopo il contatto iniziale, il trasferimento dell'inchiostro sul supporto
continua per azione di forze capillari ed interfacciali.
Il grado di allargamento dell'inchiostro su una superficie di carta e/o la
sua penetrazione nella carta stessa sono molto importanti per la definizione
della qualità di stampa. Uscendo dalla linea di stampa, il nastro non
interferisce più con gli alveoli incisi, ma in corrispondenza dei massimi toni
incisi, la notevole quantità d'inchiostro trasferito s'allarga sulla superficie
della carta, ricoprendola anche lateralmente. L'allargamento dell'inchiostro
dipende dalle caratteristiche fisico-chimiche della carta (affinità della
superficie verso l'inchiostro, liscio superficiale, ecc.), dalla viscosita
dell'inchiostro e dalla velocità con cui nastro e cilindro inciso si separano.
Il trasferimento dell'inchiostro non è mai completo, una quantità variante
tra il 30 ed il 60% del volume contenuto negli alveoli non viene trasferito sul
supporto. L'inchiostro rimasto nelle cellette dopo la stampa perde ancora
solvente per evaporazione fino a quando il cilindro, ruotando, conduce le aree
incise nuovamente a contatto dell'inchiostro fresco contenuto nel calamaio. Qui
l'inchiostro residuo nelle cellette viene sciolto dal solvente presente
nell'inchiostro fresco e mescolato con esso. Se l'inchiostro residuo non si
sciogliesse nuovamente si avrebbero fenomeni di scomparsa o fluttuazioni dei
toni minimi.
Uno dei fattori influenzanti la qualità di stampa in rotocalco è la comparsa
di punti mancanti (missing dots) nei toni minimi e medi (fig. 303). Il fenomeno
dei punti mancanti è correlato in particolare con le caratteristiche di liscio e
compressibilità della carta. Le ricerche più recenti associano il fenomeno dei
punti mancanti all'irregolarità della superficie della carta, irregolarità dure
e profonde da non poter essere eliminate dalla pressione.
Il fenomeno dei punti mancanti è perciò dovuto all'impossibilità di alcune
piccole aree della superficie del nastro di carta di sfiorare l'inchiostro in
prossimità dei bordi delle celle incise, nonostante la pressione applicata.
3.5.3.2. Trasferimento elettrostatico dell'inchiostro. Premesso che
metodi elettrostatici possono essere usati nel trasferimento degli inchiostri o
di altri fluidi anche in altri processi e tecnologie di stampa, il metodo di
trasferimento elettrostatico dell'inchiostro in rotativa rotocalco utilizza
moderate forze d'attrazione elettrostatica per modificare la superficie
dell'inchiostro rotocalco in prossimità dei bordi delle celle, in modo che si e
sfiori la superficie della carta (fig. 304).
Altri sostengono che l'azione elettrostatica modifica la compressibilità
della carta, pertanto, applicando una differenza di potenziale tra il rullo
pressore ed il cilindro forma, il nastro s'adatta meglio agli alveoli della
forma rotocalco, compensando la mancanza di liscio del nastro.
In ogni caso l'inchiostro contenuto nelle cellette viene attratto sul
supporto dalla forza elettrostatica applicata dalla superficie del rullo
compressore (fig. 305) e la quantità d'inchiostro trasferita può essere
parzialmente modificata applicando diverse differenze di potenziale. Il
caricamento della superficie del rullo pressore provocherà un campo elettrico
nella carta, in prossimità della linea di stampa, che indurrà cariche di opposta
polarità sulla superficie metallica del cilindro inciso.
In favore della tesi che sostiene la deformazione del menisco al bordo degli
alveoli, esiste la considerazione che parte delle cariche indotte sul cilindro
s'accumuleranno in prossimità dei bordi delle celle incise, poiché sugli spigoli
si concentra l'azione dei campi elettrici.
Da prove eseguite stampando la medesima carta senza trasferimento
elettrostatico dell'inchiostro e con sistema elettrostatico si può notare che
anche la curva di riproduzione tonale è influenzata dall'applicazione di un
campo elettrico.
In particolare le densità di stampa vengono incrementate fino a + 0,1 di
densità intorno a valori di D = 0,40 -: 0,50 con inchiostri neri su carta
patinata. Su carte calandrate l'incremento di densità dello stampato con
l'applicazione di un campo elettrostatico nel gruppo stampante è inferiore.
Un esempio del trasferimento dell'inchiostro con applicazione di campi
elettrici via via crescenti è illustrato in figura 306. Uno dei vantaggi più
significativi, dovuto all'uso di un sistema elettrostatico, è costituito dalla
possibilità di imprimere con minore pressione del gruppo stampante, prolungando
la vita del rullo pressore, abbassando i consumi energetici, limitando
indesiderati riscaldamenti della superficie del rullo pressore a causa di
attriti nel gruppo stampante.
Altre prove hanno dimostrato che ponendo una goccia di liquido (inchiostro)
sotto un elettrodo ad alto voltaggio (10 kV), interponendo tra i due un foglio
di carta ed un semiconduttore da 100 MW, il livello della goccia si rialza fino
a 1,62 mm, mentre senza alcuna differenza di potenziale il livello della goccia
raggiunge circa 0,36 mm.
Maggiore è il voltaggio applicato, maggiore è la polarizzazione ottenuta nel
gruppo stampante e di conseguenza l'asportazione dell'inchiostro dalle cellette
della forma rotocalco.
3.5.3.3. Rulli di pressione nella stampa rotocalco elettrostatica. I
risultati di stampa e le condizioni di sicurezza del trasferimento
elettrostatico sono fortemente condizionati dai rivestimenti di gomma dei rulli
pressori. Il rullo di pressione è rivestito da due o tre strati, costituiti da:
- - uno strato interno, a contatto dell'anima metallica, isolante, ad alta
resistenza. ad esempio ebanite. per uno spessore di 3-5 mm.
- - uno strato intermedio di materiale conduttore, tale strato può anche non
essere previsto in alcuni metodi di pressione;
- - uno strato superficiale di gomma semiconduttrice. ad alta resistenza
ohmica, per prevenire la scintillazione. di spessore 8-13 mm.
Le due
proprietà più importanti nel rivestimento del rullo di pressione sono: la
resistenza elettrica della gomma semiconduttrice e l'isolamento del rivestimento
relativamente all' anima metallica.
I materiali componenti il rivestimento semiconduttore del rullo di pressione
possono essere sia gomme naturali sia elastomeri sintetici. ad esempio Buna N.
La conducibilità elettrica può essere ottenuta aggiungendo additivi antistatici
o alcuni carbon black. La differenza consiste nella considerazione che le gomme
caricate con additivi antistatici hanno una migliore uniformità e stabilità
elettrica, ma una minore resistenza meccanica delle gomme caricate con carbon
black.
Se il gruppo di pressione è dotato di un rullo superiore, il secondo
dev'essere rivestito da uno strato isolante, ad esempio Rilsan di circa 1.5 mm
di spessore. per evitare la dispersione delle cariche elettriche.
3.5.3.4. Sistemi di trasferimento elettrostatico. Nei primi anni '60
fu dimostrato che l'applicazione di cariche elettriche influenzava il
trasferimento dell'inchiostro rotocalco. Nella seconda metà di quel decennio fu
applicato per la prima volta il principio elettrostatico negli USA. Il sistema
realizzato è costituito da un rullo speciale denominato «conductrol». che, posto
a contatto con il cilindro di pressione. trasferisce su questo le cariche
elettriche (fig. 307). Se nella macchina rotocalco il gruppo di pressione è a
due rulli. non occorre il rullo conductrol. ma la tensione viene applicata
direttamente al rullo contropressore, purché i suoi cuscinetti siano isolati
dalle fiancate della macchina.
Un sistema analogo fu sviluppato dalla Crosfield inglese con il nome
Heliostat. Anche in questo caso un rullo generatore di tensione. posto a
contatto del rullo pressore. trasferisce le cariche elettriche sulla sua
superficie (fig. 308). Il rullo generatore è rivestito di gomma semiconduttrice.
invece di essere d'alluminio come il rullo conductrol.
Nel sistema Heliostat è previsto l'inserimento del rullo generatore di
cariche elettriche a lato del rullo di pressione quando il sistema di pressione
avviene con più di un cilindro, in entrambi i sistemi esistono particolari
accorgimenti per garantire la sicurezza: ad esempio viene automaticamente
disinserita la tensione quando il nastro si strappa o esistono buchi nella
carta; anche nel sistema Heliostat non viene generata tensione elettrica con
rotativa ferma o in lento movimento. Speciali circuiti limitatori di corrente
inseriti nel rullo generatore, minimizzano il formarsi di scintille elettriche a
causa di una rottura della carta o di una qualsiasi forma di corto circuito.
In ogni sistema di trasferimento elettrostatico dell'inchiostro rotocalco
devono essere rispettate le garanzie di sicurezza per il personale operante, in
particolare è richiesta l'anti-deflagranza del sistema.
Due costruttori europei, Splenger Electronics (Svizzera) con l'Heliofurn e
Eltex Rhein (Germania Federale) con l'Helio-Eltex, hanno sviluppato, a partire
dal 1977, due sistemi per il trasferimento elettrostatico dell'inchiostro in
rotocalco basati non più sul caricamento della superficie del rullo pressore
tramite contatto diretto con un corpo caricato elettrostaticamente, ma
sfruttando il principio dell'effetto corona. In tali sistemi il caricamento
elettrostatico avviene per induzione e non per conduzione.
L'attrezzatura per il trasferimento elettrostatico dell'inchiostro rotocalco
per induzione è composta da apparecchiature di controllo, da barre ionizzatrici,
da un elettrodo induttore e da un rullo di pressione ricoperto da materiali
opportuni.
Il nastro di carta viene neutralizzato da apposite barre, poste in entrata o
in uscita al gruppo stampante, affinché la sua superficie non presenti cariche
elettrostatiche all'entrata nel gruppo di pressione seguente.
Ad una distanza di circa 15 mm dalla superficie del rullo di pressione è
posto un elettrodo, costituito da una barra induttrice parallela all'asse del
rullo. Le cariche elettriche, trattenute dalla gomma semiconduttrice di cui è
rivestito il rullo di pressione. permettono il trasferimento elettrostatico
dell'inchiostro rotocalco (fig. 309).
Particolari dispositivi permettono di regolare il campo elettrostatico
relativamente all'ampiezza del nastro stampato. Poiché il trasferimento dipende
dal campo elettrico applicato e dalle caratteristiche del supporto (suo
spessore, capacità dielettrica, ecc.), dall'unità di controllo si può variare la
differenza di potenziale applicata all'elettrodo induttore.
Il sistema può essere applicato indifferentemente ai due lati del gruppo
stampante per permettere il funzionamento reversibile.
3.6. Gruppo d'essiccamento
inchiostro
Gli inchiostri
rotocalcografici essiccano principalmente per evaporazione del solvente. 1
solventi più usati sono costituiti da idrocarburi aromatici, ad esempio toluolo,
in grado di mantenere le caratteristiche reologiche dell'inchiostro richieste
per una buona stampabilità; si possono usare anche solventi meno pericolosi per
la sicurezza ambientale, ad esempio l'acetato di etile.
Poiché i solventi tendono ad evaporare rapidamente e a disperdersi
nell'ambiente, generando problemi di sicurezza e di spreco, le macchine
rotocalco da bobina sono dotate di gruppi d'essiccamento dell'inchiostro, posti
al di sopra dell'elemento di stampa, in grado di rimuovere i vapori dei
solventi.
Il costo elevato dei solventi ne giustifica il recupero, che avviene tramite
impianti che convogliano l'aria satura di solvente, proveniente dalle camere
d'essiccazione dell'inchiostro, in appositi serbatoi, contenenti carboni attivi
che sono in grado di adsorbire le molecole di solvente. In impianti
correttamente progettati, si può recuperare anche il 100% del solvente miscelato
all'inchiostro rotocalco, poiché viene recuperato anche parte del solvente
immesso nell'inchiostro dal fabbricante.
Nel gruppo d'essiccamento la quantità di solvente asportabile per
evaporazione dipende principalmente da:
- - temperatura dello stesso solvente;
- - temperatura dell'aria nel gruppo d'essiccamento;
- - concentrazione del vapore del solvente nell'aria;
- - area della superficie inchiostrata;
- - velocità dell'aria che lambisce il nastro;
- - pressione alla quale avviene l'evaporazione.
Non potendo
modificare né l'area della superficie inchiostrata (funzione del tipo di lavoro
in corso di stampa), né la pressione dell'ambiente, si può intervenire
modificando gli altri parametri.
L'essiccamento dell'inchiostro è, in generale, correlato alle caratteristiche
del supporto. Se questo è composto da materiale fibroso, una certa percentuale
della frazione più fluida dell'inchiostro potrà essere assorbita dalla sua
superficie. Un supporto in materiale plastico o in alluminio, invece, non potrà
assorbire al suo interno l'inchiostro rotocalco, pertanto questo essiccherà più
lentamente.
Il tempo d'essiccamento di un inchiostro rotocalco, inoltre, è proporzionale
alla sua eventuale sovrapposizione su altri film d'inchiostro già stampati.
L'inchiostro stampato per primo, a parità di altre condizioni, tende ad
essiccare più rapidamente di quelli sovrapposti. Ad esempio, stampando su carta
bianca calandrata, il secondo colore tende ad essiccare in un tempo superiore di
circa il 50% relativamente a quello sottostante: il terzo inchiostro sovrapposto
può impiegare un tempo doppio d'essiccamento relativamente a quello del primo,
ecc.
3.6.2. Restringimento della carta in
bobina nella rotativa rotocalco3.6.2. 1. Generalità. Per
«restringimento» della carta s'intende la modificazione della larghezza della
carta in bobina dopo il suo passaggio nei diversi gruppi d'essiccamento
rotocalco. Il primo colore stampato risulta più stretto relativamente ai colon
successivi: il fuoriregistro è particolarmente evidente ai lati del nastro.
Poiché la successione dei colori della stampa rotocalco è generalmente:
giallo, magenta, ciano e nero, il restringimento del nastro di carta può essere
misurato osservando la differenza tra la posizione dei crocini di registro del
giallo, primo colore stampato e la posizione dei crocini di registro dei colori
successivi (fig. 310).
Il fenomeno del restringimento si manifesta quando il nastro supera la
larghezza di 150 cm. Il restringimento si misura in mm/m, riferendosi alla
differenza della misura tra la distanza fra i crocini ai lati della banda del
primo colore e quelli dei colori successivi, rapportata alla larghezza del
nastro.
La principale causa del restringimento del nastro su una macchina rotocalco è
la graduale eliminazione dell'umidità interna alla carta nelle unità
d'essiccazione di ciascun elemento di stampa.
3.6.2.2. Parametri che influenzano il restringimento del nastro. Le
bobine di carta sono fornite dalle cartiere con un contenuto di umidità
relativamente costante, sia per quanto riguarda intere partite, sia per le
differenze d'umidità presenti tra la periferia e l'interno di una singola
bobina. I rotoli di carta sono conservati in magazzini non sempre condizionati e
possono giacere diverso tempo in ambienti non controllati; in ultimo. per una
medesima tiratura possono essere utilizzati rotoli provenienti da partite
diverse e quindi in diverse condizioni igrometriche.
Le misure espresse più avanti si riferiscono alla stampa su carta da stampa
rotocalco bianca calandrata, di grammatura intorno a 60 g/m2. con successione
dei colori: giallo. magenta, ciano e nero.
Il contenuto in umidità della carta in bobina può variare dal 4,5 al 6,5% del
suo peso, al momento del suo arrivo dalla cartiera. Tutte le carte tendono a
raggiungere un equilibrio tra la loro umidità interna e quella dell'ambiente in
cui sono poste. Ad esempio, una permanenza di 40 ore in un'atmosfera con umidità
relativa dell'aria al 45%, provoca in diversi tipi di carta bianca calandrata un
equilibrio d'umidità interna compresa tra il 5.3 ed il 5.5% in peso.
La qualità della carta determina variazioni dell'entità del restringimento.
Ad esempio, stampando a quattro colori in bianca e volta. con essiccazione
mediante aria a 35 5C, su carta calandrata da 60 g/m2, il restringimento del
nastro tra i colori della bianca raggiunge circa 0,25 mm/m tra il giallo ed il
magenta. ma può variare tra 0.45 e 0,60 mm/m tra il giallo ed il ciano (primo e
terzo colore) in relazione a diverse qualità di carta.
Il restringimento è particolarmente evidente nella stampa della bianca,
mentre i valori di restringimento nella stampa della volta si riducono a circa
1/3 di quelli della bianca. Esiste anche una differenza di comportamento tra il
restringimento all'inizio della bobina e quello del nastro all'esaurimento. In
generale il restringimento è maggiore quando viene stampato il nastro
proveniente dalla fine di una bobina perché l'umidità interna al rotolo tende ad
essere maggiore che alla sua periferia, pertanto il gruppo d'essiccamento tende
ad asportare una maggior quantità d'umidità interna alla carta.
La temperatura del gruppo d'essiccamento è anche molto importante per
modificare il restringimento di un nastro di carta. Ad esempio, elevando la
temperatura dell'aria del gruppo d'essiccamento da 35 5C a circa 70 5C, il
restringimento può aumentare anche di 1 mm/m, sia tra giallo e magenta sia tra
giallo e ciano.
Anche le condizioni di temperatura ed umidità relativa all'aria all'interno
della sala rotative possono influenzare l'entità del restringimento, sebbene
tali condizioni non varino eccessivamente in uno stabilimento rotocalco moderno.
Possono influenzare ancora il restringimento il tipo di macchina utilizzata,
la temperatura degli inchiostri, la pressione del gruppo stampante, ecc.
3.6.2.3. Correzione del restringimento del nastro. Per ovviare al
fuoriregistro provocato dal restringimento del nastro, possono essere usate tre
diverse tecniche: correzione in formatura, essiccazione preliminare del nastro.
umidificazione del medesimo.
La correzione in formatura si può usare conoscendo preliminarmente l'entità
del fenomeno riferito ad una particolare carta ed ad una certa larghezza del
rotolo. In tal caso il montaggio delle pagine o l'incisione dei cilindri con
mezzi elettromeccanici può prevedere correzioni variabili tra cilindro e
cilindro, tra bianca e volta e tra striscia e striscia. Operativamente si può
tenere come base di misura il cilindro del nero, quindi allargare la
disposizione delle pagine nei cilindri che precedono, oppure viceversa; in ogni
caso si tratta di una compensazione programmata nella disposizione del montaggio
per celare il successivo restringimento della carta. Un'eventuale eccessiva
correzione del restringimento in fase di formatura. può essere compensata in
macchina agendo sulla temperatura dell'aria nel gruppo d'essiccamento,
incrementandone la temperatura.
Il secondo modo di compensare il restringimento della carta consiste
nell'eliminare gran parte dell'umidità contenuta dal nastro nel percorso dallo
svolgitore al primo gruppo stampante, per mezzo di apposite calandre o di una
prima unità di stampa non utilizzata. Tale tecnica è abbandonata poiché
l'elevata temperatura a cui è sottoposta la carta favorisce l'accumulo di
cariche elettrostatiche sul nastro, inoltre la carta accumula tutti i difetti
caratteristici che si presentano quando essa è priva d'umidità interna; aumento
della fragilità, necessità di aumentare la pressione nel gruppo stampante. ecc.
Il terzo modo per compensare il restringimento del nastro prevede la
riumidificazione della carta a valle di ogni gruppo d'essiccamento. Il
dispositivo di riumidificazione del nastro provvede all'emissione, da parte di
appositi ugelli, di microgocce d'acqua, spruzzate sul lato del nastro appena
uscito dalla camera d'essiccazione. Tale soluzione appare come la più semplice
ed efficace, perché tende a mantenere le condizioni del nastro di carta uniformi
in tutta la macchina da stampa. Per la nebulizzazione viene utilizzato
generalmente vapore secco a 120-130 5C, la cui quantità può essere modulata
direttamente dal pulpito di comando della rotativa. Possono verificarsi
inconvenienti, con un'eccessiva nebulizzazione, per il formarsi di gocce d'acqua
sulle strutture metalliche che o possono cadere sul nastro, o possono provocare
ossidazioni dalle parti metalliche poste in prossimità delle sorgenti di vapore.
3.6.3. Struttura dei gruppi
d'essiccamento rotocalcoGruppi essiccatori per macchine rotocalco da bobina
possono presentarsi con due strutture diverse: quella più attuale prevede camere
dotate di dispositivi a proiezione d'aria calda. quella adottata su modelli di
macchine più vecchi è costituita da tamburi riscaldati internamente su cui
s'avvolge il nastro.
Nelle macchine rotocalco da foglio sono utilizzati tunnel ad aria fredda. per
evitare modificazioni dimensionali dei fogli. Tali dispositivi sono molti
ingombranti, poiché la loro lunghezza è proporzionale alla velocità della
macchina rotocalco da foglio.
3.6.3.1. Essiccatori a tamburo riscaldato. Sono ancora presenti su
modelli di macchine rotocalco da bobina funzionanti; le ditte costruttrici hanno
però abbandonato tale struttura perché onerosa e fonte di molti difetti. Il
tamburo è posto superiormente all'elemento rotocalco stampante e sulla sua
superficie s'avvolge il nastro, con la sua faccia non stampata (fig. 311). Il
calore viene trasmesso per conduzione attraverso il supporto, nel breve tempo
della sua permanenza nella camera d'essiccazione, pertanto la temperatura della
calandra dev'essere relativamente alta. Il riscaldamento del tamburo può
avvenire sia mediante resistenze elettriche, sia mediante il passaggio al suo
interno di fluidi riscaldati (aria o vapor d'acqua). L'azione di riscaldamento
del nastro è sempre combinata con una limitata ventilazione della camera, per
favorire l'asportazione dell'aria satura di vapori del solvente. I limiti del
dispositivo a tamburo riscaldato sono numerosi e riassumibili come segue.
La superficie del tamburo richiede un certo tempo per riscaldarsi o
raffreddarsi, quindi. durante arresti della macchina, il nastro a contatto del
tamburo si surriscalda. Se il nastro è di carta, questa viene disidratata,
quindi subisce restringimenti, di conseguenza sarà maggiormente soggetta a
fenomeni d'elettricità statica, diventerà più fragile, ecc.
Poiché il nastro di carta viene disidratato, si possono limitare le
conseguenze calandrandolo in un elemento, prima della stampa, ma con risultati
solo parzialmente utili. Per limitare la trasmissione di calore tra due elementi
successivi, il nastro può essere fatto passare su rulli raffreddati posti
successivamente al tamburo riscaldato. In Ogni caso, la temperatura del nastro
viene difficilmente riportata ai valori iniziali.
Il nastro riscaldato può provocare un aumento di temperatura del cilindro
forma successivo, anche di 5-6 5C. Il diametro del cilindro forma, per simili
incrementi di temperatura, può aumentare di circa 0,025 mm, per una
circonferenza di 100 cm. Inoltre l'elevato riscaldamento del nastro provocato
dal tamburo, modifica le condizioni di tiro. Queste, unite alla variazione di
diametro dei cilindri forma successivi al primo, possono provocare anche
notevoli variazioni di registro.
3.6.3.2. Essiccatori ad aria calda. É la struttura attualmente
più usata dai fabbricanti di macchine rotocalco da bobina. I gruppi essiccatori
ad aria calda sono costituiti da una camera, posta superiormente ad ogni gruppo
stampante rotocalco, in cui viene inviata aria calda sul nastro, mediante ugelli
(fig. 312). L'aria fuoriesce sul nastro ad una velocità variante tra circa 15 e
45 m/s, con una portata d'aria di alcune migliaia di m3 all'ora (fig. 313).
La velocità d'efflusso dell'aria calda permette la rapida rimozione del
solvente dal nastro: essa non può essere troppo elevata nella stampa di
materiali poco resistenti, poiché questi tenderebbero a formare grinze sotto
un'azione pneumatica troppo violenta.
Il riscaldamento dell'aria può avvenire per mezzo di molte tecniche:
bruciatori a gas, radiatori a vapore o elettrici o, comunque, al cui interno
scorrono fluidi termici.
Il nastro, all'interno del gruppo d'essiccamento, percorre un lungo tratto,
quasi sempre superiore alla metà del percorso del nastro fra due elementi
successivi, comunque sufficiente per l'asportazione della maggior quantità di
solvente presente nell'inchiostro stampato. In alcune strutture, il percorso del
nastro nel gruppo d'essiccamento può essere più o meno lungo, relativamente al
tipo di stampato (fig. 314), alla velocità della macchina da stampa, ecc.
Infatti, nella stampa d'imballaggi, può essere necessario prolungare il
percorso del nastro nel gruppo d'essiccamento per favorire l'evaporazione di
prodotti particolari: vernici protettive stese sulla superficie del nastro
dall'ultimo elemento stampante, colla adesiva a caldo (hot-melt), ecc. In tal
caso il nastro può essere condotto attraverso gruppi d'essiccamento
supplementari. Nel caso di stampati su nastri particolarmente sottili, ad
esempio alluminio da 0,009 mm, il percorso nel gruppo d'essiccamento può essere
ridotto, per garantire un maggior controllo della tensione del nastro.
Il controllo della temperatura dell'aria calda viene effettuato tramite
appositi pannelli di comando: la temperatura dell'aria immessa nel gruppo
d'essiccazione è particolarmente importante per la corretta evaporazione del
solvente, senza influenzare il registro del nastro.
L'aria satura di solvente è aspirata e può essere condotta a dispositivi per
il recupero dei solventi. Il volume d'aria aspirata da ogni gruppo
d'essiccazione dell'inchiostro è di circa 5.000 m3/h con nastri larghi circa 200
cm. Al termine della camera d'essiccamento il nastro può essere raffreddato
avvolgendolo su uno o più rulli refrigeranti; il nastro rivolge il suo lato non
stampato verso la superficie del rullo raffreddato.
Il principale vantaggio del sistema d'essiccamento mediante proiezione d'aria
calda sul nastro stampato, relativamente al sistema a tamburo riscaldato,
consiste nella minore temperatura cui si opera. L'asportazione del solvente
avviene per convezione dell'aria e non più per conduzione del calore attraverso
il supporto.
La quantità di solvente asportato da un gruppo d'essiccamento ad aria calda
dipende da numerosi fattori, i più importanti dei quali sono, a parità di
temperatura e pressione:
- - quantità d'aria immessa nel gruppo in relazione alla larghezza del
nastro. Aumentando la larghezza del nastro stampato. dovrebbe
corrispondentemente aumentare la quantità d'aria;
- - lunghezza del percorso in cui il nastro subisce la ventilazione.
- - Più esattamente dovrebbero essere correlati la lunghezza del percorso
del nastro nel dispositivo d'essiccamento e la velocità massima del nastro.
ottenendo la misura del tempo di permanenza del nastro nella camera
d'essiccamento;
- - velocità dell'aria incidente sull'inchiostro umido. L'effetto
d'evaporazione del solvente è legato esponenzialmente alla velocità dell'aria
in uscita dagli ugelli: raddoppiando la velocità dell'aria incidente sul
nastro, l'effetto d'evaporazione del solvente aumenta di circa V 2;
- - numero degli ugelli con cui l'aria viene proiettata sul nastro;
- - umidità relativa dell'aria. Ad esempio il tempo per l'evaporazione del
solvente raddoppia quando l'umidità relativa passa dal 65 al 75%.
Le
condizioni d'evaporazione del solvente nei gruppi d'essiccamento ad aria calda
possono essere automatizzate da dispositivi controllati da microprocessori. I
parametri di controllo, rilevati da appositi sensori. riguardano il residuo dei
solventi. la temperatura dell'aria immessa nel gruppo d'essiccamento. il volume
della stessa e di quella espulsa dalla camera. il tiro del nastro in entrata ed
uscita dalla camera.
L'elaborazione delle informazioni permette d'intervenire, con procedura
automatica. sull'immissione d'aria, sul suo ricircolo e sulla sua temperatura.
Ad esempio, la quantità d'aria immessa nel gruppo d'essiccazione può essere
controllata modificando l'angolo di una valvola a farfalla, oppure variando la
velocità di rotazione dei ventilatori. La prima soluzione risulta meno costosa.
però può fornire basse velocità di pressione in uscita agli ugelli. La seconda
soluzione ha un limite nella considerazione che la pressione totale emessa da un
ventilatore varia con il quadrato del suo numero dei giri. cioè la pressione
aumenta molto meno rapidamente all'aumentare del numero dei giri del
ventilatore.
3.7. Gruppo d'uscita
L'uscita della
bobina stampata può avvenire. come già detto nel capitolo relativo ai sistemi
d'uscita delle macchine da bobina, per mezzo di attrezzature molto diverse, in
funzione del prodotto da ottenere: bobina stampata, fogli, segnature piegate,
ecc.
Nel presente paragrafo si affronterà l'uscita tramite la piegatrice a formato
variabile - poiché nelle macchine rotocalco da bobina tale sistema d'uscita è
caratteristico - in funzione di stampati editoriali o paraeditoriali aventi
formati diversi, prodotti sulla medesima macchina.
La produzione di tali stampati su macchine rotocalco da bobina è avvenuta,
fino agli inizi degli anni '70. per mezzo di cilindri-forma ospitanti sul loro
sviluppo circonferenziale «due incisioni». intendendo con tale dizione la
presenza di quattro pagine sulla circonferenza del cilindro forma; ad ogni
incisione corrisponde un cartesino nella stampa tipografica e offset (fig. 315).
Il numero totale di pagine ospitate sul cilindro-forma dipende dal formato
dello stampato e dalla lunghezza assiale del cilindro stesso («tavola») che,
fino a pochi anni or sono, non raggiungeva i 2000 mm. Attualmente le macchine
rotocalco la bobina tendono ad ospitare cilindri-forma di diametro maggiore, che
consentono l'incisione di sei pagine sul loro sviluppo circonferenziale, ovvero
«tre incisioni» (fig. 316).
Nelle macchine rotocalco da bobina il formato della tavola del cilindro-forma
tende a stabilizzarsi intorno ai 2 m, con punte intorno a 2.4-2.6 m, già
impiegate nel mercato nord-americano. Nel confronto tra i cilindri forma a due o
tre incisioni, questi ultimi consentono il raggiungimento di produttività più
elevate. sia perché permettono l'ottenimento di segnature aventi un maggior
numero di pagine, sia perché i cilindri aventi un maggior diametro sono
maggiormente resistenti alla flessione. Il raggiungimento ditali obiettivi è
permesso dallo sviluppo di piegatrici a formato variabile, in cui la velocità
lineare della carta può raggiungere 14 m/s.
Generalmente, la bobina stampata in una macchina rotocalco viene tagliata in
strisce; queste sono condotte alla piegatrice tramite un gruppo di barre
diagonali e traini, che sovrappongono correttamente le strisce. Prima
dell'entrata in piegatrice, le strisce possono subire una piega, parallela al
senso d'avanzamento della bobina, per mezzo di uno o due coni di piega. Come già
descritto nella parte generale relativa alle piegatrici, la presenza di due coni
affiancati permette di sovrapporre le strisce piegate da un cono di piega a
quelle di uscita dall'altro cono.
Le strisce possono però essere condotte alla piegatrice senza venir piegate
dal cono: in questo caso le strisce sono tagliate mediante cilindri di taglio,
sincronizzati per dividere il nastro in due pagine affiancate (fig. 317),
corrispondenti ad una incisione sulla circonferenza del cilindro forma. Nella
piegatrice a formato variabile (fig. 318) sono quindi presenti settori, detti di
«strappo», che accelerano i fogli appena tagliati alla velocità di funzionamento
dell'attrezzatura. Il loro compito consiste nel controllo dei fogli nel momento
in cui essi sono tagliati trasversalmente dai cilindri di taglio.
I fogli accelerati dai settori strappo pervengono a pinze, o sugli aghi.
posti alla periferia del cilindro d'accumulo. Su tale cilindro possono essere
accumulati altri fogli ad ogni giro: due volte nel caso di cilindri-forma con
due incisioni, tre volte nel caso di cilindri-forma ospitanti sul loro sviluppo
circonferenziale 6 pagine diverse. In ultimo le segnature subiscono la seconda
piega nel trasferimento dal cilindro d'accumulo a quello di piega, tramite una
lamiera (ventalina) che fuoriesce dalla periferia del cilindro d'accumulo, a
metà del formato trattenuto dalle pinze (fig. 319). La ventalina costringe i
fogli trattenuti sul cilindro d'accumulo a penetrare in una scanalatura posta
sul cilindro di piega, mentre robuste pinze (morsettoni) serrano il pacco di
fogli e le pinze del cilindro d'accumulo si aprono lasciando la segnatura.
Altre attrezzature possono consentire lavorazioni complementari: ad esempio
l'impiego di pinzatrici a punto metallico permette di confezionare prodotti
editoriali o paraeditoriali all'interno della piegatrice, gli impilatori possono
raccogliere le segnature in uscita per avviarle ad impianti di confezionamento
automatico, ecc.
La piegatrice ha le seguenti funzioni principali:
- - ricevere il nastro stampato, già diviso in strisce sovrapposte
correttamente dal gruppo diagonali e traini;
- - tagliare le strisce sovrapposte trasversalmente al loro avanzamento di
fogli di lunghezza pari al formato dello stampato aperto (un'incisione);
- - condurre i fogli tagliati al cilindro d'accumulo, dove altri gruppi di
fogli tagliati possono essere sovrapposti ai primi per due o tre volte;
- - piegare la segnatura nel passaggio dal cilindro d'accumulo a quello di
piega, in senso trasversale a quello d'avanzamento del nastro;
- - condurre la segnatura all'uscita o ai dispositivi di raccolta.
Tramite dispositivi particolari la segnatura può essere perforata,
cordonata, pinzata sul dorso con punti metallici, ecc.
3.7.2. Gruppo barre diagonali e
gruppo trainoIl nastro stampato dalla macchina rotocalco da bobina è
condotto al gruppo diagonali e traino, mediante rulli folli ed un rullo
compensatore del tiro, avente il compito di variare la lunghezza della banda
compresa tra l'ultimo elemento stampante e la piegatrice (fig. 320, 321).
Il tiro del nastro stampato è garantito da un rullo detto di «traino
principale» (fig. 322), la cui velocità di rotazione è comandata da un motore a
corrente continua. Rullini dotati di pressione pneumatica regolabile
garantiscono l'aderenza del nastro stampato al rullo traino. Il nastro viene
quindi diviso in strisce di larghezza opportuna per mezzo di coltelli (fig.
323).
Gruppi pneumatici aspiratori, di rumorosità contenuta, asportano la polvere
sollevata dall'operazione di taglio sul nastro di carta.
Normalmente la larghezza delle strisce è compresa tra 200 e 500 mm: la
larghezza della striscia è proporzionale alla dimensione dello stampato,
essendo. generalmente, corrispondente al lato più lungo dello stampato finito.
In casi particolari, ad esempio quando si vuole stampare a tre incisioni su
una macchina prevista per due incisioni, oppure per aumentare la resistenza alla
flessione del cilindro forma, la striscia può essere larga come il lato minore
dello stampato finito.
Ogni striscia tagliata è composta da un nastro in cui si ripetono le medesime
otto pagine (4 in bianca e 4 in volta) nel caso di stampa con un cilindro forma
a due incisioni: oppure le medesime dodici pagine (6 in bianca e 6 in volta) nel
caso di stampa con cilindro a tre incisioni. Ad esempio, se il cilindro forma ha
una tavola di 2,5 m ed il lato del formato finito è di 250 mm, si può dividere
il nastro in 10 strisce.
Il totale di pagine stampate corrisponde a 80 nel caso di cilindro a due
incisioni, ed a 120 nel caso di stampa a tre incisioni.
Il tiro della banda tagliata in strisce può essere controllato da dispositivi
appositi, prima che esse siano introdotte nel gruppo di barre diagonali. Le
strisce sono condotte quindi al gruppo diagonali (fig. 324), costituito da
un'alta struttura metallica su cui sono posti carrelli porta barre diagonali con
un solo telaio oppure con telai modulari (fig. 325).
Il telaio modulare ospita due barre inclinate a 455 relativamente ai senso
d'avanzamento della striscia: quando questa viene avvolta su una delle due barre
diagonali, può essere ruotata di 905 nella direzione d'avanzamento.
Un ulteriore rullo folle, perpendicolare al senso di avanzamento della
striscia, permette il ribaltamento della stessa.
Le barre diagonali possono essere dotate di dispositivi pneumatici in grado
d'espellere aria lungo la superficie di contatto tra la barra e il nastro, per
ridurre al massimo eventuali strisciamenti tra il nastro stampato e i rulli
folli.
All'uscita del gruppo diagonali, le strisce sono controllate da rulli traino
secondari (fig. 326), il cui comando di velocità è condotto da motori in
corrente continua; in tal modo si garantisce una corretta tensione della carta.
Appositi rullini dotati di pressione regolabile pneumaticamente, garantiscono
il contatto tra la striscia e il rullo di traino secondario.
La tensione di ogni striscia viene controllata da appositi dispositivi; il
registro di ogni striscia è ottenuto con compensatori secondari: sono rulli in
grado di variare la lunghezza delle singole strisce in modo da sovrapporle
esattamente nella posizione richiesta.
Possono essere presenti coni semplici, sia fissi (fig. 327) sia con
possibilità di spostamento trasversale (fig. 328). Possono anche essere previsti
coni doppi, per piegatrici con prodotti affiancati, sia appaiati, sia
sovrapposti.
Le strisce tagliate, quando sono disposte sul cilindro le pagine con il lato
maggiore parallelo all'asse del cilindro stesso, possono essere condotte
direttamente alla piegatrice senza subire la piega al cono.
Per un approfondimento sui gruppi diagonali e sul passaggio carta in uscita
dalle macchine rotocalco da bobina si rimanda in appendice, alle illustrazioni
del capitolo «Codice generale e passaggi carta nelle rotative rotocalco».
3.7.3. Piegatrici a formato
fissoLe piegatrici a formato fisso sono predisposte per la produzione di
lavori standard, senza poter variare la lunghezza del nastro in senso
trasversale al suo avanzamento.
Sono utilizzate per lavori il cui formato non cambi, oppure in uscita da
macchine offset da bobina. Di esse si è già trattato nel paragrafo 3.6.1.
relativo alle piegatrici nelle macchine da bobina.
In questa sede si descrivono in particolare le piegatrici a formato
variabile, usate fin dai primi anni '70 in uscita dalle macchine rotocalco da
bobina.
3.7.4. Piegatrici a formato
variabile3.7.4.1. Generalità. Mentre fino ad alcuni anni or sono le
piegatrici per macchine rotocalco da bobina erano impostate per piegare da
cilindri-forma aventi due incisioni sulla loro circonferenza, attualmente esse
possono piegare anche con produzioni da cilindri-forma aventi tre incisioni,
ovvero con sei pagine disposte sulla loro cinconferenza. Si ribadisce che per
incisione si deve intendere, per analogia, il cartesino o quartino, ovvero due
pagine affiancate sul cilindro-forma per il loro lato di cucitura.
La piegatrice a formato variabile (fig. 329) è collegata alla macchina da
stampa tramite alberi di trasmissione, in modo che esista un rapporto ben
preciso tra il numero dei giri dei cilindri-forma e quello degli organi della
piegatrice.
Ad esempio, nel caso di forma con due incisioni, ad ogni giro del
cilindro-forma corrispondono due giri dei cilindri di taglio trasversale delle
strisce, 2/5 di giro del cilindro d'accumulo o pinze, 1/2 giro del cilindro
morsettoni: quando il rapporto tra il cilindro pinze e quello morsettoni sia
5:4. Invece, nel caso di 3 incisioni sullo sviluppo circonferenziale del
cilindro-forma, ad ogni suo giro devono rispondere tre giri dei cilindri di
taglio trasversale delle strisce sovrapposte, 3/5 di giro del cilindro
d'accumulo o pinze, 3/4 di giro del cilindro morsettoni.
La variazione del rapporto di trasmissione avviene con un innesto posto prima
della piegatrice a formato variabile, per consentire l'accumulo di due o tre
incisioni sul cilindro pinze.
A parità del numero di giri del cilindro-forma. la carta entra nella
piegatrice ad una velocità lineare rapportata allo sviluppo circonferenziale dei
cilindri-forma stessi.
Gli organi della piegatrice sono montati con diametri prestabiliti: infatti
devono essere dimensionati per velocità corrispondenti allo sviluppo
circonferenziale massimo dei cilindri forma usati in una certa macchina
rotocalco da bobina.
Possono esistere anche piegatrici in cui i cilindri d'accumulo e di piega
possono essere sostituiti da altri. di diametro diverso, per adeguare la
velocità periferica di tali cilindri a quella del cilindro forma: tali
piegatrici sono dette «a cassetta» e ad esse si accennerà pio avanti.
All'interno della piegatrice la velocità lineare della striscia di carta. dal
momento in cui viene tagliata trasversalmente dai cilindri di taglio, deve
assumere un valore determinato dal massimo formato che si stampa.
L'accelerazione dei fogli che si producono viene ottenuta mediante settori
detti di «strappo» (fig. 330), che imprimono la nuova velocità. mentre
controllano i fogli che devono ancora essere afferrati dal cilindro d'accumulo.
3.7.4.2. Cilindro d'accumulo. Il diametro del cilindro d'accumulo è
progettato in funzione del massimo formato stampabile dal cilindro-forma. In
particolare sarà anche funzione del numero di barre di pinze o porta aghi poste
alla sua periferia, normalmente cinque o sette barre, ed dallo spazio occupato
dalle stesse pinze, corrispondente a circa 50 mm. Pertanto la circonferenza del
cilindro d'accumulo corrisponde al formato dell'incisione massima, più lo spazio
occupato dalle pinze, per il numero di barre esistenti alla periferia del
cilindro stesso. Nel caso di presenza di aghi, invece che di pinze, il
dimensionamento del cilindro d'accumulo non sarà ovviamente legato allo spazio
occupato dalle pinze.
I fogli accelerati dai settori di strappo pervengono alle pinze sul cilindro
d'accumulo, oppure agli aghi, che li trattengono fino alla cessione al cilindro
di piega. Nel caso di presenza di pinze, queste sono doppie: quelle che ricevono
per prime la segnatura, sono dette «pinze gobbe» per la loro forma arcuata (fig.
331), la seconda serie di pinze è detta «pinze piane»; queste ultime
intervengono nella presa dei fogli dopo l'azione di trattenimento da parte delle
pinze gobbe.
Il cilindro d'accumulo nelle piegatrici a formato variabile è costituito da
cinque o sette serie di pinze poste sulla periferia dello stesso cilindro,
intervallate da un medesimo numero di feritoie, da cui può fuori uscire una
lama, detta ventalina (fig. 332).
La posizione angolare delle barre di pinze dev'essere sincronizzata con il
taglio trasversale della striscia di carta, al variare del formato
dell'incisione. Infatti, variando il formato, varia anche la distanza tra i
cilindri di taglio trasversale e la presa da parte delle pinze (fig. 333); tale
distanza corrisponde ad una incisione, ovvero a due pagine affiancate. Il
comando di fasatura tra i cilindri taglio e le pinze del cilindro d'accumulo,
può avvenire mediante volantini esterni alla piegatrice.
Con la produzione per mezzo dei cilindri-forma a due incisioni, le pinze
accumulano due gruppi di fogli uno sull'altro, cioè il primo gruppo di fogli
rimarrà sul cilindro d'accumulo per un giro completo. sino a sovrapporre sullo
stesso il secondo gruppo. Se i cilindri-forma contengono tre incisioni sul loro
sviluppo circonferenziale, le pinze piane dovranno accumulare tre gruppi di
fogli uno sull'altro: il primo gruppo di fogli rimarrà sul cilindro d'accumulo
per due giri completi, perché su di esso si dovranno accumulare il secondo
gruppo durante il primo giro ed il terzo nel secondo giro.
Una camma profilata opportunamente permette alle pinze d'accumulare due o tre
gruppi di fogli, in relazione al numero d'incisioni sul cilindro forma. Tale
camma, nel caso d'accumulo di due gruppi di fogli, riprende la sua posizione
iniziale ad ogni giro del cilindro d'accumulo, mentre nel caso di tre incisioni
la camma riprende la sua originale posizione ogni due giri del medesimo
cilindro.
Nelle piegatrici a formato variabile dev'essere possibile anche variare la
distanza tra la presa delle pinze e la linea di piegatura. Pertanto la ventalina
ed il morsettone corrispondente del cilindro di piega, devono spostarsi insieme
lungo la circonferenza, relativamente alla posizione dei gruppi di pinze, per
assumere una distanza tra loro uguale alla metà dello sviluppo del foglio (fig.
334). La regolazione della posizione delle ventaline e dei corrispondenti
morsettoni, è effettuabile mediante volantini esterni alla piegatrice.
La regolazione della posizione della ventalina può anche non essere
perfettamente a metà dell'incisione, per ottenere la cosiddetta «unghiatura»,
ossia il bordo sporgente su una metà della segnatura, per consentire le
successive lavorazioni sulle macchine di confezione.
3.7.4.3. Formazione della seconda piega. La piega trasversale al senso
d'avanzamento del nastro di carta è detta «seconda piega», poiché può seguire la
prima piega operata dal cono, che però è parallela al senso d'avanzamento del
nastro, La seconda piega può anche essere l'unica operata sulle segnature
raccolte dal cilindro d'accumulo: si tratta di un'operazione meccanica molto
delicata, poiché richiede il trasferimento dei fogli dal cilindro d'accumulo a
quello di piega in un tempo molto breve; mentre la ventalina spinge i fogli tra
le ganasce dei morsetti, questi ultimi afferrano la segnatura e le pinze del
cilindro d'accumulo abbandonano i fogli.
Nelle piegatrici a formato variabile il raggio dei cilindri d'accumulo e di
piega risulta maggiore che nelle piegatrici a formato fisso; ciò per aumentare
lo spazio percorso dalla ventalina all'interno dei morsetti (fig. 335) quando i
due cilindri della piegatrice sono tangenti, al fine di prolungare il tempo per
la formazione della piega, in particolare quando il numero di pagine costituenti
la segnatura è uguale o maggiore di 96. L'aumento del raggio dei cilindri
d'accumulo e di piega, non modifica eccessivamente l'entità della forza
centrifuga sul foglio; si ricorda che, a parità di altre condizioni, la forza
centrifuga (Fc) è direttamente proporzionale al raggio del cilindro in movimento
rotatorio, secondo la relazione: Fc = m V w2 V r, essendo m la massa del corpo
in movimento rotatorio, w V r la velocità periferica dello stesso e w la
velocità angolare.
Da notare che la metà del pacco di fogli compreso tra le pinze e la
ventalina, nel momento in cui avviene il passaggio ai morsettoni del cilindro
piega (fig. 336), deve invertire la direzione la direzione del moto: i lembi
liberi della carta frustano l'aria con una forza proporzionale alla forza
centrifuga. La carta si scompone e può anche deformarsi producendo ondulazioni
che possono tradursi in alterazioni permanenti.
Aumentando il raggio dei cilindri d'accumulo e di piega, tali problemi si
riducono notevolmente,
3.7.4.4. Uscite dalle piegatrice a formato variabile. La piegatrice a
formato variabile possiede tre distinte uscite (fig. 337), ciascuna dotata di
«cilindri ragno» e nastri trasportatori. Le prime due (B e C in fig. 337)
accolgono le copie provenienti dal cilindro piega con cilindri-forma ospitanti
due incisioni sulla loro circonferenza; funzionano tutte e tre le uscite nel
caso di produzione con cilindri-forma a tre incisioni.
Per ragioni di sicurezza, un dispositivo anti-ingolfatura conta le copie che
lasciano il morsettone, confrontando il segnale con quello prelevato sull'albero
del cilindro di piega. Se l'impulso elettrico proveniente dall'albero del
cilindro non è cancellato dall'impulso della copia in uscita, vuol dire che la
copia è ancora bloccata in piegatrice, pertanto le strisce di carta vengono
automaticamente espulse e la rotativa fermata.
In uscita dalle macchine da bobina rotocalco, le segnature debbono essere
raccolte automaticamente, a causa dell'alta velocità dell'impianto, da apposite
attrezzature impilatrici, dette «stackers». Esse hanno il compito di accumulare
un certo numero di copie della segnatura stampata in modo ordinato, per
procedere senza intoppi all'alimentazione delle successive stazioni di macchine
confezionatrici, ad esempio brossuratrici, o accavallatrici e cucitrici a punto
metallico,
Le macchine raccoglitrici e impilatrici possono produrre «mazzette» di
segnature sia a pacchi sciolti, sia a pacchi legati.
Per macchine da bobina non eccessivamente veloci, le mazzette possono essere
raccolte manualmente, una alla volta, in pacchi sciolti. Altre uscite possono
prevedere stackers che oltre a pareggiare e raccogliere le segnature, ruotano i
pacchi di l805 l'uno rispetto all'altro, in modo che lo spessore del dorso sia
ripartito sui due lati dei parchi.
In modelli più automatizzati, i pacchi, di circa 60-80 kg l'uno, vengono
raccolti automaticamente e legati tra due tavolette (fig. 338). Successivamente
possono essere trasportati alla linea di confezione automatica per
l'alimentazione delle stazioni di raccolta delle segnature.
Quest'ultimo modello di stacker è utilizzabile maggiormente per produzioni di
formato fisso, mentre la raccolta di segnature di formato diverso, può avvenire
mediante stacker a mazzetta sciolta.
3.7.4.5. Velocità della piegatrice e del cilindro-forma. La velocità
della piegatrice si misura considerando la velocità lineare massima dei fogli di
carta al suo interno, corrispondente alla velocità periferica del cilindro
d'accumulo e del cilindro piega. Il limite massimo raggiunto attualmente è di
12,5 m/s, pertanto tale velocità non può essere superata anche dalla bobina
nell'elemento stampante.
Conoscendo lo sviluppo minimo e massimo circonferenziale dei cilindri-forma
utilizzati in una macchina rotocalco, si può risalire alla velocità della
macchina, espressa in giri del cilindro all'ora (g/h).
Ad esempio, se lo sviluppo circonferenziale massimo dei cilindri-forma è di
1,12 m, il numero massimo di giri cilindro-forma all'ora, in una certa macchina
rotocalco corrisponde a:
12,5 (m/s) x 3600 (s/h) /1,12 (m) = 40,000 g/h circa.
Tale numero di g/h non può essere aumentato anche se il diametro del
cilindro-forma viene diminuito al variare del formato dello stampato, perché i
cilindri di taglio trasversale delle strisce sovrapposte hanno tale limite di
velocità.
Ad esempio, utilizzando nella medesima macchina rotocalco cilindri-forma con
sviluppo circonferenziale di 900 mm, essendo 40.000 g/h il numero massimo dei
giri del cilindro-forma, la velocità lineare della carta negli elementi
stampanti diminuisce a circa 10 m/s, ricavati dal calcolo:
40.000 (g/h) x 0,9 (m) / 3600 (s/h) = 10 (m/s).
Poiché la velocità della carta nella piegatrice a formato variabile sarà
sempre di 12,5 m/s, questa sarà aumentata di circa 2,5 m/s dai cilindri taglio e
dai settori strappo, che lavorano a tali velocità periferiche, in quanto
dimensionate al formato massimo circonferenziale dei cilindri-forma.
Nel caso di cilindri-forma con tre incisioni, a parità di formato stampato,
il loro sviluppo circonferenziale massimo aumenta del 50% raggiungendo i 1680 mm
(= 1120 mm V 3/2).
Non potendo superare la velocità lineare della bobina di 12,5 m/s, il numero
dei giri del cilindro-forma a tre incisioni deve diminuire di 1/3 del numero
massimo dei giri all'ora ammessi, cioè:
12,5 (m/s) x 3600 (s/h) /1,68 (m) = 26.700 (g/h) circa.
Con un rapido calcolo, si può dimostrare che, utilizzando la medesima
larghezza della bobina, la produzione oraria di area stampata, e' la medesima,
sia con cilindri a due incisioni, sia a tre incisioni. Muteranno solo il
diametro del cilindro-forma, che aumenta stampando a tre incisioni, e il numero
dei giri/ora del cilindro-forma, che diminuisce stampando a tre incisioni.
Con cilindri-forma a tre incisioni e possibile aumentare la larghezza della
bobina, il cilindro e' infatti soggetto ad una minore flessione in mezzeria,
poiché il suo diametro aumenta. Si supponga di dover stampare, impiegando bobine
larghe 2.000 mm, divise in otto strisce larghe 250 mm, avendo sviluppo
circonferenziale del cilindro-forma di 1120 mm con due incisioni, oppure con
sviluppo di 1680 mm, con tre incisioni. La produzione, in superficie massima di
carta stampata nell'unità di tempo, corrisponde a quella ottenibile dalla
piegatrice, cioè:
12,5 (m/s) x 2 (m) x 3600 (s/h) = 89.600 (m2/h).
Il calcolo relativo alla stampa con cilindro-forma a due incisioni sarà il
seguente:
1,12 (m) x 2 (m) x 40.000 (g/h) = 89.600 (m2/h) copie all'ora:
- - con accumulo (64 pagine) = 40,000 c/h,
- - senza accumulo (32 pagine) = 80.000 c/h.
Per la stampa con
cilindro-forma a tre incisioni, il calcolo sarà il seguente:
1,68 (m) x 2 (m) x 26666 (g/h) = 89.600 (m2/h)
copie all'ora:
- - con accumulo (96 pagine) = 26.666 c/h;
- - senza accumulo (32 pagine) = 80.000 c/h.
Come si nota dal
calcolo può cambiare il modo di uscita della segnatura, che nel caso di cilindro
a due incisioni potrà essere accumulata in sessantaquattresimi, con il cilindro
a tre incisioni, si potrà accumulare in novantaseiesimi.
Ammettendo di poter aumentare la larghezza della bobina a 2.5 m, il cilindro
con tre incisioni ha un diametro sufficiente per resistere alla flessione,
mentre quello a due incisioni è al limite di resistenza. Si possono stampare, ad
ogni giro del cilindro a tre incisioni, dieci strisce di larghezza 250 mm,
invece di otto, quindi la produzione oraria aumenta nel seguente modo:
l,68 (m) x 2,5 (m) x 26.666 (g/h) = 1l2 000 (m2/h) copie all'ora:
- - con accumulo (120 pagine) 26,666 c/h:
- - senza accumulo (40 pagine) = 80.000 c/h.
Quindi, aumentando la
larghezza della bobina, oltre ad una produzione in superficie stampata
superiore, si ottengono segnature aventi un maggior numero di pagine ciascuna,
comunque in quantità oraria identica, poiché non si possono superare i limiti
della massima velocità lineare della carta nella piegatrice a formato variabile
(12,5 m/s) ed il numero di giri dei cilindri di taglio trasversale delle strisce
(40.000 giri/h).
3.7.4.6. Produttività nelle piegature a formato variabile. Per un
prodotto avente le dimensioni finite di 200x 280 mm, operando con cilindri-forma
a due incisioni, lo sviluppo circonferenziale di ogni cilindro dovrà essere di
1.120 mm, disponendo quattro pagine sulla circonferenza con la loro altezza
perpendicolare all'asse del cilindro (280 mm x 4 = 1.120 mm).
Le strisce di carta avviate dal gruppo diagonali alla piegatrice saranno
larghe 400 mm (200 mm x 2): queste saranno piegate a metà, parallelamente al
senso d'avanzamento delle strisce, dal cono di piega.
Ammettendo di poter disporre di una bobina di larghezza 2000 mm, il numero di
strisce sovrapposte sarà di 5, tutte di larghezza 400 mm.
La velocità di produzione della piegatrice, con terza piega incrociata, non
supera i 22-23.000 giri/h del cilindro-forma. Pertanto, la produzione oraria di
superficie stampata sarà pari al prodotto della superficie stampata (1.120 mm x
2.000 mm) per la velocità oraria, corrispondente ad un totale di circa 50.000 m2
di carta stampata all'ora.
Se invece di operare con cilindri a due incisioni, si decidesse di operare
con cilindri a tre incisioni, sul loro sviluppo circonferenziale, la
disposizione delle pagine sul cilindro-forma dovrebbe essere ruotata di 905.
Perciò si disporranno sei pagine sulla circonferenza di ogni cilindro-forma,
però con la base parallela allo sviluppo circonferenziale, che pertanto
assommerà a 1200 mm (6 pagine x 200 mm). Con una bobina di larghezza eguale alla
precedente, si possono disporre 7 strisce larghe 280 mm, per un totale di 1960
mm.
Se la velocità massima della carta in piegatrice non supera i 12,5 m/s,
velocità comunque superiore a quella del massimo formato ospitato dalla macchina
rotocalco, la velocità periferica del cilindro-forma potrà raggiungere i 26.666
giri all'ora, pertanto l'area di carta stampata all'ora sarà di:
1,2 (m) x 1,96 (m) x 26.666 (giri/h) = 63.718 (m2/h),
3.7.5. Piegatrici a cassettaE
impressione generale che 40.000 giri/h siano una velocità prossima ai limiti
delle possibilità delle piegatrici variabili di struttura tradizionale, con
un'ampia escursione di formati.
Un tentativo di semplificare i problemi delle piegatrici a formato fisso o
variabile è costituito dalle piegatrici di costruzione modulare (piegatrici a
cassetta), in cui il gruppo dei cilindri d'accumulo e di piega può essere
sostituito quando è necessario un cambio del formato del prodotto da stampare
(fig. 339).
Esistono cassette funzionanti sia a formato fisso, sia a formato variabile,
ma quest'ultimo permette solo limitate variazioni al fine d'ottenere che la
velocità periferica dei cilindri di piega sia il più possibile vicina alla
velocità lineare della carta, ovvero sia proporzionale alla circonferenza dei
cilindri-forma utilizzati.
Le piegatrici a cassetta furono costruite per aumentare la velocità della
macchina rotocalco da bobina e per eliminare i problemi di rigatura delle copie
di piccolo formato, che si generano utilizzando una piegatrice a formato
variabile in condizioni non standard.
La piegatrice a cassetta mette inoltre a disposizione una piega di riserva
per ogni eventualità: ad esempio le riparazioni e le manutenzioni programmate
possono essere effettuate al di fuori della rotativa di produzione, inoltre, la
piegatrice a cassetta permette, entro certi limiti, più facili adattamenti a
evoluzioni future del tipo di prodotto. Un evidente svantaggio è l'alto costo
della piegatrice a cassetta; il numero di cassette occorrenti è determinato
dalla necessità di copri re tutta la gamma degli sviluppi circonferenziali dei
cilindri-forma, ad esempio:
- - cassetta n. 1, per sviluppi cilindri da 750 a 950 mm;
- - cassetta n. 2, per sviluppi cilindri da 880 a 1120 mm, ecc.
Le
cassette sono saldamente ancorate ai basamento dell'incastellatura della
piegatrice e la loro estrazione ed immissione può essere motorizzata.
Sono prodotte
in terza piega incrociata le segnature che, per le loro ridotte dimensioni,
richiederebbero, se prodotte in seconda piega, cilindri di stampa con sviluppi
circonferenziali troppo piccoli, con il pericolo che si flettano, se di tavola
elevata. Sviluppi troppo piccoli dei cilindri-forma comprometterebbero il
funzionamento delle piegatrici a formato variabile, normalmente progettate per
sviluppi circonferenziali di cilindri per nastri in seconda piega.
La terza piega può essere ottenuta sia parallelamente al senso d'avanzamento
della segnatura. sia trasversalmente, come per la seconda piega (fig. 340).
La terza piega viene attualmente evitata passando a cilindri-forma con tre
incisioni sulla circonferenza e ruotando le pagine incise di 905: pertanto la
piegatrice opera solo in seconda piega.
Ad esempio, si debba produrre uno stampato in terza piega incrociata avente
dimensioni 200x280 mm. Il dorso dello stampato (280 mm) sarà posto
parallelamente alla circonferenza dei cilindro-forma: perciò lo sviluppo
circonferenziale sarà di 1120 mm, con due incisioni sui cilindro (= 280 mm x 4).
La dimensione delle strisce inviate in piegatrice sarà di 400 mm (200 mm x 2)
(fig. 341).
Si può ottenere il medesimo stampato in seconda piega, ruotando le pagine di
905 sul cilindro-forma: pertanto lo sviluppo circonferenziale ditali
cilindri-forma sarà di 800 mm (= 200 mm x 4), con due incisioni, poiché le
pagine saranno disposte con la loro base parallela alla circonferenza dei
cilindri-forma.
Le strisce convogliate alla piegatrice avranno una larghezza di 280 mm. Lo
sviluppo circonferenziale di 800 mm rientra negli standard minimi delle
piegatrici, ma inizia a diventare critico nella resistenza alla flessione per
cilindri forma aventi una tavola superiore a 1.800 mm.
L'ostacolo può essere superato con cilindri-forma a tre incisioni, poiché il
loro sviluppo circonferenziale aumenta del 50% e, quindi, anche la loro
resistenza alla flessione. Infatti, disponendo sullo sviluppo circonferenziale
sei pagine di base 200 mm, il cilindro-forma avrà uno sviluppo di 1200 mm. con
larghezza delle strisce di 280 mm ed uscita in seconda piega (fig. 342).
Gli elementi stampanti dovranno essere in grado di accettare cilindri stampa
con sviluppi elevati.
Le segnature
trattenute dal cilindro d'accumulo possono essere cucite con punti metallici,
quando il numero di pagine del prodotto non è eccessivo (fino a 40-48 pagine),
Con carte di grammatura bassa si possono cucire segnature aventi un maggiore
numero di pagine,
La cucitrice può essere posta tangenzialmente ai cilindro d'accumulo ed
esercita la sua azione lungo la feritoia della ventalina (fig. 343). É prevista
per funzionare sia con due incisioni sia con tre incisioni raccolte dal cilindro
d'accumulo: la cucitrice pone due punti metallici sul dorso di ogni segnatura,
in modo da cucire dorsi compresi normalmente tra 220 e 400 mm.
Un esempio di cucitrice a punto metallico (fig. 344, 345) illustra il
funzionamento, ogni gruppo di cucitura è formato da due o tre stazioni, di cui
la terza di riserva, nel caso di avaria ad una delle prime due stazioni.
L'intervento della stazione di riserva è controllato tramite sensori posti in
prossimità del cilindro pinze, che avvertono la presenza o meno del punto
metallico sulla copia. La stazione di riserva può entrare in funzione anche nel
caso di sostituzione di una delle matasse di filo metallico per suo esaurimento,
senza dover arrestare la macchina.
Intorno all'albero possono essere montate 2, 3 o 4 gruppi di testine
cucitrici, relativamente alle scelte del fabbricante della macchina. il maggior
numero di gruppi permette di ripartire il carico di lavoro tra un maggior numero
di testine, riducendo l'usura per ogni stazione.
3.7.8. Segnature di poche pagine
Finora si è trattato di segnature aventi un numero cospicuo di pagine, ad
esempio 96, corrispondenti a 6 pagine sulla circonferenza del cilindro-forma
(tre incisioni) divise in otto strisce. Può accadere che debbano essere prodotte
segnature con un basso numero di pagine per un alto numero di copie; queste
possono essere impostate su una macchina rotocalco da bobina usata normalmente
per edizioni, ma con alcuni accorgimenti.
Essenzialmente esistono due alternative: o ripetere la medesima segnatura
lungo l'asse dei cilindro-forma, usando tutti gli elementi stampanti, oppure
stampare su una metà del cilindro in bianca, utilizzare particolari barre
diagonali per il ribaltamento dei nastro stampato in bianca onde ottenere un
passaggio del nastro in volta nei medesimi elementi stampanti, sulla seconda
metà della circonferenza dei cilindro-forma.
Più concretamente, si supponga di dover produrre un opuscolo di 12 pagine, a
quattro colori, in bianca e volta. le soluzioni operative possono essere le
seguenti:
1. Impostare quattro pagine sullo sviluppo circonferenziale dei
cilindri-forma, che raccolte in tre strisce sui cilindro d'accumulo della
piegatrice, daranno l'opuscolo. Poiché si potranno produrre contemporaneamente
almeno altre tre strisce, ad ogni rivoluzione del cilindro-forma, le copie
arriveranno in piegatrice su due uscite: si tratta della cosiddetta doppia
produzione.
2. Una più conveniente utilizzazione degli elementi è possibile con le barre
«pony», poiché gli elementi conterranno cilindri incisi con le pagine della
bianca affiancate a quelle della volta. La bobina avrà una larghezza metà di
quella precedente. dopo la stampa della bianca, il nastro viene ribaltato dalle
barre dei gruppo «pony» e perviene ai medesimi gruppi stampanti, spostato
assialmente rispetto alla prima entrata, per la stampa della volta. In questo
caso occorrono solo quattro elementi stampanti, invece di otto (fig. 346).
Se la macchina rotocalco è dotata di due piegatrici alle estremità, con 8-10
elementi, è possibile utilizzare due metà della rotativa per una produzione
contemporanea di due stampati identici, oppure diversi, acquistando in
flessibilità operativa.
I due tipi di soluzioni prospettate per la produzione di segnature di poche
pagine su grandi macchine rotocalco da bobina sono consentite per tirature non
troppo elevate, in quanto non permettono di raggiungere le massime velocità di
stampa; nessuno dei grandi stampatori europei utilizza correntemente
l'inversione del nastro tramite il dispositivo pony.
La produttività può essere raddoppiata utilizzando contemporaneamente due
piegatrici convenzionali.
Brevemente si espongono di seguito alcuni casi in cui è possibile produrre 12
pagine a quattro colori in bianca e volta, utilizzando rotative rotocalco con
diverso posizionamento dei gruppi diagonali e di traino, delle piegatrici,
mantenendo costante il numero dei portabobine e degli elementi (8 o l0).
l5 Caso: due gruppi diagonali e traino e due piegatrici poste agli estremi
della rotativa (fig. 347) con un portabobine .
L'opuscolo di 12 pagine può essere prodotto utilizzando otto elementi su una
bobina larga sei strisce, con cilindri incisi a due incisioni. La bobina
stampata, allorché perviene ad un gruppo diagonali, viene spartita a metà della
sua larghezza da coltello e controcoltello circolare. Quindi una metà continua
il suo percorso sul castello di un gruppo diagonali, dove viene divisa in tre
strisce, accumulata nella piegatrice, uscendo con due segnature
contemporaneamente.
La seconda metà del nastro stampato viene inviato alla seconda piegatrice,
superando tutti gli elementi stampanti, sempre con uscita in doppia produzione.
Pertanto si possono ottenere quattro segnature di 12 pagine ciascuna per ogni
giro dei cilindri-forma.
E evidente che tale soluzione non è razionale per l'impianto previsto, poiché
una macchina rotocalco a 8-10 elementi e due piegatrici può essere utilizzata
per produzioni diverse, come illustrato in figura 348. Poiché le piegatrici sono
agli estremi dell'impianto, sarà necessario più personale per il controllo delle
segnature in uscita.
25 Caso: due gruppi diagonali e trino e due piegatrici affiancate ad un
estremo della rotativa (fig. 349).
Il trattamento del nastro stampato in questo caso è analogo al primo caso,
poiché la banda viene dapprima separata a metà, parallelamente al suo
avanzamento, prima dell'entrata in un gruppo diagonali: successivamente ogni
metà viene ancora divisa in tre strisce, che vengono accumulate e piegate con
due piegatrici affiancate. La produzione è ancora di quattro segnature di 12
pagine ciascuna, due per ogni piegatrice, in doppia produzione.
Poiché le piegatrici sono sistemate una accanto all'altra, le segnature in
uscita possono essere controllate da un minor numero di persone.
35 Caso: un gruppo diagonali e di traino e due piegatrici sistemate dorso
contro dorso (fig. 350).
Questa soluzione permette di avviare tutte le strisce su una o sull'altra
delle due piegatrici, oppure di dividerle su ambedue, a seconda delle esigenze:
è previsto un solo gruppo diagonali e di traino.
Nel nostro caso, ovvero per la produzione di 12 pagine a quattro colori in
bianca e volta, si può operare con tre incisioni sui cilindri forma, otto
strisce convogliate alle piegatrici. Le quattro strisce accumulate e piegate
daranno due segnature all'uscita di ogni piegatrice, ad ogni giro del cilindro.
I costi per l'investimento di un impianto del tipo illustrato sono inferiori,
perché viene utilizzato solo un gruppo diagonali e di traino.
La seconda piegatrice verrebbe inserita solo nei caso di produzione
sdoppiata. Nei caso di stampa di prodotti con un alto numero di pagine, le
strisce verrebbero condotte ad una sola piegatrice, dal medesimo gruppo
diagonali e traino.
Unico problema dell'impianto di questo tipo è il grande ingombro occupato
dalle uscite, che presuppone molto spazio a disposizione nella sala rotative.
Un'ulteriore possibilità per la produzione di segnatura di poche pagine su
macchine di grande formato, consiste nell'installazione delle cosiddette
piegatrici doppie.
La piegatrice doppia è utilizzata in particolare negli USA, poiché le
produzioni di quel paese comprendono spesso lavori con poche pagine, anche
stampati con diversi procedimenti. In Europa, tranne che in rari casi, si
preferiscono due piegatrici, affiancate o dorso contro dorso.
Il numero di uscite totali con due piegatrici doppie, può essere:
- - di due, nel caso che entrambe lavorino in accumulo;
- - di quattro, nel caso che entrambe producano in doppia produzione;
- - di tre, nel caso una piegatrice lavori in accumulo e l'altra in doppia
produzione;
- - di una o due se la produzione avviene con una sola delle due piegatrici
sia in accumulo. sia in doppia produzione.
Macchine da stampa
flessografiche
1. GeneralitàCom'è noto, il
processo di stampa flessografico è caratterizzato da:
- - forma rilievografica;
- - inchiostro a bassissima viscosità, essiccante per evaporazione;
- - contatto diretto tra forma e supporto.
Il processo
flessografico, brevettato nei secondo decennio di questo secolo, veniva detto
«stampa all'anilina», per via dei coloranti con cui era composto l'inchiostro.
Il termine attuale, «flessografia», è in uso dai primi anni '50 e si riferisce
alle caratteristiche fisiche della forma, come in molti altri procedimenti di
stampa.
Intorno agli anni '40 si stavano diffondendo supporti lisci, quali il
cellophane, che permisero al processo flessografico di affermarsi in alternativa
agli altri processi di stampa, per il suo relativo minor costo e per la più
rapida essiccazione degli inchiostri.
Le lastre fotopolimeriche, realizzate già negli anni '60 per permettere ai
processo tipografico di contenere l'avanzata di quello offset, hanno trovato un
loro campo d'applicazione nella flessografia, in sostituzione o per
affiancamento del metodo di ricavare la forma in gomma da un flano, a sua volta
intermedio ottenuto da una forma tipografica. La migliore qualità di stampa
ottenibile con le forme fotopolimeriche e il minor numero di passaggi necessario
per ottenerle, hanno permesso un notevole miglioramento qualitativo dello
stampato flessografico.
La situazione attuale del processo di stampa si può così sintetizzare:
- - decisa affermazione nei settore della stampa di supporti derivati da
idrocarburi o, comunque, con superficie non assorbente, per la stampa di
prodotti cartotecnici o collegati al mercato dell'imballaggio;
- - rapido passaggio alle forme fotopolimeriche invece di impiegare forme in
gomma;
- - modificazione delle caratteristiche iniziali degli inchiostri, i quali
non impiegano più coloranti sciolti in solventi, ma complessi composti da
pigmenti dispersi in un veicolo (recentemente costituito da acqua);
- - modificazione dei gruppi inchiostratori, ulteriormente semplificati e
resi più controllabili; evoluzione delle macchine da stampa specifiche.
Le strutture delle macchine flessografiche possono essere
schematicamente classificate in tre gruppi principali: ad elementi in linea, ad
elementi sovrapposti (stack), a tamburo di pressione centrale (con satelliti);
di queste e della struttura delle flessografiche per quotidiani si tratterà più
avanti.
La grande maggioranza delle macchine flessografiche stampa da bobina; tra di
esse esistono notevoli differenziazioni non solo di struttura, ma anche nella
larghezza dei nastri. Esistono, infatti, impianti in grado di stampare nastri di
larghezza superiore a 150 cm, come esistono macchine flessografiche capaci di
stampare nastri larghi pochi centimetri.
Il campo d'applicazione dei processo flessografico è vastissimo, ma nella
maggioranza dei casi è collegato alla stampa degli imballaggi, oppure al settore
dei quotidiani.
Le macchine flessografiche da bobina possono essere dotate di stazioni in
linea per il taglio del nastro, la sua fustellatura, la piegatura e
l'incollatura. A volte, ad esempio, per la stampa d'imballaggi in polietilene,
le macchine flessografiche sono collegate in linea ad estrusori che forniscono
direttamente il nastro da stampare. Generalmente però, le macchine
flessografiche da bobina sono dotate di portabobine con cambio manuale o
semiautomatico (raramente automatico), nonché di avvolgitore della bobina
stampata.
Gli elementi flessografici possono essere utilizzati anche per operazioni
complementari quali verniciatura o spalmatura di colle sui nastro stampato. il
gruppo essiccatore di cui le macchine flessografiche sono dotate, permette
l'essiccazione rapida degli inchiostri, per mezzo di sorgenti di irradiazione
infrarossa tra i diversi elementi, oppure mediante insufflaggio sul nastro
d'aria riscaldata, per l'evaporazione dei solventi, dopo la stampa dell'ultimo
colore.
Per spiegare, anche preliminarmente, il funzionamento del processo
flessografico, occorre accennare al particolare dispositivo di inchiostrazione,
detto rullo anilox. Seguono perciò alcuni cenni storici sullo sviluppo del
processo flessografico, con particolare riferimento al sistema d'inchiostrazione
anilox.
Nel secondo decennio di questo secolo, un ingegnere francese, C. A. Holweg,
ottenne un brevetto inglese per una rotativa tipografica che utilizzava forme
rilievografiche in gomma e inchiostri liquidi all'anilina per la stampa di
sacchetti di carta.
Verso la fine degli anni '30 furono lanciati sul mercato inchiostri
terminanti con le lettere «ox», tra cui anche quelli a base d'anilina, che
pertanto furono chiamati commercialmente «anilox»; essi contenevano coloranti
all'anilina in soluzione alcoolica.
Nel 1939, Douglas E. Tuttle richiese un brevetto per la stampa con inchiostri
fluidi mediante un rullo inciso che garantiva una notevole uniformità nel
trasferimento dell'inchiostro, con ridotti interventi da parte dell'operatore.
Il rullo di trasferimento dell'inchiostro fu realizzato dalla stessa ditta
distributrice degli inchiostri anilox (International Printing Ink, divisione
della Interchemical Corp., oggi Inmont) e divenne noto con il nome commerciale
degli inchiostri all'anilina di cui si è detto.
Tra la fine degli anni '60 e i primi anni '70, Douglas Tuttle divenne
l'ispiratore degli studi dell'ANPA per lo sviluppo dei sistemi d'inchiostrazione
anilox per quotidiani; tali studi miravano alla progettazione di una nuova
macchina da stampa leggera, che riducesse i costi sia d'impianto, sia di
manutenzione rispetto ad una rotativa tradizionale.
Sin dagli anni '40 furono realizzate le prime stampe su cellophane per uso
imballaggio di prodotti alimentari; ovviamente gli inchiostri a base d'anilina
non potevano essere utilizzati, perché tossici; pertanto vennero sviluppati
nuovi inchiostri a base di pigmenti dispersi in solventi alcoolici a cui erano
aggiunte additivi, quali resine naturali, ecc.
La definizione di «stampa all'anilina», però continuò a caratterizzare il
processo flessografico utilizzante inchiostri fluidi e forme in gomma,
sconsigliando i produttori di generi alimentari all'utilizzazione ditale
processo di stampa.
Nel 1952 la FIexographic Technical Association decise che il nome della
stampa all'anilina divenisse flessografia. Il termine «rullo anilox»,
però, rimase a contraddistinguere il sistema d'inchiostrazione caratteristico
della stampa per quotidiani, anche se l'inchiostro non possiede più anilina, ma
normalmente è costituito da una base acquosa contenente ammonio, per mantenere
l'inchiostro ad un pH elevato fino a quando è trasferito sulla carta da
giornale, il che provoca, allontanata l'ammoniaca per evaporazione, una reazione
di polimerizzazione nell'inchiostro con un rapido essiccamento dello stesso.
Per «anilox» si deve intendere un rullo d'acciaio inciso, la cui superficie
viene indurita per cromatura o con altro metodo. Il «rullo anilox» trasferisce
alla lastra flessografica una pellicola controllata d'inchiostro; il volume
d'inchiostro trasferito è correlato al numero di cellette presenti per
centimetro lineare, alle loro dimensioni, alla loro forma geometrica, ai
rapporto di trama.
Il sistema comprende un gruppo inchiostratore formato dal rullo anilox, da un
calamaio contenente l'inchiostro e da un dispositivo di spremitura
dell'inchiostro, che può essere formato o da un rullo o da una racla appoggiata
al rullo anilox.
Il settore dei quotidiani sta dimostrando molto interesse per l'applicazione
del processo flessografico. Il sistema d'inchiostrazione anilox può essere
utilizzato anche su rotative tipografiche già esistenti mediante la sostituzione
del gruppo inchiostratore, sia impiegando forme stereotipiche, sia lastre
fotopolimeriche.
Alcuni casi di conversione delle rotative per quotidiani da tipografiche e
flessografiche hanno previsto il cambiamento del gruppo d'inchiostrazione solo
di alcuni elementi dell'impianto. In parte si è già accennato alla conversione
tipo-flessografica nel paragrafo relativo alle macchine tipografiche da bobina.
Le lastre flessografiche per quotidiani contengono fotopolimeri resistenti
all'acqua, poiché gli inchiostri possono contenere tale solvente. Tali lastre
hanno un costo superiore a quelle composte da fotopolimeri resistenti agli
inchiostri a base di solventi lipofili. In ogni caso le lastre per quotidiani
non possono essere del medesimo tipo di quelle utilizzate per la stampa
flessografica commerciale, poiché debbono subire lavorazioni in un tempo molto
più limitato.
Le proprietà richieste ad una lastra fotopolimerica flessografica adatta alle
macchine da bobina per quotidiani, sono:
- - resistenza alla trazione per assorbire le sollecitazioni a cui il
fotopolimero viene sottoposto durante il suo contatto con il sistema
d'inchiostrazione ed il nastro da stampare;
- - elasticità definita come capacità di materiale fotopolimerico di
riprendere la sua forma originaria dopo aver subito una sollecitazione; le
attuali lastre danno un'eccellente risposta d'elasticità, poiché riprendono la
loro forma originaria dopo circa 40-50 ms, tempo inferiore a quello
intercorrente tra l'inchiostrazione della lastra e la stampa, in una rotativa
con velocità di 30.000 giri/h;
- - resistenza alla compressione ripetuta Infatti il fotopolimero
potrebbe modificarsi nel suo spessore a causa della pressione a cui viene
sottoposto ad ogni giro del cilindro porta-forma;
- - resistenza alla' acqua. In particolare il fotopolimero non deve
dilatarsi per assorbimento d'acqua, presente nell'inchiostro;
- - risoluzione. In generale devono essere riprodotti i punti dal 3
al 95%, con lineatura di 34 linee/cm, mantenendo una sufficiente profondità
nei contrografismi delle percentuali massime, affinché lo stampato non risulti
scadente;
- - stampabilità . Si vuole intendere, in questo caso, l'affinità del
fotopolimero verso l'inchiostro. Quando la tensione superficiale del
fotopolimero è di 38-40 dine/cm, utilizzando inchiostri ad acqua di 32-36
dine/cm, si ottengono risultati di buona stampabilità.
Poiché la
compressione del fotopolimero durante la sua interferenza con il rullo
inchiostratore o con il cilindro di pressione provoca una deformazione elastica
del fotopolimero di 80-100 mm, l'elasticità della lastra può essere migliorata
con la presenza di un supporto in schiuma espansa tra lastra e il metallo del
cilindro (fig. 351).
La deformazione di circa 100 mm durante la compressione viene così ripartita
tra il fotopolimero, per circa il 20%, e il supporto in schiuma espansa, per il
restante 80%.
Poiché il supporto in acciaio del fotopolimero ripartisce la deformazione
alla pressione su un'area più estesa della schiuma espansa, non si hanno
riduzioni della periferia del cilindro lastra, se non dopo alcune centinaia di
migliaia di copie. L'esperienza ha dimostrato che, sostituendo il supporto (in
acciaio) d'ancoraggio del fotopolimero, con altri, in alluminio o in
policarbonati, si ottengono deformazioni permanenti dello spessore della forma,
in particolare quando passano in rotativa le giunzioni delle bobine o con
rottura del nastro e suo avvolgimento sul cilindro forma.
Nella stampa flessografica dei quotidiani, il numero di linee/cm dei rulli
anilox arriva a 100-150, con inclinazione delle celle a 450 rispetto alla racla.
I retinati sulla lastra si realizzano a 25 linee/cm. Con una frequenza di
linee/cm inferiore sul rullo anilox, si può presentare il fenomeno della
marezzatura.
Nella stampa quadricromica si deve considerare l'inclinazione degli alveoli
sul rullo anilox relativamente all'inclinazione dei retinati sulla lastra; in
ogni caso l'inclinazione del nero deve divergere almeno di 15 sul rullo anilox
relativamente all'inclinazione del retinato sulla lastra, altrimenti possono
verificarsi fenomeni d'interferenza ottica.
Le inclinazioni consigliate per i retinati sulla lastra, essendo presenti sul
rullo anilox alveoli inclinati a 450, sono le seguenti: giallo 300, magenta 750,
ciano 900, nero 600.
La lastra fotopolimerica flessografica ha una durezza che si aggira intorno a
70-805 Shore A., mentre la lastra fotopolimerica per la stampa tipografica per
quotidiani ha una durezza di circa 905 Sh A.. L'inferiore durezza del
fotopolimero per flessografia è indispensabile per permettere alle celle del
rullo anilox di adattarsi alla forma; ma tale caratteristica permette anche il
raggiungimento di altri obiettivi, come un migliore trasferimento
dell'inchiostro sulla carta da giornale, anche se questa presenta una certa
rugosità superficiale, senza aumentare la pressione, che condurrebbe ad un
maggiore allargamento dei grafismi.
Da notare che la gomma costituente la forma flessografica tradizionale ha una
durezza anche molto bassa (45.600 Sh A), con pericoli d'allargamento
dell'inchiostro accentuati.
Al contrario della tipografia, dove il primo strato d'inchiostro dev'essere
più appiccicoso del secondo per permetterne l'adesione, il «trapping»
dell'inchiostro flessografico, almeno nella stampa del cartone, richiede che la
prima pellicola d'inchiostro venga assorbita dal supporto rapidamente: quindi il
primo strato di colore viene stampato alla viscosità più bassa consentita.
Esistono, per esigenze particolari di stampa flessografica, camicie di
rivestimento dei cilindri portaforme per la sostituzione rapida delle forme
stesse.
Esse sono costituite da tubi di alluminio o altro materiale, su cui può
essere steso un fotopolimero o montata la stereotipia in gomma. Sono
particolarmente vantaggiose nella stampa di carta da parati o di prodotti
analoghi, in cui non dev'essere visibile il legno di congiunzione del soggetto
da stampare. Esse consentono, inoltre, un notevole risparmio nel magazzinaggio
delle forme da archiviare, per esempio quando si devono immagazzinare i cilindri
con disegni di tessuti o di carte «transfer». Originariamente le camicie di
rivestimento furono realizzate per la stampa transfer a caldo, ma attualmente
sono usate anche per la stampa di carta da parati e di imballaggi.
Il montaggio della camicia sul cilindro portaforme può essere realizzato
velocemente per mezzo di mandrini e di un sistema ad aria compressa che, creando
un cuscino d'aria tra la camicia e il cilindro portaforma, permette d'infilarla
o sfilarla rapidamente dalla sua sede (fig. 352).
Il fotopolimero può essere fotoformato direttamente dall'utilizzatore per
mezzo di un'apposito apparecchio espositore e di attrezzature di sviluppo del
fotopolimero non esposto.
2. Gruppo d'inchiostrazione
flessografico
2.1. GeneralitàIl trasferimento
dell'inchiostro fiessografico dalla vaschetta in cui è contenuto alla forma
rilievografica è relativamente semplice, poiché la bassa viscosità
dell'inchiostro permette un corretto trasporto, senza eccessive laminazioni
attraverso rulli, come nei procedimenti utilizzanti inchiostri più viscosi.
Nelle macchine flessografiche di più vecchia costruzione l'inchiostrazione
avveniva per mezzo di due o tre rulli, il primo dei quali funzionava da rullo
calamaio, il secondo da «dosatore», il terzo da inchiostratore.
Il rullo calamaio era immerso parzialmente nella vaschetta dell'inchiostro:
ruotando si ricopriva di una sottile pellicola il cui spessore poteva essere
regolato dall'interferenza con cui il rullo dosatore premeva contro il medesimo.
A volte il rullo dosatore poteva non essere presente, poiché la sua funzione
era esercitata direttamente dal rullo inchiostratore (fig. 353). Quest'ultimo,
rivestito di materiale di durezza elevata (circa 605-705 Sh A), interferiva con
i rilievi della forma in gomma distendendo su di essa una pellicola d'inchiostro
fluido.
L'aumento del numero dei rulli nel gruppo inchiostratore flessografico,
provoca un aumento della superficie su cui è disteso l'inchiostro, con un
corrispondente aumento dell'evaporazione del solvente contenuto.
Attualmente possono essere montati gruppi inchiostratori flessografici con
due rulli, di cui uno anilox, oppure con un solo rullo anilox. Alcuni
definiscono il primo sistema d'inchiostrazione «indiretto», poiché l'inchiostro
viene comunque trasferito per mezzo di un rullo intermedio rivestito in gomma
che pesca nell'inchiostro contenuto nel calamaio (fig. 354)'
Allorché esista il solo rullo anilox, è necessario disporre della rada per
asportare l'eccesso d'inchiostro dalla superficie del rullo.
Schematicamente esistono tre tipologie di gruppi inchiostratori
flessografici:
- - tipo indiretto senza rada sul rullo anilox, detto anche convenzionale,
poiché l'unica differenza con i primi gruppi inchiostratori consiste nella
presenza del rullo anilox come rullo inchiostratore;
- - tipo indiretto con rada sul rullo anilox, composto anche da più di due
rulli, con rullo anilox a volte funzionante come inchiostratore, a volte
intermedio tra il calamaio e il sistema d'inchiostrazione;
- - di tipo diretto, con il solo rullo anilox e racla.
Come nella
stampa rotocalcografica, la racla appoggiata, sul rullo anilox può formare un
angolo d'incidenza - tra il filo della lama e la tangente al rullo nel punto di
contatto - in alcuni sistemi di 455-605, in altri di 1205- 1305, misurando
l'angolo dal lato da cui proviene il movimento rotatoio del rullo anilox.
Nel processo flessografico quando l'angolo d'incidenza è inferiore a 905, si
usa la dizione «racla positiva»; invece se l'angolo d'incidenza è superiore a
905, si usa dire «rada negativa». in quest'ultimo caso, altri utilizzano anche
la terminologia «rada rovesciata», in opposizione a «rada positiva». Altri
ancora affermano che la rada agisce «in controrotazione», Nel presente capitolo
si useranno le dizioni «rada positiva» per intendere quella appoggiata sul rullo
anilox con un angolo d'incidenza inferiore a 905 e «racla negativa» per
intendere l'altra.
Come nel processo rotocalcografico, la racla positiva è soggetta alla
pressione dell'inchiostro (fig. 355) all'aumentare della velocità di rotazione
del gruppo inchiostratore.
Tale pressione d'impatto dell'inchiostro sulla lama tende a fletterla; per
contrastarla, si può solo aumentare la forza con cui la rada preme sul rullo
anilox, ma quest'azione provoca un'usura prematura del filo della lama,
La racla con inclinazione negativa (fig. 356), invece, può asportare
l'inchiostro sul rullo anilox senza essere soggetta alla forza d'impatto del
fluido su di essa, garantendo uniformità di trasporto di ugual volumi
d'inchiostro anche al variare della velocità di tiratura.
Il sistema di raclatura è progettato in modo che la lama si usuri molto più
rapidamente del rullo anilox: mentre una rada può funzionare per alcuni milioni
di giri del rullo, quest'ultimo viene usurato solo dopo alcune decine di milioni
di giri. Il numero corretto di giri a cui il sistema deve resistere prima di
essere usurato non può essere determinato con precisione, poiché dipende da
numerosi fattori, tra cui:
- - la natura delle superfici a contatto;
- - la pressione con cui la racla appoggia sul rullo anilox:
- - il parallelismo tra il filo della lama ed il rullo stesso;
- - l'abrasività degli inchiostri.
Anche il rullo anilox tende a
logorarsi per l'attrito esercitato dal filo della rada, che tende a consumare le
coste di sostegno degli alveoli e, quindi, a ridurre il volume dell'inchiostro
in essi contenuto. A parità di altri fattori, tanto minore è la distanza tra gli
alveoli, tanto è più probabile l'anticipata usura del rullo anilox. Il materiale
di cui è costituito il rullo anilox può anche essere causa dell'usura prematura
del filo della rada o della superficie del rullo stesso. Anche sostanze abrasive
presenti nell'inchiostro o provenienti dallo spolverio della carta, possono
ridurre la vita produttiva degli elementi del gruppo inchiostratore. Tale gruppo
è collegato ad automatismi che permettono la rotazione lenta dei rulli
inchiostratori anche con la fermata della macchina o per semplice distacco della
pressione, in modo che l'inchiostro non essicchi sulla superficie dei rulli.
Comparando l'efficienza dei sistemi d'inchiostrazione flessografici al
variare della velocità di produzione, si è notato che la trasmissione
dell'inchiostro al supporto è notevolmente influenzata dal tipo di sistema con
cui l'inchiostro viene asportato dal rullo anilox (fig. 357).
In particolare, all'aumentare della velocità di stampa, la trasmissione
dell'inchiostro del sistema a due rulli aumenta esponenzialmente, quella del
sistema inchiostratore con racla positiva raggiunge un minimo ad una certa
velocità di rotazione del rullo anilox per poi crescere, quella del sistema
inchiostratore con rada negativa è costante al variare della velocità di
tiratura.
2.2. Sistema d'inchiostrazione
flessografica indirettoCome già accennato, tali gruppi inchiostratori nella
loro versione più comune, sono costituiti essenzialmente da due rulli, il primo
dei quali è rivestito in gomma sufficientemente dura (605805 Sh A) immerso
parzialmente nel serbatoio del calamaio, il secondo di essi è invece il rullo
anilox. L'azione del sistema è efficiente nel trasporto dell'inchiostro alla
forma se la tensione superficiale dei materiali a contatto è corretta e se
l'interferenza tra i due rulli è proporzionata alla richiesta d'inchiostro da
parte del supporto (fig. 358).
In alcuni modelli di gruppi inchiostratori può avvenire che il rullo anilox
peschi direttamente nel serbatoio dell'inchiostro intermedio (fig. 359): si
tratta di variazioni del sistema a due rulli in cui dev'essere comunque presente
una rada, per asportare l'eccesso d'inchiostro dalla superficie del rullo
anilox. In particolare il sistema con rullo in gomma intermedio tra il rullo
anilox e la forma fiessografica richiede che la durezza del rullo in gomma sia
diversa da quella del sistema a due rulli senza racla, poiché il contatto fra
questo rullo e la forma flessografica avverrebbe tra superfici troppo elastiche.
In altri modelli di gruppi inchiostratori a due rulli possono essere
introdotte rade sul rullo anilox, sia con inclinazione positiva (fig. 360) sia
con inclinazione negativa (fig. 361). In tali modelli, cioè. si è cercato
d'abbinare i vantaggi del sistema a racla senza modificare sostanzialmente il
gruppo inchiostratore a due rulli.
Il sistema d'inchiostrazione indiretto ha il vantaggio di contenere l'usura
del rullo anilox, per la minima azione del rullo dosatore sulla superficie
retinata. Inoltre il funzionamento del sistema a due rulli è particolarmente
semplice, non necessitando di eccessive regolazioni come nei gruppi
inchiostratori dotati di rada. Esiste però lo svantaggio della non costante
trasmissione dello spessore d'inchiostro sul supporto al variare della velocità
di tiratura.
Possono esistere gruppi inchiostratori dotati anche di più rulli
inchiostratori, oltre a quello anilox (fig. 362), tuttavia il trasferimento
dell'inchiostro dal calamaio alla forma flessografica, resta comunque indiretto.
L'aumento del trasporto dell'inchiostro nel sistema d'inchiostrazione a due
rulli, con il crescere della velocità di rotazione del gruppo inchiostratore,
dipende da numerosi fattori, quali: la viscosità dell'inchiostro, la durezza dei
materiali a contatto, la loro interferenza. ecc. La causa prima del non costante
trasporto dell'inchiostro è dovuta alla variazione della pressione d'impatto del
film d'inchiostro steso tra i due rulli, come accade anche nell'inchiostrazione
della forma rotocalco con rada disposta con angolo di contatto inferiore a 905,
al variare della velocità di rotazione del corpo cilindrico.
Per ovviare, almeno parzialmente, al problema del maggior riporto
d'inchiostro con l'aumentare della velocità di tiratura, si possono utilizzare
diversi metodi, alcuni dei quali sono:
- - aumentare la durezza del rullo rivestito in gomma, in modo da diminuire
la quantità d'inchiostro trasferita tra il rullo anilox e quello in gomma,
poiché si forma una linea di contatto più sottile ed una pressione maggiore
che «spreme» l'inchiostro (attualmente la durezza della gomma del rullo
s'aggira intorno a 800 Shore A);
- - diminuire il numero di giri del rullo prenditore rispetto a quelli del
rullo anilox, con l'aumentare della velocità di tiratura, mediante opportuni
meccanismi di comando;
- - variare la viscosità degli inchiostri, ovvero diluirli all'aumentare
della velocità di tiratura;
- - utilizzare rulli prenditori in gomma non perfettamente cilindrici, ma
con un raggio lievemente superiore intorno alla loro mezzeria: tale sistema è
ottimo per una certa velocità di tiratura, poiché varia il trasporto
dell'inchiostro a velocità diverse.
2.3. Sistema d'inchiostrazione con
solo rullo anilox, o «diretto»Tali gruppi inchiostratori sono anche
definiti diretti, poiché il trasferimento dell'inchiostro avviene con un solo
rullo direttamente dal serbatoio dell'inchiostro alla forma, senza rulli
dosatori intermedi: il rullo anilox assolve a funzioni diverse
contemporaneamente, ad esempio accumula un certo volume d'inchiostro nelle sue
incisioni, con l'aiuto della racla ne regolarizza lo spessore, quindi inchiostra
direttamente la forma flessografica (fig. 363).
Nei gruppi inchiostratori flessografici composti soltanto da rullo anilox, è
obbligatoria la presenza della racla per dosare correttamente la pellicola
d'inchiostro trasferita sul supporto.
I gruppi inchiostratori flessografici si sono evoluti con l'utilizzazione di
solo rullo anilox e racla, per ovviare alla difficoltà di trasporto
dell'inchiostro caratteristica dei sistemi d'inchiostrazione a soli rulli.
L'azione premente e regolatrice della quantità d'inchiostro trasportata dal
sistema è effettuata direttamente dalla racla. Questa, appoggiata sulle coste
del rullo anilox asporta l'eccesso d'inchiostro dalla superficie, lasciandolo
negli alveoli incisi e assicurando il trasporto di un volume d'inchiostro
costante, anche al variare della velocità.
In particolare la stampa in flessografia con inchiostrazione con il solo
rullo anilox e con la presenza della racla, può garantire una maggiore qualità
impiegando forme retinate più finemente, anche con supporti ruvidi, con il
risultato di avere densità di stampa più uniformi al variare della velocità di
tiratura.
Molti sono i costruttori orientati alla struttura dell'inchiostratore
costituito da rullo anilox e racla, anche se si continuano ad offrire gruppi
inchiostratori più tradizionali, a due rulli.
L'inchiostro può essere depositato negli alveoli mediante due sistemi
principali:
- - per parziale immersione del rullo anilox nella vaschetta del calamaio
(fig. 364);
- - per proiezione dell'inchiostro sulla superficie del rullo anilox (fig.
365).
Nel primo sistema il rullo anilox, ruotando nell'inchiostro, si
ricopre di uno strato del medesimo; l'eccesso viene asportato dalla racla, che
può avere un'inclinazione o positiva o negativa, relativamente al tipo di gruppo
inchiostratore. Nei gruppi inchiostratori in cui l'inchiostro viene iniettato a
pressione negli alveoli, la racla ha un'inclinazione negativa; l'eccesso
d'inchiostro viene raccolto entro una vaschetta posta inferiormente al rullo
anilox e condotto ad un serbatoio, di dimensioni cospicue, in cui la viscosità
può essere controllata e regolata da apposite apparecchiature, già descritte nel
paragrafo relativo ai gruppi inchiostratori rotocalco. L'inchiostro può essere
filtrato e depurato da eventuali corpi estranei, quindi inviato nuovamente
all'iniettore sul rullo anilox, mediante condutture apposite.
Per l'approfondimento delle relazioni tra racla e rullo retinato si rimanda
al paragrafo relativo nel capitolo sulle macchine rotocalco da bobina; tale
sistema, fatte le debite differenze, presenta molte analogie con il gruppo
inchiostratore flessografico.
Si fa notare però che, sebbene la racla con inclinazione negativa consenta il
raggiungimento di risultati qualitativi migliori, il sistema è più rigido e
l'usura del filo della rada e del rullo anilox avviene in un tempo inferiore che
negli altri sistemi: anche il controllo della macchina richiede una maggiore
accuratezza.
2.4. Rulli aniloxI rulli
retinati anilox sono forniti in un'ampia gamma di trame, da 3 a 200 linee/cm, ma
le più usate nel campo della stampa sono le lineature da 40 a 100 linee/cm. In
generale il volume d'inchiostro teorico contenuto negli alveoli, per unità di
superficie, diminuisce con l'aumentare della lineatura. La scelta della
lineatura dipende dal tipo di supporto da stampare. dalla finezza del grafismo
da riprodurre, ecc.
Le incisioni (fig. 366) possono presentarsi in forma di:
- - piramide a base quadrata;
- - tronco di piramide a base quadrata:
- - semisfera.
Gli alveoli di forma piramidale hanno un angolo al
vertice, misurato tra gli apotemi dei lati della piramide, compreso tra 80 e
1305: all'aumentare dell'angolo aumenta anche il volume d'inchiostro contenibile
nel pozzetto poiché aumenta la profondità dell'incisione,
La superficie dell'apertura dell'alveolo dipende sia dalla lineatura, sia dal
rapporto di trama, inteso analogamente all' incisione dei cilindri rotocalco,
come rapporto tra il lato della base della piramide e la costa compresa tra due
incisioni vicine. Aumentando la distanza intralveolare, a parità di altre
condizioni, il volume d'inchiostro contenuto negli alveoli per unità di
superficie, diminuisce.
Le incisioni a forma piramidale non permettono un'agevole trasferimento
dell'inchiostro contenuto, specie nel vertice della piramide; esso tende ad
essiccare, rendendo difficile la pulizia dei rulli retinati.
Si sono pertanto sviluppate incisioni con forma geometrica a tronco di
piramide, con base quadrangolare e anche incisioni a forma di semisfera o
calotta, che si ottengono utilizzando l'energia laser.
La superficie dei rulli retinati può essere in acciaio, in rame o in
materiale ceramico. Tra le tecnologie per ottenere alveoli di volume conosciuto,
le più attuali sono: l'incisione elettromeccanica, che avviene tramite un
utensile, normalmente di diamante, che taglia ed asporta un truciolo dalla
superficie metallica; l'incisione laser che ha luogo per cilindri d'acciaio
rivestiti di materiale ceramico.
Il rivestimento in rame dei rulli anilox permette il recupero dei cilindri,
allorché la loro superficie venga consumata dall'azione meccanica di sfregamento
della rada. Poiché i rulli anilox sono ramati in superficie con la medesima
tecnologia dei cilindri-forma rotocalco, si può asportare la sfoglia consumata,
depositarne elettroliticamente un'altra e procedere ad una nuova incisione degli
alveoli,
Per proteggere le pareti intralveolari dall'azione della racla, il rullo
anilox può essere cromato superficialmente con un deposito elettrolitico di
diversi pm di spessore. Tra lo strato di rame e la cromatura superficiale può
essere presente un deposito di nichel, per contrastare la formazione di
microrotture che tenderebbero a far saltare lo strato di cromo.
L'incisione degli alveoli per la forma del nero avviene con un angolo,
misurato tra la direzione delle pareti intralveolari e la retta con cui la racla
incide sul rullo anilox, di 450 (fig. 367).
In ogni caso, per attenuare il fenomeno d'interferenza ottica detto
marezzatura, l'inclinazione degli alveoli sul rullo anilox deve divergere almeno
di 150 da quella sul retinato della forma fotopolimerica. Sempre per attenuare
la marezzatura è necessario considerare il rapporto tra il numero di linee/cm
sul rullo anilox e quello presente sul retinato della forma: ad esempio, un
retinato a 25 linee/cm della forma, viene agevolmente inchiostrato da un rullo
anilox con lineatura 100- 50 linee/cm.
Nella stampa di quadricromie, per evitare la marezzatura, sono consigliate le
seguenti inclinazioni dei retinati sui rulli anilox relativi: giallo 300,
magenta 750, ciano 900, nero 600, se le angolazioni dei retinati sulla forma
flessografica sono conformi alle norme UNI Le incisioni semisferiche, poiché
sono ottenute con frequenza di trama casuale, non pongono problemi di
marezzatura (fig. 368).
2.5. Volume dell'inchiostro sui
rulli aniloxI rulli anilox sono forniti con caratteristiche molto diverse
tra loro: le più importanti sono la lineatura, di cui si è già scritto ed il
volume d'inchiostro trasportato nell'unità di superficie.
Il volume d'inchiostro trasportato (Vi) dipende da diversi fattori, ad
esempio dalla viscosità dell'inchiostro (che a sua volta è fortemente
influenzata dalla temperatura), dalla ricettività o affinità della superficie
della forma e del supporto da stampare verso quell'inchiostro, dalla velocità di
tiratura in relazione alla disposizione della racla sul rullo anilox, dalla
pressione e dalla durezza del fotopolimero impiegato per la forma e per i rulli
inchiostratori intermedi, ecc.
A parità di condizioni operative però, il trasferimento dell'inchiostro dal
rullo anilox dipende essenzialmente dal volume teorico per unità di superficie
(Vu) del rullo anilox. Tale valore si esprime in cm3/m2, ovviamente il medesimo
numero esprime anche il numero di mm3/mm2, per una semplice equivalenza che
diminuisce dì 12 ordini di grandezza sia il numeratore, sia il denominatore
dell'unità di misura.
Il volume teorico (Vu) è influenzato da:
- - forma dell'incisione (piramidale, tronco-piramidale o semisferica);
- - dalla lineatura (L), misurata in linee/cm;
- - dalla distanza intralveolare (d) misurata in mm;
- - dall'angolo al vertice della piramide o del tronco di piramide, che
fornisce la misura della profondità dell'incisione, note la lineatura e il
rapporto di trama.
Il volume di una piramide (Vp) avente come base un
quadrato dilato (1) ed un'altezza (h), vale la terza parte del prodotto
dell'area della base per l'altezza:
Vp = h V 12 1
3
Il volume di un tronco di piramide (Vt) avente come lato del quadrato
maggiore (a) e lato del quadrato minore (b), di altezza (h), equivale al
prodotto di un terzo dell'altezza per la somma delle due aree delle basi più {a
radice quadrata del prodotto delle medesime aree delle basi:
Vt = h V (a2 + b2 + a2 V b2)
3
Ad esempio, dovendo calcolare il trasporto di un rullo anilox con incisioni a
piramide tronca, tipo «Anpa Special», avente come base maggiore il lato di 70 mm
(= a), il lato della base minore di 25 mm (= b), un'altezza di 25 mm (= h), una
distanza intralveolare di 30 mm (= d) (fig. 369), il volume d'inchiostro
contenuto teoricamente in un alveolo vale:
60.025 mm3 = (702 + 252 + 702 V 252 ) V 25/3
Poiché la distanza intralveolare è di 30 mm, ogni incisione occupa 100 mm di
lato modulare, per un'area di 10.000 mm2, il rapporto tra 60.625 e 10.000 vale
6,0625 mm3/mm2. Sarebbe più corretto riferirsi al numero di alveoli per unità di
superficie basta elevare la lineatura al quadrato; nel caso su descritto, 100
linee/cm; infatti 70 mm, sommati alla spalla di 30 mm, sono contenuti 100 volte
in un centimetro.
Poiché 6,0625 mm3/mm2 corrispondono a 6,0625 cm3/m2, si può anche calcolare
il quantitativo di trasporto reale dell'inchiostro sul supporto, supponendo di
conoscere la percentuale di trasferimento dell'inchiostro dal rullo anilox alla
forma, sia ad esempio del 75%, e quella di trasferimento dalla forma al
supporto, sia ad esempio l'80%. Moltiplicando il volume per unità di superficie
per le percentuali conosciute (6,0625 x 0,75 )c 0,8) si ottiene un trasferimento
d'inchiostro di 3.6 cm3/m2 sul supporto. Ammettendo di conoscere anche la massa
volumica apparente dell'inchiostro, ad esempio di 1,2 g/cm3, si può anche
calcolare il peso d'inchiostro trasferito sul supporto per unità di superficie.
Nell'esempio su esposto, il peso d'inchiostro per ogni m2 di superficie del
supporto corrisponde a circa 4,3 grammi.
Da notare che esprimere il volume in cm3/m2 è comodo sia perché è possibile
moltiplicare il volume per la densità dell'inchiostro senza alcuna equivalenza,
sia perché il medesimo numero esprime lo spessore medio dell'inchiostro in mm.
Più in generale si può calcolare il volume teorico per unità di superficie
(Vu) moltiplicando il volume di un alveolo (Vp) per il numero di alveoli
contenuti nell'unità di superficie (L2), correggendo la grandezza di un fattore
d'equivalenza (F):
Vu = Vp . L2 E
dove L è la lineatura misurata in l/cm, Vp è misurato in mm3/12, e il fattore
di correzione della grandezza, per misurare Vu in cm3/m2, equivale a:
10-12 (cm3/mm3) 1/10-4 (cm2/m2).
Il volume di un alveolo (Vp) si può calcolare conoscendo la forma geometrica
dell'incisione, ad esempio il lato della base della piramide (P) e la sua
profondità (h), misura strettamente correlata con l'angolo al vertice della
piramide stessa. Nel caso di un angolo di 905 al vertice della piramide, la
profondità della piramide (h) vale esattamente la metà del lato di base (P/2).
Per trovare il lato della piramide (P) è sufficiente dividere l'unità di
lunghezza (in mm/cm) per la lineatura (L misurata in l/cm) e sottrarre al
rapporto la distanza intralveolare (d misurata in mm):
Le variabili principali sono cinque (volume teorico, lineatura, forma
dell'alveolo, distanza tra due alveoli ed angolo al vertice della piramide),
nelle figure 370 e 371 sono rappresentate le relazioni schematiche tra lineatura
(L), distanza intralveolare (d) e volume teorico (Vu), mantenendo costanti la
forma dell'incisione (piramidale) e l'angolo al vertice della piramide (905).
Mutando la forma geometrica dell'incisione da piramidale a tronco di
piramide, il volume teorico contenuto negli alveoli per unità di superficie non
varia sostanzialmente, a parità di altre condizioni (distanza intralveolare,
lineatura, angolo al vertice). Questo sia con base minore del tronco di piramide
di 50 mm, usata per lineature comprese generalmente tra 20 e 50 l/cm, sia con
base minore dell'incisione a tronco di piramide di 25 mm, usata per lineature
comprese tra 60 e 100 l/cm, con valori di distanza intralveolare compresi tra 10
e 50 mm.
Il volume d'inchiostro trasferito da rulli anilox incisi per mezzo di energia
laser (superfici ceramiche), non è ancora determinabile con sufficiente
precisione se non vengono precisate le caratteristiche costruttive del rullo
stesso. Infatti la sua rugosità superficiale è generata dalla fusione ad alta
temperatura di materiali particolarmente resistenti (nitruri, siliciuri, borati,
carburi, ecc.) sul rullo in acciaio, con formazione di leghe disposte
irregolarmente sulla superficie e formanti fori irregolari o microzone sporgenti
di diversa estensione e livello.
Se il rullo rivestito da «super porcellana» viene rertificato, le
sporgenze vengono riportate, ma a seconda del grado di rettifica e del materiale
rimosso si possono avere diversi volumi d'inchiostro teorico contenibili negli
alveoli.
Il rullo anilox rivestito in materiale ceramico può anche essere utilizzato
senza essere rettificato. In tal caso il trasporto dell'inchiostro avverra
secondo le caratteristiche delle tensioni superficiali presenti nel sistema, ma
non può esistere il modo di determinare a priori il volume d'inchiostro per
unità di superficie.
Per determinare l'usura del rullo anilox, provocata dall'asportazione di
parti dalla sua superficie per l'azione abrasiva del sistema racla-inchiostro,
si può osservare empiricamente la quantità di diluente aggiunto all'inchiostro
puro per ottenere una certa densità di stampa. Con l'aumentare dell'usura del
rullo anilox, diminuirà la quantità di solvente aggiunta all'inchiostro, fino a
quando, pur usando inchiostro puro, si nota che non vengono raggiunte le densità
desiderate. Se le interferenze tra i corpi cilindrici sono corrette e le
condizioni operative standard, ciò significa che il volume degli alveoli è
diminuito considerevolmente ed il rullo anilox dev'essere sostituito.
3. Struttura delle macchine
flessografiche da bobina
3.1. GeneralitàLe macchine
flessografiche da bobina, come è stato accennato, possono essere raggruppate,
secondo la disposizione degli elementi stampanti, in:
- - macchine con elementi in linea;
- - macchine con elementi sovrapposti (stack);
- - macchine a tamburo di pressione centrale (a satellite).
Il
cilindro di pressione ha generalmente diametro fisso, mentre il cilindro
portaforma può avere diametri diversi.
Il registro, in macchine pluricolori, è automatizzabile mediante sensori che
rilevano sul nastro opportune tacche e dispositivi di tensione del nastro o di
variazione della posizione dei cilindri portaforma, assiale o circonferenziale.
Altri automatismi sono previsti nel controllo della viscosità degli
inchiostri, come nei calamai delle macchine rotocalcografiche.
Esistono tre sistemi base di pompe per la circolazione dell'inchiostro:
centrifugo, rotativo o alternativo; tutti possono essere usati nelle macchine
flessografiche da bobina.
Il nastro, dopo essere stato stampato, viene condotto in forni
d'essiccamento, normalmente funzionanti con energia infrarossa, in cui viene
convogliata aria riscaldata da appositi ventilatori e da cui l'aria satura dei
vapori del solvente presente nell'inchiostro viene espulsa.
Possono esistere lampade o sistemi d'emissione d'energia nell'infrarosso tra
due elementi stampanti successivi, non tanto per essiccare completamente
l'inchiostro, quanto per evitare controstampe indesiderate o effetti di
maculature.
L'inchiostro può essere essiccato a diverse temperature, a seconda della
natura del materiale di cui è costituito il nastro.
La lunghezza del tunnel d'essiccamento dipende dalle caratteristiche del
nastro da stampare e dalle operazioni che si prevedono (spalmatura, ecc.) sul
nastro: la camera d'essiccamento può essere lunga anche più di sei metri.
L'energia utilizzata per riscaldare l'aria del gruppo d'essiccamento
può essere di origine molto diversa: gas, resistenze elettriche oppure
scambiatori di calore (radiatori che possono ospitare al loro interno vapore,
acqua riscaldata, olio diatermico, ecc.). Uno o più ventilatori costringono
l'aria riscaldata a lambire il nastro stampato nella camera d'essiccamento;
altre condutture possono inviare l'aria calda nei gruppi d'essiccamento situati
tra gli elementi stampanti, per permettere una relativa stabilizzazione
dell'inchiostro umido sul nastro.
Al termine del tunnel d'essiccamento, il nastro viene raffreddato da apposite
calandre di traino, affinché vengano recuperate le variazioni dimensionali che
potrebbero generare grinzature nel riavvolgimento della bobina.
Dispositivi di spalmatura in linea con le macchine flessografiche da bobina
sono ormai accettati dall'industria della carta da parati. Tali unità applicano
alcuni g/m2 di uno strato plastico trasparente e flessibile sul nastro stampato,
in modo da renderne lavabile la superficie.
Poiché i solventi della vernice possono intaccare la gomma delle forme
flessografiche, alcuni modelli di macchine dispongono di elementi di spalmatura
rotocalco, anche se il risultato di spalmatura è diverso soprattutto per il
diverso spessore di vernice stendibile con una forma rotocalco (fig. 372).
Con macchine fiessografiche possono essere spalmati anche sigillanti a
freddo, questi sono utilizzabili per l'incollaggio degli imballaggi contenenti
prodotti che si danneggiano con sigillanti a caldo. Da notare che la spalmatura
di colle su supporti è più vantaggiosa se eseguita in macchine flessograliche,
relativamente alle macchine rotocalco, poiché le forme flessografiche sono
preparabili in un tempo notevolmente inferiore ed a un costo inferiore di quelle
rotocalco.
Alcuni costruttori di macchine fiessografiche offrono dispositivi di
spalmatura in linea utilizzando un elemento stampante per tale operazione; la
velocità di produzione risulta però considerevolmente ridotta. Per poter
impiegare tali attrezzature (fig. 373) è necessario disporre di un
sufficiente lore stampato può essere realizzata molto efficacemente, poiché può
essere inserita tra gli elementi stampanti una camera d'essiccamento
dimensionata alle esigenze del supporto, anche se tale soluzione aumenta i costi
d'investimento e richiede un maggiore spazio a disposizione. Nella stampa
pluricolore la sovrapposizione degli inchiostri avviene su altri già
perfettamente essiccati, con notevoli vantaggi nella qualità dei retinati.
Nelle strutture ad elementi sovrapposti o a satelliti, l'inchiostro
depositato per primo tende a ritenere il solvente lino al passaggio del nastro
nel tunnel d'essiccamento. Se l'essiccamento tra gli elementi avviene mediante
aria calda, getti di questa possono investire il gruppo stampante, posto
nelle immediate vicinanze, con pericoli d'essiccamento dell'inchiostro sulla
forma. Nelle macchine flessograliche con elementi in linea, invece, ogni camera
d'essiccamento è indipendente dal gruppo stampante. Possono inoltre essere
previste calandre di raffreddamento del nastro all'uscita di ogni gruppo
d'essiccazione per riportare il nastro alle condizioni di temperatura iniziali,
con un migliore controllo delle condizioni di stampa.
Si evita, quindi, di far ricorso a delicati sistemi di termostatazione del
tamburo centrale di pressione, poiché la temperatura dei cilindri di pressione
non viene influenzata dal gruppo d'essiccamento dell'inchiostro.
Gli elementi stampanti in linea hanno tutti un arrivo del nastro collocato
dal basso verso l'altro; nelle altre strutture di macchine flessografiche,
invece, il nastro può ai'rivare anche inversamente nell'elemento stampante.
Esistono, quindi, minori pericoli di spruzzi d'inchiostro o di gocciolamento di
un colore su quelli sottostanti. Inoltre, nelle macchine flessografiche ad
elementi in linea, è particolarmente semplice applicare la rada sui rulli anilox
e controllare l'inchiostrazione, mentre nelle strutture ad elementi sovrapposti,
l'accessibilità al gruppo stampante risulta limitata dal nastro stesso.
La disposizione di tutti gli elementi stampanti al medesimo livello permette,
nelle macchine con elementi in linea, un'ottima accessibilità ad ogni parte del
gruppo stampante; le operazioni di cambio lavoro o di regolazione possono dunque
essere standardizzate e quindi essere più rapide.
Poiché il percorso del nastro tra gli elementi in linea è sempre il medesimo,
è agevole dotare tale struttura di mezzi di controllo del registro automatico,
mediante rilevazione di apposite tacche stampate sul nastro da parte di sensori
e opportuni comandi elaborati automaticamente da un sistema di controllo. I
cilindri di pressione costituiscono un eccellente sistema di traino del nastro,
assicurano una tensione uniforme dello stesso ed un migliore registro dei
colori.
L'installazione di barre diagonali in punti strategici tra gli elementi
stampanti permette di stampare contemporaneamente in bianca e volta il nastro.
Per la semplicità con cui sono costituiti gli attuali gruppi inchiostratori
mediante rullo anilox, gli elementi stampanti flessografici di una macchina in
linea possono essere identici a quelli rotocalco (fig. 374). Invece di
disporre il cilindro forma rotocalco, la racla rotocalco e il gruppo
inchiostratore, si possono sistemare su un apposito carrello il cilindro
portaforma con lastre rilievografiche e il gruppo d'inchiostrazione anilox.
La flessibilità della macchina permette di stampare nella medesima sia con
elementi rotocalco, sia flessografici, spalmare vernici, adesivi e ottenere un
ottima evaporazione dei solventi mediante opportuni gruppi d'essiccazione.
Il comando dell'elemento stampante flessografico montato su carrello (fig.
375) viene derivato direttamente dagli ingranaggi che comandano il gruppo
di pressione, mediante un opportuno rapporto, dipendente dallo sviluppo
circonferenziale del cilindro portaforma flessografico. Anche il gruppo
d'inchiostrazione è collegato mediante ingranaggi al gruppo di pressione.
Nel medesimo istante in cui viene staccata la pressione tra la forma e il
cilindro di pressione, anche il gruppo inchiostratore va fuori contatto dalla
forma automaticamente, rimanendo in rotazione lenta. Il meccanismo è
indispensabile per evitare l'essiccazione dell'inchiostro sulla superficie del
rullo anilox.
Tra le strutture di macchine fiessografiche, anche se derivato da idee
precedenti, è da ricordare il dispositivo inchiostratore Comprinta, che si
applica ad una struttura di macchina tipo Cameron, in cui la forma
fotopolimerica viene condotta mediante nastri anche molto lunghi (fig. 376)
che ruotano tra due cilindri. lì gruppo contiene un rullo anilox con rada, e
utilizza inchiostri piuttosto fluidi. La realizzazione del sistema Cameron
rendeva problematica la classificazione di tali macchine da stampa, che,
comunque, impiega una forma rilievografica. L'uso di inchiostri fluidi e la
presenza del gruppo d'inchiostrazione con rullo anilox permette di annoverare
tali macchine nel gruppo delle macchine flessografiche.
Nelle macchine flessografiche da bobina possono essere presenti numerosi
dispositivi opzionali, i più significativi dei quali sono i seguenti:
- pompe per la circolazione dell'inchiostro dalle vaschette ad appositi
serbatoi in cui la viscosità viene controllata automaticamente, come per gli
inchiostri rotocalco;
- coltelli circolari per il rifilo dei nastri stampati, con aspirazione ed
accumulo dei rifili in appositi locali o contenitori mediante tubazioni
opportune;
- dispositivi di controllo del nastro (guida nastro) sia all'entrata dei
gruppi stampanti, sia prima della ribobinatura;
- barre diagonali per la stampa in bianca e volta, anche su macchine a
tamburo centrale di pressione;
- controllo automatico del registro;
- controllo automatico della temperatura del cilindro di pressione e dei
dispositivi d'essiccamento dell'inchiostro;
- cappe d'aspirazione dell'aria satura del solvente evaporato nel tunnel
d'essiccamento per la sua espulsione all'esterno del locale stampa;
- stroboscopio per l'osservazione della qualità di stampa sulla bobina in
movimento;
- rotaie e paranchi, meccanici o elettrici, per la sostituzione dei cilindri
portaforme.
Inoltre, in quasi tutte le macchine da bobina è previsto
un dispositivo tachimetrico per il controllo della lunghezza del nastro
stampato.
3.2. Macchine flessografiche da
bobina con elementi in lineaLe macchine flessografiche ad elementi in linea
comprendono un numero di elementi pari al numero massimo dei colori stampabili
su quella macchina, disposti orizzontalmente in successione, come avviene per
altri procedimenti di stampa (fig. 377).
Per la modularità con cui è disposto l'impianto ad elementi in linea e per la
relativa minore massa delle strutture, dovuta alla bassa pressione di stampa, il
costo d'investimento è inferiore rispetto ad altre macchine flessografiche.
Un limite di tale struttura consiste nel lungo percorso del nastro tra due
elementi successivi in apposite camere per l'essiccamento dell'inchiostro:
infatti quando il nastro è composto da materiali cedevoli alla tensione, ad
esempio polietilene, è molto difficile controllare il registro nella stampa
pluricolore.
La macchina ad elementi in linea è adatta per la stampa di bobine di carta,
poiché tale materiale è notoriamente più controllabile nel suo allungamento.
Per la stampa dei quotidiani viene preferita la struttura degli elementi in
linea: delle macchine flessografiche per quotidiani si tratterà più avanti, nel
paragrafo 3.5.
Esistono anche macchine rotocalco da bobina convertibili in macchine
flessografiche per mezzo della sostituzione del gruppo portaforma e di quello
d'inchiostrazione, montato su apposito carrello (fig. 378).
3.3. Macchine flessografiche da
bobina ad elementi sovrapposti (stack)Si tratta di macchine flessografiche
da bobina generalmente costituite da una struttura verticale, ai cui lati sono
disposti, a coppie, elementi di stampa da un minimo di due ad un massimo di otto
(fig. 379).
I principali vantaggi di questa struttura consistono:
- - nella limitata distanza tra due elementi successivi, che permette di
stampare anche su supporti cedevoli;
- - nella possibilità di stampare agevolmente in bianca e volta, con un
opportuno passaggio del nastro.
Ad esempio, una macchina flessografica
a quattro elementi sovrapposti può stampare:
- - quattro colori solo su un lato del foglio, sinteticamente indicato con
4/0;
- - tre colori in bianca ed uno in volta, 3/1;
- - due colori in bianca e due in volta, 2/2 (fig. 380).
Una
macchina flessografica a sei elementi sovrapposti può stampare nei modi 6/0,
5/1, 4/2, 3/3, mentre una a otto elementi sovrapposti nei modi: 8/0; 6/2; 4/4,.
La disposizione verticale degli elementi riduce l'accessibilità ai gruppi
stampanti, ma permette anche di ridurre l'ingombro della macchina da stampa.
Tra due elementi successivi possono essere presenti dispositivi
d'essiccazione, ma l'evaporazione massiccia del solvente contenuto
nell'inchiostro avviene nel tunnel d'essiccamento; questo è disposto nel ponte
orizzontale alto che collega la struttura del gruppo stampante ai dispositivi
del portabobine e del riavvolgitore. Nella camera viene posta in circolazione
aria riscaldata con resistenze elettriche, per mezzo di condutture collegate a
ventilatore.
Un ulteriore gruppo per l'evaporazione del solvente può essere posto
inferiormente alla struttura di sostegno degli elementi sovrapposti, per
l'essiccamento degli inchiostri stampati in volta.
Prima del suo riavvolgimento, il nastro viene raffreddato da una calandra, al
cui interno circola un liquido refrigerante, essa esercita anche la funzione di
traino del nastro.
Le eventuali tensioni a cui viene sottoposto il nastro a causa del
riscaldamento nella camera d'essiccazione, possono così essere riassorbite, per
ottenere una ribobinatura senza grinze.
La velocità di rotazione della calandra di raffreddamento è controllata da
motori in corrente continua o da dispositivi analoghi per il trascinamento
corretto del nastro. Anche l'albero del ribobinatore è comandato da un motore in
corrente continua per controllare le variazioni della tensione del nastro
stampato.
L'uscita con ribobinatore impone, per il controllo della qualità di stampa,
l'uso di un dispositivo stroboscopico, di cui si è già trattato nella parte
relativa alle macchine da bobina offset.
Il controllo del registro può essere automatizzato mediante rilevatori e
automazione dei dispositivi d'intervento di correzione sia trasversale sia
longitudinale al senso d'avanzamento del nastro (si veda Codice generale di
composizione di base e passaggio carta nelle rotative rotocalcografiche in
coda alla trattazione).
L'alimentazione del nastro al primo elemento stampante avviene per mezzo di
un rullo traino, gommato in superficie, che controlla l'entrata del nastro nel
gruppo stampante.
Lo sviluppo circonferenziale del cilindro portaforme può essere variato entro
valori abbastanza ampi per un medesimo modello di macchina. Ad esempio, in
alcuni modelli la circonferenza dei cilindri portaforme può variare tra
250-650 mm, in altri tra 300 e 1.200 mm. La trasmissione tra gli elementi
stampanti può avvenire mediante cinghie dentate: il movimento viene trasmesso ai
cilindri portaforme mediante corone dentate a profilo elicoidale.
Il registro può essere variato manualmente tra i diversi elementi entro
valori limitati (+ 20 mm) sia longitudinalmente, sia trasversalmente al senso
d'avanzamento del nastro. La larghezza della bobina può variare notevolmente
secondo le esigenze del lavoro, ma non può avere una larghezza minore di un
valore limite, relativo al modello di macchina: ad esempio in macchine ospitanti
bobine larghe fino a l.600 mm non è possibile stampare con bobine aventi
larghezza inferiore a 600 mm, per problemi di traino corretto del nastro.
L'unità per la stampa di quattro colori su un lato del nastro per i
quotidiani (fig. 381), può essere assimilata ad una struttura ad elementi
sovrapposti. Da notare che tale elemento dev'essere affiancato ad altri per la
stampa della volta.
3.4. Macchine flessografiche da
bobina a satellitiLa caratteristica saliente di tali macchine consiste nel
possedere un solo cilindro di pressione, posto centralmente, con i gruppi
stampanti tangenti alla circonferenza del medesimo (fig. 382)
Si tratta di una logica evoluzione delle macchine flessografiche per la
stampa di supporti cedevoli, studiata per mantenere il più costante possibile la
tensione del nastro, in modo che esso rimanga tangente al cilindro di pressione
fino a quando non siamo stampati tutti i colori. È da notare che la stampa
avviene solo su un lato del nastro: infatti la struttura a satelliti è
specializzata per la stampa d'involucri in cui non viene richiesta, nella
maggioranza dei casi, la stampa in bianca e volta.
Il numero di elementi stampanti può variare da quattro a sei: la disposizione
dei cilindri rende la macchina particolarmente rigida e resistente alla
flessione. Il tamburo centrale di pressione viene rifinito con particolare cura:
nonostante le sue dimensioni, l'eccentricità viene contenuta a meno di 1/l0 di
mm; la superficie viene cromata, sia per indurirla superficialmente, sia per
renderla liscia.
Anche nelle macchine a satelliti, come in quelle ad elementi sovrapposti, è
presente il tunnel d'essiccamento degli inchiostri, posto tra la
struttura del gruppo stampante e quella di sostegno dei dispositivi di
sbobinatura ed avvolgimento del nastro. Possono essere presenti anche lampade a
raggi infrarossi o generatori d'energia termica tra i diversi elementi stampanti
o sulla perferia del tamburo di pressione. La funzione di questi dispositivi è
di limitare maculazioni d'inchiostro o controstampe.
È evidente, per la sua stessa struttura, che una macchina a satelliti provoca
un allargamento dei grafismi più accentuato, poiché la stampa dell'inchiostro
nei vari elementi avviene in una frazione di secondo dopo la stampa
nell'elemento antecedente.
Nella stampa di fondini non sovrapposti, non si hanno effetti di maculature,
mentre stampando in sovrapposizione si possono avere problemi di qualità che
consigliano di montare dispositivi d'essiccazione supplementari tra due elementi
successivì.
Al termine del tunnelì d'essiccamento il nastro stampato viene raffreddato e
trainato da una calandra, prima d'essere riavvolto dal ribobinatore.
Anche nelle macchine flessografiche a satelliti il registro tra i colori può
essere automatizzato mediante il controllo di tacche di registro rilevate da
fotocellule (si veda Codice generale di composizione di base e passaggio
carta nelle rotative rotocalcografiche).
Il formato dello stampato può essere agevolmente variato utilizzando cilindri
portaforme di diametro diverso, entro limiti abbastanza elevati, passando ad
esempio, da cilindri con sviluppo circonferenziale minimo di 30 cm fino ad un
massimo di 80 cm, sul medesimo modello di macchina.
Lo svantaggio principale del cambio dei cilindri consiste nella necessità di
rifornirsi di un numero di cilindri di diverso diametro, per tutti i colori di
stampa, per poter stampare sviluppi circonferenziali diversi sulla bobina, con
costi supplementari. Da notare, però, che tale metodo permette il montaggio
delle forme fuori macchina, con possibilità di controllo del registro molto più
accurata.
La struttura della macchina richiede l'utilizzo di un carro-ponte di una gru
per il sollevamento dei cilindri portaforma da cambiare, ma anche per lo
spostamento delle bobine nella o dalla macchina flessografica.
La registrazione del gruppo inchiostratore al variare del diametro dei
cilindri portaforme è relativamente semplice e può essere ottenuta mediante
motoriduttori pneumatici, con regolazioni micrometriche dell'avanzamento di
tutto il gruppo stampante relativamente al cilindro di pressione (fig. 383).
Il tamburo centrale di pressione è soggetto a riscaldamento superficiale a
causa della pressione esercitata dai cilindri portaforme e dell'emissione
d'energia termica da parte dei gruppi d'essiccamento dell'inchiostro posti tra
gli elementi stampanti; pertanto l'interno del cilindro di pressione può essere
dotato di un sistema di refrigerazione.
Il movimento di tutto il gruppo stampante viene trasmesso, mediante
ingranaggi a profilo elicoidale, dal tamburo centrale di pressione a tutti gli
elementi di stampa ed ai relativi gruppi inchiostratori: la corona dentate del
tamburo di pressione, ingranante con le corone dentato degli altri cilindri e
rulli, garantisce la precisione e l'instantaneità del movimento.
3.5. Macchine flessografiche per
quotidianiL'elemento stampante flessografico per la stampa di quotidiani è
molto simile, nella sua struttura, ad un analogo elemento tipografico (fig.
384). Esso è infatti costituito da due gruppi stampanti per la bianca e
la volta, ognuno dei quali è composto da un cilindro di pressione, un portaforma
ed un rullo anilox con rada come gruppo d'inchiostrazione. La dif ferenza
significativa tra elemento fiessografico e tipografico sta nella diversa
struttura del gruppo inchiostratore, qui essendo ridotto al solo rullo anilox o,
al massimo a due rulli, mentre nell'elemento tipografico erano presenti diversi
rulli distributori ed inchiostratori (fig. 385).
Poiché gli editori di giornali avvertono l'esigenza della stampa pluricolore,
in particolare per le pagine pubblicitarie e per la prima, possono essere
forniti anche elementi flessografici per la stampa di quattro colori in linea
(fig. 386) sul medesimo lato del nastro.
Le macchine flessografiche da bobina per quotidiani risultano concorrenziali
con le macchine offset per diversi fattori, i più significativi dei quali sono:
- la struttura delle macchine flessografiche da bobina risulta meno pesante
delle altre macchine, il che consente un risparmio di materiali e quindi un
ridotto investimento, all'incirca la metà di quello necessario per una
rotativa offset di pari formato. Tali macchine sono specificamente progettate
per la stampa dei quotidiani e sfruttano le co noscenze degli ultimi anni per
la soluzione dei problemi d'ingegneria meccanica ed elettronica;
- gli inchiostri ad acqua, generalmente utilizzati nella stampa dei
quotidiani. essiccano più rapidamente degli inchiostri a base oleosa
tipografici od offset, consentono una maggiore pulizia dell'ambiente di
lavoro, limitano i problemi di nebulizzazione (o, comunque, se esistono, le
parti sottoposte a nebulizzazione sono ficilmente pulibili con solvente
acquoso), non emettono odori una volta essiccati, non controstampano, non
macchiano le mani dei lettori;
- il controllo del trasporto dell'inchiostro è affidabile, essendo basato
sulla tecnologia del rullo anilox. per cui risultano ridotti gli scarti
all'avviamento della rotativa poiché il calamaio non necessita di viti di
regolazione, ecc.
Secondo proiezioni di alcune case costruttrici di
macchine da stampa. prima della fine di questo secolo circa la metà delle
macchine da bobina per giornali saranno offsct o flessografiche.
Le macchine fiessografiche per quotidiani possono essere costituite da
elementi per la stampa in bianca e volta oppure per la stampa pluricromica. Gli
elementi per la stampa in bianca e volta possono essere dotati di portabobine
inserito nell'elemento (fig. 387) oppure di portabobine posto al piano
inferiore (fig. 388) o comunque non inserito nell'elemento stampante.
Le macchine flessografiche con portabobine inserito nell'elemento fanno palle
d'impianti per bassa o media produzione, e raggiungono una velocità di 5 m/s con
sviluppi dei cilindri non elevati. Gli elementi con portabobine non inserito
nell'elemento possono invece disporre di cilindri ospitanti anche quattro lastre
e permettono produttività più elevate, con velocità superiori a 1l m/s.
Per poter accedere ai gruppi stampanti, il passaggio del nastro è diverso nei
due clementi, come è anche differenziata la disposizione dei cilindri porta
lastra e di pressione: l'accessibilità ai diversi organi è comunque ottima, sia
per montare le lastre sia perché non è necessario rompere il nastro per poter
accedere ai cilindri portaforme.
L'elemento per la stampa quadricromica è costituito da quattro gruppi
stampanti sovrapposti, senza alcun portabobine, poiché è dato per scontato che
la stampa quadricromica avvenga solo su un lato del nastro e che la bobina debba
prima essere stata impressa sull'altro lato mediante un elemento per la stampa
in bianca e volta.
La struttura risultante sembrerebbe molto estesa in verticale, in realtà è
contenuta; pur permettendo l'accessibilità ai cilindri portaforma ed al gruppo
d'inchiostrazione, essa non supera infatti in altezza l'elemento stampante in
bianca e volta (fig. 389).
Può essere previsto, in uscita dal gruppo stampante a quattro colon, un
gruppo d'essiccamento dell'inchiostro. I formati stampati dipendono dal modello
di macchina flessografica e variano da sviluppi circonferenziali di 56 cm per
una larghezza dei cilindri portaforma e di pressione di 82 cm, fino a
giungere a sviluppi circonferenziali di 115,6 cm con larghezza di 170 cm.
I portabobine a due bracci sono progettati per svolgere carta con grammatura
compresa tra 40 e 65 g/m2. Il cambio automatico della bobina può avvenire
comandando l'albero su cui è posizionata la nuova bobina mediante un motore in
corrente continua, che ne controlla la velocità di rotazione per allinearla a
quella del nastro in svolgimento.
Il trattamento del nastro in uscita è analogo a quello delle altre macchine
per quotidiani, come già descritto nei capitoli relativi all'uscita delle
macchine da bobina ed in particolare delle macchine offset da bobina;
relativamente al modello di macchina ed alla larghezza del nastro, si possono
ottenere, per ogni bobina, da 8 a 32 pagine in formato tabloid,
oppure da 4 a 16 pagine in formato giornale, per mezzo di una piegatrice,
Gli schemi di macchine flessografiche per quotidiani (figg. 390-399),
sono tratti dalla pubblicazione «Linea fiessografica per giornali», edito
dalla ditta Cerutti di Casale Monferrato. Le figure 390-392 illustrano la
possibilità d'inserire elementi flessografici in rotative già esistenti: gli
elementi flessografici aggiunti sono rappresentati in grigio, quelli già
esistenti in bianco.
La stampa quadricromica nei quotidiani viene prevista per la prima ed ultima
pagina, pertanto, negli schemi seguenti, il nastro stampato in quadricromia
perviene al gruppo del cono di piega sovrapposto agli altri quattro.
Le successive figure illustrano possibili disposizioni degli elementi per
ottenere un quotidiano con cinque nastri sovrapposti: ogni rotativa si distingue
dall'altra per la disposizione dei portabobine, della piegatrice e degli
elementi, con il fine d'ottenere risultati analoghi ma con differenze
d'impianto. Nelle figure il rullo anilox viene rappresentato da una
circonferenza annerita, mentre i cilindri portaforme e di pressione sono
rappresentati da una semplice circonferenza.
3.6. Macchine fiessografiche per la
stampa da bobina strettaSi tratta di macchine flessografiche adatte alla
produzione di moduli, etichette adesive, piccole buste, ecc., in grado di
stampare da bobine larghe da 10 a 45 cm circa, di compiere un certo numero di
lavorazioni paragrafiche in linea (fustellatura, perforazione, incollatura,
ecc.) o di riavvolgere la bobina stampata. Tali macchine sono analoghe ad
attrezzature tipografiche simili, però in generale richiedono un investimento
notevolmente inferiore.
Le unità di stampa delle macchine flessografiche da bobina stretta furono
costruite per la prima volta agli inizi degli anni '50, per la stampa di
etichette a uno o due colori e conseguente fustellatura. Attualmente tali
macchine flessografiche sono composte da numerosi elementi in linea (fig. 400)
ed equipaggiate da numerose attrezzature complementari, quali:
- barre diagonali di rovesciamento del nastro per la stampa in bianca e
volta;
- sistemi d'essiccazione dell'inchiostro ad energia U.V., soprattutto per
l'essiccazione della vernice stessa per protezione sul nastro già stampato;
- stazione di laminatura a freddo per l'applicazione di film su un lato
della bobina stampata;
- gruppo di stampa rotocalco, per l'applicazione di fondini pieni,
d'inchiostri magnetici, ecc.:
- gruppo di stampa a caldo di nastro metallizzato;
- unità per la numerazione o per la stampa di elementi tipografici o
flessografici, sia trasversalmente, sia longitudinalmente all'avanzamento del
nastro;
- unità di fustellatura, mediante appositi utensili montati alla periferia
di cilindri;
- stazione di taglio trasversale ed impilamento, per l'uscita in fogli e
raccolta degli stessi;
- stazione di piegatura a zig-zag, impiegabile per tabulati o prodotti
analoghi, di cui si è già trattato nelle macchine offset da bobina per moduli
continui.
La progettazione e le esperienze derivate dalle macchine a
banda larga sono servite anche per focalizzare determinate caratteristiche delle
macchine flessografiche più piccole, tra cui:
- la necessità d'equilibrare dinamicamente i cilindri ferma, di pressione, i
rulli anilox ed i rulli di guida del nastro;
- l'importanza di ottimi supporti ed alloggiamenti di tutti i perni dei
cilindri e dei rulli;
- la preferenza per movimenti orizzontali nel distacco della pressione del
cilindro forma da quello di pressione o del cilindro ferma dal gruppo
inchiostratore;
- la necessità di automatizzare i movimenti d'avvicinamento o allontanamento
del calamaio dal rullo anilox o dal rullo
- calamaio.
Macchine da stampa serigrafiche
Le macchine da
stampa serigrafiche si sono diffuse solo nella seconda metà di questo secolo.
Benché l'origine del processo serigrafico si richiami alle tecniche, usate
intorno all'anno 1000 in Cina, basate su stampini (pochoir), solo nella
seconda metà dell'800 i tessili francesi svilupparono la serigrafia. La nascita
dello spremitore con lama di caucciù avviene intorno al 1920: in Italia
il tipografo Frassinelli sviluppa il processo serigrafico negli anni `30.
Le macchine da stampa serigrafiche sono costituite da un supporto su cui
viene appoggiato l'oggetto da stampare: quando si tratta di un foglio, esso è
fisso (fig. 401). Un telaio, su cui è fissato un tessuto le cui maglie sono
otturate nelle zone non stampanti, discende sul supporto nella fase di stampa:
lo spremitore forza l'inchiostro posto all'interno del telaio attraverso le
maglie del tessuto rimaste aperte. Poiché il tessuto utilizzato inizialmente era
costituito da seta, il processo viene ancora detto «serigrafia», benché numerosi
termini abbiano affiancato quello originario, come ad esempio «crivellografia».
Il movimento del telaio serigrafico relativamente ai piano di stampa può
avvenire con rotazione dello stesso attorno ad un asse (fig. 402), detto
anche con movimento «a libro», oppure mediante avvicinamento parallelo (fig.
403). Nei caso di stampa di oggetti cilindrici o di forma simile, è
l'oggetto stesso a ruotare intorno al proprio asse, mentre il telaio si muove
assialmente e lo spremitore rimane immobile.
Esistono anche macchine piano-cilindriche, in cui il foglio s'avvolge intorno
ad un cilindro sottostante il telaio, tenuto da pinze e aspirato contro la
periferia del cilindro, mentre il telaio compie un movimento di va e vieni
analogo a quello delle macchine piano-cilindriche tipografiche.
Il movimento del telaio serigrafico può essere comandato da qispositivi
meccanici, idraulici, o pneumatici.
È invaiso l'uso di distinguere le macchine scrigrafiche in manuali,
semiautomatiche e automatiche, in relazione al tipo d'alimentazione dei fogli in
macchina. Si tratta di una suddivisione grossolana per comparare la produttività
delle macchine: manualmente, si possono alimentare le macchine a non più di
200-1000 copie/h; semiautomaticamente, la velocità di stampa s'aggira intorno a
1000/1200 copie/h: automaticamente, si possono raggiungere anche le 4000
copie/h.
Il movimento dello spremitore può essere manuale, meccanico, idraulico,
pneumatico o misto.
Le macchine piano-cilindriche possono raggiungere le 5000 copie ora, però con
formati di stampa limitati (35x50 cm). Le macchine serigrafiche da bobina
possono raggiungere i 100 m/min, se completamente automatizzate.
Numerosi dispositivi possono completare le attrezzature di un reparto di
serigrafia, tra cui i dispositivi d'essiccamento dell'inchiostro, i dispositivi
d'alimentazione dei fogli e di controllo dei registro, ecc.
2. Macchine serigrafiche da
foglio
2.1. GeneralitàLa stampa con il
processo serigrafico è eseguita ancora oggi con mezzi prevalentemente manuali in
numerose aziende artigianali. Essendo un prncedimento relativamente recente
nell'uso industriale, ha conosciuto la meccanizzazione di alcune fasi di stampa
solo da qualche decennio. I primi tentativi di meccanizzare alcune operazioni di
stampa serigrafica, infatti, risalgono agli anni '30.
La macchina da stampa serigrafica da foglio, nella sua struttura più
semplice, è costituita da:
- un telaio serigrafico, da cui prende il nome di processo di stampa;
- un dispositivo di spremitura dell'inchiostro, che io costringe ad
attraversare le maglie aperte della ferma serigrafica;
- un dispositivo di controllo dei supporto, generalmente costituito da un
piano.
I principali movimenti per ogni ciclo di stampa di una macchina
serigrafica da fogli sono:
- puntatura del foglio a registro;
- abbassamento dei telaio sui foglio;
- traslazione dello spremitore ed azione di trasferimento dell'inchiostro
sul foglio;
- allontanamento del telaio dal foglio;
- traslazione dello spremitore in senso contrario;
- estrazione del foglio.
Possono esistere dispositivi per
l'immissione e l'estrazione automatica dei fogli, per il controllo dei movimento
del telaio e dello spremitore, per l'essiccamento dell'inchiostro e per la
raccolta e l'impilamento dei fogli stampati.
La macchina da stampa serigrafica da foglio permette l'uso di diversi tipi
d'inchiostro: a veicolo oleoso, per decalcomania, fluorescente, con
conducibilità elettrica, lacca, ecc. Se è dotata di automatismi, la macchina da
stampa serigrafica deve permettere di poter variare la velocità di produzione
entro limiti relativamente ampi, a causa di fattori limitanti la produttività
quali il formato di stampa, la natura dell'oggetto in fase di stampa, ecc.
inoltre una macchina serigrafica da foglio deve permettere l'intercambiabilità
dei telai, purché siano di dimensioni inferiori a quelle del formato massimo.
La distanza tra il quadro di stampa e il piano porta oggetti dev'essere
registrabile, per permettere la stampa di fogli con spessori diversi. in molte
macchine da stampa serigrafiche, il piano porta oggetti è spostabile
micrometricamente lungo i due assi ortogonali, per consentire l'ottenimento del
registro più rapidamente.
Lo spremitore, o racla, è costituito da una manopola, generalmente di legno,
e da una lama elastica di gomma inserita e fissata nella manopola (fig. 404).
L'azione dello spremitore consiste nello spingere l'inchiostro attraverso le
maglie del tessuto serigrafico costituente la forma. La forza esercitata dai
filo della lama in gomma sull'inchiostro e il movimento traslatorio dello
spremitore all'interno del telaio, permettono all'inchiostro di trasferirsi su
tratta la superficie del supporto sottostante.
La manopola dello spremitore dev'essere leggera per evitare affaticamenti
eccessivi nell'operazione manuale di spremitura; deve inoltre presentare
resistenza alla flessione. La manopola per la spremitura manuale offre
superiormente una sagoma arrotondata, per favorire l'impugnatura dello
strumento. In una scanaiatura posta all'altra estremità viene inserita la lama
in gomma, fissata mediante viti o chiodi.
Le caratteristiche meccaniche della spatola in gomma devono essere curate, in
quanto la sua azione avviene con flessione di un suo spigolo contro il tessuto
del telaio serigrafico. La flessione della gomma sottoposta a sollecitazione è
funzione delle caratteristiche della mescola usata, della distanza tra il suo
spigolo inferiore e quello superiore, dello spessore della racla, ecc.
Le caratteristiche di resistenza richieste alla gomma sono numerose; si
accenna, in particolare, alla resistenza all'umidità, all'abrasione, ai calore,
ai solventi usati negli inchiostri; le sue caratteristiche meccaniche si devono
conservare nel tempo, in particolare l'elasticità. Normalmente lo spigolo con
cui la parte in gomma dello spremitore costringe l'inchiostro serigrafico entro
le maglie, è «vivo» e bene affilato; per applicazioni particolari può però
essere arrotondato.
Anche l'inclinazione con cui viene tenuto lo spremitore contro le maglie dei
telaio è importante per il controllo del passaggio dell'inchiostro. Ai due
limiti estremi esistono i seguenti casi;
- lo spremitore è tenuto perpendicolarmente ai tessuto del telaio; la
conseguenza è che l'inchiostro non viene pressato sufficientemente contro le
maglie del telaio, il quadro risulta pulito dall'inchiostro per l'azione
meccanica dello spremitore;
- lo spremitore è azionato quasi perpendicolarmente alla superficie dei
telaio; il risultato è ancora un'insufficiente passaggio dell'inchiostro tra
le maglie, il quadro risulta con le maglie otturate dall'inchiostro, poiché la
pressione della gomma dello spremitore è insufficiente ad agire su di esso.
Controllando l'inclinazione dell'asse dello spremitore contro il tessuto del
telaio e il filo del bordo di gomma, si può agire per ottenere un passaggio
sufficiente dell'inchiostro tra le maglie aperte.
Il piano
porta-supporto può presentarsi micro-forato, per trattenere il foglio aderente
ad esso nella fase di stampa. Un compressore provvede ad esercitare un'adeguata
depressione pneumatica per assicurare il registro dei supporto nei momento di
spremitura dell'inchiostro, la cui adesività, potrebbe tendere a spostano,
originando come conseguenza, uno stampato fuori registro, sbaveggiato.
La tendenza del foglio ad aderire all'inchiostro in fase di spremitura è
tanto maggiore quanto diminuisce la grammatura o il suo spessore.
Il movimento di abbassamento e sollevamento del quadro di stampa è collegato
ai dispositivo pneumatico per il trattenimento del foglio, pertanto l'azione
pneumatica d'aspirazione avviene solo ad abbassamento del telaio iniziato e
cessa con il rialzarsi di questo.
L'alimentazione dei supporto può essere manuale o automatica. Il registro,
relativamente alle caratteristiche della macchina serigrafica, può essere
ottenuto con mezzi automatici o manuali.
Esistono macchine che stampano alla prima passata dello spremitore, altre in
cui la stampa avviene nella sua fase di ritorno e altre ancora in cui la stampa
avviene ad ogni corsa dello spremitore. In quest'ultimo caso si possono ottenere
spessori d'inchiostro consistenti per particolari supporti (feltro) e lavori
(decalcomanie).
In alcune macchine il movimento di «va e vieni» è caratteristica dello
spremitore, in altre questo è fisso ed avviene uno spostamento traslatorio dei
telaio; quest'ultimo è il caso delle macchine per la stampa di superfici
cilindriche o tronco coniche. Il movimento del telaio genera un certo attrito
con la superficie circolare con cui è in contatto, provocandone la rotazione. Il
trasferimento dell'inchiostro avviene sulla linea di contatto tra il telaio, in
movimento trasiatorio, e il supporto cilindrico, in movimento rotatorio, mentre
lo spremitore è posto superiormente a tale linea.
Gli inchiostri serigrafici possono essiccare secondo tre principi
fondamentali;
- essiccazione per ossido-poiimerizzazione
- essiccazione per polimerizzazione ad alte energie (U.V.),
- essiccazione per evaporazione dei solvente.
L'attrezzatura
utilizzata per l'essiccazione dell'inchiostro serigrafico è rapportabile alla
natura dell'inchiostro utilizzato e a quella del supporto su cui avviene la
stampa.
L'essiccazione per ossido-polimerizzazione è favorita dall'aumento della
temperatura, del ricambio dell'aria satura di solvente.
Un essiccatoio molto semplice è costituita da una struttura metallica, su cui
ospitare i fogli stampati, costituita da ripiani in rete di filo di ferro a
maglie molto larghe. Opportuni distanziatori permettono ai ripiani di non
danneggiare l'inchiostro umido, quando questi sono abbassati l'uno sull'altro.
Ogni ripiano è dotato di molle di richiamo ed è incernierato a piantoni
posteriori, in modo tale di poter ruotare i ripiani intorno ai loro lato
posteriore per disporio orizzontalmente, oppure inclinato (fig. 405).
Si ha stampa fuori contatto quando la forma flessibile del telaio viene in
contatto solo momentaneamente e localmente con la superficie dell'oggetto da
stampare, In tal caso, la superficie elastica della ferma, in posizione di
riposo, è distanziata di alcuni millimetri dalla superficie di stampa: il
contatto instantaneo è ottenuto per effetto della pressione esercitata dallo
spremitore sulla superficie elastica dei telaio e questa, una volta cessata la
sollecitazione, si allontana dalla superficie da stampare. La distanza fra la
superficie elastica dei telaio scrigrafico e il piano porta supporto varia da
3 a 10 mm circa, in rapporto alle dimensioni della forma e alla tensione
cui è sottoposta lateralmente.
La stampa fuori contatto è necessaria utilizzando supporti non assorbenti
(vetro, metallo, materie plastiche, ecc.), poiché i bordi dei grafismi risultano
più nitidi. Quasi sempre si utilizza la stampa «fuori contatto» nelle
lavorazioni grafiche.
Si possono stampare in «contatto permanente» grandi superfici di fondo,
oppure quando è necessario passare io spremitore più di una volta. Poiché nella
stampa «a contatto permanente» l'inchiostro esce dalle maglie solo nel momento
in cui viene rialzato il telaio, è opportuno scegliere un inchiostro con
adeguata viscosità.
L'essiccamento degli inchiostri serigrafici riveste un'importanza ancora
maggiore che negli altri procedimenti di stampa, perché lo spessore dello strato
d'inchiostro può raggiungere qualche decina di micrometri, con film anche 50
volte maggiori di quelli degli altri processi di stampa. L'inchiostro
serigrafico non deve essiccare troppo rapidamente, per evitare di occludere le
maglie della forma stampante.
Utilizzando macchine serigrafiche manuali, l'attrezzatura adatta per favorire
l'essiccamento dell'inchiostro può essere costituita da stenditoi, forrnati da
telai metallici orizzontali su cui vengono deposti i fogli appena stampati, per
un tempo sufficiente alla stabilizzazione dell'inchiostro, di cui si e già
detto.
Le macchine serigrafiche semiautomatiche o automatiche debbono disporre di
forni d'essiccamento dell'inchiostro; questi possono occupare estensioni
orizzontali anche notevoli. I telai ospitanti i fogli stampati si dispongono in
camere in cui l'aria riscaldata asporta i vapori del solvente dell'inchiostro.
La temperatura massima all'interno dei forni può raggiungere i 120-150_C, la
velocità del sistema di trasporto può essere regolata entro un'ampia gamma di
valori, in funzione del tipo d'inchiostro e delle caratteristiche del supporto.
Allo scopo di ridurre l'ingombro orizzontale dei forni e per permettere
l'essiccamento su supporti sottili, che si piegherebbero se ospitati su telai
verticali, sono stati costruiti forni a sviluppo verticale (fig. 406). Questi
occupano uno spazio in pianta circa tre volte inferiore a quello degli altri
forni e sono costituiti da due camere, la prima delle quali ad aria calda per
favorire l'evaporazione delle componenti volatili dell'inchiostro, la seconda ad
aria fredda, per stabilizzare il supporto prima dell'uscita dal forno.
Possono essere utilizzati anche forni a radiazioni ultraviolette (U.V.),
estremamente piu contenuti in estensione degli altri. L'uso di gruppi
d'essiccamento a energia U.V., permette anche di disporre più gruppi stampanti
in linea, per la stampa pluricromica in un solo passaggio in macchina.
Al termine del forno d'essiccamento può essere disposto un impilatore
automatico dei fogli (stacker), per la loro raccolta in pila rismata e
pareggiata.
Nella produzione dei circuiti stampati possono essere presenti attrezzature
complementari, quali deviatori per trasferire ad altre linee i circuiti non
stampati, oppure ribaltatori a 1800 per permettere la stampa su entrambe le
facce del circuito, automaticamente in un solo passaggio in macchina.
Il registro del circuito stampato può essere ottenuto mediante una tecnica
manuale, ovvero per mezzo di spinotti introdotti in appositi fori posti sul
circuito e sul piano di stampa, oppure mediante un sistema automatico,
costituito da sensori ottici che rilevano apposite tacche di riferimento sul
circuito da stampare. Eventuali fuori registro tra il circuito e il telaio,
rilevate dai sensori, sono corrette, entro tolleranze inferiori a + 30 m,
mediante microspostamenti automatici lungo i due assi del telaio.
2.2. Esempi di macchine serigrafiche
da foglioLe macchine serigrafiche manuali sono costituite da un sistema a
leva, in cui morsetti trattengono il telaio serigrafico ad un estremo, mentre
all'altro le leve sono collegate ad un albero ruotante attorno al suo asse (fig.
407). Il peso del telaio viene bilanciato da un contropeso posto all'altro lato
dell'asse di rotazione della forma serigrafica. Il meccanismo può già essere
fornito con un piano di lavoro, oppure può essere fissato ad appositi tavoli.
Sul piano di lavoro sono fissati i dispositivi di registrazione del foglio,
costituiti da fermi, funzionanti allo stesso modo della squadra laterale e dei
registri frontali delle altre macchine a foglio. Nelle attrezzature di questo
tipo le operazioni d'immissioni del foglio, della sua estrazione, d'abbassamento
del telaio, di movimento dello spremitore, ecc. sono completamente manuali,
pertanto non possono essere raggiunte alte velocità.
Le macchine semiautomatiche risultano automatizzate, rispetto a quelle
manuali, relativamente al movimento del telaio e dello spremitore. L'operatore
introduce ed estrae il foglio ancora manualmente dal piano di lavoro, però un
dispositivo pneumatico permette il trattenimento del foglio aderente al piano di
lavoro: mediante un comando generalmente a pedale l'operatore può avviare la
discesa del telaio allorché abbia posto a registro il foglio sul piano di
puntatura.
Esistono ancora macchine semiautomatiche (dette 3/4, automatiche) in cui la
puntatura del foglio avviene su un apposita tavola fuori del piano di lavoro
(fig. 408), azionando il comando di stampa, il foglio viene trasportato
automaticamente sul piano di lavoro, quindi avviene la stampa e l'uscita del
foglio stesso, per mezzo di nastri, sollevando l'operatore dalle operazioni di
controllo del foglio in uscita.
Le macchine automatiche sono dotate di dispositivi per l'immissione e
l'estrazione del foglio completamente automatizzati. Si tratta di dispositivi
analoghi a quelli presenti nelle macchine da foglio già descritte: un gruppo
pneumatico per l'aspirazione dei fogli, la tavola di trasporto, ecc. Poiché la
produttività di tali macchine è alta, l'attrezzatura è collegata in linea ad un
forno per l'essiccamento dell'inchiostro, proporzionato alle caratteristiche
dell'inchiostro stesso ed a quelle del supporto stampato.
3. Macchine serigrafiche per la
stampa su oggettiEssendo la stampa serigrafica adatta alla stampa di
oggetti aventi forma geometrica anche irregolare, si portano alcuni esempi
d'attrezzature utilizzanti come forma un telaio sengrafico,comunque concepite
per oggetti o supporti «specializzati».
Le macchine serigrafiche per la stampa su oggetti cilindrici o tronco-conici
sono caratterizzate da (fig. 412):
- - movimento rotatorio dell'oggetto da stampare intorno al proprio asse;
- - posizionamento fisso della racla, parallelamente all'asse del corpo da
stampare:
- - movimento di va e vieni del telaio serigrafico, posto superiormente
all'oggetto.
Il corpo cilindrico o tronco-conico è ospitato su un
mandrino, di dimensione opportuna in proporzione all'oggetto da stampare, che ne
permette la rotazione intorno al proprio asse. Le macchine serigrafiche in grado
di stampare oggetti a forma di parallelepipedo, o comunque di notevole spessore,
abbisognano di distanziatori dal piano di lavoro, registrabili.
La stampa di oggetti aventi forma geometrica irregolare necessitano di
dispositivi di fermo sul piano di stampa, simili a quelli utilizzati nelle
macchine da stampa tampografiche.
Le macchine serigrafiche per la stampa su tessuti sono costituite da un piano
sagomato opportunamente per ospitare il prodotto da stampare; su di esso di
dispone manualmente, per esempio, una maglietta. Poiché può essere necessario
stampare più colori, esistono macchine dotate di più stazioni stampanti (4-6)
per eseguire una sola immissione ed estrazione della maglia. Il gruppo
portatelai è indipendente, nella rotazione, dal gruppo dei piani portamaglia:
ruotando il dispositivo si possono ottenere stampe pluricromiche sulle
magliette.
4. Macchine serigrafiche da
bobinaSi tratta di macchine utilizzate principalmente nella produzione di
tessuti stampati, carta da parati, etichette autoadesive. La tipologia delle
macchine serigrafiche per la stampa da bobina risulta molto diversificata:
possono essere montati telai lateralmente a tavoli più o meno lunghi, si possono
utilizzare macchine rotative simili a quelle rotocalcografiche e flessografiche.
Le macchine serigrafiche costituite da piani di lavoro su cui sono svolte le
bobine, ospitano il telaio lateralmente al piano. Qualora il piano sia
sufficientemente lungo, può non essere necessario un gruppo d'essiccamento
dell'inchiostro, altrimenti esso diviene indispensabile (fig. 419).
L'avanzamento automatico del nastro è controllato da dispositivi di srotolamento
sincronizzati con il modulo dei grafismi stampati. La stampa di diversi colori
richiede lo srotolamento del nastro e il passaggio in macchina di tante volte
quanti sono i colori di stampa.
La stampa da bobina di etichette autoadesive mediante il processo
serigrafico, può avvenire per mezzo di macchine capaci di stampare più colori in
un solo passaggio in macchina (fig. 420). Tra gli elementi stampanti sono
disposti gruppi per l'essiccamento dell'inchiostro, generalmente funzionanti a
raggi U.V. oppure I.R.. mentre prima del riavvolgitore viene posta una stazione
di fustellatura.
Da alcuni anni sono apparse sul mercato rotative serigrafiche di struttura
simile a quella di analoghe macchine rotocalcografiche o flessografiche da
bobina, in grado, però, d'imprimere da forme serigrafiche cilindriche (figg.
421-423).
Il gruppo stampante è costituito da un cilindro cavo, sulla cui superficie
sono disposte o la trama di un tessuto serigrafico, oppure sottili lamierini in
nichel (spessi circa 80-100 m). portanti incisioni in corrispondenza dei
grafismi.
L'inchiostro proviene dall'albero interno al cilindro serigrafico per mezzo
di un dispositivo a pressione, sulla superficie interna del cilindro, lungo la
linea di contatto di questo con il supporto. La quantità l'inchiostro depositata
sulla bobina può essere regolata variando la pressione e l'angolo d'inclinazione
della racla, la viscosità dell'inchiostro o la dimensione delle maglie del
tessuto. Lo spremitore può essere costituito da una racla in acciaio, oppure da
un piccolo rullo, ruotante all'interno del cilindro serigrafico, posta
tangenzialmente alla linea di contatto tra la superficie interna della forma
serigrafica e il nastro.
Poiché la velocità delle macchine da bobina serigrafiche può arrivare a circa
2 m/s, esse non sono concorrenziali con la altre rotative da bobina.
Considerando però che il peso di un cilindro serigrafico è bassissimo e che
quindi è notevolmente più maneggevole di un corrispondente cilindro
rotocalcografico e che il costo per il suo ottenimento è circa un settimo
dell'altro, si notano alcuni campi d'applicazione di tale rotativa serigrafica.
Nella medesima rotativa da bobina possono essere presenti elementi
rotocalcografici e serigrafici, per ottenere, ad esempio, depositi di vernice
lavabile su carta da parati consistenti, oppure speciali effetti di goffratura
superficiale (fig. 424).
La stampa su rotativa serigrafica può anche essere utilizzata con inchiostri
transfer, per la produzione di nastri prestampati, il cui inchiostro viene
trasferito su tessuti per mezzo di pressione e calore, come nella stampa
rotocalcografica da bobina.
Per un ampliamento della trattazione sulle macchine da stampa serigrafiche,
si rimanda a Graflca 2, sezione 8: Stampa, parte: Permeogrqfla,
capitolo 12: Macchine e attrezzature per la stampa serìgrafìca. pagg.
1274-1294.
Stampanti per la elaborazione dei
dati
1. GeneralitàCon il termine
«stampante» s'intendono una serie di strumenti reprografici che consentono
l'impressione delle informazioni contenute negli elaboratori elettronici su un
supporto stabile, generalmente carta.
Benché gran parte delle stampanti siano mezzi reprografici, alcune stampanti
hanno raggiunto livelli qualitativi ottimi, sia per quanto riguarda la
risoluzione dei grafismi (stampanti xerograliche laser), sia per la velocità di
riproduzione.
Il campo delle stampanti sta già affiancando il campo della stampa classico,
nell'ambito della multimedialità di mezzi produttivi in funzione delle esigenze
dello stampato, dell'economicità della scelta del mezzo stampante, del mezzo
utilizzato per la gestione del testo, delle possibilità tipologiche ed
editoriali. ecc.
Nella stampante sono conglobate varie operazioni: ideazione, composizione e
impaginazione, formatura e stampa.
L'uso delle stampanti, in particolare di quelle aventi trasferimento
dell'inchiostro sulla carta senza pressione o impatto, con carattere di qualità,
permettono tirature economìcamente interessanti se inferiori a 1.000 copie per i
prodotti editoriali, mentre per tirature di prodotti extraeditoriali può essere
conveniente utilizzare stampanti se la produzione è inferiore a 2-3.000 copie.
Per tirature superiori è economicamente conveniente utilizzare mezzi di stampa
tradizionali.
Gli elementi in grado di generare i grafismi sulla carta, possono essere
raggruppati in cinque grandi classi, relativamente alla tecnologia del mezzo di
scrittura utilizzata, esse sono:
- - meccanica (ad ago, con lamina a punta, con carattere coniato su
materiale in acciaio o plastico);
- - elettromeccanica (ugello a comando piezoelettrico);
- - elettrica (elettrodo, resistore);
- - magnetica (testina magnetica);
- - ottica (laser, LED, LCD, LISA).
In due casi non vengono
utilizzati inchiostri, ma si sfruttano caratteristiche proprie dei supporti
riceventi, precisamente con le stampanti termiche dirette e con quelle a scarica
elettrica o ad elettroerosione.
La carta usata nelle stampanti può presentarsi sia in forma di foglio, sia di
nastro continuo, in quest'ultimo caso ripiegato su sé stesso a fisarmonica,
mediante perforazioni generalmente ottenute per mezzo di macchine offset per
moduli continui (nastri per tabulati).
I movimenti della carta nella stampante avvengono generalmente in verticale,
ovvero in senso perpendicolare a quello di formazione della linea di caratten,
per mezzo di meccanismi quali rulli a frizione, oppure motori passo-passo, ecc.
In molte stampanti sono presenti fori ai bordi della carta, per sincronizzare
l'avanzamento verticale mediante pioli e produrre linee di carattere
interlineate correttamente.
1.1. Tipologia delle
stampantiLe stampanti possono essere classificate, relativamente al tipo di
contatto tra elemento stampante e supporto, in «stampanti a pressione» o a
impatto (lmpact Print), e in «stampanti senza pressione» (Non lmpact Print).
Le stampanti a pressione (fig. 425) realizzano il trasferimento dei
grafismi dalla forma al supporto mediante di spositivi meccanici, che vanno a
contatto della carta trasferendo su di essa l'inchiostro. Si tratta di una
tecnologia che permette di ottenere fino a sei copie contemporaneamente,
mediante fogli di carta carbone o prodotti simili interposti tra i fogli di
carta pressati. L'esempio più diffuso di stampante a pressione è rappresentato
dalla macchina da scrivere tradizionale, in cui i caratteri, portati da leve o
martelli, urtano il nastro inchiostrato, trasferendo sulla carta che poggia su
apposito rullo di contropressione, particelle dell'elemento di contrasto.
La stampa ad impatto può anche essere generata «al volo», quando i caratteri
sono in movimento continuo, ad esempio montati su un nastro posto in rotazione,
con formazìone di velocità relative tra i caratteri stessi e la carta, immobile.
La qualità di stampa in queste ultime macchine è infenore, relativamente a
quella delle stampanti in cui il trasferimento dell'inchiostro avviene con mezzi
di scrittura e supporto fermi.
Le stampanpanti senza pressione, invece, utilizzano principi
tecnologici molto diversi, ad esempio impulsi elettrici, magnetici oppure
ottici. Le parti in movimento sono, in generale, ridotte al minimo e la velocità
di stampa può essere sensibilmente più alta che nelle stampanti con pressione.
Un secondo vantaggio delle stampanti senza pressione, relativamente alle altre,
è la quasi totale assenza di rumorosità durante la stampa, mentre in alcune
stampanti con pressione si devono inserire pareti fonoassorbenti, per attutire
il caratteristico rumore della «battuta» durante la stampa.
Il contatto tra l'elemento di scrittura, inteso come forma di stampa
tradizionale, e il supporto, può essere diretto oppure indiretto, ovvero
avvenire per mezzo di un elemento di trasferimento intermedio, analogamente a
quanto avviene nelle macchine da stampa. Può anche esistere il trasferimento
diretto sulla carta come immagine latente, con visibilità dei grafismi
differita. La differenza principale tra la stampa diretta e indiretta consiste
nel fatto che la generazione dei caratteri avviene da sinistra a destra nel caso
di stampa indiretta, mentre la composizione risulta rovesciata nel caso di
stampa diretta.
1.2. Tipologia dei caratteri per
stampanti e loro generazione sul supportoI caratteri usati nelle stampanti
possono presentarsi in due tipi fondamentali (fig. 426):
- a immagine intera o «pieni» (solid font), ovvero il carattere sul
supporto stampato si presenta con il bordo continuo, con annerimento
sostanzialmente costante al suo interno, come nelle macchine da scrivere
tradizionali;
- a matrice di punti (dot matrix), ovvero i caratteri sono formati da
una serie di punti posti all'interno di una griglia rettangolare avente
dimensioni verticali e orizzontali definite dalla risoluzione di scrittura,
con punti ravvicinati o parzialmente sovrapposti, fino ad ottenere la
percezione del segno alfanumerico, se si osserva ad una certa distanza.
Possono esistere anche stampanti in grado di generare i caratteri per
segmenti, come ad esempio le macchine tabulatrici per schede perforate IBM,
assimilabili più a stampanti fustellatrici
La scrittura delle informazioni sulla carta può avvenire sfruttando tre
modalità diverse, che differenziano le stampanti soprattutto nella loro velocità
di scrittura:
- seriale (serial), cioè viene stampato un carattere alla volta sino
al completamento della linea orizzontale, come nella macchina da scrivere
tradizionale. È il caso di stampanti in cui il mezzo scrivente si muove
orizzontalmente per stampare la linea, montato su un carrellino mobile. La
velocità di stampa viene misurata in caratteri al secondo (c/s) ed al massimo
raggiunge i 500 c/s;
- parallela/lineare (line), con la generazione dei caratteri di una
linea in un'unica operazione, grazie a mezzi di scrittura posti parallelamente
alla linea dei caratteri ed a microavanzamenti verticali della carta. La
velocità di stampa viene misurata in linee al minuto (1/min) e il numero dei
caratteri contenuti in una linea (detti colonne di stampa) può
corrispondere a quello della scrittura seriale; la velocità di stampa può
raggiungere le 18.000 1/min;
- paginale (page), ovvero la scrittura avviene su un'intera pagina,
generalmente corrispondente al formato Uni A4, ad altissima velocità, misurata
in pagine al minuto (anche 10-12 pag/min).
Lo svantaggio di una
stampante a pagine intere consiste nei non poter verificare lo stampato fino a
quando esso non èuscito dalla macchina. La visibilità dello stampato è quindi
differita in generale perché esiste un'immagine latente da sviluppare, mentre
nelle stampanti seriali o parallele/seriali la vìsibiiità dei caratteri è di
solito immediata.
I caratteri a immagine piena sono coniati su rapporti in materiale plastico o
in acciaio. I supporti ospitanti i caratteri possono contenere tutti i segni
alfanumerici, i segni d'interpunzione, eventuali segni speciali, fino a 128
segni diversì. Tali supporti possono presentarsi in diverse forme,
caratteristiche della stampante stessa: a nastro, a catena, a tamburo, a slera,
a cesteilo, a cilindro, a margherita.
È caratteristica delle stampanti a sfera, a cilindro e a margherita un'ottima
riproduzione del carattere, simile a quella grafica. Le stampanti che forniscono
un'ottima qualità grafica sono però del tipo seriale ed hanno velocità
nettamente inferiori a quelle aventi scrittura parallelo/lineare, come le
stampanti a nastro o a catena; per contro, la qualità fornita da queste ultime
stampanti, permette soltanto la leggibilità delle informazìoni.
Cambiare la serie o lo stile del carattere nelle stampanti a immagine intera
rallenta la velocità, poiché si deve sostituire fisicamente il mezzo di
scrittura con un altro. i caratteri a matrice di punti permettono invece, una
rapida sostituzione della famiglia e del corpo mediante opportuni comandi al
sistema di pilotaggio del generatore di caratteri. Fanno parte delle stampanti a
matrice quelle ad aghi, a pettine (per quanto riguarda le stampanti con
pressione), le termiche, le xerografiche, le elettrostatiche, le lonografiche o
quelle a scarica elettrica (per quanto riguarda le stampanti senza pressione).
Per misurare la risoluzione dei grafismi stampati con matrice di punti, si
utilizza un numero che esprime quanti elementi sono contenuti nell'unità di
misura lineare, generalmente punti o linee al cm (l/cm), oppure per pollice (DPI
= Dot Per lnch), ed un secondo numero, che esprime la risoiuztone anche
verticale del carattere, ad esempio il numero di aghi in verticale dei
carattere.
Benché le caratteristiche qualitative dei caratteri prodotti a matrice di
punti siano nettamente inferiori a quelle dei caratteri pieni, quando i punti
sono sovrapposti tra loro e la risoluzione è sufficientemente elevata, la
qualità grafica dei grafismi tende a migliorare nettamente (fig. 427).
In alcune stampanti a matrice di punti, si possono ottenere risoluzioni dii 8
x 18 punti, o più dettagliate ancora, attraverso combinazioni di punti
sovrapposti o con doppi o quadrupli passaggi: comunque la velocità della
stampante diminuisce all'aumentare del dettaglio della matrice,
Utilizzando una scrittura con carattere pieno, la velocità non è legata alla
qualità di stampa, ma alla tecnologia della stampante. Il tempo di stampa è
indipendente dallo stile del carattere e, in certa misura, dal corpo usato.
Il numero dei caratteri presente in ogni polizza (set) è unificato dall'Iso
(internationai Organization for Standardization) in sei gruppi, rispettivamente
di 16, 32, 48, 64, 96, 128 caratteri diversi per ogni supporto stampante. Una
polizza di 128 caratteri conterrà tutti i segni alfanumerici, sia maiuscoli sia
minuscoli, mentre una polizza di soli 32 caratteri conterrà solo l'alfabeto
maiuscolo e i numeri, oppure dei segni speciali.
Le famiglie di caratteri utilizzabili nelle stampanti sono poco numerose e
derivano dalla tecnologia delle macchine da scrivere, piuttosto dalla stampa.
Esistono però eccezioni nelle stampanti di tecnologia più recente, ad esempio in
quelle con laser, in cui il disegno del carattere è più curato, gli
avvicinamenti interlettera o interparola s'avvicinano a quelli grafici
tradizionali, ecc.
Le possibilità grafiche delle stampanti permettono, in generale, di miscelare
caratteri di diverso corpo, stretti o larghi, tondi o corsivi, chiari o neretti
(normalmente mediante più passaggi del mezzo scrivente sulla carta),
sottolineati, con spaziatura proporzionale, ecc.: di costruire istogrammi,
diagrammi, grafici, oppure di utilizzare caratteri speciali (OCR, codici a
barre, ecc,),
Il numero di caratteri per pollice può variare da un mìnimo di 4 a un massimo
di 20 (fig. 428) anche in relazione al corpo da stampare.
I risultati che avvicinano maggiormente le stampanti alle macchine
compositrici sono ottenuti mediante la spaziatura proporzionale (PS), poiché
nella stampa si tiene conto del, diverso ingombro fisico orizzontale delle
diverse lettere (fig. 429).
1.3. Inchiostri per stampantiAd
eccezione delle stampanti termiche e di quelle ad elettroerosione che non
depongono inchiostro sulla carta, gli inchiostri per stampanti possono essere
raggruppati in quattro tipi principali, relativamente alla loro funzione:
- - per scrittura a impatto;
- - per scrittura a getto d'inchiostro:
- - per scrittura termica a trasferimento d'inchiostro;
- - per scrittura xerografica, elettrostatica, magnetografica e
iconografica.
Gli inchiostri del primo tipo, per stampanti con
pressione, sono ospitati su un nastro, composto da un tessuto di spessore
intorno a 100 pm; fatte le debite proporzioni, l'inchiostro depositato sul
nastro è simile, nella sua composizione, a quelli per la stampa tradizionale. Il
nastro inchiostrato è fornito in bobina, a volte contenuta in particolari
cartucce (cartridge), per facilitarne la sostituzione; i colori possono essere
disposti parallelamente al senso di avanzamento del nastro, in strisce e
condotti sotto la testa scrivente da opportuni mezzi. Possono essere usati anche
nastri su cui viene depositato un solo strato d'inchiostro, rivolto verso la
carta: all'azione meccanica di un carattere a pressione, l'inchiostro si stacca
completamente dal nastro, depositandosi sulla carta; si tratta di nastri monouso
per stampanti di qualità. Altri nastri possono essere riutilizzati diverse
volte, fino a 6-8 passaggi sotto il mezzo di scrittura, con risultati di
deposito d'inchiostro via via decrescenti.
Il secondo gruppo d'inchiostri, per stampanti a getto, si presenta con una
notevole fluidità; la bassa viscosità è importantissima per facilitare lo
scorrimento del fluido nei condotti e nella testa di scrittura; l'essiccazione
dell'inchiostro sulla carta deve però avvenire in un tempo ragionevolmente
limitato. Possono essere usati, nella stampa a getto, anche inchiostri solidi,
costituiti da microparticelle inviate sulla carta.
Gli inchiostri per scrittura termica con trasferimento d'inchiostro sono
depositati su un nastro, per uno spessore di pochi micrometri; si tratta di
nastri monouso, già descritti. Il sottile strato d'inchiostro, se riscaldato dai
caratteri, fonde, trasferendosi parzialmente sulla carta. Con questa tecnologia
è possibile stampare tricromie, utilizzando nastri colorati in cìano, magenta e
giallo.
Gli inchiostri del quarto gruppo si differenziano dagli altri poiché le
microparticelle di cui sono costituiti devono essere in grado di accettare una
carica eletrostatica; l'inchiostro, detto «toner», può presentarsi secco
monocomposto, oppure bicomposto, secco e liquido, a seconda del tipo di
stampante usata.
Il toner ad un solo componente è costituito da granuli di pigmento
magnetizzabile, di pochi micron di diametro, i quali vengono caricati
elettrostaticamente con segno appropriato, in modo che siano attratti
dall'immagine latente su un materiale intermedio. Il fissaggio del toner sulla
carta avviene generalmente con pressione.
Il toner a due componenti è formato da microparticelle di pigmento e da
granuli di materiale plastico o resinoso (carrier) trasportanti sulla loro
superficie i pigmenti stessi. Le particelle in plastica o resina sono caricate
elettrostaticamente in modo da trasportare i pigmenti sul mezzo di scrittura; la
parte liquida del toner è realizzata con pigmenti miscelati ad un liquido
dielettrico che funge da legante. Il fissaggio sulla carta degli inchiostri a
due componenti è del tipo a pressione e calore.
La stampa pluricromica può essere realizzata in alcune stampanti per mezzo di
pigmenti colorati, come quelli degli inchiostri per selezione usati in altri
processi di stampa. Nelle stampanti ad energia luminosa, ad esempio, filtrando
opportunamente la luce bianca ed utilizzando pigmenti tricromici, si possono
ottenere stampati di sufficiente qualità.
Le stampanti a getto, a causa delle microgocce d'inchiostro inviate sulla
carta, formanti uno spessore d'inchiostro ancora non in grado di mascherare
sufficientemente le radiazioni luminose riflesse, forniscono risultati ancora
spenmentali, comunque interessanti per applicazioni pluricromiche.
1.4. Carte per stampantiLa
carta utilizzata dalle stampanti può essere comune oppure trattata
superficialmente.
La carta comune è più economica e reperibile; essa viene usata nelle
stampanti con pressione, in quelle a getto d'inchiostro, nelle termiche a
traslerimento, nelle magnetiche. ionografiche e xerografiche. È possibile, nelle
stampanti a impatto, riprodurre più copie contemporaneamente mediante tre modi:
carta carbone interposta tra i fogli di carta, carta carbonata sul retro, carta
chimica contenente microcapsule che, rotte dalla pressione, reagiscono con altri
componenti e generano dei coloranti in loco, «autocopiando» i grafismi sui fogli
sottostanti,
Le carte trattate o speciali sono costruite deponendo superficialmente uno
strato di sostanza richiesta dalla tecnologia della stampante. Le carte più
diffuse sono caratterizzate dai seguenti strati superficiali:
- - isolante, per stampanti elettrostatiche;
- - termosensibile, per stampanti termiche dirette;
- - conduttore, per stampanti ad elettroerosione (con uno strato più interno
di colore nero).
Generalmente le carte trattate devono essere
maneggiate con cura e presentano lo svantaggio che l'annerimento dei grafismi
tende ad attenuarsi nel tempo.
Le stampanti a scrittura seriale sono più flessibili delle altre per
quanto riguarda l'impiego di carta in foglio o in bobina. Infatti possono
stampare sia su fogli singoli (fig. 430) sìa su nastri continui, In particolare
possono essere usate per la stampa di libretti bancari, schede contabili, moduli
continui (fig. 431), bobine, ecc.
Le stampanti a scrittura parallelo/lineare utilizzano quasi sempre
carta in moduli continui, mentre le stampanti a scrittura su pagina, utilizzano
generalmente fogli singoli in formato Uni A4 o multiplo.
Il moto della carta nella stampante avviene, nella quasi generalità dei casi,
ortogonalmente al senso di formazione delle linee, determinando lo spazio
dell'interlinea mediante opportuni meccanismi di avanzamento della carta. La
velocità del moto della carta, in senso verticale a quello di formazione
della pagina, può essere espresso in cm/s, oppure in pollici al secondo (IPS),
oppure in linee scritte al secondo. in alcune stampanti particolarmente veloci,
ad esempio xerografiche a scrittura laser, la velocità della carta
raggiunge anche un m/s (circa 40 IPS).
L'avanzamento automatico della carta nella stampante può avvenire mediante
alcuni dispositivi, schematizzabili in:
- - trattori (fig. 432, 433);
- - frizione (fig. 434);
- - pioli fissi (fig. 435);
- - rullini mobili (fig. 436);
- - alimentatore automatico dei fogli (fig. 437).
La massima
velocità di trascinamento della carta è ottenibile per mezzo di trattori,
utilizzando supporti in bobina o moduli continui forati ai bordi. Il movimento
di rotazione dei trattori è comandato da un motore passo-passo, collegato a un
albero solidale ai dispositivi di trascinamento della carta.
Per i fogli, l'alimentatore automatico permette il raggiungirnento di
velocità cospicue grazie al prelevamento di ogni foglio da appositi cassetti
posti in linea con la macchina, il meccanismo di prelevamento dei fogli è
generalmente costituito da metti fogli a frizione, che esercitano attrito sul
primo foglio della pila e, mediante un movimento rotatorio o alternativo
dell'organo di presa, inseriscono il foglio in macchina. Tale meccanismo è
analogo a quello usato nelle macchine reprografiche e presenta i limiti di non
garantire un registro preciso e di non permettere il prelevamento di fogli
aventi superficie molto liscia.
In ogni stampante sono sempre disposti dispositivi di controllo della carta
durante il suo passaggio in macchina (fig. 438); sono sensori più o meno
sofisticati, in grado di avvertire l'operatore dell'inizio-linea, della fine
della carta, di eventuali rotture della carta in nastro, ecc. Il funzionamento
dei sensori può avvenire per mezzo di dispositivi elettromeccanici
(microinterruttori), oppure fotoottici (cellule fotoelettriche).
2. Tecnologie delle stampanti
2.1. GeneralitàLa velocità
delle stampanti, variabile che più le caratterizza, può oscillare entro vasti
limiti: da l0 a l05 caratteri al secondo.
Il metodo di generazione del carattere, pieno o a punti, è un primo
fattore discriminante circa la velocità della macchina, poiché è diverso
ottenere il carattere in un «unico colpo», oppure con file di punti sequenziali
(fig. 439»).
La tecnologia usata per la stampa, è un secondo fattore discriminante circa
la sua velocità di produzione: è diverso utilizzare tecnologie di trasferimento
dei grafismi meccanìche, elettromeccaniche, xerografiche.
Le stampanti possono generare i caratteri, relativamente al contatto tra
mezzo di scrittura e carta, in due modi diversi: per contatto diretto
oppure indirettamente, cioè mediante un mezzo interposto.
Altro fattore interessante consiste nella possibilità di vedere
immediatamente il carattere durante la sua formazione, oppure dopo un tempo più
o meno lungo.
Il carattere a immagine piena, con stampa diretta e visibilità immediata del
grafismo, è caratteristica delle stampanti a margherita, a cestello, a cilindro,
a sfera, a nastro, a catena e a tamburo; si tratta di stampanti ad impatto, con
inchiostrazìone a nastro.
Il carattere ottenuto con matrice di punti può essere stampato per contatto
diretto oppure indiretto con la carta.
Le stampanti dirette con visibilità immediata del testo, possono essere ad
aghi, termiche dirette, termiche a trasferimento d'inchiostro, a getto
d'inchiostro «a domanda», getto d'inchiostro continuo, a getto d'inchiostro
solido, a pettine e a scarica elettrica. Hanno visibilità differita solo le
stampanti elettrostatiche,
Hanno contatto indiretto e visibilità differita, le stampanti xerografiche a
laser, xerografiche a LED o LCD o LISA, magnetografiche, ionografiche. Da notare
che solo in quest'ultimo gruppo sono comprese le stampanti con contatto
indiretto tra mezzo di scrittura e carta, in tutte le precedenti il contatto è
diretto.
Le stampanti possono generare i caratteri sulla linea di stampa in tre modi
principali:
- - un carattere alla volta (fig. 440);
- - per linee intere (fig. 441);
- - a pagina intera.
Le stampanti che riproducono un carattere alla
volta, dette seriali dal tipo di interfaccia con cui sono collegate all'unità di
comando, richiedono pochi fili d'interconnessione con l'unità centrale; possono
essere utilizzate per trasmissioni a grande distanza, anche se a bassa velocità.
Le stampanti in grado di riprodurre linee intere oppure a pagina, richiedono
memorie tamponi («buffer»), per ospitare contemporaneamente le informazioni: la
generazione dei caratteri avviene per linee intere, eventualmente suddivìse in
microlinee o micropunti, parallelamente alla linea di scrittura. L'interfaccia
con cui le stampanti sono collegate all'unità centrale è del tipo parallelo,
intendendo con tale termine la trasmissione contemporanea delle informazioni di
un'intera linea in un unico istante, mediante interconnessione con molti fili.
In ultimo saranno descritte le stampanti ad interfaccia parallela e
generazione a pagina intera, sia per le stampanti pressione sia
per quelle senza pressione. Non saranno descritte le stampanti a pressione con
generazione intera della pagina poiché attualmente non più significative.
2.2. Stampanti seriali a impatto
(fig. 442)Si tratta di stampanti in cui il mezzo di scrittura è meccanico
ed è situato su un cartellino che trasla parallelamente al senso della linea dei
caratteri, ad una velocità costante. Il moto al carrellino è impresso tramite
una cinghia dentata o altro mezzo analogo, dal motore elettrico, controllato da
dispositivi di sincronismo. Questi segnalano alla parte logica, responsabile
della formazione dei caratteri (generatore di caratteri), la posizione della
testina di scrittura lungo la linea di stampa.
Terminata la stampa della linea, la carta viene fatta avanzare del valore
prefissato, mentre il carrelli no può essere ricondotto all'inizio della linea
succesiva, oppure seguire un percorso bustrofedico o ancora altri percorsi
ottimizzati (fig. 443).
Le stampanti con caratteri a matrice di punti permettono un migliore dosaggio
dell'energia meccanica impartita al carattere in fase di stampa, mentre nelle
stampanti a carattere pieno esiste un'unica energia meccanica d'impatto sia per
i caratteri sia per i segni d'interpunzione, benché questi ultimi posseggano una
superficie limitata.
2.2.1. Stampanti ad aghi (fig.
444)Il carattere viene formato dall'avvicinamento di una serie di piccoli
punti, o aghi, aventi diametro medio di 0,35 mm, disposti in una matrice
rettangolare, ad esempio di 5x7 punti.
Nelle stampanti seriali, gli aghi sono allineati verticalmente, in modo da
formare i caratteri per file di punti verticali (colonne). Ogni ago è comandato
da un elettromagnete: quando questo è attivato dal generatore di caratteri,
un'armatura, collegata all'ago, viene attratta magneticamente dal dispositivo,
costringendo il mezzo di scrittura ad avanzare verso la carta, guidato entro
appositi canali di scorrimento. L'ago preme su un nastro inchiostrato lasciando
una traccia puntiforme sulla carta, il suo percorso è di pochi decimi di mm. Una
molla provvede a richiamare l'ago indietro al cessare dell'azione
dell'elettromagnete.
2.2.2. Stampanti a margherita (fig.
445)In tali stampanti, poiché il carattere è del tipo a immagine piena, la
qualità è molto alta. Uno svantaggio è costituito dalla diminuita capacità
produttiva delle stampanti a margherita allorché si debba cambiare corpo o tipo
di carattere, poiché dev'essere sostituita manualmente la forma.
I caratteri sono sistemati alla periferia di una circonferenza, alla sommità
di lamine disposte radialmente, richiamando per analogia la forma di una
margherita in cui i «petali» sono rappresentati dalle lamine di sostegno dei
caratteri.
La rotazione della margherita permette la selezione del grafismo desiderato:
il movimento rotatorio è comandato da un motore elettrico, l'escursione angolare
è controllata da un dispositivo di sincronismo che segnala la corrispondenza tra
il carattere selezionato e l'area da stampare.
Un martello, posteriormente alla lamina, viene attivato da un elettromagnete,
in modo da imprimere il carattere sulla carta per mezzo di un nastro
inchiostrato interposto. L'elasticità del «petalo» permette il rapido ritorno
della lamina nella posizione iniziale al cessare dell'azione del martello.
L'energia con cui il martello urta il petalo, può essere variata in funzione del
corpo del carattere, ma non tra due segni medesima margherita.
La stampa è diretta con visibilità immediata.
2.2.3. Stampanti a cestello (fig.
446)Il tipo di gestione e posizionamento dei caratteri è simile a quello
usato nelle stampanti a margherita. In ogni lamina, però, sono coniati due
caratteri sovrapposti.
Il vantaggio principale delle stampanti e cestello, relativamente a quelle a
margherita, consiste nel ridotto tempo per la selezione del carattere dato dal
minor spazio angolare percorso dall'elemento di scrittura; tuttavia esistendo
anche la necessità di spostare verticalmente il cestello per selezionare uno dei
due caratteri sul petalo, tale vantaggio viene limitato.
2.2.4. Stampanti a Cilindro (fig.
447)I caratteri, di tipo pieno, sono coniati sulla periferia di un
cilindro, su circonferenze parallele.
Ogni carattere viene selezionato grazie al movimento rotatorio e assiale del
cilindro, per mezzo di motori elettrici. Non esiste più il martello, ma il
cilindro stesso è condotto in pressione verso la carta, con un nastro
inchiostrato interposto. Un sistema di contropressione o incudine, sostiene la
carta durante la stampa, come nelle stampanti viste precedentemente.
La visibilità dei caratteri è immediata; la stampa, diretta, avviene in
posizione ferma, durante l'impatto del carattere.
2.2.5. Stampanti a sfera (fig.
448)I caratteri sono coniati sulla superficie di una piccola sfera in
acciaio o plastica metallizzata; essi sono dislocati nelle intersezioni di linee
immaginarie assimilabili a meridiani e paralleli. La selezione del carattere da
stampare è ottenuta con mezzi elettromeccanici, che agiscono sia sulla rotazione
della sfera, sia sulla sua altezza, con movimento della sfera verso la carta per
premere il carattere da stampare mediante un nastro inchiostrato interposto.
La sfera è condotta su un cartellino parallelamente alla linea da stampare.
Come per le stampanti a margherita, quelle a sfera forniscono un'ottima qualità
del carattere stampato.
La stampa avviene da posizione ferma, è diretta, con visIbilità immediata.
2.3. Stampanti ad impatto
parallelo/lineareIn tali stampanti, i caratteri, di tipo pieno, sono
coniati su supporti meccanici, montati su nastro o banda metallica, catena o
tamburo. Si tratta di stampanti di scarse capacità grafiche, utilizzate
soprattutto nei centri EDP per visualizzare su carta le informazioni contenute
nella memoria di elaboratori elettronici.
2.3.1. Stampanti a nastro o catena
(fig. 449)Un nastro o una catena metallica costituiscono il supporto dei
caratteri; essi sono chiusi ad anello. La tecnica a catena è più veloce di
quella a nastro, ma analoga.
I caratteri sono montati su lamine elastiche fissate al nastro. Il loro
passo, ovvero la distanza tra due successivi caratteri, è leggermente superiore
al passo dei martelli, in modo che questi non agiscano simultaneamente, ma
leggermente sfasati nel tempo (fig. 450).
Quando i caratteri selezionati si presentano davanti ai martelli, un
dispositivo di sincronismo comanda gli elettromagneti relativi. Il martello
preme contro la carta, questa urta contro un nastro inchiostrato che, a sua
volta, imprime il grafismo, grazie all'azione dell'incudine di contropressione,
retrostante il carattere.
Molte stampanti a nastro o a catena consentono di cambiare lo stile dei
caratteri, sostituendo l'intero nastro o la catena, contenuti in una speciale
cartuccia.
La rumorosità ditali stampanti richiede l'insonorizzazione degli ambienti ed
ha condotto agli studi per la produzione di macchine non rumorose, sviluppate
tra gli anni '70 e '80.
I caratteri, nelle stampanti a catena o a nastro, sono posti sulla periferia
dei mezzi stampanti e traslano a velocità costante lungo la linea di stampa. I
martelli sono posti posteriormente a ogni carattere (oppure alla carta), in
numero pari alle colonne di stampa, sono fissi e intervengono «al volo» quando
il carattere sta per transitare dinnanzi ad essi. Caratteristica delle stampanti
parallelo/lineare è, infatti, di stampare i caratteri sulla linea nella
posizione richiesta dalla memoria, anche cominciando dalla fine della linea, se
il carattere si trova in quel momento nella giusta posìzione.
Nelle stampanti a tamburo i caratteri sono posti alla periferia dello stesso,
in anelli che determinano le colonne di stampa; perciò su ogni anello sono
coniati tutti i caratteri della polizza. I martelli sono ancora fissi e in
numero uguale alle colonne di stampa. Il movimento degli elementi di supporto
dei caratteri è controllato da motori elettrici; la posizione relativa di ogni
carattere è sincronizzata da appositi dispositivi di controllo.
Nelle stampanti ad impatto parallelo/lineare possono essere montati forme di
caratteri contenenti più di una polizza, o comunque con una frequenza delle
lettere alfabetiche proporzionale all'uso reale, in modo da aumentare la
velocità di stampa, cosicché il martello che deve stampare una certa lettera,
potrà funzionare senza dover aspettare un carattere appena transitato nella
posizione desiderata. La velocità viene espressa in linee al minuto, intendendo
per linea l'effettiva riga stampata. A tale categoria appartiene anche la
stampante a pettine oscillante, in grado di stampare caratteri con matrice di
punti.
2.3.2. Stampanti a tamburo (fig.
451)In tali stampanti i caratteri sono disposti alla periferia di un
tamburo, montati su anelli rotanti, su ognuno dei quali è disposta una polizza
di caratteri. Mediante un dispositivo di sìncronizzazione, il tamburo ruota, in
modo da presentare verso la carta il carattere selezionato; ad ogni anello
corri-sponde una colonna di stampa.
Una fila di martelli fissi e posta posteriormente alla carta (fig. 452); la
stampa avviene per pressione della carta verso il nastro inchiostrato e verso i
caratteri, essendo il tamburo stesso l'elemento di contropressione. Ad ogni giro
del tamburo corrisponde la stampa di una linea completa, che avviene al «volo».
Il tempo d'impatto del martello dev'essere limitato e uniforme, per evitare
sbaveggi o rotture della carta.
Un fattore di limitazione della stampante a tamburo e costituito dalla
necessità d'aumentare il numero dei caratteri della polizza. In tal caso e
necessario aumentare il diametro del tamburo, conseguentemente aumenterebbe
anche la sua velocità periferica. Poiché non sarebbe possibile stampare a
velocità superiore a quella prevista, è necessario provvedere, cambiando il
tamburo con un altro di diametro maggiore, alla diminuzione del numero di giri
nell'unità di tempo (velocità angolare), al fine di mantenere costante la
velocità perifenca. Il risultato è una diminuita velocità di stampa.
Un'analoga diminuzione di velocità di stampa avviene anche nelle stampanti a
nastro o a catena, quando si aumenta la lunghezza del supporto di sostegno dei
caratteri.
2.3.3. Stampanti a pettine
oscillante (fig. 453)Le stampanti a pettine oscillante generano caratteri a
matrice di punti per mezzo di una fila orizzontale di lamine elastiche, disposte
come un pettine lungo la linea in fase di stampa.
Sull'estremità superiore di ogni lamina è disposto un mìicropunto in rilievo,
in grado di stampare sulla carta per mezzo di un nastro inchiostrato. Ad ogni
lamina corrisponde un carattere a matrice di punti, stampato con tante
oscillazioni orizzontali quante sono le colonne e tanti micropassi verticali
della carta quante sono le righe della matrice di punti meno uno. Ad esempio,
con un carattere a matrice di punti di 5 colonne per 7 righe, il gruppo
stampante oscilla in orizzontale di 4 spostamenti, stampando la prima riga di
punti, quindi la carta avanza di un micropasso e il gruppo stampante ripetere
l'operazione, fino al completamento della linea, per 6 volte. Le lamine,
attivate selettivamente, provvedono, a ogni riga della matrice (fase), a
stampare, con micropassi onzzontali, un punto.
Il sincronismo orizzontale del gruppo portalamine e in verticale della carta,
è controllato da dispositivi coincidenti con i segnali provenienti dal
generatore di caratteri.
La stampa è del tipo «al volo», con contatto diretto e visibilità immediata.
2.4. Stampanti seriali senza
pressioneLa stampa avviene con caratteri generati a matrice di punti
mediante le tecnologie termiche, a getto d'inchiostro ed elettrolitica. Gli
elementi di scrittura sono montati su un carrellino che trasla parallelamente
alla linea in formazione a velocità costante, come nelle stampanti ad impatto
seriale. Si tratta di stampanti simili a quelle a impatto seriale a matrice di
punti, salvo che la stampa avviene senza pressione dell'elemento scrivente.
Motori elettrici e dispositivi di sincronismo provvedono a muovere il
carrellino orizzontalmente e la carta verticalmente, controllando la posizione
degli elementi scriventi. E' caratteristica di queste stampanti una notevole
silenziosità.
Tra le stampanti non a contatto, con generazione seriale dei caratteri,
esistono anche quelle a getto d'inchiostrn (Ink jet), dette anche
«guttografiche». Esse utilizzano tecnologie elettrostatiche ed elettromagnetiche
per la guida di mìcroscopiche gocce d'inchiostro verso la carta.
Alcune applicazioni di stampanti ink jet prevedono la miniaturizzazione del
dispositivo di scrittura per l'uscita da calcolatrici da tavolo.
Altre applicazioni hanno permesso lo sviluppo di uno scanner per la
produzione di prove colori, in cui i fori d'espulsione dell'inchiostro hanno un
diametro di circa 20 m, con una risoluzione di scrittura di circa 180 punti/cm.
Anche le stampanti a getto d'inchiostro «a domanda» permettono la stampa
pluricromica ad alta risoluzione, fornendo un foglio in formato Uni A4 in meno
di un minuto.
Le stampanti senza pressione permettono:
- velocità produttive maggiori;
- maggiore silenziosità operativa;
- possibilità di miscelazione di diversi stili e/o corpi dei caratteri;
restringimento (compressione orizzontale) o ampliamento verticale dei
caratteri;
- inserimento di logotipi, marchi, disegni o altri elementi estratesto;
- esecuzione di fincature o dati fissi contemporaneamente a quelli delle
informazioni elaborate;
- esecuzione di qualsiasi numerazione, in ordine progressivo o saltuario, in
quantità illuminata, in qualsiasi posizione sulla carta, ecc.;
- esecuzione di qualsiasi marcatura o codificazione (ad esempio le barre di
codifica);
- rotazione dei testi di 905 o 2705;
- stampa dei dati in linea o fuori linea dall'elaboratore;
- qualsiasi personalizzazione dello stampato.
La stampa a getto
d'inchiostro (ink jet) accomuna una serie di tecnologie mediante le quali
microgocce d'inchiostro vengono proiettate su una superficie per formare
un'immagine permanente. Schematicamente, le tecniche di stampa a getto
d'inchiostro possono essere suddivise in tre tipi principali:
- a getto continuo;
- a getto su richiesta;
- a getto ad impulso.
Le stampanti a getto continuo (v. oltre)
generano le microgocce rompendo un getto continuo d'inchiostro fluido. I getti
di liquidi sono fisicamente instabili, rompendosi in gocce sotto l'azione della
tensione superficiale. Stimolando il getto alla sua frequenza ottimale, si
producono gocce uniformi e regolarmente spaziate fra loro. Le gocce vengono
caricate elettrostaticamente o elettromagneticamente nel momento della loro
formazione, essendo poi deflesse da un successivo sistema per far giungere alla
carta quelle necessarie per formare i grafismi, mentre le altre, generalmente
molto numerose, vengono raccolte e rinviate in circolo. La tecnica a getto
continuo presenta il vantaggio dell'alta velocità di produzione, che raggiunge
gli 0,5 MHz, ma con una velocità media di 50 kHz.
Le stampanti a getto d'inchiostro «su richiesta» (v. oltre), non richiedono
il ricircolo dell'inchiostro non utilizzato, poiché le microgocce vengono
prodotte solo quando sono necessarie per la formazione del grafismo. I mezzi per
generare la microgoccia possono essere costituiti o da cristalli piezoelettrici,
fissati intorno agli ugelli dell'inchiostro, oppure da microscopici generatori
termici in grado di creare bolle di vapore nell'inchiostro: in entrambi i casi
gli ugelli attivati subiscono una variazione di pressione dell'inchiostro per
generare la microgoccia.
Un'altra tecnica, quella a getto intermittente, è meno impiegata; essa genera
l'estrazione delle microgocce mediante l'applicazione di un elevato potenziale
elettrico nelle vicinanze dell'ugello. L'inchiostro viene guidato sulla carta
mediante dispositivi analoglii a quelli delle altre tecnologie a getto
d'inchiostro.
Il principale vantaggio di quest'ultima tecnologia consiste nel fatto che il
diametro dell'ugello può avere dimensioni maggiori che negli altri sistemi ink
jet, riducendo le possibilità d'otturazione degli ugelli per essiccazione
dell'inchiostro, caratteristica delle tecnologie a getto d'inchiostro continuo o
su richiesta. La velocità di produzione delle microgocce nelle stampanti ink jet
ad impulso è piuttosto bassa, 1-2 kHz.
2.4.1. Stampanti termiche dirette
(fig. 454)Poiché la carta rivela l'elemento di contrasto grazie al
riscaldamento di alcune sue parti, non è necessario un sistema
d'inchiostrazione. Il dispositivo termico generatore dei caratteri a matrice di
punti è costituito da una testina, in cui sono allineati verticalmente
microresistori, ognuno avente forma circolare; la testina è posta a leggero
contatto della carta e il numero dei microresist9ri dipende dalla matrice dei
punti di generazione dei caratten.
Sincronizzando i segnali elettrici che attivano selettivamente uno o più
microresistori della testina con quelli che permettono l'avanzamento della
testina orizzontalmente, si ottiene la fusione dei componenti nello strato
superficiale della carta, con formazione di punti neri nei caratteri.
La stampa è diretta con visibilità immediata dei grafismi.
2.4.2. Stampanti termiche a
trasferimento d'inchiostro (fig. 455)Come nelle stampanti termiche, la
testina è formata da microresistori disposti verticalmente, con formazione dei
caratteri a matrice di punti per spostamento del mezzo di scrittura lungo la
linea in formazione. La differenza è costituita dalla presenza di un nastro
inchiostrato tra la testina e la carta: l'inchiostro è depositato solo sulla
faccia del nastro rivolta verso la carta da stampare e si presenta allo stato
solido a temperatura ambiente. Il calore generato dai microresistori attraversa
il nastro, permettendo il rammollimento dell'inchiostro nei punti opportuni e,
quindi, il suo trasferimento sulla carta; questa è del tipo comune. Il nastro
non può essere riutilizzato poiché l'inchiostro depositato sulla carta viene
quasi completamente staccato dal nastro.
2.4.3. Stampanti a getto continuo
d'inchiostro (fig. 456)I grafismi sono realizzati dalla proiezione di
microgocce d'inchiostro (aventi un diametro di circa 0,1 mm), gettate contro la
carta, nelle posizioni opportune, per formare caratteri a matrice di punti.
L'inchiostro, avente una notevole fluidità, viene inviato a pressione in un
piccolo serbatoio dotato di un solo ugello d'uscita. Un cristallo
piezoelettrico, dal lato opposto dell'ugello, vibra ad alta frequenza oltre
100.000 vibrazioni al secondo nel serbatoio, provocando onde di pressione
nell'inchiostro fluido, e, quindi, la fuoriuscita di microgocce dall'ugello,
equidistanti fra loro ed in rapida successione.
La formazione del carattere a punti dipende dalla deviazione verticale subita
dalle microgocce mediante due armature, poste orizzontalmente, che creano un
campo elettrico nello spazio fra loro interposto. Le microgocce dapprima
attraversano un campo magnetico che le carica elettrostaticamente, quindi
attraversano il campo elettrico generato dalle due piastre orizzontali; queste
ultime deflettono verticalmente le microgocce inviandole verso la carta, nella
posizione opportuna per generare i caratteri, oppure lasciandole proseguire
orizzontalmente, per finire in un piccolo carter e quindi essere riciclate alla
pompa d'inchiostrazione.
Il dispositivo di scrittura è montato su un carrellino dotato di movimento
traslatorio orizzontale costante, per scrivere tutta la linea.
Ogni carattere è stampato per punti, prima con la deflessione verticale delle
microgocce, quindi con la traslazione orizzontale della testina, per poter
eseguire le altre deflessioni verticali. Alcuni modelli di stampanti a getto
d'inchiostro continuo sono dotate di più ugelli in linea, per stampare a
maggiori velocità.
Utilizzando inchiostri magnetici, ed un opportuno campo magnetico di
deflessione delle microgocce, la stampante a getto d'inchiostro continuo può
utilizzare una tecnologia di scrittura non elettrostatica.
2.4.4. Stampanti a getto
d'inchiostro «a richiesta» (fig. 457)La stampante è simile a quella a getto
d'inchiostro continuo, però la testina è dotata di una serie d'ugelli verticali
(12-28), per generare caratteri a matrice di punti per serie di colonne di
punti. Anche la tecnologia utilizzata è quella piezoelettrica, però applicata ad
ogni condotto d'inchiostro della testina. mediante un trasduttore piezoelettrico
che reagisce ad un segnale elettrico provocando un restringimento istantaneo
della sezione del condotto e, quindi, espellendo una mìcrogoccia dall'ugello del
condotto sollecitato.
Ogni ugello è controllato dal generatore di caratteri, per mezzo di un cavo
elettrico, sincronizzando il movimento di spostamento orizzontale della testina
con la generazione dei caratteri.
La distanza degli ugelli dalla carta varia, secondo il modello di stampante,
da un minimo di 0,7 mm a un massimo di 2 mm, ottenendo una stampa diretta
con visibilità immediata.
Relativamente alle stampanti a flusso d'inchiostro continuo, quelle ad azione
selettiva (Drop-On-Demand), producono circa un numero di gocce al secondo assai
inferiore (circa 1/20), cioè non più di poche migliaia di microgocce nell'unità
di tempo. Poiché nelle stampanti a getto d'inchiostro continuo gran parte delle
microgocce non viene utilizzato, la velocità di stampa è simile in entrambe le
stampanti.
La stampa pluricromica, con quattro ugelli contenenti i quattro inchiostri di
selezione, permette una limitata resa cromatica, costituita solo dai quattro
colori base più le possibili combinazioni bicromiche (4) e tricromiche, pertanto
si sono sviluppate stampanti a getto d'inchiostro a domanda, in grado di variare
la saturazione degli inchiostri primari mediamente miscelazione degli stessi con
diverse combinazioni di bianco: ciò produce variazioni tonali più estese, anche
se non molto contrastate.
2.4.5. Stampanti a getto
d'inchiostro solido (fig. 458)La testa di scrittura è formata da una
cartuccia contenente inchiostro solido, conduttore d'elettricità. La cartuccia
rivolge verso la carta un ugello, distante circa 1mm dalla superficie del
supporto, mentre una molla provvede a pressare l'inchiostro solido verso
l'ugello.
Applicando un'opportuna differenza di potenziale tra la cartuccia e un
elettrodo, posto nelle vicinanze dell'ugello, si genera una scarica elettrica,
come in un arco voltaico, provocando il distacco di microparticelle solide
d'inchiostro. La scarica elettrica genera un'istantaneo aumento di calore
all'interno della cartuccia, espandendo i gas in essa contenuti, che escono
violentemente dall'ugello trascinando nel loro moto verso la carta
microparticelle d'inchiostro.
Poiché è presente un solo ugello per generare caratteri a matrice di punti,
la testina di scrittura compie tante scansioni orizzontali quante sono le righe
di punti di quella matrice e la carta si sposta di altrettanti micropassi
verticali al termine di ogni traslazione orizzontale della testina, quante sono
le righe di punti di quella matrice. Ad esempio, per generare caratteri a
matrice di punti 5x7, la testina compie sette traslazioni orizzontali per
formare una linea, mentre la carta si sposta verticalmente di sei micropassi,
alla fine di ogni scansione orizzontale della testina.
La stampa è diretta con visibilità immediata dei grafismi sul supporto.
2.4.6. Stampanti elettrolitiche
(fig. 459)Tale stampante trasferisce l'elemento di contrasto per mezzo del
parziale dissolvimento di una piastra di tellurio. sita a contatto della carta.
Una fila d'elettrodi, posta verticalmente alla linea in formazione, sul retro
della carta, scorre orizzontalmente lungo la linea. Gli elettrodi vengono
attivati selettivamente per formare il carattere a matrice di punti.
La carta deve possedere una buona conduttività elettrica, pertanto dev'essere
leggermente inumidita. Ogni elettrodo, attivato da un opportuno potenziale
positivo, attira atomi di tellurio dalla piastra, collegata al polo negativo,
posta dall'altro lato della carta; questi si depongono sulla superficie della
carta, fornendo un certo grado d'annerimento.
I limiti delle stampanti che utilizzano tecnologia elettrolitica, sono
costituiti principalmente dal maneggiare carta inumidita e dall'usura degli
elettrodi, fatti che hanno impedito ulteriori sviluppi del procedimento.
2.5. Stampanti parallelo-lineare
senza pressioneLa stampa avviene solo su carta trattata superficialmente,
con generazione di caratteri a matrice di punti.
Il mezzo di scrittura è costituito da microelettrodi montati su un supporto
fisso, mentre la carta si sposta perpendicolarmente al senso di formazione delle
linee, i microelettrodi sono posti in prossimità della superficie della carta,
alla distanza di pochi decimi di mm; il loro numero dipende dalla risoluzione
orizzontale ottenibile.
Poiché il mezzo di scrittura è immobile, la carta esegue microspostamenti
verticali per generare le linee di carattere. Il moto della carta è controllato
da opportuni motori elettrici, sia per l'avanzamento verticale, sia per il
sincronismo d'allineamento orizzontale degli elettrodi.
Le stampanti a scrittura parallelo/lineare formano quindi i caratteri
ortogonalmente alla direzione di scrittura delle stampanti seriali a matrice di
punti. Infatti, mentre nelle stampanti ad aghi la formazione dei caratteri
avviene per colonne di punti, in quelle parallelo/lineare vengono stampati tutti
i punti di una riga della matrice, quindi si sposta verticalmente la carta e si
genera un'altra riga di punti, fino alla formazione di tutte le righe contenute
nella matrice di punti impiegata.
Esistono anche stampanti a getto d'inchiostro con generazione dei caratteri
parallelo/lineare, in grado di produrre stampati ad altissima velocità. Ad
esempio, utilizzando carta in bobina, si sono raggiunti i 180 m/min, mediante
una testa di scrittura composta da l.000 ugelli posti parallelamente alla linea,
su una lunghezza di circa 20 cm, in grado di stampare 70.000 linee/min.
Altre stampanti a getto d'inchiostro sono utilizzate per la stampa ad un solo
colore in bianca e volta, su bobine di larghezza massima di 40 cm.
Le stampanti a getto d'inchiostro più usate sono progettate per imprimere
rapidamente indirizzi; possono produrre oltre l.000 caratteri al secondo, fino
ad otto linee di stampa per copia da indirizzare, ad una velocità di alcune
decine di migliaia d'indirizzi all'ora (da 40.000 per i quotidiani fino a 55.000
per le buste). Tali apparecchiature non vengono descritte nel presente capitolo
perché molto simili a quelle a getto d'inchiostro descritte nel capitolo
riguardante le stampanti non a contatto con generazione seriale dei caratteri;
l'unica differenza è il modo di generazione dei caratteri, parallelo/lineare in
quest'ultimo tipo di stampanti.
2.5.1. Stampanti elettrostatiche
(fig. 460)La carta è isolante, e quella usata nelle stampanti
elettrostatiche, è trattata superficialmente per assicurare il trattenimento di
cariche elettrostatiche.
I caratteri sono generati a matrice di punti da una serie d'elettrodi fissi,
allineati perpendicolarmente al movimento d'avanzamento della carta, in grado
d'emettere cariche elettriche selettivamente nei punti dove sarà depositato
l'inchiostro. Le cariche elettrostatiche sono trattenute superficialmente dalla
carta formando un'immagine latente elettrostatica della linea di caratteri, fino
al suo sviluppo nella stazione d'inchiostrazione mediante toner in polvere. Le
microparticelle d'inchiostro sono caricate elettrostaticamente di segno opposto
a quello delle cariche presenti sulla carta, in modo che possano essere
trattenute da esse.
Ad ogni emissione di una riga di punti della matrice, la carta esegue un
microspostamento in avanti, per ottenere le successive emissioni di cariche
elettriche allineate alle precedenti fino alla formazione di un'intera linea di
caratteri.
In ultimo, una stazione di fissaggio del toner, del tipo a pressione e
calore, provvede a far inglobare le particelle d'inchiostro nella carta,
La stampa è diretta e la visibilità dei grafismi è differita.
2.5.2. Stampanti a scarica elettrica
o ad elettroerosione (fig. 461)La carta è composta, vista in sezione, da
uno strato superficiale conduttore (in alluminio), da uno interno isolante di
vernice nera e da un supporto cartaceo. La formazione del carattere è a matrice
di punti, e avviene per erosione dello strato superficiale, composto da un
sottile film di alluminio grigio.
Il mezzo di scrittura è composto da una fila d'elettrodi, fissi e disposti
perpendicolarmente alla direzione d'avanzamento della carta, in modo simile a
quelli delle stampanti elettrostatiche.
Attivando selettivamente gli elettrodi (aventi un diametro di circa 80 um)
per formare una riga di punti, secondo le informazioni del generatore di
caratteri, si producono scanche elettriche tra gli elettrodi attivati e la
superficie conduttrice, posta ad un potenziale diverso. La scarica «consuma» lo
strato superficiale della carta, scoprendo l'interno, nero. La somma di diverse
scariche, parallelamente alla linea in formazione, genera le righe stampate per
punti, mediante microavanzamenti della carta.
Non esiste alcun sistema d'inchiostrazione, poiché la differenziazione tra
grafismi e contrografismi avviene per contrasto tra la superficie della carta
non erosa (contrografismi) e l'interno eroso (grafismi).
La stampa avviene con contatto diretto tra mezzo di scrittura e supporto, con
visibilità immediata dei grafismi. La velocità, per il corpo 8, può raggiungere
le 400-500 1/min, con una risoluzione di oltre 100 punti/cm. La larghezza della
pagina può raggiungere i 30 cm.
2.5.3. Stampanti a plasma (fig.
462)Le stampanti a plasma (plasma jet) consentono la riproduzione diretta
su carta comune, con generazione di caratteri a matrice di punti.
Il mezzo di scrittura è costituito da una serie d'elettrodi, posti in
vicinanza della carta, parallelamente alla linea di caratteri in formazione
costituiti da materiale poroso, in grado d'intrappolate molecole dei gas
atmosferici. Tra gli elettrodi e la carta fluisce uno sottile strato gassoso
costituito da particelle d'inchiostro caricate negativamente.
Attivando selettivamente gli elettrodi, le molecole di gas atmosferici
intrappolate si ionizzano, sfuggendo dalle punte attivate, attraverso lo strato
d'inchiostro e proiettando le sue particelle sulla carta, nelle posizioni
richieste. Le particelle d'inchiostro, caricate negativamente, sono attirate da
ioni positivi nel loro breve tragitto verso la carta: un elettrodo negativo è
posto posteriormente alla carta per guidare il moto degli ioni positivi.
Microavanzamenti della carta permettono di generare le linee di caratteri per
righe parallele di punti.
2.6. Stampanti senza pressione a
pagina interaRecentemente introdotte sul mercato, tali stampanti si
distinguono dalle altre per una serie di vantaggi, riassumibili come segue:
elevata velocità di stampa, ottima qualità dei caratteri, discrete capacità
grafiche, basso rumore prodotto durante il loro funzionamento. Gli svantaggi
consistono nell'alto costo d'acquisto e nella loro incapacità di permettere la
stampa contemporanea di più copie.
La loro velocità si misura in pagine al minuto, generalmente in formato Uni
A4, oppure in metri di carta composta al minuto: in ogni caso si tratta di
velocità elevate, anche di oltre 10.000 linee al minuto. La risoluzione di
alcune stampanti raggiunge, in alcuni casi, le centinaia di linee al cm. La
generazione dei caratteri avviene per microlinee parallele alla direzione delle
linee di composizione, con numero di scansioni dipendente dal corpo del
carattere impiegato.
2.6.1. Stampanti xerografiche
laserIl procedimento xerografico, detto anche fotoelettrografico, è basato
sulla formazione di un'immagine latente elettrostatica sulla superficie di un
materiale fotoconduttore, generalmente posto alla periferia di un tamburo (fig.
463). Tale materiale possiede la caratteristica di trattenere cariche
elettrostatiche allorché viene mantenuto al buio, comportandosi come un
isolante, mentre disperde le cariche nell'ambiente allorché venga esposto ad una
fonte d'energia luminosa, comportandosi come un conduttore; di qui la
definizione di «fotoconduttore». L'applicazione più comune di tale principio si
ha nelle fotocopiatrici, macchine fotoelettrografiche come quelle descritte nel
presente paragrafo.
Le stampanti xerografiche laser possono generare punti aventi un diametro
minimo di circa 60 m, con risultati qualitativi di definizione dei carattere
ottimi, essendo la risoluzione di circa 160 linee/cm.
La superficie del fotoconduttore, viene innanzitutto pulita da residui
d'inchiostro oppure di cariche elettrostatiche in un'apposita stazione, quindi,
essendo il tamburo della stampante dotato di movimento rotatorio, la superficie
fotoconduttrice viene caricata elettrostaticamente mediante il passaggio in
prossimità di un filo caricato ad alcune migliaia di volts, per effetto corona.
Successivamente una sorgente laser a gas emette un raggio, modulato
opportunamente, ovvero interrotto dove esisteranno grafismi e lasciato passare
nei contrografismi. Con sorgenti laser a semiconduttore la modulazione è
effettuata direttamente dal diodo emettitore, collegato al generatore di
caratteri.
Il raggio laser, suddiviso in impulsi, è concentrato per mezzo di lenti,
quindi viene riflesso da un dispositivo a specchi rotanti sulla superficie del
tamburo fotoconduttore (fig. 464). Ad ogni scansione orizzontale di uno specchio
rotante corrisponde la cancellazione delle cariche elettrostatiche su una
corrispondente microlinea del tamburo. Si ottiene quindi l'immagine latente dei
grafismi sulla superficie del fotoconduttore, composta da cariche
elettrostatiche giacenti nei punti in cui il raggio laser non ha inciso.
La frequenza, la modulazione del raggio laser e la rotazione degli specchi
sono controllate da appositi strumenti per sincronizzare il generatore dei
caratteri con la rotazione del tamburo. L'interlinea e l'altezza dei caratteri
sono controllati dalla velocità di rotazione del tamburo relativamente a quella
del sistema ottico. Ad esempio, il testo con cui è prodotto questo libro è alto
circa 3 mm: supponendo di doverlo riprodurre con una stampante laser
avente una densità di 160 linee/cm, per stampare una riga di questo libro
occorrerebbero circa 48 microlinee orizzontali.
Data l'alta velocità di scansione orizzontale, l'allineamente delle
microlinee risulta ottimo, poiché nell'esempio appena riportato, il tamburo
avrebbe ruotato per uno spazio di 3 mm, mentre il dispositivo a specchi
rotanti avrebbe analizzato circa 48 volte la superficie del tamburo,
Lo sviluppo dell'immagine latente avviene in un'altra stazione in cui
particelle di toner, caricate elettrostaticamente di segno contrario, vengono
attratte dai grafismi, caricati sulla superficie del fotoconduttore,
Generalmente la carta ed il tamburo sono in contatto nella fase di trasferimento
del toner, per evitare velocità relative diverse. Lo svantaggio del contatto è
la prematura usura del rivestimento del tamburo, dopo alcune decine di migliaia
di copie, dopo le quali il tamburo stesso viene sostituito,
Il toner viene fissato sulla carta mediante pressione e calore con inchiostri
liquidi a due componenti, oppure con sola pressione utilizzando inchiostri ad un
solo componente.
2.6.2. Stampanti fotoelettrografiche
a LED, LCD o LISASi tratta di macchine molto simili alle precedenti, con
sorgenti luminose diverse per la generazione dei caratteri, Infatti non si
tratta più di sorgenti laser, ma di emettitori a stato solido, come i LED (Light
Emitting Diode), oppure di altre sorgenti luminose opportunamente modulate (fig,
465),
Anche in questo caso il mezzo di scrittura è costituito da una serie di
sorgenti miniaturizzate disposte parallelamente alla linea di caratteri, come
nelle stampanti parallelo/lineare. I mezzi di scrittura LCD (Liquid Cristal
Diode) si comportano come microinterruttori ottici, ovvero come microtturaton,
in grado di lasciare passare l'energia luminosa nei contrografismi e di
trattenerla nei grafismi. La sorgente luminosa può essere costituita da una
lampada metall-alogena.
Nel sistema LISA il microtturatore è attivato da un campo magnetico, mentre
nel sistema LCD da un campo elettrico; in ogni caso le cellette attivate
permettono all'energia luminosa di pervenire sul materiale fotoconduttore,
In tali zone, corrispondenti ai contrografismi, il toner non sarà trattenuto
elettrostaticamente, mentre nelle zone su cui non è giunta l'energia luminosa il
toner potrà aderire, poiché le cariche elettrostatiche sono ancora presenti,
Relativamente alle stampanti laser, quelle LED, LCD o LISA denunciano
velocità e risoluzione inferiore, comunque compensate da un minor consumo
energetico durante l'esercizio dell'apparecchiatura.
La traslazione della carta sincronizzata con il dispositivo di generazione
dei caratteri permette una corretta formazione delle linee di caratteri generati
a matrice di punti. Il trasferimento del toner sul materiale
fotoconduttore e le operazioni successive sono analoghe a quelle svolte nelle
stampanti elettrostatiche.
2.6.3. Stampanti
magnetogrqficheIl mezzo di scrittura è costituito da una serie di testine
magnetiche fisse, disposte parallelamente alla linea di formazione dei
caratteri, situate a leggero contatto di un materiale magnetico, di opportune
caratteristiche. Le testine sono costituite da sottili nuclei metallici ad
elevata sensibilità inserite in bobine. Tale materiale generalmente riveste un
tamburo, ruotante a velocità costante.
Ogni testina può magnetizzare, se attivata, un punto o, comunque, una piccola
area del tamburo, analogamente alle stampanti fotoelettrografiche LED, LCD o
LISA (fig. 466). Durante la rotazione del tamburo si ottiene la formazione di
un'immagine latente magnetica della linea di caratteri.
Il toner è composto da microparticelle di ferrite al Ni-Zn, nvestite di
plastica, per cui viene attratto dalle zone magnetizzate del tamburo,
sviluppando l'immagine magnetica latente. La risoluzione raggiunge circa 100
punti/cm, con velocità di 6000 1/min.
Il trasferimento del toner alla carta è analogo al procedimento
fotoelettrografico.
La principale differenza delle stampanti fotoelettrografiche da quelle
magnetografiche, tecnologia costruttiva a parte, consiste nel fatto che nelle
prime i mezzi ottici agiscono sui contrografismi, mentre nelle seconde i mezzi
di scrittura magnetici agiscono nei grafismi.
Eventuali particelle residue di toner sono eliminate dalla superficie del
tamburo mediante una lama a contatto, mentre un'apposita stazione, posta
anteriormente a quella di stampa, provvede a rimuovere particelle magnetiche
ancora presenti sul tamburo.
La visibilità dei grafismi è differita e la stampa è indiretta, come nelle
stampanti fotoelettrografiche.
2.6.4 Stampanti ionografiche (fig.
467)Concettualmente, le stampanti ionografiche sono simili a quelle
fotoelettrografiche e magnetografiche. Il tamburo, però, non è più rivestito da
materiale fotoconduttore o magnetizzabile, ma più semplicemente da uno strato
isolante, ad esempio plastica vinilica.
Il mezzo di scrittura è formato da una fila di microcelle, disposte
parallelamente alla linea di scrittura, in prossimitàdella superficie del
tamburo, in grado d'emettere ioni. L'aria contenuta in ciascuna microcella,
infatti, può essere ionizzata applicando un certo potenziale elettrico agli
elettrodi presenti in essa. Tali elettrodi sono costituiti da materiale poroso
in grado d'intrappolare gas atmosferici, generando ioni liberi.
Applicando un campo elettrico tra ogni microcella e il tamburo, gli ioni
negativi vengono accelerati verso la superficie isolante del tamburo, mentre
quelli positivi vengono intrappolati da uno schermo, posto tra microcelle e
tamburo e scaricate a terra; gli ioni negativi trattenuti nelle microaree
isolanti danno origine ai grafismi, latenti, dei caratteri. Come nelle stampanti
fotoelettrografiche e magnetografiche, la generazione dei caratteri avviene
mediante micropunti, in questo caso ionizzati, disposti parallelamente al senso
di scrittura della linea. Le fasi d'inchiostrazione. mediante toner magnetico,
di trasferimento sulla carta e di fissaggio sono simili a quelle già descritte.
L'attivazione delle microcelle ionizzanti e la rotazione a velocità costante
del tamburo, sincronizzata con il sistema di generazione dei caratteri, consente
d'ottenere le linee di caratteri, ionizzando le aree correspondenti ai grafismi:
pertanto le stampanti ionografiche sono maggiormente simili a quelle
magnetografiche che a quelle fotoelettrografiche.
La stampa è indiretta, con visibilità della pagina differita.
2.6.5. Stampanti termiche con
trasferimento d'inchiostroSebbene la tecnologia adottata in queste
stampanti sia molto simile a quella già descritta nel medesimo paragrafo delle
stampanti seriali, a cui si rimanda per la descrizione, il mezzo di scrittura,
in questo caso, è disposto parallelamente alla linea dei caratteri (fig. 468).
La formazione dei punti, infatti, avviene per mezzo di microresistori
allineati ed in posizione fissa, con movimento verticale della carta comune,
La disposizione dei microresistori e la formazione dei caratteri è simile
alla disposizione dei mezzi di scrittura nelle stampanti a elettroerosione o
elettrografiche: aumentando il numero di microresistori per unità di lunghezza
si ottiene una migliore definizione dei caratteri.
Lo spostamento verticale è eseguito dalla carta, che essendo del tipo comune,
ospita l'inchiostro da un nastro inchiostrato.
La stampa è diretta e la visibilità dei grafismi è immediata sul supporto.
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