I caratteri tipografici vanno in declino insieme al
romanticismo. Essi rimangono legati alla letteratura classica, quella dei
salotti di Mauriac, dei rimpianti di Proust, dei mesti turbamenti del
melodramma e via dicendo.
Da geometria meccanica tridimensionale, la
composizione tipografica si trasforma in struttura bidimensionale tramite
la concezione fototecnica. Valutiamo da vicino 1’obsoleto materiale
tipografico.
E qui è necessario che adoperiate quel processo mentale che trasforma i
segni fonetici delle parole in immagini. Oramai sappiamo a menadito, come
e sfizioso dire, che tutti gli stili, finanche il gotico, derivano dai
caratteri latini. Oggi lo distinguiamo in
Romano antico, intermedio e
moderno. I caratteri
calligrafici sono, come suggerisce il termine, molto fluidi. Quelli
fantasia sono elaborati e decorati, ma attingono sempre da stili già
definiti e classificati. Le matrici di bronzo o di nichel per fabbricare i
caratteri di piombo vengono prodotte col sistema della fresa-pantografo,
di gran lunga più massiccia e di altissima precisione rispetto a quella
utilizzata per incidere le targhe.
Agli albori dell’invenzione della stampa i caratteri mobili di piombo
venivano coniati attraverso rudimentali formette a fondere. Col tempo
questi sistemi andavano perfezionandosi. Solo alla metà del XIX secolo lo
scozzese DAVIDE BRUCE fabbricò a New York la prima fonditrice di
caratteri. Gutenberg adoperava delle casse per contenere i caratteri con
più di 200 scomparti poiché usava molti logotipi. Oggi le casse hanno
circa cento scomparti poiché i logotipi sono stati ridotti a una diecina:
fi-fl-ffi-ffl-qu-ae, ecc. In Europa sono in vigore due altezze del fusto
dei caratteri, 1’una altezza francese, 23.566 mm., la più diffusa in Italia; 1’altra
altezza italiana 24,809 mm. Da notare 1’espressione in millesimi di
millimetro. Ciò perché è necessario che tutti i fusti di una
composizione, compresi gli altri elementi, come linee e cliché, abbiano
rigorosamente la stessa altezza, onde poter ottenere una stampa
omogeneamente perfetta. Purtroppo, ben presto, i residui d’inchiostro o
1’usura compromettono questa rigidezza tipometrica. Problema che non
sussiste con la stampa planografica offset o rotocalco.
I fregi e i fuselli servono per decorare e guarnire
uno stampato. Indispensabili i
filetti, il carattere linea,
tanto per intenderci, scuretti, chiari, punteggiati, ecc. La misura
tipografica e suddivisa in
punti, come quella metrica lo è
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in millimetri. Il punto tipografico misura
esattamente 0,370 mm., praticamente lo spessore di
un buon cartoncino. Infatti quando in una tipografia vecchia maniera vi è
penuria di interlinee vengono usate le strisce di cartoncino. 12 punti
formano la riga tipografica, come 10 mm. formano il centimetro. Per ottenere
un centimetro occorrono oltre due righe tipografiche. Venti righe
equivalgono a circa 9 centimetri, e così via.
Il metro del tipografo, guarda caso, si chiama tipometro. Nelle grosse e medie aziende da piombo, quasi scomparse
o convertite o parzialmente convertite all’offset, il tipografo che
conosce a perfezione tutto il materiale tipografico si chiama compositore. L’impressore è il tipografo addetto alle macchine
da stampa ed ha una conoscenza sommaria del materiale da composizione. A
Napoli ho contattato impressori che hanno raggiunto il pensionamento senza
aver composto mai un rigo di caratteri. In alcune tipografie, per contro,
vi sono tipografi ambivalenti, i famosi
Don Simone stampa e compone. Nelle botteghe artigiane il tipografo è
onnifacente e accentra su di se tutte le fasi di lavoro.
Questi lavoratori, nei quali mi riconosco, sono satelliti dipendenti dal
complicato meccanismo mentale di eliocentrismo operativo. Le tipografie
artigiane dell’angolo, non convertite o parzialmente convertite all’offset,
sono armate di materiale tipografico fino ai denti grazie al massiccio
mercato dell’usato. La marginatura, com’è facile intuire, è
costituita da lingotti e barrettine più bassi dei caratteri e di tutti
gli elementi stampanti che da essa affiorano. La marginatura, di piombo,
duralluminio, bachelite, ecc, è insomma tutto ciò che si contrappone al
visibile stampato. Tutto va sempre disposto nella geometria del
rettangolo. Nel contesto del telaio, che serra le composizioni, i conti
tipometrici devono tornare, come avviene in banca per il danaro. Un solo
errore di calcolo compromette la tenuta del mosaico; la mobilità di un
elemento provoca disagi allo stampatore. Più elementi mobili provocano
inconvenienti più seri.
Il punto tipografico viene anche detto
corpo quando si riferisce ai caratteri tipografici. Infatti si va dal
corpo 6 al corpo 72. Dopo questa misura i caratteri vengono fabbricati in
legno, di minor peso e di conseguente maneggevolezza, sono misurati in
righe: da 8 a 100 righe, e oltre. La diffusione della stampa offset ha
consentito anche al tipografo più sprovveduto di acquistare sul mercato
dell’usato la diabolica
Linotype, di cui tratterò ampiamente più avanti. La composizione manuale
e, quindi, limitata ai caratteri da titolo e da avviso cittadino. Buona
parte della terminologia tipografica è rimasta invariata anche dopo la
diffusione quasi totale della stampa planografica: offset, rotocalco, eccc.
Ne ho raccolti caratteri dalle casse, da giovinetto.
Un modo di iniziarsi alla cultura non già col libro ma dentro il libro. Amici soldatini dei bei tempi andati, della
Tipografia Turris di
Torre del Greco, di quella
Editoriale presso la stazione Termini a Roma o quella annessa al
Ministero della Marina sul Tevere, o della
Genovese, al Pallonetto S. Chiara a Napoli, ed infine della mia
bottega-bazar di Via Purgatorio a Torre del Greco.
L’aneddotica, tramandata verbalmente, relativa al comportamentale degli
artigiani tipografi campani e vastissima, fantasiosa e grottesca.
L’epilogo delle liti comporta, talvolta, lo impiastricciarsi a vicenda
il viso con 1’inchiostro. Le delazioni vengono punite col caffè
corretto al… petrolio. Altri aspetti rasentano il maniacale. Un anziano
tipografo divideva la somma delle prestazioni per il numero di copie da
stampare onde provare 1’ebbrezza dell’accumulo centesimato. Un altro
tipografo dovette cambiare lavoro perché le macchine in movimento gli
davano pulsioni erotiche.
Ah, tipografo napoletano che dici errore: fesseria! |